I Duki o Doxi de ła tera veneta

I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » sab gen 10, 2015 4:13 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » sab gen 10, 2015 4:14 pm

Dogadi xerman longobardi:

http://it.wikipedia.org/wiki/Ducati_longobardi

Dogado de ƚa Furlania (Çevedal/Cividale)

Dogado de Çeneda
Dogado de Trevixo
Dogado de Verona
Dogado de Viçenza

Ducato di Bergamo
Ducato di Brescia
Ducato di Trento

...


Elenco dei ducati longobardi e data di costituzione
http://www.summagallicana.it/lessico/l/ ... obardo.htm

Ducato del Friuli - 569
Ducato di Ceneda – 568/667
Ducato di Treviso - 568
Ducato di Vicenza - 569
Ducato di Verona - 568
Ducato di Trento - 568
Ducato di Parma – 579/593
Ducato di Reggio – 584/593
Ducato di Piacenza – ca. 593
Ducato di Brescia – 568/569
Ducato di Bergamo – 570/575
Ducato di San Giulio Isola del lago d’Orta – ca. 575
Ducato di Pavia – dal 572 al 774 capitale del regno
Ducato di Torino – 568/569
Ducato di Asti - 569
Ducato di Tuscia – 574
Ducato di Spoleto - 571/576
Ducato di Benevento – 570/576

Fonti
Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992
Jörg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » sab gen 10, 2015 4:14 pm

Dogado de Viçensa

http://it.wikipedia.org/wiki/Ducato_di_Vicenza

La Historia Langobardorum di Paolo Diacono è l'unico documento che riporta il nome di personaggi vicentini legati al ducato:

Vectari, (o Wechtari) di origine vicentina, definito vir benignus, ma anche "uomo probo, che esercitava con dolcezza il governo sul popolo" e che durante il regno di Grimoaldo (622-671) venne nominato duca del Friuli dal 663 al 671.

il duca Peredeo, che nel 735, durante il regno di Liutprando, morì durante il tentativo di espugnare Ravenna, combattendo contro i Bizantini e i Veneziani.

l'ultimo duca di Vicenza Gaido, che combatté contro i Franchi sulle rive del fiume Livenza, insieme con Rotgaudo duca del Friuli. Sconfitti da Carlo Magno, furono comunque da lui confermati nella carica. Due anni dopo, nel 776, entrambi si ribellarono al re dei Franchi, che scese in Italia per stroncare di persona la rivolta. Durante il viaggio di ritorno Carlo Magno si fermò a Vicenza.

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Gaido
http://eppan.travel/it/appiano/gaido
Gaido è una piccolissima località al di sopra del paese di Predonico, nel punto più alto del comune d’Appiano.

http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Gaidon
Antonio Gaidon (Castione, agosto o settembre 1738 – Bassano del Grappa, 22 novembre 1829) è stato un architetto, urbanista e naturalista italiano.

Gaida
http://it.wikipedia.org/wiki/Gaida_%28Reggio_Emilia%29
Gaida o Villa Gaida (La Ghèida in dialetto reggiano; Agidæ in latino) è una frazione (o villa) del comune di Reggio nell'Emilia.

http://www.cognomix.it/mappe-dei-cognomi-italiani/GAIDO
Piemonte 298
Lombardia 9
Emilia-Romagna 6
Liguria 3
Veneto 2
Lazio 2
Valle d'Aosta 1
Toscana 1
Campania 1
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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » sab gen 10, 2015 4:15 pm

Dogado de Trevixo

http://it.wikipedia.org/wiki/Ducato_di_Treviso

Il Ducato di Treviso fu uno dei ducati istituiti dai Longobardi in Italia. Scarse le informazioni sulle sue vicende interne; durante il regno longobardo rivestì un peso politico rilevante soltanto a tratti e grazie alla personalità di qualche singolo duca, stretto com'era tra i vicini e ben più potenti ducati di Vicenza e del Friuli.

