Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » sab gen 04, 2020 10:56 am

???

USA, COME EVITARE UNA NUOVA GUERRA CIVILE? CON LA DECENTRALIZZAZIONE
RYAN MCMAKEN

https://www.miglioverde.eu/usa-come-evi ... JR8aQfycxA

https://mises.org/wire/how-avoid-civil- ... -secession

Sta diventando sempre più evidente che gli USA non saranno gli stessi di prima dopo che Donald Trump lascerà la carica, ed è facile immaginare che i partiti anti-Trump useranno il loro ritorno al potere come un’opportunità di regolare i conti con gli odiati campagnoli e “deplorevoli” che hanno osato tentare di opporsi alle loro elites di Washington DC, della California e di New York.
Questo conflitto in corso potrà manifestarsi nella guerra culturale attraverso ulteriori attacchi alle persone che prendono sul serio la loro fede religiosa, oltre che su quello che condividono una qualche opinione sociale che non è popolare fra i laureati dei maggiori centri urbani. Il Primo Emendamento sarà in pericolo come mai prima d’ora; sia la libertà religiosa che la libertà di pensiero saranno viste come un veicolo di “odio”. Certamente anche il Secondo Emendamento sarà appeso ad un filo.
Ma sarà ancora più pericoloso il ritorno del Deep State ad una posizione privilegiata dalla quasi totale assenza di opposizione da parte dei funzionari eletti nel governo civile. La CIA e l’FBI faranno di tutto per assicurarsi che gli elettori non possano più eleggere chi non riceva l’endorsement esplicito della “comunità” dell’intelligence americana.
Il Quarto Emendamento sarà abolito, così la NSA ed i suoi amici potranno spiare impunemente ogni americano. L’FBI e la CIA saranno più libere di combinare l’uso della sorveglianza ed le fughe di notizie per distruggere gli avversari. Chiunque dissenta dalla guerra del deep state, che siano contro gli Americani o gli stranieri, sarà denunciato come un collaborazionista di potenze straniere.
Questi scenari potrebbero sembrare eccessivamente radicali, ma la radicalità della situazione è chiara per il fatto che Trump, che è solo un oppositore molto moderato dello status quo, ha ricevuto un’opposizione così isterica. In fondo, Trump non ha smantellato il sistema di welfare. Non ha ridotto, né evitato di far crescere, il budget militare. Le sue battaglie con il Deep State si sono basate in gran parte su istanze politiche, e nemmeno su quelle più controverse. Per esempio Trump si è schierato con lo stato di sorveglianza in questioni come la persecuzione di Edward Snowden.
I suoi “peccati” consistono soltanto nella sua mancanza di entusiasmo per le attuali istanze del centro sinistra verso una politica per un’identità sempre più debole. Inoltre, cosa più importante, non è stato abbastanza propenso ad iniziare ulteriori guerre, espandere la NATO e spingere i Russi verso la Terza Guerra Mondiale.
Anche per questi scostamenti secondari, così ci viene detto, deve essere distrutto. Quindi, possiamo indovinare come sarà l’agenda una volta che Trump sarà fuori dai giochi. Sembra non essere né mite né moderata.
E quindi? In questa situazione metà della nazione, gran parte della quale coincide con la metà che si autodefinisce “Stati rossi d’America” (dal colore rosso del Partito Repubblicano), potrebbe considerarsi come conquistata, indebolita ed inascoltata. Questa è una ricetta per la guerra civile.

