Comitado de Baxiłea
http://it.wikipedia.org/wiki/Comitato_di_Basilea
Baxilea 2
http://it.wikipedia.org/wiki/Basilea_II
Il Nuovo Accordo sui requisiti minimi di capitale firmato a Basilea, meglio noto come Basilea II, è un accordo internazionale di vigilanza prudenziale, maturato nell'ambito del Comitato di Basilea [1], riguardante i requisiti patrimoniali delle banche. In base a esso, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating.
L'accordo è strutturato in tre "pilastri":
Requisiti patrimoniali;
Controllo delle Autorità di vigilanza;
Disciplina di mercato e Trasparenza.
Il testo dell'accordo nella versione definitiva nel giugno del 2004, è entrato in vigore nel gennaio 2007, con una proroga di un anno concessa alle banche che hanno adottato il metodo advanced. A seguito della crisi finanziaria che ha colpito alcuni importanti istituti di credito, una nuova versione dell'accordo è stata emanata con il nome di Basilea III.
A partire dagli anni novanta la gestione del credito da parte di numerosi istituti di credito s'è rivelata poco prudente e ci si è accorti dei limiti del quadro normativo in base al quale il rischio connesso ai prestiti concessi dalle banche alle imprese.
L'accordo esistente sull'argomento, il Basilea I risultò incentrato su una visione semplificata dell'attività bancaria e della rischiosità delle aziende.
Inizialmente, la principale preoccupazione dei partecipanti al Gruppo Basilea II fu la salvaguardia della stabilità del settore bancario, perno attorno al quale ruotano le economie mondiali: la logica del nuovo accordo ruota intorno all'idea che le banche non debbano assumere rischi eccessivi e debbano tutelarsi dai rischi assunti.
Lo scopo di Basilea II è assicurare una stabilità del sistema bancario e di modificare il rapporto tra banca e impresa, fondandolo su fiducia reciproca, informazioni reali, da aggiornarsi continuamente, vincolate alla effettiva capacità di produrre reddito in prospettiva di una crescita futura e non solo degli obiettivi a breve termine.
L'atteggiamento che le banche dovranno adottare va in direzione di una maggiore responsabilità, sia nei confronti delle aziende, sia nei confronti dei risparmiatori. Il sistema economico italiano, in particolare, ha bisogno di una maggiore intersezione tra banche, imprese e risparmiatori per dischiudere molte potenzialità.
Basilea II imponeva un limite al livello di rischiosità dei prestiti, e al di sotto di una certa soglia di rischio non poneva restrizioni alla quantità di denaro che un istituto di credito può erogare.
In Europa sono rimaste in vigore altre normative che ponevano un limite assoluto alla quantità di denaro che una banca può prestare, al di là del profilo di rischio degli investimenti, quali la riserva frazionaria e un rapporto fra crediti erogati e patrimonio di vigilanza.
Negli Stati Uniti, nel 1999 fu approvata una legge che abrogava il Glass-Steagall Act, e in particolare la separazione fra banca commerciale e banca d'investimenti. Seguì una concentrazione nel settore che portò a un oligopolio di grandi istituti come Citigroup, o l'AIG o la Bank of America.
Su pressione dell'Unione Europea, il 28 aprile 2004 le cinque maggiori banche del settore si riunirono - con l'ausilio dell'allora capo della Goldman-Sachs e futuro Segretario del Tesoro Hank Paulson - e lanciarono una proposta al capo della SEC di allora, William Donaldson (nominato da George Bush), ex banchiere d'investimento. Le banche proposero di accettare nuove norme che impedissero loro di intraprendere iniziative troppo rischiose, se avessero ottenuto in cambio la rimozione di qualsiasi limite alla quantità di prestiti che volessero effettuare. Donaldson diede il suo assenso alla proposta, e le nuove norme furono sufficienti a far sì che l'Unione Europea ritirasse la minaccia di imporre proprie regole alle operazioni estere delle banche statunitensi, secondo il principio dell'home country control.
I principi cardine di Basilea II
Nodo fondamentale del problema risultò essere che l'accordo Basilea I valutava le aziende in base a requisiti molto semplificati: da quanto tempo esisteva una certa ditta, che patrimonio possedeva, quale ragione sociale. In una parola Basilea I si limitava a prendere atto della "storia" patrimoniale di una ditta, e della capacità attuale di rimborso della stessa, senza avere la possibilità di valutare se, quanto e in quanto tempo la ditta avrebbe generato reddito. Questo induceva un notevole immobilismo e penalizzava fortemente tutta una serie di settori e di investimenti, primi fra tutti quelli sull'innovazione e sulla ricerca.
