Sono senza lavoro: il tribunale dei minori porta via la loro bambina di tre mesi
Ieri alle 07:53
http://www.unionesarda.it/articolo/cron ... 84189.html
Sognavano una vita insieme con la loro bambina di neanche tre mesi. Lui, quartese di 36 anni, lei originaria di Marino, in provincia di Roma, 24 anni. Avant'ieri le assistenti sociali inviate dal Tribunale dei minori sono arrivate a Quartu e si sono portati via la loro piccolina. Lo hanno fatto con i dovuti modi, tanta delicatezza. Ma la sostanza non cambia: la piccola non è più con i suoi genitori (il giornale non pubblica i nomi a tutela della neonata). I due ragazzi non hanno dormito, ieri non hanno mangiato. Chiedevano solo di essere messi nelle condizioni di fare il babbo e la mamma. Nessuna critica nei confronti di chi ha preso quella decisione ma la grande speranza di poter riavere presto la figlioletta. Il padre ha una pensione di 286 euro al mese, è invalido per un problema di articolazione a una mano. «Sono anche cardiopatico - dice - ma sono incensurato. Mai avuto problemi con la giustizia. Sono io ora a chiedere giustizia. E un posto di lavoro. Sono pronto a tutto, anche a fare il guardiano notturno pur di riavere mia figlia».
La convivente, madre della piccola, come alcuni anni fa, dopo la nascita del primo figlio, ha sofferto di depressione. «Si è vero in passato ho sofferto di depressione ma ora mi sentivo benissimo». Povera ma felice accanto alla piccola che fra qualche giorno compirà tre mesi. «Eravamo una famiglia felice», racconta lui: «Mio babbo mi ha dato la casa Iacp dove vivere, ho la pensione di invalidità e alcuni amici che mi aiutano. Sono stato dipinto come un accattone: non è assolutamente vero. Lo ripeto: ricevevo aiuti da chi mi vuole bene. Ora mi viene negato il diritto di avere una famiglia, di essere un buon padre. È vero, sono povero, invalido. Ma sono incensurato e ho tanta voglia di fare».
https://www.facebook.com/francesco.campo.71?fref=nf
..mentre zingari e clandestini con minori spesso sfruttati sono considerati genitori modello...e i soldi degli italiani vanno alle nuove risorse boldriniane.
Strasburgo condanna l’Italia con una sentenza storica
novembre 2, 2015
Gian Piero Robbi
http://lastella.altervista.org/strasbur ... -dai-media
Può lo Stato italiano privare un bambino dell’affetto dei propri genitori solo perché ci siano delle difficoltà all’interno della famiglia? E, soprattutto, senza che nessuno si sia fatto avanti per dare un sostegno concreto?
La risposta è no e non proviene dal senso comune di umanità ma dalla Corte Europea per i Diritti dell’uomo che, con una sentenza emessa il 13 ottobre scorso, ha attestato la violazione da parte dello Stato italiano dell’articolo 8 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, in materia di tutela della Vita Privata e Familiare.
L’articolo in questione, infatti, afferma che “ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza” e “non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del Paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione di reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
Ciò è avvenuto grazie al ricorso presentato e vinto dall’avvocato Francesco Morcavallo, ex Giudice Minorile, in merito alla decisione di rendere adottabili tre bambini tolti dalla madre per via di difficoltà familiari e per una fase di depressione personale, nonostante non sia mai avvenuto alcun effettivo maltrattamento.
La Corte, in pratica, ha affermato il principio che, prima di dichiarare adottabile un bambino, è necessario che siano effettuati tutti i tentativi per evitare il suo allontanamento dai genitori naturali.
L’Italia, pertanto, è stata sia condannata a una sanzione pecuniaria sia ad adeguarsi a quanto stabilito dalla Corte Europea (la sentenza, infatti, non annulla automaticamente gli effetti della decisione di adottabilità).
Si tratta, quindi, di una sentenza di portata storica con la speranza che finalmente, prima di allontanare un bambino dai propri genitori, chi di competenza utilizzi tutti gli strumenti necessari per evitarlo.
30mila minori nelle case famiglia: un business che si finge accoglienza
Bambini e ragazzi costano fino a 120 euro al giorno. Soldi pubblici, per un totale di quasi un miliardo di euro ogni anno
Mary Tagliazucchi - Dom, 13/09/2015
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 70225.html
In Italia c’è una parola che non passa mai di moda. Spreco. Nel nostro Paese si spreca su tutto: sanità, opere pubbliche, gestione finanziaria, costi della politica, pubblica amministrazione, spese per la difesa e quant’altro.