L’ESIGENZA DELLA SEPARAZIONE
Ma come possiamo agire ora per minimizzare i danni che questa polarizzazione probabilmente causerà? La risposta è nella maggiore decentralizzazione e nell’autonomia locale. Ma finché la maggioranza degli Americani sarà schiava della nozione autoritaria che gli USA sono “una nazione indivisibile” non ci sarà alcuna risposta ai problemi di una regione potente (o un partito) che esercita un potere incontrastato su una minoranza.
Molti conservatori affermano ingenuamente che la Costituzione e la “regola della legge” proteggerà le minoranze in questa situazione. Ma le loro teorie sono valide solo se le persone che fanno ed interpretano le leggi aderiscono ad un’ideologia che rispetta le autonomie locali e la libertà per le visioni del mondo diverse da quelle della classe dirigente. Questa ideologia è sempre più lontana dall’ideologia della maggioranza, per non parlare della maggior parte dei giudici e dei politici più potenti.
Quindi, per quelli che riescono a lasciarsi alle spalle la propaganda da alzabandiera della loro gioventù, è sempre più evidente che dovrà essere fatto qualcosa di diverso dal ripetere la solita manfrina da insegnamento civico alle scuole superiori sul leggere la Costituzione o eleggere “leaders forti”.
Come ho fatto notare in passato, la nozione di autonomia locale crescente attraverso la nullificazione e la secessione sta prendendo piede da tempo in Europa, in cui i referendum sul decentramento stanno crescendo con maggiore frequenza. E i conservatori stanno vedendo sempre di più le cose come stanno. Fra di loro il più acuto è stato Angelo Codevilla. Nel 2017 Codevilla, scrivendo per Claremont Review of Books, ha predisposto un progetto per l’opposizione locale al potere federale e ha affermato:
• “Il Texas ha fatto una legge che, effettivamente, chiudeva gran parte delle cliniche per l’aborto. La Corte Suprema degli USA l’ha annullata. Cosa succederebbe se il Texas le chiudesse lo stesso? Verrebbe mandato l’esercito a puntare le pistole contro i rangers del Texas per costringerli ad aprirle? Cosa farebbe il governo federale se il North Dakota si dichiarasse un “santuario per i non nati” e vietasse l’aborto? Del resto, cosa sta facendo il governo federale in Colorado e in California, dove per motivi pratici le sue leggi sulla marijuana vengono ignorate? L’Utah si oppone alle regole dei monumenti nazionali creati per decreto dentro i suoi confini. Cosa succederebbe se lo stato ignorasse queste regole? Preghiere nelle scuole? Cosa potrebbero fare i burocrati di Washington se un qualche numero di stati decidesse che quello che dicono le corti federali su certi argomenti non va bene?
• Ora che l’identità politica ha abbandonato la strategia della persuasione e si mescola con l’arte della guerra, gli uomini di stato dovrebbero cercare di far sì che la pace rimanga stabile attraverso la reciproca tolleranza verso le giurisdizioni che ignorino o violino le leggi federali, i regolamenti o le ordinanze giudiziarie federali. Gli stati Blu e Rossi (ndt, Blu = pro Partito Democratico, Rossi = pro Partito Repubblicano) la vedono diversamente su alcuni temi come la salute, l’istruzione, il welfare e la polizia. Non è un bene insistere che tutti debbano fare le cose nello stesso modo”.
E nel 2019 la necessità della separazione sta diventando più urgente. La settimana scorsa Codevilla ha proseguito sulla stessa linea:
• “Dopo le elezioni del 2020 gli americani comuni dovranno affrontare la stessa questione spinosa del 2016: come assicureremo e forse ristabiliremo la nostra sempre minore libertà di vivere da Americani? E mentre potremmo desiderare l’aiuto di Trump, dobbiamo guardare a noi stessi e agli altri leader per comprendere come contrastare i molteplici assalti della classe dominante, ora e soprattutto nel lungo periodo.
• L’implicazione logica è conservare quello che può essere conservato e fare ciò che deve essere fatto per quelli che vogliono conservarlo. Per quante energie possano servire per raggiungere questo, l’obiettivo deve essere la conservazione delle persone e dello stile di vita che si desidera conservare. Questo implica un qualche tipo di separazione. La strada più semplice ed indolore per tutte le parti è permettere che gli altri prendano la propria strada. La classe dirigente non ha avuto paura di usare i poteri dei governi locali che controlla per fare azioni che contrastavano la politica nazionale, rendendo effettivamente nulle le leggi nazionali. E la fanno franca.
• Per esempio, l’Amministrazione Trump non ha mandato le truppe federali per far rispettare le leggi nazionali sulla marijuana in Colorado e California, né ha punito le persone ed i governi che hanno sfidato le leggi nazionali sull’immigrazione. Non ci sono motivi per cui gli stati, le contee e le località conservatrici non debbano anch’essi far valere le loro ragioni.
• Nemmeno l’eventuale Presidente Alexandria Ocasio-Cortez ordinerebbe all’esercito di sparare per riaprire le cliniche per l’aborto in Missouri, North Dakota o qualunque altra città. Come afferma Francis Buckley in “Secessione Americana”: l’imminente fine degli USA, con una qualche tipologia di separazione, è inevitabile, e le opzioni a riguardo sono molte”.
Bisogna notare che la strategia di Codevilla non è caratterizzata da grandiosi immaginari di indipendenza, né da un desiderio di rivangare le presunte gloriose vittorie militari dei tempi passati. Gli errori dei Confederati a metà del XIX secolo furono questi.
È interessante che l’approccio più pragmatico di Codevilla condivide abbastanza cose in comune con la strategia raccomandata da Hans-Hermann Hoppe nel suo saggio “Quello che deve essere fatto”. L’idea è quella di affermare il controllo locale e rifiutare la collaborazione con i politici federali. Ma con moderazione. Hoppe scrive:
• “E’ prudente evitare un confronto diretto con il governo centrale e non denunciare apertamente la sua autorità o addirittura rifiutarsi di riconoscerla.
• Piuttosto, è consigliabile impegnarsi in una politica di resistenza passiva e non-cooperazione. Semplicemente, smetterla di aiutare il governo ad applicare ogni legge federale. Assumere il seguente atteggiamento: «queste sono le tue regole e le fai rispettare. Non posso ostacolarti, ma neanche ti aiuterò, poiché il mio unico obbligo è verso i miei elettori locali».
• Se applicata con costanza, la non cooperazione, la non assistenza di qualunque tipo ad ogni livello, causa la netta diminuzione del potere del governo centrale, o addirittura la sua fine. E, alla luce dell’opinione pubblica in generale, sembra alquanto improbabile che il governo federale osi occupare un territorio i cui abitanti non hanno fatto nient’altro che cercare di farsi gli affari propri. Waco, un gruppo di giovani un po’ pazzi, è una cosa. Ma occupare o spazzare via un gruppo significativamente grande di cittadini normali e rispettabili è un’altra cosa, decisamente più difficile”.
Alcuni non saranno in grado di lasciarsi alle spalle la mentalità secondo cui gli USA debbano essere per sempre governati da una singola politica nazionale. Insisteranno a ripetere che ogni tentativo di decentramento di questo tipo provocherà necessariamente la violenza. Scrivendo a “The American Conservative”, Michael Vlahos, ad esempio, crede che la violenza non si può evitare. Ma persino egli ammette che è improbabile che la violenza prenda la forma dello spargimento massivo di sangue come negli anni intorno al 1860:
• “Le nostre guerre civili del passato non erano vincolate a regole formali, eppure in qualche modo si svolgevano effettivamente secondo le aspettative. La società Americana di oggi ha norme ed aspettative molto diverse per un conflitto civile, ed esse sicuramente limiteranno il modo in cui combatteremo la prossima battaglia.
• L’America di oggi non è più un campo di battaglia industriale (pensate a Gettysburg, D-Day). La nostra prossima guerra civile, come i media sociali ci ricordano in modo così eloquente, metterà in atto la sua violenza su un campo di battaglia ugualmente doloroso ma meno sanguinoso”.
Molti di quelli devoti alla supremazia federale perpetua sicuramente non ammetteranno neanche questa ovvietà.
Ogni tentativo di decentralizzazione, nullificazione o secessione è considerato non valido perché “questo è stato deciso dalla Guerra Civile”. Non c’è dubbio, certo, che la Guerra Civile ha risolto il problema per una o due generazioni. Tuttavia dire che una guerra “sistema le cose” per sempre è senza ombra di dubbio insensato.
È vero, comunque, che se l’idea degli Stati Uniti unificati dal punto di vista giuridico, culturale e politico è oggi vincente, gli Americani potrebbero andare incontro ad un futuro di sempre maggiore repressione politica, segnata da episodi sempre più comuni di spargimento di sangue. Questo è semplicemente il risultato logico di qualunque sistema in cui si assume che il partito che governa ha il diritto e il dovere di costringere un gruppo sottostare al volere di un altro gruppo. È questa la fine di un’America unificata.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » sab gen 04, 2020 10:56 am

Demenzialità anti USA


Dal 1945 ad oggi gli Usa sono stati responsabili di 20-30 milioni di morti
Manlio Dinucci
Il Manifesto, 20 novembre 2018

https://glindifferenti.it/dal-1945-ad-o ... MvqmqofILU

Nel riassunto del suo ultimo documento strategico – 2018 National Defense Strategy of the United States of America (il cui testo integrale è segretato) – il Pentagono sostiene che «dopo la Seconda guerra mondiale gli Stati uniti e i loro alleati hanno instaurato un ordine internazionale libero e aperto per salvaguardare la libertà e i popoli dalla aggressione e coercizione», ma che «tale ordine viene ora minato dall’interno da Russia e Cina, le quali violano i principi e le regole dei rapporti internazionali».

Completo ribaltamento della realtà storica. Il prof. Michel Chossudovsky, direttore del Centre for Research on Globalization, ricorda che questi due paesi, classificati oggi come nemici, sono quelli che, quando erano alleati degli Stati uniti durante la Seconda guerra mondiale, pagarono la vittoria sull’Asse nazi-fascista Berlino-Roma-Tokyo con il più alto prezzo in vite umane: circa 26 milioni l’Unione Sovietica e 20 milioni la Cina, in confronto a poco più di 400 mila degli Stati uniti.

Con questa premessa Chossudovsky introduce su Global Research un documentato studio di James A. Lucas sul numero di persone uccise dalla ininterrotta serie di guerre, colpi di stato e altre operazioni sovversive effettuata dagli Stati uniti dalla fine della guerra nel 1945 ad oggi: esso viene stimato in 20-30 milioni. Circa il doppio dei caduti della Prima guerra mondiale, di cui si è appena celebrato a Parigi il centenario della fine con un «Forum della pace».

Oltre ai morti ci sono i feriti, che spesso restano menomati: alcuni esperti calcolano che, per ogni persona morta in guerra, altre 10 restino ferite. Ciò significa che i feriti provocati dalle guerre Usa ammontano a centinaia di milioni.

A quello stimato nello studio si aggiunge un numero inquantificato di morti, probabilmente centinaia di milioni, provocati dal 1945 ad oggi dagli effetti indiretti delle guerre: carestie, epidemie, migrazioni forzate, schiavismo e sfruttamento, danni ambientali, sottrazione di risorse ai bisogni vitali per coprire le spese militari.

