Mafie e briganti teroneghi

Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 8:58 pm

Catania, luce su ventitré omicidi di mafia: 23 arresti
Operazione Thor dei Ros dei carabinieri
25/02/2020

https://www.lasicilia.it/video/catania/ ... resti.html

I carabinieri del Ros di Catania, coordinati dalla Dda etnea, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 23 indagati nell’ambito di indagini su 23 omicidi di mafia commessi dalla fine degli anni '80 al 2007. Tra i casi dell’operazione Thor ci sono anche un triplice omicidio, tre casi di lupara bianca e il duplice omicidio di Angelo Santapaola e di Nicola Sedici commesso il 26 settembre 2007, per il quale è stato condannato definitivamente Vincenzo Aiello, ex rappresentante provinciale della famiglia. Alle 10.30, nella sala conferenze della Procura del capoluogo etneo, si terrà la conferenza stampa sull'operazione Thor.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 8:59 pm

Corruzione, terremoto al Comune di Palermo: 7 arresti, ai domiciliari 2 consiglieri e 2 funzionari
Luigi Ansaloni
29 febbraio 2020

https://palermo.gds.it/articoli/cronaca ... 136711c7f/
Terremoto al Comune di Palermo. Un'inchiesta per corruzione piomba sull'amministrazione comunale, coinvolgendo in particolare il settore dell'edilizia. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza e i carabinieri del Reparto operativo – nucleo investigativo di Palermo, hanno posto ai domiciliari due consiglieri comunali, due dirigenti, un professionista e due imprenditori. Sette arresti più un obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.

Nell'ambito delle indagini, coordinate dalla procura di Palermo e in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale, i militari hanno arrestato i consiglieri comunali Sandro Terrani (Italia Viva), 51 anni, membro della Commissione Bilancio, Finanza e Tributi, e Giovanni Lo Cascio (Pd), 50 anni, presidente della commissione Urbanistica, lavori pubblici, edilizia privata e residenziale pubblica; i funzionari comunali Mario Li Castri, 54 anni, di Palermo, ex dirigente dell’Area tecnica della riqualificazione urbana e delle infrastrutture, e Giuseppe Monteleone, 59 anni, di Palermo, ex dirigente dello Sportello Unico Attività Produttive; l'architetto Fabio Seminerio, 57 anni, di Palermo; gli imprenditori Giovanni Lupo, 77 anni, di San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento, e Francesco La Corte, 47 anni, originario di Ribera, rispettivamente amministratore di fatto e di diritto della Biocasa s.r.l. (con sede a Palermo) che opera nel settore edilizio. All’architetto Agostino Minnuto, 60 anni, di Alia, in provincia di Palermo, è stato notificato l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.

I reati contestati sono "corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione e falso ideologico in atto pubblico".

Le indagini hanno permesso di individuare un vero e proprio comitato d’affari composto da imprenditori e professionisti in grado di condizionare le scelte gestionali di pubblici dirigenti e amministratori locali per ottenere vantaggi economici nel settore dell’edilizia privata.

LE INDAGINI. Nel 2016, Seminerio e altri soggetti a lui vicini hanno presentato – per conto di numerosi imprenditori – tre progetti per la lottizzazione di aree industriali dismesse del Comune di Palermo (via Maltese, via Messina Marine e via San Lorenzo) per la realizzazione di 350 unità abitative di edilizia sociale residenziale convenzionata. Per ottenere la deroga al piano regolatore generale era necessario che il consiglio comunale ne attestasse il pubblico interesse.

L’istruttoria sulle proposte di deliberazione fu curata da Li Castri, allora a capo dell’Area tecnica del Comune, il quale, in affari con Seminerio, avrebbe rilasciato il parere favorevole nonostante la mancanza di alcuni requisiti di ammissibilità in materia di edilizia convenzionata. Li Castri avrebbe inoltre ottenuto la promessa da La Corte e Lupo (interessati all’approvazione dei piani costruttivi) di assegnare a Seminerio la direzione dei lavori edilizi da realizzare. A sua volta, l'architetto avrebbe destinato a Li Castri una parte dei profitti percepiti dopo l’approvazione da parte del consiglio comunale delle tre proposte di deliberazione. Anche Monteleone si sarebbe adoperato per il buon esito della delibera relativa all’ex area industriale di via San Lorenzo.

Passo indietro di Arcuri dopo gli arresti per corruzione a Palermo, Orlando: "Nominerò un altro assessore"

I CONSIGLIERI COMUNALI. Il capogruppo del Pd Giovanni Lo Cascio e quello di Italia Viva Sandro Terrani, di 51, secondo l'accusa, avrebbero fatto pressioni per fare approvare in consiglio le delibere che permettevano la costruzione degli alloggi in variante urbanistica nelle aree delle fabbriche dismesse. Il 7 novembre 2019, però, il consiglio comunale ha bocciato l'atto (qui il verbale).

Per i due consiglieri è arrivata la sospensione con provvedimento della prefettura di Palermo. Non appena ricevuto il provvedimento della magistratura, il prefetto di Palermo Antonella De Miro ha firmato lo stop. Il Pd nel frattempo ha annunciato di avere sospeso Lo Cascio. «Ho appreso con sconcerto la notizia del provvedimento cautelare, avvenuto stamattina, nei confronti di Giovanni Lo Cascio, consigliere comunale del Partito Democratico a Palermo», afferma il commissario regionale del Pd Siciliano Alberto Losacco. «La magistratura faccia il suo corso, avrà sempre il pieno sostegno del Partito Democratico. E’ necessario accertare eventuali reati e responsabilità», ha aggiunto.

L'ALTRO CASO. C'è poi un'altra vicenda che coinvolge Li Castri, sempre nel suo ruolo di dirigente comunale, il quale avrebbe accordato una variante a una concessione edilizia della Biocasa, consentendo di aumentare le unità abitative da realizzare da 72 a 96. Il progetto era stato redatto anche in questo caso dal suo ex socio in affari Seminerio, al quale era stato assegnato l’incarico di direttore dei lavori.

Monteleone, già dirigente dell’Area recnica, curò alcune pratiche di concessione edilizia presentate dalla Biocasa anche per la realizzazione di un ulteriore complesso immobiliare sempre a Palermo, acconsentendo a varianti in aumento per consentire la realizzazione di un maggior numero di unità abitative da 96 a 133. In cambio Lupo, La Corte e Agostino Minnuto gli avrebbero promesso 15.000 euro. I primi due, inoltre, avrebbero assegnato a una strettissima amica di Monteleone, vari incarichi professionali con cospicue somme di denaro.

GLI EX DIRIGENTI. Li Castri e Monteleone, nel marzo 2018 erano stati condannati a due anni, in primo grado, insieme ad altre 19 persone (funzionari comunali, tecnici, imprenditori e un notaio), per la lottizzazione abusiva di via Miseno (dove entrambi risultano residenti e dove 12 villette sono state confiscate dalla magistratura), nella borgata marinara di a Mondello. Sulla vicenda, spiega l'avvocato di Li Castri, Marcello Montalbano, "è in corso il processo d'appello, anche per quanto riguarda la confisca. La lottizzazione - aggiunge - non riguarda l'attività di pubblico funzionario di Li Castri".
La terza sezione penale, allora presieduto da Marina Petruzzella, trasmise gli atti alla Procura per nuove indagini sui casi emersi in dibattimento e rimasti fuori dal processo. Poco prima della sentenza di primo grado Li Castri era stato nominato dall'amministrazione comunale nel Cda dell'Amg Gas. Nell'agosto 2015, quando Li Castri era già stato rinviato a giudizio, fu comunque nominato dirigente comunale. Al processo il Comune si costituì parte civile per aver subito un "danno d'immagine" e gli fu riconosciuta una provvisionale di 500 mila euro.
Secondo il pm Francesco Gualtieri, titolare dell'accusa nel processo di primo grado, per costruire le villette era necessario che il Consiglio comunale approvasse un piano particolareggiato, passaggio che non avvenne.
Come si evince dall'ordinanza emessa oggi dal Gip Michele Guarnotta, tre degli indagati (Li Castri, Monteleone e Fabio Seminerio) risultano residenti in via Miseno.

