Canevo, canapa e mariuana

Canevo, canapa e mariuana

Messaggioda Berto » mar giu 17, 2014 7:11 am

Canevo, canapa e mariuana
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La Vera Storia della Marijuana - di Massimo Mazzucco
https://www.youtube.com/watch?v=mEqOaOdH7YQ
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Canevo, canapa

Messaggioda Berto » mar giu 17, 2014 7:11 am

Cana-canaro-caneva-canevera, canestro, canarejo, canal, scanà, cantar

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Canevo

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... nevo-2.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... nevo-3.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... arcite.jpg

Marexane/Maresane, Marezzane, Marchesane/Markexane (?), Marchesante (Fara V.no), Maredane, Maranzana, Resana (?), Marçexine,....Marzio/Marso (canpo/campo), ...
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... ZPVlk/edit

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http://www.etimo.it/?term=canapa
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canapa,
s. m. ‘pianta erbacea’ (1340 ca., Palladio volgar.), ‘fibra tessile tratta dal fusto della pianta omonima’ (av. 1519, Leonardo), ‘tessuto ruvido ottenuto dalla fibra omonima’ (av. 1750, L. A. Muratori).

Lat. cannabe(m), dal gr. kánnabis, di orig. or.


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cannaba,
vd. canaba.

cannabis, is, abl. i, raro e, f.,
canapa, VARR. e a.
[gr.].

cannabinus, a, um, agg.,
di canapa, VARR. e a.
[gr.].

cannabius, a, um, agg.,
di canapa, GRATT. Cyn. 47
[cannabis + -ius].


http://it.wikipedia.org/wiki/Canapa

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La canapa (Cannabis, L. 1753) è un genere di piante a fiore (angiosperma) che costituisce insieme al luppolo (Humulus lupulus) la famiglia delle Cannabaceae, dette anche Cannabinacee, ordine delle Urticales.
Originaria dell'Asia centrale e sacra per la gente hindu, la pianta era indicata in sanscrito con i termini bhanga, vijaya e ganjika; in hindi, ganja. È generalmente accettata l'ipotesi secondo cui la canapa sia giunta nelle Americhe dopo Colombo; tuttavia alcuni scienziati hanno trovato residui di cannabis, nicotina e cocaina in numerose mummie (115-1500 d.C.) scoperte in Perù.
Prima dell'avvento del proibizionismo della cannabis le diverse varietà della canapa erano coltivate in tutto il mondo fin dall'antichità, e utilizzate in vari e numerosissimi campi: il fusto costituiva la materia prima per la produzione di carta, fibre tessili in genere (corde, abbigliamento, ecc.), fibre plastiche, e concimi naturali; nella medicina umana e veterinaria le foglie e soprattutto i fiori erano molto utilizzati per vari scopi fra i quali, ad esempio, l'uso antinfiammatorio e sostituivano in quel periodo molti dei farmaci presenti oggi sul mercato. Con la canapa si possono produrre anche cosmetici come creme, shampoo e saponi.
Ulteriori utilizzi prima della proibizione sono stati fatti nella creazione di una delle prime automobili prodotte in serie (la Ford T del 1923), un prototipo, detto Hemp Body Car, composto per più del 60% di materiali derivati dalla canapa. Perfino le case erano costruite in buona parte con prodotti derivati dalla cannabis (vernici, colle, mattoni, rivestimenti).

Prove dell'utilizzo della cannabis si hanno fin dai tempi del Neolitico, testimoniate dal ritrovamento di alcuni semi fossilizzati in una grotta in Romania. Il più antico manufatto umano ritrovato è un pezzo di stoffa di canapa risalente all'8000 a.C. La cannabis fornisce da millenni un'ottima fibra tessile, e principalmente per questo cominciò ad essere coltivata in epoche storiche antiche, in Asia e in Medio Oriente. Già nel XVI secolo si cominciò a coltivarla nell'Inghilterra orientale, ma la sua produzione commerciale si iniziò in Occidente nel XVIII secolo. La fibra di canapa è stata per centinaia di anni la materia prima per la produzione di carta, ma dalla metà del Novecento, con l'avvento del proibizionismo, l'uso delle fibre della canapa è notevolmente ridotto.

Da Istituzioni scientifiche e tecniche di Agricoltura di Berti Pichat: la maciulla impiegata in Boemia per accelerare il lavoro tradizionalmente realizzato con mazze o col grametto, la più primitiva delle macchine per separare la fibra dal midollo, l'operazione che conclude il ciclo della coltura. La coltura della canapa per usi tessili ha un'antica tradizione in Italia, in gran parte legata all'espandersi delle Repubbliche marinare, che l'utilizzavano grandemente per le corde e le vele delle proprie flotte di guerra. La tradizione di utilizzarla per telerie ad uso domestico è molto antica, e oggetti di artigianato che continuano ad essere prodotti ancora oggi sono per esempio le tovaglie di canapa, tipiche della Romagna, decorate con stampi di rame nei due classici colori ruggine e verde.

http://www.psiconautica.in/index.php?op ... i&Itemid=2

LA CANAPA NELL'ANTICA CINA
di Giorgio Samorini
I dati archeologici hanno dimostrato che in Cina l'uso della canapa, per lo meno come fibra tessile, risale ad almeno l'8000 a.C.. Si tratta della documentazione più antica al mondo circa il rapporto uomo/cannabis. L'origine della coltivazione di questa pianta è probabilmente cinese.

Nel vasellame del sito neolitico di Yang-shao (provincia di Honan), datato al 6000-3500 a.C., sono state rinvenute impronte di tessuti tessili fatti con fibra di canapa. La cultura di Yang-shao si estese lungo la valle del Fiume Giallo verso il nord-est della Cina. L'analisi di depositi di pollini nel sito archeologico di Pan-p'o, nella provincia di Shensi, ha dimostrato la presenza di Cannabis (Li, 1974a).
Nell'antica lingua degli scritti chuan - prototipo dell'antico cinese - alla canapa era dedicato un articolato vocabolario, che partiva dal carattere ma, che sta per canapa. L'antico scritto Pen-ts'ao Ching, attribuito al leggendario imperatore Shan-nung nel 2000 a.C. circa, fu compilato nel primo o secondo secolo d.C. In esso è riportato che: "ma-fen [il frutto della canapa] se preso in eccesso produrrà la visioni di diavoli. Se preso a lungo permette di comunicare con gli spiriti e di illuminare il proprio corpo" (Li, 1974b).
Riferimenti bibliografici
LI HUI-LIN, 1974a, The Origin and Use of Cannabis in Eastern Asia. Linguistic-Cultural Implications, Economic Botany, vol. 28, pp. 293-301.

LI HUI-LIN, 1974b, An Archaeological and Historical Account of Cannabis in China, Economic Botany, vol. 28, pp. 437-448.

SCHULTES R.E., 1973, Man and Marijuana, Natural History, 82/7 : 59-63.

TOUW MIA, 1981, The Religious and Medicinal Uses of Cannabis in China, India and Tibet, Journal of Psychoactive Drugs, vol. 13(1), pp. 23-34.
fonte: http://www.samorini.net

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Fiło, fiłò, fiłar, filanda
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... ZINzg/edit

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Çesto e canestro

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ta-414.jpg

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Sporta, sparto, festuga, stame, strame, stipo, stiva, stropa

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... a-conp.jpg

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Fastugo/festugo, feston, enfestà, festa, fàsti, fasto, fàso, fàsa

Sporta, sparto, festuga, stame, strame, stipo, stiva, stropa
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Festuga/fastuga/fastugo/festuca

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Re: Canevo, canapa

Messaggioda Berto » mar giu 17, 2014 7:12 am

La Vera Storia della Marijuana - di Massimo Mazzucco

https://www.youtube.com/watch?v=mEqOaOdH7YQ


Ła prima bibia stanpà co l’envension de Gutemberg ła xe sta fata na parte co ła pergamena e naltra co ła carta ricavà da ła megoła del canevo.

http://it.wikipedia.org/wiki/Bibbia_di_Gutenberg

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http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... _Bible.jpg


La Fibra di Canapa per la Produzione di Carta

http://www.freeweed.it/canapa-carta

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Storia della produzione

L’uso della fibra di canapa per la polpa e la carta (cannabis sativa) risale a più di 2000 anni fa.
La più antica testimonianza di pezzo di carta del mondo venne scoperto dagli archeologi nel 1975 in una tomba presso Sian, nella provincia di Shensi in Cina (Temple 1986).
Consiste in un frammento di 10 cm quadrati e può essere datato con precisione tra gli anni 140 e 87 A.C.
Questa carta ed altri sopravvissuti del secolo successivo sono spessi, grezzi e irregolari nella tessitura.
Sono tutti fatti con fibre di canapa frantumati e disintegrati.


