Il caso Bibbiano e il caso Eitan, come l'incultura e l'inciviltà sinistra (e di certa destra sinistrata a questa affine) diffusa ad ogni livello istituzionale (tra cui la magistratura) e in ogni ambito sociale (vedasi i vari media), trattano i bambini, condizionati dalle loro demenzialità ideologiche e utopistiche e dai loro pregiudizi tra cui quelli antisemiti e antisraeliani
Il nonno di Eitan: «Il suo futuro deciso in 20 minuti. Non avevo capito cosa stava succedendo, parlavano italiano»
18 novembre 2021
https://video.corriere.it/cronaca/nonno ... ad85ef04dd
La lunga intervista di Massimo Giletti a «Non è l’Arena» su La7
La lunga intervista di Massimo Giletti al nonno di Eitan, il bimbo sopravvissuto al Mattarone: «Ho saputo della loro morte solo alle 9 di sera, il 24 maggio la mattina presto siamo arrivati a Torino, ho pianto con Aya, il 25 un processo di 20 minuti in cui non ho capito cosa dicessero, il 30 ho saputo la verità che mi ha scioccato».
Non è l'Arena: finalmente un'intervista corretta al nonno di Eitan
19/11/2021
Commento di Deborah Fait
https://www.informazionecorretta.com/ma ... 0&id=83644
Non è l'Arena, conduce Massimo Giletti, ore 21.35, 17 novembre 2021. In studio la criminologa Roberta Buzzone e l'avvocato Andrea Catizone, specializzato in diritto di famiglia.
https://www.la7.it/nonelarena/rivedila7 ... 021-409242
Finalmente la televisione ha dato voce con una lunga intervista a Shmuel Peleg, nonno del piccolo Eitan, l'unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone (Alcune settimane fa era stato intervistato brevemente anche da -La vita in diretta-). È importante che la Tv se ne occupi finalmente in modo serio, onesto e senza pregiudizi perché internet che, si sa, ha un forte impatto sull'opinione pubblica, ha sempre presentato nonno Peleg in modo sospetto, come una specie di criminale, un mascalzone, un farabutto che se ne frega della legge ( questi e altri gli epiteti che si leggono sul web dove ha fatto anche capolino un neanche tanto nascosto antisemitismo). Mai un pensiero di pietà per una persona che ha perso la figlia, il nipotino e il genero a causa dell'incuria omicida di certuni. Alcuni media hanno persino cercato di disumanizzarlo chiamandolo ex soldato, fingendo di non sapere che in Israele tutti sono ex soldati dopo una certa età perché il servizio militare è obbligatorio per tutti, donne e uomini. Israele è un paese sempre minacciato da guerre e terrorismo. Lo sanno ma, se si può infangare un israeliano, allora fanno i finti tonti. Ieri sera Nonno Peleg ha potuto dimostrare la persona che è, serio e dignitoso, commosso fino alle lacrime quando parlava della tragedia che ha colpito lui e la sua famiglia, con un affetto infinito per quel nipotino che vogliono strappargli per portarlo in Italia.