Lo studio documenta le guerre e i colpi di stato effettuati dagli Stati uniti in oltre 30 paesi asiatici, africani, europei e latino-americani. Esso rivela che le forze militari Usa sono direttamente responsabili di 10-15 milioni di morti, provocati dalle maggiori guerre: quelle di Corea e del Vietnam e le due contro l’Iraq. Altri 10-14 milioni di morti sono stati provocati dalle guerre per procura condotte da forze alleate armate, addestrate e comandate dagli Usa, in Afghanistan, Angola, Congo, Sudan, Guatemala e altri paesi.

La guerra del Vietnam, estesasi a Cambogia e Laos, provocò un numero di morti stimato in 7,8 milioni (più un enorme numero di feriti e danni genetici generazionali dovuti alla diossina sparsa dagli aerei Usa).

La guerra per procura negli anni Ottanta in Afghanistan fu organizzata dalla Cia che addestrò e armò, con la collaborazione di Osama bin Laden e del Pakistan, oltre 100 mila mujaidin per combattere le truppe sovietiche cadute nella «trappola afghana» (come dopo la definì Zbigniew Brzezinski, precisando che l’addestramento dei mujaidin era iniziato nel luglio 1979, cinque mesi prima dell’invasione sovietica dell’Afghanistan).

Il colpo di stato più sanguinoso fu organizzato nel 1965 in Indonesia dalla Cia: essa fornì agli squadroni della morte indonesiani la lista dei primi 5 mila comunisti e altri da uccidere. Il numero dei trucidati viene stimato tra mezzo milione e 3 milioni.

Questo è «l’ordine internazionale libero e aperto» che gli Stati uniti, indipendentemente da chi siede alla Casa Bianca, perseguono per «salvaguardare i popoli dalla aggressione e coercizione».
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » sab gen 04, 2020 10:57 am

GLI ANTIAMERIKANI E IL LORO TRUCE CABARET
Niram Ferretti
4 gennaio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063


Fa sempre piacere trovarsi, dopo che gli USA mostrano di avere le palle e tolgono dalla faccia della terra assassini e terroristi, il solito copione dell'antiamericanismo duro e puro. Brilla (si fa per dire) il cabarettista previano Diego Fusaro, il quale, sulla sua bacheca, scrive in onore del mastermind del terrore Soleimani un vibrante post in cui lo ricorda come combattente "contro gli imperialisti di Washington".

Commovente.

Fusaro è solo l'ultimo arrivato della congreguccia. Mancano all'appello, tra gli altri, purtroppo, Sandro Curzi, Lucio Manisco, Valentino Parlato e, ovviamente, Costanzo Preve. Però ci sono sempre new entries fresche fresche e stagionati professionisti come Franco Cardini o lo psichedelico Blondet con contorno di gregari tipo il Generale filo hezbollaro (secondo Oriana Fallaci) Angioni.

Angioni ci delizia del suo parere su un sito rossobruno dichiarando,
“L’azione che ha portato all’uccisione del generale Soleimani, soprattutto se ordinata direttamente - come è ormai chiaro - dal presidente degli Stati Uniti, ha purtroppo il sapore di un atto che nella nostra cultura deteriore definirei ‘mafioso’".

Dunque, per Angioni, avere tolto di mezzo il principale stratega dell'espansionismo iraniano in Medioriente nonchè il pianificatore della maggioranza degli attacchi contro le forze americane durante la guerra in Iraq, con le mani lorde di sangue americano, sarebbe un'azione mafiosa come avere fatto saltare per aria Falcone e Borsellino.

Trump avrebbe dovuto avvisare Soleimani in anticipo che gli Usa avevano intenzione di toglierlo di mezzo, in questo modo l'azione non sarebbe stata mafiosa. I terroristi si uccidono sempre avvisandoli prima. Peccato che non sia stato fatto con Bin Laden e con Al Baghdadi, altri resistenti fusariani all'imperialismo americano.

Comunque, in questo canovaccio onirico, in cui gli USA, ovviamente al soldo degli arconti ebrei, rendono il mondo insicuro e uccidono eroi in odore di santità, vediamo, come era prevedibile, il saldarsi degli embrici di estrema sinistra con quelli di estrema destra. I fan di Assad e Putin, gli estimatori di Hezbollah e i nostalgici del Dux spada dell'Islam, sono tutti lì che piangono calde lacrime per la morte del maschio alpha sciita e lamentano il "terrorismo" yankee appoggiato dai sionisti.

Bene ha fatto Matteo Salvini a elogiare Trump e Israele per questa azione di purificazione dell'etere da un fanatico convinto di agire sotto dettura di Allah, ma faccia presto a purgare il suo partito dai putiniani savoisti che ci dicono che la Seconda guerra mondiale è scoppiata a causa dell'aggressività della Polonia, perchè tra poco ci diranno che gli ebrei si sono autogassati tutti durante la Shoah. E anche lui, che sembra avere fatto una bella virata filo americana e filo israeliana (da un certo tempo va detto), riponga definitivamente nell'armadio le effigi di Assad e Putin. Le scelte vanno fatte nette e chiare se no siamo sempre i soliti italiani, con un piede qua e uno là.


Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2237

Ixlam scita, Iran e ebrei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2221



Ucciso a Baghdad il generale iraniano regista degli attacchi contro gli Usa
03 gennaio 2020

https://www.agi.it/estero/iraq_ucciso_g ... 020-01-03/

Due giorni dopo l'assalto all'ambasciata statunitense in Iraq, gli americani hanno risposto; e hanno risposto con un raid vicino l'aeroporto di Baghdad che rischia di scatenare un terremoto nella geopolitica mediorientale.

Le Forze di Mobilitazione popolare (Hashed al-Shaabi), la coalizione paramilitare filo-iraniana, ormai affiliata al governo di Baghdad, ha annunciato che nel raid gli Usa hanno ucciso Qassem Soleimani, il potente generale iraniano capo delle milizie al-Quds dei Guardiani della Rivoluzione, la forza d'elite dell'esercito della Repubblica islamica, incaricata di compiere le operazioni all'estero.

"Il 'numero 2' di Hashed, Abu Mahdi al-Muhandis, e il capo delle Forze al-Quds, Qassem Soleimani, sono stati uccisi in un bombardamento americano che ha colpito la loro auto sulla strada dell'aeroporto di Baghdad", ha riferito un portavoce.

Il raid, si legge in una nota del Pentagono, è stato ordinato direttamente da Donald Trump che ha poi twittato un'immagine della bandiera americana. "Per ordine del presidente, l'esercito americano ha adottato misure difensive decisive per proteggere il personale americano all'estero uccidendo Qassem Soleimani", si legge nella nota, "Il generale Soleimani stava attivamente sviluppando piani per attaccare diplomatici e militari americani in Iraq e in tutta la regione. Il generale Soleimani e la sua Forza Quds erano responsabili della morte di centinaia di soldati americani e della coalizione e del ferimento di altre migliaia".

L'attacco è avvenuto poco dopo la mezzanotte, una pioggia di missili ha colpito due veicoli che si trovavano vicino l'aeroporto. Fonti della sicurezza irachena hanno subito chiarito che i missili avevano colpito un convoglio Hashed e ucciso otto persone, tra cui "figure importanti".

