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L'ONU contro la RussiaIl voto all' ONU ad aprile e qualche giorno fa. La Russia ha incassato il voto contrario di India e Kazakhstan il voto favorevole della Ciina si è mutato in astensione - solo 7 rottami dell'umanità hanno votato a favore di Putinhttps://www.facebook.com/groups/1913650 ... ently_seenIn aprile 2022:
93 paesi contro
24 a favore
57 astenuti
= 174 paesi
in settembre 2022:
101 contro
7 a favore
19 astenuti
= 127 paesi
mancano al voto 47 paesi che per varie ragioni non erano presenti all'assemblea
Alberto Pento
7 rottami dell'Umanità hanno votato a favore.
Ma bisognava fare di più, bisognava espellere e bandire la Russia dall'ONU.
Discorso di Draghi all'ONU21 settembre 2022
https://www.ilfoglio.it/esteri/2022/09/ ... n-4459907/ Signor Presidente,
Signor Segretario Generale,
Colleghi delegati,
Signore e Signori,
È un grandissimo onore per me essere qui oggi.
L’Assemblea Generale è il luogo in cui il mondo si apre al dialogo e al confronto, elementi essenziali per una coesistenza pacifica fra Paesi.
Come recita lo Statuto del 1945, l’obiettivo delle Nazioni Unite è “mantenere la pace e la sicurezza internazionale”, “promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli.”
L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia e le crisi che ne derivano – alimentare, energetica, economica – mettono a rischio i nostri ideali collettivi come raramente era accaduto dalla fine della Guerra Fredda.
Queste crisi si affiancano alle altre grandi sfide dei nostri tempi – il cambiamento climatico, la pandemia, le diseguaglianze – e ne amplificano i costi, soprattutto per i più deboli.
Le responsabilità del conflitto sono chiare – e di una parte sola.
Ma è nostra responsabilità collettiva trovare risposte a questi problemi con urgenza, determinazione, efficacia.
Non possiamo dividerci tra Nord e Sud del mondo.
Dobbiamo agire insieme e riscoprire il valore del multilateralismo che si celebra in quest’aula.
L’invasione dell’Ucraina viola i valori e le regole su cui da decenni poggia la sicurezza internazionale, la convivenza civile tra Paesi.
Eravamo convinti di non dover più assistere a guerre di aggressione in Europa.
I sogni imperiali, il militarismo, le violazioni sistematiche dei diritti civili e umani ci sembravano relegati al secolo scorso.
Da febbraio abbiamo invece assistito a bombardamenti di teatri, scuole, ospedali;
a violenze e soprusi nei confronti di civili, di bambini;
al tentativo di soggiogare una democrazia libera e sovrana, che ha reagito con orgoglio e coraggio per difendere la propria indipendenza, la propria dignità.
Aiutare l’Ucraina a proteggersi non è stata soltanto la scelta corretta da compiere.
È stata l’unica scelta coerente con gli ideali di giustizia e fratellanza che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite e delle risoluzioni che questa Assemblea ha adottato dall’inizio del conflitto.
L’Italia ha agito senza indugi, insieme agli altri Paesi membri dell’Unione Europea, agli alleati della NATO e del G7, a tutti i partner che come noi credono in un sistema internazionale basato sulle regole e sul multilateralismo.
Insieme, abbiamo risposto alle richieste del Presidente Zelensky, perché un’invasione militare pianificata per mesi e su più fronti non si ferma soltanto con le parole.
Abbiamo imposto sanzioni senza precedenti alla Russia, per indebolirne l’apparato militare e convincere il Presidente Putin a sedersi al tavolo dei negoziati.
Abbiamo accolto migliaia di rifugiati, assistito chi è rimasto in Ucraina e siamo pronti a finanziare la ricostruzione del Paese - perché agli orrori della guerra si risponde con il calore della solidarietà.
Il piano di Mosca era conquistare Kiev in poche settimane.
I soldati ucraini hanno vanificato questa strategia e obbligato la Russia a un conflitto più lungo e logorante, grazie anche alla nostra assistenza militare.
Nelle ultime settimane, un’eroica controffensiva ha permesso all’Ucraina di recuperare migliaia di chilometri quadrati di territorio a partire da Kharkiv, e costretto l’esercito russo a ripiegare.
