Quando si confonde la cittadinanza con la nazionalità, povero BergoglioUn falso salvatore del mondo che alimenta il parassitismo statale romano e italiano, l'enormità del debito pubblico, l'imperialismo religioso cattolico-romano, la sudditanza irresponsabile diffusa e la dipendenza dalle credenze idolatre, contro i buoni e universali valori dell'uomo di buona volontà il solo che fa miracoli con il suo impegno e la sua fatica.https://www.facebook.com/pietro.marinel ... 8306612376"Considerando lo scenario attuale, accogliere significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione. In tal senso, è desiderabile un impegno concreto affinché sia incrementata e semplificata la concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare. Allo stesso tempo, auspico che un numero maggiore di paesi adottino programmi di sponsorship privata e
comunitaria e aprano corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili. Sarebbe opportuno, inoltre, prevedere visti temporanei speciali per le persone che scappano dai conflitti nei paesi confinanti. Non sono una idonea soluzione le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando esse vengono eseguite verso paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali.[3] Torno a sottolineare l’importanza di offrire a migranti e rifugiati una prima sistemazione adeguata e decorosa. «I programmi di accoglienza diffusa, già avviati in diverse località, sembrano invece facilitare l’incontro personale, permettere una migliore qualità dei servizi e offrire maggiori garanzie di successo».[4] Il principio della centralità della persona umana, fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI,[5] ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale. Di conseguenza, è necessario formare adeguatamente il personale preposto ai controlli di frontiera. Le condizioni di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, postulano che vengano loro garantiti la sicurezza personale e l’accesso ai servizi di base. In nome della dignità fondamentale di ogni persona, occorre sforzarsi di preferire soluzioni alternative alla detenzione per coloro che entrano nel territorio nazionale senza essere autorizzati.[6]
Il secondo verbo, proteggere, si declina in tutta una serie di azioni in difesa dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio.[7] Tale protezione comincia in patria e consiste nell’offerta di informazioni certe e certificate prima della partenza e nella loro salvaguardia dalle pratiche di reclutamento illegale.[8] Essa andrebbe continuata, per quanto possibile, in terra d’immigrazione, assicurando ai migranti un’adeguata assistenza consolare, il diritto di conservare sempre con sé i documenti di identità personale, un equo accesso alla giustizia, la possibilità di aprire conti bancari personali e la garanzia di una minima sussistenza vitale. Se opportunamente riconosciute e valorizzate, le capacità e le competenze dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati, rappresentano una vera risorsa per le comunità che li accolgono.[9] Per questo auspico che, nel rispetto della loro dignità, vengano loro concessi la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione. Per coloro che decidono di tornare in patria, sottolineo l’opportunità di sviluppare programmi di reintegrazione lavorativa e sociale. La Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo offre una base giuridica universale per la protezione dei minori migranti. Ad essi occorre evitare ogni forma di detenzione in ragione del loro status migratorio, mentre va assicurato l’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria. Parimenti è necessario garantire la permanenza regolare al compimento della maggiore età e la possibilità di continuare degli studi. Per i minori non accompagnati o separati dalla loro famiglia è importante prevedere programmi di custodia temporanea o affidamento.[10] Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita. La apolidia in cui talvolta vengono a trovarsi migranti e rifugiati può essere facilmente evitata attraverso «una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale».[11] Lo status migratorio non dovrebbe limitare l’accesso all’assistenza sanitaria nazionale e ai sistemi pensionistici, come pure al trasferimento dei loro contributi nel caso di rimpatrio.
