Bandera, chi era?Un patriota ucraino eroico che scelse quello che per lui e per il suo sogno di un'Ucraina libera e indipendente dal giogo sovietico e russo, era il male minore, la Germania di Hitler per combattere l'URSS che opprimeva lasu terra e il suo popolo ucraino.
Certo commise delle atrocità contro i polacchi e contro gli ebrei ma queste atrocità commesse da molti in Europa e nell'URSS non sminuiscono la sua patriotticità ucraina.
Stepan Andrijovič Bandera (in ucraino: Степан Андрійович Бандера?; Staryj Uhryniv, 1º gennaio 1909 – Monaco di Baviera, 15 ottobre 1959)
https://it.wikipedia.org/wiki/Stepan_Bandera è stato un politico ucraino, leader dell'Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) e fondatore dell'Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA). Aderente all'ideologia fascista, fu un criminale di guerra e terrorista, che collaborò con la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale per combattere contro i sovietici in Ucraina.
Quando le truppe sovietiche si ritirarono da Leopoli, con l'"Atto di restaurazione dello Stato ucraino", annunciò la creazione di uno Stato ucraino indipendente e dichiarò di voler sostenere i piani espansionistici nazisti, giurando fedeltà ad Adolf Hitler.
La Germania nazista reagì negativamente alle richieste dei nazionalisti ucraini e invase la regione. Bandera venne internato come prigioniero politico nel Campo di concentramento di Sachsenhausen nel 1942, ma in seguito liberato nel 1944 perché dirigesse azioni di resistenza all'Armata Rossa. Alla fine della guerra Bandera si rifugiò in Germania Ovest con la moglie e i figli, sotto la protezione degli alleati, ma fu assassinato a Monaco di Baviera da un agente del KGB nel 1959.
La sua figura rimane controversa poiché è ritenuto, insieme ai suoi seguaci, in gran parte responsabile del massacro di civili polacchi e in parte dell'Olocausto in Ucraina, mentre nel suo Paese al termine della guerra fredda è stato insignito dell'onorificenza di Eroe dell'Ucraina. La sua famiglia subì pesanti ritorsioni dai sovietici e dai polacchi, oltre che dagli stessi tedeschi.
Nacque il 1º gennaio 1909 a Staryi Uhryniv, un villaggio nell'allora provincia di Kaluš, nella Galizia (ora nell'Oblast' di Ivano-Frankivs'k), che allora apparteneva all'Austria-Ungheria. Suo padre, Andrij Bandera, era un sacerdote di rito uniate cattolico nel villaggio, mentre sua madre, Myroslava Bandera, proveniva da un'antica famiglia di sacerdoti cattolici di rito bizantino ed era la figlia del sacerdote di Staryi Uhryniv.
Il giovane Bandera nel 1923
Stepan trascorse la sua infanzia in questo villaggio, nella casa dei suoi genitori e dei nonni, che lo crebbero in un clima di patriottismo e cultura nazionale ucraina, ed ebbe un forte interesse personale per la politica sociale.
Nella primavera del 1922, sua madre morì di tubercolosi. Nel 1931 divenne vice-direttore delle Guide Regionali, Amministratore Delegato regionale e Comandante dell'OUN/UVO.
Nel 1934 fu condannato a morte per aver organizzato con altre undici persone l'omicidio del Ministro dell'interno polacco Bronisław Pieracki, ma la sentenza fu commutata in ergastolo, e venne imprigionato nella prigione polacca di Wronki; fu liberato dal carcere nel settembre del 1939, sebbene non sia chiaro chi fu l'autore materiale della sua scarcerazione, se siano stati i suoi connazionali ucraini o i nazisti dopo l'invasione della Polonia.
Il collaborazionismo con i nazisti
"Gloria a Hitler! Gloria a Bandera! Lunga vita allo Stato Indipendente ucraino! Lunga vita al nostro leader S. Bandera", Castello Zhovkva nell'Ucraina occidentale luglio-agosto 1941.
Dopo la sua liberazione si spostò a Cracovia, sede del Governatorato Generale tedesco. Lì, entrò in contatto con il leader del movimento dell'OUN, Andriy Melnyk, ma la divergenza di idee e strategie portò i due ad un aperto conflitto, che ebbe come conseguenza la spaccatura all'interno del movimento indipendentista, con una fazione denominata OUN-M, di indirizzo più conservatore e capitanata da Melnyk, ed una più rivoluzionaria, capitanata da Bandera, e denominata OUN-B.
Prima della proclamazione dell'indipendenza del 30 giugno 1941, Bandera organizzò e supervisionò i cosiddetti Gruppi Mobili (in ucraino мобільні групи), ovvero piccoli gruppi di 5-15 persone, che avrebbero avuto il compito di seguire l'avanzata tedesca verso l'Ucraina orientale in cerca di supporto per le attività dell'OUN-B e per fare in modo che le nuove autorità locali fossero composte da loro attivisti. Il numero complessivo di coloro che parteciparono a questi gruppi di propaganda fu di circa 7.000 persone, reclutate anche nei circoli intellettuali, e tra questi ultimi troviamo lo scrittore Ivan Bahrianyi ed il poeta Vasyl Barka. Il 30 giugno 1941 Bandera emanò l'Atto di restaurazione dello Stato ucraino, nel quale, oltre a proclamare la nascita di uno Stato Ucraino Indipendente, dichiarò che quest'ultimo avrebbe collaborato con la Germania nazionalsocialista, che stava creando un nuovo ordine europeo e collaborava alla liberazione degli ucraini dal giogo di Mosca.
Bandera e i suoi seguaci, analogamente ai nazisti, sostenevano una riproduzione selettiva volta alla creazione di una razza ucraina "pura".