L’esito del conflitto resta ancora imprevedibile, ma Kiev sembra avere acquisito un vantaggio strategico importante.
Le sanzioni che abbiamo imposto a Mosca hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa, sulla sua economia.
La Russia fatica a fabbricare da sola gli armamenti di cui ha bisogno, poiché trova difficile acquistare il materiale necessario a produrle.
Il Fondo Monetario Internazionale prevede che l’economia russa si contragga quest’anno e il prossimo di circa il 10% in totale, a fronte di una crescita intorno al 5% ipotizzata prima della guerra.
L’impatto delle misure è destinato a crescere col tempo, anche perché alcune di esse entreranno in vigore solo nei prossimi mesi.
Con un’economia più debole, sarà più difficile per la Russia reagire alle sconfitte che si accumulano sul campo di battaglia.
L’unità dell’Unione Europea e dei suoi alleati è stata determinante per offrire all’Ucraina il sostegno di cui aveva bisogno, per imporre costi durissimi alla Russia.
Mosca ha da subito tentato di dividere i nostri Paesi, a usare il gas come arma di ricatto.
L’Italia ha reagito con tempestività per diversificare le fonti di approvvigionamento di gas, per accelerare lo sviluppo dell’energia rinnovabile.
A oggi, abbiamo dimezzato la nostra dipendenza dal gas russo e contiamo di diventarne completamente indipendenti dal 2024.
In questo percorso, beneficiamo degli accordi con numerosi Paesi africani – dall’Algeria all’Angola, alla Repubblica del Congo.
Vogliamo sviluppare insieme tecnologie verdi, mettere l’Africa al centro della transizione ecologica.
La guerra in Ucraina ha ridisegnato la geografia energetica e con essa il quadro geopolitico.
L’Unione Europea è destinata a guardare sempre più verso sud e l’Italia vuole essere un ponte verso la sponda meridionale del Mediterraneo, verso tutto il continente africano.
Per mantenere una posizione unita, risoluta, coerente con i nostri valori, è essenziale preservare la coesione sociale.
L’aumento del costo dell’energia mette a rischio la ripresa economica, limita il potere d’acquisto delle famiglie, danneggia la capacità produttiva delle imprese, può fiaccare l’impegno dei nostri Paesi per l’Ucraina.
Per aiutare le imprese e i cittadini a fronteggiare i rincari in Italia abbiamo speso circa il 3,5% del nostro prodotto interno lordo.
Ora dobbiamo fare di più, soprattutto a livello europeo.
Come l’Italia sostiene da tempo, l’Unione Europea deve imporre un tetto al prezzo delle importazioni di gas, anche per ridurre ulteriormente i finanziamenti che mandiamo alla Russia.
L’Europa deve sostenere gli Stati membri mentre questi sostengono Kiev.
L’Unione Europea deve anche usare la forza delle sue istituzioni per mettere i suoi vicini al riparo dalle rivendicazioni russe.
La guerra di aggressione in Ucraina ha risvegliato o rafforzato in molti Paesi il desiderio di Europa.
Il governo italiano ha fortemente voluto la candidatura dell’Ucraina a Stato membro e sostiene con convinzione l’integrazione dei Balcani occidentali, della Moldavia, della Georgia nell’Unione Europea.
Dalle crisi si esce soltanto guardando lontano, con coraggio e con ambizione.
Il nostro obiettivo è la pace.
Una pace che sia ritenuta accettabile dall’Ucraina – la sola che può essere duratura e sostenibile.
Finora, la Russia non ha dimostrato di volere la fine del conflitto: i referendum per l’indipendenza nel Donbass sono un’ulteriore violazione del diritto internazionale che condanniamo con fermezza.
Tuttavia, l’Italia resta in prima linea per provare a raggiungere un accordo, quando sarà possibile.
Lo abbiamo fatto in passato, quando abbiamo evidenziato come il blocco dei porti del Mar Nero costituisse un rischio per la sicurezza alimentare globale.
L’accordo sull’esportazione del grano ucraino è stato un momento di collaborazione importante tra le parti, per cui voglio ringraziare l’ONU, il Segretario Generale Guterres, la Turchia.
Il nostro auspicio è che si possano raggiungere altri momenti di cooperazione, a partire dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia.
L’accesso alla centrale di una squadra di esperti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica rappresenta un passo avanti.
Ora è essenziale arrivare a qualche forma di demilitarizzazione dell’area.
