Bicchio Bicchio27 ottobre 2021
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 4451799:65Chi mi conosce sa che abito all'estero da molti anni,domenica notte ho approfittato di un passaggio per recarmi a Padova a trovare la mia anziana madre(90anni),che non vedevo da 2 anni,prima di arrivare mi sono fermato ad un Despar per prendermi da mangiare e subito ho toccato con mano la situazione,il commesso al banco dei cibi freschi(un mandolone obeso di 1/2età sicuramente vaccinato),mi redarguisce subito di tirarmi su la mascherina sul naso,premetto che ero solo,la distanza tra me e lui dietro il bancone frigorifero sarà stata di 2 metri e mezzo,la mia mascherina col Leon era di stoffa e se l'avessi messa sul naso non ci avrei più visto perchè mi si appannavano gli occhiali,dopo averglielo spiegato l'energumeno con fare perentorio mi invitò di coprirmi il naso,io lo feci per pochi secondi e la tirai giù fin che mi serviva per poi andarmene,arrivai a casa di mia madre e trovai mia sorella che come mi vide si mise la mascherina ed obbligò anche mia madre di mettersela con la scusa che io non sono vaccinato e loro si,io ribadii che se lei000 è vaccinata ed io no quello a rischio ero io non loro,dopo che la kapò se ne andò butammo via le mascherine e potemmo abbracciarci e baciarci come si fa tra madre e figlio che non si vedevano da 2anni e fanculo le restrizioni,questo fu il battesimo del fuoco dei primi momenti taliani il resto il giorno dopo,mi recai da un negoziante del mio quartiere dove un tempo mi servivo per le scarpe,lo vidi attraverso la vetrina lui e la moglie da soli con la mascherina entrai e subito mi chiese della situazione Romena perchè aveva sentito che c'erano morti a pioggia all'Est,quando gli dissi che in Ungheria avevano tolto anche le mascherine come in Inghilterra e optato per le cure domiciliari e si entra dappertutto senza niente, mi guardava con fare beffardo come se raccontassi balle,la Romania gonfiava le morti per avere più soldi dalla UE che gli anziani li ammazzavano in ospedale e che loro non volevano più essere ricoverati e si curavano a casa,tutte le morti venivano classificate Covid gli infartuati erano spariti come i morti per cancro,e lui si vantava che tra poco si sarebbe fatto il 3 vaccino.Mi prese lo sconforto nel vedere la gente a quale punto di lavaggio del cervello erano giunti erano tutti lobotomizzati,la gente per strada in bici con la mascherina sembravo uno che avesse sbagliato pianeta,mi sono reso conto che ormai non c'è più niente da fare la gente è perduta sono tutti terrorizzati,ho provato a parlare con molti ma mi rendevo conto che il pensiero unico aveva vinto cancellando il dubbio,l'analisi critica e la razionalità,ormai non è più una guerra sanitaria ma psicologica,sentirmi rispondere con frasi fatte come"la tua libertà finisce dove impedisce la mia" vorrebbe dire che dovremmo vaccinarci tutti per tornare alla vita di prima quando ormai è risaputo che non servirà a niente, il contagio cammina anche tra i vaccinati idem i malati, le mascherine,le restrizioni,il greenpass sarà definitivo ma l'oracolo rettangolare continua a sputare falsità che tutto questo è per il tuo bene e tu sei diventato schiavo di un sistema che mira al controllo assoluto,mi dispiace non abbiamo solo perso una battaglia ma la guerra,il pastore sembra che protegga il gregge dai lupi mentre li sta portando al macello.
Gabriele RiondatoGrazie del resoconto
Purtroppo sembra di essere finiti in un pianeta alieno
Il raziocinio è sparito sommerso dalla propaganda
Alberto PentoIo per rispetto degli altri e mio mi metto la mascherina senza tante storie come in auto mi metto la cintura di sicurezza, come quando lavoro mi metto la maschera antipolvere e come quando lavorando sui tetti mi metto la cintura di sicurezza e mi lego alla linea vita.
Il vaccino l'ho fatto per la stessa ragione e mi sento molto più tranquillo, non ho alcun motivo di credere che le case farmaceutiche siano delle mostruosità umane che hanno prodotto un farmaco che fa del male alla gente, come non ho alcun motivo di pensare che il governo italiano sia così demenziale e criminale da imporre ai cittadini italiani un obbligo vaccinale che fa loro del male.
Bicchio BicchioAlberto Pento sono sue convinzioni e nessuno gliele contesta,certo che paragonare dei sistemi per la sua sicurezza come la cintura in auto o la cinghia di imbracatura sul tetto con la mascherina ce ne vuole,se lei è convinto e la fa sentire più sicuro essersi vaccinato nessuno glielo nega,ma non può contestare chi ha scelto di non farlo,poi nel avere tutta questa fiducia di un prodotto che lei continua a chiamare vaccino quando non lo è e mostra tutta questa fiducia nei governi in genere che si muovono per la sua salute,mi spieghi perchè per punturarti devi firmare una liberatoria che li esonera dalle responsabilità penali e civili,i medicinali tutti hanno controindicazioni e lo scrivono nei bugiardini tu che li assumi ti prendi la responsabilità,se non lo fanno è palese la loro consapevolezza dei rischi di morte e reazioni avverse anche gravi.
Alberto Pento A 30 anni mi sono accorto di avere l'epatite c1, il ceppo più resistente e pericoloso, non esistevano cure e la prospettiva era la morte per cirrosi epatica o per tumore al fegato, a 58 anni il fegato ha iniziato a diventare cirrotico, a 60 anni ho provato la sola cura sviluppatasi negli anni che poteva dare qualche risultato ma con molti effetti collaterali avversi, quella con l'interferone che durava 12 mesi ma al primo mese ho dovuto sospendere perché la vita era diventata un inferno, fortunatamente dopo 2/3 anni la scienza farmacologica ha prodotto altri farmaci più efficaci e con minori effetti collaterali, una cura durata 6 mesi potendo condurre una vita normale e alla fine sono perfettamente guarito e mi sono sentito ringiovanito di 20 anni.
Prima di iniziare entrambe le cure contro l'epatite ho firmato il consenso informato, come l'ho firmato anche per il vaccino e sono contento di averlo fatto in entrambi i casi.
Il consenso informatohttps://www.tribunaledelmalato.ve.it/co ... informato/ Vaccino Covid e consenso informato: cosa sapere?https://www.studiolegaleforestieri.it/v ... informato/ Alberto PentoNon è responsabilità del medico se alcuni farmaci hanno degli effetti collaterali che in rari casi possono anche portare alla morte, se il medico ha fatto tutto quello che doveva fare (quanto prescritto dai protocolli) per accertare le incompatibilità, poiché alla fine la responsabilità resta del cittadino paziente e il medico è solo un mero esecutore.
