Parlamento: oggi è nato un leader, Salvini. - Ne è morto un altro, il Berlusca.Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
https://www.facebook.com/bruno.venturi. ... 3688861611Il Matteo leghista si è affrancato (finalmente) dall'abbraccio di Arcore ciò che non era mai riuscito né a Umberto Bossi né a Roberto Maroni.
Oggi è nato un leader: Matteo Salvini. Il segretario della Lega, ben consigliato dal suo Richelieu Giancarlo Giorgetti, ha avuto la forza e l'intelligenza di smarcarsi da Silvio Berlusconi votando a Palazzo Madama per la senatrice di Forza Italia Anna Maria Bernini, mollando così Paolo Romani (bocciato dal Movimento 5 Stelle). Salvini ha messo da parte la comune fede rossonera e ha dimostrato che la politica non si fa con le cene e con le pacche sulle spalle. Il Matteo leghista si è affrancato (finalmente) dall'abbraccio di Arcore ciò che non era mai riuscito né a Umberto Bossi né a Roberto Maroni, tanto che gli ex segretari avevano portato la Lega costola dell'ex Cavaliere al 3%.
Salvini taglia il cordone ombelicale con Berlusconi e dimostra così di essere un leader di spessore anche e soprattutto perché con questa mossa mette a rischio le proprie ambizioni politiche. Se infatti salta il Centrodestra, il numero uno del Carroccio resta con il suo 17%, terza forza politica italiana, mettendo così fine alle proprie ambizioni su Palazzo Chigi. Ma questa è la prova che è un uomo onesto, perbene e che ha una linea di moralità e soprattutto di orgoglio, di coerenza politica e di progettualità che potrebbe anche costargli cara. Ma i principi sono principi e non si barattano con ipotetiche carriere. Chi vivrà vedrà, incluse eventuali fratture in Forza Italia (magari nascerà una quinta colonna intorno a Giovanni Toti), e lo scenario può mutare in vari modi. Ma su un punto non ci sono dubbi: oggi è nato un leader, Salvini, e un altro è finito, Berlusconi. Punto e accapo.
Paolo Romani: merita il Senato, lanciò Maurizia Paradiso.Da un recente articolo del Fatto abbiamo infatti appreso che Romani è ideologicamente un radicale (del resto come tutti i personaggi che Berlusca ha portato in parlamento, escort comprese); insieme al neocon pannelliano Marco Taradash ha fondato nel ’74 TeleLivorno; che è stato direttore generale per un decennio di Rete A, quella dove ha fatto fortuna Vanna Marchi; che ha lavorato per Salvatore Ligresti in una sua tv; che infine ha fondato una sua propria tv, Lombardia 7., che lui ebbe l’intuizione di incentrare sui programmi notturni “per adulti”. Un successone dove la star è stata Maurizia Paradiso, il primo trans-spettacolo della Repubblica Italiana, spogliarelli – e come stacchetti pubblicitari – “ filmati osé, senza penetrazioni visibili, abbinati ai numeri proibiti, 144 e 166, coi quali Romani incassava tra i 60 e i 70 milioni al mese. Ritmi da 1500 telefonate a notte. Intere famiglie sul lastrico. Un successo clamoroso”, scrive Il Fatto.
E ora i numeri 144 e 166 sono vietati.
Non è certo un caso che Berlusca lo ami, se lo tenga a fianco e lo promuova a fidato consigliere facendolo salire a ministro: è un altro “imprenditore tv” che con la tv discutibile e porchetta ci ha fatto i soldi, un’anima gemella. Né personaggio più degno di ricoprire la seconda carica dello Stato di un pornografo radicale di successo, che è sfuggito in tempo ai rigori della legge – quando i 144 sono stati proibiti, in quanto strumenti di truffe lucrosissime. Con Romani, in fondo, le luminose che hanno illustrato il Paese, sono Vanna Marchi e Maurizia Paradiso che entrano – spiritualmente – ai vertici del Porno-Stato.
