Banche venete e italiane, ruberie e depredazioni

Banche venete e italiane, ruberie e depredazioni

Messaggioda Berto » dom feb 23, 2014 10:13 am

Comitado de Baxiłea
http://it.wikipedia.org/wiki/Comitato_di_Basilea

Baxilea 2
http://it.wikipedia.org/wiki/Basilea_II

Il Nuovo Accordo sui requisiti minimi di capitale firmato a Basilea, meglio noto come Basilea II, è un accordo internazionale di vigilanza prudenziale, maturato nell'ambito del Comitato di Basilea [1], riguardante i requisiti patrimoniali delle banche. In base a esso, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating.
L'accordo è strutturato in tre "pilastri":
Requisiti patrimoniali;
Controllo delle Autorità di vigilanza;
Disciplina di mercato e Trasparenza.
Il testo dell'accordo nella versione definitiva nel giugno del 2004, è entrato in vigore nel gennaio 2007, con una proroga di un anno concessa alle banche che hanno adottato il metodo advanced. A seguito della crisi finanziaria che ha colpito alcuni importanti istituti di credito, una nuova versione dell'accordo è stata emanata con il nome di Basilea III.

A partire dagli anni novanta la gestione del credito da parte di numerosi istituti di credito s'è rivelata poco prudente e ci si è accorti dei limiti del quadro normativo in base al quale il rischio connesso ai prestiti concessi dalle banche alle imprese.
L'accordo esistente sull'argomento, il Basilea I risultò incentrato su una visione semplificata dell'attività bancaria e della rischiosità delle aziende.
Inizialmente, la principale preoccupazione dei partecipanti al Gruppo Basilea II fu la salvaguardia della stabilità del settore bancario, perno attorno al quale ruotano le economie mondiali: la logica del nuovo accordo ruota intorno all'idea che le banche non debbano assumere rischi eccessivi e debbano tutelarsi dai rischi assunti.
Lo scopo di Basilea II è assicurare una stabilità del sistema bancario e di modificare il rapporto tra banca e impresa, fondandolo su fiducia reciproca, informazioni reali, da aggiornarsi continuamente, vincolate alla effettiva capacità di produrre reddito in prospettiva di una crescita futura e non solo degli obiettivi a breve termine.
L'atteggiamento che le banche dovranno adottare va in direzione di una maggiore responsabilità, sia nei confronti delle aziende, sia nei confronti dei risparmiatori. Il sistema economico italiano, in particolare, ha bisogno di una maggiore intersezione tra banche, imprese e risparmiatori per dischiudere molte potenzialità.
Basilea II imponeva un limite al livello di rischiosità dei prestiti, e al di sotto di una certa soglia di rischio non poneva restrizioni alla quantità di denaro che un istituto di credito può erogare.
In Europa sono rimaste in vigore altre normative che ponevano un limite assoluto alla quantità di denaro che una banca può prestare, al di là del profilo di rischio degli investimenti, quali la riserva frazionaria e un rapporto fra crediti erogati e patrimonio di vigilanza.
Negli Stati Uniti, nel 1999 fu approvata una legge che abrogava il Glass-Steagall Act, e in particolare la separazione fra banca commerciale e banca d'investimenti. Seguì una concentrazione nel settore che portò a un oligopolio di grandi istituti come Citigroup, o l'AIG o la Bank of America.
Su pressione dell'Unione Europea, il 28 aprile 2004 le cinque maggiori banche del settore si riunirono - con l'ausilio dell'allora capo della Goldman-Sachs e futuro Segretario del Tesoro Hank Paulson - e lanciarono una proposta al capo della SEC di allora, William Donaldson (nominato da George Bush), ex banchiere d'investimento. Le banche proposero di accettare nuove norme che impedissero loro di intraprendere iniziative troppo rischiose, se avessero ottenuto in cambio la rimozione di qualsiasi limite alla quantità di prestiti che volessero effettuare. Donaldson diede il suo assenso alla proposta, e le nuove norme furono sufficienti a far sì che l'Unione Europea ritirasse la minaccia di imporre proprie regole alle operazioni estere delle banche statunitensi, secondo il principio dell'home country control.

I principi cardine di Basilea II

Nodo fondamentale del problema risultò essere che l'accordo Basilea I valutava le aziende in base a requisiti molto semplificati: da quanto tempo esisteva una certa ditta, che patrimonio possedeva, quale ragione sociale. In una parola Basilea I si limitava a prendere atto della "storia" patrimoniale di una ditta, e della capacità attuale di rimborso della stessa, senza avere la possibilità di valutare se, quanto e in quanto tempo la ditta avrebbe generato reddito. Questo induceva un notevole immobilismo e penalizzava fortemente tutta una serie di settori e di investimenti, primi fra tutti quelli sull'innovazione e sulla ricerca.
Era quindi necessario elaborare una struttura di analisi molto più sofisticata per potere comprendere la realtà del mercato, che negli anni era notevolmente cambiata.
Inoltre le banche si resero conto che il loro ruolo di semplici prestatori andava evoluto in un ruolo di maggior responsabilità, cooperazione e integrazione tra impresa e istituto di credito, se si desiderava che il mercato non stagnasse, ma continuasse a crescere in modo realmente produttivo.

Gli accordi hanno elevato la riserva frazionaria delle banche al 2% e fissato il coefficiente di salvaguardia sempre all'8%.
Le sofferenze (ossia crediti inesigibili) delle maggiori banche italiane sono al di sopra della media europea che è dell'1.1%.
Gli accordi di Basilea II hanno fissato il coefficiente di solvibilità all'8%.
Tale coefficiente fissa l'ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al complesso delle attività ponderate in base al loro rischio creditizio.
In altri termini è una frazione il cui numeratore è dato dall'ammontare di patrimonio di cui dispone una banca ed il denominatore dall'ammontare delle attività ponderate per classi di rischio. Se si considera invece il rapporto tra attivo ponderato e patrimonio di vigilanza il valore richiesto dagli accordi di Basilea II corrisponde a 12,5.