Incerta la data dell'istituzione del ducato, anche se è probabile che risalga all'epoca stessa della conquista longobarda dell'area, avvenuta già nelle prime fasi dell'invasione guidata da Alboino nel 568. Il ducato infatti figura già tra quelli che poco dopo il decennio d'interregno, intorno al 590, si ribellarono a re Autari, appoggiando la campagna congiunta di Franchi e Bizantini per eliminare il nuovo dominio longobardo in Italia.
Il duca di Treviso, probabilmente già quell'Ulfari menzionato da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum, si unì alla rivolta in una seconda fase (590), dopo cha la prima offensiva franco-bizantina, appoggiata da una ventina di duchi longobardi, aveva ottenuto alcuni successi contro Autari, tanto da costringerlo a trincerarsi nella capitale, Pavia. Il sovrano però riuscì rapidamente a venire a capo della campagna militare, in quello stesso 590, costringendo alla ritirata gli invasori.

Ulfari si ribellò nuovamente pochi anni dopo, alla metà degli anni Novanta, al successore di Autari, Agilulfo. Capofila questa volta della rivolta, insieme ai duchi di Bergamo e di Verona, venne nuovamente sconfitto intorno al 602-603, quando Agilulfo assediò la capitale del ducato, la espugnò e imprigionò Ulfari. Il duca, questa volta, venne giustiziato.

Poco meno di un secolo più tardi, il ducato fu nuovamente coinvolto in una ribellione contro il legittimo sovrano. Si trattava questa volta della sollevazione guidata da Alachis, duca di Trento, tra il 688 e il 689. Il ribelle riuscì a coagulare intorno a sé l'intera area orientale della Langobardia Maior (l'Austria), dove più forti erano le tendenze autonomiste, filo-ariane e militariste tra i duchi longobardi. Paolo Diacono precisa che Alachis sottomise le varie sedi ducali "in parte con le promesse, in parte con la forza" e, nel caso di Treviso, specifica che si trattò di un'occupazione. La rivolta fu comunque stroncata da lì a poco, nel 689, da re Cuniperto, che sconfisse e uccise l'usurpatore nella battaglia di Coronate.

Durante l'epoca ducale, Treviso era dotata di un'importante zecca per il conio delle monete. L'accrescimento della sua importanza e la sua strategica posizione geografica le valsero, sotto il regno di Desiderio, il privilegio di poter emettere tremissi aurei. La zecca continuò a operare anche dopo la caduta del regno longobardo (774), sotto i Carolingi. All'indomani della conquista della Langobardia Maior da parte di Carlo Magno, il duca di Treviso Stabilinio fu tra i promotori della rivolta contro l'imperatore guidata dal duca del Friuli, Rotgaudo (776); il re franco, tuttavia, stroncò agevolmente la ribellione. Proprio a Treviso Carlo Magno festeggiò la Pasqua il 14 aprile 776, a sanzione della sconfitta totale dei rivoltosi.
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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » sab gen 10, 2015 4:15 pm

Dogado de Verona

http://it.wikipedia.org/wiki/Ducato_di_Verona

Il Ducato di Verona fu uno dei ducati istituiti dai Longobardi in Italia. Verona fu tra le prime città a cadere, nell'autunno del 568, sotto il dominio dei Longobardi guidati da Alboino, che ne fece il suo quartier generale. Proprio a Verona Alboino venne ucciso, nel 572, dalla congiura ordita dalla moglie Rosmunda. La costituzione del ducato risale, con ogni probabilità, a quegli stessi anni, forse già nel tardo 568.

Già sede del palazzo regio di Teodorico il Grande e crocevia delle comunicazioni tra la Langobardia Maior e il Ducato di Baviera, Verona fu tra le principali città del regno longobardo. Nel 589 la regione fu sconvolta da una catastrofica inondazione, tanto che Paolo Diacono parla di "un diluvio quale si crede non si fosse più verificato dai tempi di Noè". Gli smottamenti distrussero terreni agricoli e ville e cancellarono strade e sentieri, mentre il 17 ottobre l'Adige straripò e sommerse la città, abbattendone in parte le mura. Si salvò soltanto, secondo quanto riferito da papa Gregorio I e dallo stesso Paolo Diacono, la basilica di San Zeno, dove l'acqua non sarebbe penetrata nonostante avesse raggiunto l'altezza delle finestre superiori. Due mesi più tardi, la città fu nuovamente devastata da un incendio.