Gli storici della carta sono d’accordo sul fatto che i papiri Egiziani non dovrebbero essere considerati carta in senso stretto, in quanto le strisce di fibra sono tessute e non distese bagnate (Hunter 1957). La conoscenza dell’arte di fare la carta venne trasmessa dai Cinesi agli Arabi e ai Paesi Nord-Africani e da qui in Europa. La prima produzione cartacea europea è testimoniata per la prima metà del XVI secolo(Hunter 1957). Sino al primo XIX secolo l’unica materia grezza per la carta erano gli stracci. Gli stracci sono fatti con i vestiti vecchi strappati. Dato che in quel tempo i vestiti erano fatti principalmente di canapa e lino (a volte di cotone), quasi tutta la carta nella storia era quindi fatta di fibre di canapa e di lino. Con la rivoluzione industriale il bisogno di carta iniziò a superare la disponibilità di stracci.

Benché la canapa fosse la merce più trattata nel mondo sino agli anni trenta del 1800 (Conrad 1993) la scarsità di stracci minacciò il monopolio della canapa e del lino come produttori di fibre per la carta. Questo fu il maggior incentivo per gli inventori e le industrie per sviluppare nuovi processi che utilizzassero le fonti più abbondanti ed economiche di fibre naturali del mondo: le nostre foreste. Attualmente, solo il 5% della carta mondiale viene fatta da piante annuali come la canapa, il lino, il cotone, parti della canna da zucchero, lo sparto, la paglia del fieno, le canne, il sisal, l’abaci, le foglie di banano, l’ananas ed altre specie esotiche.

La produzione mondiale di polpa di canapa si ritiene che sia ora attorno alle 120.000 tonnellate all’anno (FAO 1991), il che è lo 0.05% del volume annuale di polpa mondiale. Le polpe di canapa sono in genere mescolate con altre polpe (legno) per produrre la carta. Non c’è attualmente alcuna produzione significativa di carta prodotta al 100% con la canapa.

Il rinnovato interesse nella carta di canapa
Il recente rinnovato interesse nella canapa come produttrice di fibra per la carta sembra originare da un forte motivo ambientale. Tutte le foreste primarie d’Europa, e la maggior parte di quelle Americane, sono state distrutte, tra gli altri motivi per produrre la carta. Ora noi accusiamo le nazioni che ancora possiedono foreste primarie di non salvaguardare le proprie.

In Europa tutti gli alberi sono stati tagliati per produrre carta si intendevano per quello scopo, così non sembra esservi nessuna valida ragione per passare a una fonte di fibra non legnosa o priva di legno. Questo è naturalmente un po’ diverso nelle Americhe ed in Asia e in Australia, dove le foreste primarie sono eliminate ad un costo ambientale enorme. In queste regioni la canapa ha un numero di vantaggi notevole come fonte alternativa di fibra per la carta. La canapa non necessita di pesticidi o erbicidi e produce da tre a quattro volte fibra in più per ettaro all’anno delle foreste.

E infine: il riciclaggio della carta è stato inventato per sopperire all’errore di eliminare le nostre foreste primarie. Tecnicamente parlando, non si ha bisogno di riciclare la carta di canapa perché è un materiale grezzo rinnovabile. Uno svantaggio nell’utilizzare la canapa o altre piante annuali come fonte di fibra per la carta è che la tecnologia attuale è stata ottimizzata per la produzione di fibra legnosa, così ci sarebbe bisogno di riconvertire gli attuali impianti per applicare questa tecnologia alla fibra di canapa. Prima di entrare nei dettagli tecnici esamineremo prima la tecnologia della produzione di polpa e di carta.

La Polpa e la Produzione di carta
La produzione della carta consiste essenzialmente nel riordinare le fibre elementari da qualsiasi tipo di fonte (un albero, la canapa, un vecchio paio di jeans o persino dalle alghe) in un foglio piatto e sottile. Le fibre elementari sono il blocco base di costruzione di alberi e di molte piante. La fibra media che produce carta è lunga circa 2mm e grossa circa 0,02mm (20 micrometri).

Tutte le fibre sono tenute insieme da catene di molecole di cellulosa, organizzate in rigida struttura. Questi blocchi di costruzione sono incollati insieme con altri componenti biologici (lignina e pectina), che dà una certa flessibilità e forza al tessuto, così che l’albero o la pianta possono piegarsi sotto sforzo e non si spezzano durante i temporali, oltre ad essere in grado di portare semi e frutti.

La polpa (dalla fonte di fibra alla polpa)
Pulitura: tutti i componenti non fibrosi devono essere eliminati dal materiale grezzo, e le fibre rimanenti devono essere ripulite dallo sporco, pietre ed altro materiale estraneo. Estrazione della polpa: le fibre elementari sono separate o chimicamente rimuovendo la colla che le tiene assieme, o meccanicamente strappando la struttura. Da questo momento in poi il materiale prende il nome di “polpa”.

- Taglio: specialmente le fibre di canapa sono troppo lunghe per fare un foglio di carta omogeneo, così le fibre devono essere tagliate della giusta lunghezza.
- Classificazione: le fibre adatte per l’uso nella carta sono separate da quelle troppo corte, troppo lunghe, troppo larghe, troppo sottili, troppo arrotolate, troppo sporche o troppo vecchie. Le fibre possono essere classificate per peso (con processo di centrifuga e gravitazionale) e taglia (vari processi di setacciamento).
- Sbiancamento: alternativamente le fibre adatte possono essere sbiancate per raggiungere un maggior tono di “bianco”. Più bianco il foglio, maggiore è il contrasto con l’inchiostro. Gli impianti di vecchio tipo usano un composto a base di clorurato con pericolosi effetti collaterali. Gli impianti moderni usano invece composti come l’ossigeno, l’ozono e il perossido (a base di ossigeno). La polpa di canapa può essere sbiancata con il perossido di ossigeno relativamente innocuo. Per alcune applicazioni non è richiesto la sbiancatura, ad esempio per la carta da pacchi e cartoncino.
- Raffinazione: questo è una fase separata del processo in cui le superfici delle fibre sono rese “ruvide”. Maggiore è la ruvidezza di una superficie e meglio aderisce ad altre fibre nel foglio di carta e maggiore diventa la forza della carta. Per la carta.
- Diluizione: per stendere le fibre uniformemente in un foglio omogeneo, la polpa viene diluita con una gran quantità d’acqua (a volte fino a 200 volte la quantità di polpa di fibra).
- Formazione: l’impasto fibra-acqua viene versato su di una struttura a reticolo. La maggior parte dell’acqua cadrà attraverso tale reticolo lasciando la fibra arrangiarsi in un foglio piatto. Asciugatura: nelle fasi successive il foglio bagnato viene asciugato tramite pressatura e riscaldamento a vapore.
- I fogli: finalmente, formati, questi vengono tagliati nella forma desiderata.

Questi processi sono fondamentalmente gli stessi per la produzione manuale di carta e per le attrezzature moderne, con la differenza che le vecchie macchine sfornavano un foglio fatto a mano al minuto, mentre la nuovissima macchina per la carta Fourdrinier ne produce 15.000 metri quadri al minuto: un foglio largo 10 metri a 90 km all’ora!