I requisiti minimi patrimoniali devono coprire le perdite inattese dovute a tre rischi:
Rischio di credito
Rischio di mercato
Rischio operativo, che ne rappresenta la maggiore novità.
La formula per la determinazione del patrimonio di vigilanza viene così ampliata e rivista:
Patrimonio regolamentare ≥ 8% di [ (RWA Rischio Credito) + (RWA Rischio Mercato) + (RWA Rischio Operativo)


Rischio operativo

Con la collaborazione degli operatori di settore, il Comitato di Basilea ha individuato i principali fattori di rischio operativo:
-frode interna - esempi: alterazione intenzionale di dati, sottrazione di beni e valori, operazioni in proprio basate su informazioni riservate;
-frode esterna - esempi: furto, contraffazione, falsificazione, emissione di assegni a vuoto, pirateria informatica;
-rapporto di impiego e sicurezza sul posto di lavoro - esempi: risarcimenti richiesti da dipendenti, violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza del personale, attività sindacale, pratiche discriminatorie, responsabilità civile;
-pratiche connesse con la clientela, i prodotti e l'attività - esempi: violazione del rapporto fiduciario, abuso di informazioni confidenziali, transazioni indebite effettuate per conto della banca, riciclaggio di denaro di provenienza illecita, vendita di prodotti non autorizzati;
-danni a beni materiali - esempi: atti di terrorismo e vandalismo, terremoti, incendi, inondazioni;
-disfunzioni e avarie di natura tecnica - esempi: anomalie di infrastrutture e applicazioni informatiche, problemi di telecomunicazione, interruzioni nell'erogazione di utenze;
-conformità esecutiva e procedurale - esempi: errata immissione di dati, gestione inadeguata delle garanzie, documentazione legale incompleta, indebito accesso consentito ai conti di clienti, inadempimenti di controparti non clienti, controversie legali con fornitori.

Sono previste tre metodologie di valutazione del rischio operativo.
...

Baxilea 3
http://www.economia.rai.it/articoli/bas ... fault.aspx

Basilea 3 è l' insieme di provvedimenti approvati dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria in conseguenza della crisi finanziaria del 2007-2008, con l'intento di perfezionare la preesistente regolamentazione prudenziale del settore bancario, (Basilea 2), l'efficacia dell'azione di vigilanza e la capacità degli intermediari di gestire i rischi che assumono. L'accordo di Basilea 3 prevede l'innalzamento del capitale che le banche devono detenere, che passa dall'8 al 10.5% del patrimonio, per aumentare la stabilità del sistema bancario e la sua capacità di assorbire le perdite. L'obiettivo è scongiurare l'innescarsi di nuovi focolai di crisi. Questo, però, rischia di determinare costi di adeguamento tali da generare anche effetti restrittivi sull'erogazione di credito. Per adeguarsi all'accordo, infatti, le banche dovranno raccogliere nuovo capitale, ridurre le attività in portafoglio, oppure aumentare il costo del credito.
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Re: Banke

Messaggioda Berto » sab mar 01, 2014 9:37 pm

???

Come le banche centrali causano l’aumento delle disuguaglianze

http://www.lindipendenza.com/hollenbeck ... guaglianze


di REDAZIONE

Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo How Central Banks Cause Income Inequality, tratto dal Ludwig von Mises Institute, da parte di Frank Hollenbeck, dottorando all’University of South Carolina, ex direttore del programma MBA presso l’Università di Hartford a Parigi, ex direttore della ricerca alla Banque Edouard Constant di Ginevra, è attualmente professore di economia e finanza presso l’International University of Geneva. (Traduzione di Luca Fusari)

Il divario tra ricchi e poveri continua a crescere. Nel 1975, l’1% più ricco deteneva l’8% della torta economica, ma ora ne detiene oltre il 20%. Questo è un cambiamento notevole rispetto agli anni ’50 e ’60 del XX° secolo quando la quota delle entrate di tutti i redditi era leggermente oltre il 10%.

Uno studio di Emmanuel Saez ha rilevato che tra il 2009 e il 2012 i redditi reali del 1% sono saliti al 31,4%. Il più ricco 10% ora riceve il 50,5% di tutti i redditi, la quota maggiore da quando nel 1917 i dati furono registrati per la prima volta, i ricchi sono sempre sproporzionatamente più ricchi a un ritmo sempre crescente.

La maggior parte della letteratura sulle disuguaglianze di reddito è scritta dai professori dei dipartimenti di sociologia delle università. Sono stati individuati fattori quali la tecnologia, il ruolo ridotto dei sindacati, il calo del valore reale del salario minimo, e la crescente importanza della Cina quale capro espiatorio preferito da tutti. Tali fattori possono aver giocato un ruolo, ma ci sono davvero due fattori di primaria importanza che sono le vere cause dei differenziali di reddito. Uno è auspicabile e giustificato, mentre l’altro è l’esatto contrario.

In un’economia capitalistica, i prezzi e i profitti giocano un ruolo fondamentale nel garantire che le risorse vengano allocate dove sono più necessarie ed utilizzate per produrre quei beni e servizi che meglio soddisfino le esigenze della società. Quando Apple ha preso il rischio di produrre l’iPad, molti commentatori si aspettavano un flop. Il suo successo ha portato profitti mentre allo stesso tempo ha inviato un segnale a tutti gli altri produttori che la società voleva di più quel prodotto. I profitti erano una ricompensa per i rischi assunti.

E’ il profitto che ci ha dato una moltitudine di nuovi prodotti ed uno standard di vita sempre più elevato. Tuttavia gli utili e le disuguaglianze di reddito vanno di pari passo. Non possiamo avere l’uno senza l’altro, e se cerchiamo di eliminare uno ci sarà l’eliminazione o la riduzione in modo significativa dell’altro. Le disuguaglianze di reddito sono il risultato integrante della caratteristica basata su profitti e perdite del capitalismo, non possono essere separati.

