Attenzione! Se la democrazia diretta è un’illusione, la Svizzera non esiste!!di Gedeone Nenzi
http://vivereveneto.com/2015/06/24/la-s ... more-14535[in risposta all’articolo “Veneti, ripristiniamo la nostra strada!” – clicca qui per leggerlo:
http://vivereveneto.com/2015/06/22/vene ... tra-strada]
Alcuni giornali di fantascienza hanno pubblicato che la Svizzera è il paese con il più alto tasso di felicità al mondo, davanti a Islanda e Danimarca. Eh già! Se la democrazia diretta fosse veramente un’illusione, come scrive nel suo articolo Roberto V., allora il Sole 24 ore, il Giornale, il Corriere, il Messaggero e altri giornali tratterrebbero argomenti di fantascienza!
Forse in certi casi può essere anche vero, ma per quanto riguarda la felicità dei cittadini svizzeri, dobbiamo rilevare che il dato emerge dalla nuova edizione del World Happiness Report (Rapporto sulla felicità nel mondo), realizzato per il Programma di sviluppo sostenibile dell’Onu da John Helliwell della University of British Columbia, Richard Layard della London School of Economics e Jeffrey D. Sachs, direttore dell’Earth Institute della Columbia University. Poiché lo scopo ultimo della politica, arte del governo della polis, è il raggiungimento della felicità dei cittadini, posso asserire che gli svizzeri si sono dati una politica che risulta essere la migliore del mondo nel 2015.
Ma ora, chiediamoci con quale sistema politico questo popolo, un crogiolo di genti diverse che vive in un impervio territorio alpino con poche risorse naturali, è riuscito in questa impresa. La Svizzera è una repubblica federale democratica composta da 26 cantoni e mantiene un particolare sistema di DEMOCRAZIA DIRETTA. Il referendum è un istituto presente nella costituzione svizzera sin dal 1848 ed è garantito anche dall’attuale costituzione del 1999 (artt. 138-142).
felicità2Ecco qual’è il risultato della Democrazia Diretta! È provato, è dimostrato, è un risultato scientifico! Anzi, abbiamo delle ottime ragioni per credere che noi veneti, con lo stesso sistema, potremmo in poco tempo superare la stessa Svizzera. Che sfida stupenda sarebbe, o no?
La ragione che porta me e tanti amici indipendentisti a credere ciò, e qui sono d’accordo invece con Roberto V., è che noi veneti possiamo attingere ai grandi insegnamenti che ci hanno lasciato i nostri avi, mi riferisco al modo di governare la Serenissima Repubblica di Venezia. Pensiamo ad esempio alle nomine brevi, al ballottaggio, al divieto di creare fazioni, i partiti erano addirittura inconcepibili, ecc. ecc.
Per quanto riguarda la Costituzione, presente anche nel sistema Svizzero, io personalmente preferirei il sistema consuetudinario, ma purtroppo abbiamo avuto 218 anni di interruzione dalle consuetudini della Serenissima, ed è difficile pensare di riprendere pari pari dal 1797. Poi dobbiamo considerare che per rendere efficace l’indipendenza, dovremo farci riconoscere dagli altri stati. Questi hanno la costituzione nella quasi totalità, e noi dovremmo in qualche modo “presentare” il nostro sistema a loro. Non potremo relazionarci senza dichiarare loro quali sono le nostre intenzioni, ad esempio in tema di sovranità, di difesa, di giustizia ecc.. dream_to_create_the_futureVi immaginate degli industriali stranieri, che vengano ad investire in Veneto senza un documento riconosciuto internazionalmente a garanzia della proprietà?
Certo vorrei qualcosa di molto leggero, pochi articoli chiari e significativi, ma credo che una Costituzione sia necessaria, ormai è nelle nostre consuetudini… Ad indipendenza fatta, le leggi potranno essere cambiate solamente in itinere e ci vorrà del tempo. Perciò un documento di guida e riferimento lo trovo utile.
Augurando a tutti di agire con entusiasmo per l’indipendenza al di sopra di qualsiasi divisione, vi saluto con un bel VIVA SAN MARCO!
