Nisioleti venesiani

L’italianizzazione della toponomastica veneziana

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Di ETTORE BEGGIATO

L’identità di un popolo è come un mosaico composto da tante tessere: dalla lingua alla cultura, alla storia, al modello economico, al folklore, all’arte, alla religione, alla toponomastica ecc.

E la toponomastica non è certo meno importante delle altre componenti: nei regimi totalitari l’hanno capito benissimo e così a ogni cambio di regime si cambiano i nomi delle città, delle vie e delle piazze,  basta vedere cosa è successo qualche anno fa in Russia e nei paesi dell’Est Europa.

Anche in Italia questo aspetto è sempre stato tenuto nella dovuta considerazione:  nel Sud Tirolo il buon Tolomei italianizzò migliaia di toponimi in poche settimane con traduzioni, il più delle volte, francamente patetiche.

In altre regioni l’italianizzazione fu meno spettacolare ma più subdola, costante, quotidiana. E’ il caso di Venezia, storica Capitale dei Veneti; al turista frettoloso sembra che la toponomastica veneziana sia “originale”, decisamente caratteristica e suggestiva, da “Rio terà barba frutariol” (Rio interrato dello zio fruttivendolo in italiano) a Campo San Stae (piazza San Eustacchio), a Campo San Zan Degolà (piazza San Giovanni decollato, nel senso di collo tagliato…)  e via discorrendo.

Osservando attentamente i “ninzioleti” (targhe) veneziani ci si accorge invece che l’italianizzazione è continua, implacabile e così “Parochia” diventa “Parrocchia”, “sestier de” viene scritto “Sestiere di”,  “rio terà” diventa “rio terrà” per non parlare di come non si perda occasione “a ogni man de bianco” di aggiungere doppie a destra e a manca, o addirittura si stravolge completamente il “ninzioleto” come nel caso di “calle del curame” (cuoio in italiano) che ho fortunatamente fotografato finchè era… in vita e che oggi è diventato “calle de la donzella”.

Andrea Gloria il grande studioso dell’Ateneo Patavino, così scriveva all’inizio del secolo scorso  contro la proposta di cambiare i nomi delle vie di Padova “proposta che fecero persone molto stimabili per altri riguardi e argomenti, ma non certo edotte e pratiche in questo”. I nomi antichi di vie, afferma il Gloria “sono veri storici documenti, che non possiamo alterare, per non falsare la storia”, “veri storici documenti” chissà se lo capirà anche l’assessore alla toponomastica del Comune di Venezia, prof. Tiziana Agostini…

A quando uno studio serio e rigoroso sulla toponomastica veneziana? Il fascino di Venezia, città unica al mondo, ha varie sfaccettature e la toponomastica veneziana è una di queste, non snaturiamola per non snaturare l’intera città…

Basta con gli scempi della toponomastica a Venezia

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di ENZO TRENTIN

In questi giorni sono pervenute in redazione alcune e-mail che protestano contro la rivisitazione della toponomastica veneziana che ha peculiarità tutte proprie. Nel chiedere un intervento di questo quotidiano, vi si protesta l’azione di italianizzazione di molte denominazioni. Viene giustamente osservato che la sinistra italiota, similmente al fascismo, opera con un’azione di “colonizzazione” culturale, che per i veneziani, ed in veneti in genere, è  assolutamente dissacratoria. E ciò malgrado la magniloquenza della delibera del Consiglio comunale veneziano datata 1° marzo 2012, che pretenderebbe di produrre un nuovo e corretto  stradario rispettoso dei termini veneziani tramandati nei secoli.

Il reo in questione è tutto il Consiglio comunale, ma in particolare l’Assessore Tiziana Agostini che, laureata in letteratura italiana si è poi specializzata in filologia italiana.

Evidentemente non riesce a metabolizzare che prima della letteratura italiana c’era un umanesimo veneto assolutamente peculiare. La Agostini (classica esponente di una sinistra supponente quanto inaccettabile che da decenni domina incontrastata in laguna) sembra ignorare (volutamente?) il patrimonio culturale veneziano, poiché ha diffuso il documento con l’elenco completo del nuovo stradario del centro storico veneziano che qui alleghiamo, ed attraverso il quale si possono individuare numerose storpiature.