Romani, dagli "144" alla condanna per peculato: il "fedele indipendente" che Berlusconi vorrebbe capo del di ...Diego Pretini | 15 marzo 2018
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... to/4228354 Dall'avventura con le prime tv libere e il successo con i programmi con gli strip-tease e gli 144 all'incarico di ministro con delega alla difesa di Mediaset. Pregiudicato per aver lasciato il cellulare da assessore alla figlia (grandi spese, poi risarcite), rappresenta il (presunto) "volto buono" dei berlusconiani. Tanto che di Salvini disse che "parla come l'avventore del bar sport"
Di Matteo Salvini, una volta, disse: “Parla come l’avventore del bar sport”. Un’altra volta, sempre dopo aver sentito il segretario della Lega, lo apostrofò così: “Il Le Pen versione italiana dice cose terrificanti”. Mentre la sacerdotessa renzian-berlusconiana, Barbara D’Urso, commentava gli attentati di Parigi, lui prese il telefono e twittò: “D’Urso sei inadeguata e insopportabile. Occupati di amori, canti, balli e pettegolezzi, non di problemi seri”. Mentre Forza Italia sprofondava nei sondaggi, nella primavera del 2015, dette una descrizione del partito che nessun dirigente del Pd si è mai azzardato: “Siamo divisi e litigiosi, siamo riconosciuti solo per i litigi, i peggiori di noi vanno in tv solo per dire stupidaggini: dalle intransigenze stile Brunetta alla melassa a cui appartengo…” e infatti per la parola “intransigenze” Brunetta si imbestialì oltremodo come sempre. “Brunetta non capisce le battute” la replica. “Io sono il più berlusconiano di tutti. Sto con lui da vent’anni, gli devo politicamente tutto”. Indipendente, ma leale. Devoto: trascinato dalla melassa a cui appartiene, Paolo Romani, 70 anni, monzese, per il suo partito è l’uomo giusto per salire su, su, dal seggio del Senato fino a quello più alto del palazzo.
La sua storia racconta di una sorta di prosecuzione di Berlusconi con altri mezzi. Le televisioni, i programmi con le signorine che a volte facevano intravedere e più spesso facevano vedere proprio, il carattere dell’uomo fatto da sé, la fama di donnaiolo, l’energia di saltare su una scialuppa di salvataggio al momento giusto mentre la barca affonda. Rispetto al capo, ha molta più eleganza, non si scontra mai in pubblico, ha sorrisi e deferenza per comunisti e grillini. Lo aiuta il fatto di essere zero istrionico: non si mette in evidenza, il tono della voce non ha sbalzi. Nella notte del disastro elettorale, mentre accanto a lui La Russa sgasava con il tosaerba, dava l’impressione di un giocatore al tavolo del bridge: “Vede, dottoressa Sala” (l’inviata), “Sa, dottor Vespa”. Non twitta per fare rissa con gli hater, ma per condividere notizie dall’estero, di giornali americani e inglesi, in particolare sul Medio-Oriente e sulla Siria.
Da liberale comincia come uno dei condottieri delle tv libere, appunto: arriva a Livorno con la mamma che si risposa con un costruttore di piccole barche (fonte Giancarlo Perna sulla Verità) e nel 1974 fonda TeleLivorno, la prima televisione della città, insieme a Marco Taradash, un’avventura ancora oggi ricordata con i contorni della leggenda dai protagonisti.
Ma è anche al fianco di Nichi Grauso per Videolina, di Alberto Peruzzo per Rete A dov’è direttore generale per quasi dieci anni e dove diventa famosa Wanna Marchi, di Salvatore Ligresti che lo chiama per fare l’amministratore delegato di TeleLombardia. Per una biografia ufficiale che girava sul sito del ministero e rimbalza ovunque sia ospite (come al Meeting di Rimini) in questo momento “è anche corrispondente di guerra, in particolare seguendo la rivoluzione rumena del 1989, la guerra dell’ex Jugoslavia ed i conflitti in Iran-Iraq“. Tra una bomba e l’altra, riesce a fare anche una televisione tutta sua, Lombardia 7. Gli va bene e non per le notizie dagli scenari di guerra. Il possibile sostituto di Mattarella in caso di impedimento del presidente ebbe l’intuizione di lanciare Vizi privati con Maurizia Paradiso mentre invece non ebbe a che fare (così dicono alcune verifiche) con Colpo Grosso. Wikipedia aiuta la memoria con un brano del libro di Giancarlo Dotto e Sandro Piccinini, Il Mucchio Selvaggio: “La Paradiso – scrivono – giocherà morbosetta con il pubblico maschile a casa, mentre delle pin-up si spogliano. Con la flessibilità che lo distingue, Romani tralascia il dibattito culturale e passa al puro svago per adulti, con implicazioni economiche interessanti, soprattutto per lui. ‘Ma la guardavano anche i bambini’ esagera ‘avevo bandito qualunque volgarità’. Proibiti doppi sensi e parolacce inutili, partono tra un gioco e l’altro della Maurizia filmati osé, senza penetrazioni visibili, abbinati ai numeri proibiti, 144 e 166, coi quali Romani incassava tra i 60 e i 70 milioni al mese. Ritmi da 1500 telefonate a notte. Intere famiglie sul lastrico. Un successo clamoroso“.