L'Hashed è una rete di milizie armate prevalentemente sciite, molte delle quali hanno legami molto stretti con Teheran e che sono stati ufficialmente incorporati alle forze di sicurezza dello Stato iracheno.

Muhandis era nella 'lista nera' degli Stati Uniti, ma sarebbe Qassem Soleimani la vittima eccellente. Soleimani è una figura quasi leggendaria, uno degli uomini più potenti in Medio Oriente: generale, stratega con ambizioni politiche, è spesso apparso al fianco della Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ma si è sempre mosso nell'ombra, arcinemico di Usa e Israele.

È considerato l'architetto di gran parte delle attività iraniane in Medio Oriente, compresa la guerra in Siria e gli attacchi su Israele. L'Iran, Paese a stragrande maggioranza sciita, esercita un'enorme influenza sull'Iraq da quando è stato ucciso il 'rais', Saddam Hussein, che era sunnita. Da ottobre è scosso dalle proteste anti-governative e contro l'Iran, considerato la 'longa manus' che agisce dietro il governo; e Suleimani, proprio per aiutare il governo a riportare la situazione sotto controllo sarebbe stato più volte nelle ultime settimane in Iraq.

Teheran ha confermato la morte di Soleimani. "Le Guardie Rivoluzionarie annunciano che il glorioso comandante dell'Islam, Haj Qassem Soleimani, dopo una vita di schiavitù, è morto martire in un attacco americano contro l'aeroporto di Baghdad questa mattina", hanno detto in una dichiarazione letta dalla televisione di Stato iraniana.

La morte di Soleimani è destinnata con ogni probabilità a innescare una grave escalation nel conflitto rimasto a lungo sottotraccia tra Stati Uniti e Iran, e recentemente esploso con l'assalto all'ambasciata americana da parte di miliziani filo-iraniani dopo il raid statunitense proprio contro un'altra milizia appoggiata da Teheran, Kataeb Hezbollah.

l prezzo del petrolio è subito salito di oltre il 4% sui mercati asiatici. Un barile di "light sweet crude" (WTI), il punto di riferimento americano per il greggio, in consegna a febbraio, è salito del 4,3% a 63,84 dollari, negli scambi elettronici. Il greggio Brent, benchmark europeo, per marzo ha guadagnato il 4,4% a 69,16 dollari.



Raid Usa a Bagdad, ucciso il generale iraniano Soleimani. Il Pentagono: "L'ordine partito da Trump"

Missili contro le auto del gruppo sciita che ha assediato l’ambasciata. Otto morti, tra cui 5 membri del movimento iracheno e due emissari di Teheran. Washington conferma: "Proteggeremo sempre i nostri interessi". E ora si rischia la guerra
di GIANLUCA DI FEO
03 gennaio 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/0 ... 244853151/

Un attacco notturno rischia di portare Stati Uniti e Iran sull'orlo della guerra. Un raid statunitense sull'aeroporto di Bagdad ha ucciso il generale Qassem Soleimani, responsabile delle operazioni coperte di Teheran e uomo chiave del regime degli ayatollah. L'ordine di colpire è stato impartito direttamente dal presidente Trump: mai il confronto tra i due Paesi era arrivato a un punto di tensione così alta.

Intorno alla mezzanotte alcuni missili hanno distrutto un convoglio delle Pmu, le Forze di mobilitazione popolare irachene, che stavano accompagnando all’aeroporto una delegazione dei Guardiani della Rivoluzione di Teheran. Due auto sono state incenerite, ammazzando cinque esponenti del movimento iracheno e due iraniani. Tra le vittime, il leader delle Pmu Abu Mahdi Al-Muhandis, l’uomo che il 30 dicembre ha spronato la folla ad assaltare l’ambasciata americana. E soprattuto il generale Soleimani, un personaggio fondamentale nella storia recente del Medio Oriente: la sua morte è stata confermata dal Pentagono e da Teheran.

Soleimani era al comando delle brigate Qods, un'unità leggendaria che ha avuto un ruolo decisivo nei conflitti della regione. Ha animato la seconda fase dell'insurrezione anti-americana in Iraq, ha armato hezbollah libanese contro Israele, ha pilotato la repressione del regime di Damasco contro la rivolta. Poi ha indirettamente collaborato con i suoi storici nemici americani per riuscire a sconfiggere lo Stato islamico. Più volte chiamato in causa come mente di attentati contro bersagli israeliani e statunitensi, era sempre sfuggito ai tentativi di eliminarlo o catturarlo: l'ultimo poche settimane fa.

Il raid letale è scattato meno di 24 ore dopo la fine dell'assedio all'ambasciata americana di Bagdad. All’inizio sembrava che fosse stata lanciata una salva di razzi Kathyusha, tipici delle milizie, contro una caserma irachena nei dintorni dell’aeroporto. Le prime notizie parlavano di undici soldati feriti. Pareva quindi un episodio secondario. Poi però lo scenario è cambiato radicalmente, assumendo la dinamica di un attacco condotto da droni o bombardieri.colonna delle Pmu che scortava all’aeroporto gli emissari iraniani. I rapporti iniziali indicavano un'unica vittima eccellente: Muhammed Reda, numero tre della formazione irachena.

Più tardi sono state fonti dello stesso movimento a parlare di un’azione mirata, che ha ucciso cinque dei suoi uomini e due “ospiti importanti”, tutti a bordo delle vetture distrutte mentre si trovavano già all’interno dello scalo internazionale. La tv di stato irachena ha infine fatto i nomi di Soleimani e Al-Muhandis, i veri bersagli dell'operazione killer.

Alcune ricostruzioni sostengono che ad aprire il fuoco sia stato un elicottero americano. E collegano l’attacco alle parole del capo del Pentagono, Mark Esper, che mercoledì aveva minacciato “azioni preventive” qualora gli Usa avessero rilevato “altri comportamenti offensivi da parte di questi gruppi, che sono tutti sostenuti, diretti e finanziati dall’Iran”. In pratica, l’Iraq si sta trasformando nel fronte più incandescente del confronto tra Washington e Teheran. La comunità sciita irachena è da sempre legata al paese vicino, la cui influenza è continuata a crescere dopo la fine del regime di Saddam Hussein. Le milizie filo-iraniane negli ultimi mesi hanno assunto un atteggiamento sempre più aggressivo contro la presenza americana, protestando contro le basi create per combattere contro l’Isis. Una settimana fa una raffica di razzi è piovuta contro un’installazione alle porte di Kirkuk, ammazzando un contractor statunitense.

La rappresaglia non si è fatta attendere. Droni hanno bombardato una struttura di Kataeb Hezbollah, la branca militare delle Forze di Mobilitazione Popolare, uccidendo venticinque uomini. Come risposta, il 30 dicembre Al-Muhandis ha lanciato un appello e radunato la folla contro l’ambasciata americana della capitale. Le recinzioni esterne sono state divelte e per due giorni la sede diplomatica è stata stretta d’assedio, riportando sugli schermi degli States l’incubo di una replica di quanto accadde a Teheran nel 1979. Solo le imponenti difese del complesso, la più grande ambasciata statunitense del mondo, hanno impedito che accadesse il peggio.

Mercoledì primo gennaio, i leader delle Pmu hanno ordinato di interrompere la protesta. E per poche ore è tornata la calma. Iran e Stati Uniti si sono scambiati accuse di fuoco. Mentre il Pentagono ha deciso di rinforzare lo schieramento in Medio Oriente: è stata disposta la partenza di 750 paracadutisti verso la capitale irachena e di 3000 marines verso il Kuwait.