Filippo Bisconti, ex capo del mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno

LE DICHIARAZIONI DEL PENTITO. Nelle indagini hanno avuto un ruolo anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Filippo Bisconti, imprenditore edile nell’area metropolitana di Palermo, arrestato dai carabinieri per associazione mafiosa il 4 dicembre 2018 nell'operazione Cupola 2.0 e ritenuto capo-mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. Bisconti ha riferito circostanze e dinamiche interne agli uffici tecnici comunali, soffermandosi in particolare sugli interessi coltivati per anni da Li Castri, Seminerio e Monteleone nel settore dell'edilizia.

IL GIP. "L'inquietante contesto criminoso induce a ritenere del tutto ineludibile una sollecita applicazione di adeguate misure cautelari nei confronti degli indagati. Gli accertamenti svolti hanno ampiamente dimostrato come per gli indagati la corruzione altro non sia che un vero e proprio habitus mentale che ne connota l'agire quotidiano". Lo scrive il gip Michele Guarnotta nell'ordinanza con cui ha disposto gli arresti domiciliari per due consiglieri comunali, due dirigenti comunali, due imprenditori e un architetto che avrebbero gestito illegalmente pratiche amministrative per edificare in ex zone industriali.
"I pubblici ufficiali coinvolti nell'indagine - scrive - hanno palesato in modo inequivoco la propria infedeltà agli apparati pubblici in cui si trovano incardinati, interpretando i rispettivi munera quali appetibili beni da mettere sul mercato onde conseguire continui vantaggi indebiti. Contestualmente, i costruttori e i professionisti coinvolti nella vicenda parrebbero pacificamente vedere nella corruzione una sorta di costo necessario dei rispettivi lavori, stabilmente preso in considerazione al fine di acquistare gli indebiti favori di pubblici ufficiali che possano coadiuvarli nella realizzazione dei rispettivi obiettivi economici". "Ciò che maggiormente colpisce - conclude il gip - è la naturalezza con cui i protagonisti della vicenda addivengono a continui e reiterati accordi corruttivi, vedendo nello strumento illecito un passaggio obbligato per il compiuto svolgimento delle rispettive attività professionali".

Il gip si sofferma su Li Castri che "continua a tutt'oggi a vantare un inusitato potere decisionale in relazione all'intera organizzazione comunale". Il gip sottolinea anche "la strettissima contiguità che, nonostante le recenti vicende giudiziarie che lo hanno riguardato, continua a legare Li Castri all'assessore Emilio Arcuri, contiguità ad esempio tradottasi in vere e proprie richieste di suggerimenti/nulla-osta che l'assessore ha avanzato sulle modalità con cui ruotare gli incarichi dirigenziali all'interno dell'Area tecnica comunale".



Corruzione al Comune, il pentito confessa gli affari coi funzionari: "Ci davamo del tu..."
Riccardo Campolo
1 marzo 2020

https://www.palermotoday.it/cronaca/riv ... WhxxhgoEWc

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Filippo Bisconti - imprenditore considerato capomandamento di Belmonte e Misilmeri, arrestato nel blitz Cupola 2.0 - sono confluite nel fascicolo per corruzione su tre progetti di lottizzazione di edilizia. Un'inchiesta che ha permesso di scoprire anche i suoi rapporti con due funzionari del Comune, arrestati insieme a due consiglieri e due imprenditori. Rispetto a queste rivelazioni la guardia di finanza e carabinieri hanno trovato riscontri durante le loro indagini, anche in relazione a vecchie intercettazioni, aprendo uno squarcio sul mondo dell’edilizia, sul lavoro degli uffici comunali e sulle falle del sistema tanto gradite ai comitati d’affari pronti a speculare in città. Anche grazie a qualche favore, magari ben remunerato.

Bisconti racconta ai magistrati come ha conosciuto Mario Li Castri e Giuseppe Monteleone, anni fa dirigenti ad interim tra quelli scelti direttamente dal sindaco Leoluca Orlando e dall’allora suo vice Emilio Arcuri. L’imprenditore aveva fatto dei lavori in provincia su un ex opificio trasformato in resort e poco dopo - racconta - aveva conosciuto loro due e l’architetto Fabio Seminerio. Era il lontano 2007. “L’architetto Li Castri - dichiara il collaboratore di giustizia ai pm - gli dicevo se hai lavori.. che ci davamo tu, poi ci siamo cominciati a dare del tu.. dico se hai lavori, cose.. io ho belle iniziative, vediamoci a Palermo.. perché poi ci vedevamo in ogni caso a Palermo”.

Insieme avrebbero quindi fatto affari, quantomeno fino al suo arresto nel blitz antimafia: “Quando poi io ho avuto delle vicissitudini processuali, il nome è uscito sul giornale, a poco a poco mi hanno allontanato”. Tra i lavori fatti insieme quello in via Al convento di Baida, dove alcuni abusi edilizi sulla costruzione di sei case hanno portato a tre condanne (poi tutte prescritte in appello) per due prestanome di Bisconti soci della Tava srl e l’architetto Seminerio. “Erano direttori dei lavori - svela Bisconti ai pm - per l’edificio che io stavo costruendo a Baida e figuravano tutti e due, prima l’architetto Li Castri era progettista e poi l’architetto Seminerio è diventato direttore dei lavori”.

Bisconti sapeva bene come funzionava il sistema e come incunearsi fra le sue pieghe. “Prima l’ufficio Urbanistica era dove c’è l’Ucciardone praticamente, l’edificio quello in struttura prefabbricata. Poi lui stesso (parla di Giuseppe Monteleone, ndr), prima era dirigente all’ufficio Urbanistica, poi è diventato dirigente all’ufficio Edilizia privata ed era praticamente.. era detto papale papale era in società con l’architetto Li Castri e Seminerio, si dividevano i progetti e si scambiavano i favori sia all’interno dell’ufficio, che come approvazione, che praticamente di mattina se li riceveva.. quando c’era l’amministrazione... l’amministrazione precedente, non ricordo l’architetto”. Con il cambio di sindacatura però la musica sarebbe rimasta sempre la stessa: “Perché dopo è stato eletto Orlando come sindaco, lui.. si è verificato realmente che era l’uomo di Orlando e quindi poi ho capito meglio che era nella persona... praticamente trattava con Emilio Arcuri per conto di Orlando... parole sue sono, non sono parole mie”.


L’inchiesta di fiamme gialle e carabinieri verteva su tre lottizzazioni di edilizia residenziale convenzionata in via Maltese, via Messina Marine e via San Lorenzo. Tre mega progetti per i quali i funzionari comunali, anche con la spinta dei consiglieri comunali che avrebbero dovuto calendarizzare i passaggi necessari in Aula, avrebbero fatto carte false affinché ogni cosa filasse liscia. Tutto in cambio di - ipotizzano e in parte ricostruiscono gli investigatori - promesse, incarichi o consulenze. In alcuni casi, si legge nell’ordinanza del gip che cita alcune intercettazioni, Pietro Caldaronello (oggi defunto e allora proprietario del terreno a Baida oggetto del processo) sarebbe arrivato a pagare una “mazzetta da 50 mila euro” a qualcuno dell’Edilizia privata per far cambiare pure un certificato. Ma si poteva ricambiare in altro modo, come lasciava intendere Monteleone intercettato mentre parla con la sua compagna in auto: "Ma se va in porto sempre io gliel'ho portato l'affare. Non è che mi può trattare... progetto, progettino, direzione dei lavori".

Dopo gli arresti il sindaco Leoluca Orlando è intervenuto in conferenza stampa cercando di spiegare, con non poco imbarazzo, come l’amministrazione comunale abbia respinto i tentativi di corruttela. “Consumo di suolo zero e niente spazio ai comitati d’affari”. Il primo cittadino non ha potuto poi sottrarsi alle domande dei giornalisti cercando di rispondere agli interrogativi sugli “uomini del Comune” con cui ha lavorato fianco a fianco per anni e ora travolti dalle indagini. E alcuni, nel tempo, li avrebbe voluti proprio lui confermandoli senza se e senza ma nei ruoli chiave della macchina comunale. “Arcuri? Perché non dovrei confermarlo assessore. Se ha sbagliato - tuona Orlando - lo vado a cercare a casa”. Poche ore dopo, però, è arrivato il passo indietro di Arcuri. "Per evitare strumentalizzazioni", ha dichiarato l'ex vicesindaco. Ma in realtà la rinuncia alla carica di assessore sarebbe stata imposta ad Arcuri dallo stesso Orlando.