Il primo ministro Margaret Thatcher capì bene questa inseparabilità. Una volta disse che è meglio avere grandi disparità di reddito ed avere tutti più prossimi alla parte superiore della scala, che avere piccole differenze di reddito ed avere tutti più prossimi al fondo della scala. Eppure la classe media sta ora sprofondando verso la povertà: non sta salendo la scala.

http://www.youtube.com/watch?v=5w15kDYI8s8

Nel periodo tra il 1979 e il 2007, i redditi per la metà del 60% delle persone sono aumentati meno del 40%, mentre l’inflazione era al 186%. Secondo lo studio Saez, il restante 99% hanno visto i loro redditi reali aumentare per un mero +0,4% tra il 2009 e il 2012. Tuttavia questo non recupera la perdita del -11,6 % subita tra il 2007 e il 2009, il più grande declino biennale dopo la Grande Depressione. Al netto dell’inflazione, i lavoratori a basso salario stanno in realtà producendo di meno ora che 50 anni fa.

Questo ci porta alla seconda causa, a quella indesiderabile ed ingiustificata sulla disparità di reddito, cioè la creazione di denaro dal nulla (o la contraffazione del diritto) da parte delle banche centrali. Non dovrebbe essere una sorpresa che il crescente divario nelle disuguaglianze di reddito abbia coinciso con l’adozione di valute a corso forzoso in tutto il mondo. Ogni dollaro che crea la banca centrale crea benefici ai primi destinatari del denaro (il governo e il settore bancario) a scapito degli ultimi percettori del denaro (i salariati e i poveri).

Dal momento della creazione del sistema monetario a corso forzoso al 1971, il dollaro ha perso l’82% del suo valore, mentre il settore bancario è passato dal 4% del Pil ad oltre il 10% odierno. La banca centrale non crea nulla di reale, né risorse né beni né servizi. Quando si crea moneta si provoca l’aumento del prezzo delle transazioni. La teorica quantità di moneta originale (chiaramente legata ai soldi per il prezzo di qualsiasi denaro) permette di comprare, compresi gli assets.

Quando la banca centrale crea denaro, i trader, gli hedge funds e le banche sono in prima linea nel beneficiare della maggiore variabilità e della tendenza al rialzo dei prezzi degli assets. Inoltre, i contratti dei future e di altri prodotti derivati ​​sui tassi di cambio o sui tassi di interesse non erano necessari prima del 1971, dato che l’attività di copertura era per lo più inutile. La banca centrale è responsabile di questo rischio aggiunto, la variabilità e l’impennata dei prezzi delle attività ingiustificate dai fondamentali.

Il settore bancario è stato in grado di aumentare significativamente i profitti o le richieste di beni e servizi. Tuttavia maggiori crediti detenuti da un settore che in sostanza non creano nulla di valore reale, significa meno richieste di beni e servizi reali per tutti gli altri. Questo è il motivo per cui la contraffazione è illegale. Quindi la banca centrale ha giocato un ruolo preminente come un “Robin Hood all’incontrario”, aumentando la torta economica che va ai ricchi affondando lentamente la classe media verso la povertà.

Janet Yellen ha recentemente dichiarato: «mi auguro che (…) l’inflazione si sposti di nuovo verso il nostro obiettivo a più lungo termine del 2%», dimostrando il suo impegno per una politica istituzionalizzata di furto e di redistribuzione della ricchezza. La Bce non è migliore. La sua strategia LTRO è stata quella di dare prestiti a lungo termine alle banche con evasive garanzie d’acquisto dei titoli di Stato, le quali li hanno prontamente acquistati e depositati presso la banca centrale per nuovi prestiti più economici per altri titoli di Stato.

Questo non ha nulla a che fare con la liquidità e tutto ciò ha invece a che fare con l’aumento dei profitti delle banche. Eppure ogni euro che la banca centrale crea è una tassa su tutti coloro che utilizzano l’euro. Si tratta di una tassa sui saldi di cassa. Si sta prendendo dall’uomo che lavora per dare ai ricchi banchieri europei. Questa è chiaramente una porta posteriore della monetizzazione del debito, con il settore bancario che agisce come intermediario prendendo un bel taglio succoso. La stessa logica si applica alla ridistribuzione creata dal pagare gli interessi sulle riserve delle banche statunitensi.

Preoccupato delle disuguaglianze di reddito, il presidente Obama e i Democratici hanno suggerito tasse ancora più alte per i ricchi ed aumenti del salario minimo. Essi si stanno erroneamente concentrando sui risultati anziché sulle cause delle disuguaglianze di reddito. Se lo faranno butteranno il bambino con l’acqua sporca.

Se sono davvero determinati a ridurre le disuguaglianze di reddito dovrebbero concentrarsi sulla sua causa principale: la banca centrale. Nel 1923 la Germania tornò alla sua moneta ante-guerra, essenzialmente ad un gold standard pur senza oro. Lo fece impegnandosi a non stampare mai più. Dovremmo fare lo stesso.
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Re: Banke

Messaggioda Berto » sab mar 08, 2014 1:19 pm

Ste kì łe xe descorense o rengaure o rengari/rengàre o descorsi o considerasion o speciarie sensà sol poder de łe banke e de łi stadi co coalke enpreçixion:

Chi comanda nel mondo ? - Economia di Strada di Roberto Gorini
http://www.youtube.com/watch?v=grEsEh7E ... e=youtu.be

Gorini el dixe ke no ghè conploteixmi de s’ciàpi come Bildeberg e Trilateral ghè domè on gran condionamento de sti s’ciapi de poder economego-finansiaro.
Łi bankeri i paga łi economisti par dirghe ai połedeghi coel ke łi ga da da pensar e da far.