Promuovere vuol dire essenzialmente adoperarsi affinché tutti i migranti e i rifugiati così come le comunità che li accolgono siano messi in condizione di realizzarsi come persone in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta dal Creatore.[12] Tra queste dimensioni va riconosciuto il giusto valore alla dimensione religiosa, garantendo a tutti gli stranieri presenti sul territorio la libertà di professione e pratica religiosa. Molti migranti e rifugiati hanno competenze che vanno adeguatamente certificate e valorizzate. Siccome «il lavoro umano per sua natura è destinato ad unire i popoli»,[13] incoraggio a prodigarsi affinché venga promosso l’inserimento socio-lavorativo dei migranti e rifugiati, garantendo a tutti – compresi i richiedenti asilo – la possibilità di lavorare, percorsi formativi linguistici e di cittadinanza attiva e un’informazione adeguata nelle loro lingue originali. Nel caso di minori migranti, il loro coinvolgimento in attività lavorative richiede di essere regolamentato in modo da prevenire abusi e minacce alla loro normale crescita. Nel 2006 Benedetto XVI sottolineava come nel contesto migratorio la famiglia sia «luogo e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori».[14] La sua integrità va sempre promossa, favorendo il ricongiungimento familiare – con l’inclusione di nonni, fratelli e nipoti –, senza mai farlo dipendere da requisiti economici. Nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in situazioni di disabilità, vanno assicurate maggiori attenzioni e supporti. Pur considerando encomiabili gli sforzi fin qui profusi da molti paesi in termini di cooperazione internazionale e assistenza umanitaria, auspico che nella distribuzione di tali aiuti si considerino i bisogni (ad esempio l’assistenza medica e sociale e l’educazione) dei paesi in via di sviluppo che ricevono ingenti flussi di rifugiati e migranti e, parimenti, si includano tra i destinatari le comunità locali in situazione di deprivazione materiale e vulnerabilità.[15]
L’ultimo verbo, integrare, si pone sul piano delle opportunità di arricchimento interculturale generate dalla presenza di migranti e rifugiati. L’integrazione non è «un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale. Il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprirne il “segreto”, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza reciproca. È un processo prolungato che mira a formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini».[16] Tale processo può essere accelerato attraverso l’offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel paese. Insisto ancora sulla necessità di favorire in ogni modo la cultura dell’incontro, moltiplicando le opportunità di scambio interculturale, documentando e diffondendo le buone pratiche di integrazione e sviluppando programmi tesi a preparare le comunità locali ai processi integrativi. Mi preme sottolineare il caso speciale degli stranieri costretti ad abbandonare il paese di immigrazione a causa di crisi umanitarie. Queste persone richiedono che venga loro assicurata un’assistenza adeguata per il rimpatrio e programmi di reintegrazione lavorativa in patria.
In conformità con la sua tradizione pastorale, la Chiesa è disponibile ad impegnarsi in prima persona per realizzare tutte le iniziative sopra proposte, ma per ottenere i risultati sperati è indispensabile il contributo della comunità politica e della società civile, ciascuno secondo le responsabilità proprie.
Durante il Vertice delle Nazioni Unite, celebrato a New York il 19 settembre 2016, i leader mondiali hanno chiaramente espresso la loro volontà di prodigarsi a favore dei migranti e dei rifugiati per salvare le loro vite e proteggere i loro diritti, condividendo tale responsabilità a livello globale. A tal fine, gli Stati si sono impegnati a redigere ed approvare entro la fine del 2018 due patti globali (Global Compacts), uno dedicato ai rifugiati e uno riguardante i migranti.
Cari fratelli e sorelle, alla luce di questi processi avviati, i prossimi mesi rappresentano un’opportunità privilegiata per presentare e sostenere le azioni concrete nelle quali ho voluto declinare i quattro verbi. Vi invito, quindi, ad approfittare di ogni occasione per condividere questo messaggio con tutti gli attori politici e sociali che sono coinvolti – o interessati a partecipare – al processo che porterà all’approvazione dei due patti globali".
Questo è il discorso di Papa Francesco, tratto dal sito della Santa Sede
Gino QuareloUn falso salvatore del mondo che alimenta il parassitismo statale romano e italiano, l'enormità del debito pubblico, l'imperialismo religioso cattolico-romano, la sudditanza irresponsabile diffusa e la dipendenza dalle credenze idolatre, contro i buoni e universali valori dell'uomo di buona volontà il solo che fa miracoli con il suo impegno e la sua fatica.