Giovedì per tutto il giorno è stato segnalato un intenso traffico di velivoli militari americani diretti verso la regione, con decine di grandi cargo C-17 che hanno attraversato il Mediterraneo, atterrando nelle basi in Turchia e Arabia Saudita. Un ponte aereo senza precedenti in tempo di pace, tale da far pensare alla premessa per un conflitto. E il raid contro l'aeroporto di Bagdad rischia di scatenarlo realmente, perché è facile prevedere una risposta durissima di Teheran. La morte di Soleimani è una perdita troppo grave, che mina la credibilità degli ayatollah in un momento di pesanti proteste interne. Inevitabile che la reazione sia altrettanto forte: "Il martire sarà vendicato con tutta la forza", ha promesso il fondatore dei Guardiani della Rivoluzione Mohsen Rezai.



Trump "smaschera" Soleimani: "Progettava attacchi contro diplomatici Usa"
Angelo Scarano - Ven, 03/01/2020

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... J-cluGrIwk

Il presidente degli Stati Uniti, Trump, svela: "Voleva uccidere i nostri diplomatici. Lo abbiamo trovato e lo abbiamo fermato"

Dopo il raid che ha ucciso il leader delle Guardie della Rivoluzione iraniane, Soleimani, Donald Trump in una conferenza stampa davanti alla Nazione spiega perché gli Stati Uniti hanno deciso di sferrare questo attacco.

Secondo quanto affermato dal presidente degli Stati Uniti, il generale iraniano stava pianificando alcuni attacchi a Baghdad contro il personale diplomatico statunitense: "Stava organizzando imminenti e sinistri attacchi contro diplomatici e militari americani. Lo abbiamo preso e lo abbiamo eliminato". Sui venti di guerra che da oggi soffiano sul Medio Oriente e su un possibile scontro tra Usa e Iran, Trump afferma: "Abbiamo agito per fermare una guerra, non per iniziarla". Poi concludendo il suo discorso da Mar-a-Lago, in Florida, il presidente degli Stati Uniti ha tuonato: "Il regno del terrore di Soleimani è finito". Intanto gli Stati Uniti dispiegheranno migliaia di truppe aggiuntive in Medioriente in seguito alle tensioni con l'Iran. Lo ha detto alla CNN un funzionario della Difesa degli Stati Uniti. Le truppe aggiuntive arriveranno dalla Forza di risposta immediata dell'82esima divisione aviotrasportata. In seguito ai disordini all'ambasciata americana a Baghdad, gli Stati Uniti avevano già dispiegato 750 truppe della stessa unità. Il nuovo schieramento comprenderà il resto della brigata, circa 3.000 soldati. Insomma le mosse di Washington dopo il raid contro Soleimani parlano di un rafforzamento della forza militare sul territorio che si appresta a diventare lo scenario di scontro principale tra gli Stati Uniti e Teheran.

La morte di Soleimani cambia le prospettive di stabilizzazione dell'area e tutti i segnali degli ultimi giorni portano venti di guerra. Solo due giorni fa, le milizie ribelli irachene hanno assaltato l'ambasciata americana. E qualche giorno fa alcuni razzi su Kirkuk hanno ucciso uno contractor americano. La scorsa notte poi il raid contro il convoglio di auto su cui viaggiava Soleimani. L'esplosione delle auto colpite dal missile ha definitivamente fatto saltare i rapporti diplomatici tra Teheran e Washington. Nell'area mediorientale, solo Israele ha sottolineato in modo positivo la mossa portata a termine dagli Stati Uniti. Il premier Netanyahu ha di fatto rivendicato il diritto per Israele e per gli stessi Stati Uniti all'autodifesa. Ora gli scenari sono imprevedibili. Di certo Teheran sta già pianificando una risposta dura contro Washington e ha invitato la Casa Bianca ad "acquistare bare per i soldati americani". Il mondo resta col fiato sospeso.



Maria Giovanna Maglie
3 gennaaio 2019

https://www.facebook.com/ema.bolo.10/po ... 5673378644

Morte dell'iraniano Soleimani. Vi dico come la penso, ovvero la penso esattamente come Matteo Salvini nel suo post sacrosanto e dovuto di oggi
"Donne e uomini liberi devono ringraziare il presidente Trump e la democrazia americana per aver eliminato uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo, un terrorista islamico, un nemico dell’Occidente, di Israele, dei diritti e delle libertà".
È così. L'uccisione di Soleimani è un gran colpo di inizio anno di Trump. Il regime iraniano degli spietati Ayatollah finanziatori del terrorismo è stato decapitato del suo stratega capo, quello dell'allargamento a Siria, Iraq, Libano e Yemen, delle guerre per procura,dei missili balistici nascosti nelle aree urbane in mezzo a civili inermi. Un mostro.
Com'era naturale, molti commentatori italiani ed anche cittadini che affollano i social, equamente divisi fra destra e sinistra, 'ché l'antiamericanismo non conosce ostacoli, hanno cominciato a difendere il generale che aveva sconfitto l'ISIS, agito bene in Siria, era amico di Putin, e a seguire con gli americani che sono imperialisti,e noi c'abbiamo gli affari di business con l'Iran, e chissà ora che succede, eccetera eccetera. Vorrei solo ricordare, senza pretendere di sconfiggere tutto insieme un veleno anti americanista coltivato e sedimentato per decenni, che l'escalation l'hanno iniziata molto aggressivamente gli iraniani, che gli americani hanno tardato a rispondere, o lo hanno fatto in modo parziale,che questo atteggiamento e un troppo presunto isolazionismo di Trump hanno portato Teheran ad accelerare con l'assalto all'ambasciata americana a Baghdad da parte di centinaia di miliziani sciiti.
Ma Donald Trump glielo aveva detto che c'era una linea rossa da non superare, E così è stato. Gli americani hanno agito con precisione chirurgica e hanno eliminato Soleimani e il suo vice. Ora gli ayatollah sanno che c'è una conseguenza alle azioni aggressive e terrostiche iraniane.
Le cose bisogna saperle prima di parlare. Per esempio che l’Iraq è diventato il terreno vero di scontro, che, ufficialmente in segno di ritorsione per l’inserimento dei Pasdaran nella lista delle organizzazioni terroristiche, Teheran ha a sua volta inserito le forze armate schierate in Medio Oriente nella lista delle organizzazioni terroristiche. Tutte, ma il vero obiettivo sono i soldati americani i in Iraq.
Trump non vuole una guerra. Attua una strategia di pressione economica per costringere l' Iran a trattare. È la sua politica, finora rivelatasi di grande successo.Se l'export di petrolio scende sotto i 700 mila barili al giorno è fatta.
I terroristi al comando a Teheran reagiscono a modo loro, alzando una nuova crisi tra Gaza e Israele, attaccando e facendo attaccare petroliere e oleodotti. Sono le cosiddette aree di provocazione: colpisco o faccio colpire lontano dal territorio dello scontro per mandare segnali, messaggi e minacce.
L'Iraq però se lo vogliono proprio prendere gli ayatollah, è una vecchia storia di guerre e contese che data dall'epoca di Saddam. Quando quel coglione di Barack Obama si è ritirato, gli è parso che fosse giunto il momento di tornare all'attacco.
Le cose bisogna saperle prima di parlare
In Iraq, c'è non solo quello che gli iraniani ritengono una prosecuzione del territorio naturale, c'è, a Naijaf, anche il centro principale della religione sciita. Ed è un centro scomodo per gli Ayatollah, perché un altro Ayatollah, il nemico di khomeini, al-Sistani, ha sempre spiegato e predicato che quella di Teheran è pura visione e appropriazione del potere mantenuta con metodi violenti e terroristici, che nulla c'entra con lo spirito dello sciismo.
Quindi l'Iraq è il terreno di scontro non solo locale ma anche tra Iran e occidente.Quest'ultimo deve conquistare i sunniti, deve profittare delle divisioni tra gli sciti, deve trovare il modo di fermare l'Iran e i suoi progetti micidiali di corridoio verso il Mediterraneo, a tutti i costi. Capito ora perché è stato così importante far fuori uno stratega centrale in questo progetto come Soleimani?