E sugli altri uomini voluti da Orlando? Risale a settembre 2017 la lettera inviata dal sindaco agli ormai ex dirigenti ad interim voluti da lui, da Arcuri e dal resto della Giunta per confermarli ai loro posti. Tra i vari destinatari delle missive c’era l’architetto Li Castri, oggi in lizza per uno degli undici posti da dirigente tecnico del Comune. “La S.V. è stata chiamata a presiedere la giuria del concorso di idee e progettazione del ‘Concorso internazionale di progettazione di due fasi del sistema tram Palermo - fase II”. E nonostante avesse perso lo status di dirigente, Orlando lo voleva mantenere in sella: "La sua individuazione è avvenuta su proposta dell’assessore delegato per le competenze di natura tecnico-amministrativa nella materia del concorso e ciò a prescindere dal ruolo dirigenziale alla data svolto".

Insomma, se qualcuno doveva presiedere i lavori sul mega progetto milionario "destinato a cambiare il volto della città", il sindaco voleva che fosse proprio lui, anche rischiando di andare di andare a sbattere contro la legge. E poco importava se fosse sotto processo insieme ad altri venti tra proprietari d’immobili, funzionari e dirigenti, per la lottizzazione abusiva di via Miseno. Un procedimento da cui sono usciti quasi tutti con le “ossa rotte” e che oggi si trova al vaglio della corte d’appello di Palermo. Oggi proprio Li Castri e Monteleone si trovano nella graduatoria definitiva (in vista delle prime prove scritte) per il concorso bandito nel lontano maggio 2017 dal Comune per inserire in pianta organica undici dirigenti tecnici, così da porre fine al valzer negli uffici e garantire stabilità al lavoro amministrativo.

Mentre finanzieri e carabinieri preparavano il blitz, il Comune infatti inviava l’ultimo aggiornamento che vede Li Castri al numero 19 della graduatoria e Monteleone alla posizione 141. Qualcuno però annuncia già di voler fare ricorso per alcuni errori che sarebbero stati commessi, allontanando ulteriormente la definizione della procedura che negli anni ha costretto il sindaco a intervenire con le sue scelte personali, pescando in tutte le posizioni utili della graduatoria e non sempre sulla base di competenza e professionalità, affidando le dirigenze ad interim su base fiduciaria. Fiducia che oggi, dopo l’operazione “Giano Bifronte”, sembrerebbe non essere stata ripagata o addirittura tradita.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » gio lug 16, 2020 8:11 pm

'Ndrangheta, raffica di arresti Due nel Vicentino. Tosi indagato
4 giugno 2020

https://www.ilgiornaledivicenza.it/home ... -1.8110107

Le 26 persone arrestate sono ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti, truffa, corruzione e turbata libertà degli incanti, talora aggravati da modalità mafiose. Tra gli arrestati ci sono anche un ex presidente e l’attuale direttore dell’Amia, la municipalizzata che si occupa della raccolta di rifiuti a Verona. Secondo l’accusa sono stati corrotti dai malavitosi per poter entrare nel settore dei corsi di formazione per la sicurezza nel posto di lavoro. Due le persone arrestate e ora ai domiciliari nel Vicentino.

Coinvolto nell'indagine anche l'ex sindaco di Verona Flavio Tosi: è indagato con l'accusa di peculato. Accusa di peculato per Tosi che è in relazione alla presunta distrazione da parte dell’ex presidente della municipalizzata dei rifiuti Amia, Andrea Miglioranzi (ai domiciliari) di una somma «non inferiore a 5.000 euro» per pagare la fattura di un’agenzia di investigazioni privata, su prestazioni in realtà mai eseguite in favore di Amia, ma nell’interesse di Tosi.

Il boss della ’Ndrangheta che gestiva l’organizzazione nel veronese è Antonio Gardino detto "Totareddu", uomo vicino alla cosca Arena-Nicoscia. L’attività del gruppo mafioso ha portato al sequestro di 15 milioni di euro frutto di un’attività volta al riciclaggio ed allo spaccio di stupefacenti, con società fittizie che evadevano il fisco e creavano provviste di denaro. Non un fenomeno mafioso tradizionale ma organizzato con una rete di contatti nel territori - come hanno sottolineato il Procuratore di Venezia Bruno Cherchi e Francesco Messina, dell’anticrimine - che ha coinvolto la municipalizzata veronese Amia per lo smaltimento dei rifiuti, che faceva circolare denaro, corsi di formazione. Il denaro gestito nel veronese giungeva dalla Calabria, veniva riciclato per lo più attraverso imprese edili portando ai reati di riciclaggio, estorsione ed evasione fiscale.

La ’Ndrangheta si era progressivamente insediata nel veronese fin dagli anni ’90. Nel corso dell’indagine, durata quasi tre anni, è emerso che la ’Ndrangheta veronese, guidata dal boss Antonio "Totareddu" Giardino, con il suo clan a Sona (Verona), pur mantenendo i contatti con la casa madre agiva sì come tramite per riciclare il denaro che giungeva dalla Calabria - con partecipazioni, riciclaggio, l’usura anche in modo violento - ma era autonoma. Oltre alla classica attività di indagine, la polizia è entrata nelle maglie dell’organizzazione, fatta a rete, che si allargava su più attività del settore pubblico e privato o legate tra loro, come la gestione dei rifiuti attraverso il controllo del territorio, e le dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
Come detto da Francesco Messina, dell’anticrimine, «la ’Ndrina veronese aveva costruito una serie di rapporti stretti in un gioco "do ut des" tale da controllare le più svariate attività del territorio, forte di licenze e permessi contrattati anche con pubblici funzionari». Il modo classico era quello di dare denaro chiedendone la restituzione maggiorata, con l’impresa che riciclava soldi illeciti, e scaricare la fattura eludendo il fisco mentre l’azienda erogatrice, nel frattempo,
spariva.

A "Totareddu" l’ordinanza restrittiva è stata notificata in carcere, da dove gestiva l’attività. L’inchiesta è sbarcata a Verona dopo analoghe operazioni in Lombardia ed Emilia.

ORE 8.30 Arresti sono in corso in Veneto al termine di un’indagine della polizia che ha sgominato la "locale" di ’Ndrangheta di Verona, una struttura autonoma ma riconducibile alla cosca degli Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. L’inchiesta coordinata dalla Dda di Venezia, ha portato all’emissione da parte del Gip di 26 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, truffa, riciclaggio, estorsione, traffico di droga, corruzione, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di beni e fatture false.

In carcere sono finite 17 persone mentre nei confronti di altre 6 sono stati disposti gli arresti domiciliari e per 3 è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini sono state condotte tra il 2017 ed il 2018 da un gruppo di lavoro composto dagli investigatori della prima divisione del Servizio centrale operativo (Sco) della polizia e dai poliziotti delle squadre mobili di Verona e Venezia, e hanno portato alla luce quelli che vengono ritenuti «gravi indizi» relativi alla presenza della locale di Ndrangheta a Verona.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » gio lug 16, 2020 8:12 pm

Smantellato il clan camorristico senese: 28 arresti, tra cui il fratello della Cirinna'
7 lug 2020
EDOARDO IZZO per lastampa.it

https://www.dagospia.com/rubrica-29/cro ... 241495.htm


Maxi operazione di polizia e guardia di finanza contro il clan camorristico dei Senese. Questa mattina i militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria e gli agenti della Squadra Mobile stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Roma, nei confronti di 28 esponenti della famiglia Senese, ritenuti responsabili di estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso agevolando la galassia criminale della camorra campana.

Contestualmente le forze dell'ordine stanno eseguendo un provvedimento di sequestro preventivo di beni e aziende per circa 15 milioni di euro. Nel blitz - coordinato dal procuratore Michele Prestipino e dall'aggiunto alla Direzione Distrettuale Antimafia Ilaria Calò - sono impegnati circa 200 tra finanzieri e poliziotti, con l’esecuzione anche di perquisizioni, nelle province di Roma, Napoli, Verona, Frosinone, L'Aquila.

Tra le persone destinatarie di ordinanza cautelare, oltre al boss Michele Senese, detto "'o pazz", anche suo figlio Vincenzo, 43 anni, che al momento dell' arresto si trovava in una struttura da cinquemila euro a settimana della marina di Ugento.