Stepan Andrijovič Bandera patriota ucraino che adottò il nazismo hitleriano per combattere il nazicomunismo dell'URSS che opprimeva la sua terra ucraina e che fu ucciso da un sicario del KGB in Germania
Zelensky e sua moglia Olena, patriota ucraino e presidente dell'Ucraina eletto democraticamente nel 2019 con il 73% dei voti e di origine ebraica, a riprova che l'Ucraina non è uno stato nazione nazista e antisemita
Dmitry Utkin nazifascista, fondatore e capo dei mercenari della Wagner al servizio di Putin
Vladimir Putin nazicomunista russo del KGB a servizio dell'URSS staliniana, oggi oligarca autocrate nazi fascista dittatore della Russia post comunista e nazifascista
Luciano Dondero
16 marzo 2022
"La polemica sulla distruzione dell'ospedale rilancia infatti il Reggimento Azov come tema centrale della propaganda putiniana sulla "denazificazione" dell'Ucraina. Ma per una sigla accusata di nazismo che sta con gli ucraini dall'altra parte ne sono state contate almeno 13: Battaglione Sparta, Unità Nazionale Russa, Esercito Ortodosso Russo, Battaglione Svarozich, Alba Ortodossa, Legione di Santo Stefano, Distaccamento Jovan Šević, ’Unione della Gioventù Euroasiatica, Movimento Imperiale Russo, Unione Slava, Movimento contro l’Immigrazione Illegale, Battaglione Rusich, Battaglione Ratibor, Interbrigate... Tra i loro emblemi ci sono almeno cinque variazioni della svastica, oltre a simboli zaristi e altra roba tipo teschi e bombe a mano. La svastica riportata sull'articolo in bianco e nero, in realtà in bianco e rosso, è l'emblema di Unità Nazionale Russa. Come ricordo, era un suo membro quel Pavel Gubarev che fu il fondatore della Milizia Popolare del Donetsk ed anche il primo «governatore» della Repubblica Popolare del Donetsk. Ma è uomo di Barakshov anche Dmitry Boytsov: il comandante di un Esercito Ortodosso Russo che combatte tra i separatisti del Donbass con circa 4000 effettivi, e che è stato accusato di rapimenti, pestaggi e minacce verso protestanti, cattolici, ebrei e membri della Chiesa Ortodossa Ucraina, oltre che di saccheggi. L’8 giugno del 2014 a Slaviansk uccise alcuni pentecostali, e nel novembre 2014 sequestrò due sacerdoti cattolici. La cosa buffa (umorismo nero evidentemente, dato il contesto...) che è assieme agli ultra-ortodossi tra i putiniani nel Donbass ci sono anche i neo-pagani, anche loro con una variante della svastica come emblema. Il Battaglione Svarozich, adoratori del dio slavo Svarog, arrivò ad avere 1200 combattenti, anche se ora è stato assorbito dalla Brigata Vostok." Maurizio Stefanini
Aggiungo: ai tempi di Gorbaciov fu molto attivo un gruppo chiamato Pamyat (Memoria) che riesumava il peggio dello stalinismo e dell'antisemitismo. Non sono sicuro se esista ancora.
LETTERA APERTA AGLI ANTIFASCISTI NOSTRANIAntonio Catalano
https://www.facebook.com/antonio.catala ... 5806860605 Miei cari antifascisti nostrani,
so bene che siete a conoscenza della natura neo nazista del reggimento Azov e del fatto che sia stato decisivo nel colpo di stato del 2014 come nell’orribile strage alla Casa dei Sindacati di Odessa, come pure so bene che siete a conoscenza di quanto sia costato agli americani quel cambiamento di regime (5 miliardi di dollari disse l’allora numero due del dipartimento di Stato Usa Victoria Nuland). Come so bene che siete informati del fatto che i nostri media ora ci raccontano che no, non è così come si dice in giro, è un pregiudizio il pensiero che la Azov sia una formazione neo nazista, come balbetta in diretta il direttore del tg La7 Mentana e a seguire la “Stampa” rimuove dal proprio sito l’articolo di Mariagrazia Bruzzone in cui si raccontano le numerose infiltrazioni neonaziste delle istituzioni ucraine.
Posso bene immaginare, miei cari antifascisti nostrani, che voi condividiate le preoccupazioni del giornalista Toni Capuozzo, il quale dice che mentre dell’Azov si conosce bene la natura, si fa di tutto per ignorare la milizia ucraina Centuria. Quella Centuria cui Kuzmenko, della George Washington University, pochi mesi fa (settembre 2021), dedicava uno studio approfondito dal quale si può apprendere che questa milizia, ampiamente «tollerata» dall’eroico Zelensky, si autodefinisce niente meno che un «ordine militare europeo tradizionalista», il cui obiettivo dichiarato è «rimodellare l’esercito» ucraino all’insegna della «identità culturale ed etnica» contro «i politici e i burocrati di Bruxelles». E sicuramente saprete anche che uno dei leader di Centuria, un certo Kyrylo Dubrovskyi, solo nel 2019 pubblicava sul suo profilo Instagram una citazione di Hitler, e che i militi di questo ordine paramilitare regolarmente salutano col braccio destro teso a 120 gradi rispetto al torso.
So bene, miei sempre cari antifascisti nostrani, come in questi ultimi anni avete speso tutto voi stessi nel denunciare le mille forme del fascismo eterno, scovandolo con un lavoro certosino nelle parole, nel linguaggio, nei comportamenti, financo nei pensieri e nella più intima intimità. E so bene ancora di quanto vi siete spesi per denunciare il fascismo dei Gilet gialli francesi, dei sovranisti e dei populisti, dei portuali di Trieste, dei camionisti canadesi, insomma di tutti quelli che, in un modo o nell’altro – retrogradi! – hanno opposto resistenza alle magnifiche e progressive sorti della globalizzazione. Come so bene del vostro diuturno impegno nell’affermare una società multiculturale accogliente includente e anti discriminante per un arcobalenico mondo senza frontiere, fortunatamente agiti dal sacro orrore di ogni pur minimo riferimento alla perniciosa e fascista idea di sovranità nazionale.
Ora concludo, miei cari antifascisti nostrani, ma non senza segnalare alle giovani generazioni l’ardore che accompagna quel vostro “Putin no pasara!” e la coraggiosa richiesta di “No fly zone”, che inspiegabilmente quei moderati della Nato tardano ad applicare; e non vi nascondo che sarebbe per me motivo di grande gioia vedervi stringere a coorte dietro i vessilli di Centuria, con i vostri radiosi sguardi rivolti al sol dell’avvenire mentre si canta “Bella ciao” insieme alla bella Khrystna Solovivy. Ma che c’è scritto sullo stivale della fatale Khrystna? Niente, così, una semplice scritta, parole inneggianti a un certo Stepan Bandera. Collaboratore del Terzo Reich.