Non possiamo rischiare la catastrofe nucleare.
L’invasione russa dell’Ucraina ha prodotto conseguenze che vanno ben oltre i confini dell’Europa.
I rincari energetici colpiscono soprattutto i meno abbienti, aggravano la povertà e le diseguaglianze.
L’aumento dei prezzi delle derrate alimentari, la scarsa disponibilità di grano e di altri cereali colpiscono soprattutto gli Stati più poveri.
La riduzione delle forniture di gas ha obbligato alcuni Paesi a riaprire le proprie centrali a carbone o a rimandarne la chiusura, sebbene per un periodo strettamente legato all’emergenza.
A questo attacco alla coesistenza pacifica tra le nostre nazioni dobbiamo reagire con il multilateralismo, con spirito di solidarietà e responsabilità.
Alla guerra di aggressione dobbiamo rispondere riaffermando i valori alla base di questa assemblea: il rispetto dei diritti, la cooperazione internazionale, la non-belligeranza.
Nel suo discorso all’Assemblea Generale del 1988, Michail Gorbačëv notò come, in un mondo globalizzato, la forza o la minaccia del suo utilizzo non potessero più funzionare come strumento di politica estera.
“Affrontare i problemi globali – disse Gorbačëv - richiede un nuovo ‘volume’ e una nuova ‘qualità’ della cooperazione” da parte degli Stati.
La nostra reazione alla guerra in Ucraina serve a riaffermare che la violenza gratuita non può avere spazio nel ventunesimo secolo.
L’Italia auspica ci possa essere un futuro in cui la Russia torni al rispetto dei principi che scelse di sottoscrivere nel 1945.
Un mondo diviso in blocchi, attraversato da rigide demarcazioni ideologiche e contrapposizioni militari non genera sviluppo, non risolve problemi.
Dobbiamo mantenere le nostre identità, ma condurre le relazioni internazionali in modo responsabile, legale, pacifico.
Questo principio deve valere per tutte le crisi che affrontiamo: dall’Ucraina, ai recenti scontri nel Caucaso, alle situazioni di instabilità in Africa, Medio Oriente, America Latina, fino alle tensioni nell’Indo-Pacifico.
Nonostante le divisioni degli ultimi mesi, abbiamo una base solida su cui costruire.
La Presidenza italiana del G20 dello scorso anno è coincisa con un momento di grande collaborazione tra Paesi.
È un’eredità che non dobbiamo disperdere.
A questo proposito, voglio richiamare la disponibilità di Roma a ospitare Expo 2030, per continuare a offrire soluzioni condivise ai problemi globali.
Nella fase più acuta della pandemia, siamo intervenuti per superare il protezionismo sul materiale sanitario e garantire più vaccini alle regioni che non ne ricevevano.
Il meccanismo COVAX ha distribuito finora oltre 1,4 miliardi di dosi di vaccino contro il Covid-19 ai Paesi più poveri del mondo.
Abbiamo potenziato l'assistenza finanziaria agli Stati più vulnerabili per aiutarli a rispondere alle conseguenze economiche della pandemia e abbiamo promosso l'estensione dell’Iniziativa sulla Sospensione del Servizio del Debito.
Grazie a un ritrovato spirito di cooperazione, abbiamo intensificato la lotta al cambiamento climatico.
Per la prima volta, tutti gli Stati membri del G20 si sono impegnati a cercare di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali e hanno accettato le basi scientifiche di questo obiettivo.
Abbiamo inoltre concordato una serie di risposte a breve e medio termine per raggiungerlo - a cui si aggiungono gli impegni assunti alla COP26 di Glasgow.
Durante il G20 abbiamo anche concordato nuovi impegni finanziari per aiutare i Paesi a basso reddito a passare a un'economia più sostenibile.
Dobbiamo continuare a sostenere i Paesi più vulnerabili a difendersi dagli impatti dei cambiamenti climatici e a portare avanti i loro percorsi di transizione.
Penso ad esempio alla tragedia delle inondazioni in Pakistan, dove una parte molto estesa del Paese è sommersa dall’acqua e milioni di persone sono costrette a lasciare le proprie case.
La crisi ambientale ci coinvolge tutti, e dobbiamo uscirne tutti insieme.
L’impegno italiano per la pace, per la solidarietà internazionale è incessante.