Vincenzo Senese, che secondo gli inquirenti, ‘curava’ gli interessi della famiglia a Roma e non solo, spendeva migliaia di euro a settimana in strutture stellate e ristoranti dove non pagava utilizzando il cognome della famiglia. Inoltre, nell'inchiesta è coinvolto anche Claudio Cirinna', 54 anni, fratello della parlamentare del Pd, Monica Cirinna' (estranea all'indagine). Secondo quanto si apprende, gli inquirenti hanno spiegato che Cirinna' e' stato coinvolto in uno degli affari per reinvestire il capitale illecito del clan.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » gio lug 16, 2020 8:12 pm

'Ndrangheta in Veneto, 33 arresti e oltre 100 indagati
15 luglio 2020

https://www.ilgiornaledivicenza.it/home ... -1.8165188

Sono 33 gli ordini di custodia cautelare emessi dal gip del Tribunale di Venezia, su richiesta della locale Dda, nei confronti di altrettanti indagati accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione, rapina, usura, ricettazione, riciclaggio, turbata libertà degli incanti, furto aggravato, favoreggiamento, violazione delle leggi sulle armi, con le aggravanti mafiose.

I provvedimenti scaturiscono da un'attività investigativa del Ros per accertare la presenza, in Veneto, di strutture 'ndranghetiste. Oltre cento le persone raggiunte da avvisi di garanzia. Gli arresti sono stati eseguiti dal Ros con il supporto dell'Arma territoriale in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Calabria. Contestualmente, si sta procedendo a numerose perquisizioni e sequestri di beni, mobili e immobili, per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » lun lug 27, 2020 8:14 pm

‘Ndrangheta: maxi-blitz in tutta Italia, 334 arresti. C’è anche l’ex parlamentare di Fi Pittelli
Carlo Macrì
19 dicembre 2019

https://www.corriere.it/cronache/19_dic ... a5cc.shtml


C’è anche il presidente di Anci Calabria Gianluca Callipo, sindaco di Pizzo (Vibo Valentia) tra le 334 persone arrestate giovedì mattina dal Ros dei carabinieri in una operazione denominata «Rinascita-Scott» che ha disarticolato una organizzazione che legava insieme ‘ndranghetisti, politici, massoni, imprenditori, avvocati e commercialisti.

Un’altra figura di «peso» finita in galera è Giancarlo Pittelli, noto avvocato di Catanzaro, con un passato in politica. Pittelli è stato, infatti, parlamentare di Forza Italia, ex membro della Commissione Giustizia alla Camera e coordinatore regionale del partito di Berlusconi. In manette anche il comandante della polizia municipale di Vibo Filippo Nesci, l’avvocato Francesco Stilo, legale del titolare dell’assegno da 100 milioni di euro, arrestato nei giorni scorsi alla frontiera con la Svizzera. E ancora un dipendente del tribunale di Vibo Danilo Tripodi e il noto imprenditore del settore abbigliamento Mario Artusa.

«È la più grande operazione dopo il maxi processo di Palermo» ha detto il procuratore distrettuale di Catanzaro Nicola Gratteri. In tutto gli indagati sono 416. In ginocchio le cosche che operano nel territorio vibonese, Mancuso di Limbadi e Lo Bianco-Barba. All’operazione hanno preso parte 2500 carabinieri del Ros e dei comandi provinciali, supportati da unità del Gis, del Reggimento paracadutisti, degli squadroni eliportati Cacciatori di Calabria. Diverse le ipotesi di reato: associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidi, estorsioni, usura, intestazione fittizia di beni, riciclaggio. Sequestrati inoltre beni per 15 milioni di euro.
‘Ndrangheta: la «Santa», il sangue e i reati secondo il Codice d’onore. I pizzini dell’operazione calabrese

La mitologia

L’imponente operazione, frutto di indagini durate anni, oltre alla Calabria interessa varie regioni d’Italia dove la ‘ndrangheta vibonese si è ramificata: Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata. Alcuni indagati sono stati localizzati e arrestati in Germania, Svizzera e Bulgaria in collaborazione con le locali forze di Polizia e in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria di Catanzaro. I dettagli dell’operazione verranno illustrati nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 11 nella Procura della Repubblica di Catanzaro alla quale parteciperanno il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, il comandante del Ros Pasquale Angelosanto e il comandante della Legione Carabinieri Calabria Andrea Paterna.



'Ndrangheta Italia: la rete di amicizie dei clan tra banchieri, politici, vescovi e magistrati
di Giovanni Tizian
10 gennaio 2020

https://m.espresso.repubblica.it/plus/a ... e-1.342795

La multinazionale del crimine più apprezzata dal potere. Accolta nei palazzi della politica, nei santuari della finanza, nelle cattedrali del capitalismo moderno. Un marchio italiano, ma non sovranista, piuttosto globalista. Potere e crimine, liturgie del denaro e riti arcaici impastati nella stessa organizzazione. Governatori di Regione implicati all’ombra delle Alpi, assessori regionali coinvolti a Torino, sindaci sostenuti dalle cosche in Umbria e in Emilia, ex senatori massoni arrestati con amici banchieri e pezzi grossi dell’alta finanza.

Il Paese reale trasformato in mangiatoia da un sistema criminale che vanta migliaia di affiliati, centinaia di sedi dislocate in Italia e nel mondo, un numero impressionante di complicità spesso celate dietro la nebbia padana. ’Ndrangheta come un “franchising”, hanno scritto i giudici della Cassazione per spiegare il funzionamento e la strategia delle cosche calabresi fuori dai confini regionali.

Dallo Stretto di Messina alle Alpi. La pervasività delle ’ndrine è scolpita con dati e numeri sulla carta di centinaia di fascicoli: soltanto nel 2019 sono state portate a termine 40 inchieste in tutta Italia. Oltre tre al mese, quasi un migliaio tra indagati e arrestati. Boss e insospettabili della buona borghesia. Eppure la ’ndrangheta nell’immaginario resta un fenomeno folkloristico, in fondo «innocua, perché non spara come una volta». E la politica? Latita. Distratta dal clima perenne di campagna elettorale, il tema immigrazione si prende la scena. Intanto la ’ndrangheta holding avvelena l’economia con i capitali sporchi e la democrazia del Paese dirigendo il consenso elettorale. Come dimostra l’ultima inchiesta “Rinascita-Scott” che fa tremare il sistema. Una maxi operazione condotta dal Ros dei carabinieri guidati dal generale Pasquale Angelosanto e coordinata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: 334 arresti, oltre 400 indagati, beni sequestrati per 15 milioni, 3 mila militari in campo nella notte tra il 18 e il 19 dicembre.

IL PAESE DELLE 'NDRINE, TRA POLITICA E LOGGE
La mappa delle “Locali”(gruppi strutturati) della ’ndrangheta. Degli ultimi casi (2019) di politici indagati per rapporti con i boss. E degli scioglimenti dei comuni per infiltrazione dei clan calabresi. (Cliccando sui cerchi è possibile scoprire i dettagli)

LA CERNIERA
Ma l’Atlantide sommersa della mafia calabrese sta oltre queste cifre. Sta in figure cerniera, ufficiali di collegamento tra sottobosco mafioso e società civile. Tra questi c’è l’avvocato, massone ed ex senatore di Forza Italia (di recente vicino a Fratelli d’Italia) Giancarlo Pittelli, indagato per concorso esterno alla cosca Mancuso di Limbadi, paesino della provincia di Vibo Valentia, noto più per la produzione dell’amaro del Capo che per essere regno di una delle più potenti famiglie di ’ndrangheta. Per capire chi sono i Mancuso di Limbadi, dobbiamo tornare al 1983, quando il capo bastone Ciccio Mancuso vinse le elezioni da latitante. Dovette intervenire il presidente della Repubblica Sandro Pertini per sciogliere il Comune. Mancuso e politica. Un’eredità che ora ha travolto Pittelli.