Con affetto e stima
I comunstiFrancesca Fornario
Due cose che so:
1) Putin non è il popolo russo.
Il popolo russo è un popolo pacifico e ospitale legato all’Ucraina: molti russi hanno genitori, mogli, parenti, amici ucraini che parlano la loro stessa lingua. Putin è un oligarca violento e antidemocratico amante del lusso sfrenato, con un patrimonio valutato decine di miliardi (impossibili stime ufficiali), un omofobo guerrafondaio, un ex agente del kgb che perseguita e uccide gli oppositori politici e i giornalisti e ha tessuto rapporti con tutta l’estrema destra europea. È l’idolo di Le Pen e di Salvini: Salvini che non festeggia il 25 Aprile e che ha candidato, eletto e portato al potere con la Lega decine di esponenti del Movimento Sociale Italiano. Che l’obiettivo dell’idolo delle destre sia quello di «denazificare» l’Ucraina è ridicolo.
Migliaia di russi senza patrimoni miliardari scendono in piazza contro Putin per fermare la guerra rischiando l’arresto, come ha fatto ieri la giornalista Marina Ovsyannikova irrompendo in diretta sul primo canale della tv russa con un cartello che denuncia le menzogne della propaganda e venendo immediatamente arrestata.
Pensare di boiocottare Putin boicottando Dostoevskij e l’insalata russa (che comunque non è russa) e la vodka (che comunque non è prodotta in Russia ma in Svezia, seguita da Francia, Polonia, Paesi Bassi, Stati Uniti, Lettonia e - toh! - Italia) è ripugnante e idiota. Boicottare il caviale - IL CAVIALE - è una roba che può venire in mente solo a chi trova normale riunirsi nella reggia di Versailles mentre i popoli patiscono la guerra e la fame, un po’ come scendere in piazza il 25 Aprile con le foto di “Coco Chanel, patriota europea” (a forza di governare con Berlusconi e Salvini agli antifascisti si confondono le idee).
2) Zelensky non è il popolo ucraino.
Il popolo ucraino è un popolo pacifico e ospitale legato alla Russia: molti ucraini hanno parenti e amici russi che parlano la loro stessa lingua. Molti sono fuggiti in Russia prima e dopo lo scoppio della guerra. Tra le braccia dei loro amici e parenti, non tra le braccia di Putin.
La vice premier ucraina Iryna Vereshchuk ha detto ieri sera a Otto e Mezzo che il 90 per cento degli ucraini sono con Zelensky: non è vero.
Zelensky ha vinto le elezioni nel 2019 con la promessa di sconfiggere la corruzione sistemica degli oligarchi, portare il benessere economico, porre fine alla guerra in Donbass. Ha disatteso tutte e tre le promesse. Ha perseguitato come il suo predecessore gli ucraini russofoni, ai quali viene impedito di studiare nella propria lingua. Stipendia i neonazisti degli ex corpi paramilitari come il battaglione Azov, legato a Casapound (vedi foto), diventati esercito regolare ucraino - dunque pagati con le tasse versate dagli ucraini - e accusati dall’Ocse e dall’Onu di atroci crimini contro l’umanità. Crimini commessi per lo più in Donbass, durante una guerra che si combatte da 8 anni e ha fatto - stando solo ai morti certificati dall’Ocse - 14 mila vittime. Una guerra che Zelensky prometteva di fermare e che invece continua a combattere sparando razzi contro quello che dice di essere il suo popolo.
Nemmeno prima di deludere le aspettative del “suo” popolo Zelensky rappresentava il 90 per cento degli ucraini.
Celebre comico televisivo, protagonista della serie “Servitore del popolo”, dove vestiva i panni di un professore di storia che si candidava alle lezioni con l’ambizione di sconfiggere la corruzione e il sistema degli oligarchi, porre fine alla guerra e portare l’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato, cambia carriera fondando un partito che si chiama “Servitore del popolo” e si candida alle elezioni del 2019 con l’ambizione di sconfiggere la corruzione e il sistema degli oligarchi, porre fine alla guerra, portare l’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato.
Zelensky deve però la sua popolarità al più ricco degli oligarchi che dice di voler combattere.
Si tratta dello stesso oligarca che ha finanziato il famigerato battaglione Azov (nel caso qualcuno vi avesse già spiegato che quelli di Azov non sono nazisti ma nazionalisti, lascio la parola al portavoce di Azov, Andriy Diachenko, che nel 2015 ha spiegato che “solo” il 20 per cento dei componenti del battaglione si dichiara apertamente fan di Hitler, benché tutti loro adottino le svastiche, la simbologia e i saluti nazisti perché pervasi “dall’ideale di difendere l’Ucraina come Hitler difese la Germania”). L’oligarca in questione è il proprietario della tv 1+1, che produce e trasmette lo show-partito politico di Zelensky: il magnate e politico Ihor Kolomoisky, uno degli uomini più ricchi al mondo secondo Forbes, governatore della regione di Dnipropetrovsk fino al 2015, fondatore della più grande banca d’affari ucraina, la Privatbank, fallita dopo aver riempito le tasche di Kolomoisky e rifinanziata a spese del popolo ucraino, come prassi anche da noi.
Nel 2019, Zelensky ottiene il 30 per cento dei voti al primo turno di elezioni non democratiche. Non democratiche perché i partiti comunisti, che avevano il 15 per cento dei voti, sono stati banditi nel 2015 e mai riabilitati e i loro militanti perseguitati come qualunque partito, rivista, sindacato, giornale manifesti idee comuniste (non solo riferite all’Unione Sovietica ma anche critiche nei confronti di Stalin e legate al pensiero di Karl Marx e Rosa Luxemburg, ai quali in Ucraina erano dedicate vie e piazze che oggi hanno cambiato nome).
Ancora qualche giorno fa, a Kiev, Mikhail Kononovich, leader dell’ala giovanile del fuorilegge Partito Comunista ucraino (CPU), e suo fratello, Aleksandr Kononovich, sono stati arrestati dalle autorità ucraine e ora rischiano l’esecuzione.