Benché vi siano migliaia di cartiere nel mondo che non necessitano del legno per le loro macchine, solo poche di esse usano la canapa come fonte di fibra. Attualmente 23 cartiere usano la fibra di carta, per una produzione mondiale stimata a 120.000 tonnellate all’anno. La maggior parte delle cartiere sono dislocate in Cina e in India, e producono carta da stampa e da scrivere di discreta qualità. Abbastanza ovviamente, queste cartiere non hanno una fonte stabile di fibra, ma utilizzano semplicemente tutto quello che possono reperire nella regione. Circa 10 cartiere sono dislocate nell’emisfero occidentale (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Spagna, Europa Orientale, Turchia), e queste producono tipi di carta particolare come:

- carta da sigarette: persino marche conosciute di sigarette americano hanno il 50% di carta e filtro fatti con la canapa. Alcuni paesi hanno ancora leggi che prevedono l’uso della canapa nella carta da sigarette in quanto altre fibre (come l’abete) producono fumi pericolosi quando sono bruciati (!).
- carta per filtri (usi tecnici e scientifici)
- filtri per caffè e sacchetti del Tè
- specialità non tessuti
- carta isolante (per condensazioni elettriche)
- carta di sicurezza
- vari tipi di carta artistica particolare

Queste carte possono generalmente essere prodotte solamente da fibre speciali come la canapa, il lino, il cotone ed altre fonti di fibre non a base di legno. La cartiera media di polpa e carta di canapa produce circa 5.000 tonnellate all’anno. Questo dovrebbe essere paragonato ad una cartiera normale per fibre legnose, che non è mai inferiore alle 250,000 tonnellate annue. L’unica ragione per cui le cartiere rimaste riescono ancora a produrre quantità così piccole è che c’è un uso molto speciale per la polpa.

Ciò spiega parzialmente l’alto costo per la polpa di canapa: circa 2500$ a tonnellata contro i 400$ della polpa media sbiancata del legno. Le cartiere rimanenti nel mondo occidentale sono incapaci di reagire alle regolamentazioni ambientali occidentali perché sono troppo piccole e per la loro tecnologia antiquata. Alcune sopravvivono spedendo la loro acqua di scarico alle grosse cartiere che lavorano il legno nelle vicinanze, altre hanno dovuto chiudere.

C’è un netto spostamento della cartiere di una certa capacità verso quei paesi che non prendono ancora seriamente in considerazione i problemi ambientali. Una ragione per l’alto prezzo della polpa di canapa è l’inefficienza dei processi per estrarre la polpa che vengono utilizzati. Un’altra ragione è che la canapa viene raccolta una volta l’anno (in Agosto) ed essere poi messa in deposito per alimentare la cartiera durante tutto il resto dell’anno.

Questo canapa in deposito richiede molto lavoro (la maggior parte manodopera) per muovere i grossi covoni, il che va ad incidere molto sul costo della materia prima.

Tecnologia tradizionale per ottenere la polpa
La maggior parte delle cartiere lavora la lunga rafia della canapa, che arriva sotto forma di balle di nastro pulito da fabbriche che la prelavorano e che sono dislocate presso le zone di coltivazione. Le balle sono pulite e introdotte in un contenitore sferico, chiamato il digerente. Viene aggiunta dell’acqua (dalle 5 alle 10 volte il peso delle fibre) assieme alle sostanze chimiche di cottura per rimuovere i componenti “collosi”, la lignina e la pectina, dalle fibre. Molte cartiere usano l’idrossido di sodio ed un coctktail a base di zolfo.

Le fibre sono cotte per diverse ore (a volte fino a otto ore) ad alte pressioni e temperature, fino a quando tutte le fibre sono separate le une dalle altre. Dopo la cottura, le sostanze chimiche di cottura ed i componenti di legatura sono separati dalle fibre tramite un lavaggio con l’acqua in eccesso. Questa fase è quella in cui emergono la maggior parte dei rifiuti inquinanti.

Spesso tali rifiuti sono scaricati così come sono nei bacini d’acqua locali. Le rimanenti fibre pulite sono poi introdotte in un battitore Hollander, paragonabile ad una vasca da bagno gigante, con una larga ruota che gira attorno ad un asse orizzontale in un punto della vasca. La ruota pompa il materiale “polpa” su se stesso e contemporaneamente taglia le fibre della giusta lunghezza, dando anche alle fibre la ruvidità richiesta della superficie per una miglior legatura. Tale battitura prosegue anche sino a dodici ore per partita di canapa.

Alcune cartiere aggiungono sbiancanti chimici durante questa fase, altre passano la polpa dalle macchine battitrici a contenitori separati per la sbiancatura. Il processo di sbiancatura separato spesso impiega composti a base di clorurato, che poi sono scaricati con il resto nell’ambiente. La polpa sbiancata è poi pronta per essere pompata nella macchina della carta, o può essere pressata per una asciugatura che la renda adatta al trasporto ad una cartiera situata altrove.

Le più di ventiquattro ore di tempo richiesto da tutto il processo lo rendono molto costoso, dato che il trasporto ed i costosi macchinari devono essere ammortizzati.

Necessità di nuove tecnologie
Nuove applicazioni della canapa come materiale grezzo per la produzione della carta richiedono una nuova tecnologia di estrazione della polpa che sia in grado di utilizzare la canapa dal deposito umido.Alcune nuove tecniche sono state sviluppate, anche se in laboratorio o su scala pilota.

di Richard Rose
Riferimenti
- Abel E.L. 1980. Marihuana, the first twelve thousand years. Plenum press, New York, 289 pp.
- Conrad C., 1993. Hemp, lifeline to the future. Creative Xpressions Publishing, Los Angeles, California.
- FAO 1991. The outlook for pulp and paper to 1995. Paper products, and industrial update. Food and Agricultural Organization of the United Nations, Rome.
- Hunter, D. 1957. Paper making, the history and technique of an ancient craft. 2nd Ed. Albert A. Knopf
- Smook G.A. 1982. Handbook for pulp & paper technologists. 2nd Ed. Angus Wilde Publications, Vancouver, B.C.
- Temple R.K.C, 1986. China, land of discovery and invention. Patrick Stevens Ltd., United Kingdom.
- Gertjan van Roekel jr. ATO-DLO Agro-technology, P.O.box 17, 6700 AA Wageningen, The Netherlands
- Van Roekel, G J, 1994. Hemp pulp and paper production. Journal of the International Hemp Association 1: 12-14.
Stefano Auditore


http://it.wikipedia.org/wiki/Carta
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Re: Canevo, canapa

Messaggioda Berto » mar giu 17, 2014 7:13 am

El canevo o mariuana come cura e farmago

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http://bari.repubblica.it/cronaca/2011/ ... s-24280140

E' diventata un caso la testimonianza di una ragazza di 30 anni che partecipa alla sperimentazione avviata dalla Regione Puglia sull'uso terapeutico del Bedrocan a base di marijuana a carico del servizio sanitario. "Non finirò di ringraziare chi si è impegnato per questa battaglia, ci hanno donato la libertà di cura"

Mi chiamo Lucia, ho 30 anni e la sclerosi multipla. Stavo su una sedia a rotelle, ora grazie alla cannabis cammino". La testimonianza di una ragazza curata nel centro di Casarano - dove da circa due mesi la Regione Puglia sperimenta gratuitamente il trattamento a base di marijuana - sta facendo il giro del web e rimbalzando sulle bacheche di facebook suscitando un grande interesse. Nella lettera la giovane si definisce, "una dei cinque fortunati pazienti" cha hanno avviato il trattamento e descrive i "miglioramenti evidenti ed eclatanti nell'andatura, nei tremori, nei dolori, negli spasmi muscolari, nella rigidità, nell'appetito, nell'umore e nel miglioramento totale della qualità di vita". Lucia scrive per far conoscere la sua storia e per ringraziare chi si è battuto per garantire e donare ai malati "libertà di cura".