Era quindi necessario elaborare una struttura di analisi molto più sofisticata per potere comprendere la realtà del mercato, che negli anni era notevolmente cambiata.
Inoltre le banche si resero conto che il loro ruolo di semplici prestatori andava evoluto in un ruolo di maggior responsabilità, cooperazione e integrazione tra impresa e istituto di credito, se si desiderava che il mercato non stagnasse, ma continuasse a crescere in modo realmente produttivo.
Gli accordi hanno elevato la riserva frazionaria delle banche al 2% e fissato il coefficiente di salvaguardia sempre all'8%.
Le sofferenze (ossia crediti inesigibili) delle maggiori banche italiane sono al di sopra della media europea che è dell'1.1%.
Gli accordi di Basilea II hanno fissato il coefficiente di solvibilità all'8%.
Tale coefficiente fissa l'ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al complesso delle attività ponderate in base al loro rischio creditizio.
In altri termini è una frazione il cui numeratore è dato dall'ammontare di patrimonio di cui dispone una banca ed il denominatore dall'ammontare delle attività ponderate per classi di rischio. Se si considera invece il rapporto tra attivo ponderato e patrimonio di vigilanza il valore richiesto dagli accordi di Basilea II corrisponde a 12,5.
I requisiti minimi patrimoniali devono coprire le perdite inattese dovute a tre rischi:
Rischio di credito
Rischio di mercato
Rischio operativo, che ne rappresenta la maggiore novità.
La formula per la determinazione del patrimonio di vigilanza viene così ampliata e rivista:
Patrimonio regolamentare ≥ 8% di [ (RWA Rischio Credito) + (RWA Rischio Mercato) + (RWA Rischio Operativo)
Rischio operativo
Con la collaborazione degli operatori di settore, il Comitato di Basilea ha individuato i principali fattori di rischio operativo:
-frode interna - esempi: alterazione intenzionale di dati, sottrazione di beni e valori, operazioni in proprio basate su informazioni riservate;
-frode esterna - esempi: furto, contraffazione, falsificazione, emissione di assegni a vuoto, pirateria informatica;
-rapporto di impiego e sicurezza sul posto di lavoro - esempi: risarcimenti richiesti da dipendenti, violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza del personale, attività sindacale, pratiche discriminatorie, responsabilità civile;
-pratiche connesse con la clientela, i prodotti e l'attività - esempi: violazione del rapporto fiduciario, abuso di informazioni confidenziali, transazioni indebite effettuate per conto della banca, riciclaggio di denaro di provenienza illecita, vendita di prodotti non autorizzati;
-danni a beni materiali - esempi: atti di terrorismo e vandalismo, terremoti, incendi, inondazioni;
-disfunzioni e avarie di natura tecnica - esempi: anomalie di infrastrutture e applicazioni informatiche, problemi di telecomunicazione, interruzioni nell'erogazione di utenze;
-conformità esecutiva e procedurale - esempi: errata immissione di dati, gestione inadeguata delle garanzie, documentazione legale incompleta, indebito accesso consentito ai conti di clienti, inadempimenti di controparti non clienti, controversie legali con fornitori.
Sono previste tre metodologie di valutazione del rischio operativo.
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Baxilea 3
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Basilea 3 è l' insieme di provvedimenti approvati dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria in conseguenza della crisi finanziaria del 2007-2008, con l'intento di perfezionare la preesistente regolamentazione prudenziale del settore bancario, (Basilea 2), l'efficacia dell'azione di vigilanza e la capacità degli intermediari di gestire i rischi che assumono. L'accordo di Basilea 3 prevede l'innalzamento del capitale che le banche devono detenere, che passa dall'8 al 10.5% del patrimonio, per aumentare la stabilità del sistema bancario e la sua capacità di assorbire le perdite. L'obiettivo è scongiurare l'innescarsi di nuovi focolai di crisi. Questo, però, rischia di determinare costi di adeguamento tali da generare anche effetti restrittivi sull'erogazione di credito. Per adeguarsi all'accordo, infatti, le banche dovranno raccogliere nuovo capitale, ridurre le attività in portafoglio, oppure aumentare il costo del credito.