Marco D'Aviano ha detto: 24/06/2015 alle 11:10
Proviamo a porci alcune semplici domande. Poniamo che la Civiltà Umana abbia una storia di circa 10.000 anni. Come mai in tutto questo tempo si sarebbe aspettato l’anno di Grazia 2015 per fare una scoperta così decisiva per l’umanità intera, cioè che la felicità umana dipenderebbe da una formula così semplice, simpatica e accattivante come la “Democrazia Diretta”?
Ciò presuppone che i nostri antenati fossero prigionieri di antiche superstizioni. Invece noi saremmo dei tali geni, che abbiamo scoperto all’improvviso principi così evidenti (da sembrare banali).
Oppure, forse ci sta sfuggendo qualcosa? Prendendo qualche libro in mano si scopre fatalmente che i problemi umani sono sempre identici a se stessi.
Si scopre anche che le soluzioni di problemi così importanti nulla hanno di semplice, di simpatico e di accattivante.
Vediamo oggi applicati in modo quasi estremistico concetti come “uguaglianza”, “diritti umani”, “democrazia”, “libertà” (si pensi all’immigrazione, dove disordinate invasioni sono giustificate proprio sul presupposto che siamo tutti eguali e che tutti abbiano diritto a tutto). Forse è arrivato il tempo di dubitare del fondamento di questi dogmi e dell’uso che si può farne.
Da circa due secoli domina una sorta di “religione dello stato moderno”, che tutti dovremmo conoscere bene: si chiama “liberalismo”.
Questa è anche la religione dello stato italiano (come pure di tutti gli stati formatisi sui medesimi presupposti ideologici, dopo le rivoluzioni americana del 1776 e francese del 1789).
È la religione che ci accompagna dalla culla alla tomba. La religione che ci insegnano dall’asilo e dalla scuola elementare, fino alla laurea.
È la religione profusa in dosi massicce dal cinema americano, che si riversa poi nelle nostre case dall’alba a notte fonda, senza incontrare filtri critici.
Logico che guardando le cose in questa prospettiva tutto appaia semplice, simpatico e accattivante. D’altronde nel ‘700 – quando nei salotti cominciò a dilagare la “filosofia illuminista” (o dei “novatori”, come la chiamavano tre secoli fa) – il tratto distintivo di questo pensiero era proprio “l’utopismo”.
Si pensava che sarebbe stato facile avere la Società Perfetta, dove non esistevano disparità sociali, dove erano aboliti il dolore, la malattia, la morte, il rimorso, la punizione, ecc.
Questo miracolo sarebbe avvenuto a patto che si mettessero da parte la Civiltà Tradizionale, dominata dal sacrificio e dal senso del dovere.
Di che tipo era questa Civiltà? Di carattere religioso, non c’è dubbio.
Prima della rivoluzione liberale, scatenatasi a fine ‘700 e tuttora in corso, il pensiero europeo era dominato dalla Dottrina e dalla Morale della Chiesa Cattolica. Gli Stati, in primis la Veneta Serenissima Repubblica, erano STATI CONFESSIONALI, dove Dio, visto come la fonte di ogni Bene, era collocato nel cuore dello Stato, come dispensatore della Sovranità, di cui godevano i popoli. La Sovranità era riflessa nella persona del Principe (da noi, detto il “Doge”).
Insomma, era una società di non eguali: un’aristocrazia.Guidavano la società i migliori (i nobili), per cultura, educazione, capacità di sacrificio e portatori di alti ideali. La guidavano assieme al clero, responsabile della cultura e dell’educazione. Il popolo era fiero di avere grandi esempi da seguire. Era libero perché quei modelli umani e quella classe dirigente dava loro certezze. ???
Come si compì la rivoluzione liberale? Con una invasione armata e sanguinaria, seguita da ogni tipo di rapina e violenza distruttiva di ogni riferimento politico, economico, culturale. Ciò da noi avvenne negli anni 1796-97 con l’invasione napoleonica. La rivoluzione liberale continua tuttora con l’oppressione dello stato laicista ed è divenuta assai più intensa, poiché si inserisce e si accompagna alla globalizzazione (NWO). È un processo di una rivoluzione destinato a non avere mai fine, che si compirà con un’oppressione così totale, quale il mondo non ha ancora visto.