Nel 590 Verona ospitò le decisive nozze tra re Autari e la principessa bavarese Teodolinda, ma subito dopo il territorio del ducato fu devastato da un'incursione di guerrieri franchi inviati dal loro re Childeberto II. Il successore di Autari, Agilulfo, dovette fin dai primi anni del suo regno fronteggiare la ribellione di diversi duchi. Tra questi, si segnalò quello di Verona, Zangrulfo, che venne ucciso dal re intorno al 594. Pochi mesi dopo, intorno al 595, il ducato fu nuovamente sconvolto da una calamità naturale: una violenta epidemia.

Paolo Diacono ricorda come suo contemporaneo il duca Giselperto, che profanò la tomba di Alboino - celata da una rampa di scale contigua al palazzo regio - e la depredò della spada e del corredo funerario del grande re. Lo storico lo stigmatizza, affermando che "per questo, con la solità vanità degli ignoranti", si gloriava di aver veduto Alboino". Dei tempi di Liutprando (712-744) ricorda invece il profeta Teudelapio, originario del contado del ducato e capace di prevedere il futuro.
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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » sab gen 10, 2015 4:16 pm

Dogado de Çeneda

http://it.wikipedia.org/wiki/Ducato_di_Ceneda

Il Ducato di Ceneda fu uno dei ducati istituiti dai Longobardi in Italia. Scarse le informazioni sulle sue vicende interne; durante il regno longobardo rivestì un ruolo strategico regionale di un certo rilievo, come testimonia la stessa erezione a ducato, per la prossimità alla città di Oderzo, rimasta a lungo sotto controllo bizantino, ma non ebbe mai un peso politico rilevante, stretto com'era tra i vicini e ben più potenti ducati di Treviso, Vicenza e, soprattutto, del Friuli.

Incerta perfino la data dell'istituzione del ducato; è possibile che risalga tanto all'indomani della conquista longobarda dell'area, avvenuta già nelle prime fasi dell'invasione guidata da Alboino nel 568, quanto in occasione della distruzione di Oderzo da parte di Grimoaldo (667), che ne ripartì le terre tra gli abitanti di Cividale, Treviso e, appunto Ceneda.
Nella sua Historia Langobardorum (VI, 24), Paolo Diacono menziona soltanto un duca di Ceneda: Orso, fratello del duca del Friuli Pietro e figlio di Munichi, valoroso combattente che si era distinto nella battaglia perduta contro gli Slavi dai Longobardi guidati da Ferdulfo.

Ulteriore riprova della sostanziale marginalità del ducato è la relativamente tardiva istituzione della corrispondente diocesi, stabilita a Ceneda soltanto all'epoca di re Liutprando (712-744) dopo che la diocesi di Oderzo si era trasferita ad Eraclea.
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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » sab gen 10, 2015 4:16 pm

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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » sab feb 28, 2015 8:18 am

Furlania

http://it.wikipedia.org/wiki/Ducato_del_Friuli

Il Ducato del Friuli o di Cividale fu il primo ducato istituito dai Longobardi in Italia.

Venne costituito nel 569 da Alboino e affidato a Gisulfo I del Friuli. Il ducato fu tra i più influenti della Langobardia Maior e dell'intero regno longobardo; più di un suo duca aspirò al trono di Pavia, sia ribellandosi (senza fortuna) al sovrano legittimo, sia venendo regolarmente investito (fu il caso di Rachis e Astolfo). Ultimo duca longobardo di cui si ha notizia è Rotgaudo, che regnò fino al 776. Capitale del ducato era Cividale, l'antica "Forum Iulii". In seguito alla caduta del regno longobardo e alla sua inclusione nei domini di Carlo Magno, nel 781 venne riorganizzato su base comitale nel Regnum Italiae affidato da Carlo al figlio Pipino.