Il medico risponde solo del dolo e delle colpe e non d'altro a lui non attribuibile.
L'uso di certi farmaci e di certe cure rischiose è responsabilità del solo paziente o di chi ne ha la tutela giuridica che le sceglie come male/rischio minore necessario.
Ma allora ritirate anche l'aspirinaMassimiliano Parente
18 Marzo 2021
https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 31771.html Dunque, premetto che sono ipocondriaco e farmacodipendente, e giro sempre con diversi farmaci, dagli inibitori della pompa protonica agli inibitori della ricaptazione selettiva della serotonina
Ma allora ritirate anche l'aspirina
Dunque, premetto che sono ipocondriaco e farmacodipendente, e giro sempre con diversi farmaci, dagli inibitori della pompa protonica agli inibitori della ricaptazione selettiva della serotonina (amo inibire tutto), ma sentire persone preoccupate per i possibili effetti collaterali dell'AstraZeneca mi fa sorridere. Trenta casi da verificare su diciassette milioni è infatti una percentuale analoga a quella che si verifica in un normale trial clinico con un placebo. Ma, mi domando, chi è diffidente con un effetto fatale non provato per un vaccino, cosa fa con ogni farmaco, anche il più banale, dove gli effetti indesiderati sono stati verificati? In genere decidiamo di correre il rischio, anche per un banale raffreddore. Prendete il Vicks Sinex: tra i vari effetti collaterali c'è un arresto cardiaco. Una normale aspirina può portare di tutto, dalla perforazione intestinale all'emorragia cerebrale, ma questo non ci dissuade dal prenderla. Un banale Moment per il mal di testa può provocare nausea, vomito, dispepsia e perfino il morbo di Chron. Se prendete una Tachipirina per la febbre sono considerati casi di trombocitopenia, diarrea, dolori addominali, piaghe, ulcere, occhi gialli e chi più ne ha più ne metta. Per non parlare degli antiacidi che prendo regolarmente io, nel foglietto illustrativo vi dicono serenamente che raramente possono portare ictus e infarto (immaginate se preso insieme al Vick Sinex). Ma quante persone conoscete che, assumendo un Pariet, sono morte d'infarto? Fermo restando che i farmaci vi dicono quali sono gli effetti collaterali perché sono stati sperimentati, ma se le mele avessero un foglietto illustrativo questo elencherebbe vari possibili effetti collaterali, dall'orticaria allo shock anafilattico. Eppure paradossalmente, a fronte di centomila morti da Covid solo nel nostro Paese, blocchiamo (e non solo noi italiani) un vaccino con una percentuale irrisoria di presunti effetti fatali. Tra l'altro, vedrete, sarà tra poco riabilitato dopo le opportune verifiche. In ogni caso volevo farvi notare una cosetta: la percentuale di vincere il primo premio della Lotteria Italia è molto più bassa dei supposti effetti collaterali del vaccino AstraZeneca, e cioè lo 0,0000091%. Così come è più alta la possibilità di morire folgorati da un fulmine, nell'arco della vostra vita c'è una possibilità su tremila. Ma non è che, sapendolo, quando piove state chiusi in casa. Anche perché la maggior parte delle morti avvengono per incidenti domestici, il cinquanta per cento in cucina e in bagno. Quindi prenotatevi per il vaccino, state sul divano e prendetevi uno Xanax. Senza leggere il foglietto illustrativo, mi raccomando.
Il vaccino anti-Covid non è un farmaco sperimentaleDi Marcella Ferrari Professionista - Avvocato
15 settembre 2021
https://www.altalex.com/documents/news/ ... erimentaleTAR Friuli: la sperimentazione si è conclusa con l'autorizzazione all’immissione in commercio dopo un rigoroso processo di valutazione scientifica (sentenza 261/2021)
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vaccino anti Covid-19
Il TAR Friuli Venezia Giulia, con la sentenza 10 settembre 2021, n. 261 (testo in calce), rigetta il ricorso proposto da una dottoressa – che aveva rifiutato di vaccinarsi – ed afferma quanto segue. “L’equiparazione dei vaccini a “farmaci sperimentali” […] è frutto di un’interpretazione forzata e ideologicamente condizionata della normativa europea, che deve recisamente respingersi”.
Il vaccino anti-Covid non è un farmaco sperimentaleDi Marcella Ferrari Professionista - Avvocato
15 settembre 2021
https://www.altalex.com/documents/news/ ... erimentaleTAR Friuli: la sperimentazione si è conclusa con l'autorizzazione all’immissione in commercio dopo un rigoroso processo di valutazione scientifica (sentenza 261/2021)
Provincia: SAVONA
Avvocato del Foro di Savona.
Titolare dello studio legale Ferrari ad Alassio (SV).
Si occupa sia di diritto civile che di diritto penale; in particolare, l'attività prevalentemente svolta è nel settore privatistico ed abbraccia il diritto successorio, la proprietà, il condominio, le comunioni, le locazioni, la responsabilità civile, il risarcimento del danno da sinist… continua a leggere
Pubblicato il 15/09/2021
vaccino anti Covid-19
Il TAR Friuli Venezia Giulia, con la sentenza 10 settembre 2021, n. 261 (testo in calce), rigetta il ricorso proposto da una dottoressa – che aveva rifiutato di vaccinarsi – ed afferma quanto segue. “L’equiparazione dei vaccini a “farmaci sperimentali” […] è frutto di un’interpretazione forzata e ideologicamente condizionata della normativa europea, che deve recisamente respingersi”.
La pronuncia è degna di nota non solo per l’affermazione secondo cui la sperimentazione è cessata con la commercializzazione, ma perché affronta molteplici argomenti. Ad esempio, il giudice amministrativo – tramite il richiamo dei dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – afferma che profilassi vaccinale ha efficacia preventiva anche della trasmissione dell’infezione e non solo dei sintomi. Quindi, l’interesse a prevenire la malattia è pubblicistico, anche sotto il profilo di limitare l’impatto sul sistema sanitario nazionale, circa l’occupazione delle terapie intensive e dei ricoveri. Inoltre, lo “scudo penale” per i sanitari somministranti non attiene alla sicurezza dei vaccini; si tratta di una disposizione che va letta in chiave simbolica, giacché diretta ad evitare atteggiamenti di medicina difensiva che potrebbero ostacolare la campagna vaccinale. Infine, a fronte dei dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalla ricorrente, il TAR sottolinea come la legge impositiva dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario (art. 4 d.l. 44/2021) integra le tre condizioni necessarie elencate dalla Consulta per essere compatibile con l’art. 32 Cost.