L’Assessore del PD sembra andare decisamente contro corrente alla tradizione che vedeva le famiglie aristocratiche che reggevano il governo della Serenissima, molto coscienti del fatto che la cristallizzazione della cultura entro schemi prestabiliti avrebbe portato alla chiusura della città anche nel campo politico ed economico, nei quali la Repubblica da secoli aveva acquisito una sua precisa autonomia. A ciò seguì, per esempio, lo sviluppo nell’arte figurativa poiché Venezia assunse un proprio stile architettonico gotico. Dal 1454, poi, si avvertì a Venezia la necessità di adeguare a questo Stato, sempre più raffinato e attento alle arti, la preparazione della sua classe dirigente. Su questa graduale conquista di pensiero che si attuò dal quattrocento al cinquecento, si pose la Scuola di retorica presso la Cancelleria di San Marco, nell’orbita quindi dello stesso governo, e la Scuola di Logica, filosofia naturale e delle matematiche, con sede nella Chiesa di san Giovanni Elemosinario a Rialto, nel pieno centro quindi dell’attività commerciale di Venezia. Chi, invece, oggi regge le sorti della città lagunare non riesce nemmeno a trovare una soluzione adeguata al traffico della grandi navi in bacino di San Marco. Tsz!

La toponomastica a Venezia varia notevolmente rispetto a quella delle altre città italiane.

Venezia ha attinto spesso da lingue come il latino, il francese, l’arabo e altre per esprimere la propria toponomastica. La configurazione della città, divisa in sei sestieri, non rende facile rintracciare i numeri anagrafici poiché essi sono progressivi e non rispettano un criterio logico, infatti i numeri non terminano con la fine della via (Calle), ma continuano per tutta l’estensione del Sestiere. Il Sestiere di Castello, il più grande e popolato di Venezia, ha un’abitazione con il numero 6828! La toponomastica quindi ci aiuta nel localizzare i luoghi che ci interessano. Ma attenzione, ci sono molte “Calli” che hanno lo stesso nome, come Calle della Madonna o del Magazen o del Cristo, esse si trovano in punti diversi della città. Per cui quando si chiede un’informazione ad un veneziano gli si dovrebbe almeno saper dire il nome della contrada in cui si trova il posto che si cerca. Per esempio: «Mi sa indicare la strada per arrivare al numero xxxx vicino a Santo Stefano?». Gli stessi veneziani, infatti, fissano gli appuntamenti a San Luca o a San Bartolomeo.

I nomi delle Ca’: abbreviazione che i veneziani usavano per indicare casa, specialmente delle famiglie nobili; Calle: il nome comune che si dà in città per indicare le strade piuttosto lunghe e strette; Campo: che ha assunto nella toponomastica di Venezia il significato di piazza, eccetera, sono scritti su i “nizioletti” che sono una particolarità della città.

Essi rappresentano la storia e la cultura. E di storia e cultura questa città che fu Stato, è traboccante. Storpiarne i nomi con l’introduzione di italianismi è quindi un’operazione che con la civiltà e la cultura non ha niente a che spartire. Se ad esempio il Campo, il Ramo, la Salizada di San Stae diventassero di sant’Eustachio, sarebbe un’operazione di colonialismo culturale insultante.

Appare evidente il tentativo di annacquare, distorcere ed occultare la storia e le tradizioni veneziane (e venete in generale). Si veda – sempre come esempio – il colpo di mano operato di recente al Museo Correr con la rimozione permanente dei preziosi reperti appartenuti al Doge Francesco Morosini, detto il Peloponnesiaco. Al loro posto sono stati collocati documenti sul Lombardo-Veneto, e oggetti appartenuti all’Imperatrice Sissi. Che dire poi dell’operazione portata avanti nottetempo dall’allora Sindaco Paolo Costa (dal 2000 al 2005) sempre appartenente alla cosiddetta sinistra progressista, che collocò nello stesso museo una statua del distruttore della Repubblica di San Marco: Napoleone Bonaparte. È come se allo Yad Vashem – Centro Mondiale per la Ricerca, Documentazione, Educazione e Commemorazione dell’Olocausto – avessero collocato una statua di Adolf Hitler. Eppure i progressisti (Tsz!) italioti del PD a tanto sono giunti.

Per coloro che desiderassero, invece, comprendere le peculiarità e la storia della toponomastica veneziana c’è il lavoro di riversamento su supporto informatico partendo dal supporto cartaceo che è stato svolto da Federico Perocco che lo ha rilasciato in pubblico dominio consultabile qui.

Toponomastica Veneziana – A

http://venicexplorer.net/tradizione/topos/aaa.html

Il testo cartaceo di partenza è costituito dall’opera «Curiosità veneziane – ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia» di Giuseppe Tassini. VIII edizione, 1970 – Filippi Editore Venezia. L’edizione di riferimento è la IV del 1887.