Cividale fu la prima località di rilievo a cadere sotto il dominio longobardo e costituiva la via d'accesso all'Italia da oriente. Alboino, ritenendo strategicamente essenziale garantirsi le spalle per procedere in sicurezza all'invasione della Val Padana, vi stabilì un forte presidio militare, capace di resistere a un eventuale attacco bizantino o avaro e di tenere eventualmente aperta la via della ritirata verso la Pannonia, e lo affidò a Gisulfo, suo nipote e marpahis (scudiero). Gisulfo venne nominato duca (dux), ovvero comandante militare, e il territorio soggetto al suo dominio fu il primo dei ducati longobardi nei quali i conquistatori avrebbero organizzato la Penisola. Fin dalle sue origini, quindi, il Ducato del Friuli rivestì una funzione militare (e quindi politica) di primo piano; tale condizione lo avrebbe portato, durante tutta l'epoca del regno longobardo, a giocare un ruolo di primo piano nel quadro politico italiano, tanto che più d'uno dei suoi duchi sarebbe assurto al rango di re.

Poco si sa del primo successore di Gisulfo I, Grasulfo I, mentre di Gisulfo II è nota la valorosa resistenza opposta a un'invasione degli Avari, pare chiamati dallo stesso re Agilulfo per stroncare un tentativo di ribellione del duca. Paolo Diacono narra con accenti epici la strenua difesa di Gisulfo e dei suoi pochi uomini, annientati nonostante il loro valore. Lo storico longobardo, anch'egli originario del ducato friulano, racconta poi con ampi dettagli il tradimento della moglie di Gisulfo, Romilda, che consegnò la città ai nemici. Gli Avari misero a sacco ferocemente il ducato per poi ritirarsi nuovamente in Pannonia; sul trono di Cividale si insediarono allora Caco e Tasone, i figli maggiori del duca ucciso (610). I coreggenti intrapresero una campagna contro gli Slavi che allargò verso est i confini del ducato, imponendo al popolo vicino un tributo che gli Slavi avrebbero continuato a versare fino al tempo di Rachis. Intorno al 625 i fratelli caddero in un'imboscata tesa loro a Oderzo (città ancora sotto controllo bizantino) dal patrizio Gregorio.

Il trono ducale fu assunto da Grasulfo II, fratello di Gisulfo e quindi zio di Caco e Tasone; gli altri due figli di Gisulfo (Romualdo e Grimoaldo), però, non accettarono la podestà dello zio e si trasferirono a Benevento, presso il duca Arechi. Paolo Diacono accenna appena ai regni di Grasulfo e del suo successore Agone, mentre di Lupo, duca dal 662, racconta la spedizione a Grado: Lupo saccheggiò la città, riprendendo i tesori del Patriarcato di Aquileia.
Il duca godeva di particolare fiducia da parte di re Grimoaldo, che gli affidò il suo palazzo a Pavia quando scese a Benevento, ma nel 663 si ribellò al sovrano. Grimoaldo si accordò quindi con gli Avari, che penetrarono nel ducato e uccisero Lupo. Si rifiutarono però di ritirarsi e perseverarono nelle loro razzie, finché Grimoaldo stesso non intervenne e, grazie a un'astuzia, riuscì a indurli al ritorno in Pannonia. Sul trono di Cividale Grimoaldo insediò Vectari, preferendolo al figlio di Lupo, Arnefrido.