Iran, Luttwak su Soleimani: "La sua morte sia un avvertimento anche per Erdogan in Libia"
Giovanna Pavesi - Ven, 03/01/2020

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ira ... 4Cjk4eXdaY


Il politologo americano, a poche ore dalla morte di una delle figure chiave in Medio Oriente, ha commentato così l'operazione fatta partire dalla Casa Bianca: "Non ha calcolato il fattore Trump, che a differenza di Obama lo ha ucciso"

"La morte di Qasem Soleimani? Sia un avvertimento anche per Erdogan per la Libia". A dirlo, in queste ore di tensione, dopo l'uccisione di uno degli uomini più potenti del Medio Oriente, è l'economista e politologo statunitense, Edward Luttwak, il quale, a poche ore dalla notizia del decesso del generale iraniano e capo dei Pasdaran, ha commentato così la sua morte, avvenuta a Baghdad a causa di un raid americano.

Il fattore Trump

Secondo quanto riportato da Luttwak, ascoltato da Adnkronos, in Iraq sarebbe in corso, in queste ore, "una grande festa popolare" per la morte di Soleimani: "Gli iracheni che soffrono della presenza degli iraniani e delle loro milizie festeggiano, mentre altri, come Emmanuel Macron, protestano". E non ha intenzione di rinunciare alla polemica, per commentare la morte del generale iraniano, la cui morte è stata subito confermata anche da Teheran: "In questi anni non è stato uno che ha distribuito caramelle hai bambini, non ha calcolato il fattore Trump che, a differenza di Barack Obama, ha risposto e lo ha ucciso".

L'uccisione di Soleimani

A uccidere uno dei leader più importanti dei Pasdaran e guida delle brigate Al Quds sarebbe stato un attacco missilistico, il cui piano sarebbe partito direttamente da un ordine arrivato dalla Casa Bianca: prima, infatti, un convoglio composto da due auto è stato individuato nella tarda serata di Baghdad, in avvicinamento al principale aeroporto della capitale irachena; poi è entrato in azione un drone, che ha scagliato contro i due mezzi alcuni missili che non hanno lasciato scampo a chi si trovava al suo interno.

"È responsabile di massacri di civili"

Il politologo americano, poi, ha attribuito diverse responsabilità politiche al generale Soleimani e ha detto: "Ha organizzato, nelle zone urbane siriane, i massacri di civili che erano contro il regime di Bashar Assad, protetto dall'Iran". E ha continuato: "Ha tentato, per anni, di attaccare Israele, ma ha fallito. Era dietro agli attacchi contro gli Stati Uniti e il governo iracheno nella Zona Verde di Baghdad".

L'avvertimento di Luttwak

Per il saggista statunitense, l'azione di queste ore avrà sicuramente delle ripercussioni, anche se non teme conseguenze così importanti: "Ci sarà sicuramente una risposta, ma non credo sarà devastante. Se lo sarà, ci sarà un'altra azione per punirla". La morte del generale iraniano, per Luttwak dovrebbe rappresentare una sorta di monito anche per il presidente turco Erdogan, il quale, secondo Luttwak "vuole mandare i suoi soldati in Libia, che è invece una zona di interesse italiana". E ha aggiunto: "Spero che ai turchi non sia permesso il fatto di andare in Libia. Il governo italiano devo capire che se Erdogan va in Libia, vengono danneggiati gli interessi italiani, non quelli della Finlandia".


Così gli americani hanno eliminato Soleimani
Michael Sfaradi
3 gennaio 2019

https://www.nicolaporro.it/cosi-gli-ame ... IMpdKtedgY

Qassem Soleimani è stato assassinato in Iraq. Quella di questa notte, portata a termine dalle Forze Armate Usa, è sicuramente l’eliminazione più drammatica degli ultimi anni registrata in Medioriente. Yossi Cohen, il capo del Mossad israeliano, aveva dichiarato che Qassem Soleimani non era sulla sua lista nera, ma ciò non escludeva che il capo della Guardia rivoluzionaria della Forza Al Quds, a causa delle sue attività antiamericane, fosse nel mirino della C.I.A. Passare alla prima occasione dal mirino della C.I.A. a quello di elicotteri e droni era solo una questione di tempo, serviva il momento e il luogo adatto, cosa che è successa nella notte di ieri.

Ecco il filmato dell’attacco

Soleimani è stato ucciso in un attacco mirato all’aeroporto di Baghdad insieme al vice comandante della milizia filo-iraniana. Era il responsabile di tutte le attività terroristiche iraniane nella regione ed era l’uomo che ha condotto tutte le operazioni militari iraniane transfrontaliere contro Israele in tutto il Medio Oriente. Di recente, dopo i vari salti di qualità che aveva avuto il suo operato, era stato etichettato come la “testa del serpente”. La sua uccisione è stata confermata e il Pentagono ha dichiarato che l’eliminazione del generale iraniano è stata eseguita su ordine diretto del presidente Donald Trump, azione che aveva il duplice obbiettivo di fermare una minaccia che nel tempo stava aumentando di pericolosità e anche di dissuadere l’Iran dai suoi futuri piani offensivi.

Come già detto insieme a Soleimani è stato eliminato anche il vice comandante dell’organizzazione ombrello delle milizie filo-iraniane “Al-Hashad al-Sha’abi”, Abu Mahdi al-Mohandas. Probabilmente le forze Usa avevano aspettato proprio che i due fossero nello stesso sito prima di agire e questo conferma l’enorme opera di intelligence che ha portato al successo dell’operazione. Subito dopo le milizie filo-iraniane in Iraq avevano annunciato che cinque dei loro uomini erano stati uccisi, insieme ad altri due “ospiti importanti”, in un attacco aereo statunitense contro i loro veicoli dell’aeroporto di Baghdad. Solo in un secondo momento, e probabilmente dopo aver ricevuto l’ok da Teheran, sono state pubblicate le fotografie del sito e in particolare, quella con la mano che porta l’anello di famiglia dei Soleimani, che confermavano le identità dei due “ospiti importanti”.

Alcuni funzionari iraniani avrebbero fatto sapere in forma anonima che dietro al duplice omicidio ci sarebbero sia gli Usa, che hanno rivendicato l’attacco, che Israele. Dichiarazione che potrebbe essere il preludio a qualche nuovo scenario. Questo potrebbe essere il motivo per cui il Ministro della difesa israeliano Bennet ha convocato con urgenza il Capo di Stato Maggiore dell’IDF Generale Kokavi, sia per una valutazione della situazione sia per attuare tutti quei piani di emergenza necessari a garantire la sicurezza della popolazione israeliana da eventuali attacchi missilistici che potrebbero arrivare dal Libano, dalla Striscia di Gaza e anche dalla stessa Siria.