A casa sua i carabinieri durante le perquisizioni hanno trovato appunti scritti a mano: un elenco dettagliato dei temi dell’inchiesta “Rinascita”. Chi ha informato Pittelli dei segreti di un’indagine riservatissima? Di certo l’avvocato del boss gode della stima di un pezzo della magistratura. Le cimici del Ros hanno persino registrato una cena nella sua abitazione con otto magistrati e altri professionisti. Toghe, spiegano fonti autorevoli a L’Espresso, non della procura ma di altri uffici giudiziari di Catanzaro. Contatti privilegiati dell’ex senatore finiti in informative senza ipotesi di reato inviate alla procura di Salerno competente sui magistrati catanzaresi. Toghe, e pure vescovi amici. Prelati del calibro di don Francesco Massara, l’ex parroco di Limbadi, nominato da Papa Francesco arcivescovo di Camerino-San Severino Marche. Grazie a don Massara, Pittelli dice di aver «ottenuto la tessera del Vaticano». E il vescovo ha mediato affinché l’avvocato della ’ndrina potesse incontrare Monsignor Giuseppe Russo, sottosegretario dell’Apsa - l’ente che gestisce il patrimonio della Santa Sede - per valutare l’acquisto di alcuni immobili del Vaticano.

Questa ’ndrangheta è un sistema criminale che agisce su più livelli. Alcuni visibili a occhio nudo: militare (con bombe e intimidazioni) e imprenditoriale (quattrini sporchi che creano concorrenza sleale). Altri invisibili: finanziario (flussi di riciclaggio che approdano nei paradisi fiscali) e politico (pacchetti di voti che si spostano da un candidato a un altro).

TERRA DI MEZZO
L’avvocato Pittelli è dunque accusato di essere la cerniera tra due mondi. Un complice esterno, per i pm. Non secondo il giudice che ha ordinato l’arresto: convinto che l’ex senatore sia organico al clan, ora toccherà al Riesame decidere sul ricorso di Pittelli. Di certo avrà molte cose da spiegare agli inquirenti. A partire da quell’incontro a Messina con il rettore dell’Università per presentargli la figlia del boss Mancuso, studentessa di Medicina in difficoltà con un esame. «“Troppo avvocato, troppo avvocato” si è messa a piangere... che bella famiglia», questa la reazione della rampolla, confidata dall’ex senatore a un amico.

Il portafoglio contatti dell’avvocato del boss è ricco. C’è Fabrizio Palenzona, ex numero due di Unicredit, presidente di Aiscat e di Prelios (ex Pirelli Re) la società di gestione e servizi immobiliari fondata da Marco Tronchetti Provera. Le informative del Ros riportano gli scambi di sms e gli incontri tra il banchiere e Pittelli, che lo definisce «mio grandissimo amico». Per i detective «Pittelli metteva a disposizione di Prelios i suoi rapporti privilegiati con Luigi Mancuso in cambio della disponibilità della stessa società finanziaria di appoggio per le sue iniziative imprenditoriali».

L’ex senatore ha incontrato Palenzona a Milano il 6 luglio 2018 negli uffici della società. Qui Pittelli ottiene un incarico speciale e potenzialmente milionario. Prelios gli chiede la cortesia di trovare un acquirente per il villaggio turistico ex Valtur da vendere a un prezzo stracciato. «Non sappiamo più cosa farcene... siamo disperati», gli dice un dirigente Prelios. Pittelli accetta per fare «una cortesia a Fabrizio Palenzona», che la sera stessa scrive un sms all’amico: «Caro Giancarlo, mi ha fatto molto piacere fino alla commozione rivederti. Grazie per la tua preziosa Amicizia, un forte abbraccio!!! Ps fammi sapere gli estremi del terreno».

L’ex senatore sa bene però che nel regno di Mancuso spetta al mammasantissima l’ultima parola: «A Nicotera questa storia la puoi vendere se hai un placet. Nicotera risponde a Luigi Mancuso», dice. Lo incontrerà al più presto, per chiedergli: «Interessa a qualche imprenditore della zona? Dobbiamo rispettare, non possiamo fare i cretini».

Il giorno dopo aver incontrato l’ex Mr Unicredit, l’intraprendente Pittelli riceve Giuseppe Mussari, l’ex presidente di Mps e di Abi condannato lo scorso novembre a 7 anni e mezzo per il buco provocato dall’acquisizione di Antonveneta. Mussari è catanzarese come Pittelli, dopo la catastrofica esperienza da banchiere, è tornato alle origini: «Questo non è il mio lavoro», confessò quando diede le dimissioni da Abi. Mussari e Pittelli durante l’incontro di luglio 2018 parlano del ghiotto affare Valtur proposto da Prelios: «Giusè, è una roba nella quale possiamo guadagnare 3-4 milioni di euro... a te non interessano i soldi... ti sfotto, ma che sei fesso!».

L’ex banchiere sul denaro è suscettibile e vuole essere chiaro: «Io non ho più una lira perché ho pagato i miei avvocati, ma ho un’altra logica di vita, quando ho avuto i soldi non mi sono fatto mancare niente, perché tanto tutto quello che dovevo fare, i ristoranti, gli alberghi, le vacanze, i viaggi... ma ti assicuro non me ne fotte più niente». Poi prospettano due ipotesi: vendere il villaggio a un grosso operatore turistico o a un costruttore per poi ampliarlo. Per questa seconda ipotesi saranno necessarie nuove concessioni dal Comune di Nicotera. Nessun problema per la coppia Pittelli-Mussari: «Vado a parlare con il Sindaco, dopodiché i contatti col Comune te li segui tu... Giuse’! è lavoro! Secondo me possiamo guadagnare due, tre milioni... tranquillamente». Prima di salutarsi c’è il tempo di una battuta sui magistrati: «Tu li odii... io pure», ride Pittelli. Mussari saluta accennando un sorriso. Prima Palenzona, poi l’ex Mps, infine tocca al boss Luigi Mancuso: Pittelli lo incontra il 9 luglio. E per il Ros hanno «discusso della questione (Valtur)».

MAMMASANTISSIMA E "FRATELLI"
Le cinque province della Calabria con il numero di “Locali” e di singoli clan (dati: Procura nazionale antimafia e Dia) e le logge massoniche emerse dai racconti dei pentiti e dalle inchieste. La provincia di Reggio Calabria conta 72 “Locali”: 27 lato jonico, 37 area città, 9 fascia tirrenica. (Cliccando sulle icone è possibile scoprire i dettagli)

Una platea di amici insospettabili che la 'ndrangheta ha anche al Nord. All'ombra della Alpi, in Valle d'Aosta e Piemonte. Ai piedi degli Appennini, in Emilia. E nella pianura lombarda.



'Ndrangheta, appalti pilotati per favorire le cosche: 11 funzionari coinvolti, decine di arresti in tutta Italia
28 maggio 2020

https://www.ilmessaggero.it/italia/ndra ... 54610.html

Un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e agevolare le cosche della 'Ndrangheta. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza che sta eseguendo decine di arresti in diverse regioni italiane. L'indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha preso di mira i profili 'imprenditorialì dei Piromalli, la cosca che opera nella Piana di Gioia Tauro. I finanzieri stanno eseguendo anche sequestri di beni e imprese per oltre 103 milioni.

Reddito di cittadinanza per 101 boss di 'ndrangheta. Tra i beneficiari i figli dell'Escobar italiano della cocaina

I provvedimenti cautelari e i sequestri, nei quali sono impegnati circa 500 finanzieri dei comandi provinciali e dello Scico, sono scattati in Calabria, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, in Sicilia tra Messina, Palermo, Trapani e Agrigento, in Campania - a Benevento e Avellino -a Milano e Brescia in Lombardia e ad Alessandria, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma. L'operazione, coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e denominata 'Waterfront', è l'epilogo delle indagini sull' ala imprenditoriale dei Piromalli. Dagli accertamenti, infatti, è emersa l'esistenza di un cartello composto da imprenditori e pubblici ufficiali ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d'asta aggravata dall'agevolazione mafiosa, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati. Sono 11 i funzionari pubblici coinvolti.



'Ndrangheta: appalti pilotati per favorire cosche, arresti in tutta Italia
Giovedì, 28 Maggio 2020
http://www.lametino.it/Cronaca/ndranghe ... talia.html

Roma - Un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e agevolare le cosche della 'ndrangheta. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza che sta eseguendo decine di arresti in diverse regioni italiane. L'indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha preso di mira i profili 'imprenditoriali' dei Piromalli, la cosca che opera nella Piana di Gioia Tauro. I finanzieri stanno eseguendo anche sequestri di beni e imprese per oltre 103 milioni.