Però Gorini el se ga dexmentegà ke i cai de łe banke çentrałi łi xe de nomansa połedega e ke ła banka çentral de łi stadi e de łe so ognon come ła UE ła xe controłà dai gowerni de łi stadi; ke tante banke łe xe pioveghe e controła dai połedeghi e da łi enti pioveghi sorani sol teretoro; ke tanti połedeghi łi xe anca bankeri e ke tanti bankeri łi xe anca połedeghi.
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Re: Banke

Messaggioda Berto » sab mar 08, 2014 1:41 pm

Ki Gorini el fa on fià de confouxion:

http://www.youtube.com/watch?v=jABmFgM_lMk

el conta ke łe banke çentrałi łe xe de purpietà de łe banke comerçałi, ma no xe cusì:


La purpietà de le banke:

http://digilander.libero.it/togiga/signoraggio.pdf

7.3 Banca Centrale, potere effettivo, conflitto di interessi e proprietà delle banche

I partecipanti al capitale della Banca d'Italia non sono azionisti qualsiasi. La legge bancaria del 1936 art. 2012 riserva le quote a banche, assicurazioni e istituti di previdenza rimasti fino al 1992 di proprietà pubblica.
Oggi tra i principali azionisti delle banche, trasformate in spa o banche di credito cooperativo dalla legge Amato-Ciampi (o Amato-Carli del 1990 ?) del 1992 (o del 1998 ?), ci sono le fondazioni bancarie, i cui consigli di amministrazione sono nominati dagli enti locali e dalle organizzazioni professionali.
Anche se trasformata in spa, la proprietà di molte banche resta sotto il controllo pubblico sotto forma di fondazione bancaria.

Perciò se dovessimo applicare la logica di chi dice che la Banca d'Italia è privata perché sono privati i suoi azionisti, dovremmo concludere che la Banca non è affatto privata e, paradossalmente, non sarebbe privata neppure se fosse organizzata come una società per azioni.
Infatti le banche -seguendo tale logica- sono da considerarsi pubbliche, visto che le fondazioni che le controllano non appartengono ad azionisti privati né seguono interessi privati.
Ma se le banche che possiedono quote del capitale della Banca d'Italia non sono private, neanche la Banca lo è e non lo sarebbe neanche se fosse organizzata sotto forma di spa.

Il potere effettivo degli azionisti è di fatto nullo.
Lo disse nel 1926 J.M.Keynes che riferendosi alla Banca d'Inghilterra ha scritto: è un “caso di istituzione che teoricamente è di proprietà assoluta di alcune persone private” ma che “non vi è classe di persone nel Regno quanto i suoi azionisti cui il governatore della Banca d'Inghilterra pensi di meno quando decide circa la sua politica”.

Senza potere, scompare il conflitto di interessi, in nome del quale, peraltro, già nel 1936 lo Statuto della Banca esclude dal Consiglio superiore della Banca gli amministratori delle banche. Ce lo ricorda lo storico De Rosa14 che racconta di come il presidente dell'Associazione delle casse di risparmio italiane, De Cataldo, dopo aver chiesto alle banche associate di convertire le 140.000 azioni possedute e di incrementare il numero delle quote di Bankitalia, puntasse a far valere il peso degli associati nella nuova Banca d'Italia.
Attesa delusa. Il governatore Azzolini spiegò che era stato Mussolini a volere l'esclusione degli amministratori delle banche dal Consiglio superiore “sulla base del principio che gli Istituti vigilati non potevano diventare nello stesso tempo organi vigilanti”15.

El monopołio monedaro o skearo de ła BCE e come ke ła BCE ła finansia łi gowerni
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... JpMk0/edit


Ecco di chi sono le banche centrali - Storia di un decreto nato con le migliori intenzioni e finito in gazzarra

http://www.ilvelino.it/it/article/2014/ ... dfdea3b51d


Come ha scritto Mario Sechi, la proprietà della Banca d'Italia è formalmente privata, suddivisa pro quota tra quasi tutte le banche, le maggiori assicurazioni, e altre istituzioni italiane, a loro volta private o pubbliche.
I primi azionisti sono, nell'ordine: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Generali, Cassa di Risparmio di Bologna.
A questi quattro soci fa capo il 65 per cento delle quote di capitale. S
eguono l'Inps con il 5 per cento, e altri 55 (tra i quali l'Inail) con percentuali minori.
Privata nella compagine azionaria, eccezion fatta per Inps e Inail, Via Nazionale è però riconosciuta come "istituzione dello Stato italiano" in base ad una legge del 1936 confermata da una sentenza della Cassazione del 2006.
La natura mista discende dal fatto che le banche private che oggi si suddividono il capitale erano in gran parte pubbliche o pubblicizzate svariati decenni fa: questo, detto in sintesi.
Nella sostanza il capitale privato e la natura pubblica hanno lo scopo di garantire la Banca d'Italia su due fronti: l'impossibilità di fallire, in quanto parte dello Stato; e l'autonomia decisionale dal governo e dalla politica.

Sotto questo profilo la Banca d'Italia è abbastanza simile alla Federal Reserve americana (capitale fornito da privati, che sono poi le banche controllate; carattere pubblico dell'istituzione, i cui vertici sono di nomina della Casa Bianca, e con filiali nei maggiori stati degli Usa) ma non alle altre banche centrali dei singoli paesi europei. Bundesbank, Banque de France, Bank of England sono infatti pubbliche sia nei loro statuti sia nel capitale, in mano allo stato.
E, per molte di loro, non esiste neppure quell'autonomia dalla politica e dai governi garantita a Bankitalia.
Neppure per la Bundesbank, le cui porte girevoli con la Cancelleria di Berlino sono note, e che oltretutto pratica il "parcheggio" dei titoli di Stato tedeschi che il Tesoro di Berlino non riesce a vendere in asta, garantendo così notevoli risparmi sugli interessi. Un po' come faceva la Banca d'Italia fino al 1981, prima del "divorzio" voluto da Beniamino Andreatta (ministro del Tesoro) e Carlo Azeglio Ciampi (governatore) per impedire che il governo si facesse di fatto finanziare da Via Nazionale.