Poi, incalzato da Giletti, ha raccontato come sono andate le cose con la magistratura italiana e molti particolari sconosciuti sono venuti alla luce. Mentre Eitan era in ospedale è stata fatta una specie di riunione in una camera dello stesso ospedale "La camera era piena di gente, mi hanno fatto entrare ma io non capivo quello che dicevano" Giletti a questo punto ha chiesto sbalordito "Come, non le avevano affiancato un traduttore, almeno in inglese?" No, niente, nessuno, poi Roberta Buzzone, assunta dalla famiglia israeliana per seguire quanto avviene in Italia, ha spiegato che accortisi finalmente, bontà loro, che il signor Peleg era uno straniero, hanno chiamato un'anestesista dell'ospedale che sapeva "qualche parola" di ebraico. Shmuel Peleg ha spiegato di aver capito solo la parola "temporaneo", si è allora assicurato di aver capito bene. Il giudice gli ha risposto di sì, la tutela alla zia Aya sarà temporanea. Non si sa per quale motivo il temporaneo sia poi diventato definitivo! Una giornalista di Non è l'Arena è andata a Torino per intervistare chi era presente in quella stanza, anestesista compresa, ma nessuno ha voluto parlare, è stata praticamente cacciata anche in malo modo. Il signor Peleg ha raccontato anche del blitz per portare in Israele il nipotino, spiegando che non aveva idea di andare contro la legge internazionale, era suo nipote, Eitan era contento di andare dalla nonna in Israele. Certo, è stato un errore ma, un giorno, ha detto con voce rotta dall'emozione: "Eitan capirà che il nonno ha fatto di tutto per salvarlo". Aggiungo che un mandato di cattura internazionale non è mai stato spiccato per alte decine di rapimenti e vi sono padri e madri disperati che non vedono i loro figli da anni. Ma questo nonno aveva qualcosa in più degli altri, qualcosa che ha avuto un gran peso sulle decisioni dei giudici: è israeliano, non solo, è un "ex soldato" ergo uno che forse avrà maltrattato qualche palestinese quindi giusto punirlo a dovere. La fiducia dei Peleg/Cohen (Cohen la nonna) nella giustizia italiana è andata a farsi benedire alla luce del comportamento raffazzonato nei confronti del signor Peleg. Il Tribunale di Tel Aviv, che ha dato credito ad Aya disponendo che Eitan ritornasse in Italia entro pochi giorni, non è stato migliore. Per fortuna è intervenuta l'Alta Corte di Gerusalemme che ha bloccato il tutto grazie all'istanza presentata dalla famiglia israeliana di Eitan e deciderà il da farsi a giorni. C'è anche la speranza che venga revocata la tutela, data forse con troppa superficialità senza preoccuparsi di sentire il parere del nonno presente all'udienza. Vedremo, questa triste e drammatica storia sarà ancora lunga. La speranza è che Eitan, forte dei suoi sei anni, passi il tempo a giocare. Il nonno ha detto che ha chiesto solo una volta della mamma e poi mai più. Fa male pensare alla confusione che quel bambino avrà nel cuore e per questo credo che la salvezza per lui sarebbe Israele dove tutti parlano la lingua che lui parlava con mamma e papà, dove potrà recarsi sulla tomba della sua famiglia distrutta per poter elaborare il suo dolore.
Eitan, nuove accuse dal nonno rapitore «Aya mi aveva escluso»
S.Bar.
19 Novembre 2021
https://laprovinciapavese.gelocal.it/pa ... 1.40940899
Continua lo scontro tra i due rami della famiglia di Eitan Biran, 6 anni unico superstite della strage del Mottarone. Il nonno materno Shmuel Peleg, accusato di rapimento dalla giustizia italiana, ha tirato nuove bordate contro la zia paterna e affidataria del bambino, la pavese Aya Biran. Per il momento del ramo pavese della famiglia non ci sono repliche alle nuove esternazioni di Peleg. I Biran, con i loro legali italiani ed israeliani, lavorano per accelerare il ritorno di Eitan in Italia ordinato in due gradi di giudizio a Tel Aviv, ma congelato fino a fine mese da un nuovo ricorso di Peleg.