Vectari, originario di Vicenza, respinse sul Natisone una nuova incursione degli Slavi. Dopo di lui il trono passò, per pochi mesi, a Landari e poi a Rodoaldo (671); questi fu deposto, intorno al 695, da Ansfrido, che lo costrinse a rifugiarsi prima in Istria, poi a Ravenna e infine a Pavia presso la corte di re Cuniperto. Il sovrano sembrò tollerare l'usurpazione di Ansfrido, ma questi da lì a poco si ribellò anche a Cuniperto e tentò di impadronirsi del trono di Pavia. Questa ribellione, nuovo episodio di una serie di sollevazioni tutte generate nel settore nord-orientale della Langobardia Maior, era una manifestazione dell'insofferenza dei Longobardi di quell'area (detta Austria) alla politica filo-cattolica sviluppata dalla dinastia Bavarese: capeggiata in varie occasioni dai duchi di Cividale o di Trento, la fronda incarnava l'opposizione ariana e tradizionalista (quindi guerriera ed espansionista) agli obiettivi di pacificazione perseguiti dai re di Pavia, inclini in quegli ultimi anni dell'VIII secolo a non turbare lo status quo raggiunto con i Bizantini e con il Papato. Anche in quell'occasione, comunque, il re ebbe la meglio; Ansfrido fu catturato presso Verona, accecato e costretto all'esilio.
Al suo posto, Cuniperto insediò il fedele Adone, fratello del deposto Rodoaldo, che resse come reggente il ducato per poco più di un anno e mezzo.

L'VIII secolo

Alla morte di Adone, agli inizi dell'VIII secolo, il ducato passò a Ferdulfo: un uomo "infido e superbo", secondo la descrizione di Paolo Diacono, che, desideroso di procurarsi una facile gloria militare, corruppe alcuni Slavi affinché invadessero il ducato. La battaglia, però, volse a danno dei Longobardi, anche a causa delle divisioni interne del fronte ducale tra Ferdulfo e il nobile Argait; gli Slavi ottennero una facile vittoria, propiziata da gravi errori tattici dei difensori, e sterminarono quasi interamente la nobiltà friulana. Caddero anche Ferdulfo e Argait, mentre l'unico che si segnalò per valore fu Munichi, padre del futuro duca Pietro. Breve fu anche il regno del successore di Ferdulfo, Corvolo, presto accecato e deposto per offesa al re; fu sostituito da Pemmone, intorno al 710.


A causa delle lacune delle fonti, la sequenza dei duchi di Cividale è almeno in parte ipotetica:

Gisulfo I (569 - 581)
Grasulfo I (581 - 590)
Gisulfo II (590 - 610)
Caco e Tasone (610 - 625 circa)
Grasulfo II (625 circa - 653)
Agone (653 - 662)
Lupo (662 - 663)
Vectari (663 - 671)
Landari (671)
Rodoaldo (671 - 695 circa)
Ansfrido (695 circa - 698)
Adone (698 - 700 circa) (reggente)
Ferdulfo (inizio VIII secolo)
Corvolo (inizio VIII secolo)
Pemmone (710 circa - 737)
Rachis (737 - 744)
Astolfo (744 - 749)
Pietro (749 - 756) (fino al 751 in associazione con Anselmo)

=============================================================================================================================

Sant’Anselmo (duca o doxe de ƚa Furlania)
http://it.wikipedia.org/wiki/Sant%27Ans ... _Nonantola
Anselmo (Cividale del Friuli, 723 – Nonantola, 803) lè stà duca de ƚa Furlania dal 749 al 751, dapò col se ga ritirà e ga fondà l'abasia de Nonantoƚa de cu lè stà abate

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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » mar apr 12, 2016 6:20 am

Marca Veronexe

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http://it.wikipedia.org/wiki/Marca_di_Verona
La Marca di Verona fu una vasta marca del Sacro Romano Impero nell'Italia nordorientale.

Istituita nel 951 come Marca di Verona e Aquileia da Berengario II, in sostituzione del precedente Ducato del Friuli. La marca si estendeva dal lago di Garda ai confini orientali del regno, con capitali Verona e Aquileia. Dopo un iniziale sottomissione al Ducato di Baviera, la marca fu, dal 975, sotto il controllo del neocostituito Ducato di Carinzia, sotto la dinastia Sassone.