Ma breve. Nel 1994 Romani vende quasi tutte le quote “giusto in tempo per evitare l’onta del fallimento” come racconta Gianni Barbacetto sul Fatto. Ancora una volta il destino riflette la stessa luce di quello di Berlusconi che proprio quell’anno peraltro lo accoglie in Forza Italia. Qui inizia una storia intricata: in breve, Romani lascia la società di Lombardia 7 ma per 9 anni tiene la guida della concessionaria, Lombardia pubblicità. Dalle inchieste di tre Procure esce senza perdere un capello (è a lungo indagato per bancarotta senza conseguenze), ma alla fine deve comunque restituire 400mila euro come risarcimento al curatore fallimentare della tv ormai morente.
Come Berlusconi, ha anche una condanna definitiva. Il reato è peculato. La pena è un anno e 4 mesi ma sarà ricalcolata perché gli avvocati hanno chiesto ed ottenuto di concedere le attenuanti. Il fatto è questo: lasciò alla figlia il cellulare che il Comune di Monza gli dette perché era assessore. Furono spesi 12800 euro di bollette tra il gennaio 2011 e il febbraio 2012 tra telefonate, messaggi, connessione internet. Contattato (su un altro telefonino) da ilfatto.it Romani spiegò che “per il lavoro che faccio ho quattro cellulari, può quindi capitare che a uno risponda la mia segretaria o qualcuno della mia famiglia. Quello del Comune lo lascio a Milano, per questo è capitato che rispondesse mia figlia, ma non gliel’ho certo dato in uso io”. E’ finito con un altro risarcimento dell’intera spesa, motivo per cui i legali chiedono uno sconticino.
Nel partito c’è sempre, ma sempre un passo indietro, come alle consultazioni al Quirinale, come sul palco del Teatro Manzoni per il comizio finale di Berlusconi. Si infila nella buca del suggeritore, più che nella livrea del servitore. Entra nel governo Berlusconi quarto da sottosegretario e ne esce – con lo spread – da ministro. E’ stato spesso accusato di agire per Palazzo Chigi nel senso di Cologno Monzese. Senza farla troppo tecnica e per dirne una sola delle tante: dopo aver messo molto del suo nella legge Gasparri, cercò per esempio di impedire a Sky di ottenere dall’Unione Europea una deroga per partecipare all’asta per le frequenze per il digitale. Tra l’altro “del tutto dimentico del suo passato di pornografo – scrivono Alessandro Gilioli e Arturo Di Corinto in I nemici della rete – arriverà a proporre l’istituzione di un sistema gestito dal ministero per avvisare i genitori via sms nel caso qualcuno in casa navighi in internet su siti a luci rosse”.
Fedele, leale: quando nel 2010 Berlusconi mollò a suo beneficio – dopo quasi 6 mesi – l’interim della delega allo Sviluppo Economico, lui attese un po’ prima di dimettersi da assessore all’Urbanistica a Monza. Alcuni da sinistra dissero che era perché doveva lasciare ben curata l’operazione che aveva guidato per anni, quella della Cascinazza, il terreno acquistato da Paolo Berlusconi reso edificabile per 420mila metri cubi nella variante al Pgt del centrodestra. L’operazione fallì, anche per colpa della Lega. E’ probabile che accada lo stesso per la sua promozione a vice di Mattarella.
Presidente Senato, centrodestra spaccato. Lega: "Votiamo Bernini". Di Maio: "Noi disponibili". Lei frena. Berlusconi: "Rotta la coalizione"di SILVIO BUZZANCA
2018/03/23
http://www.repubblica.it/politica/2018/ ... -192033750 ROMA - È rottura nel centrodestra. Silvio Berlusconi si scaglia contro la Lega dopo la svolta di Matteo Salvini, che lancia il nome della forzista Anna Maria Bernini come presidente del Senato, invece di sostenere il candidato indicato ufficialmente da Forza Italia: Paolo Romani. La reazione di Berlusconi non si è fatta attendere: "Dalla Lega arriva un atto di ostilità a freddo", dice. I voti del Carroccio a Bernini "rompono l'unità della coalizione del centrodestra e smascherano il progetto per un governo Lega-M5S". In un vertice a Palazzo Grazioli, Berlusconi ha detto alla senatrice di Forza Italia: "Non possiamo accettare candidature scelte da altri". E Bernini ha offerto la disponibilità a ritirarsi in assenza del sostegno di Berlusconi.
"Il candidato resta Romani", dice Berlusconi in tarda serata.
Dopo aver fatto muro, il Movimento 5 Stelle prova a incunearsi nella frattura creata dalla Lega: "Siamo disponibili a sostenere l'esponente di Forza Italia Anna Maria Bernini o un profilo simile", twitta in serata Luigi Di Maio. Una decisione appoggiata anche da Alessandro Di Battista: "Ho fatto opposizione a Berlusconi come pochi in questi anni, ma se Salvini propone Bernini al Senato è giusto votarla", scrive su Facebook l'ex deputato M5S. E poco prima di mezzanotte arriva una "sorpresa" anche per quanto riguarda la Camera: sembrava fatta per Roberto Fico, ma i capigruppo 5 stelle, Danilo Toninelli e Giulia Grillo, annunciano che il candidato ufficiale del Movimento è Riccardo Fraccaro.