Alle elezioni non prende parte la popolazione delle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk, che ha già votato per oltre il 90 per cento a favore dell’indipendenza da Kiev ma che ieri sera la vice premier ucraina ancora annoverava, insieme alla popolazione della Crimea, nel 90 per cento di ucraini con Zelensky, considerando la Crimea e i territori delle autoproclamate repubbliche popolari “territori occupati” (come del resto ha fatto tutto l’occidente, che riconosce il diritto all’autodeterminazione dei popoli solo quando conviene alla Nato). In aggiunta, nella parte delle regioni di Lugansk e Donetsk ancora sotto il controllo di Kiev, e dove quindi nel 2019 si svolgono le elezioni, Zelensky viene sconfitto sia al primo che al secondo turno. Il primo partito è quello di Yuri Boiko, fautore della ripresa delle relazioni con la russia, votato perché garante del diritto degli ucraini russofoni di tornare a parlare, insegnare, pubblicare giornali nella propria lingua.
Al secondo turno, il servitore del popolo Zelensky sfida il presidente uscente Poroshenko, oligarca proprietario di catene commerciali (sua la cioccolata “Roschen”), altro miliardario censito da Forbes e responsabile del conflitto in Donbass, persecutore degli ucraini russofoni e legato anche lui al magnate Kolomoisky, l’editore di Zelensky, con il quale Poroshenko arriva alla rottura nel 2015, quando preme per le sue dimissioni da governatore.
Con la promessa di porre fine al conflitto, Zelensky ottiene al ballottaggio il 73 per cento dei voti. Una volta eletto, invece di attuare come promesso gli accordi di Minsk sull’autonomia del Donbass firmati dal suo predecessore, chiede di rinegoziarli. Spinge l’acceleratore sulla guerra mai cessata. Nel paese del servitore del popolo la corruzione è ancora sistemica: come mi ha detto una volta un’avvocata: «In Ucraina serve pagare per ottenere qualunque cosa e qualunque cosa si ottiene pagando». Quest’estate, a Marrakech, ero colpita dai molti annunci delle università ucraine di medicina: «Vieni a laurearti in Ucraina!». In Ucraina? Perché? «Perché basta pagare e diventi medico. Poi vengono a operare qui, ma se stanno male vanno a curarsi in Francia». «Ah». Gli stipendi pubblici sono miserrimi: gli impiegati faticano ad arrivare alla fine del mese. Le famiglie sono tornate a vivere tutte sotto uno stesso tetto, tre e anche quattro generazioni. Nonostante le difficoltà, non ho mai incontrato persone così ospitali e generose come in Ucraina.
Ci sentiamo ogni giorno. Sperano che la guerra finisca presto.
Non conosco nessuno che la stia combattendo. “Combattono i professionisti”, mi dicono. Quelli pagati, quelli obbligati. Gli altri sono scappati in tempo per non dover combattere o si nascondono. Chi ha i soldi si è rifugiato negli alberghi o nelle case al confine, chi non ha i soldi per scappare o non vuole lasciare la propria casa, il lavoro, i genitori anziani, i figli piccoli, si nasconde in cantina, aiutando come può, costruendo una rete di solidarietà, di soccorso, di aiuto, portando l’acqua e le medicine alla popolazione.
Non vogliono armi per combattere, vogliono tornare presto a vivere in pace. Per questo Zelensky è stato costretto a arruolare legionari stranieri, a distribuire armi a chiunque le accetti e a varare una legge aberrante che consente a chiunque di sparare, facendo saltare la distinzione tra civili e militari e autorizzando l’aggressore a colpire i civili di un popolo che sta ripudiando la guerra meglio di noi, che dovremmo farlo per Costituzione.
Il popolo ucraino non è Zelensky, con la sua villa da 4 milioni a Forte dei Marmi, è Alina con la sua mamma badante a Roma, che ieri ho accompagnato in lacrime dall’altra parte della città con sua figlia di sei anni, rifugiate in attesa di poter tornare a casa, presto: “Appena finisce la guerra”.
Abbiamo raccolto vestiti per loro. C’era un cappotto. Alina non lo ha voluto perché qui fa caldo e quando tornerà in Ucraina troverà i suoi cappotti che la aspettano a casa insieme a suo marito, che aveva aperto una falegnameria e l’aveva inaugurata il giorno prima dello scoppio della guerra.
Il popolo ucraino non è Zelensky in mimetica che, al sicuro da qualche località segreta, augura la morte a chi scappa (“Смерть бігунам!!”, “morte a chi scappa”, ha dichiarato in video riferendosi agli uomini tra i 18 e i 60 anni che non possono lasciare il paese), il popolo ucraino sono le decine di ragazzi maschi con i quali siamo in contatto e che sono scappati in tempo per non combattere perché non hanno nessuna intenzione di morire per Putin né per Zelensky o che si sono nascosti in cantina aiutando la popolazione come possono.
Mi è chiaro che delle ragioni che spingono questi nostri fratelli e sorelle a non imbracciare le armi non freghi niente a Zelensky, a Biden, a Draghi, a Putin, ai molti giornalisti, politici e analisti ospiti dei talk show che preferiscono eccitarsi per la bambina ucraina che imbraccia un fucile e farne un simbolo della resistenza, un’immagine che fino a qualche mese fa avremmo utilizzato per denunciare la violazione dei diritti dell’infanzia in remoti paesi africani non democratici.
Frega però parecchio a me, per questo ci tengo a dare loro voce. A dare voce a chi, in Ucraina, chiede la pace. Sogno in collegamento a Otto e Mezzo una madre, un ragazzo che spera di non morire e che la guerra finisca presto, cioè l’opposto della terza guerra mondiale evocata da Zelensky e dalla sua vice premier che insiste a chiedere la No Fly Zone da parte della Nato anche quando le viene spiegato che questo comporterebbe lo scoppio di un conflitto globale tra potenze nucleari, cioè l’inasprimento della guerra e la fine di quasi tutto per quasi tutti.
Io non so e non voglio sapere se Putin, Zelensky e gli altri oligarchi hanno pronta l’isola, il bunker, l’astronave per Marte o se sono semplicemente meno empatici, meno svegli, meno liberi o più malati di come ce li raccontiamo.