Non stupiamoci quindi se il nostro è anche il Paese delle “Case Famiglia”, dalle stime oltre 1800 strutture distribuite da Nord a Sud. Lazio, Emilia Romagna,Sicilia, Lombardia sono quelle che raggiungono numeri più consistenti tra le 250 e le 300.
Sono quasi 30mila i minori fuori dalle loro case d’origine. Tra cui 1626 sono bambini al di sotto dei sei anni.
I bambini e i ragazzi ospitati in queste comunità costano dai 70 ai 120 euro al giorno. Gli istituti laici o religiosi sono pagati dai Comuni, ovvero con soldi pubblici. L’erogazione di questa retta prosegue per tutta la permanenza del bambino. Un giro d’affari che si aggira intorno ad un miliardo di euro all’anno. Presenze invisibili i cui genitori diventano le istituzioni. Alcuni entrano in queste comunità da neonati e, non di rado ci restano fino alla maggiore età.
I servizi sociali, i tribunali e le sentenze (a volte date con troppa superficialità) sono il loro pane quotidiano.
Queste strutture di accoglienza ricevono chi è stato allontanato dai genitori naturali o non li ha proprio mai conosciuti. Su cinque minori solo uno di solito viene assegnato (dai tribunali), in adozione o affido alle famiglie che ne fanno richiesta. Al momento sono oltre 10.000 le coppie in perenne attesa di un figlio in adozione.
Ma si sa, un bambino assegnato ad una coppia è una retta in meno che entra nelle casse di queste comunità. Viene quindi da pensare che sia più comodo tenersi un minore il più a lungo possibile. Ovvio poi che a questo ci si aggiungono altri fattori come le consuete e tipicamente italiane, lungaggini burocratiche-giudiziarie. Un’altra nota dolente infatti sono i tribunali che non riescono a seguire tutte le pratiche. Solo a Milano, ogni anno si accumulano 6mila fascicoli relativi a famiglie disagiate con a carico un minore.
Tutto questo continua ad accadere nonostante le casse di molti Comuni siano vuote, mentre le case famiglia sono in continuo aumento. Il problema principale è l’assenza di un monitoraggio. Pochi sanno cosa succeda in queste strutture . Solo in rari casi e grazie alla sensibilità di qualche assistente sociale molte verità vengono portate alla luce. Purtroppo sembra esserci un’importante falla su chi e come vigila su questi istituti. Esistono molti enti e associazioni no profit, ma nessuno è in grado di fornire numeri precisi, esatti. Almeno al momento.
Altro dato importante e non trascurabile: la necessità di rendere pubbliche le modalità con cui vengono utilizzati i fondi. Fondi presi dai soldi pubblici, i nostri soldi. Per il cibo, il vestiario, gli psicologi e altre attività annesse.
In molti per essere più competitivi abbassano la rata giornaliera (a 30/40 euro) per far confluire nella propria struttura più minori. Così facendo si perde completamente il motivo per cui i ragazzi sono li. La loro permanenza infatti va gestita con cura e con un unico obiettivo: trovagli una nuova collocazione familiare. Non tenerlo per anni, lì.
E purtroppo come molte volte le cronache hanno riportato, prima di lasciare queste strutture, molti bambini ormai adolescenti sono usciti da queste strutture con delle storie che non hanno niente a che fare con l’accoglienza. Tutt’altro.
Ma non vogliamo certo generalizzare. Come dicono alcuni esperti ci sono anche strutture che funzionano ed operatori sociali eccellenti. Nonostante questo e visto che le cause maggiori di allontanamento a volte sono soprattutto le difficoltà economiche delle famiglie d’origine.
Non sarebbe meglio lasciare questi minori con i propri genitori? Il contributo dato alle comunità per ogni bambino di 79 euro (calcolando per ogni mese e ciascun minore) lo Stato paga dai 2.130 ai 2.970 euro. Una somma questa che potrebbe sostenere i nuclei familiari in difficoltà con il vantaggio di non avere spese aggiuntive. Ma fino ad oggi come ci è sembrato di capire si sceglie la via più drastica, portare via i bambini.