D'altra parte in Senato Lega e M5s potrebbero eleggere da soli il presidente già nella terza votazione di domani. Infatti da regolamento nel terzo scrutinio il quorum è pari alla maggioranza assoluta dei voti dei presenti, contando tra i voti anche le schede bianche. Lega e 5 stelle, insieme, possono contare su 170 senatori, 58 del Carroccio e 112 del Movimento 5 stelle.
Intanto Salvini fa sapere con una nota di essere disponibile ad appoggiare un candidato M5s a Montecitorio: "Vista la disponibilità dei 5 stelle a sostenere un candidato del centrodestra alla presidenza del Senato, noi ne appoggeremo uno dei 5stelle alla presidenza alla camera. Aspettiamo di conoscere nomi".
Lo scontro si consuma durante una giornata di fumate nere sia a Montecitorio che a Palazzo Madama, dove per ore si è continuato a cercare una soluzione al rebus delle presidenze. Poi la mossa del leader leghista che ha spiazzato Forza Italia: Bernini, esponente di Forza Italia come Romani, anziché scheda bianca come il resto della coalizione. Salvini sostiene di aver avvisato Silvio Berlusconi, ma anche il commento di Renato Schifani è gelido: "Ne prendiamo atto".
Berlusconi convoca in serata i vertici azzurri a Palazzo Grazioli, dove riceve anche Umberto Bossi - segno che una parte della Lega non ha gradito lo strappo - e la linea sul nome di Paolo Romani non cambia.
Presidente Senato, centrodestra spaccato. Lega: "Votiamo Bernini". Di Maio: "Noi disponibili". Lei frena. Berlusconi: "Rotta la coalizione"
C'è un voto mancante nella Lega su Anna Maria Bernini, spiegano fonti del Carroccio, sarebbe quello di Umberto Bossi che "avrebbe scritto il nome della senatrice azzurra con mano tremante, quindi è stata annullata per questo". Dal Carroccio infatti insistono che nel gruppo non vi è stata alcuna defezione, "siamo 58 a palazzo Madama, i 57 voti sono dovuti a una scheda nulla". Poco dopo Bossi è andato a Palazzo Grazioli per incontrare Silvio Berlusconi
Salvini motiva la scelta di sostenere Bernini come un atto di responsabilità per uscire dal pantano. "Abbiamo dato la disponibilità a votare un'esponente di Forza Italia, speriamo che anche altri abbiano lo stesso senso di responsabilità", dice. E aggiunge: “Il M5s sbaglia a porre veti, ma sbaglia anche chi si arrocca su un solo nome: ognuno di noi, in questo momento deve parlare con tutti e mettersi di lato di qualche centimetro, noi della Lega ci siamo messi di lato di un chilometro".
Da Giorgia Meloni arriva un appello a fare un passo avanti perché "questo delicato passaggio sulle presidenze delle Camere non si risolva in un liberi tutti". La leader di Fratelli d'Italia si dice disponibile ad un nuovo vertice dei partiti di centrodestra "nella speranza che ci sia ancora un margine per ricomporre".
Più sibillino Ignazio La Russa: per il senatore di FdI la mossa di Salvini è una "boutade" per smuovere lo stallo: "Sta a Berlusconi", aggiunge, "trovare il colpo magico per sventare chi tenta di divaricare il centrodestra".
I grillini avevano mandato a monte la possibile intesa con il centrodestra sui nomi di Roberto Fico alla Camera e Paolo Romani al Senato motivandola con un no al forzista, in quanto condannato per peculato.
L'IPOTESI ZANDA
In mattinata era circolata l'ipotesi di un possibile sostegno dei grillini al ballottaggio al Senato per il dem Luigi Zanda. "Un po' come accadde nel 2013 - facevano filtrare fonti del M5S - quando si doveva scegliere tra Renato Schifani e Pietro Grasso". Allora una parte dei grillini votò per l'ex magistrato eletto nelle file del Pd. E la scelta provocò il primo scontro interno al gruppo grillino e le prime espulsioni. Oggi la manovra sembrava invece essere ispirata dal gruppo dirigente del Movimento.
"Se ci sono delle scelte del M5S che riguardano il Pd ce lo vengano a dire. Per ora non è arrivata nessuna proposta”, aveva detto il capogruppo uscente Ettore Rosato, freddo sull'ipotesi Bernini lanciata da Salvini: "Non la votiamo". Ma ora i giochi sembrano fatti a prescindere dal Pd.