La delibera della giunta regionale pugliese firmata a febbraio dall'assessore alla salute Tommaso Fiore autorizza l'erogazione dei cannabinoidi a scopo terapeutico a carico del servizio sanitario regionale, uno degli ultimi atti del primo governo Vendola. In realtà il provvedimento si limita a recepire un decreto ministeriale del 2007, ma costituisce uno dei testi più avanzati in tutta Italia sull'utilizzo clinico della cannabis. Come la Puglia solo la Toscana. Ogni Asl dovrà garantire la copertura totale dei costi per acquistare le sostanze stupefacenti e psicotrope destinate al trattamento del dolore nei pazienti affetti da cancro e da sclerosi multipla: una spesa mensile di circa 600-700 euro che prima potevano affrontare unicamente i più abbienti e comunque solo dopo un interminabile iter e attese di 5-6 mesi.

Tra le patologie ammesse alla cura e al rimborso, spasticità secondaria a malattie neurologiche, nausea e vomito non sufficientemente controllati indotte da chemioterapia o radioterapia, dolore cronico neuropatico non risponde ai farmaci disponibili. Le regole da rispettare per ottenere la marijuana sono dettagliate. A prescrivere i medicinali devono essere specialisti in neurologia, oncologia e preposti al trattamento della terapia del dolore cronico e acuto dipendenti di strutture sanitarie pubbliche. Per la fase iniziale della somministrazione il paziente deve essere sottoposto a regime di ricovero, day hospital, percorso ambulatoriale o regime di assistenza domiciliare integrata. Tutti passaggi raccontati da Lucia attraverso la sua esperienza diretta con la lettera inviata alla redazione del quotidiano online Il Tacco d'Italia e ripresa in Rete da centinaia di utenti.

Ecco il testo della sua lettera.

"Mi chiamo Lucia, ho 30 anni e scrivo dalla provincia di Lecce.
Undici anni fa mi fu diagnosticata la sclerosi multipla. Vi scrivo in seguito al clamore suscitato dopo i servizi sulla cannabis terapeutica che viene somministrata dall'ospedale ferrari di Casarano (Le). Al momento sono seguita dal Centro sclerosi multipla dello stesso ospedale direttamente dai dottori Sergio Pasca e Roberto De Masi. Io sono una dei 5 "pazienti fortunati" che sta assumendo il Bedrocan (infiorescenze essiccate di Marijuana) con miglioramenti evidenti ed eclatanti nell'andatura, nei tremori, nei dolori, negli spasmi muscolari, nella rigidità, nell'appetito, nell'umore e nel miglioramento totale della qualità di vita.

Sono sempre stata una ragazza attiva, vivace e con la testa sulle spalle, fino a quando non mi è stata diagnosticata questa malattia che ovviamente ha condizionato ogni fase della mia vita. Nei vari anni ho provato tutti i farmaci convenzionali e non che vengono prescritti a coloro che si trovano nella mie condizioni: vari tipi di interferone, antidepressivi, antiepilettici, miorilassanti, immunosoppressori, vitamine, integratori… e chissà quanti altri. Nel 2008 ho fatto un viaggio ad Amsterdam per testare personalmente le migliori varietà consigliate per la Sclerosi Multipla… ed è lì che ho potuto testare su di me gli effetti benefici della cannabis. A fine maggio di quest'anno, il centro SM dell'Ospedale Ferrari di Casarano, seguito dai dottori Pasca e De Masi, mi ha prescritto la prima ricetta per l'erogazione del farmaco: Bedrocan (a base di infiorescenze).

Prima di arrivare a questo farmaco, però, il protocollo prevede l'utilizzo di vari altri farmaci (miorilassanti etc.) che anziché calmare i dolori e gli spasmi, su di me non facevano altro che aumentare questi sintomi (per non parlare poi degli effetti collaterali di questi e di tutti gli altri farmaci che ho provato). Come ultima spiaggia, visto che non sto bene con nessun farmaco e visto che la regione Puglia ha approvato la cannabis terapeutica, sono stata ricoverata 6 giorni (come da protocollo) per iniziare questa nuova terapia (seguita sempre e costantemente dai dottori Sergio Pasca e Roberto De Masi).

Sono arrivata in ospedale che ero costretta a star seduta su una sedia a rotelle ormai, e mi preparavo all'idea di doverla utilizzare per il resto della mia vita. Dopo 2 giorni di ricovero ho cominciato a bere tisane con la marijuana (somministrate in tre orari diversi della giornata). Il terzo giorno sono resuscitata (per richiamare una citazione delle "Sacre Scritture"). Sono infatti riuscita a lasciare la sedia e iniziare piano piano a camminare nuovamente sulle mie gambe (seppur con un aiuto affianco), avendo così la certezza che tale farmaco è l'unico in grado di sollevare oltre all'umore anche il mio fisico. Sono stata dimessa e mandata a casa con 6 confezioni di Bedrocan sufficienti a trascorre un mese di vita "normale" e ogni mese vado tranquillamente in farmacia (quella dell'Ospedale) a prendere il farmaco (previa ricetta del neurologo).

A questo punto la mia richiesta è semplice. Voglio dare la mia testimonianza di paziente affetta da una malattia gravemente invalidante, trentenne, nel pieno della vita… che ha trovato finalmente un sollievo alle sue sofferenze grazie al Centro SM di Casarano e all'enorme lavoro svolto da tutta l'equipe dei dottori Sergio Pasca e Roberto De Masi. Conosco perfettamente l'iter burocratico che bisogna affrontare affinché questo farmaco possa giungere ai pazienti che attendono per mesi e mesi, in preda ai dolori e a sofferenze inimmaginabili. Un percorso esageratamente impervio, sia per i malati che per i medici.

Sarebbe fantastico informare tutti coloro che potrebbero usufruire di questo "farmaco" e soprattutto fare in modo che i centri come quello di Casarano abbiano più riflettori puntati addosso in modo da far emergere tutte le ottime attività che vengono svolte quotidianamente in favore dei pazienti affetti da questa e altre serie malattie. Non finirò di ringraziare chi si è impegnato per questa "battaglia". Ci hanno donato la "libertà di cura"… e scusate se è poco".
(02 novembre 2011)


Usa. La marijuana nella terapia dell’epatite C

http://www.chanvre-info.ch/info/it/Usa- ... rapia.html

Secondo una nuova ricerca, la marijuana migliora l’efficacia di alcuni medicinali contro l’epatite C. In alcune circostanze, la sostanza potrebbe essere utile nelle terapie contro questo virus. Sono somministrati due medicinali molto potenti (interferon e ribavirin) per le cure contro questa epatite, ma la terapia dura mesi e provoca diversi effetti collaterali, come: affaticamento, nausea, dolori muscolari, depressione, e perdita dell’appetito. Molti pazienti, per questo, interrompono prematuramente le cure I ricercatori dell’universita’ della California San Francisco e di Oakland hanno osservato i progressi dei 71 pazienti sotto osservazione. Alla fine dei sei mesi di terapia, l’86% dei fumatori aveva completato con successo il ciclo di cure, rispetto al 59% dell’altro gruppo. Per i ricercatori, la marijuana potrebbe avere degli effetti medici positivi, ma probabilmente la sostanza e’ utile nel diminuire i sintomi della depressione, nel migliorare l’appettito, ha un impatto psicologico positivo aiutando la tollerabilita’ degli effetti negativi delle normali terapie.

I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati nell’ "European Journal of Gastroenterology & Hepatology".


Notizie dal mondo della Ricerca

http://www.medicalcannabis.it/mainpage. ... 1&&do=news

I pazienti infettati dal virus dell’epatite C potrebbero continuare la loro terapia fino alla fine del trattamento programmato più spesso se usano cannabis e potrebbero avere un miglior esito del trattamento: è quanto sostengono le conclusioni di uno studio di ricercatori dell’Università di California pubblicato sull European Journal of Gastroenterology and Hepatology. La cannabis potrebbe aiutarli a tollerare gli effetti collaterali degli antivirali, che spesso causano febbri, brividi, dolori muscolari e articolari.

