Coronavirus, positivo e sofferente si muove per 5 giorni in treno: la follia dell'ultimo untore
Luciano Moggi
09 luglio 2020
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L'ultimo idiota del coronavirus, l'ultimo untore. Il caso, pazzesco, arriva da Roma. Un uomo era in isolamento fiduciario perché positivo al Covid-19, ma ha ugualmente deciso di salire su un treno per viaggiare per l'Emilia Romagna. E dopo aver passato qualche giorno a Rimini, al rientro a Roma alla Stazione Termini gli agenti della Polfer lo hanno notato: tossiva, stava male. E nel corso degli aggiornamenti si è scoperto che l'uomo era arrivato in Italia lo scorso 23 giugno con un volo da Dacca, Bangladesh. Era già stato sottoposto al tampone e, appunto, era positivo.
Ma c'è di più. Si scoperto che l'uomo negli ultimi cinque giorni ha viaggiato in treno tra Centro e Nord Italia, fregandosene della positività ed esponendo al contagio chissà quante persone. "Abbiamo attivato tutte le procedure previste dal protocollo sanitario - hanno spiegato i poliziotti che hanno avuto in carico la questione -, dopo aver soccorso il passeggero abbiamo allertato le autorità competenti. Ora stiamo ricostruendo gli spostamenti per il tracciamento. Un'operazione complessa perché l'uomo si è spostato più volte di regione in regione prima di rientrare a Roma".
In Bangladesh è boom di certificati falsi per imbarcarsi verso l'Europa
Alessandra Benignetti - Gio, 09/07/2020 - 11:24
4-5 minuti
Migliaia di certificati falsi che attestano la negatività al Covid-19 venduti per poche decine di euro: così i bengalesi riescono ad eludere i controlli per partire alla volta dell'Europa
Sono negativi i primi 270 tamponi effettuati sulla comunità bengalese della Capitale. Dopo l’appello delle autorità islamiche centinaia di persone si sono recate ai drive in per sottoporsi allo screening lanciato dalla Asl Roma 2.
"Non ci saranno problemi: stiamo lavorando con le autorità italiane per rintracciare i bengalesi sbarcati in Italia da inizio giugno", ha detto l’ambasciatore del Bangladesh in Italia, Abdus Sohban Sikder al Messaggero.
Ma è lo stesso quotidiano a lanciare l’allarme sulla situazione nel Paese del sud-est asiatico in cui decine di pazienti infetti riescono a lasciare le loro case grazie a falsi certificati che attestano la negatività al Covid-19. Un giro di corruzione che comprende ospedali, sindacati e imprenditori, denunciato da Mohammed Taifur Rahman Shah, presidente dell'associazione ItalBangla. Sempre al Messaggero il rappresentante della comunità bengalese ha spiegato come da quando l’epidemia ha iniziato a diffondersi nel Paese sia diventato estremamente semplice procurarsi un documento falso che certifichi il proprio stato di salute.
Il prezzo dell’attestato andrebbe dai 30 ai 50 euro e permette ai cittadini bengalesi di imbarcarsi sui voli diretti verso l’Europa. Per partire, infatti, è necessario sottoporsi ai test e dimostrare di non essere positivi al Covid. È per questo che l’affare viene proposto all’esterno degli ospedali, dove decine di persone si mettono in fila per fare i tamponi. Gli interessati, secondo la ricostruzione del quotidiano di via del Tritone, venivano condotti in una copisteria interna al General Hospital di Mugda, dove venivano sottratti i codici dei documenti originali grazie alla complicità di alcuni dipendenti e stampati i certificati falsi.
Non tutti, poi, sanno che si tratta di una truffa. C’è anche chi lo acquista in buona fede non solo per poter partire, ma anche per dimostrare di non essere positivo al virus. Alcune organizzazioni, infatti, avrebbero iniziato a guadagnare facendo test a domicilio a pagamento con la promessa di rilasciare un certificato di buona salute. Il caso sarebbe arrivato fino in Parlamento, con le forze speciali della polizia bengalese che hanno già effettuato arresti e sequestri. Secondo quanto si apprende dai media locali lunedì scorso in un blitz della polizia è stato scoperto un istituto sanitario che aveva consegnato migliaia di certificati senza fare i tamponi ai pazienti.
Persone che potrebbero essersi imbarcate anche sui voli diretti verso il nostro Paese. Per questo il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha chiesto all’Europa nuove "rigorose misure cautelative"per contrastare "l'insorgenza di focolai di contagio da Covid-19, innescati da persone provenienti da paesi terzi". "Oggi più che mai serve una politica comune nella gestione dell'emergenza", ha scritto Speranza in una lettera indirizzata al commissario Ue alla Salute e alla Sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, e a Jens Spahn, ministro della Salute della Germania, Paese che detiene la presidenza di turno dell’Ue.
Dopo lo stop ai voli dal Bangladesh deciso dal governo italiano, infatti, ieri sono stati costretti a tornare nel proprio Paese 125 passeggeri bengalesi che si trovavano a bordo di un velivolo proveniente dal Qatar. Gli altri 97 viaggiatori sono stati sottoposti ai test e sottoposti ad un periodo di isolamento domiciliare.