Dal ‘700 ad oggi il pensiero laicista anglosassone e francese ci ha convinti che avremmo cominciato una appassionante e progressiva scalata verso la “Società Perfetta” con la soppressione degli Stati Cristiani (dove – secondo gli “illuministi” – tiranneggiavano nobiltà e clero).
Hanno imposto “l’Uomo Nuovo”, per il quale la religione è un penoso retaggio del passato, in quanto non esistono doveri nella vita se non di ricercare la propria felicità, senza vincoli morali.
Così è cambiato in profondità anche il concetto di “felicità”. Il Cristianesimo ne dà una visione aderente alla tradizione classica. La vera felicità per Socrate, Platone, Aristotele, Cicerone e tanti uomini antichi, risiede nella realizzazione della Giustizia. Questo fatto spesso esige sacrifici, cioè di dover passare attraverso situazioni dolorose e di privazione.
Socrate si sente felice anche quando è costretto a bere la cicuta, perché sa di aver tenuto fede ai suoi principi di Giustizia. La Civiltà Cattolica riprende in toto questo atteggiamento, addirittura elevandolo. La Giustizia per un Cristiano si compendia nella Verità, poiché il Vero ed il Giusto discendono da Dio. In ogni caso, la felicità consiste nell’aderire ai principi trascendenti e immutabili che l’uomo percepisce attraverso la coscienza, quindi non è affatto legata al proprio utile, ma ad un senso morale superiore all’individuo.
Così siamo andato avanti per oltre due millenni. Ma guardiamo come poi è mutato il concetto di “felicità”, cioè la cosa più desiderabile della vita. Leggiamo due massime del padre dell’utilitarismo, Jeremy Bentham (1748-1832).
«La natura ha posto il genere umano sotto il dominio di due supremi padroni: il dolore e il piacere. Spetta a essi soltanto indicare quel che dovremmo fare, come anche determinare ciò che è giusto o ingiusto».
«La giustizia è il massimo della felicità per il massimo numero di persone».
Non serve una laurea in filosofia per capire che siamo agli antipodi rispetto alla visione della vita classico-cristiana, su cui era edificata la Civiltà Veneta. Le massime utilitariste appena riportate compendiano il pensiero liberale. A dove porta l’ideologia liberale?
All’egoismo sfrenato, a guardare solo al proprio interesse, infischiandosene di tutto ciò che comporta sacrificio e privazione.
Prima di tutto vengo io. Contano ben poco la Patria, il Bene, il Giusto, la famiglia, la morale, il rispetto per Dio, il rispetto per ogni cosa vada oltre i miei interessi.
Perso il senso del Divino, l’uomo (che in sé non possiede nessuna intelligenza che Dio stesso non gli abbia conferito) non sa neppure che cosa sia il rispetto.Veniamo alla famosa “democrazia diretta”. In un certo senso, è giusto il titolo dell’articolo “La Svizzera non esiste”. Infatti, non esiste il favoloso paese dei balocchi descritto dalla stampa liberale (“Il Sole 24 ore”, “Il Giornale”, “Il Corriere”, “Il Messaggero”, ecc.).
I vantaggi che la Svizzera ha su di noi lui deve dalla CONSERVAZIONE DEI SUOI PRESIDI DI CIVILTÀ TRADIZIONALI, non certo dall’aver fatto la rivoluzione liberale (che invece arriverà piano piano anche lì, cominciando ad erodere la loro società).
Al netto della propaganda giornalistica, il segreto della Svizzera e degli altri paesi governati meglio del regime bananifero italiota è il BUON GOVERNO, che si regge sempre su una classe dirigente che si forma sui valori propri di una comunità storica. ??? I dogmi universalistici, invece, sradicano i VALORI tradizionali, dissolvono lo Stato, mettono in mano i popoli agli organismi sovranazionali e alle strutture economiche apolidi, come la banche, l’Alta Finanza, le corporations, le multinazionali, ecc.