Nel 1077 i territori friulani e la città di Aquileia vennero separati a costituire il Principato ecclesiastico di Aquileia, feudo diretto dell'imperatore, retto dal patriarca-principe. Sempre nell'XI secolo i territori nord-occidentali della marca furono annessi al Principato ecclesiastico di Trento.

Successivamente, a partire dal XII secolo gli imperatori presero ad inviare propri vicari a rappresentarli, in sostituzione dei marchesi. In quest'epoca Verona e altre città della marca si svilupparono in comuni indipendenti e, nel 1164, le principali città della marca costituirono, assieme alla Repubblica di Venezia la Lega Veronese, una Städtebund creata per difendere la loro indipendenza dall'autorità imperiale. La Lega era guidata da Venezia e annoverava, quali membri, oltre a Verona, le città di Padova, Vicenza e Treviso. Il 1º dicembre 1167, la Lega Veronese si unì alla Lega Lombarda, ponendo di fatto fine alla marca. Sebbene gli imperatori continuassero a nominare propri vicari sino al XV secolo, il loro potere fu puramente nominale, tanto che gran parte del territorio della marca era entrato nei possedimenti della Serenissima.


Markexi


Markexi de Acoileja e Verona:

Enrico I (951–955) - e duca di Baviera
Enrico II (955–975) - e duca di Baviera
Enrico III (975–978) - e duca di Baviera e Carinzia
Otto I (978–985) - e duca di Carinzia
Adalberone di Eppenstein - e duca di Carinzia
Guelfo III (1047–1055) - e duca di Carinzia
Ermanno (1072–1073) - e duca di Carinzia

Markexi de Verona:

Milone (1095)
Matilde (1100-1115) - e Regina d'Italia
Ermanno II (1112-1130) - e duca di Carinzia
Ermanno III (1148-1151) - e duca di Carinzia
Ermanno IV (1155-1184) - e duca di Carinzia
Ezzelino (1223-1233)
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Re: I Duki o Doxi de ła tera veneta

Messaggioda Berto » mar apr 12, 2016 6:27 am

Gravo, Eraclea, Rialto, Venesia Comoun e Repiovega de Mar

Dogado e doxi grego-bixantin-venesiani:


El primo doxe: Paoluccio Anafesto
viewtopic.php?f=137&t=661

Anafesto (Pavliskos Anàfestos) -cognome grego
viewtopic.php?f=41&t=1052

Doxe, duca, dux, duce
viewtopic.php?f=41&t=1052

http://it.wikipedia.org/wiki/Doge_(Venezia)
Il Doge (veneziano: Doxe, /dɔze/) era la suprema magistratura della Repubblica di Venezia, istituita sin dal 697 e durata fino alla caduta della Repubblica, il 12 maggio 1797. Al doge ci si rivolgeva anche con i titoli di Monsignor el Doxe, Serenissimo Principe o Sua Serenità o con l'originale latino Dux, cioè duca ("comandante" o "generale").

Evoluzione dell'istituto ducale

Dipanatasi su un periodo storico di mille e cento anni e per un numero di centoventi successori (escludendo le sovrapposizioni di coreggenza nelle epoche più antiche), l'istituto ducale veneziano subì una profonda evoluzione che, dall'accezione militare primitiva, evolse prima rapidamente in forma monarchica e poi, solo in epoca successiva, in magistratura repubblicana.

L'istituzione ducale, a Venezia, ha origini bizantine risalenti alla nomina del primo dux Paolo Lucio Anafesto, nel 697, quale governatore militare della Venezia bizantina per conto dell'Esarca di Ravenna. Contesa nel periodo 726-737 tra Veneziani e Bizantini e brevemente interrotta a seguito del trasferimento del potere ai Magistri Militum, l'elettività ducale fu, a partire dal 742, definitivamente sottratta al controllo imperiale, sancendo così l'inizio della monarchia ducale, che durò, con alterne vicende, sino all'XI secolo. In tale periodo l'istituto ducale si modellò sulla forma della monarchia bizantina, divenendo a tratti ereditario e duplicandosi, con l'uso da parte del doge regnante di associarsi al trono il successore designato nella forma di un coreggente o co-Dux. Nei primi tre secoli di Venezia vi furono ventotto dogi, di cui quattordici deposti, con accecamento, taglio della barba e dei capelli per sfregio o per forzata tonsura (al modo bizantino), oppure uccisi in rivolte; quattro preferirono abdicare, uno cadde in battaglia e solo nove morirono di morte naturale.