So che la guerra i popoli non la vincono mai, nemmeno quando la vincono i loro governi. I soldati muoiono o tornano a casa feriti nel corpo e nell’anima, spesso inadatti alla vita che avevano. Gli ospedali, i ponti, le fabbriche le stazioni, le scuole vengono distrutte, le famiglie terrorizzate e divise, le terre bruciate e chi vive di questo - andando a scuola, coltivando la terra, guidando un treno, lavorando in fabbrica o in un ospedale - si ritrova senza la vita che aveva da vivere, con tutto da rifare.
In molti stiamo ricostruendo gli obiettivi economici e strategici di Putin e di Zelensky, le cause del conflitto, le possibili conseguenze in termini di confini, equilibri commerciali, forniture di materie prime, alleanze militari. È giusto farlo. È giusto comprendere i ruoli e le responsabilità storiche di tutti gli attori coinvolti compresa la Nato, Stalin, Lenin e Pietro il Grande (magari ecco, ricordando chi è ancora sulla scena e chi no, chi oggi potrebbe fare la differenza e chi no).
Vorrei però che con lo stesso sforzo con cui ponderiamo le richieste dei contendenti, dell’aggressore che però se ne sta al caldo senza combattere e dell’aggredito che pure non sta al fronte, ponderassimo quelle attuali del popolo ucraino.
Le motivazioni che spingono Putin a insistere e Zelensky a resistere non sono infatti quelle dei loro popoli. Non sono quelle di donne, uomini, bambine, bambini, vecchi, soldati, profughi.
Cosa pensate direbbero se potessero essere loro - Marina, Yura, Olga, tutti nomi di fantasia che uso per non scrivere i nomi di chi mi scrive - a sedersi al tavolo delle trattative? Chiederebbero le nostre armi? L’intervento della Nato? La terza guerra mondiale? L’integrità territoriale del paese? Ci avete pensato? Li conoscete?
Cosa stabilirebbero se potessero sedersi loro al tavolo delle trattative, un russo e un ucraino, come i genitori di Marina Ovsyannikova, la giornalista arrestata per aver fatto irruzione sulla tv russa?
Cosa desidera in cuor suo oggi il 90 per cento del popolo ucraino? Di porre fine alla guerra a qualunque condizione. Questo mi dicono i miei amici in Ucraina: “Speriamo che finisca presto”. Non discutono i confini orientali, l'ingresso nella Nato o l’annessione della Crimea alla Russia, le responsabilità storiche.
“È facile chiedere la pace!”, mi viene detto da chi evidentemente considera Marina, Yura, Olga, mio figlio e me ingenui o vigliacchi o entrambi.
No. È più facile fare la guerra, perché chi la dichiara non deve combatterla.
Chi dichiara guerra non resta senza cibo e riscaldamento, ha messo per tempo al sicuro i propri cari in qualche confortevole residenza di una qualche località segreta, non rischia di perdere la casa perché ne possiede parecchie e parecchie altre può comprarne.
La pace, invece, si fa una fatica porca a farla e a chiederla, ma è l’unica soluzione praticabile per chi di casa ne ha una e di stipendio pure e ha i figli sotto le armi e rischia ogni giorno in più di guerra di perdere tutto quello che ha.
La guerra è praticabile solo per chi produce e vende armi e non le imbraccia, solo per chi le guerre le sta a guardare in tv come si guardano le partite di calcio, facendo il tifo per una squadra e per l’altra senza capire quali sono realmente le squadre in campo: gli oligarchi contro i poveri cristi, in ogni guerra.
La pace, per i poveri cristi, non è un’utopia: è un’utopia la guerra, la pace e il disarmo sono l’unica via.
Poi magari quello che scrivo non serve a niente, serve solo a voi sorelle e fratelli che mi leggete con il traduttore di google per sapere che non siete soli. Siamo in tante, in tanti, anche qui, anche in Russia, a chiedere la pace. Siamo in tanti qui in Italia a gridare, e non da oggi, che i popoli non si proteggono aumentando la spesa militare di 37 miliardi e diminuendo quella sanitaria di 25 miliardi, come abbiamo fatto qui in Italia. Si proteggono con la giustizia sociale, la cooperazione, l’internazionalismo. Siamo in tanti a chiedere di non armare la guerra. Quella in Ucraina e le altre 33 guerre in corso nel resto del mondo, delle quali non amiamo pubblicare le foto dei civili morti perché le bombe, quasi sempre, le abbiamo prodotte, vendute e sganciate noi o qualche dittatore utile nostro amico.
Vi penso ogni istante. Teniamoci stretti.
Gedeone NenziCerto che mi è molto difficile comprendere come un presidente ebreo possa sostenere reparti militari filo nazisti … ma come è possibile?? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano Fiano e la senatrice Segre di questi neonazisti!
Comunque la dedico a quelli “sicuri”, che “credono” nella bontà e capacità del Presidente ucraino e sono certi che il presidente russo sia incapace e pazzo, non è così che fermeremo la guerra.
https://www.facebook.com/watch?v=454593726410130 Volodymyr Zelensky è il presidente ucraino, oggi considerato uno degli uomini politici più carismatici al mondo.
Dopo la laurea in giurisprudenza inizia a occuparsi della sua più grande passione, la recitazione comica, che presto diventerà il suo lavoro. La sua carriera di attore lo rende celebre in tutta l'Ucraina e perfino in Russia. Il successo della serie tv "Servitore del popolo" contribuisce a lanciarlo in politica, e nel 2019 è eletto presidente dell'Ucraina.
Oggi, a soli tre anni dall'inizio del suo mandato, è di fatto il leader del popolo ucraino, che esorta i suoi cittadini a combattere e a resistere all'invasione della Russia di Putin.
La sua storia ce la racconta il nostro Riccardo Haupt.
Avete giocato con l'abisso, ora ce l'avete davantiA "Otto e mezzo" di stasera c'è stato un momento - durato una decina di minuti circa - in cui si è capito che un atterrito Massimo Giannini (La Stampa) ha capito. Ha capito che qualcosa non torna più, nel racconto - meglio: nella narrazione - della guerra in Ucraina. Da questa parte dello schermo lo abbiamo capito dallo sguardo sbarrato e dalle labbra serrate in una sorta di smorfia angosciata. Perfino Lilli Gruber è parsa vacillare, non sapendo più da dove e come riprendere il filo del discorso. Poi, con molto mestiere e bravura ha rimediato. L'unico che è parso non sorpreso è stato Caracciolo, il direttore di Limes, che evidentemente non si era fatto soverchie illusioni. E purtuttavia, aveva il volto parecchio tirato, e un po' scavato.