Le nuove accuse del nonno accusato di rapimento in Italia sono arrivate l'altra sera durante la trasmissione tv "Non è l'arena" condotta da Massimo Giletti. Peleg ha contestato le prime udienze a Torino, durante il ricovero di Eitan, che hanno portato all'affidamento poi confermato dal tribunale di Pavia ad Aya. «C'era tanta gente nella sala, io non avevo capito quello che stava succedendo, Eitan era ancora in rianimazione - ha detto Peleg - Il processo è continuato in italiano per venti minuti. La giudice non mi ha detto nulla. Ho chiesto ad Aya numerose volte di spiegarmi, ma lei ha continuato in italiano. Ho chiesto che Aya fosse responsabile per i medicinali qui in ospedale, in modo temporaneo. Il giudice mi disse che era temporaneo. Il giorno dell'udienza mi hanno accostato una dottoressa italiana, mi dissero che avrebbe tradotto il processo, però io non ho capito né il contesto né l'importanza Il 30 maggio Aya mi ha chiamato di sera e mi ha informato che il giudice ha deciso di darle la responsabilità su Eitan. E questo mi ha choccato. Ho capito che dovevo fare qualcosa. Ho cercato di parlare con Aya per andare insieme dal giudice, ma Aya non era d'accordo». Peleg poi ha parlato dei fatti contestati dello scorso 11 settembre: «Non sono d'accordo che ho fatto una cosa illegale. Io rispetto la legge, educo i miei figli a rispettare la legge. Tutto quello che ho fatto è alla luce del sole. Non sapevo che ci fosse un divieto di espatrio - ha sottolineato il nonno materno di Eitani -. L'ho saputo per la prima volta qui in Israele durante il processo. Ho fatto le cose in modo legale. Se avessi saputo che c'era qualcosa di illegale, non l'avrei fatto. - Aya non mi ha mai aggiornato, e io ho pensato che non c'era bisogno di aggiornare lei. Io penso che un giorno Eitan saprà che ho cercato di salvarlo».
La vicenda di Eitan presenta dei personaggi che hanno una certa analogia con quelli di Bibbiano
Bibbiano inchiesta, no al patteggiamento. Per il giudice la pena era "esigua"
il Resto del Carlino
L’avvocato di Cinzia Magnarelli, assistente sociale indagata, aveva raggiunto un accordo con la pm. Per lei era stata decisa una reclusione di un anno e quattro mesi (pena sospesa) ma l’intesa è stata bocciata
ALESSANDRA CODELUPPI
Bibbiano (Reggio Emilia), 28 gennaio 2020 -
https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio ... -1.5003000
Cinzia Magnarelli non esce, al momento, dall’inchiesta ‘Angeli e demoni’ sui presunti affidi illeciti di bambini. L’assistente sociale 33enne, indagata per le relazioni false che aveva stilato, "sotto pressione dei superiori" come da lei confessato, in modo tale da giustificare l’allontanamento dei bambini dalle loro famiglie, ieri si apprestava, prima e unica tra tutti gli indagati, a patteggiare la pena e a concludere la spinosa vicenda giudiziaria. Ma il giudice Andrea Rat non ha accettato l’accordo raggiunto da lei, rappresentata dall’avvocato Alessandro Conti, e dal pm titolare dell’inchiesta Valentina Salvi: un anno e quattro mesi di reclusione, pena sospesa, per i reati di falso ideologico e frode processuale per sette episodi (le altre ipotesi di tentata estorsione e violenza privata erano già state eliminate dal giudice Luca Ramponi per mancanza di gravi indizi), per i quali rischia da uno a sei anni.
Il giudice ha ritenuto la pena "non congrua né adeguata" ma "esigua". Perché? Il giudice Rat si sofferma sull'episodio «ritenuto più grave in astratto», contestato in concorso con l’ex responsabile dei servizi sociali Val d’Enza Federica Anghinolfi: aver bocciato la capacità genitoriale di una coppia perché non ammetteva gli abusi sessuali su una figlia, addebitata anche a un problema culturale perché stranieri. Su quest’accusa "l’indagata - scrive il giudice - ha attestato una pluralità di circostanze false nella sua relazione del 27 giugno 2016". E parla di "danno di assoluta gravità, capace di mettere in pericolo le decisioni dell’autorità giudiziaria, chiamata a pronunciarsi sull’affidamento dei minori, e di ledere i vincoli familiari".