Siamo il principale contributore di Caschi Blu tra i Paesi europei: i nostri militari sono dispiegati in 5 missioni nel Mediterraneo, in Africa e in Asia.
In Libano, partecipiamo alla missione UNIFIL con il secondo contingente più numeroso.
Siamo molto attivi nel promuovere il dialogo con tutti i Paesi del Mediterraneo allargato.
In Libia, siamo impegnati perché il difficile processo di riconciliazione nazionale sia sostenuto con forza dalla comunità internazionale.
In questo percorso, le Nazioni Unite rappresentano il nostro principale punto di riferimento.
Voglio anche ringraziare le istituzioni delle Nazioni Unite per il prezioso aiuto umanitario che danno nella gestione delle migrazioni nel Mediterraneo.
L’Italia è ben consapevole che le migrazioni sono un fenomeno globale, e così va affrontato.
Dobbiamo avere un approccio responsabile, umano, condiviso.
La guerra in Ucraina e le crisi che ne derivano hanno messo a dura prova la coesione della comunità internazionale.
Ma è proprio in questo contesto che è necessario ritrovare lo spirito di cooperazione che ci ha permesso negli scorsi anni di affrontare insieme altre sfide non meno dure.
Le nostre istituzioni comuni devono rinnovarsi.
L’Italia sostiene con forza la necessità di riformare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per renderlo più rappresentativo, efficiente, trasparente.
Anche nei prossimi anni, l’Italia continuerà a essere protagonista della vita europea, vicina agli alleati della NATO, aperta all’ascolto e al dialogo, determinata a contribuire alla pace e alla sicurezza internazionale.
Sono gli stessi principi e obiettivi che ispirano le Nazioni Unite, che è necessario e urgente difendere oggi.
Grazie.
I tre motivi per i quali la Cina è preoccupata per la guerra in UcrainaGuido Santevecchi
23 settembre 2022
https://www.corriere.it/esteri/22_sette ... f3e7.shtmlIl ministro degli Esteri cinese ammonisce gli Stati Uniti: «Se non cambiano rotta su Taiwan, il confronto diventerà inevitabilmente conflitto». E incontra, all'Onu, il collega ucraino Dmytro Kuleba
L’apparente presa di distanza di Pechino dall’escalation militare russa, la sua richiesta di dialogo per un cessate il fuoco in Ucraina sembra riaprire la strada verso un negoziato che coinvolga Cina e Stati Uniti nelle pressioni per portare a un accordo pacificatore tra Mosca e Kiev.
Un altro segnale viene dai corridoi del Palazzo di Vetro dell’Onu, dove questa mattina si sono incontrati a sorpresa i ministri degli Esteri di Cina e Ucraina. Wang Yi e il collega Dmytro Kuleba in questi mesi si erano parlati due volte, al telefono, marzo e aprile. Pechino fa sapere che Wang ha ribadito all’ucraino che «il presidente Xi Jinping ha sottolineato la necessità di rispettare sovranità e integrità territoriale di tutti i Paesi». E poi che «le legittime preoccupazioni di tutte le parti in materia di sicurezza debbono essere considerate». Infine che la Cina è «sempre dalla parte della pace» e continuerà a svolgere un «ruolo costruttivo». Frasi non nuove, per i cinesi, ma che assumono un significato più interessante ora, ripetute all’inviato dell’Ucraina nel giorno in cui sono cominciati i referendum di Putin per l’annessione alla Russia di quattro regioni ucraine. Kuleba ha colto l’occasione per pubblicare su Twitter la foto della stretta di mano con Wang, sotto le bandiere affiancate di Cina e Ucraina. Il ministro di Xi si è prestato al gioco mediatico: e in questi ultimi drammatici giorni, Pechino sembra voler riequilibrare la sua posizione. Non ha certo denunciato la sua promessa di «collaborazione senza limiti» tra Xi e Putin, ma ha di fatto indicato dei limiti, in particolare sul ricorso irreparabile all’arma nucleare. E poi c’è la questione dei referendum di annessione, strategicamente pericoloso per i cinesi.