L’illusione un po’ infantile che tenere continue consultazioni referendarie su qualsiasi scelta politica sia il “sale della democrazia” è la premessa per consegnare tutto il potere politico alle elite che detengono i grandi capitali, cioè i mass media, che con crescente facilità riescono a convincere di tutto e del rovescio di tutto una massa spesso amorfa (dove le fasce di persone informate sono immancabilmente esigue minoranze).
È certo utile consultare la gente con i cosiddetti strumenti di democrazia diretta. Guardiamoci bene però dal trasformarli in una formuletta magica che risolverebbe tutti in problemi. Anzi, se per “democrazia diretta” si intende un’illusione ideologica, allora si sta imboccando la strada verso il “Grande Fratello”. Errore di cui non si avvede neanche il fanculista di turno, che al posto della fatica di scrivere un programma politico adatto ad affrontare i problemi concreti, spaccia l’illusione che la politica siano la sommatoria di rapide votazioni, espresse con un click sulla tastiera.
Enzo Trentin ha detto:25/06/2015 alle 06:47
Nel gennaio 1798, con le truppe francesi al confine, la proclamazione della “Repubblica Lemanica” portò alla “liberazione” del Vodese; in questo caso anche in Svizzera nel segno della strategia politica della costituzione attorno alla Francia, di “repubbliche sorelle”, satelliti.
Un ordine che durò sul piano internazionale i pochi anni del fulgore napoleonico. Il 12 aprile dello stesso 1798, la Francia raggiunse lo stadio, che avrebbe voluto conclusivo, della sua politica in Svizzera: la costituzione della “Repubblica Elvetica”, “una e indivisibile”.
Pensando di poter controllare meglio la politica di un unico Stato svizzero che di più Stati, più piccoli, Napoleone dovette presto accorgersi di aver capito poco degli svizzeri. Fu un’invasione, quella francese, che finì col non piacere a molti di quegli stessi patrioti che l’avevano desiderata e provocata. Oltre al reclamato indennizzo per le spese della spedizione militare (15 milioni di franchi francesi divisi fra i cantoni resistenti) furono ricavati a Berna dai francesi 16 milioni di franchi e un ingente bottino (saccheggio dell’arsenale e lauta appropriazione di generi di prima necessità, fra i quali una enorme quantità di vino che i predetti posero in vendita traendone notevole incasso). Spoliazioni, carico formidabile di spesa (piccoli villaggi si trovarono a, dover mantenere migliaia di soldati) completarono il quadro, sempre più sconfortante, della invasione.
La polemica fra i partiti si accentuò e il processo di vera e propria restaurazione che s’era venuto determinando durante la guerra francese contro l’Austria e gli alleati, nelle zone territoriali sottratte ai francesi, sfociò, quando Massena vinse per le armi francesi la seconda battaglia di Zurigo nel settembre del 1795, in un incontenibile dissenso. Non mancarono neppure pronunciamenti di paesi e di comunità di frontiera per l’annessione all’ Austria.
Le truppe francesi, più volte sollecitate dal Direttorio, se ne andarono nell’estate 1802, dopo la pace di Amiens; ma essendo poi ripresi i tentativi di restaurazione, i francesi intervennero ancora. Napoleone, primo console, infine interpose la sua mediazione (il relativo Atto è del 19 febbraio 1803) e venne varata una nuova Costituzione. Le truppe francesi lasciarono definitivamente la Svizzera l’anno successivo.
La Costituzione del 20 maggio 1802, detta Seconda Costituzione Elvetica, fu la prima votata dal popolo: 92.423 sì e 167.172 no. I non votanti vennero considerati favorevoli secondo legge, e il testo fu dunque approvato; il popolo svizzero aveva tuttavia avuto modo di attestare implicitamente la propria sfiducia alla Repubblica Elvetica. Visse pochi mesi. Le Costituzioni del 1798-1803 segnarono in ogni caso la fine dei privilegi di casta e affermarono i princìpi civili dello Stato moderno. Se il processo di centralizzazione amministrativa non poteva che arenarsi, anche di fronte alle grandi difficoltà finanziarie che comportava, restarono tuttavia validi alcuni fondamentali princìpi di applicazione della giustizia e dei tributi, sullo sfondo di uno spirito di eguaglianza e nell’interesse di tutta la collettività. Abolite le decime (delle quali l’80 per cento andava allo Stato che doveva pur mantenere il culto e le istituzioni di carità), con la legge del 10 novembre 1798, la più importante senz’altro fra quelle della Repubblica Elvetica, si crearono nuove imposte (fondiaria, sui fabbricati, sul capitale, sulle successioni e, via via, sui trasferimenti di proprietà, sul bollo, sulle bevande ecc.).