Grand'uomo apparentemente a chiacchere ma la realtà è ben diversa! Se lui che vende salvezza divina, fede nei miracoli, manna dal cielo, provvidenza divina e un buon posto nell'aldilà non è in grado di moltiplicare i pani e i pesci, se nemmeno il suo idolo lo fa, chi mai dovrebbe produrre questi pani e questi pesci? E la nostra gente che emigra, che è povera, che è disoccupata, disperata e che si suicida? E chi paga tutto ciò? Uomo fanfarone e irresponsabile!
Quest'uomo è un invasato utopista che si crede salvatore del mondo, che manipola i diritti umani e viola quelli dei cristiani e dei non cristiani che sono cittadini italiani ed europei. Quest'uomo promuove una forma di solidarietà disumana coatta che prima viola i nostri diritti umani, genera schiavitù fiscale, sofferenza sociale , privilegi e parassitismo economico e poi conflitti a non finire e future guerre civili sanguinose.
Quest'uomo è un parassita per eccellenza, è la falsa bontà a spese degli altri che genera il male.Papa Bergoglio parla di “risorse” come la Bodrini e di wi-fi come Bello Figo Il blog di Laura Tecce
2017/08/21
http://blog.ilgiornale.it/tecce/2017/08 ... bello-figo«Si renda dunque a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio».
Ad ognuno il suo ruolo. Questa frase attribuita a Gesù Cristo nei Vangeli sinottici getta così le basi della divisione tra potere spirituale e potere temporale.
È vero che, secondo le Scritture, il potere esercitato sulla terra viene da Dio ma come scrive nel Nuovo Testamento l’Apostolo Paolo a proposito della situazione dei cristiani nell’Impero “occorre prestare obbedienza leale alle autorità dello Stato” (cf. Rm 13,1-7; Tt 3,1-2). Cosa significa questo? Che lo Stato, inteso come autorità politica, è assolutamente necessario per la vita della polis e dei credenti in essa. La città abitata dagli uomini e dalle donne necessita di ordine, di legalità, di giustizia, e dunque la politica non può essere ignorata, né si può vivere in società senza un’autorità cui rispondere. Ma l’autorita politica, legislativa e giuridica è ben distinta, nell’ insegnamento e nella testimonianza di Gesù, da quella spirituale. Gesù ha rifiutato di essere un Messia politico (cf. Mt 4,8-10), non ha accettato di essere fatto re (cf. Gv 6,14-15) ). Egli è Re – come dirà a Pilato – ma non di questo mondo (cf. Gv 18,36)! Dare a Cesare ciò che è di Cesare, allora, significa riconoscerne l’autorità laica e tenere conto di essa. Nella storia della Chiesa Cattolica Romana questi precetti non sono sempre stati seguiti, basti pensare al periodo storico in cui il Papa, oltre ad essere Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica, è stato anche sovrano dello Stato Pontificio (752-1870).
Jorge Mario Bergoglio dovrebbe essere a conoscenza che il potere temporale dei papi è cessato nel 1870 e che comunque era circoscritto entro i confini dello Stato della Chiesa. O forse no, vista la sua predisposizione ad intervenire con prese di posizione nette e apodittiche su questioni di geopolitica internazionale, di mercato interno del lavoro e di sicurezza nazionale con la sua visione pauperistica e immigrazionista/terzomondista che poco attendono al governo spirituale e molto a quello terreno.
L’ultima in ordine di tempo è un’anticipazione del messaggio che invierà in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del prossimo 14 gennaio, dal tema “cogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati”. Perché abbia deciso di diffonderla con cinque mesi di anticipo non è dato sapere. E perché si sia istituita una tale Giornata ancora meno…
In ogni modo, Bergoglio spiega come «nel rispetto del diritto universale a una nazionalità questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita».
Un vero e proprio endorsement in favore dello Ius Soli, e questo non stupisce. Stupisce invece che il Pontefice non sappia che i bambini al momento della nascita hanno già una nazionalità che è quella dei genitori. E davvero non si capisce perché la nazionalità francese, finlandese, nigeriana, congolese, marocchina, albanese, rumena o australiana debba essere considerata “inferiore” a quella italiana. Questo, invero, andrebbe chiesto anche ai nostri parlamentari che con tanta veemenza sostengono lo ius soli.