Sommario
La vicenda
La base normativa dell’obbligo vaccinale
Le informazioni ufficiali sono quelle provenienti da AIFA e ISS
Il vaccino ha efficacia preventiva anche circa la trasmissione dell’infezione
Per il TAR il vaccino non è in fase di sperimentazione
Lo scudo penale non riguarda la sicurezza del vaccino
La compressione del diritto al lavoro è ragionevole e proporzionata
I presupposti necessari per imporre con legge un trattamento sanitario
La legge sull’obbligo vaccinale integra le condizioni per essere compatibile con l’art. 32 Cost.
I dati dell’AIFA
Conclusioni
La vicenda
Una dottoressa, libera professionista, ha proposto ricorso contro il provvedimento di accertamento di elusione dell’obbligo vaccinale (e contro ogni altro provvedimento connesso), assunto dall’Azienda Sanitaria, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare dell’efficacia. Il TAR, nella camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, ha dato avviso alle parti dell’intenzione di trattenere il giudizio per la decisione nel merito, ricorrendone i presupposti ex art. 60 Codice del Processo Amministrativo ed ha respinto tutti i motivi di ricorso sollevati dalla dottoressa. Prima di analizzare il decisum, ricordiamo brevemente la normativa che viene in rilievo.
La base normativa dell’obbligo vaccinale
L’obbligo vaccinale per il personale sanitario è stato introdotto dal decreto legge 44/2021 (convertito con modificazioni dalla legge 76/2021). In particolare:
l’art. 4 c. 1 dispone che gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.
l’art. 4 c. 6 dispone che l'azienda sanitaria locale competente accerta l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all'interessato, al datore di lavoro e all'Ordine professionale di appartenenza. L'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale comporta per l’interessato la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Le informazioni ufficiali sono quelle provenienti da AIFA e ISS
Il TAR dà atto della mole di documentazione prodotta dalla ricorrente, tuttavia, afferma che il giudice non è tenuto a prendere in considerazione qualsiasi documento; infatti, egli non ha l’obbligo di valutare “ogni singola opinione o fonte informativa” – in quanto non ha il potere e la competenza per farlo – ma deve fondare la propria decisione sulle informazioni ufficiali provenienti dalle autorità pubbliche competenti in materia come l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Vengono poi riportate le percentuali e le statistiche ricavabili dai siti Internet di tali organismi[1].
Il vaccino ha efficacia preventiva anche circa la trasmissione dell’infezione
La dottoressa sostiene che il vaccino non sia efficace contro l’infezione, pertanto, la finalità dell’obbligo vaccinale – ossia evitare l’infezione – non viene perseguita. Da ciò discende la carenza di un interesse pubblicistico a supporto della misura adottata dal Governo.
Secondo il TAR, è scorretto affermare che i prodotti usati nella campagna vaccinale siano inefficaci contro l’infezione e che agiscano solo sui sintomi. Il giudice amministrativo giustifica tale affermazione richiamando i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), indicando anche il link a cui essi sono consultabili. Ebbene, in base alle risultanze dell’ISS, l’efficacia della vaccinazione completa (ossia due dosi) nel prevenire l’infezione è pari a circa il 78%. Quindi, per un vaccinato, il rischio di contrarre la malattia si riduce del 78%. In conclusione, il Tar afferma che “la profilassi vaccinale ha efficacia preventiva, oltre che dei sintomi della malattia, anche della trasmissione dell’infezione”.
La dottoressa ritiene che la scelta del sanitario di vaccinarsi sia individuale e non coercibile, mentre, ad avviso del giudice amministrativo, l’interesse a prevenire la malattia è pubblicistico, anche sotto il profilo di limitare l’impatto sul sistema sanitario nazionale, circa l’occupazione delle terapie intensive e dei ricoveri.
Per il TAR il vaccino non è in fase di sperimentazione
La dottoressa sostiene, altresì, che l’obbligo vaccinale (ex art. 4 d. l. 44/2021) abbia ad oggetto un trattamento sanitario sperimentale e che sia contrario alla Costituzione, oltre a violare varie norme sovranazionali che tutelano la dignità della persona e il diritto ad esprimere un consenso informato. Secondo il TAR, è errato sostenere che i vaccini attualmente disponibili si trovino in fase di sperimentazione. Infatti, i vaccini sono stati:
“approvati” dalla Commissione attraverso un’autorizzazione condizionata,
previa raccomandazione dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA).
Il procedimento (ex art. 14 bis Reg. CE 726/2004 e Reg. CE 507/2006) prevede che l’autorizzazione possa essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi “a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari”.
Il giudice prosegue sostenendo che il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide sulla sicurezza del farmaco, richiamando quanto emerge dal sito dell’Istituto Superiore di Sanità che, a sua volta, richiama quello dell’Agenzia Europea per i Medicinali. Questa tipologia di autorizzazione non rappresenta un minus rispetto a quella ordinaria, ma impone al titolare di completare gli studi per confermare che il rapporto rischi/benefici sia favorevole. Il TAR prosegue spiegando che il provvedimento autorizzativo interviene a valle della fase di sperimentazione clinica, fase che si verifica prima dell’immissione in commercio del farmaco. “La “sperimentazione” dei vaccini si è dunque conclusa con la loro autorizzazione all’immissione in commercio, all’esito di un rigoroso processo di valutazione scientifica e non è corretto affermare che la sperimentazione sia ancora in corso solo perché l’autorizzazione è stata concessa in forma condizionata”. Per completezza, si precisa che l’autorizzazione condizionata (CMA) è uno strumento già usato in altri contesti emergenziali; infatti, negli ultimi anni (dal 2006 al 2016), sono state concesse 30 autorizzazioni in forma condizionata, nessuna delle quali è stata successivamente revocata per motivi di sicurezza.
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Lo scudo penale non riguarda la sicurezza del vaccino
La ricorrente, nelle proprie argomentazioni, afferma che l’insicurezza del vaccino emergerebbe anche dallo scudo penale adottato dal Governo a favore dei soggetti che procedono alla somministrazione del farmaco. Si ricorda che l’art. 3 d. l. 44/2021 dispone quanto segue:
Per i fatti di cui agli articoli 589 c.p. (omicidio colposo) e 590 c.p. (lesioni personali colpose) verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino anti-Covid, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria, la punibilità è esclusa “quando l'uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”.
Ciò premesso, torniamo alla decisione.