La Dr. Diana Silvestre e i suoi colleghi hanno esaminato 71 pazienti a cui sono stati somministrati interferone e ribavirina per trattare la loro epatite C. L’interferone stimola la risposta immunitaria e la ribavirina attacca il virus . Ventidue pazienti (31%) hanno anche usato cannabis. Il 24% di tutti i pazienti hanno interrotto precocemente la terapia; fra di essi un solo consumatore di cannabis e 16 non consumatori. Circa la metà dei consumatori di cannabis (54%) sono stati curati con successo con i farmaci, il che significa che il virus non era più reperibile, a fronte del 14% solamente del gruppo di controllo. E solo il 14% degli assuntori di cannabis hanno avuto una ricaduta, a fronte del 61% dei non assuntori. La ricaduta significa che il virus dell’epatite C era di nuovo reperibile dopo un certo lasso di tempo.

I ricercatori hanno concluso che “questi risultati suggeriscono che un moderato uso di cannabis può offrire un beneficio sintomatico e virologico ad alcuni pazienti sottoposti a trattamento dell’HCV aiutandoli a mantenere l’aderenza all’impegnativo regime di trattamento.”

Sullo stesso numero del Journal of Gastroenterology, un gruppo di esperti, nel commentare i risultati dello studio, chiede che, in attesa di ulteriori approfondimenti, l’uso di cannabis per i pazienti affetti da epatite C sia consentito dalla legge.

Fonti:

*Silvestre DL, Clemens BJ, Malibu Y. Cannabis use improves retention and virological outcomes in patients treated for hepatitis C. Eur J Gastroenterol Hepatol 2006; 18 [10]: 1057-63

* Fischer B, et al . Treatment for hepatitis C virus and cannabis use in illicit drug user patients: implications and questions. Eur J Gastroenterol Hepatol 2006; 18 [10]: 1039-42.


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http://www.sosfegato.it/forumhcv/viewto ... f=5&t=6728

Cannabis.
Messaggioda incura26 » 17/03/2013, 10:41

buona domenica a tutti voi.

Da me ( in svizzera) viene consigliato usare cannabis durante la terapia di interferone e ribavirina.

Per il momento ho letto molto poco a proposito di questo argomento in questo forum.

Io la trovo insostituibile, mi fa mangiare, mi fa passare la nausea, dolori, depressione, mi fa fare 2 risate, mi toglie gli spasmi, mi fa dormire, mi toglie i bruciori.
(p.s. ho un dott. farmacista in famiglia, nel momento in cui scrive non esiste NESSUN Medicamento che abbia anche solo la metà dei benefici, senza effetti collaterali......).

la uso solo la sera prima della cena.

COsa ne pensate?
p.f. niente moralismi, se abbiamo l'alcool legale( 1 causa di morte in europa) e la canapa no( non si muore di canapa...), dobbiamo ringraziare i petrolieri e le grosse multinazionali farmaceutiche.

FIn dall'antichità la canapa è sempre stata usata ( la costituzione americana è stata scritta sulla canapa...), e fra i 15000mila usi, il più stupido è fumarla.

Chi volesse approfondire la storia che lha portata ad essere "illegale":
documentario:
http://www.youtube.com/watch?v=mEqOaOdH7YQ

Beppe grillo:
http://www.youtube.com/watch?v=e3v9ncB-HtI

buona domenica!!!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Canevo, canapa

Messaggioda Berto » mar giu 17, 2014 7:35 am

Gli Sciti e la canapa - The Scythians and the hemp

http://samorini.it/site/archeologia/asia/sciti-canapa

Al nome “Sciti” (Skythai) utilizzato dagli antichi Greci corrisponde un insieme di tribù nomadiche che vissero fra il VII secolo a.C. e il III secolo d.C. attorno al Mar Nero. A queste popolazioni viene oggi dato il nome di Sciti europei o del Ponto. L’origine di queste popolazioni è stata alquanto dibattuta fra gli studiosi, sebbene vi sia oggi concordanza in una loro origine asiatica. Il fulcro regionale dei proto-Sciti è probabilmente da ascrivere alle estese regioni degli Urali meridionali e delle zone del Mar Caspio e del Lago d’Aral, e vi sono evidenze per strette relazioni e genesi culturali con le antiche Culture Kurgan dell’Asia centrale.

I Greci incontrarono gli Sciti del Ponto a partire dal VII secolo d.C. nel corso della loro colonizzazione del Mar Nero. Erodoto, che scrisse le sue Storie attorno al 500 a.C., descrisse ampiamente la storia e i costumi di queste popolazioni scitiche. In un suo famoso passo riportò l’uso della Cannabis da parte degli Sciti, internamente a una cerimonia di purificazione eseguita dopo la sepoltura di un re:

“Compiuta una sepoltura, gli Sciti si purificano nel seguente modo. dopo essersi unto e deterso il capo, al corpo fanno questo: piantati tre pali inclinati l’uno verso l’altro, vi stendono sopra tutt’intorno coperte di lana e, stringendole il più possibile, gettano pietre arroventate in una conca posta in mezzo ai pali e alle coperte.

Nasce presso di loro una pianta di canapa, assai simile al lino fuorché per spessore e grandezza: da questo punto di vista la canapa supera di molto il lino. Essa nasce sia spontanea sia seminata, e i Traci ne fanno anche vesti assai somiglianti a quelle di lino, e chi non fosse assai esperto non potrebbe distinguere se sono di lino o di canapa; chi poi non conosce ancora la canapa, riterrà senz’altro che la veste sia di lino.

Gli Sciti dunque, dopo aver preso semi di questa canapa, si introducono sotto quelle coperte, e poi gettano i semi sopra le pietre roventi. Il seme gettato fa fumo ed emana un vapore tale che nessun bagno a vapore greco potrebbe vincerlo. Gli Sciti mandano urla di gioia soddisfatti da questo bagno, perché non si lavano il corpo con acqua” (Plinio, Historiae, IV, 73(2)-75, nella traduzione di Augusta Izzo D’Accini, 1984, Mondadori, Milano, vol. 2, pp. 253-5).

Le ricerche archeologiche parrebbero aver confermato questa particolare pratica di uso della canapa. Nel sito archeologico della valle del fiume Pazyryk, nelle montagne dell’Altai orientale e a un’altitudine di 1600 metri sul livello del mare, sono state portate alla luce alcune decine di tombe a tumulo (kurgan), risalenti al 500-300 a.C. Queste tombe, appartenenti al ciclo culturale dei “Grandi kurgan dell’Altai”, si sono conservate nel ghiaccio e sono in relazione con le popolazioni scitiche asiatiche. Nel kurgan di Pazyryk 2, scavato nel 1947-48 da Sergei Ivanovich Rudenko, vi erano seppellite le mummie di una donna e di un uomo, quest’ultimo un probabile condottiero dell’età di circa 60 anni. Come in tutte le inumazioni di Pazyryk e di altri kurgan eurasiatici, il cadavere veniva sottoposto a un trattamento di mummificazione prima della sepoltura, con estrazione del cervello mediante trapanazione cranica e di tutti gli organi interni e dei muscoli. Accanto ai resti di sette cavalli sacrificati nel corso del funerale e a diversi utensili, strumenti musicali, specchi, nella sepoltura dell’uomo di Pazyryk 2 è stato ritrovato un calderone di bronzo con due manici, che era stato coperto con della corteccia di betulla; nel suo fondo è stato ritrovato del feltro, mentre la parte superiore era stata riempita con delle grosse pietre. Fra queste pietre sono stati ritrovati semi di canapa, alcuni dei quali erano carbonizzati.

Alcuni dei semi di canapa ritrovati nell'inumazione maschile del kurgan di Pazyryk 2 (da Russo, 2007, fig. 8, p. 1635)
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Al di sopra del calderone sono stati ritrovati sei pali che erano legati insieme nella parte superiore per formare una specie di struttura per una tenda a cui era probabilmente sospeso il calderone. Accanto al calderone sono state ritrovate rimanenze di una coperta di cuoio decorata con motivi animali e che era forse servita per coprire la struttura in modo da completare la tenda per permettere l’inalazione dei vapori dei semi di canapa.