Per il momento soltanto la stazione sciistica sul monte Hermon è stata chiusa ai visitatori, mentre il Ministero degli Esteri e funzionari della sicurezza hanno dichiarato lo stato di allerta nel timore che le Ambasciate israeliane possano finire nel mirino della vendetta iraniana. Il generale Soleimani è stato per anni l’artefice dei programmi atti ad attaccare i diplomatici e il personale di servizio americani in Iraq e in tutta la regione, la forza Al Quds, infatti, è responsabile della morte di centinaia di americani e funzionari della coalizione, nonché del ferimento di migliaia di persone. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato probabilmente l’attacco missilistico sulla base Usa di Kirkuk del 27 dicembre scorso, ne avevamo dato notizia, quando un contractor americano è stato ucciso e altri militari sono rimasti feriti.

Oltre ad essere a capo del gruppo di ingegneri che da mesi sta rendendo “intelligenti” i missili che l’Iran aveva fornito ad Hetzbollah in Libano, Soleimani era anche a capo della vasta operazione di mimetizzazione all’interno delle aree urbane dei missili balistici in Iraq, cosa che era stata denunciata a metà dicembre da vari organi di stampa israeliani. In pratica la stessa dottrina usata da Hamas nella Striscia di Gaza. Questa mossa, considerando la presenza di civili iracheni, avrebbe reso difficile una reazione israeliana in caso di attacco dall’Iraq con missili a lunga gittata.


SALVINI: GRAZIE A TRUMP ELIMINATO SOLIMANI, TERRORISTA ISLAMICO PERICOLOSISSIMO
3 gennaio 2020

https://www.shalom.it/blog/news-in-ital ... z9VdWGbQ0g

"Donne e uomini liberi, alla faccia dei silenzi dei pavidi dell'Italia e dell'Unione Europea, devono ringraziare Trump e la democrazia americana per aver eliminato uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo, un terrorista islamico, un nemico dell'Occidente, di Israele, dei diritti e delle libertà" così il segretario della Lega Matteo Salvini.



Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » gio gen 16, 2020 8:09 am

Rossobruno Cardiniano
Caratteri Liberi
di Niram Ferretti
13 maggio 2019

http://caratteriliberi.eu/2019/05/13/in ... jx2DCL6LNo

Nel mondo di cartapesta di Franco Cardini, fu medievalista e poi ideologo e fabbricatore di fiction in cui i fatti e la realtà si dissolvono per lasciare apparire al loro posto immagini tra l’onirico e il fantastico, c’è una costante che non delude mai i suoi lettori, il cattivo, infatti, è sempre l’Occidente e il buono è sempre ciò che ad esso si contrappone.

Nulla di che meravigliarsi, già ragazzo, Cardini venne folgorato dall’ex collaborazionista e ardente ammiratore del Terzo Reich, Jean Thiriart, fondatore dell’organizzazione Giovane Europa che aveva come finalità quella di sganciare il vecchio continente dagli Stati Uniti e dal Patto Atlantico. Da allora e forse anche prima, non è dato saperlo, gli USA, agli occhi di Cardini, come a quelli del suo assai più celebre omologo americano, Noam Chomsky, sono diventati come Mordor ne “Il Signore degli Anelli”.

Tutto è buono quando si tratta di resistere all’impero del denaro, all’arrembaggio del Weltmarket. Non importa se oggi l’ex Cina comunista vi si sia convertita, sono gli USA la minaccia maggiore alla sopravvivenza del pianeta. E Cardini, che, nella sua vita è stato uomo di intersecazioni, in modo particolare quella tra gli “ismi”, di cui, l’Islam è l’ultima folgorazione dopo le amorevoli inclinazioni fascio-catto-comuniste che lo hanno preceduto, ha trovato anche in esso un buon antidoto.

Lo si comprende. L’Islam è l’approdo di tutto ciò che sanamente si contrappone alla tabe occidentale, ed è, infondo, la soluzione ultima, anche se iniziale (essendo esso, per i suoi seguaci, la religione primigenia dell’umanità), a ogni alienazione.

Lo scrisse chiaramente un eroe cardiniano, l’ayatollah Khomeini a Gorbaciov, il 1 1°gennaio del 1989: “Dichiaro chiaramente che la Repubblica Islamica dell’Iran, che è il bastione più saldo dell’Islam nel mondo, può facilmente riempire il vuoto ideologico del vostro sistema”. Ed è davvero un peccato che Cardini non sia giunto prima di ora a queste stesse conclusioni, si sarebbe risparmiato molta fatica, deviazioni e strade senza uscita.

Leggerlo fa sempre gusto. Il campionario è vintage, ma come il classici non delude mai. Così, in una recente intervista concessa al sito, Osservatorio globalizzazione impariamo che:

“Il Patto di Varsavia, l’alleanza politico-militare tra URSS e i paesi suoi “satelliti”, è stata la necessaria risposta al patto NATO, a sua volta determinato dal fatto che gli statunitensi, rompendo una loro consuetudine politica che datava dalla cosiddetta “dottrina Monroe”, hanno preso a impegnarsi sempre di più come potenza egemone non solo sul Pacifico, ma anche sull’Atlantico. Una volta disintegrata l’Unione Sovietica, anche grazie all’impegno politico, diplomatico e culturale statunitense e allo strumento propagandistico degli ideali della “società del benessere”, vale a dire del consumismo, quella politica si è procurata altri nemici, sempre più agguerriti nella misura nella quale essa, provocando una sempre maggior concentrazione di ricchezza, determinava un generale impoverimento dei popoli”.

Nemmeno Gianni Minà o Lucio Manisco. L’URS virtuosa con i suoi alti ideali di eguaglianza e fraternità che ha dovuto soccombere contro il Weltmarket, il peggiore flagello che ha colpito l’umanità e di cui Adam Smith, Von Mises, Friederich Hayek sono stati i sacerdoti. Esemplare.

La politica imperialista economica americana che impoverisce i popoli e arricchisce se stessa è filastrocca assai stantia, ma sempre efficace nonostante i fatti la smentiscano inesorabilmente. Basta guardare i dati concreti (ma gli ideologhi hanno sommo orrore della realtà) dal dopoguerra ad oggi per quanto riguarda il livello di povertà nel mondo. Come ha dichiarato recentemente il presidente del World Bank Group, Jim Yong Kim, “Negli ultimi 25 anni, più di un miliardo di persone sono uscite dall’estrema povertà e il livello globale della povertà è oggi inferiore a quello mai storicamente registrato. Questo è uno dei più grandi conseguimenti umani della nostra epoca ”. Ma non c’è nulla da fare, “I fatti non hanno accesso nel regno delle nostre fedi”, scriveva Marcel Proust. E la fede di Cardini è granitica, la sua ortodossia non ammette smagliature. Nella stessa intervista può infatti proclamare:

“Le potenze occidentali sottoposte all’egemonia statunitense hanno largamente provato di aver bisogno, per sopravvivere a se stesse conferendosi valori etici e culturali che evidentemente non sono più in grado di promuovere, di un “nemico metafisico”. L’Occidente contemporaneo, dopo aver battuto il “Male assoluto” nazista e l’”Impero del Male” comunista e sovietico (espressione coniata da Ronald Reagan nel 1983), aveva bisogno d’inventarsi un altro nemico, il “Terrore islamico”. Questa espressione si diffuse globalmente nel 2001, dopo l’11 settembre, e fu poi adottata dal governo di George W. Bush jr. a proposito del rais iracheno Saddam Hussein, precipitosamente derubricato da alleato nella tensione contro l’Iran a “nuovo Hitler” nella seconda guerra del Golfo.. L’adozione del passepartout ideologico costituito dal libro The clash of civilizations di Samuel Huntington e i movimenti neoconservative e theoconservative statunitensi, facilmente impiantati anche da noi, hanno fatto il resto, favorendo un ridicolo clima da “nuova crociata”.