L’avvocato Conti aveva rimarcato alcune circostanze: Magnarelli "è incensurata, si è pentita e ha collaborato con gli inquirenti". Ma anche e soprattutto il fatto che lei "fosse stata sottoposta a una formazione mirata sui minori e operasse in un ambito lavorativo già preformato su determinate regole": per dirla in breve, un sistema in cui lei avrebbe subito pressioni dai superiori. Ma secondo Rat non basta: "L’intensità del dolo non può ritenersi assestata sui livelli minimi per il solo fatto che lei fosse in qualche modo soggetta a sudditanza verso Anghinolfi, nemmeno ritenendo che ci fosse un effettivo condizionamento psicologico".
Neppure gli aumenti di pena previsti nell’accordo tra le parti sono stati ritenuti adeguati, considerando la continuazione tra i diversi episodi contestati: Magnarelli "anche in concorso con i coimputati ha posto in essere una pluralità di falsità ideologiche in atti pubblici, a cui si aggiungono le frodi processuali, tutte percorse - rimarca il giudice - da un gravissimo disegno criminoso". Un ‘piano’ "strumentale a perseguire obiettivi ideologici non imparziali, capaci di indirizzare, anche attraverso la possibile induzione in errore dei consulenti tecnici d’ufficio, le scelte dell’autorità giudiziaria, e ciascuno connotato - prosegue Rat - da un disvalore assolutamente significativo".
A fronte della bocciatura del giudice, Conti intende ora provare a rimodulare la proposta di pena, che una volta trovato l’accordo con il pm dovrà essere di nuovo ripresentata al giudice per mandare in porto il patteggiamento, altrimenti si aprirà la strada del processo.
Affidi illeciti: gup in camera consiglio per prime sentenze
(ANSA) - REGGIO EMILIA, 11 NOV 2021
https://www.ansa.it/sito/notizie/cronac ... 143f6.html
Si è ritirato in camera di consiglio il gup Dario De Luca del tribunale di Reggio Emilia.
Nel pomeriggio sono attese le prime sentenze del processo 'Angeli e Demoni', l'inchiesta sul presunto sistema di affidi illeciti di minori nella val d'Enza reggiana.
In particolare saranno emesse le decisioni riguardo allo psicoterapeuta Claudio Foti, titolare del noto studio di cura torinese 'Hansel&Gretel' e per Beatrice Benati, assistente sociale dell'Unione val d'Enza. Entrambi hanno scelto il rito abbreviato.
Per il primo, il sostituto procuratore Valentina Salvi, titolare del fascicolo, ha chiesto sei anni di condanna per le accuse di abuso d'ufficio, frode processuale e lesioni gravissime (ipotesi di reato formulata per la presunta alterazione psichica di una paziente), mentre per la seconda ha chiesto un anno e sei mesi di condanna con le accuse di violenza privata e tentata violenza privata. Finora l'unica pena relativa al procedimento è quella di Cinzia Magnarelli, assistente sociale sempre dell'Unione Val d'Enza, rea confessa e accusata di falso ideologico e frode processuale, la quale ha patteggiato a un anno e otto mesi (pena sospesa).
Infine il giudice oggi pomeriggio dovrebbe decidere anche se accogliere o meno le richieste di rinvio a giudizio per 22 indagati, tra cui anche l'ex responsabile dei servizi sociali Federica Anghinolfi, ritenuta l'imputata chiave, e il sindaco Pd del Comune di Bibbiano, Andrea Carletti accusato di abuso d'ufficio.
Affidi illeciti a Bibbiano, 4 anni per lo psicoterapeuta Foti. Assolta l’assistente sociale Benati. 17 rinvii a giudizio: c’è il sindaco Carletti
11 novembre 2021
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/1 ... o/6388686/
Condannato lo psicoterapeuta Claudio Foti a 4 anni, assolta l’assistente sociale Beatrice Benati e 17 indagati rinviati a giudizio, tra cui il sindaco Andrea Carletti e cinque persone prosciolte da ogni accusa. Sono arrivate le prime sentenze in abbreviato per il processo sul presunto sistema di affidi illeciti a Bibbiano, il caso che negli ultimi due anni ha travolto i servizi sociali della Val d’Enza. A essere condannato per abuso d’ufficio e lesioni gravissime è stato lo specialista del noto studio di cura torinese Hansel&Gretel: la procura aveva chiesto sei anni, ma è stato assolto dall’accusa di frode processuale. I legali di Foti hanno parlato di una sentenza “infondata” e annunciato che faranno ricorso in appello. E’ stata invece assolta l’assistente sociale Benati: per lei la procura aveva chiesto un anno e sei mesi per violenza privata e tentata violenza privata.