Tripode sopra a un incensiere di rame, uno strumento per l’inalazione dei fumi di canapa. Pazyryk (Altai orientale, 500-300 a.C.) (da Popescu et al., 2001, fig. 134, p. 140)
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In un altro angolo dell’inumazione è stata ritrovata un’ulteriore struttura a sei pali coperta con corteccia di betulla, sotto alla quale v’era un braciere rettangolare a quattro gambe e il cui interno era riempito di pietre e di altri semi di canapa (Rudenko, 1970).

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Braciere di bronzo ritrovato nel kurgan di Pazyryk 2, contenente semi carbonizzati di canapa (da Jettmar, 1981, p. 532)

Una camicia associata all’inumazione dell’uomo di Pazyryk 2, conservatasi quasi integralmente, è risultata essere costituita da due tipi di tessuto, canapa e kendyr, quest’ultimo ricavato da una specie di Trachomitum, della famiglia delle Apocynaceae (Rubinson, 1990).

Camicia ritrovata nell'inumazione di Pazyryk 2, costituita di canapa e kendyr (da Charrière, 1979, fig. 320, rip. in Rubinson, 1990, p. 51, fig. 4)
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Anche in un’inumazione dei kurgan del sito archeologico di Shumaevo, localizzato nel distretto russo di Tashlinsky della regione di Orenburg, al confine con il Kazakhstan, sono stati ritrovati semi di canapa all’interno di una faretra. L’inumazione appartiene alla cultura Sarmata tarda del secondo secolo d.C. (Morgunova & Khokhlova, 2006). Ulteriori evidenze del rapporto degli Sciti con la canapa sarebbero venute alla luce in Ucraina (Pashkevich, 1999). Ma la pratica di bruciare semi su dei bracieri potrebbe essere molto più antica della cultura scita; sono stati ritrovati semi di canapa carbonizzati in un’inumazione (tumulo n. 12) in un sito della cultura neolitica Kurgan a inumazioni a fossa (pit-grave) nei pressi di Gurbanesti, un villaggio distante una cinquantina di chilometri da Bucarest, in Romania, e datato attorno al 2000 a.C. (Rosetti, 1959: 801). Semi di capana sono venuti alla luce anche in un vaso collocato vicino alla testa di un’inumazione dell’Età del Bronzo nella regione settentrionale del Caucaso (Markovin, 1963, p. 98, cit. in Ecsedy, 1979, p. 45).

E’ stata suggerita l’ipotesi che le lastre di pietra a forma di montone, rinvenute in Siberia e nell’Asia centrale, erano forse altari portatili che servivano per bruciare semi e altri prodotti della Cannabis (Jettmar, 1964-65).

Nel passo sopra riportato Erodoto parla dei soli semi di canapa che venivano bruciati per produrre le esalazioni purificatrici, e nei resti archeologici sono effettivamente stati ritrovati solamente i semi di canapa. Non sono note proprietà inebrianti dei semi di questa pianta, e il rito scita descritto da Erodoto e confermato dagli scavi archeologici poteva aver avuto solamente scopi purificatori e non inebrianti. Tuttavia, la pratica di inalare i fumi dei semi bruciati di canapa comporta molto probabilmente la conoscenza degli effetti inebrianti dei fumi del resto della pianta e della sua resina.


Si vedano anche:

- La canapa nell’antica Cina
- La canapa nell’antico Egitto
- La canapa in Israele

ri_bib

CHARRIÈRE GEORGES, 1979, Crafts of the Early Eurasian Nomads, Alpine Fine Arts Collection, New York.

ECSEDY ISTVÁN, 1979, The people of the pit-grave kurgans in eastern Hungary, Akadémiai Kiadó, Budapest.

JETTMAR KARL, 1964-65, The Slab with a Ram’s Head in the Rietberg Museum, Artibus Asiae, vol. 27, pp. 291-300.

JETTMAR KARL, 1981, Skythen und Haschisch, in: G. Völger (Hg.), Rausch und Realität, Köln, Rautenstrauch-Joest Museum für Völkerkunde, vol. 2, pp. 530-536.

MORGUNOVA N.L. & O.S. KHOKHLOVA, 2006, Kurgans and nomads: new investigations of mound burials in the southern Urals, Antiquity, vol. 80, pp. 303-317.

PASHKEVICH GALINA, 1999, New evidence for plant exploitation by the Scythian tribes during the early Iron Age in the Ukraine, Acta Palaeobotanica, suppl. 2, pp. 597-601.

POPESCU GRIGORE ARBORE, ANDREI ALEKSEEV & JURIJ PIOTROVSKIJ (cur.), 2001, Siberia. Gli uomini dei fiumi ghiacciati, Electa, Milano.

ROSETTI D.V., 1959, Movilele funerare de la Gurbăneşti. (r. Lehliu, reg. Bucureşti), Materiale şi Cercetari Arheologice, vol. 6: 791-816.

RUBINSON S. KAREN, 1990, The Textiles from Pazyryk, Expedition, vol. 32(1), pp. 49-61.

RUDENKO SERGEI IVANOVICH, 1970, Frozen Tombs of Siberia: the Pazyryk Burials of Iron Age Horsemen, University of California, Berkeley.

RUSSO B. ETHAN, 2007, History of Cannabis and its Preparations in Saga, Science, and Sobriquet, Chemistry and Biodiversity, vol. 4, pp. 1614-1648.

- See more at: http://samorini.it/site/archeologia/asi ... Q8IPt.dpuf


Uso sacramentale della cannabis nella tradizione indoeuropea

http://www.sostanze.info/node/4410

La pianta di cannabis ha alle spalle una storia antica di utilizzo rituale come mezzo per raggiungere stati di meditazione profonda, per esaltare la coscienza e facilitare il raggiungimento della trance. E per questo motivo è stata impiegata in contesti religiosi in tutto il mondo antico.

Fu sicuramente una delle prime piante coltivate dall'uomo e poichè la sua area di origine è da ricercarsi nell'Asia Centrale, questa pianta ha conosciuto un diffuso uso da parte dei cosiddetti popoli indoeuropei (area turco altaega, mongola), stanziati anticamente in un'ampia fascia che va dall'Asia occidentale (India, Iran, Asia minore) fino all'Europa.

Per esempio uno dei più antichi (500 a.C.) e famosi riferimenti scritti sull'uso della pianta lo si ritrova in Erodoto (Storie, IV, 74-5) in cui a proposito degli Sciti (popolazione seminomade di origine iranica o turco-altaega?) si dice che dopo aver buttato semi di canapa sul fuoco fossero soliti inalarne il fumo, fino a diventare ebbri, come i Greci si inebriavano con il vino. E anche le ricerche archeologiche hanno confermato questa particolare pratica di uso di canapa per evidenti scopi inebrianti.

Altri riferimenti alla cannabis come sostanza psicoattiva si ritrovano anche nel filosofo greco Democrito (460 a.C.), che parla di una bevanda a base di vino, canapa e mirra, usata per produrre visioni.

E anche medici e scienziati del mondo antico come Dioscoride, Plinio, Galeno ed altri citano l'uso della canapa come inebriante.

L'etnofarmacologo Christian Rätsch afferma che probabilmente nella cultura germanica la pianta di cannabis fosse associata alla dea dell'amore e della fertilità Freya.

La cannabis sarebbe stata utilizzata anche dalla cultura di Hallstatt (Austria), di cui i Celti sarebbero eredi.