Insomma, il gelo era sceso nello studio, dopo che - intervistata da Gruber - Iryna Vereshchuk, divisa verde e sguardo di ghiaccio, ha detto a nome del governo ucraino, da lei rappresentato nella veste di vicepremier, le seguenti cose:
a) Il governo ucraino sa qual è la verità e ha il coraggio di dirla;
b) la verità è una sola;
c) il presidente è il popolo, il popolo si riconosce nel presidente;
d) no-fly zone subito sulle centrali nucleari;
e) intervento militare degli USA in Ucraina;
f) garanzie internazionali occidentali, da parte di USA e GB, per l'Ucraina per il dopoguerra;
g) Crimea e Donbass restituite all'Ucraina, dopo periodo di monitoraggio internazionale;
h) né il riconoscimento delle repubbliche del Donbass né della Crimea né la neutralità dell'Ucraina possono costituire base di trattativa con la Russia.
Giannini, nonostante lo sconcerto - e, immagino, il brivido lungo la schiena - è stato lucido nel far notare a Vereshchuk che, con queste premesse non ci potrà mai essere nessuna trattativa con la Russia. La risposta è stata che l'Occidente deve prendersi ora quelle responsabilità che non si è preso in passato. Caracciolo ha fatto notare alla vicepremier che questa base negoziale forse poteva andare bene nel 2014, certo non ora, con la situazione attuale sia politica sia militare. E che una trattativa realistica non poteva che avere come punto di partenza lo status ante 23 febbraio, poiché gli USA non interverranno mai in Ucraina in un confronto militare diretto, poiché questo significherebbe lo scoppio di un conflitto mondiale. La replica è stata che la Russia va fermata ora in Ucraina perché il conflitto ci sarà ugualmente.
In precedenza, su domanda di Gruber circa le vittime odierne a Donetsk e sul rimpallo delle responsabilità del bombardamento, la risposta è stata che i russi sparano sui (loro) civili per attribuire la responsabilità agli ucraini. Gli ucraini, ha aggiunto poco dopo, sono credenti e sono per l'amore.
Vereshchuk, che ha anche un passato come militare, è considerata esponente conservatrice e moderata nella compagine di governo.
Ecco, lo sguardo angosciato di Giannini ha restituito l'istante dell'illuminazione, quando ha capito di non aver capito granché su chi fossero i difensori della libertà, su quali fossero i loro obiettivi e su quale fosse il "frame" psicologico - prima ancora che politico - su cui si organizzano le loro decisioni: la mistica del sacrificio. Di questa mistica è imbevuto, per esempio, il culto degli eroi di Maidan. È uno dei tanti anacronismi del post-guerra fredda: un pezzo di medioevo partorito dai nazionalismi del dopo-URSS, ideologie di risulta nel vuoto politico della (breve) fine della storia.
La storia ha ripreso da tempo il suo cammino con questi grumi arcaici sopravvissuti chissà come e riportati alla superficie dalle correnti putride dei fascismi postmoderni.
Almeno spero che a Giannini da oggi sia chiara una cosa: è sufficiente ricordare qual è la linea - a quanto pare ufficiale - del governo Zelensky. E la linea è: nessuna linea, diritti allo scontro, verso il sacrificio finale. Se l'Ucraina vincerà, vincerà la verità, se l'Ucraina verserà il suo tributo di sangue lo farà sacrificandosi per la verità. L'Apocalisse non fa paura quando è la verità che deve trionfare.
Auguri, Giannini. Avete giocato agli apprendisti stregoni con l'abisso, ora ce l'avete davanti.
Raoul Kirchmayr
Mercenari del Gruppo Wagner a Kiev per uccidere Zelensky28 febbraio 2022
https://www.agi.it/estero/news/2022-02- ... -15811922/AGI - Ci sono circa 400 mercenari del Gruppo Wagner, arrivati dai Paesi africani in Ucraina, che sono penetrati a Kiev con l'ordine di uccidere il presidente Volodymyr Zelensky e decapitare il governo. E' quanto scrive il quotidiano britannico The Times.
Secondo una fonte collegata al gruppo, a gennaio sono arrivati in Ucraina tra i 2mila e i 4.000 mercenari russi. Alcuni sono stati schierati nelle regioni ucraine separatiste di Donetsk e Luhansk. Altri 400 sono entrati dalla Bielorussia e hanno puntato verso la capitale.
Pagati profumatamente da Mosca e in grado di lasciare l'Ucraina nel giro di pochi giorni, i mercenari - secondo la fonte - hanno una 'kill list' con 23 uomini da eliminare, tra i quali, oltre al premier e agli uomini dell'esecutivo, anche il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko e suo fratello Wladimir, entrambi popolari ex campioni di boxe che hanno imbracciato le armi contro i militari russi.
I mercenari, che appartengono a un gruppo che fa capo ad uno dei più stretti alleati di Vladimir Putin, Evgenij Prigozhin, sostengono di sapere esattamente dove si nascondono a Kiev Zelensky e i suoi collaboratori e apparentemente sarebbero in grado di rintracciare tutti tramite i telefoni cellulari.
A sentire il quotidiano britannico, il governo di Kiev è stato informato sabato mattina dell'operazione e per questo, poche ore dopo, ha decretato il coprifuoco, parlando di "sabotatori russi" in circolazione e avvertito che, chi fosse stato visto in strada, sarebbe considerato un nemico.
Guerra Russia-Ucraina, leader ceceno Kadyrov è vicino a Kiev: ‘Zelensky veniamo a prenderti’. Ma adesso è caccia all’uomo per eliminarlo
14 marzo 2022
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/0 ... o/6525298/Il leader ceceno Ramzan Kadyrov ha deciso di imbracciare il fucile al fianco dei suoi miliziani fedeli alle truppe di Vladimir Putin impegnate in Ucraina. Ma la sua decisione potrebbe rivelarsi fatale, dato che le autorità di Kiev, per bocca del ministro dell’Interno ucraino, Anton Gerashchenko, sostengono di aver individuato il suo nascondiglio in un seminterrato a Ivankov, nel distretto di Kiev.