Anche la Bce, la Banca centrale europea, è a tutti gli effetti un'istituzione pubblica, regolata dai trattati dell'Unione europea, ed infatti il presidente ed i membri del board sono nominati dai governi, in particolare da quelli della zona euro.
Quanto al capitale sociale, è ripartito tra le banche centrali dell'eurozona - ai primi tre posti Bundesbank, Banque de France e Banca d'Italia - con diritto di voto, ma anche tra quelle dei paesi della Ue che non adottano l'euro, prive di diritto di voto.
In questo caso la quota maggiore è ovviamente della Bank of England. Fin qui sembra tutto sufficientemente chiaro, anche se purtroppo girano molte bufale, per malafede o ignoranza.
C'è chi sostiene o ha sostenuto (perfino in programmi Rai di grande ascolto) che la Bce sia una società privata, e quindi l'euro sia manovrato da una sorta di massoneria internazionale; e chi, in queste ore, grida allo scandalo per la ricapitalizzazione di Bankitalia decisa dal governo, e che ha dato luogo alla gazzarra scatenata alla Camera dai grillini.
Ma neppure il governo è esente da colpe, e vi spieghiamo il perché.
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Re: Banke

Messaggioda Berto » mar mar 11, 2014 8:40 am

Le banche alzano la voce: troppe tasse su di noi


“Abbiamo tasse altissime che gravano come un macigno sul mondo bancario, come se fosse ancora quello di un tempo, un settore protetto o che moltiplica la ricchezza: questo eccesso di tasse e’ una vera distorsione, un’anomalia da correggere al piu’ presto”. Lo ha detto il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, intervenendo al XX congresso della Fabi.
Per Patuelli “e’ assurda e illogica in particolare l’addizionale di 8 punti e mezzo sulle banche, imposti perfino sugli utili da accantonare a patrimonio, proprio nell’anno dell’esame europeo sulle banche”. Il presidente dell’Abi ha aggiunto che “non sono rassegnato di fronte ad una crisi cosi’ lunga, ma occorre reagire”.

Riferendosi all’intervento del segretario della Fabi, Patuelli ha aggiunto di essere d’accrodo sul passaggio “in cui si constata che le banche italiane, capitale e lavoro, sono da qualche anno sotto attacco in Italia in termini strumentali.
E’ una battaglia non irragionevole ne’ utopistica – ha aggiunto – spiegare cosa sono oggi le banche italiane, molto diverse da quelle pubbliche di 20 anni fa”. ”Un tempo arrivavano aiuti di Stato veri a fondo perduto – ha aggiunto – oggi la situazione e’ tutta diversa.
Oggi le banche sono tutte private e siamo noi soggetti privati a dover cercare le soluzioni. Non sono rassegnato di fronte a una crisi cosi’ lunga e grave – ha concluso – ma sono convinto che occorra reagire”.
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Re: Banke

Messaggioda Berto » gio mar 13, 2014 8:38 pm

Banche italiche: fra le peggiori in Europa per le sofferenze

http://www.lindipendenza.com/banche-ita ... sofferenze

Le banche italiane sono ai primi posti in Europa per le sofferenze, pari all’11,68% del totale dei crediti nel primo semestre 2013.

È quanto si legge in una ricerca della Fabi al ventesimo congresso dell’associazione. «È necessario abbandonare le vecchie strategie – ha affermato il segretario generale Lando Sileoni – incentrate sul taglio dei posti di lavoro, degli sportelli e su outsourcing. Occorre un nuovo modello di banca che punti sulla consulenza e sull’offerta di nuovi servizi». Dal 2010 al 2013, ricorda lo studio Fabi basato su dati Bce, le sofferenze sono salite di tre punti. Peggio dell’Italia solo la Grecia, con il 21,86%, seguite dalle portoghesi (7,5%) e le spagnole (6,69%). Molto distanti le tedesche (1,86%) e le inglesi (1,86%). Per la Fabi a far esplodere le sofferenze sono stati la cattiva gestione del credito da parte dei vertici delle banche, la crisi economica, le regole fiscali e l’eccessiva lunghezza delle procedure fallimentari.
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Re: Banke

Messaggioda Berto » ven mar 14, 2014 7:40 am

Łi taliani, pur de ciavarte, łi dopara anca ła łengoa veneta!

Vicenza, la banca sceglie la lingua veneta per rivolgersi ai clienti

http://www.lindipendenza.com/vicenza-co ... eto-lingua
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Re: Banke

Messaggioda Berto » lun apr 14, 2014 8:42 am

Quando l’economia diventa roba da “Coffee Break”

http://www.lindipendenza.com/quando-lec ... ffee-break

di CLAUDIO ROMITI

Nel corso della puntata di sabato 12 aprile di “Coffee Break”, talk politico condotto su La7 da Tiziana Panella, abbiamo assistito ad un titanico scontro tra ignoranti economici. Protagonista dell’evento Claudio Borghi il quale, affrontando il suo tema prediletto, ossia l’uscita del Paese di Pulcinella dall’euro, ha sciorinato il proprio repertorio di colossali castronerie, tutte basate sul paradigma della cosiddetta sovranità monetaria. Paradigma il quale, in soldoni, non significa altro che rimettere completamente nelle mani della politica italiota un potere illimitato sul piano finanziario e, conseguentemente, economico.