17 rinvii a giudizio: c’è anche il sindaco Pd Carletti – Ora il processo ordinario continuerà per 17 imputati, ai quali vengono contestati 97 capi d’accusa. Secondo la procura i bambini venivano sottratti ai genitori sulla base di relazioni artefatte in cui si riportavano abusi e maltrattamenti non avvenuti. E in seguito venivano sottoposti a sedute di psicoterapia gestite dall’associazione “Hansel e Gretel”. Questo però, secondo chi ha indagato, sarebbe avvenuto in frode alla pubblica amministrazione caricando sull’Ausl (che pagava le prestazioni) costi superiori a quelli correnti di mercato. Tra i rinviati a giudizio c’è anche il sindaco eletto con il Pd (e poi autosospeso) Andrea Carletti: è stato rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, ma prosciolto dalle accuse di falso. Il processo, in pratica, dovrà verificare se sia stata commessa qualche illegittimità amministrativa nell’affidamento dell’appalto concernente il servizio terapeutico di cura dei minori da parte dell’Unione dei Comuni. “La sua posizione”, ha commentato l’avvocato Giovanni Tarquini, “è stata ulteriormente alleggerita“. Il primo cittadino era finito nell’estate del 2019 agli arresti domiciliari ed è stato scarcerato dalla Cassazione. Poi è tornato ad amministrare il Comune della Bassa Reggiana.
Va invece a processo con un significativo carico di accuse l’ex dirigente del Servizio sociale, Federica Anghinolfi, 64 capi di imputazione, tra cui falso e depistaggi. Con lei il suo braccio destro, l’assistente sociale Francesco Monopoli, che risponde di 31 episodi e in particolare, in concorso con la psicologa Imelda Bonaretti, proprio delle lesioni psicologiche per cui è stato già condannato Foti. Affronteranno il dibattimento, tra gli altri, anche la moglie di Foti, la psicologa Nadia Bolognini. Prosciolte invece cinque persone: per Nadia Campani, funzionaria dell’Unione dei Comuni della val d’Enza, la stessa Procura ha chiesto un verdetto di assoluzione perché “il fatto non sussiste”. Il “non luogo a procedere perché il fatto non sussiste”, è stato inoltre disposto per le posizioni di Attilio Mattioli, Barbara Canei, Sara Testa e la funzionaria del Comune di Reggio, Daniela Scrittore. Con loro esce dal processo anche l’assistente sociale Cinzia Magnarelli, che ha ottenuto un patteggiamento a un anno e 8 mesi dopo aver iniziato a collaborare con i magistrati.
La condanna per Foti e l’assoluzione di Benati – La prima accusa per cui Foti è stato ritenuto colpevole riguarda, appunto, le lesioni personali volontarie gravi ai danni di una ragazzina, in concorso con altre due imputate. Foti avrebbe fatto sedute di psicoterapia con modalità suggestive, ingenerando nella minore la convinzione di essere stata abusata sessualmente dal padre e sottoponendola alla tecnica della Emdr, la ‘macchina dei ricordi’, “in totale violazione dei protocolli di riferimento”. Le sedute avrebbero avuto l’effetto di provocare disturbi, ansia e depressione alla piccola. Nel secondo caso, in concorso con altri, tra cui il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, chiamato in causa anche nella sua qualità di delegato per le politiche sociali dell’Unione di Comuni, Foti rispondeva dell’affidamento senza procedura di evidenza pubblica al suo centro studi, ‘Hansel e Gretel’. Un affidamento dal valore di 40.000 euro per una struttura i cui membri “esercitavano sistematicamente, a nessun titolo, il servizio di psicoterapia, a titolo oneroso, con minori asseritamente vittime di abusi sessuali o maltrattamenti”. Per questa attività era consentito l’utilizzo gratis dei locali della struttura pubblica ‘La Cura’ dell’Unione, dove i “professionisti” si assicuravano l’ingiusto profitto corrispondente alla tariffa di 135 euro l’ora a minore trattato (rispetto a quella standard di 70/75 euro).