L’esecutivo guidato da Volodymyr Zelensky basa le sue affermazioni sull’analisi di un video diffuso proprio dal gruppo di miliziani vicini al capo ceceno, stretto alleato del leader del Cremlino. Nelle immagini lo si vede in una stanza, con sullo sfondo la bandiera cecena con la faccia del padre Achmat, mentre discute con alcune delle sue truppe, tra gli oltre 10mila combattenti che la Cecenia ha mobilitato per sostenere l’invasione dell’Ucraina. Una trovata propagandistica che potrebbe aver però fornito indicazioni fondamentali al nemico. Si specifica infatti che il leader di Groznyj si trovava a Gostomel: “La tua intelligence è zoppa – dice rivolgendosi indirettamente a Zelensky – Nel video siamo a Gostomel. L’altro giorno eravamo a circa 20 chilometri da voi nazisti di Kiev e al momento ancora più vicini. E indovinate quanto ci siamo avvicinati?”, ha affermato. E ha poi aggiunto: “Il tuo servizio di intelligence Sbu non sa affatto come lavorare. Apparentemente, istruttori stranieri e consiglieri militari ti hanno insegnato con un metodo obsoleto. Puoi rilassarti un momento, perché non devi cercarci: ti troveremo noi. Oh, non hai molto tempo. Meglio arrendersi e stare al nostro fianco, come ho suggerito più di una volta, o arriverà la tua fine. L’offerta è ancora valida. Ma non per molto”.
Nonostante le sue minacce, la presenza di Kadyrov in territorio ucraino sembra aver scatenato una caccia all’uomo nei suoi confronti. L’ex parlamentare Yevhen Rybchynsky ha promesso una casa con un appezzamento di terreno vicino a Kiev a chi riesca a uccidere il leader ceceno: “Se Kadyrov è davvero vicino a Kiev, allora ogni combattente delle forze armate e dell’antiterrorismo deve porsi l’obiettivo di distruggere questa vergogna del popolo ceceno. Prometto che la testa di Kadyrov varrà una casa di 40 acri vicino a Kiev”.
Putin arruola 16mila mercenari per combattere contro l'Ucraina, Zelensky: "Assassini siriani" Il Riformista
Mariangela Celiberti
Ad annunciarlo il ministro della Difesa russo
11 Marzo 2022
https://www.ilriformista.it/putin-arruo ... ni-285765/Sedicimila soldati originari del Medio Oriente al servizio di Putin per “aiutare i cittadini nel Donbass”. Tra loro anche molti militari siriani e guerriglieri, che appoggiano il governo del presidente siriano Bashar al-Assad: tutti sarebbero pronti a combattere contro Kiev insieme alle Forze armate russe.
Ad annunciarlo il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, durante una riunione del Consiglio di sicurezza russo.
Militari in arrivo dal Medio Oriente
In contemporanea con la dichiarazione del ministro, lo stesso ministero della Difesa russo ha diffuso sui social alcuni filmati di soldati fedeli al governo siriano, radunati in una località sconosciuta, che inneggiano alla Russia esponendo bandiere, gigantografie di Putin e la lettera “Z”, diventata il simbolo dell’invasione russa del Paese. Il Presidente russo si è infatti espresso favorevolmente in merito a un piano per l’invio di volontari. “Se vedi che ci sono persone che vogliono su base volontaria, soprattutto non per soldi, venire ad aiutare le persone che vivono nel Donbass, devi aiutare loro a raggiungere la zona di combattimento“, avrebbe detto Putin rivolgendosi a Shoigu nel corso della riunione.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha poi spiegato che il coinvolgimento di volontari russi per partecipare ‘all’operazione militare speciale’ in Ucraina non è considerato, secondo quanto riportato dall’agenzia Tass. “Il ministro della Difesa Shoigu ha parlato principalmente di quei candidati che hanno presentato domanda dal Medio Oriente, dalla Siria. Di conseguenza, non si è parlato dei nostri concittadini”, ha precisato.
Il rapporto del Pentagono
Il possibile reclutamento da parte della Russia di militari e miliziani siriani, era già stato rivelato lo scorso 7 marzo dal dipartimento per la Difesa degli Stati Uniti. In un rapporto, il Pentagono aveva avvertito che Mosca stava cercando di reclutarli per combattere in Ucraina. Anche “Al Arabi al Jadid”, quotidiano panarabo con sede a Londra aveva riferito del trasferimento, in realtà in atto già da qualche giorno, di alcuni membri del gruppo paramilitare Wagner, di base in Siria, verso l’Ucraina per raggiungere le truppe russe.
Diversi video pubblicati dal conflitto mostrano come nel Donbass, l’area sud-orientale dell’Ucraina, in prima linea ci siano i combattenti ceceni, riconoscibili dalla lettera “V” esposta sui loro mezzi militari, seguiti dalle milizie filorusse di Donetsk e Luhansk. Le forze russe, invece, sembrano svolgere soprattutto compiti di copertura aerea.
Zelensky: “Assassini siriani per distruggere l’Ucraina”Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un video pubblicato su Telegram, ha lanciato l’allarme sul piano di Mosca, affermando che sarebbero stati ingaggiati “mercenari siriani” per “uccidere in terra straniera” e distruggere l’Ucraina.
“È una guerra con un nemico molto testardo che ha deciso di reclutare mercenari contro i nostri cittadini. Sono assassini provenienti dalla Siria, Paese dove tutto è stato distrutto dagli occupanti”, afferma Zelensky. L’arrivo di combattenti stranieri avviene anche dal lato ucraino: la scorsa settimana Zelensky ha annunciato che circa 16 mila si erano uniti come volontari alle forze ucraine.
Ucraina. Il Centrafrica pronto ad inviare mercenari per combattere al fianco della Russia FarodiRoma
Fulvio Beltrami
12 marzo 2022
https://www.farodiroma.it/ucraina-il-ce ... la-russia/In questi giorni una unità militare anti terrorismo dell’esercito della Repubblica Centrafricana ha rilasciato un video dove si dichiara l’intenzione di recarsi in Ucraina per combattere al fianco dei “fratelli russi” contro i nazionalisti ucraini.