Ma è soprattutto in India che la cannabis ha svolto e continua a svolgere un significativo ruolo religioso.
L'uso tantrico della cannabis sorse in India attorno al VII secolo d.C. in base ad una mescolanza di dottrine e pratiche dell'Induismo Shivaita e del Buddismo tibetano.
Ci sono tre tradizioni indiane che derivano dall'antico culto vedico del Soma e che si intrecciano nelle pratiche tantriche: l'uso cerimoniale della cannabis, il concetto di bevanda-veleno come atto divino e le pratiche yoga.
L'uso cerimoniale della cannabis è attestato già nell'Atharva Veda e questa pratica è antica quanto quella vedica del soma. Mentre il soma era un sacramento, la cannabis (bhang) era considerata una pianta speciale usata per scopi magico-sciamanici. L'Atharva Veda cita il bhang insieme al soma, entrambe facenti parte delle cinque piante usate "per la liberazione dalla sofferenza".
In Tantric Cannabis Use in India Michael R. Aldrich scrive a proposito della cerimonia del Mahanirvana Tantra (che contiene una descrizione completa del rituale di consacrazione della Cannabis). Questa consiste nell'utilizzo di una piccola palla verde di bhang inumidito nel latte o nell'acqua; più frequentemente, almeno nell'India contemporanea, è un delizioso frullato di latte di cannabis saporito con mandorle, pepe, cardamomo, semi di papavero e altre spezie.
La droga viene purificata e consacrata attraverso la recitazione di specifici mantra e gesti magici, che portano il potere della Dea Kali nella Cannabis.
La cannabis è usata anche dai sadhu indiani come mezzo di illuminazione e di contatto con il divino.
Il chilum nella religione shivaita è una sorta di pipa in cui si fuma la cannabis e che viene impiegata per celebrare la gloria di Shiva.
Come nella religione cristiana il calice e l'ostia sono la comunione con il Divino, così per gli Shivaiti lo è il chilum. Il chilum è Shakti. Quello che brucia è Shiva. E prima di accendere il chilum gli shivati sono soliti enunciare i nomi di Shiva e della sua consorte Parvati. I mantra più conosciuti sono: Bom Shankar, Bolenat, Shambo, Alak Naranjan. O i luoghi delle sue dimore: Kailash, Kasi, ecc..
In una leggenda vedica si dice anche che il dio indiano Shiva trovò riparo all'ombra di una pianta di cannabis, ne mangiò le foglie e da allora ne fece il suo cibo preferito.

E nel rapporto della Indian Hemp Drugs Commission è riportato che:
"L'abitudine di adorazione della pianta della canapa, anche se non è così comune come quella di offrire canapa a Shiva e ad altre divinità Hindù, tuttavia sembrerebbe, dalle dichiarazione dei testimoni, esistere in parte in alcune province dell'India. La ragione per la quale questo fatto non è conosciuto generalmente può forse essere trovata in dichiarazioni come quella di Pandit Dharma Nand Joshi, che dice che tale culto è effettuato in segreto. Ciò può essere un'altra causa della smentita da parte della grande maggioranza dei testimoni indù di alcuna conoscenza dell'esistenza di un'abitudine di adorazione della pianta della canapa, in quanto l'Hindu istruito non ammetterà che adora un oggetto materiale, ma la divinità che esso rappresenta. (...)
C'è un passaggio citato da Rudrayanmal Danakand e Karmakaud nel rapporto sull'uso delle droghe della canapa nello Stato di Baroda, che mostra anche che il culto della pianta del bhang è incoraggiato negli Shastras. E' dichiarato così: "Il Dio Shiva dice a Parvati - 'Oh Dea Parvati, ascolta quali benefici derivano dal bhang. Il culto del bhang innalza il praticante alla mia posizione'. Nel Bhabishya Purana è dichiarato che nella tredicesima luna di Chaitra (marzo ed aprile) chi desidera vedere aumentare il numero dei suoi figli e nipoti deve adorare Kama (Cupido) nella pianta della canapa".
E secondo una leggenda indiana Indra, signore della folgore e del temporale, provando pietà per il popolo degli umani, regalò loro una bevanda a base di cannabis cosicché anch'essi potessero sperimentare le sue virtù: euforia, ampliamento delle percezioni, perdita della paura ed eccitazione sessuale.

Infine, nel mare magno delle speculazioni sull'identità del soma vedico e dell'haoma mazdeo (bevande sacre dalle proprietà inebrianti), qualcuno ha creduto che fossero ottenute da miscugli di cannabis, oppio ed efedra (http://it.wikipedia.org/wiki/Ephedra).

Fonti : M. Aldrich - Cannabis e "veleni" nella pratica sessuale tantrica della Mano Sinistra; B. Parrella - Breve storia della cannabis; DrugLibrary - The Indian Hemp Drugs Commission Report; G. Samorini - Gli Sciiti e la canapa; G. Samorini - L'uso tantrico della cannabis in India; G. Samorini - Soma e Haoma; Kalimandir.it, Encarta.msn.com; Wikipedia.org


http://www.psiconautica.in/index.php?op ... i&Itemid=2

LA CANAPA NELL'ANTICA CINA
di Giorgio Samorini
I dati archeologici hanno dimostrato che in Cina l'uso della canapa, per lo meno come fibra tessile, risale ad almeno l'8000 a.C.. Si tratta della documentazione più antica al mondo circa il rapporto uomo/cannabis. L'origine della coltivazione di questa pianta è probabilmente cinese.

Nel vasellame del sito neolitico di Yang-shao (provincia di Honan), datato al 6000-3500 a.C., sono state rinvenute impronte di tessuti tessili fatti con fibra di canapa. La cultura di Yang-shao si estese lungo la valle del Fiume Giallo verso il nord-est della Cina. L'analisi di depositi di pollini nel sito archeologico di Pan-p'o, nella provincia di Shensi, ha dimostrato la presenza di Cannabis (Li, 1974a).

Nell'antica lingua degli scritti chuan - prototipo dell'antico cinese - alla canapa era dedicato un articolato vocabolario, che partiva dal carattere ma, che sta per canapa.
L'antico scritto Pen-ts'ao Ching, attribuito al leggendario imperatore Shan-nung nel 2000 a.C. circa, fu compilato nel primo o secondo secolo d.C.
In esso è riportato che: "ma-fen [il frutto della canapa] se preso in eccesso produrrà la visioni di diavoli.
Se preso a lungo permette di comunicare con gli spiriti e di illuminare il proprio corpo" (Li, 1974b).



Riferimenti bibliografici
LI HUI-LIN, 1974a, The Origin and Use of Cannabis in Eastern Asia. Linguistic-Cultural Implications, Economic Botany, vol. 28, pp. 293-301.

LI HUI-LIN, 1974b, An Archaeological and Historical Account of Cannabis in China, Economic Botany, vol. 28, pp. 437-448.

SCHULTES R.E., 1973, Man and Marijuana, Natural History, 82/7 : 59-63.

TOUW MIA, 1981, The Religious and Medicinal Uses of Cannabis in China, India and Tibet, Journal of Psychoactive Drugs, vol. 13(1), pp. 23-34.
fonte: http://www.samorini.net
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Re: Canevo, canapa e mariuana

Messaggioda Berto » mer giu 18, 2014 12:53 pm

La filatura e la tessitura

http://www.museo.brinzio.va.it/sezione_filatura.php


La filatura e la tessitura
La canapicoltura
Le fasi di coltivazione della canapa
Dalla filatura alla tessitura

La filatura e la tessitura
La sezione presenta una serie di strumenti utilizzati nella filatura di canapa, lino e lana.
Tutti i filatoi esposti provengono da famiglie brinziesi e si distinguono in tipi a pedale orizzontali e verticali. Alcuni di questi sono produzioni artigianali di ambito domestico, sovente realizzati ricuperando pezzi di scarto.

La tessitura e la filatura possono essere ritenute attività produttive tipicamente rurali. Tuttavia, già negli anni Trenta e Quaranta del Novecento, con la progressiva industrializzazione delle manifatture tessili e la conseguente contrazione della coltivazione di canapa e lino, erano quasi del tutto scomparse in molte località della penisola italiana e in gran parte dell'arco alpino.
A Brinzio, la coltura della canapa fu particolarmente diffusa nell'Ottocento, quando se ne producevano annualmente fino ad otto quintali per ettaro. Una quantità sufficiente per alimentare una piccola tessitura "casalinga". La canapa, coltivata nella località detta dei Canovali, era impiegata soprattutto per confezionare abiti, tovaglie, strofinacci, sacchi e grembiuli per la battitura e la raccolta delle castagne.