Il TAR boccia anche questa censura, infatti, la ratio della disposizione di cui sopra consiste nel rassicurare i sanitari e di evitare che la prospettiva di un’eventuale responsabilità penale possa creare allarme. Quindi, si tratta di un intervento legislativo – cito testualmente – “in chiave simbolica” volta a scongiurare atteggiamenti di medicina difensiva che potrebbero ostacolare la campagna vaccinale. Pertanto, dall’introduzione dello scudo penale non può inferirsi la natura sperimentale del vaccino né la sua pericolosità.
La compressione del diritto al lavoro è ragionevole e proporzionata
La dottoressa sostiene che la disposizione di legge (art. 4 c. 8 d.l. 44/2021) sia irragionevole laddove prevede la sospensione dall’esercizio della professione con la conseguente impossibilità di ottenere un reddito. La norma, infatti, dispone che il datore di lavoro:
se possibile, adibisce il lavoratore a mansioni, anche inferiori, che non implicano rischi di diffusione del contagio;
se non è possibile, sospende il lavoratore senza retribuzione, altro compenso o emolumento.
Il TAR precisa che la norma riguarda i lavoratori dipendenti e, quindi, non è applicabile alla ricorrente, che è una libera professionista. Anche il richiamo all’art. 36 Cost. ad avviso del giudice è inconferente atteso che i principi sanciti nel citato articolo riguardano il lavoro subordinato e non le prestazioni di lavoro autonomo “ancorché rese, con carattere di continuità e coordinazione, nell'ambito di un rapporto di collaborazione” (Cass. Sez. Lav. 4667/2021).
In ogni caso, l’art. 4 d.l. cit. è ragionevole dal momento che i soggetti indicati, ossia i sanitari, entrano in contatto con una collettività indeterminata, formata anche da persone fragili. La norma è frutto di un bilanciamento degli interessi e prevede una compressione del diritto al lavoro del singolo che non voglia sottostare all’obbligo vaccinale a tutela della salute collettiva. Infatti, “ogni libertà individuale trova un limite nell’adempimento dei doveri solidaristici, imposti a ciascuno per il bene della comunità cui appartiene (art. 2 Cost.)”.
Secondo i giudici, la misura oltre che ragionevole è anche proporzionata atteso che:
prevede l’esenzione dall’obbligo vaccinale in caso di accertato pericolo per la salute,
la sospensione ha natura temporanea, giacché permane sino al completamento del piano vaccinale e non oltre il 31.12.2021.
I presupposti necessari per imporre con legge un trattamento sanitario
La dottoressa sostiene che manchino i presupposti per imporre con legge un trattamento sanitario come la vaccinazione. Ella afferma che, in tal modo, si sacrifica il diritto alla salute del singolo senza, con ciò, tutelare la collettività, dal momento che il vaccino è uno strumento inidoneo a prevenire i contagi.
Il TAR rigetta anche tale argomentazione elencando i presupposti in virtù dei quali è stato disposto l’obbligo vaccinale. Le condizioni necessarie per imporre una profilassi vaccinale obbligatoria sono state elencate dalla Consulta (C. Cost. 5/2018) con riferimento ai 10 vaccini imposti ai minori di sedici anni. La legge impositiva di un obbligo vaccinale è compatibile con l’art. 32 Cost:
“se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato disalute degli altri;
se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;
se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990)”.
La legge sull’obbligo vaccinale integra le condizioni per essere compatibile con l’art. 32 Cost.
Il giudice amministrativo ritiene sussistenti tutti e tre i presupposti di cui sopra. In estrema sintesi, si riassume il percorso argomentativo del TAR:
il vaccino previene il contagio e la vaccinazione ha una valenza pubblicistica di tutela della salute collettiva;
il vaccino non è esente da controindicazioni o da rischi come ogni farmaco; l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) raccoglie tutte le segnalazioni di eventi avversi e, secondo le risultanze statistiche – consultabili sul sito dell’AIFA – v’è un bilanciamento rischi/benefici accettabile;
il meccanismo indennitario è previsto dalla legge 210/1992, la quale riconosce il diritto alla corresponsione di indennizzo da parte dello Stato a fronte di ogni “menomazione permanente della integrità psico-fisica” conseguente ad una vaccinazione obbligatoria, come quella prevista per i sanitari (ex art. 4 d.l. 44/2021). Inoltre, l’indennizzo opera anche relativamente alle vaccinazioni “raccomandate” e non obbligatorie (C. Cost. 118/2020).
Il giudice amministrativo richiama quanto affermato dalla Consulta relativamente alle 10 vaccinazioni obbligatorie per i soggetti minori di sedici anni. Nella citata pronuncia (C. Cost. 5/2018) si afferma che “il ricorso alla dimensione dell’obbligo è costituzionalmente legittimo quando lo strumento persuasivo appaia carente sul piano dell’efficacia rispetto alla situazione da fronteggiare in concreto”[2].
I dati dell’AIFA
In relazione al secondo presupposto, relativo al bilanciamento tra rischi e benefici, il giudice amministrativo elenca i dati aggiornati al 26.07.2021 e rinvenibili sul sito dell’AIFA.
I dati derivano dalla:
somministrazione di 65.692.591 dosi di vaccino;
sono stati 84.322 gli eventi avversi avvenuti dopo la somministrazione (a prescindere dalla riconducibilità causale alla vaccinazione).
Il tasso di segnalazione, ossia il rapporto fra il numero di segnalazioni inserite nel sistema di Farmacovigilanza e il numero di dosi somministrate, è pari a 128 ogni 100.000 dosi. Il giudice prosegue affermando che “di queste, solo il 12,8% ha avuto riguardo ad eventi gravi (con la precisazione che ricadono in tale categoria, definita in base a criteri standard, conseguenze talvolta non coincidenti con la reale gravità clinica dell’evento). Di tutte le segnalazioni gravi (16 ogni 100.000 dosi somministrate), solo il 43% di quelle esaminate finora è risultata correlabile alla vaccinazione”.