http://it.wikipedia.org/wiki/Dogi_della ... di_Venezia


El corno del doxe venesian el vien da łi soldà bixantini
viewtopic.php?f=137&t=1527

El corno del doxe venesian el ga na longa evołousion, al scuminsio par ke ła fuse na tiara pì ke bareta frixa/frigia:
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -doxi1.jpg

http://cronologia.leonardo.it/storia/anno600a.htm

L' ITALIA BIZANTINA -
IL PAPATO, L' IMPERO E LA CONTROVERSIA MONOTELITICA
Come abbiamo visto nella precedente puntata, alla morte di Autari, l'Italia non è solo Longobarda ma è anche Bizantina, che per le vicende della guerra con i Longobardi, aveva subito non pochi mutamenti, in tutte le sue circoscrizioni, spesso non vicine, sparse a macchia di leopardo. Alla fine del VII secolo le parti d'Italia rimaste sotto il dominio bizantino erano:

1) La "Liguria", con Genova come capoluogo, limitata però alla costa dalla Magra a Ventimiglia. Alcuni affermano che Genova sia stata per un brevissimo periodo anch'essa occupata dai Longobardi.

2) La "Venezia e Istria" - Llimitate a parte della costa adriatica ed alle numerose isolette della laguna difese da castelli e governate da tribuni che dipendevano dal "magister militum" dell' Istria.

3) L' "Esarcato" - Si estendeva, a nord fino all'Adige, al Tartaro e alla confluenza del Panaro con il Po, ad ovest fino al corso del Panaro e all'Appennino, a sud fino alla Marecchia. Comprendeva le città di Ravenna e di Bologna.

4) Il "Ducato della Pentacoli"- Confinava, a nord con la Marecchia, ad ovest con l'Appennino e a sud con l' Esino. Era diviso in "Pentapoli marittima" comprendente Rimini, Pesaro, Fano, Sinigaglia, Ancona, e in "Pentapoli annonaria" comprendente Urbino, Fossombrone, Jesi, Cagli, Gubbio. Secondo alcuni le due "pentacoli" formavano la "Decapoli", secondo altri con questo nome si soleva indicare l' "annonaria" che comprendeva anche Osimo, Umana, Montefeltro, il territorio Valvense e Luccoli.

5) Il "Ducato di Roma"- Comprendeva, oltre la città di Roma e il suo territorio, quei lembi delle province di Tuscia, Valeria e Campania non conquistate dai Longobardi, e dal Tevere era diviso in "Tuscia romana" e "Campania".

6) Il "Ducato di Napoli" - Comprendeva un breve tratto della costa campana, le isole di Procida, Ischia e Capri e alcune città dell'interno, come Atella, Acerra e Nocera.

7) Parte dell' "Apulia" e l'antica "Calabria" dall'Ofanto al Bradano con le città di Bari, Siponto, Oria, Lecce, Brindisi, Otranto, Taranto, Gallipoli, alcune delle quali presto saranno strappate all'impero da Romualdo duca di Benevento. Nella "Lucania" i Bizantini occupavano ancora Agropoli.

8) Il "Bruzio" - Più tardi forse furono uniti i domini dell'Apulia e della Calabria e con il nome di quest'ultima regione fu formato un ducato. Il nome di Calabria nella seconda metà del VII secolo fu dato all'antico "Bruzio".

