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Germania a lezione di gender: bimbi svengono a scuola. E chi protesta va in carcereLa Germania si spacca sui corsi di educazione sessuale e diversità di genere
Giovanni Masini - Ven, 14/11/2014 - 16:16
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ger ... 67842.html Bimbi che si sentono male in classe, vanno in iperventilazione, svengono. Genitori in carcere per non aver obbligato i figli a partecipare ai corsi sul gender.
Succede nella Germania del 2014, dove chi osa anche solo dissentire dall'ideologia imperante del gender viene perseguito con determinazione, e a norma di legge. Al punto da rischiare di ritrovarsi la polizia sul pianerottolo di casa.
A Borken, vicino a Munster, sei bimbi sono dovuti rimanere a casa da scuola per essersi sentiti male dopo che in classe erano state mostrate loro immagini esplicite a sfondo sessuale, nell'ambito di un progetto di educazione alla "diversità di genere". Dopo che un primo bambino ha dato segni di avere problemi di circolazione, si è scatenata una reazione a catena, con altri piccoli studenti che sono andati in iperventilazione e un alunno che è quasi svenuto, rendendo necessario l'intervento dell'ambulanza. La polizia ha minimizzato l'episodio sostenendo che "non fosse successo niente" e che si trattasse di immagini e disegni "assolutamente normali". Le autorità mediche hanno comunque disposto le analisi del sangue per uno dei bimbi che si sono sentiti male.
Negli stessi giorni a Eslohe, 170 chilometri a sudest di Borken, è scoppiato un caso analogo che sta letteralmente spaccando in due l'opinione pubblica in tutto il Paese: due coniugi di 37 anni, Eugen e Luise Martens, sono stati incarcerati per quaranta giorni perché la figlia, iscritta alle scuole elementari, si era rifiutata di partecipare ai corsi di educazione sessuale previsti dall'istituto. Eugen, che con sua moglie ha altri otto figli, era già stato arrestato l'anno scorso con la medesima accusa: in quell'occasione a Luise era stata risparmiato il carcere solo perché incinta.
In tutta la Germania si stanno formando movimenti e comitati di solidarietà in appoggio ai coniugi Martens, per esprimere il dissenso contro una scuola che obbliga i bambini di sei anni a frequentare regolarmente lezioni di ideologia gender. In Germania i genitori dei bimbi che saltano la scuola possono essere denunciati dall'istituto e processati dal tribunale, anche se lo studente abbandona la lezione di propria iniziativa, come è stato nel caso della figlia dei Martens.
"Il contenuto delle lezioni è perverso - spiega a Tempi Mathias Ebert, fondatore dell'associazione "Besorgte Eltern" ("Genitori preoccupati") - Non solo si mostra ai bimbi come funziona il sesso dei maschi e delle femmine, ma li si mette davanti alle varie pratiche sessuali: sesso orale, sesso anale molto altro. Si dice anche ai bambini, sin dalle elementari, che il loro genere non è determinato e che non possono sapere se sono maschietti o femminucce, che devono pensarci su."
Ebert racconta anche che in Germania c'è molta paura a denunciare episodi come questo, perché "in questo Paese non appena si viene puniti si viene considerati dei criminali": "Chiediamo solo che non vengano turbati i sentimenti dei bambini. Non è giusto. È una violenza nei loro confronti."
Scuola, come difendersi da chi vuole difenderci dal ‘gender’di Dario Accolla | 2 aprile 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04 ... der/935446 L’offensiva antigay messa in atto dalle gerarchie religiose e da certi gruppi cattolici ad esse collaterali ha per bersaglio la cosiddetta “ideologia del gender”. Queste realtà utilizzano tale definizione – agitata come male assoluto – verosimilmente per clericalizzare le scuole pubbliche, rendendole luoghi in cui indottrinare le nuove generazioni.
Il “gender”, per come è narrato, si configura però come un’invenzione dei cattolici. Semmai esistono gli studi di genere o Gender studies, nati dalla sinergia di diverse discipline (giuridiche, sociologiche, psicologiche, linguistiche, ecc). Essi sostengono che fino ad oggi la società si è strutturata sulla prevalenza di un genere su un altro. Il maschilismo, attraverso il patriarcato, ha imposto per millenni il controllo sociale su donne e infanzia, reprimendo le diversità. Una tra tutte, l’omosessualità.
Questo modello ha prodotto fin troppe vittime. Basti pensare al fenomeno delle spose bambine attualmente presente in alcuni paesi islamici e in passato diffuso anche in quelli cristiani. Gli studi di genere affermano che questo è insostenibile: chiunque deve essere messo nelle condizioni di vivere la sessualità secondo la propria identità. Semplificando: se sei gay, lesbica, trans, hai diritto di amare chi vuoi e di essere come vuoi. Se sei eterosessuale, pure.
I movimenti integralisti non possono accettare questa evidenza perché mette in discussione la gerarchia di valori che sta alla base della loro visione della vita e che ha il solo risultato di lasciare la società in preda agli squilibri che nascono dall’idea che essere maschio, eterosessuale e possibilmente bianco e cristiano sia una condizione superiore a qualsiasi altra.
I libretti dell’Unar e i corsi di formazione su come prevenire i fenomeni di bullismo omofobico a scuola mirano sostanzialmente ad evitare violenze e discriminazioni contro una parte della popolazione scolastica percepita come “non eterosessuale” (salvaguardando, quindi, anche quegli/lle adolescenti che non sono Lgbt ma che vengono scherniti/e come tali) ed educando tutti e tutte a un maggiore rispetto reciproco. Cosa c’è di sbagliato in questo? Se fossi genitore non vorrei finire in situazioni già verificatesi in passato per cui un ragazzo si uccide per omofobia e poi ritrovarmi i media a descrivere la scuola dove va mio figlio come luogo in cui si permette di istigare al suicidio persone più fragili. Eppure un’iniziativa di buon senso viene scambiata per proselitismo a favore dell’omosessualità.