Conclusioni
Le argomentazioni svolte dal giudice amministrativo possono così riassumersi:
il vaccino non è in fase di sperimentazione, atteso che l’autorizzazione condizionata con l’immissione in commercio postula comunque la fine della fase di sperimentazione;
la profilassi vaccinale ha efficacia preventiva, oltre che dei sintomi della malattia, anche della trasmissione dell’infezione, quindi, l’interesse a prevenire la malattia è pubblicistico, anche sotto il profilo di limitare l’impatto sul sistema sanitario nazionale, circa l’occupazione delle terapie intensive e dei ricoveri;
lo “scudo penale” per i sanitari somministranti non attiene alla sicurezza dei vaccini; si tratta di una disposizione che va letta in chiave simbolica, in quanto diretta ad evitare atteggiamenti di medicina difensiva che potrebbero ostacolare la campagna vaccinale,
la norma che prevede la sospensione dall’esercizio della professione a seguito della mancata sottoposizione al vaccino (art. 4 d.l. 44/2021) è ragionevole e proporzionata; ragionevole perché costituisce il frutto di un bilanciamento degli interessi, prevedendo una compressione del diritto al lavoro del singolo che non voglia sottostare all’obbligo vaccinale a tutela della salute collettiva; proporzionata, poiché è previsto un meccanismo di esenzione dalla vaccinazione (ad esempio, per accertato pericolo per la salute) e la sospensione ha durata temporanea;
la legge che impone l’obbligo vaccinale integra i tre presupposti necessari indicati dalla Corte Costituzionale (sent. 5/2018) per essere compatibile con l’art. 32 Cost.
Il TAR confuta le argomentazioni svolte dalla dottoressa e respinge il ricorso per l’infondatezza di tutte le censure sollevate. Inoltre, condanna la ricorrente a rifondere all’amministrazione resistente le spese del giudizio (circa 2 mila euro oltre spese generali e accessori).
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, SENTENZA N. 261/2021 >> SCARICA IL PDF
Quotidiano Giuridico pubblica lo Speciale Emergenza Coronavirus, la rubrica per approfondire gli impatti che il diffondersi della pandemia ha generato in tema di giustizia civile, penale e amministrativa, contratti, previdenza e lavoro, compliance ex 231/2001, privacy, ordinamento penitenziario, fisco e molto altro.
[1] Sempre secondo il TAR, il livello di conoscenze acquisite relativamente ai vaccini anti-Covid rende la vicenda “per nulla sovrapponibile a quella relativa all’uso terapeutico dell’idrossiclorochina” (Cons. Stato 7097/2020), ove il giudice aveva ritenuto di non poter applicare in modo rigoroso i principi della cosiddetta “evidence based medicine” (EBM), ossia l’uso della medicina in base alle migliori evidenze scientifiche del momento. Nel caso dei vaccini anti-Covid, infatti, è disponibile una grande quantità di dati statistici stante la sottoposizione al vaccino di gran parte della popolazione nazionale. Per completezza, si ricorda che in quel caso il Consiglio di Stato aveva sospeso in via cautelare il provvedimento dell’AIFA di sospensione dell’utilizzo dell'idrossiclorichina, utilizzata per contrastare il Covid.
[2] Il TAR fa riferimento anche alla CEDU ricordando che è stata sancita “la compatibilità con l’art. 8 della Convenzione dell’obbligo vaccinale infantile (contro nove malattie, tra cui poliomielite, tetano ed epatite B) previsto dall’ordinamento della Repubblica Ceca quale condizione per l’ammissione al sistema educativo prescolare. La Corte afferma che l’ingerenza nella vita privata, che l’obbligo vaccinale sicuramente realizza, può giustificarsi ove – oltre ad essere previsto per legge – persegua un obiettivo legittimo (Legitimate aim) ai sensi della Convenzione, senz’altro rinvenibile nella protezione della salute collettiva e in particolare di quella di chi si trovi in stato di particolare vulnerabilità”. Per un approfondimento, si rinvia alla lettura integrale della sentenza.
Fabrizio Pizzo
Alberto Pento Le rispondo andando per ordine di pubblicazione.Mi dispiace leggere che ha avuto problemi seri di salute così giovane,ma non riesco a cogliere le affinità con il problema Covid,lei ha avuto una malattia autoimmune che con virus non ha niente a che fare,è vero che ha dovuto prendere dei farmaci con molti effetti collaterali ma credo non avesse scelta in quel momento,ignorarli lo avrebbe portato a morte certa,non è il caso in questione,poi che i farmaci abbiano molti effetti collaterali è risaputo e chi li prende assume anche i rischi,ma tutto questo non ha legami coi cosiddetti vaccini,anche se non sono obbligatori(e qui si aprirebbe una lunga discussione)si fa di tutto perché lo diventi come l'imposizione del greenpass che non serve a bloccare lactrasmissione ma solo ad obbligare a iniettarsi il siero genico,per me con motivi chuari e mirati ad altri scopi,per lei per non so quali motivi ma di certo non sanitari.
Alberto PentoL'epatite c è una infezione virale e non una malattia autoimmune anche se a volte la prima produce anche la seconda.
Le affinità sono molteplici tra cui:
-infezioni virali sia l'epatite c che il covid sono virus,
-farmaci (e anche il vaccino è un farmaco anche se diverso da un antivirale);
-un'altra analogia è la libera scelta di usare i farmaci disponibili (tra cui i vaccini) per combattere e se possibile eliminare l'infezione, con la consapevolezza dei possibili effetti collaterali;
e ve ne sono altre, ma mi fermo.
Io mi sono vaccinato contro il covid con lo stesso spirito con cui ho preso i farmaci antivirali contro il virus dell'epatite c.
Alberto PentoMilioni di morti, collasso della sanità e dell'economia e possibile guerra civile.
Se ieri avessimo seguito i negazionisti del virus e della pandemia e avessimo tenuto tutto aperto come se si fosse trattato di una normale influenza,
se non avessimo adottato le misure di contenimento del virus e della pandemia, tra cui le chiusure generalizzate e continuate, il divieto di assembramento, le mascherine, le pulizia e il distanziamento
e
se poi avessimo continuato seguendo oggi i no vax e non ci fossero i vaccini disponibili e le vaccinazioni obbligatorie con il green pass, avremmo senza ombra di dubbio milioni di morti, il sistema sanitario sarebbe collassato assieme all'economia e con ogni probabilità vi sarebbe la guerra civile.
Sarebbero morti la maggioranza degli anziani, quasi tutti i fragili, sarebbero morti gran parte dei sanitari infermieri e medici e conduttori delle ambulanze e degli apparati medicali, sarebbero morti gran parte degli ammalati di cuore e di tumore che non avrebbero potuto avere le cure adeguate;
sarebbero morti gran parte degli infetti il cui sistema immunitario fosse stato sconfitto e avessero sviluppato forme gravi di infezione, perché non avrebbero avuto i farmaci adeguati e le cure necessarie in terapia intensiva;
sarebbero morti in tanti vecchi e giovani, ammalati di altre malattie e i sani, anche i bambini e le giovani mamme, sarebbero morti oltre ai sanitari anche molti camionisti della rete distributiva, piloti di aerei, tecnici delle manutenzioni delle linee elettriche, delle reti informatiche, molti operai e tecnici delle industrie di base e fondamentali come quelle medicali, alimentari, dei trasporti, dell'energia, delle telecomunicazioni, sarebbe stato un disastro, un collasso generale della società, una tragedia umana dalle proporzioni incalcolabili.