Altri possessi bizantini in Italia erano costituiti dalla Corsica, dalla Sardegna e dalla Sicilia; le prime due di queste isole però dipendevano dall' Esarcato d'Africa; la Sicilia era governata da un pretore, dipendente da Costantinopoli, che più tardi sarà sostituito da un comandante militare con il titolo di "stratega".
A capo dei domini bizantini della penisola c'era l' Esarca, che aveva anche il titolo di "Patrizio" e governava in nome dell'imperatore; aveva il supremo potere militare, civile e giudiziario; da lui dipendevano le finanze, i lavori pubblici e gli affari ecclesiastici. Nominava e revocava i funzionari, giudicava in appello, vigilava sulle elezioni episcopali, sorvegliava ed approvava l'elezione del papa. Risiedeva a Ravenna dove aveva una piccola corte e un certo numero di ministri ("scholastici e consiliarii"), una guardia speciale e parecchie categorie d'impiegati ("scholae") dipendenti da "primicerii".

Accanto all' Esarca e residente a Ravenna era il "prefetto del pretorio", che non aveva più l'autorità di una volta ed era nominato dall'imperatore. Al pari di lui avevano perduto molto della loro importanza i due vicari!, il "Vicarius Italiane" e il "Vicarius Urbis" che avevano cura dell'amministrazione.

L'amministrazione provinciale dalle mani dei "iudices provinciarum", eletti dal vescovo e dagli ottimati, era passata in quelle di capi militari detti "duces" o "magistri militum". Il "dux" non era solo il capo militare della provincia, ma anche il governatore civile; di solito era eletto dall' Esarca e da questo dipendeva; ma in seguito alcuni duchi si emanciparono dall' Esarca e passarono - come quelli di Venezia, di Napoli, di Roma e della Calabria - alle dirette dipendenze dell'imperatore, da cui vennero anche eletti.

Dipendevano dai "duces" i tribuni che prima avevano il comando dei presidi militari delle città secondarie delle provincia, poi, decaduta la curia, ebbero anche il governo civile e il potere giudiziario e, mentre i "defensores" e "curatores" delle curie erano eletti dai vescovi e dal popolo, i "duces" erano eletti dall'Esarca. Altri funzionari, di grado inferiore, detti "domestici, vicarii, locoservatores" avevano il governo di altre località meno importanti dei distretti.

Roma, come si è detto, aveva un vicario e un prefetto della città, cariche che poi si fusero in una sola, un maestro dei militi e un duca. Il Senato, ridotto dopo tante vicende a magistratura municipale, era scomparso era rimasto solo il nome, usato come sinonimo di nobiltà. Ma l'autorità maggiore della metropoli era naturalmente quella del pontefice.

La popolazione libera dell' Italia bizantina era divisa in quattro classi: popolo, esercito, nobiltà e clero. Il popolo era costituito dai cittadini poveri ("cives honesti") o formava la parte più numerosa della popolazione; l'esercito era costituito dai cittadini idonei alle armi, era diviso in "scholae", ciascuna delle quali aveva un capo, una bandiera e un luogo di riunione e rappresentava una specie di milizia territoriale che, in caso di bisogno, doveva custodire e difendere la città e il territorio, accanto alle truppe regolari.

La nobiltà era formata dai grandi proprietari di terre che, nello stesso tempo, ricoprivano cariche elevate nell'amministrazione civile e nell'esercito. II clero formava una classe a sé che rivaleggiava in potenza con la nobiltà e che aveva i suoi esponenti nei vescovi. Questi avevano una grande autorità nelle città e nelle provincia non solo per i poteri loro conferiti dalla legislazione giustiniana, ma per la natura del loro ufficio e per le grandi proprietà che avevano nelle loro diocesi e fuori.

L'autorità del clero era diventata grandissima sotto il pontificato di GREGORIO MAGNO. Non diminuì sotto i suoi successori sebbene nessuno eguagliasse il grande papa nella geniale operosità rivolta a consolidare il prestigio della Chiesa romana.

A Gregorio era successo SABINIANO ed a questo BONIFACIO III, il quale aveva ottenuto che l'imperatore FOCA emanasse un editto in cui era riconosciuto il primato della Sede Romana.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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