In ogni caso, sarà italiano il bambino che rischi di non vedersi attribuita alcuna cittadinanza alla nascita, ad esempio perché i genitori sono privi di alcuna cittadinanza (apolidi) ovvero sono cittadini di Stati che non consentono al figlio nato all’estero di acquistare la cittadinanza italiana (cfr. art. 1, comma 1, lett. b), legge n. 91/1992). Ancora sono italiani alla nascita i bambini trovati in Italia i cui genitori siano sconosciuti (art. 1, comma 1, lett. c), legge n. 91/1992). Dunque non si preoccupi Bergoglio che nessun bambino verrà lasciato senza nazionalità dallo Stato italiano.
A meno che il Papa non stesse parlando di concedere a tutti la cittadinanza dello Stato della Città del Vaticano che, ricordiamolo, è una monarchia assoluta teocratica elettiva, circondato dalle alte mura leonine e di cui è praticamente impossibile ottenere lo status di cittadino.
Ma la cosa, a modesto parere di chi scrive, più inquietante del messaggio del Sommo Pontefice non è il discorso, seppur fuorviante, sulla nazionalità. Ecco cosa ha dichiarato sul lavoro e i “diritti”: «le competenze dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati, se opportunamente riconosciute e valorizzate, rappresentano una vera risorsa per le comunità che li accolgono. Per questo auspico che, nel rispetto della loro dignità, vengano loro concessi la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione“.
Il Papa parla di “risorse” come la Boldrini e di WI -FI come un Bello Figo qualunque. E di lavoro che per gli italiani e i cittadini stranieri regolari non c’è, a prescindere da competenze, meriti, valorizzazione e riconoscimento.
Cari amici, dobbiamo prendere atto che questo Papa non ama né gli italiani né la cristianità.Magdi Cristiano Allam
Nel momento in cui gli italiani registrano un tracollo demografico e un crescente impoverimento della popolazione, anziché prodigarsi per la promozione della cultura della vita e della rigenerazione della vita aiutando le famiglie italiane, le madri italiane e i giovani italiani, è intervenuto nuovamente a favore dell'apertura incondizionata delle nostre frontiere per incrementare l'auto-invasione di giovani africani, asiatici e mediorientali che sono prevalentemente musulmani, che si tradurrà nell'auto-sostituzione etnica degli italiani e nella fine della nostra civiltà laica e liberale dalle radici ebraico-cristiane, greco-romane, umanistico-illuministe, trasformandoci in una popolazione meticcia e islamica.
Proprio nel momento in cui le forze politiche sono fortemente in contrasto sulla legge dello ius soli, che attribuirebbe la cittadinanza italiana a chiunque nasca in Italia, Papa Francesco ha pesantemente preso posizione a favore dello ius soli anticipando di ben cinque mesi il Messaggio che verrà ufficializzato il 14 gennaio 2018 in occasione della "Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato". Per i giovani africani, asiatici e mediorientali che entrano in Italia tutti senza documenti e in parte senza essere identificati, Papa Francesco chiede di tutto e di più: lo ius soli, ossia la cittadinanza italiana al momento della nascita; lo ius culturae, il diritto a completare l'istruzione primaria e secondaria in Italia; la concessione di visti umanitari, visti temporanei speciali e il diritto al ricongiungimento familiare per accogliere tutti, proprio tutti quelli che vogliono entrare in Italia, a prescindere dal fatto se fuggano o meno dalla guerra.
Ebbene proprio perché si tratta manifestamente di un intervento politico, che irrompe nel dibattito politico in corso tra i partiti italiani mirando a condizionarne l'esito, io denuncio l'inaccettabile interferenza politica di Papa Francesco negli affari interni dell'Italia che, almeno formalmente, è uno Stato indipendente e sovrano.
Ius soli e cittadinanzaviewtopic.php?f=141&t=1772Utopie demenziali e criminali - falsi salvatori del mondo e dell'umanitàviewtopic.php?f=141&t=2593