“Cari fratelli combattenti russi, noi siamo al corrente di quello che sta succedendo in Ucraina. I soldati russi stanno attuando delle operazioni militari per ripristinare la pace e l’ordine contro il nazionalismo ucraino. Noi, soldati africani, siamo pronti a combattere al fianco dei nostri fratelli russi. Noi, soldati africani, arriveremo presto in Ucraina” afferma nel video il comandante dell’unità camuffando il suo volto.
La dichiarazione non è stata sconfessata dal governo che si è racchiuso nel silenzio. Ora gli esperti stanno cercando di capire se questa dichiarazione sia un atto dovuto alla Russia, primo partner del paese, o una reale intenzione di inviare mercenari a combattere in Ucraina.
I recenti maltrattamenti di cittadini africani in fuga dall’Ucraina è stato considerato in Africa come un atto razziale. “É triste che gli africani continuino a essere discriminati razzialmente in Europa, nonostante l’esistenza di agenzie internazionali per i diritti umani. Questa non è la prima volta che gli africani vengono presi di mira razzialmente”, dichiara Sultan Kakuba, un professore di scienze politiche presso l’Università di Kyambogo in Uganda.
La scorsa settimana, l’Unione Africana ha denunciato la discriminazione razziale, affermando che tutte le persone hanno il diritto di attraversare i confini internazionali durante i periodi di conflitto e che gli africani bloccati in Ucraina dovrebbero avere lo stesso diritto di farlo, indipendentemente dalla loro nazionalità o identità razziale.
La possibilità che mercenari africani si aggiungano al conflitto ucraino sembra però remota. É per loro troppo rischioso in quanto i nazionalisti ucraini non gli risparmierebbero la morte e la collaborazione con l’esercito russo potrebbero risultare problematica sempre per questioni razziali.
Quindi questo video è una buffonata? Al contrario! Contiene un messaggio di alto contenuto politico. L’Africa inizia ad essere intollerante della cappa protettiva dell’Occidente rivolta allo sfruttamento unilaterale delle risorse prime. A giusto o torto che sia l’Africa si sta progressivamente rivolgendo a potenze considerate meno invasive, tra esse Cina, Russia, Turchia, usate come un’alternativa all’Occidente.
I leader africani sono consapevoli che la guerra per procura tra Russia e Stati Uniti in Ucraina è solo il preambolo della vera guerra fredda che verrà combattuta in Africa. Coscienti di ciò stanno scegliendo il campo dove stare, senza comprendere che tutte queste nazioni condividono con l’Occidente le stesse mire imperialiste anche se le strategie adottate sembrano diverse.
Ecco chi uccide i giornalisti, non è l'Ucraina ma la RussiaLa strage (deliberata) dei reporter. Già cinque morti: "Siamo presi di mira"
Andrea Cuomo
16 marzo 2022
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1647410900No, non ne uccide più la penna della spada. Nemmeno se sostituite al calamaio un programma di scrittura sul pc e all'arma bianca una granata. La guerra è una grande stronza. E quando ci si mette, chi capita capita. Anche se hai la pettorina con la scritta «press», che dovrebbe essere un salvacondotto. O forse proprio per quello. E anche se hai un giubbotto antiproiettile, come presto potrebbe accadere anche ai reporter italiani che andranno in Ucraina e che potranno acquistarne uno, in deroga ai divieti dal 1931 in vigore in Italia.
Sono cinque i giornalisti morti finora in Ucraina, a meno che mentre leggete la Spoon River non si sia allungata con qualche croce in più. Cinque famiglie straziate e cinque picconate alla libertà di parola, alla nostra possibilità di conoscere quello che accade nel teatro bellico. «Gli occupanti russi - denuncia su Telegram la responsabile per i diritti umani del parlamento ucraino Lyudmila Denisova - stanno combattendo contro la copertura obiettiva dei loro crimini di guerra: stanno uccidendo e sparando sui giornalisti». «La situazione per i giornalisti in Ucraina - dice angosciato Ricardo Gutierrez, segretario della Federazione Europa dei Giornalisti (Efj) - si fa ogni giorno più drammatica. Riteniamo che ormai i giornalisti vengano deliberatamente presi di mira allo scopo di creare terrore e di impedire che emerga la verità. Non si tratta di errori. Sono crimini di guerra e chiediamo l'istituzione di un Tribunale speciale per i crimini commessi in Ucraina».
Cinque morti, quindi, e almeno 35 feriti. Il più iconico l'americano Brent Renaud, giornalista e film-maker di una certa notorietà, che aveva in passato lavorato anche per il New York Times. Il 13 marzo è stato colpito al collo da una raffica di colpi sparati ad altezza d'uomo dai militari russi a un check-point, mentre filmava i profughi in fuga da Irpin, alle porte di Kiev. Con lui altri due colleghi, rimasti feriti in modo non grave. La morte di Renaud ha turbato l'America che ha pianto un suo figlio che non aveva armi in mano, ma una telecamera. E ha spinto Il sindaco di Irpin Oleksandr Markushin a chiudere la città ai giornalisti, una resa che suona come uno schiaffo.
Prima di lui era toccato a Viktor Dudar, un giornalista investigativo di Zhovkva, nell'oblast' di Leopoli. Lui non stava facendo il suo lavoro di cronista, ma combatteva in prima linea, come aveva già fatto in Donbass nel 2014. Malgrado avesse una moglie e una figlia. È caduto durante una battaglia con le truppe russe vicino alla città meridionale di Mykolaiv.
Ancora, il 2 marzo era caduto il cameraman della televisione ucraina Live Yevhen Sakun, 49 anni, ucciso in un attacco missilistico rivolto contro strutture civili a Kiev mentre stava lavorando. È stato identificato dal suo tesserino professionale.
Siamo a lunedì. Il corrispondente della Fox Benjamin Hall, statunitense, il suo cameraman Pierre Zakrzewski, britannico, e una produttrice e giornalista ucraina, Alexandra Kuvshinova, erano su un'auto nei pressi del villaggio di Gorenki, non lontano da Kiev. È piombata su di loro una granata russa, o forse un colpo di mortaio, poco importa. Zakrzewski, 55 anni, una grande esperienza in Afghanistan, Siria, Irak, e la Kuvshinova sono morti, Hall è stato ferito gravemente e gli è stata amputata una gamba. Probabilmente ce la farà, anche se non è cosciente.
Non ci sono dubbi: ne uccide più la granata della penna e della videocamera.