Giovanni Dalla-ValleAlberto Pento che tu sia ignorantissimo in materia, TV-dipendente e senza basi scientifiche l'ho capito alla prima riga. Una sola domanda: hai descritto più o meno quello che hanno fatto in Svezia. Ti pare che siano morti tutti?
Alberto PentoIo non guardo quasi mai la televisione, forse 15 minuti al giorno e non sempre.
Il caso Svezia non è stato quello di una semplice influenza stagionale e quello di un paese senza alcuna restrizione, senza alcuna misura di prevenzione e senza alcuna cura farmacologica e senza alcun morto.
Ed inoltre i paesi non sono tutti uguali come casi in sé per una molteplicità di fattori, come non lo sono gli individui che hanno reazioni diverse all'infezione: c'è chi è morto e c'è chi ha avuto pochi sintomi come una semplice influenza.
In Svezia poi usano il vaccino, non è che non lo adoperino ci mancherebbe.
Quindi quanto da me paventato non corrisponde affatto al caso della Svezia.
Covid in Svezia, il modello Tegnell con poche restrizioni ha funzionato?Irene Soave
1 settembre 2021
https://www.corriere.it/esteri/21_sette ... ba6d.shtmlTra i Paesi industrializzati, la Svezia ha introdotto il minor numero di restrizioni. Ma è stato davvero un «liberi tutti»? Più morti e contagi che nel resto della Scandinavia (e un Pil non meno abbattuto) ma anche una fiducia perdurante nelle autorità. Com’è andata in Svezia?
«È presto per giudicare». Anders Tegnell - l’epidemiologo che ha guidato la Svezia attraverso la pandemia - ha ripetuto questa frase ad aprile 2020, a giugno 2020, a settembre, a dicembre e poi di nuovo ad aprile in ogni intervista, conferenza stampa, comunicato. «Giudicatemi tra almeno un anno».
Il tempo passa, ma il giudizio sul «modello svedese» rimane, in larga parte, indecidibile. Tra quelli dei Paesi industrializzati, il protocollo con cui Stoccolma ha affrontato il Covid-19 è stato il più discusso e strumentalizzato. Mentre le autorità sanitarie di quasi tutta Europa, degli Stati Uniti e di gran parte dell’Asia chiudevano negozi, scuole e attività produttive, Tegnell insisteva sull’inefficacia dei lockdown. «È come cercare di uccidere una zanzara con un martello» è un’altra delle sue frasi più ripetute. A lungo le autorità svedesi hanno esitato a introdurre l’obbligo di mascherina: «Non ci sono prove che funzioni», ha sostenuto sempre Tegnell, e quando poi si è deciso, o piegato, a introdurla sui mezzi pubblici almeno nelle ore di punta, lo ha fatto con una «raccomandazione». Le scuole sono rimaste aperte, e così bar e ristoranti.
La sostanza della strategia non è cambiata nemmeno quando, a dicembre, re Carl XVI Gustaf ha rotto la tradizionale ritrosia a commentare gli affari correnti per andare in tv a scusarsi coi suoi sudditi: «Sul Covid-19», ha detto, «abbiamo sbagliato». Eppure nemmeno allora Tegnell ha intrapreso un’inversione a U. Il mantra è stato sempre lo stesso: «È presto per giudicare». A giugno l’epidemiologo ha poi ammesso soltanto che «se si ripresentasse la pandemia, con le cose che sappiamo ora, ci comporteremmo a metà tra quanto fatto e quanto ha fatto il resto del mondo». A oggi la Svezia ha registrato 1.122.139 casi di Covid-19 e 14.682 morti causate dalla malattia. È un successo? Una disfatta?
I dati
Solo questa settimana, ad esempio, il quotidiano britannico Telegraph elogia l’«esperimento svedese» — «Ha salvato Pil e salute mentale» — mentre il magazine Business Insider lo stronca titolando «Troppi morti, non ha funzionato». Opinioni così polarizzate si alternano sulla stampa internazionale da 16 mesi. Sono però fondate sui medesimi dati.
I casi registrati, un milione e centomila su circa 10 milioni di abitanti, indicano che ha avuto il Covid-19 circa l’11 per cento della popolazione. A confronto coi vicini, un record: ha avuto il Covid solo il 2,9% dei 5,3 milioni di norvegesi, ad esempio, e il 2,2% dei 5,5 milioni di finlandesi. Insieme alla capillarità della campagna vaccinale — a oggi l’81,5% degli svedesi ha ricevuto almeno una dose e il 65,8% le ha ricevute entrambe — questo dato può forse contribuire a spiegare come mai, in questa settimana in cui le curve di diffusione del contagio tornano a salire in molti Paesi industrializzati e soprattutto nelle vicine Norvegia e Danimarca, la curva svedese va invece ancora verso il basso.
È l’effetto a lungo termine a cui puntava Anders Tegnell quando, circa un anno fa, in un’intervista al Financial Times parlava di «sostenibilità» della risposta al Covid-19. Si era sul finire di un’estate in cui la pandemia sembrava recedere, e il «modello svedese» tornava d’interesse: proprio in quei giorni il premier britannico Boris Johnson aveva invitato Tegnell per un’audizione che gli sarebbe servita a pianificare le riaperture. Pur smentendo la possibilità di puntare a un’«immunità di gregge», Tegnell citava l’alto tasso di svedesi immunizzati perché guariti dal Covid-19, chiedendosi anche: «Cosa proteggerà, per esempio, i danesi? Nuovi lockdown?». Sarebbe facile pensare che Tegnell abbia avuto ragione. Nella stessa intervista, però, pronosticava che per la Svezia il peggio fosse passato: «Non mi pare possibile che avremo nuovi picchi». La settimana seguente ripartiva in Svezia un’ondata di nuovi casi che non si sarebbe spenta fino alla primavera 2021, in un autunno nero che sarebbe culminato, a dicembre, con le scuse in televisione del re.