A tal proposito alcune di queste associazioni – Manif pour tous Italia, ad esempio – hanno prodotto dei vademecum per difendersi dal “gender”, per cui si opera come segue: si legge il Pof (il piano dell’offerta formativa delle scuole) e se si trovano frasi come “educazione sessuale” o “educazione all’affettività”, si allertano i genitori e si monta la protesta per evitare che si parli di certi argomenti. Si è pure pensato di proporre piani di assenze programmate per opporsi a queste buone pratiche di convivenza civile.
Da insegnante, sostengo che questi ostacoli debbano essere superati con un po’ di buon senso: basterà semplicemente inserire a livello individuale – almeno fino a quando il ministero della Pubblica Istruzione non provvederà in merito – questi argomenti anche nei programmi di italiano, letterature classiche, storia, geografia, educazione alla cittadinanza, lingue, arte e scienze, discipline previste nel piano di studi. Celebrare la Giornata contro l’omofobia (che cade il 17 maggio), come scritto in una circolare dell’allora ministro Profumo che garantisce una copertura burocratica in tal senso. E ricordare, qualora si registrassero ulteriori ingerenze, che la Costituzione tutela il diritto di libertà di insegnamento
(
ma na bona costitusion la dovaria tutelar anca ła łebarta de l’aprendemento o no ?).
Se poi pensate che sia una strada in salita, vi racconto una storia: tempo fa fui richiamato dalla dirigenza della scuola in cui insegnavo proprio perché avrei parlato del 17 maggio. Feci notare ai miei superiori che, così come non mi ero curato della “sensibilità” di genitori antisemiti o misogini in occasione del Giorno della Memoria e della Giornata Internazionale della Donna, non mi sarei posto il problema della presenza di genitori omofobi, proprio per quella che era ed è la mia missione: fare dei miei allievi e delle mie allieve persone migliori. Non ci crederete, ma nessuno è mai venuto a lamentarsi.
Gender, i cinque punti per fare chiarezzahttp://www.avvenire.it/famiglia/Pagine/ ... REZZA.aspxCosa dice la scienza? Cosa dice l’antropologia cristiana? Cosa dicono le associazioni Lgbtq? Il nostro contributo alla verità su una questione che rischia di deflagrare in una battaglia ideologica e rendere la convivenza sociale peggiore per tutti. A cominciare dall’impegno educativo delle famiglie. (articolo tratto da "Noi Genitori & Figli" di febbraio 2015).
1) GENDER, COS’È?
Un insieme di teorie fatte proprie dall’attivismo gay e femminista radicale per cui il sesso sarebbe solo una costruzione sociale. Vivere “da maschio” o “da femmina” non corrisponderebbe più a un dato biologico ma ad usa costrizione culturale. L’identità sessuata, cioè essere uomini e donne, viene sostituita dall’identità di genere (“sentirsi” tali, a prescindere dal dato biologico). E si può variare a piacimento, anche mantenendo immutato il dato biologico
2) GENERI SECONDO IL GENDER? 7, O FORSE 56…
Non più solo maschile e femminile. Ai generi (non corrispondenti ai sessi) esistenti in natura, andrebbero aggiunti quelli previsti dall’acronimo LGBTQ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e queer, cioè chi rifiuta un orientamento sessuale definito e si ritiene libero di variare a suo piacimento o di rimanere “indefinibile”). Ma il governo australiano ne ha riconosciuti ufficialmente 23. E Facebook USA permette di scegliere il proprio “genere” tra 56 diverse opzioni. Sembra comico ma è tragico.
3) COSA DICE LA SCIENZA?
La scienza ci dice che la differenza tra maschile e il femminile caratterizzano ogni singola cellula, fin dal concepimento con i cromosomi XX per le femmine e XY per i maschi. Queste differenze si esprimono in differenze peculiari fisiche, cerebrali, ormonali e relazionali prima di qualsiasi influenza sociale o ambientale. La “varietà” pretesa dalle associazioni LGBTQ non ha alcun fondamento scientifico e anzi confonde patologie (i cosiddetti stati intersessuali) con la fisiologia (normalità).
4) COS’È L’OMOFOBIA?
Un neologismo inventato dai media per definire gli atti di violenza, fisica o verbale, contro gli omosessuali – che vanno sempre e comunque condannati, come ogni altra violenza - e contro chi, come le associazioni LGBTQ, promuove la teoria del gender. Oggi l’accusa di omofobia è diventata però un vero e proprio strumento di repressione nei confronti di chi sostiene un’antropologia diversa rispetto a quella del gender.
5) PERCHÈ IL GENDER È PERICOLOSO?
Perché pretende non solo di influire sul modo di pensare, di educare, mediante scelte politiche ma anche di vincolare sotto il profilo penale chi non si adegua (decreto legge Scalfarotto); impone atti amministrativi (alcuni Comuni e alcuni enti hanno sostituito i termini “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2”); educativi (la cosiddetta “strategia nazionale” per introdurre nelle scuole testi e programmi “aperti” alla ricezione della teoria del gender e cioè l’eliminazione del maschile e del femminile, quindi dei modelli familiari normali): è un vero e proprio attentato alla libertà di pensiero e di educazione da parte di una minoranza (gendercrazia).
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