Xi Jinping sta giocando una doppia partita, nella quale la tattica ucraina serve a coprire la strategia sull’obiettivo principale: Taiwan. Lo ha ricordato con parole estremamente dure il suo ministro degli Esteri Wang Yi, parlando all’Asia Society a New York. Ha detto Wang che «se gli Stati Uniti non cambiano rotta nei confronti della Cina, il confronto diventerà inevitabilmente conflitto». Il diplomatico ha cerchiato di rosso, per l’ennesima volta, Taiwan, sostenendo che la questione taiwanese sta crescendo e diventando «il più grande pericolo per le relazioni Cina-Usa, con un potenziale devastante». Secondo i cinesi, in questi mesi gli Stati Uniti hanno accostato la crisi ucraina alla questione taiwanese «nonostante la loro natura sia completamente diversa».
Ecco dunque che cosa racchiudono le «preoccupazioni» di Xi Jinping sulla destabilizzazione causata dall’avventura di Putin in Ucraina (che lo Zar ha dovuto ammettere nel vertice con l’amico a Samarcanda il 15 settembre). Al numero 1 c’è la riunificazione di Taiwan, che Joe Biden ha detto di voler difendere se si trovasse sotto attacco (e sembrano a questo punto di facciata le precisazioni di funzionari della Casa Bianca i quali sostengono che il presidente non ha scardinato il principio della Ambiguità strategica). Con la mobilitazione finora compatta per fermare l’aggressione russa all’Ucraina, in sostanza nella visione di Pechino americani, europei e Nato hanno dimostrato che potrebbero impegnarsi anche per l’isola democratica di fronte alla costa della Cina continentale.
La preoccupazione numero 2, connessa alla prima, riguarda i referendum nelle regioni dell’Ucraina controllate dai filo-russi o occupate durante la guerra: quando Pechino dice che «bisogna rispettare l’integrità territoriale e la sovranità nazionale, secondo la carta Onu», pensa a Taiwan, che secondo la comunità internazionale e le Nazioni Unite farebbe formalmente parte della «Unica Cina» (quella governata da Pechino). I cinesi non appoggiano quei referendum, come non hanno riconosciuto quello di dieci anni fa in Crimea, per non creare un precedente che serva da modello ai taiwanesi.
La preoccupazione numero 3 è il «caos mondiale» scatenato dalla guerra di Putin, che danneggia anche gli interessi economici della Cina. Quando Pechino dice che «la guerra in Ucraina e le sanzioni non sono nell’interesse di nessuno», cercando di indebolire il blocco occidentale, intende anzitutto il proprio interesse strategico, la riunificazione di Taiwan e rapporti commerciali vantaggiosi con il mondo globalizzato. Il gas e il petrolio scontato di Putin non possono certo colmare un calo delle esportazioni cinesi verso l'Occidente.
Pechino ha mandato un messaggio importante anche a mezzo stampa, con un articolo del Quotidiano del Popolo che accusa Joe Biden di strumentalizzare l’Ucraina e di usare la campagna contro la Russia per bloccare l’unificazione di Taiwan. «Dopo la parziale mobilitazione delle riserve militari in Russia, l’Occidente guidato dagli Stati Uniti ha intensificato gli sforzi cercando di trasformare l’Assemblea generale dell’Onu in un palco anti-russo».
Ma dopo il cappello russo-ucraino, il giornale del Partito comunista cinese punta dritto su Taiwan e sostiene che con questo «tentativo malintenzionato, Biden e i suoi principali alleati hanno cercato di saldare alla crisi ucraina la questione taiwanese, nonostante la loro natura completamente diversa». Il Quotidiano del Popolo bolla come «sconsiderato e pericoloso» il riferimento fatto da Biden nel discorso all’Onu: «gli Stati Uniti si oppongono a ogni cambiamento unilaterale dello status quo».
Conclude il giornale di Pechino che «aver affrontato la questione di Taiwan, che è un affare interno della Cina, davanti all’Onu, dimostra la doppiezza della politica americana». Oggi a New York Wang Yi incontra il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Antony Blinken. Si spera che il colloquio serva a preparare il primo vertice in presenza tra i due presidenti, Xi e Biden, che parteciperanno al G-20 di Bali a novembre.