Sogni del centralismo democratico-patriottico, che a quell’epoca sarebbero stati ottimi per ogni altro Paese europeo che non fosse stato la Svizzera, un Paese nel quale l’anima popolare vuole cogliere da vicino, e nei tradizionali equilibri politici e amministrativi, i suoi riferimenti istituzionali immediatamente tangibili.
La CH già nel 1978 era al secondo posto nella graduatoria della prosperità mondiale.
Se la furia delle guerre mondiali ha risparmiato la Svizzera non lo si deve affatto – come pure tanti credono – alla sua dichiarata neutralità. Quale Hitler se n’è mai stropicciato? No. Se nessuno ha invaso la Svizzera è perché questo Paese ha sempre potuto contare su un efficientissimo deterrente militare; abbinato alla sua propensione a “far affari” (contrattualismo) con entrambe le parti in conflitto.
Per esempio, gli svizzeri tennero ai nazisti pressappoco questo discorso: «Invadeteci, e ogni svizzero fra i 17 e i 50 anni d’età si nasconderà sulle Alpi per portare un’interminabile guerra d’attrito. D’altro canto, se sarete tanto furbi da non invaderci, saremo lietissimi di fornirvi i migliori prodotti della nostra industria, fra le più avanzate del mondo. A pagamento, s’intende.»E questo è esattamente ciò che avvenne. Ma non solo gli elvetici fornirono alla Germania hitleriana cannoni antiaerei, generatori di corrente, strumenti di precisione, macchine utensili; non solo permisero ai nazisti di servirsi delle loro ferrovie per far affluire rifornimenti al loro alleato Mussolini: essi chiesero e ottennero altro in cambio. Energia. Carbone dalla Ruhr. Elaborarono una formula pignolescamente precisa: per ogni tonnellata di materiale bellico in transito, tot quintali di carbone. Tale patto permise alla Svizzera di restare indenne e sopravvivere ai cinque lunghi anni di conflitto. Poiché la Svizzera non ha un grammo di carbone né una goccia di petrolio. E l’energia elettrica non sarebbe bastata. Funzionò. I tedeschi non toccarono la Svizzera. E le fornirono energia sufficiente, non solo a mandar avanti il Paese, ma a farlo prosperare mentre il resto d’Europa cadeva in rovina.
PER CONCLUDERE:
Marco D’Aviano (Alias E.R.) è perfettamente comprensibile che sia contrario all’illuminismo, essendo lui un fondamentalista cristiano cui nemmeno la religione ufficiale va bene.L’Occidente non sopporta il fondamentalismo musulmano; figuriamoci se dovessimo essere sottoposti o appoggiare quello cattolico di Marco D’Aviano che riproporrebbe l’inquisizione ed i roghi rivisti in salsa contemporanea.
Ma quello che proprio è insopportabilmente disdicevole è che costui, è un funzionario statale (della Regione Veneto) che come tanti parassiti del suo stampo non trova di meglio che leggere i blog, e rispondere alle polemiche, negli orari d’ufficio (si verifichi gli orari in cui pubblica: 24/06/2015 alle 11:10 e 24/06/2015 alle 11:11 e 24/06/2015 alle 11:11 e 24/06/2015 alle 11:12). Ovvero esattamente quella specie di parassiti che non solo non producono nulla, ma che ostacolano i liberi imprenditori costringendoli, a volte, al suicidio. Mentre le statistiche sulle centinaia di suicidi avvenuti in Veneto non contano nessun rappresentante della sua genia o di quella dei politici che ne hanno favorito l’assunzione tramite… «Concorso» Tsz!
Coante ensemense ke łi scrivi łi pori roganti e gnoranti catołeghi tradisionałisti e fondamentałisti veneti.