Ma nella parte conclusiva della trasmissione in oggetto, lo stesso Borghi è stato addirittura superato dalla conduttrice sul campo delle bestialità, dando modo a quest’ultimo di recuperare terreno dal punto di vista della competenza economica, e il che è tutto dire. Affrontando il nodo della tassazione sulle famigerate rendite finanziarie, questa volta correttamente Borghi ha sostenuto la pericolosità sistemica dei continui aggravi che si sono succeduti fin qui, compresa l’introduzione di una mini-patrimoniale del 2 per mille sui depositi. Ciò, a parere di quest’ultimo, tenderebbe a disincentivare soprattutto i piccoli risparmiatori da qualunque forma di investimento, togliendo preziosa liquidità al sistema bancario.

A questo corretto assunto la Panella ha risposto con una frase da antologia: “Ma tanto le banche già adesso prestano poco e male agli italiani!”. Tutto questo sottintendendo che tenere i soldi sotto il classico mattone non sarebbe poi una cosa tanto negativa. Ora, una simile risposta presuppone una visione sistemica sul modello Paperopoli, in cui i vari Paperoni banchieri di questo disgraziato Paese, accumulando quattrini dentro un enorme forziere, non li prestano quasi a nessuno, se non a chi sta loro simpatico. Da qui si comprende che molti telegiornalisti del calibro della Panella si sono formati una cultura economica su “Topolino” ed altri fumetti del genere.

A questa gente sfugge completamente il ruolo fondamentale, che ci piaccia o no, svolto dalle banche all’interno di una moderna economia di mercato. Prestiti o meno, comunque sia le medesime banche, anticipando alle imprese ed ai vampiri delle varie pubbliche amministrazioni la liquidità necessaria per spese e investimenti, assolvono ad un compito fondamentale. Tanto per fare un esempio concreto, se gli istituti di credito si trovassero improvvisamente a corto di soldi –causa improvvisa fuga in massa dei risparmiatori italiani- le imprese private non potrebbero pagare gli stipendi ai loro dipendenti. Tuttavia, questo elementare nesso sembra sfuggire a chi pretende di intrattenere il pubblico italiota affrontando questioni economico-finanziarie con la visione di Paperino.
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Re: Banke

Messaggioda Berto » sab apr 26, 2014 9:14 am

BERNESCHI E IL CREDITO FACILE ALLA GENOVA BENE – BANCA CARIGE SEMBRAVA IN SALUTE SOLO PERCHE NASCONDEVA LE PERDITE SUI PRESTITI ‘’MALATI’’

http://bastacasta.altervista.org/p3581/ ... rvista.org

Più che una banca, un’impresa familiare con un dominus (Berneschi) che spadroneggiava e un Cda che non votava mai contro le sue decisioni – Bankitalia ha stroncato (con anni di ritardo) i bilanci abbelliti. E i crediti deteriorati sono passati da 3,2 a 4,2 miliardi in un solo anno…

Fabio Pavesi per “Il Sole 24 Ore“

Dura e inequivocabile, quasi una requisitoria. Il contenuto dei verbali della lunga ispezione di Banca d’Italia (5 mesi) sulla gestione di Carige non lascia spazio a dubbi. Troppe le lacune, le carenze, le insufficienze nella lunga gestione di Giovanni Berneschi, dominus incontrastato della banca ligure da molti lustri.

La Vigilanza chiede un forte segnale di discontinuità con il passato. Via il presidente Berneschi, via il presidente del collegio sindacale, un nuovo amministratore delegato forte e il Cda ampiamente rinnovato e arricchito di consiglieri indipendenti. Troppe le criticità della gestione Berneschi. Dall’erogazione di troppo credito facile, finito in sofferenza per la banca; alla dotazione patrimoniale sempre sottodimensionata, persino scarsa sensibilità sull’antiriciclaggio in particolare nella gestione della fiduciaria del gruppo e della filiale di Nizza.

Un cahier de doléances che chiede di voltare pagina. Del resto basti un numero: dopo la riclassificazione post-ispezione dei crediti le partite «anomale», cioè i crediti deteriorati, costituirebbero oggi il 17% degli impieghi totali. Quasi un quinto dei prestiti sarebbero di fatto “malati” e di dubbia esigibilità. Tra i nomi e i gruppi cui sarebbe stato concesso credito in modo disinvolto figurano alcuni bei nomi della Genova bene, come ha rivelato Il Secolo XIX che ha pubblicato stralci del verbale.

Da Enrico Preziosi, presidente del Genoa e di Giochi Prezioni a cui sarebbero stati concessi fidi «trascurando la realizzabilità» dei progetti; ad Alcide Rosina (Navigazione Italiana) sostenuto dalla banca «pur con apporti nulli di capitale del debitore». E poi c’è il Gruppo Gf della famiglia Orsero (azionisti della banca) che «avrebbero ricevuto trattamenti di favore». E poi ancora i finanziamenti «eccessivi» all’europarlamentare Vito Bonsignore; o a Giuseppe Rasero della società Marina Genova-Aeroporto dove secondo gli ispettori, la banca «avrebbe ignorato evidenti sintomi di degrado».

E qui per alcuni dei gruppi più o meno in difficoltà scatta l’aggravante del conflitto d’interessi dato che erano contemporaneamente debitori e azionisti di Carige. Insomma più che una banca, un’impresa familiare con un dominus (Berneschi) che spadroneggiava e un Cda che pur criticando a volte la gestione non votava mai contro le sue decisioni, come spiega il verbale di Bankitalia. Sembra un fulmine a ciel sereno e a guardare i conti dell’istituto non c’erano indizi della gravità della crisi.

Ma era un’illusione ottica. Per anni la banca ha sfornato profitti per 200 milioni l’anno dall’inizio della crisi in poi. Le prime perdite per pochi milioni solo nel 2012. Ma quei profitti erano più frutto di politiche contabili che di utili reali. C’è un dato che illumina l’anomalia nei bilanci della banca. Quei profitti erano così copiosi perchè Carige, tra tutte le grandi banche, non svalutava adeguatamente i crediti malati.