I provvedimenti cautelari e i sequestri, nei quali sono impegnati circa 500 finanzieri dei comandi provinciali e dello Scico, sono scattati in Calabria, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, in Sicilia tra Messina, Palermo, Trapani e Agrigento, in Campania - a Benevento e Avellino - a Milano e Brescia in Lombardia e ad Alessandria, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma. L'operazione, coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e denominata 'Waterfront', è l'epilogo delle indagini sull'ala imprenditoriale dei Piromalli. Dagli accertamenti, infatti, è emersa l'esistenza di un cartello composto da imprenditori e pubblici ufficiali ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d'asta aggravata dall'agevolazione mafiosa, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati. Sono 11 i funzionari pubblici coinvolti.

Coinvolto funzionario Anas e tecnici comunali

Ci sono anche un funzionario dell'Anas in servizio a Reggio Calabria, e tecnici dei comuni di Rosarno e Gioia Tauro tra le persone coinvolte nell'inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che stamani ha portato a numerosi arresti in tutta Italia eseguiti della Guardia di finanza nei confronti dei presunti componenti di un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e agevolare la cosca Piromalli. L'operazione, denominata "Waterfront", è il frutto di tre filoni di indagine scaturiti dall'operazione "Cumbertazione" che nel gennaio 2017 portò al fermo di 35 persone ed alla scoperta di un "cartello" di imprenditori sostenuti dalle cosche della 'ndrangheta. Indagando su sette appalti già oggetto di quella inchiesta, i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dello Scico, hanno portato alla luce altre ipotesi di reato di frode in pubbliche forniture portate a termine grazie anche a funzionari pubblici infedeli. Il secondo filone ha preso le mosse da quanto scoperto nel computer di uno degli arrestati in Cumbertazione che ha portato alla scoperta di un altro cartello di imprese al servizio delle cosche. Infine, dalle indagini èp emerso il coinvolgimento del responsabile dell'area reggina dell'Anas che avrebbe favorito un imprenditore in cambio del pagamento di somme di denaro in favore della moglie per prestazioni lavorative che secondo quanto emerso dalle indagini della Guardia di finanza, in realtà, non sarebbero mai state svolte.

A cartello imprese appalti per oltre 100 milioni

Ammonta ad oltre 100 milioni di euro il valore degli appalti ottenuti illecitamente coperti dalle indagini condotte dalla Guardia di finanza e coordinate dalla Dda di Reggio Calabria che hanno portato alla luce un cartello composto da 57 imprenditori che, con attraverso turbative d'asta aggravate dall'agevolazione mafiosa, si sarebbero aggiudicati almeno 22 gare ad evidenza pubblica, frodando la Regione Calabria e la Comunità Europea. Le gare investigate dai finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria di Reggio Calabria e dello Scico, sono state bandite tra il 2007 e il 2016 dalle stazioni appaltanti dei Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, nonché dalla Stazione Unica Appaltante di Reggio Calabria. Così facendo, le imprese avrebbero agevolato l'attività dei Piromalli che si sono assicurati una rilevante "tangente ambientale", garantendo la realizzazione dei lavori. Gli appalti venivano ottenuto tramite offerte precedentemente concordate e se il cartello non risulta vincitore, venivano effettuati subappalti o procedura di nolo per ottenere comunque l'esecuzione dei lavori. Tra gli appalti finiti nel mirino degli investigatori anche quelli di riqualificazione del lungomare di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando in attuazione di Progetti Integrati di Sviluppo Urbano finanziati da fondi europei. Numerose le irregolarità riscontrate: la percezione di somme non dovute, liquidazioni di spese non dovute, distorto utilizzo di "varianti in corso d'opera", difformità nei progetti, omessi collaudi statici, prove non eseguite sulla qualità e sullo spessore degli asfalti bituminosi. Il tutto anche nell'esecuzione di opere quali il Palazzetto dello sport, il parcheggio interrato e il Centro polifunzionale di Gioia Tauro, nonché il Centro polisportivo di Rosarno.

Fondamentale, per l'accusa, è risultata la complicità, a vario titolo, di pubblici ufficiali - dirigenti e direttori dei lavori/collaudatori, tecnici/progettisti e/o responsabili unici pro tempore dei procedimenti relativi agli appalti - incaricati dalle relative stazioni appaltanti. Dalle indagini è emerso anche lo "stabile rapporto corruttivo" esistente tra il funzionario dell'Anas Giovanni Fiordaliso, del Compartimento di Reggio Calabria, e l'imprenditore Domenico Gallo, indicato come il "dominus" di numerose società fornitrici di bitume e calcestruzzo, per frodi in svariati contratti di fornitura indebitamente affidati ad imprese riconducibili a Gallo, compresi i lavori di ammodernamento di tratti dell'Autostrada A2 Salerno - Reggio Calabria effettuati con materiali di qualità inferiore rispetto ai parametri imposti dagli appalti. In cambio, secondo l'accusa, Fiordaliso avrebbe ottenuto beni di lusso e promesse di incarichi nelle sue imprese. L'imprenditore avrebbe anche versato circa 94.000 euro alla moglie di Fiordaliso per prestazioni di lavoro mai effettuate. A conclusione dell'operazione, 14 persone sono state poste ai domiciliari, a 20 è stato notificato l'obbligo di presentazione alla Pg e per 29 è scattato il divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » lun lug 27, 2020 8:15 pm

Turbativa d'asta e corruzione,16 arresti - Calabria
Operazione della Gdf coordinata dalla Procura di Castrovillari
(ANSA) - COSENZA, 27 LUG 2020

https://www.ansa.it/calabria/notizie/20 ... 35742.html

Sono accusati a vario titolo di fare parte di un'associazione per delinquere finalizzata alle "turbative d'asta", corruzione in atti giudiziari, rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio: i finanzieri del Comando provinciale di Cosenza hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di applicazione di misure cautelari a carico di 16 indagati, di cui 9 in carcere e 7 agli arresti domiciliari nell'ambito di un'operazione denominata "White Collar", I provvedimenti sono stati emessi dal Gip del tribunale di Castrovillari su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica Luca Primicerio. Ci sono 9 professionisti, tra avvocati e commercialisti, tra le persone raggiunte dalle misure cautelari nell'ambito dell'operazione della Guardia di finanza di Cosenza. Le indagini, avviate nel 2017, hanno portato alla luce un sistema sommerso tra l'organizzazione con a capo un dipendente dell'Ufficio del Giudice di Pace di Corigliano e vari professionisti delegati alle vendite che, in spregio alla funzione di "pubblici ufficiali", hanno collusivamente gestito le aste giudiziarie in favore dei "clienti" dell'organizzazione in cambio di una dazione di denaro. Una delle principali modalità adottate dai sodali per utilizzare notizie coperte dal segreto d'ufficio, è consistita nell'ottenere, tramite curatori fallimentari compiacenti o professionisti delegati, la possibilità (prevista dalle modalità di funzionamento del sistema delle aste telematiche) di consultare anzitempo i bonifici cauzionali accreditati dai soggetti interessati all'asta sul conto della procedura, così venendo a conoscenza delle offerte che sarebbero state presentate e dei nominativi degli offerenti, in modo da poterli poi avvicinare con l'intento di raggiungere un illecito accordo, ovvero dissuaderli dal partecipare all'asta. Fondamentali si sono rivelate le figure di un avvocato procacciatore dei clienti interessati a partecipare alle aste e di un dottore agronomo con il ruolo di individuare fisicamente i terreni oggetto delle procedure esecutive. Colpito da misura di custodia cautelare in carcere anche un 55enne, residente a Cassano all'Ionio, con precedenti e coinvolto in un'operazione della Dda di Catanzaro contro la 'Ndrina Forastefano, il quale avrebbe minacciato soggetti interessati alle aste ottenendo la loro rinuncia alla partecipazione.