Concludendo, vorremmo far nostro il suggerimento dell’architetto vicentino Nicola Busin,

il quale sostiene che ci sia una possibilità precisa e concreta di bloccare lo scempio in corso, e cioè l’italianizzazione delle scritte. Dovrebbe, infatti, essere sufficiente inviare una e-mail certificata o una raccomandata alla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali di Venezia, evidenziando con foto la situazione rinnovata e quella precedente. La Soprintendenza dovrebbe autorizzare con apposito provvedimento ogni rinnovo di “nizioleto” chiedendo obbligatoriamente al Comune un semplice “progetto” con la situazione esistente (foto) e la futura (coincidente). Eventualmente in molti casi per le scritte sostituite, la Soprintendenza può, oltre alle foto storiche, chiedere di scrostare le pitture recenti per evidenziare quelle originali. A parere del Busin, cambiare le scritte è come sostituire ad un palazzo una antica finestra con una nuova, o aggiungere una nuova apertura su una facciata, o per assurdo aggiungere una cupola alla Basilica di San Marco. È proprio un fatto prettamente culturale al di là degli aspetti di appartenenza locale o meno, è il rispetto della storia in senso lato: le mistificazioni per oscuri fini politico-sociali sono aberranti. Chi ha a cuore Venezia verifichi gli scempi e prenda l’iniziativa di scrivere alla Soprintendenza.

Nuovo stradario VENEZIA

http://www.lindipendenza.com/wp-content/uploads/2013/10/Nuovo-stradario-VENEZIA.pdf

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

A pensar mal se sbaglia ma sovente se ghe intiva ! In merito alle correzioni , leggi traduzioni, di parole e termini veneziani riportati sui “ninzioleti”, tipici indicatori stradali della città di Venezia, non vorremmo che dietro a tale operazione si nasconda una malcelata volontà di continuare nella censura, negazione e mistificazione di tutto ciò che riguarda la cultura, storia e civiltà Veneta, aldilà di un innocente, solo all’apparenza, tentativo di porre rimedio ad errori commessi nel tempo, ancorché esistano delle fonti linguistiche a sostegno dell’operato dell’amministrazione cittadina, opportunamente non contestualizzate nel periodo storico di riferimento.

Non vorremmo che l’assessora Tiziana Agostini, abbia riscoperto il Catastico della Serenissima del 1786 ai soli fini di giustificare e supportare con fondamento documentale storico il suo intervento e perseguire una sempre maggiore italianità di Venezia, da sempre artificiale e prevalentemente mas-mediatica.

Usiamo il condizionale per lasciare ad ognuno il beneficio del dubbio ma non possiamo far notare che se le stesse energie, che le varie amministrazioni italiane, hanno impiegato negli anni di questa triste parentesi storica, contro la cultura Veneziana, fossero indirizzate alla soluzione dei gravissimi problemi che attanagliano la Città, forse qualche risultato si sarebbe raggiunto. Eppure quando si tratta di monocultura di regime, degna erede del Minculpop di triste memoria, tutto si realizza, si trova tempo e soprattutto i soldi, mentre, quando si tratta di fare qualcosa di utile per Venezia ed i Veneziani, tutto diventa insormontabile.

Sono decenni che si parla di una seria politica della casa per i residenti e la città si spopola; si parla del recupero materiale e fisico e la città si sgretola; si parla di mantenere attività artigianali e produttive; e la città si impoverisce di regolare i flussi turistici ed i trasporti; e la città impazzisce; politiche per i giovani, scuole ed asili e la città invecchia, moto ondoso, grandi navi, inquinamento, pulizia ed igiene e la città marcisce!!!

Venezia, per secoli simbolo di libertà, esempio di buon governo, ispirazione per tanti popoliche si affrancavano da dominazioni straniere, è certamente testimonianza scomoda per tutte le amministrazioni che si sono succedute al governo della cosa pubblica cittadina , pertanto è comprensibile, non giustificabile, la volontà di cancellarne ogni memoria, scardinarne l’identità e render La definitivamente simulacro inerte alla mercé di nuovi oppressori . La correzione dei “ninzioleti” a qualcuno può sembrare un piccolo gesto ma potrebbe essere l’ulteriore sintomo di una azione demolitrice, nel fisico e nelle menti, che dura da 216 anni, da quanto cioè Venezia non è stata più padrona del proprio destino. Altri tristi esempi nella medesima direzione risultano essere anche l’accanimento perché non venga esposta la bandiera marciana dove previsto e la riorganizzazione in chiave anti-veneziana del percorso espositivo del Museo Correr.

Pertanto l’Associazione Culturale Veneto Nostro – Raixe Venete, augurandosi un cambio di direzione nell’operato dell’amministrazione cittadina in merito alla cultura Veneta, auspica un ripensamento dell’intervento in questione su basi che tengano conto della tradizione e del comune sentire degli ultimi Veneziani , si mette a disposizione per un civile e costruttivo confronto in temi storico-linguistici, ringrazia quanti hanno già fatto sentire la propria voce in merito e si riserva la facoltà di promuovere, organizzare e seguire, di concerto con chiunque abbia a cuore le sorti della città siano essi singoli o associazioni , altre iniziative a tutela della storia, cultura, lingua e tradizioni , componenti inscindibili della Veneta Civiltà.

Alberto Montagner
Associazione Culturale
Veneto Nostro – Raixe Venete

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