Tra il 2009 e il 2011, pur con il forte aumento dei prestiti, Carige ha svalutato cifre contenute: 99 milioni nel 2009; 114 milioni nel 2010; 118 nel 2011. Un’inezia. Tanto per capirci, una banca come UniCredit ha visto passare le perdite sui crediti da 3,5 miliardi del 2008 a 6,7 miliardi del 2010. Quasi un raddoppio.

Il segreto che teneva alti gli utili era che Carige copriva i crediti dubbi almeno a partire dal 2009 a tassi bassi, intorno al 46-47% del totale, quando la media delle banche italiane era sopra il 60%. Ora si scopre che i crediti deteriorati sono saliti a 4,2 miliardi, un miliardo tondo in più rispetto a fine 2012. Il tempo delle acrobazie contabili a Genova, come il tempo di Berneschi, sembra ormai finito.




Carige, il figlio di Berneschi "Mio padre ruba come un pazzo"

http://genova.repubblica.it/cronaca/201 ... i-88093077

L'uomo incontra la moglie anch'ella in carcere per lo scandalo finanziario. Poi l'amministratrice del "tesoro" impartisce direttive al marito: "Solo in contanti ho un milione e otto. Occupatene tu che sei ancora vergine"

Durante il colloquio con la moglie, anch'ella in prigione per la maxitruffa Carige, il figlio di Giovanni Berneschi, ex numero uno della Banca Carige, non sa di essere intercettato: "Il problema è tu lo vedi di 'sto cretino qua (il padre, ndr), che questi soldi che sicuramente ha rubato... perché ha rubato... no, non sono 2 milioni di euro... se fossero stati 2 milioni di euro nessuno diceva niente... ma 'sto qua è un folle, è un pazzo questo...". Sua moglie, Francesca Amisano, nuova dell'ex presdiente della banca, rincara la dose: " È un disastro... è una testa di cazzo allucinante, è un pazzo, un pazzo totale, mettere in questa situazione è un pazzo totale...".

Alberto Berneschi ha pronunciato la frase dopo che la moglie gli aveva chiesto di mettere in sicurezza quasi due milioni sfuggiti ai primi sequestri. Perché anche dal carcere, dove si trova dal 22 maggio scorso, la nuora di Giovanni Berneschi avrebbe dato ordini al marito Alberto. Francesca Amisano, da custode ed amministratrice del "forziere" di famiglia, avrebbe tentato di spostare soldi custoditi su un conto corrente presso l'agenzia Carige della Spezia e riconducibile alla Mb Service, di cui il coniuge è intestatario al 95%.

Sono le 9.21 del 29 maggio scorso. Attenzione alle date: è il giorno in cui l'ex numero uno di Carige dagli arresti domiciliari finisce in carcere, ha violato il divieto di comunicare con gli estranei e tentato di occultare soldi, di sfuggire al sequestro da parte della Guardia di Finanza che alla fine porrà i sigilli a 27 milioni di euro.

Due giorni prima gli avvocati della Amisano, Enrico Scopesi di Genova e Giampaolo Delsasso di Milano, hanno chiesto al gip Adriana Petri la scarcerazione o in subordine gli arresti domiciliari. La nuora, che non regge il carcere, giovedì scorso riceve la visita del marito. Nella sala colloqui di Pontedecimo la conversazione è intercettata, autorizzata dal gip. Gli investigatori hanno nascosto parecchie "cimici". E lei, l'amministratrice del "tesoro Berneschi", non perde il vizietto ed ordina ad Alberto l'ultimo blitz: "... Sta a sentire una cosa a proposito... se non l'avete già fatto... proprio per quanto riguarda Mb... allora, la Mb adesso, soltanto di contanti ha un milione e 8 in cassa... facciamo quello che vogliamo fare... non ce li tocca più nessuno quei soldi là... perché tu almeno sei rimasto vergine...".

Scrive il gip nell'ordinanza che lascia in carcere la Amisano: "Il messaggio inviato all'interlocutore non è di aiutarla a collaborare con gli inquirenti, sì da mostrare di essere meritevole di recuperare la libertà personale. Al contrario, la donna si preoccupa di dare direttive al marito... sarebbe stato un colpo da maestro spostare al più presto ed incamerare le somme depositate sul conto corrente".

Già, Alberto Berneschi, rimasto "vergine", non risulterebbe indagato, e questo fa supporre che non abbia concretizzato l'operazione. Peraltro, ieri si è dimesso da dipendente di Carige Vita. Nei giorni scorsi era stato sospeso da vicedirettore perché scoperto come detentore di quote di una società proprietaria di un immobile per il quale Carige pagava l'affitto.

I pm Nicola Piacente e Silvio Franz hanno contestato alla donna i colloqui e il tentativo di far sparire i denari. Lei, però, avrebbe minimizzato il significato, spiegando che la sua era la speranza "che la somma non venisse sequestrata e non era assolutamente intenzione sottrarla". Inoltre, ha affermato di essere all'oscuro di essere azionista della società svizzera che gestisce l'Hotel Holiday Inn, provento della truffa a danno di Carige; di non sapere di essere proprietaria di 20 appartamenti, quattro box e 4 parcheggi. Dice di "essere stata tirata dentro in questa situazione" dal suocero, "perché non era facilissimo dirgli di no".