WHITE COLLAR | La rete di avvocati e commercialisti per "aggiustare" le aste - NOMI E VIDEO - Corriere della Calabria
Operazione della Guardia di Finanza di Castrovillari che ha portato ad indagare 49 persone. Gli inquirenti hanno scoperto un vero e proprio “mercato truccato” di beni messi all’asta. Tra le 16 persone arrestate anche un uomo del Forastefano. A capo dell’organizzazione un dipendente dell’Ufficio del Giudice di Pace di Corigliano

27 luglio 2020

https://www.corrieredellacalabria.it/re ... aste-nomi/

CASTROVILLARI Alle prime luci dell’alba, i Finanzieri del Comando Provinciale di Cosenza hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari – emessa dal gip del Tribunale di Castrovillari, Carmen Maria Raffaella Ciarcia, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica, Luca Primicerio, sotto il coordinamento del procuratore facente funzioni, Simona Manera – a carico di 16 persone, indagate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alle “turbative d’asta”, corruzione in atti giudiziari, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio. Nell’operazione, denominata “White Collar”, risultano indagati 48 soggetti, di cui 9 colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere e 7 agli arresti domiciliari.
L’indagine, condotta dai militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Corigliano Calabro su delega della Procura della Repubblica di Castrovillari, ha riguardato irregolarità poste in essere da alcuni professionisti delegati e curatori fallimentari nelle procedure di vendite giudiziarie immobiliari presso il locale Tribunale. Dalle investigazioni delle Fiamme Gialle è emersa l’esistenza di una ben strutturata associazione per delinquere, operante dal 2017, dedita all’illecita ingerenza nelle vendite giudiziarie immobiliari, con il fine di indirizzare l’esito delle aste e l’assegnazione dei beni ai clienti del gruppo criminale, i quali si rivolgevano ad esso sia perché direttamente contattati dagli stessi membri del sodalizio, sia spontaneamente per il significativo “grado reputazionale” acquisito nel contesto territoriale.
L’organizzazione ha acquisito informazioni riservate sulle procedure e, più specificatamente, sui possibili partecipanti, oltre che per “accomodare” l’esito delle aste, anche attraverso forme di dissuasione rivolte verso altri potenziali concorrenti. In tale contesto, il sodalizio criminale è divenuto di per sé centro di raccolta delle informazioni sui soggetti interessati all’acquisto, anche sotto la forma di “cartello collusivo aperto”, gestendo tali informazioni al fine di condizionare la partecipazione alle aste. Infatti, da un lato, i soggetti interessati all’acquisto si rivolgevano ai membri dell’organizzazione per raggiungere il loro scopo, dall’altro, i sodali, una volta acquisite le richieste dei clienti, le gestivano a loro convenienza per “pilotare” il bene verso uno specifico prescelto “cliente”, distogliendo dalla partecipazione gli altri soggetti.

L’ORGANIZZAZIONE A capo dell’organizzazione un cittadino coriglianese, dipendente della Pubblica Amministrazione dislocato presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Corigliano, al quale sono stati, altresì, contestati i reati di truffa aggravata e false attestazioni o certificazioni, alla luce dell’abbandono del posto di lavoro senza permesso e senza timbrare l’uscita ed il rientro, ovvero della falsa attestazione della propria presenza in servizio mediante la fraudolenta marcatura nell’apposito apparecchio marcatempo.
Fondamentali per l’organizzazione criminale si sono poi rilevate le figure di 2 soggetti, l’uno, di professione avvocato procacciatore dei clienti interessati a partecipare alle aste, l’altro dottore agronomo, con il ruolo di individuare fisicamente, anche sulla base dei dati contenuti negli avvisi di vendita, i terreni oggetto delle procedure esecutive, così da consentire ai sodali di proporre tali beni ai clienti dell’associazione.
Di altrettanto rilievo ai fini del raggiungimento degli obiettivi criminali dell’associazione, sono state individuate le figure di 3 avvocati, con studi nell’area urbana di Corigliano-Rossano, sodali della associazione stessa, con il compito di istruire le offerte dei clienti dell’organizzazione, partecipando per conto degli stessi alle varie procedure esecutive, con la formula “per persona da nominare”.
Inoltre, sulla base delle direttive loro fornite dal capo dell’associazione, tali legali erano deputati ad acquisire illecitamente, presso i professionisti delegati, i curatori fallimentari ed i custodi giudiziari, le informazioni (coperte da segreto d’ufficio) relative agli offerenti e, più in generale, ai soggetti interessati alle aste, oltre che a raggiungere accordi collusivi con i concorrenti.

White Collar, la rete di avvocati e commercialisti per "aggiustare" le aste - LE INTERCETTAZIONI

ARRESTATI IN 9 TRA AVVOCATI E COMMERCIALISTI
L’attività d’indagine ha, infatti, disvelato un sommerso sistema relazionale tra l’organizzazione e vari professionisti delegati alle vendite (9 di essi, tra avvocati e commercialisti, colpiti da misura cautelare) che, in spregio alla funzione di “pubblici ufficiali”, hanno collusivamente gestito le aste giudiziarie in favore dei “clienti” dell’organizzazione. In tali rapporti collusivi, si sono verificati anche eventi di corruzione dei professionisti delegati che, in cambio della turbativa d’asta, hanno concordato una dazione di denaro.
Come peraltro emerso dalle indagini, una delle principali modalità adottate dai sodali per utilizzare notizie coperte dal segreto d’ufficio, è consistito nell’ottenere, tramite i compiacenti curatori fallimentari o i professionisti delegati, la possibilità (prevista dalle modalità di funzionamento del sistema delle aste telematiche) di consultare anzitempo i bonifici cauzionali accreditati dai soggetti interessati all’asta sul conto della procedura, così venendo a conoscenza delle offerte che sarebbero state presentate e dei nominativi degli offerenti, in modo da poterli poi avvicinare con l’intento di raggiungere un illecito accordo, ovvero dissuaderli dal partecipare all’asta.
Colpito da misura di custodia cautelare in carcere anche un 55enne coriglianese, residente in Cassano all’Ionio, gravato da precedente penale di rilievo e già coinvolto in una nota operazione della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contro la ‘Ndrina Forastefano, il quale è risultato artefice di turbamento della regolarità delle procedure d’asta, con minacce rivolte ai controinteressati, ottenendo la rinuncia degli stessi alla partecipazione.

GLI ARRESTI L’indagine ha portato a emettere 16 misure cautelari nei confronti di altrettante persone di cui 9 sono finte in carcere e le restanti ai domiciliari.
In particolare sono finiti in carcere:
– Giuseppe Andrea Zangaro
– Giorgio Alfonso Le Pera
– Carmine Placonà
– Alfonso Cesare Petrone
– Luisa Faillace
– Giovanni Romano
– Carlo Cardile
– Carlo Plastina
– Antonio Guarino

Mentre ai domiciliari sono finiti:
– Francesca De Simone
– Antonio Aspirante
– Vincenzo Anania
– Patrizia Stella
– Alfredo Romanello
– Luigia Maria Caruso
– Rocco Guarino
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » lun lug 27, 2020 8:19 pm

Sicilia, mafia nigeriana: 28 arresti, 10 a Caltanissetta
25 luglio 2020

https://www.ilfattonisseno.it/2020/07/s ... anissetta/

La Polizia di Stato di Catania, su delega della Dda etnea, ha eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di 28 persone, prevalentemente nigeriane, appartenenti alla confraternitacultista dei ‘Mapphite’ organizzazione criminale transnazionale con sede in Nigeria e basi nei Paesi europei ed in diverse regioni italiane.

In particolare è stata decapitata la cellula operativa siciliana ‘Family Light house of Sicily’, gli investigatori hanno il capo dell’organizzazione, i suoi responsabili di zona ed altri affiliati rintracciati nel resto della penisola. Nel corso delle indagini e’ stato possibile documentare diversi summit svolti tra i vertici dell’organizzazione.

Gli appartenenti al Cult “Maphiste” della famiglia Lighthouse of Sicily controllavano un importante traffico di stupefacenti. Le riunioni segrete sono proseguite anche nel periodo del lockdown durante l’emergenza Covid. L’organizzazione che si era radicata in Sicilia nel 2016 poteva contare su ramificazioni di altri affiliati in diverse parti d’Europa.