Putin, rischio stop potere di veto nell'Onu. Russia potrebbe perdere anche il posto nelle Nazioni UniteI funzionari statunitensi stanno spingendo perché i membri del Consiglio siano costretti a spiegare i loro veti
Putin, rischio stop potere di veto nell'Onu. Russia potrebbe perdere anche il posto nelle Nazioni Unite
Alessandro Rosi
Venerdì 23 Settembre 2022
https://www.ilmessaggero.it/mondo/putin ... 46279.html Il potere di veto di Putin all'Onu è a rischio. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden mercoledì ha chiesto che venga cambiato il modo in cui viene esercitato. Ma non solo. Tra le richieste c'è anche quella di un'espansione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L'obiettivo è chiaro. L'organismo mondiale incaricato di promuovere la pace tra i popoli non funziona. Qualcosa va cambiato dopo la guerra in Ucraina portata avanti dalla Russia.
Putin, il potere di veto a rischio: come funziona
La guerra in corso della Russia in Ucraina ha sottolineato la disfunzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che è dominato dai cinque membri permanenti che esercitano il veto: Gran Bretagna, Cina, Francia, Russia e Stati Uniti. Stati dotati di armi nucleari. Per garantire che il consiglio rimanga credibile ed efficace, i membri, compresi gli Stati Uniti, dovrebbero "astenersi dall'uso del veto, tranne in rare situazioni straordinarie", ha affermato Biden.
Come potrebbe cambiare
Gli Stati Uniti sostengono anche l'aumento del numero di rappresentanti sia permanenti che non permanenti nel consiglio, una riforma che includerebbe "seggi permanenti per quelle nazioni che abbiamo sostenuto a lungo" e quelli in Africa, America Latina e Caraibi, ha aggiunto. I funzionari statunitensi stanno spingendo per una riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e una delle cose che vogliono vedere è che i membri del Consiglio siano costretti a spiegare i loro veti.
Pees Biden says that the UN Security Council members should refrain from using their veto “except in rare and extraordinary situations.” US officials are pushing for UNSC reform, one of the things they want to see is members of the council forced to explain their vetos.
Gli Stati che potrebbero spingere per una riforma
Il discorso di Biden davanti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite è stato accolto favorevolmente dal Giappone, che da tempo aspirava a diventare un membro permanente del consiglio di 15 membri. Sebbene i dettagli rimangano poco chiari, Washington potrebbe considerare Tokyo, India e la Germania come potenziali candidati da elevare. Il Giappone, stretto alleato degli Stati Uniti, è stato più volte eletto a un seggio non permanente nel consiglio. Brasile, Germania, India e Giappone formano il Gruppo dei quattro paesi che aspirano a diventare futuri detentori di seggi permanenti in un consiglio ristrutturato.
Il "rischio" Cina
L'amministrazione Biden, nel frattempo, sta anche guardando con diffidenza un altro membro permanente, la Cina, che ha spesso collaborato con la Russia per porre il veto e presumibilmente sta tentando di minare l'ordine internazionale basato sulle regole. Nel suo discorso, Biden ha accusato la Cina di condurre "un accumulo nucleare senza precedenti, senza alcuna trasparenza" e ha promesso di promuovere la pace e la stabilità intorno a Taiwan, un'isola democratica autogovernata che Pechino considera una provincia rinnegata in attesa di riunificazione, con la forza se necessario.
Come può influire sulla guerra in Ucraina
Una modifica del potere di veto potrebbe avere degli effetti sulla guerra in Ucraina. Ma soprattutto sulla minaccia (velata) dell'utilizzo di armi nucleari da parte di Mosca. Se i funzionari russi dovessero essere costretti a dare spiegazioni del loro rifiuto, allora potrebbe non essere efficace se non argomentato. Ne consegue che non sarebbe più esercitabile per il caso specifico, rimanendo quindi in una posizione di minoranza. Isolati dal resto del mondo.
Irlanda contro la Russia
La Russia dovrebbe perdere il suo posto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a causa della sua invasione dell'Ucraina, ha affermato il Taoiseach. Parlando con i giornalisti a New York durante la settimana ad alto livello delle Nazioni Unite, Micheál Martin ha affermato che la condotta della Russia non può essere conciliata con il suo posto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che è dedicato alla conservazione della pace e alla prevenzione della guerra. Ha affermato che il ruolo della Russia come membro permanente del Consiglio di sicurezza è stato fondamentalmente messo in discussione. Il Taoiseach è stato particolarmente critico nei confronti del modo in cui la guerra è stata combattuta dalla Russia, che ha affermato di aver chiaramente violato "tutte le convenzioni conosciute", comprese le convenzioni militari sulla condotta della guerra.