Amisano ha confessato che il milione e 800 mila euro era riconducibile esclusivamente a Giovanni Berneschi e che sarebbe servito per l'acquisto della villa di Lanzarote. Per gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria si tratterebbe di una finta operazione: una "triangolazione" per consentire a Berneschi (domani sarà sentito a Palazzo di Giustizia) di acquisire il rimanente 50% dell'albergo di Lugano da Ferdinando Menconi, socio in affari ed ex amministratore delegato di Carige Vita. I due si sono serviti del prestanome Sandro Calloni, dell'immobiliarista Ernesto Cavallini, dell'avvocato svizzero Davide Enderlin e del commercialista Andrea Vallebuona (sarà interrogato oggi). Tutti arrestati con le medesime accuse di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » mar ago 26, 2014 8:27 pm

SOTTO SCACCO LA BANCA CREPA

http://www.eugeniobenetazzo.com/follie-finanziarie

Essere sotto scacco nel gioco degli scacchi identifica una terminologia tecnica con cui si vuole definire uno stato di attacco che non consente di proteggersi, solitamente rappresenta anche una situazione di conflitto in cui una parte viene gravemente minacciata da un altra. Sono ormai passati quattro anni dal fallimento di Lehman Brothers e da quella data abbiamo visto costantemente peggiorare la nostra sicurezza e serenità sia finanziaria che occupazionale.

Periodicamente i media ci fanno notare i fenomeni di contestazione e disagio giovanile in varie aree metropolitane europee sottolineando come ancora oggi governi ed organismi sovranazionali non abbiano messo in essere programmi credibili di risanamento e rilancio economico dei vari paesi oggetto di assedio finanziario. A distanza di tutto questo tempo forse è il caso di soffermarsi a riflettere su chi incolpare per quello che stiamo subendo.

Tanti di voi magari adesso penseranno che i mutui subprime siano i soli grandi responsabili della grande recessione del 2008 e della crisi del debito sovrano che ne è conseguita. In vero questa è una lettura molto banale e popolare, spesso richiamata dalla stampa nazionale per poter puntare il dito contro qualcuno o qualcosa.

L’origine dei nostri mali è da ricercare piuttosto in un disposItivo di legge promulgato dagli Stati Uniti (sotto il mandato di Jimmy Carter) alla fine degli anni Settanta su pressione di esponenti politici appartenenti al Partito Democratico, ed in più occasioni soggetto a modifiche ed aggiunte continue nel corso degli anni successivi, denominatoCommunity Reinvestement Act (CRA) che venne concepito per conseguire ambiziosi ideali di equità sociale, ma al tempo stesso anche molto utopici. Il CRA aveva come obiettivo principe quello di aiutare e supportare le minoranze etniche di lavoratori a basso reddito a conseguire finanziamenti e mutui facilitati, soprattutto per l’acquisto di una prima abitazione.

La ratio che supportava l’istituzione del provvedimento si basava su statistiche federali che evidenziavano come in quegli anni l’80% dei bianchi caucasici era proprietario della propria abitazione, contro il 40% degli afroamericani ed il 20% degli ispanici ed orientali. In buona sostanza per non dilungarmi troppo gli USA imposero alle banche attraverso questo provvedimento di prestare denaro a persone che in assenza di questo intervento legislativo non sarebbero mai state affidate o lo sarebbero state a condizioni di prestito molto onerose. Il governo federale si proclamò motore e intermediario di questi prestiti attraverso le cosidette GSE (Government Sponsored Enterprise), Fannie Mae eFreddie Mac (acronimi che stanno rispettivamente per Federal National Mortgage Association e Federal Home Loan Mortgage Corporation).

Quello che è accaduto non ha precedenti storici: l’America di fatto ha impedito alle banche di poter discriminare, cioè ha impedito loro di esercitare un mestiere che svolgono da ottocento anni, che è quello di selezionare con prudenza e perizia i prestiti che concedono, questo proprio per proteggere e tutelare i depositi dei loro correntisti e risparmiatori e garantire così facendo la loro stessa solidità ed integrità patrimoniale.

Le banche sono state messe sotto scacco da una legislazione che prometteva equità e benessere sociale diffuso ed invece ha prodotto il più grande numero di disoccupati e sfrattati della storia economica recente. In aggiunta ed in parallelo nel 1999 durante il mandato e la benedizione di Bill Clinton è stato approvato il Gramm Act (dal nome del Senatore Phil Gramm) il quale ha revocato gran parte dei vincoli e limiti che erano stati introdotti con il Glass Steagle Act negli anni Trenta, a suo tempo istituito per evitare proprio il ripetersi di un’altro crollo finanziario simile a quello del 1929. Il Gramm Act ha consentito, attraverso la deregolamentazione finanziariache ha innescato, la diffusione del contagio nelle altre economie occidentali, minando la stabilità di tutte le grandi banche internazionali, nel frattempo cresciute in dimensione degli assets detenuti e dei rischi assunti proprio grazie al Gramm Act.

Prestito indiscriminato e farwest finanziario hanno alimentato la più grande bolla immobiliare degli ultimi cento anni. Sappiamo tutti che cosa è accaduto dopo: le grandi banche sono state salvate dai governi in quanto troppo grandi per poter essere lasciate fallire, istituendo programmi di austerity e ridimensionamenti degli interventi pubblici per risanare le colossali perdite nei loro bilanci, mettendo l’economia di ogni paese a disposizione dei bailout bancari.

Fate attenzione pertanto a gongolare per la vittoria di Obama, perché lui, la lobby professionale che rappresenta (avvocati civilisti come Bill Clinton che facevano causa a banche che non prestavano denaro ad hispanici ed afroamericani, principali beneficiari del CRA, citandole per discriminazione razziale) ed il suo stesso partito sono stati i principali artefici ad aver dato inizio alla più grande follia finanziaria della storia del capitalismo occidentale.

Oggi grazie ad una compiacenza e appoggio mediatico di giornali e televisioni nei confronti di questo leader americano non è possibile puntare il dito contro chi dovrebbe essere messo sul banco degli imputati per quanto ha provocato direttamente ed indirettamente, di contro invece lo vediamo continuamente osannato come il nuovo che avanza.
Quello che sta avanzando purtroppo è solo rischio, malessere e depressione economica causata da infelici scelte di politica sia sociale che economica, irrorate da retorica e consenso populista in un paese che ha trasformato l’american dream nell’american nightmare.
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