A novembre del 2016 ci fu uno scontro avvenuto proprio Catania tra i massimi esponenti dei “Maphiste” siciliani, Ede Osagiede detto Babane’ e Godwin Evbobuin detto Volte, e i massimi esponenti del “Cult Black Axe”, determinato dalla esigenza delle due organizzazioni rivali di affermare il proprio predominio sul territorio. L’articolazione siciliana dei “Maphiste” non risultava tuttavia presente solo a Catania, ma in diverse zone della Regione, precisamente a Caltanissetta (altro luogo ‘importante), Palermo e Messina

A Caltanissetta sono stati arrestati Ede Osagiede, 35 anni, Lamin Njie, 36 anni, Eorhbor Edith 25 anni, Victor Omon Inegbenekhian 49 anni, Joseph Uvwo, 43 anni, Cristian Monday 21 anni, Hope Sylvester hope 30 anni, OdionOmondiagbe, 21 anni, Prince Gyamfi Kosi 45 anni, Insua, Murana, 22 anni
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » lun lug 27, 2020 8:19 pm

Mafia, droga e usura: maxi retata a Siracusa: 24 arresti
L'operazione dei carabinieri coinvolge anche Solarino e Floridia
27 luglio 2020

https://www.lasicilia.it/news/cronaca/3 ... resti.html

SIRACUSA - I carabinieri della Compagnia di Siracusa stanno eseguendo nel capoluogo e nei centri di Floridia e Solarino 24 misure cautelari, richieste dalla Dda di Catania, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di stupefacenti del tipo cocaina, marijuana ed hashish, associazione per delinquere finalizzata all’usura, tentata estorsione ed esercizio abusivo di attività finanziaria, con l'aggravante dal metodo mafioso.

I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale etneo. Sono in atto numerose perquisizioni per la ricerca di armi ed esplosivi, con l’ausilio di cani antidroga. All’attività, eseguita da circa 100 militari del Comando Provinciale di Siracusa, concorrono un elicottero dell’Arma, unità cinofile e militari della Compagnia di intervento Operativo del 12° Reggimento Carabinieri "Sicilia" di Palermo.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » gio lug 08, 2021 2:12 pm

Mafia, droga e armi a Palermo, oltre 80 arresti in tutta Italia: smantellato il mandamento di Partinico
5 luglio 2021

https://sicilia.gazzettadelsud.it/artic ... dbcc245ba/

Smantellato il mandamento mafioso di Partinico. Sono 85 le misure cautelari eseguite nella provincia palermitana e in diverse regioni, dai carabinieri del Comando provinciale e dalla Direzione investigativa antimafia, coordinati dalla della Direzione distrettuale antimafia: 63 in carcere, 18 agli arresti domiciliari e 4 sottoposti a obblighi di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. Contestati, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, reati in materia di armi, droga, estorsione e corruzione.

Giusy Vitale, il pentimento e... il ritorno in carcere

La notizia della sua collaborazione con la giustizia scosse Cosa nostra. Oggi Giusy Vitale, sorella dei capi del mandamento mafioso di Partinico Leonardo e Vito, torna in carcere nell’ambito dell’indagine che ha portato all’emissione di 85 misure cautelari. Passata alla guida del clan dopo la detenzione dei fratelli Leonardo e Vito, poi divenuta collaboratrice di giustizia, per i pm sarebbe al centro di un grosso traffico di droga. Con lei sono stati arrestati anche la sorella Antonina e il nipote Michele Casarrubia.

Nel novembre 2018, proprio Casarrubia va a Roma per trattare l’acquisto di un’ingente quantità di cocaina con Consiglio Di Guglielmi, detto Claudio Casamonica, personaggio di vertice dell’omonimo clan romano, successivamente morto per Covid. All’incontro, interamente registrato dagli inquirenti, partecipa tra gli altri anche l’allora collaboratrice di giustizia oggi accusata di aver acquistato cocaina da fornitori calabresi a Milano e Bergamo. Le conversazioni registrate tra la Vitale e il nipote hanno messo in luce il suo ruolo nel traffico di stupefacenti. «E' assolutamente chiaro come la donna non si sia dissociata dall’ambiente criminale in genere e da Cosa nostra in particolare», scrive il gip. Tra gli episodi che dimostrano che non avrebbe mai rotto il suo legame col clan c'è una sua conversazione col nipote del dicembre 2018 a Roma. Casarrubia, nell’informare la zia delle dinamiche criminali della cosca di Partinico, le riferisce che, a seguito di un furto di marijuana commesso dal cugino Michele Vitale, questi era stato convocato dai vertici della cosca per rendere conto del suo gesto. La donna, per nulla sorpresa, risponde che l’iniziativa è assolutamente fisiologica perché conforme alle regole di Cosa nostra.

I gruppi e i fornitori di droga

Sono 5 le organizzazioni di trafficanti di droga che operavano tra Palermo, la provincia e Trapani scoperte dalla Dda nel corso dell’indagine che ha portato all’emissione di 85 misure cautelari. Un gruppo era diretto da Michele Vitale, della storica famiglia mafiosa di Partinico, un altro aveva al vertice un’altra Vitale, Antonina, sorella della ex pentita Giusy e dei boss Leonardo e Vito, e il figlio Michele Casarrubia. C'erano poi la banda con a capo Nicola Lombardo e Nunzio Cassarà, quella diretta dai fratelli Maurizio e Antonino Primavera e quella capeggiata dai fratelli Gioacchino e Raffaele Guida, Massimo Ferrara e Angelo Cucinella. Le organizzazioni si erano divise la gestione dei fiorenti traffici di droga per la Sicilia occidentale rifornendo stabilmente le piazze di spaccio della provincia di Trapani e di Palermo, dove operavano i referenti del gruppo Guida. In provincia di Palermo il controllo sulle vendite era esercitato dall’organizzazione Casarrubia-Vitale. Gran parte della cocaina arrivava dal basso Lazio tramite i corrieri dei Guida. Altro canale di approvvigionamento era assicurato dalla Campania in accordo con clan camorristici locali i cui interessi venivano rappresentati dai fratelli Visiello, esponenti del clan di Torre Annunziata. L’hashish veniva invece da Palermo.

Il rischio di una guerra

La necessità di non compromettere i cospicui introiti garantiti dal traffico di stupefacenti su larga scala, ha evitato l’esplosione dei contrasti tra i vari gruppi criminali. Finora. Emerge infatti il precario equilibrio degli assetti del mandamento di Partinico nell’inchiesta culminata oggi nell’operazione «Gordio» con 85 misure cautelari. Una condizione caratterizzata da una costante fibrillazione che si è manifestata con numerosi danneggiamenti, spedizioni punitive e atti incendiari riconducibili all’uno o all’altro gruppo criminale, sempre sulla soglia di uno scontro eclatante. Il gip nell’ordinanza ha sottolineano «l'immagine di una vera e assai allarmante balcanizzazione degli scenari criminali partinicesi» che consente di «presagire futuribili scenari di nuove e forse imminenti guerre di mafia nella provincia palermitana storicamente nota come tra le più attive nell’ambito criminale del traffico di stupefacenti».

Arresti in tutta Italia

I carabinieri, col supporto di unità cinofile, del nucleo elicotteri e dello squadrone cacciatori di Sicilia, hanno eseguito 70 provvedimenti cautelari tra Palermo, Trapani, Latina, Napoli, Roma e Nuoro. Tra le misure emesse 3 sono per associazione mafiosa e una per concorso esterno in associazione mafiosa. Disarticolate inoltre 5 organizzazioni di trafficanti di stupefacenti i cui componenti sono accusati di produzione e traffico di marijuana cocaina e hashish, ma anche di reati in materia di armi e contro la pubblica amministrazione come la corruzione di un agente della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere Pagliarelli di Palermo. La Direzione Investigativa Antimafia, invece, nelle province di Palermo, Trapani, Roma, Milano, Reggio Calabria e Cagliari, ha arrestato quattordici persone: dieci sono finite in carcere e quattro agli arresti domiciliari e ne ha sottoposta una all’obbligo di dimora nel comune di residenza e di presentazione alla polizia giudiziaria. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione finalizzata alla coltivazione, alla produzione e al traffico illeciti di sostanze stupefacenti. L'inchiesta nasce da accertamenti avviati dai carabinieri della Compagnia di Partinico nel novembre 2017 su Ottavio Lo Cricchio, imprenditore del settore vinicolo, e Michele Vitale, esponente della famiglia mafiosa dei Vitale, storici capi del mandamento mafioso di Partinico.
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