Sergio Romano: “Il Veneto e la Serenissima, due storie diverse”
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di REDAZIONE
Pubblichiamo, di seguito, il “botta e risposta” fra Ettore Beggiato e Sergio Romano, apparse nella rubrica “La lettera del giorno” su “Il Corriere della Sera” di oggi.
Nella sua risposta a una lettera pubblicata sul Corriere del 13 maggio, lei ricorda giustamente che la Scozia e la Catalogna sono nazioni storiche, mentre la Padania no: giustissimo. Io credo che nazione storica d’Europa si possa tranquillamente definire il Veneto, popolo che si identifica nella Serenissima Repubblica Veneta che ha avuto ben 1.100 di indipendenza, e che ha ancor oggi ha una propria lingua, una propria identità, un proprio modello economico. O no? (Ettore Beggiato)
LA RISPOSTA DI SERGIO ROMANO:
Caro Beggiato, il Veneto è certamente una regione storica, ma credo che nella sua identificazione con la Serenissima vi sia una forzatura leghista. Padova, Verona, Vicenza, Treviso, Udine hanno le loro storie, alquanto diverse da quella di Venezia e della sua Repubblica. Sono state assorbite dal loro grande e fortunato vicino in tempi diversi, ma la classe dirigente della Repubblica è stata per molti secoli prevalentemente veneziana e la elezione di un doge friulano coincide, guarda caso, con l’agonia dello Stato. Nella storia della Repubblica i veneti di terraferma hanno avuto un ruolo importante, ma sono in ultima analisi soltanto una delle quattro principali nazionalità da cui la Repubblica era composta. Venezia partecipò attivamente alle vicende italiane e cercò di estendere la sua influenza nella penisola, ma fu soprattutto un piccolo impero multinazionale e multiconfessionale dell’Adriatico e dell’Egeo.
Mentre quasi tutte le città italiane erano papali o ghibelline e comunque legate, in maggiore o minore misura, alla storia dell’Impero d’Occidente e del Sacro Romano Impero, Venezia fu una costola dell’Impero d’Oriente. La sua gente era cattolica, ma la sua maggiore basilica ricorda gli edifici religiosi di Costantinopoli molto più di quanto assomigli alle chiese del retroterra veneto e della penisola italiana. I veneti di terraferma furono certamente sudditi della Repubblica, ma non diversamente dai croati della Dalmazia, dagli albanesi dell’Adriatico meridionale e dai greci delle isole dell’Egeo. Negli ultimi giorni della sua esistenza non fu difesa dai veronesi, dai padovani e dai vicentini. Si batterono per la Repubblica i suoi schiavoni, molto più fedeli a San Marco di quanto fossero i suoi sudditi italiani. Qualche mese fa, durante un viaggio ad Atene, un amico greco mi ha detto: «Si parla molto dell’influenza che la Turchia ha avuto sui nostri costumi e sulle nostra mentalità, ma si dimentica che una parte della Grecia è stata per molto tempo veneziana ». Un’ultima osservazione, caro Beggiato. Quando fu conquistata dai francesi e, più tardi, ceduta da Napoleone all’Austria, Venezia era ormai da molto tempo l’ombra di se stessa. Possiamo essere orgogliosi del suo grande passato, ma non della sua morte.
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Roberto Porcù – 26 Maggio 2013 at 9:25 pm #
“Possiamo essere orgogliosi del suo grande passato, ma non della sua morte”.
Condivido l’opinione di Sergio Romano e urlo ancora contro un falso storico che viene sbandierato.
Durante la rivoluzione francese un solo componente della famiglia Borbone era riuscito a salvarsi, mi sembra perché fosse già all’estero. Egli chiese asilo alla Repubblica Veneta e questo gli fu concesso.
La Serenissima era storicamente un luogo sicuro per chi volesse vivere e lavorare rispettando le leggi di Venezia (anche Manzoni fa passare l’Adda a Renzo Tramaglino).
Avvenne che in Francia prese a brillare l’astro Napoleone che vinceva tutte le battaglie. Egli chiese alla Serenissima il permesso di passare per marciare contro l’Austria dal Brennero. Il permesso gli fu accordato perché la Serenissima non era più quella di Lepanto in grado di battere da sola i turchi. Le rotte oceaniche si erano imposte ed i suoi commerci languivano. Era morta anche se non lo appariva.
Per timore di Napoleone al quale permise il passaggio (non potendolo impedire) revocò in fretta l’accoglienza al Borbone che si rifugiò allora in Austria.
Napoleone passò e lasciò a Verona, con un piccolo contingente, i soldati ammalati e la moglie incinta di un ufficiale. A Venezia pensavano di essersi ingraziati il cavallo vincente, ma le arrivarono notizie della sconfitta di Napoleone.
Quando uno stato è in coma, nulla funziona, nemmeno l’intelligence e le comunicazioni.
Freneticamente, per ingraziarsi gli austriaci, ordinarono a Verona di insorgere contro i francesi.
Ciò avvenne, promisero la grazia ai delinquenti rinchiusi, vuotarono le carceri e li mandarono con abiti civili contro i francesi facendo figurare una rivolta popolare.
Tutti furono ammazzati ed anche la donna incinta fu squartata.
A Napoleone al quale non era riuscito di agganciare gli austriaci, arrivò notizia di questi fatti, che non avrebbero dovuto accadere perché lui aveva chiesto ed ottenuto l’autorizzazione al passaggio.
Rientrò a Verona e si incazzò di brutto.
Queste sono i fatti delle Pasque Veronesi, una pagina di tradimenti che sarebbe bene dar a vedere di dimenticare.
Con la Serenissima agonizzante si comportò come tale.
Dopo Napoleone, con la restaurazione del Congresso di Vienna, tutto tornò come prima fuorché Venezia perché contro di essa si espresse il nuovo re di Francia che era il Borbone che Venezia aveva scacciato da Verona.
Di Venezia c’è da menar molto vanto della sua vita, ma neanche un po’ della sua morte.
A meno di non piegare fraudolentemente la Storia a proprio uso.
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Se seita kive:
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