Foti è stato interdetto dai pubblici uffici per la durata di 5 anni e sospeso dall’esercizio della professione di psicologo e psicoterapeuta per 2 anni. Il fondatore del centro Hansel e Gretel dovrà inoltre risarcire i danni in favore delle parti civili Gens Nova Onlus, Unione Val d’Enza, Unione dei Comuni Modenesi Area Nord, Ausl di Reggio Emilia, Regione Emilia Romagna, Ministero della Giustizia, Comune di Montecchio Emilia. Gli avvocati di Foti insistono nel dire che lo psicoterapeuta è “assolutamente estraneo e innocente”, hanno dichiarato Giuseppe Rossodivita e Girolamo Andrea Cuffari. “E una sentenza che non sta in piedi dal punto di vista giuridico e ha un carattere ideologico. La psicoterapia è stata definita eccellente, questo processo è stato paragonato in una perizia a quello di Galileo Galilei perché è stata messa sul banco degli imputati la psicoterapia del trauma“. Lo stesso Foti, dopo la sentenza, ha dichiarato: “Ho dedicato 40 anni della mia vita all’ascolto attento e rispettoso di bambini e ragazzi. Abbiamo noi consegnato 15 videoregistrazioni che non sono state esaminate con il minimo di attenzione. Credo che qualsiasi persona si approcci senza pregiudizi all’analisi di quelle videoregistrazioni verificherà un atteggiamento che è opposto a quello necessario, sufficiente a potermi condannare per lesioni”. E ha aggiunto: “C’è stato uno scontro in quest’aula che non doveva avvenire in ambito giudiziario ma in accademia tra posizioni culturali, teoriche diverse. Credo sia stata criminalizzata la psicoterapia del trauma, portata avanti da una componente ampia di psicoterapeuti. Ho fiducia che in appello possa essere rivista. Penso di essermi comportato correttamente in scienza e coscienza”.
L’altra imputata che ha scelto l’abbreviato è l’assistente sociale Beatrice Benati, chiamata a rispondere di un episodio di violenza privata e di uno in cui è stata solo tentata. Nello specifico l’operatrice, suppose che il compagno della madre di una bambina affidata ai servizi di cui era referente nutrisse un interesse sessuale verso la minore. E per questo, disse l’accusa, intimò alla donna di interrompere la sua relazione affettiva dietro la minaccia di collocare la figlia in affido extra familiare. Per entrambi gli episodi, Benati è stata assolta.
Il tritacarne mediatico – L’inchiesta, fin dalle prime battute, è finita in un violento tritacarne mediatico, complici anche le elezioni Regionali in Emilia-Romagna di gennaio 2020. L’indagine è diventata motivo di campagna elettorale, con attacchi a mezzo stampa e nei comizi da una parte e dell’altra. L’allora vicepremier M5s Luigi Di Maio attaccò in un video il Pd, definendolo il “partito di Bibbiano”. Un’accusa che poi venne rinfacciata all’esponente 5 stelle, quando fu il momento per i giallorossi di sedere allo stesso tavolo. Ma chi ha fatto campagna contro il presunto “sistema” di Bibbiano è stata la destra: Fratelli d’Italia e Lega per mesi si sono trasferiti in zona, sostenendo di voler difendere le famiglie e denunciare un “business sui bambini sottratti alle famiglie”.