Anders Tegnell, il timoniere dell’agenzia di salute pubblica
Che sia sempre Anders Tegnell a enunciare, difendere, spiegare — «ripeto volentieri le cose cento volte a chiunque me le chieda» — la strategia svedese di contenimento della pandemia non è un caso di protagonismo. Dirigente della Folkhälsomyndigheten, l’agenzia di salute pubblica di Stoccolma, sarebbe dovuto partire per una missione in Somalia all’inizio del 2020, ma le cose sono andate diversamente. La Folkhälsomyndigheten fa parte di una serie di agenzie pubbliche su materie tecniche che sono, secondo la costituzione, totalmente indipendenti dal governo. Questa estraneità alla politica e la natura «tecnica» della Folkhälsomyndigheten sono state spesso citate da Tegnell come spiegazione della sua maggiore libertà di movimento e con essa dell’eccezione svedese. «Se non fossero paralizzati dalle istituzioni», dice in un’intervista della scorsa primavera, «molti altri ufficiali di salute pubblica, in altri Paesi, avrebbero seguito policy come le nostre».
Salvo che da parte dell’estrema destra parlamentare, che ne chiede regolarmente le dimissioni, Tegnell gode di un diffuso appoggio da parte della popolazione anche dopo 16 mesi di pandemia: un «Anders Tegnell fan club» su Facebook ha 32 mila iscritti e viene regolarmente aggiornato, e il 34enne Gustav Lloyd Agerblad, che la scorsa estate si è fatto tatuare la faccia di Tegnell sull’avambraccio, ha lanciato una piccola moda hipster. Il rapper svedese Shazaam gli ha dedicato un brano, «Anders Tegnell», che ne loda l’equilibrio. «Non sono un uomo solo contro il mondo», ripete spesso Tegnell — che ha però sospeso per il momento le interviste con la stampa internazionale, e si esprime solo per conferenze stampa — e cita il sostegno dei più di 500 colleghi che lavorano con lui alla Folkhälsomyndigheten. È innegabile, comunque, che sia il volto della lotta al Covid-19 nel Paese.
La strategia e i (pochi) cambi di rotta
A inizio 2019 un report globale della Johns Hopkins University classificava la Svezia come uno dei Paesi «più pronti» ad affrontare una pandemia.
Il primo caso di coronavirus in Svezia si manifesta il 31 gennaio 2o20: è una donna di Jönköping, tornata una settimana prima da un viaggio a Wuhan. Sentendosi male, con sintomi respiratori, e avendo sentito parlare in Cina di una nuova influenza in circolo, la donna si chiude intuitivamente, volontariamente in casa. Non contagia nessuno.
Facendo affidamento su un simile senso civico il governo svedese non obbliga i cittadini a restringere i movimenti, ma «raccomanda» di limitare gli spostamenti nelle città e fuori al minimo necessario. Gli esercizi commerciali, i bar e i ristoranti restano aperti. Funzionerà: uno studio sulle celle telefoniche citato dal «New Yorker» mostra che gli spostamenti degli svedesi si sono massicciamente ridotti sin dai primi giorni della pandemia, nonostante non sia mai stato indetto un lockdown.
Già a gennaio 2020, con le prime allerte internazionali, Tegnell avverte in alcuni scambi privati (pubblicati poi dal «New Yorker») che le sole misure da prendere saranno quelle basate sull’evidenza scientifica; questa linea prevarrà nei primi mesi di pandemia, quando in mezzo all’Europa che chiude Tegnell nega che vi siano evidenze sull’efficacia del lockdown, inventando il famoso slogan che «è come uccidere una zanzara con un martello». «Non ci sono epidemiologi che ne sostengano l’utilità a lungo termine», è da sempre la sua difesa.
L’immunità di gregge
Nei mesi che seguiranno, Tegnell e l’intera agenzia di salute pubblica negheranno che lo scopo sia mai stato quello di perseguire una «immunità di gregge», cioè uno stato in cui una maggioranza della popolazione sia immune al virus, per averlo già contratto, e quindi il virus cessi di circolare. Anche perché è ben presto chiaro che l’obiettivo sarebbe irrealistico. Eppure alcune inchieste giornalistiche mostrano uno scambio di mail — datato 14 e 15 marzo — tra la Folkhälsomyndigheten e l’omologa agenzia finlandese in cui Tegnell resiste a indire la chiusura delle scuole, spiegando che tenendole aperte «i giovani si sarebbero immunizzati più presto». I finlandesi rispondono che con le scuole chiuse la proiezione è che i contagi tra gli anziani possano diminuire anche del 10%. La risposta di Tegnell è lapidaria: ne vale la pena? «Siamo di fronte a una malattia che è qui per restare», ha sempre detto l’epidemiologo, «ed è necessario costruire sistemi che possano farvi fronte in maniera duratura».
Il «modello svedese» affascina da subito il Regno Unito di Boris Johnson, e i contatti tra gli ufficiali di salute pubblica sono sistematici. Nelle prime settimane della primavera 2020, la risposta alla pandemia segue nei due Paesi simili traiettorie di volontarietà e libertà. Poi in Regno Unito i casi schizzano: anche per la densità demografica: gli svedesi sono sono 10 milioni e il 20% vive a Stoccolma, non a caso infatti i casi in Svezia sono sei volte tanto che nel resto del Paese, mentre il Regno Unito è assai più densamente urbanizzato. Già il 23 marzo il Regno Unito chiude le scuole. Poi a Pasqua Boris Johnson si ammala e rischia di morire e la sua strada si separa fatalmente da quella di Tegnell.
I primi segni di sfiducia e il commissariamento dell’Agenzia
Ad aprile 2020 in Svezia — dove le scuole restano aperte fino ai 16 anni e i presidi minacciano i genitori di ricorrere agli assistenti sociali se i figli vengono tenuti a casa — si verifica una prima crepa nella fiducia che la collettività accorda a Tegnell. Un articolo scientifico dell’università di Uppsala raggiunge gli organi di stampa prima di essere approvato. Contiene proiezioni per i mesi a seguire: se la strategia continua così, il 50% degli svedesi si infetterà entro un mese e 80 mila moriranno.
È panico generale. Non andrà così; ma il tasso di morti su 100 mila abitanti diventa ben presto tra i più alti d’Europa, con una vera e propria strage nelle case di riposo. Questo dato, più delle pressioni sempre più insistenti dell’opposizione parlamentare e dei cittadini, spinge il governo a aggiungere due misure restrittive: chiudere al pubblico tutte le case di riposo e vietare i raduni di più di cinquanta persone. Tegnell compare spesso in pubblico a discutere della strategia adottata. Il mantra è sempre: «È presto per giudicare».
In estate i casi declinano e la situazione sembra migliorare, tanto che a settembre Tegnell e i suoi incontrano Boris Johnson per un’audizione sul loro modello, che il premier britannico (guarito a Pasqua) studia con attenzione. Il protocollo svedese, dopo una primavera di sfinenti lockdown in tutto il mondo, sembra tornare in auge; a luglio 2020 una lettera di 25 scienziati svedesi lancia un appello, «Non fate come la Svezia, non ha funzionato». È di quei giorni l’intervista al Financial Times in cui Tegnell prevede, disinvoltamente, che «difficilmente la Svezia vedrà nuovi picchi». Due mesi dopo, a novembre 2020, le terapie intensive di Stoccolma e Malmo sono piene.