È inferno Covid in Bangladesh: "In 10mila pronti a fuggire in Italia"
Elena Barlozzari Alessandra Benignetti
Ven, 10/07/2020
https://www.ilgiornale.it/news/roma/inf ... 1594388090
In Bangladesh il contagio corre velocissimo. L'emergenza è alle stelle. E in 10mila sono pronti a imbarcarsi su un aereo per fuggire. Le polemiche per lo stop dei voli
C’è la fila nonostante il caldo asfissiante davanti all’ospedale Vannini, a Tor Pignattara. I cittadini bengalesi avanzano ordinati con naso e bocca coperti dalla mascherina. Il drive in allestito dalla Asl Roma 2 per effettuare i tamponi per il Covid-19 ha appena chiuso i battenti.
Qualcuno protesta. Poi si avvia verso casa, con la promessa di tornare domattina. Nella "Banglatown" romana si respirano ansia e preoccupazione.
Dopo l’arrivo da Dacca di decine di passeggeri positivi al virus, i riflettori sono puntati sulla comunità bengalese, che conta circa 175mila appartenenti in Italia. Ieri su 28 casi registrati nella regione Lazio almeno 22 risultano "importati", e 18 di questi sono connessi ai voli di rientro proprio dal Paese del Sud-Est asiatico, dove l’epidemia avanza a ritmo sostenuto. Numeri preoccupanti, che nei giorni scorsi hanno spinto il governo italiano a bloccare i collegamenti con Dacca.
"Siamo stati costretti a sospendere per una settimana i voli dal Bangladesh", ha detto il premier Giuseppe Conte in un’intervista al canale spagnolo La Sexta. "L'altro giorno abbiamo scoperto che al di là della quarantena un buon 20 per cento erano soggetti positivi al Covid, questo significa che in partenza non c'erano controlli", ha sottolineato il presidente chiamando i Paesi più colpiti dalla pandemia a "responsabilità e attenzione". Quella di chiudere le porte ai cittadini bengalesi, insomma, è stata una scelta obbligata.
Impossibile verificare il rispetto dell’isolamento da parte di chi arriva. Lo dimostra il caso del 53enne atterrato in Italia lo scorso 23 giugno e risultato positivo al virus. Nonostante la Asl gli avesse raccomandato la quarantena, ha viaggiato per mezza Italia prima di essere bloccato alla Stazione Termini e ricoverato al Policlinico Umberto I. "Si tratta di uno sprovveduto, ma il governo avrebbe dovuto vigilare", commenta Mohammed Taifur Rahman Shah, presidente dell’associazione Italbangla.
Ci accoglie nel suo quartier generale, in via Visconte Maggiolo, dove ha indetto una conferenza stampa per chiedere all’esecutivo di tornare sui propri passi. "Non si possono chiudere le porte a chi scappa dall'inferno", esclama. Le autorità bengalesi, secondo l’attivista, non avrebbero più il controllo dell’epidemia: "Finora sono stati fatti soltanto 900mila tamponi su 160milioni di persone e il 20 per cento dei testati è risultato positivo al virus, questo – ragiona – significa che gli infetti potrebbero essere tantissimi". E così, ci assicura Shah, in molti preferiscono comprare un biglietto di sola andata per il Vecchio Continente.
Secondo le notizie riportate dai media locali, qualcuno è disposto persiono a fare carte false, acquistando per poche decine di euro certificati contraffatti che attestino la negatività al tampone e assicurino il via libera in aeroporto. "Secondo le nostre stime, oggi in Bangladesh ci sarebbero almeno 10mila persone bloccate e pronte a partire per l’Italia", riferisce il portavoce della comunità bengalese romana. "La maggior parte – ci spiega – è gente che viveva qui prima che scoppiasse la pandemia e che lo scorso marzo ha fatto ritorno in Bangladesh proprio per sfuggire al lockdown".
Ora vogliono percorrere il tragitto inverso e rifugiarsi nel Bel Paese. "La situazione in Bangladesh è tragica, gli ospedali sono sovraffollati e la sanità è al collasso, il governo italiano - incalza - non può abbandonare queste persone, bisogna ripristinare subito i collegamenti". La soluzione secondo l’attivista è quella di obbligare chi arriva a Roma o Milano a prenotare un albergo dove trascorrere due settimane in quarantena. "I biglietti aerei ora costano tantissimo, chi può spendere certe cifre per un volo di sicuro può permettersi anche un hotel", ragiona Shah. "Oppure – continua – potrebbe pensarci direttamente lo Stato italiano, nel decreto Rilancio ci sono abbastanza fondi anche per aiutare i nostri concittadini in difficoltà".
"Del resto – osserva il portavoce dei bengalesi romani – è quello che già sta facendo la Regione Lazio con i positivi in quarantena all’hotel Hilton". Intanto decine di cittadini bengalesi arrivati mercoledì da Doha a bordo di due aeromobili della Qatar Arways sono stati rimpatriati. "È inammissibile - denuncia Shah – l'Italia avrebbe dovuto garantirgli l’assistenza sanitaria che non possono avere nel loro Paese d’origine".
Alberto Pento
Questi se ne sono tornati al loro paese per paura di infettarsi in Italia e adesso che si sono infettati a casa loro vorrebbero tornare in Italia a curarsi e a infettarci, no grazie, arrangiatevi e curatevi a casa vostra e non a casa nostra con le nostre risorse.