La canapicoltura
La coltivazione della canapa è condizionata dalle proprietà del terreno e, più in generale, dalle condizioni ambientali del territorio: clima, umidità ed altitudine (non cresce al di sopra dei 1400 metri), senza trascurare gli usi produttivi appartenenti alle specifiche tradizioni culturali.
In alcune località collinari e montuose dell'arco alpino e in gran parte dell'Italia centrale, poteva talvolta coesistere con la coltivazione del lino.
Piemonte ed Emilia Romagna (specialmente il Ferrarese) sono state in passato vere e proprie zone canapicole.
La lavorazione della canapa, dalla raccolta alla tessitura, si strutturava prevalentemente come lavoro femminile ad esclusione della macerazione e della gramolatura che, essendo mansioni piuttosto faticose, erano svolte dagli uomini.

Le fasi di coltivazione della canapa
Raggiunta la maturazione, la canapa era in genere strappata afferrandone un ciuffo con la mano e tirandolo verso l'alto, altrimenti avrebbe potuto essere tagliata a raso mediante l'impiego di una roncola o un comune falcetto (falciola).
Il raccolto, di norma, veniva effettuato da giugno ad agosto. Tuttavia, la canapa femmina (con i semi), maturando più tardi, poteva essere raccolta anche a settembre, se non addirittura ad ottobre in alcune aree alpine. Il maschio, estirpato prima e comunemente considerato dalla cultura popolare femmina, forniva un filato più fine, al contrario del canapone (pianta femmina).
Il raccolto veniva successivamente avvolto in fasci che, legati in mannelli o piccoli covoni, venivano ammonticchiati.

Seguiva, di poi, la macerazione, necessaria nel rendere più semplice la separazione della parte fibrosa (libro) dallo stelo legnoso. Questa, in relazione all'indice di umidità della zona geografica, poteva durare da alcune settimane fino a qualche mese, protraendosi fin verso l'inverno. Si svolgeva immergendo i fasci in acque stagnanti e poco correnti, così da consentirne la fermentazione. Dove non vi fosse stata acqua a sufficienza, si procedeva alla realizzazione di specifiche fosse che, profonde circa un metro e in leggera pendenza, avrebbero così costituito una sorta di stagno artificiale. In aree particolarmente umide, la macerazione avveniva più semplicemente stendendo gli steli di canapa in lunghe file su un prato, ad essa si accompagnava l'asciugatura all'aria e al sole o, nelle regioni alpine, in luoghi protetti come terrazze e sottotetti.

Sopraggiungendo l'autunno, non era rara l'essiccazione su fuoco, pratica diffusa soprattutto nelle aree montuose delle Alpi: si realizzava all'aperto una fossa rettangolare in muratura (braciere), coperta da una griglia di legno, sulla quale veniva stesa la canapa in modo da evitarne la bruciatura. In sostituzione, avrebbe potuto essere utilizzato il forno del pane. Successivamente si procedeva alla separazione delle fibre dalla parte legnosa. Il metodo più semplice ed arcaico era la scavezzatura, un'occupazione prevalentemente femminile, che consisteva nel prendere uno stelo alla volta, nello spezzarne la radice e, quindi, con un abile strappo liberare la fibra, possibilmente senza romperla. Talora, sebbene più consueta per il lino, dopo la macerazione e l'essiccazione, i fasci di canapa avrebbero potuto essere sottoposti a battitura (pestatura). Gli steli venivano battuti su una superficie rigida (panca di legno, pietra, ecc.), oppure impiegando appositi strumenti: pestelli, tavolette spesse con manico, martelli di legno, roncole, ecc. Nelle località dove la canapicoltura era diffusa, potevano essere utilizzati anche mulini a pestelli o a mancina, azionati ad acqua. Si effettuava poi la stigliatura, non sempre praticata nelle regioni alpine e, in genere, compiuta da due lavoranti. I mannelli di canapa venivano spinti lentamente su un supporto di legno (cavalletto, panca, ecc.) e percossi con un randello, un bastone o una roncola. Mentre gli steli si sarebbero così rotti, le parti legnose sarebbero cadute a terra. Tuttavia il sistema più rapido nella separazione della fibra era, indubbiamente, la gramolatura. Una procedura che consentiva di spezzare gli steli della canapa mediante l'uso di uno specifico utensile: la gramola: uno strumento a leva di legno, lungo e ingombrante che, a causa della sua pesantezza, era piuttosto faticoso da manovrare. La gramolatura si configurava, infatti, come lavoro maschile. Gli uomini, di solito, tenevano sotto il braccio sinistro un lungo fascio di canapa, mentre col destro alzavano e abbassavano la lunga leva di legno (fino a 2 metri), con uno scatto violento di tutto il corpo. Seguivano, quindi, la spatolatura e la pettinatura, entrambe necessarie alla pulitura della filaccia e alla completa eliminazione dei piccoli frammenti di parti legnose ancora presenti. La prima consisteva nel battere o lisciare i fasci appesi mediante l'uso della scotola (scotolatura), una sorta di sciabola di legno lunga dai 60 ai 70 centimetri. La seconda era, invece, necessaria per pulire e liberare completamente la canapa dalle impurità. La pettinatura era un'attività piuttosto impegnativa, non solo perchè nell'eseguirla si produceva molta polvere, ma anche poichè avrebbe richiesto una certa abilità, al fine di non danneggiare le fibre. Per tale motivo, soprattutto nell'Italia centro-settentrionale, era compiuta da veri e propri professionisti.


Dalla filatura alla tessitura
La filatura era un'occupazione tipicamente femminile, indispensabile nella realizzazione del filo mediante torcitura delle fibre. Si filava manualmente col fuso e la rocca oppure con l'aiuto del filatoio. Nella filatura a mano, la filatrice era solita tendere dalla rocca tante fibre quante avrebbe potuto torcerne con la punta delle dita. Durante tale procedura, il fuso, grazie ad un sapiente movimento del braccio, veniva mantenuto in continua rotazione. Il filo, torto a sufficienza, era quindi avvolto sul fuso stesso. Nei sistemi di filatura meno arcaici era comune l'impiego del filatoio, generalmente di legno (le forme più moderne di metallo), nel quale il fuso, in posizione orizzontale (spola), era messo in rotazione da una ruota: la girella. Il filatoio poteva essere azionato a mano o da un pedale con meccanismo a biella. Quest'ultimo era particolarmente diffuso nelle regioni dell'Italia settentrionale, contrariamente alle località meridionali dove, ancora nella prima metà del Novecento, si conservavano tecniche più tradizionali. Di norma le ragazze imparavano a filare col fuso e, solo successivamente, col filatoio, il cui rendimento era senza dubbio maggiore. Tuttavia, laddove non vi fosse stata disponibilità di spazi sufficientemente grandi e al chiuso, si preferiva ancora l'utilizzo del fuso e della rocca. Ottenuto il filato, si procedeva alla aspatura, tecnica con la quale il filo veniva avvolto in matasse. Questa operazione, compiuta mediante l'impiego dell'aspo (nelle forme più tradizionali, si trattava di un bastone di legno con pioli trasversali), consentiva la conservazione del filo, oltre a liberare gli strumenti della filatura. Quindi le matasse, dopo essere state lavate, erano riposte all'interno di un mastello dove venivano bollite nella liscivia (acqua e cenere di legna). Risciacquate in acqua fresca, spesso al fiume, erano di seguito stese ad asciugare ed imbiancare. Faceva quindi seguito la dipanatura: lo svolgimento della matassa sull'arcolaio girevole. Il filo poteva essere così avvolto in un gomitolo per fare la maglia, oppure su una spola (incannatura) per l'orditura (fare l'ordito) e la tessitura a telaio.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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