Escono i primi sondaggi preoccupanti: la fiducia generale nelle istituzioni a ottobre è del 68%, a dicembre del 52%. Il governo crea una commissione di vigilanza sulla risposta al Covid. La commissione emette un giudizio severo, particolarmente sulla gestione del Covid negli anziani . «La strategia per proteggere gli anziani è stata fallimentare». Il 17 dicembre il discorso del re. «Abbiamo sbagliato».
La schermaglia sulle mascherine
È in quei giorni che una legge introduce un’eccezione alla costituzione: lo stato potrà, se necessario, ordinare la chiusura delle attività produttive. Il 18 dicembre la Folkhälsomyndigheten di Tegnell diffonde una raccomandazione di indossare mascherine almeno nell’ora di punta sui mezzi - comunque ribadendo che il distanziamento è il vero antidoto alla trasmissione.
Lo scetticismo sull’uso delle mascherine, all’inizio della pandemia addirittura vietate in certi ospedali, è diventato uno dei simboli dell’eccezione svedese. La Folkhälsomyndigheten, all’inizio, ne scoraggia addirittura l’uso: non solo, è la spiegazione ufficiale, non ci sono sufficienti evidenze scientifiche che serva. Ma spesso le mascherine sono usate in modo scorretto, o addirittura sembrano una misura di protezione sufficiente che fa sì che ad esempio chi le indossa non tenga le distanze. La linea anti-mascherine è più forte soprattutto nei primi stadi della pandemia, quando le certezze della loro utilità, tra gli scienziati, erano poche - e c’erano poche certezze al riguardo. Ad aprile 2020 Tegnell scrive all’European Center for Disease Control chiedendo di sospendere le raccomandazioni in tema, dicendo che «gli argomenti contro sono almeno altrettanti che quelli a favore». Tegnell insiste sempre sul distanziamento.
Il confronto con gli altri Paesi
Per valutare l’efficacia delle misure adottate da Stoccolma, con quali Paesi ha senso confrontarle? L’orientamento della comunità scientifica internazionale è più spesso quello di confrontarli con quelli degli altri Paesi scandinavi, comparabili per diversi fattori chiave — dalle strutture del sistema sanitario al contesto socioeconomico — ma più rigidi nel limitare spostamenti, assembramenti e attività produttive. In questo caso i contagi per milione di abitanti e la mortalità sono peggiori in Svezia che nei Paesi vicini. A oggi i morti complessivi di Covid-19 sono 14.682. I casi totali sono 1.122.139. Ha avuto il Covid-19 l’11% degli svedesi. In Norvegia: 152.714 casi totali, 814 morti. I norvegesi sono 5,3 milioni: lo ha avuto il 2,9% dei norvegesi. Finlandia: 124.285 casi, 1.019 morti. I finlandesi sono 5,5 milioni e lo ha avuto il 2,2% dei finlandesi Danimarca: 342.861, 2.575 morti. I danesi sono 5,8 milioni. E così via.
Anders Tegnell ha sempre sostenuto però che la Svezia vada confrontata — per la maggiore densità abitativa, avendo il doppio degli abitanti della Norvegia — con il resto d’Europa. Anche per quanto riguarda la percentuale di stranieri sul territorio, la Svezia somiglia più a un Paese Ue che ai suoi vicini scandinavi. Eppure non ci sono evidenze epidemiologiche di una maggiore incidenza del Covid-19 tra gli stranieri in alcun altro Paese d’Europa. L’Italia e la Danimarca hanno una simile percentuale di stranieri residenti (il 10% circa) ma statistiche Covid-19 ben diverse. In senso ancora contrario va invece una ricerca del dipartimento di salute pubblica pubblicata a primavera 2021: nella popolazione di migranti ci sono molti più ospedalizzati per Covid-19 e meno vaccinati. Insomma, i migranti pesano o no? Anche qui, «è presto per giudicare».
L’impatto sul Pil, viceversa, non è stato tanto più clemente: la Svezia nel 2020 ha perso circa il 3 per cento, meglio della media europea ma non della media scandinava.
Quel che ha funzionato
Anche confrontando la Svezia con i vicini scandinavi più rigoristi, comunque, la pandemia a oggi non è stata una catastrofe. Non si sono avverate, per esempio, le proiezioni tragiche del paper dell’università di Uppsala. Perché? La risposta sanitaria, con ospedali di alto livello, è stata all’altezza.
Ma soprattutto le restrizioni, forse, non sono state davvero così lassiste come sono parse nel resto del mondo. Gli svedesi, già inclini a isolarsi — come la paziente zero — si sono davvero mossi assai meno che in tempi normali. Le scuole sono sì rimaste aperte, ma le superiori e le università hanno trasferito online tutte le attività, e la didattica a distanza ha preso piede sopra i 16 anni in modo capillare. Queste misure sono forse state sufficienti, di per sé, ad arginare il propagarsi incontrollato dei contagi. E mentre le curve di tutta Europa, comprese Danimarca e Norvegia, continuano a salire verso l’alto, quella svedese resta meno ripida. È possibile che dopo 16 mesi di pandemia si stiano davvero mietendo i frutti di una politica che a molti è parsa controcorrente? Anche in questo caso, «è presto per giudicare».
Epatite c1 = genotipo 1https://it.wikipedia.org/wiki/Epatite_CL'agente eziologico dell'epatite C è l'hepatitis C virus (HCV), un virus dal diametro di 55-65 nm dotato di un pericapside a composizione prevalentemente lipidica e di un capside icosaedrico contenente un singolo filamento di RNA con polarità positiva, lungo 9 100 nucleotidi.[3] Si tratta di un appartenente al genere hepacivirus nella famiglia Flaviviridae.[16] Sebbene sia noto che esistono diversi genotipi del virus, non esiste una classificazione universalmente accettata; quella più utilizzata, recepita dall'OMS, ne prevede undici,[17] mentre altre ne identificano tra i quattro e i sette.[18][19] Negli Stati Uniti, circa il 70% dei casi sono relativi al genotipo 1, il 20% dal genotipo 2 e circa l'1% in ciascuno degli altri genotipi.[20] Il genotipo 1 è anche il più comune in Sud America e in Europa.[3] In tutto sono stati identificati circa un centinaio di ceppi virali.[17]
Epatite C1http://www.sosfegato.it/forumhcv/viewtopic.php?t=6806