E’ questo il feuiletton preferito del cantastorie rossobruno. Torvo, cupo. Un po’ Dumas, un po’ Eugène Sue. L’Occidente a traino americano che si inventa i mali, prima il nazismo, poi il comunismo, e poi, sì, poi, l’Islam nella forma del “terrore islamico”. Perché anche questa è una fola. Certo. Il jihad non fu mai praticato dai seguaci di Maometto se non come tenzone spirituale, è cosa nota. L’Islam è sempre stato pacifico e se, a volte, è stato guerriero, lo è sempre stato per reazione, per necessità, mai per vocazione. Fu solo e unicamente per reazione che nel settimo secolo il jihad detonò dall’Arabia. L’imperialismo islamico si impose solo per difesa, in Occidente come in Asia e in Africa. Certamente reazione fu, a chi non voleva e non vuole sottomettersi al Verbo del Profeta. Ma, per Cardini, le crociate sono solo state cristiane, e i cattivi da copione sono caucasici, europei in primis e poi, in seconda battuta, ameriKani. Quanto a Samuel Huntington è un vero villain, va bene per tutte le occasioni. I terzomondisti, o alterglobalisti, ne hanno fatto una caricatura, come gli atei militanti alla Hitchens e Dawkins l’hanno fatta dell’Altissimo. Colui che scrisse un libro rimasto negli annali della politologia della seconda metà de Novecento, ben sapeva che, “Fintanto che l’Islam resterà l’Islam (cosa che farà) e l’Occidente resterà l’Occidente (che è più dubbio) il fondamentale conflitto tra queste due civiltà e modi di vita continuerà a definire le loro relazioni nel futuro come le ha definite nel passato per quattordici secoli“. E a Bernard Lewis non pareva proprio che la violenza perpetrata in nome dell’Islam fosse una conseguenza della protervia occidentale, ma un dispositivo intrinseco alla sua stessa vocazione, quando scriveva: “La divisione tradizionale islamica del mondo in Casa dell’Islam e Casa della Guerra, due gruppi necessariamente opposti, dei quali il primo ha l’obbligo collettivo della lotta continua contro il secondo, ha ovvi paralleli con la visione comunista degli affari mondiali…il contenuto delle credenze è del tutto diverso, ma il fanatismo aggressivo del credente è il medesimo”.

Di nuovo nulla di tutto ciò nel dispositivo concettuale del burbanzoso fiorentino. L’Islam è solo palingenesi e umiliati e offesi, sublimi porte e angelologia. L’intervista in questione contiene altre perle.

“La grande crisi nasce nel 1979 dal susseguirsi di due eventi precisi e quasi contemporanei. Primo: l’impiantarsi in Iran della repubblica islamica nata coralmente da una grande rivoluzione di popolo contro la tirannia interna e l’umiliazione esterna imposta alla sua gente dallo shah Mohammed Reza Palhevi che aveva inaugurato un regime di dura repressione con introduzione coatta dei costumi occidentali in Iran e aveva nel contempo consentito agli statunitensi di spadroneggiare nel suo regno, provocando un sentimento di quasi unanime esasperata reazione dal quale fu cacciato a furor di popolo. Secondo: la necessità di cacciare i sovietici dall’Afghanistan e di metter fine all’esperimento socialista afghano, obiettivi che si sarebbero potuti ottenere in modo relativamente facile se gli afghani avessero accettato l’aiuto della repubblica islamica dell’Iran, vicina e disposta a muoversi (com’era nei voti del capo militare afghano comandante Massud, che pur era un musulmano sunnita mentre gli iraniani sono sciiti). Per “liberare” l’Afghanistan senza ricorrere agli iraniani, gli USA scelsero di appoggiarsi al loro principale alleato musulmano, il wahhabita re dell’Arabia saudita, che inviò in Afghanistan i suoi combattenti-missionari. Questi ultimi immisero in quel Paese un tipo d’Islam fanatico e retrivo, estraneo alle tradizioni afghane e tipico invece della setta wahhabita, fino ad allora confinata nel sud dell’Arabia. Da allora il wahhabismo ha innervato l’intero Islam, dilagando e distorcendone il carattere, fino a giungere al punto al quale siamo adesso: i wahhabiti, egemonizzati dal primo alleato degli USA nel mondo arabo, intendono egemonizzare a loro volta l’intero Islam sunnita sostenendo una guerra civile (fitna) contro gli sciiti in genere e gli iraniani in particolare. Tale guerra ha purtroppo il supporto sia degli USA, sia d’Israele, per ragioni e considerazioni di carattere politico-strategico che personalmente ritengo infauste”.

È stato necessario riportarla tutta intera questa infilata esorbitante di grotesqueries. Per Cardini è irrilevante che la guerra fratricida tra sunniti e sciiti cominci con la morte stessa di Maometto e perduri fino ad oggi. La colpa dell’estremismo islamico sarebbe solo dei wahhabiti a seguito della guerra in Afghanistan. E, ovviamente, ça va sans dire, i mandanti sarebbero loro, gli Stati Uniti, promotori anche del terribile Scià di Persia. Il fatto che il jihad, nella sua versione moderna, nasca in Egitto nel 1928 grazie ad Hassan al Banna e alla Fratellanza Musulmana, è un altro di quei fatti scomodi, che vanno doviziosamente rimossi dalla scena onde possano intaccare la fiction cardiniana. Quanto ai missionari, chi fu più missionario dell’ayatollah Khomeini il quale innestò l’Islam sull’impianto ideologico rivoluzionario marxista, la cui ispirazione trovò in Alì Shariati?. Ce lo ricorda Melanie Phillips in The World Upside Down: The Global battle over God, Truth and Power:

“Ali Shariati, un prominente ideologo della rivoluzione islamica in Iran, era un islamo-marxista che si basò cospicuamente sull’estremista anticolonialista Franz Fanon e la sua concezione di creare ‘un uomo nuovo’. Shariati mutuò da Fanon la descrizione dei ‘diseredati della terra’ e la tradusse in persiano rivitalizzando il termine coranico, mostazafin, o ‘il diseredato’. Sotto l’influenza di Shariati, gli estremisti iraniani diventarono marxisti e lessero Che Guevara, Regis Debray e il terrorista della guerriglia urbana, Carlos Marighela…Sotto l’influenza di Shariati, l’ayatollah Khomeini introdusse nel pensiero islamico radicale il fondamentale concetto marxista del mondo diviso in oppressi e oppressori…Nel 1980 Khomeini aveva stabilito una ‘rivoluzione islamica’ culturale di stile comunista per purgare ogni traccia di influenza occidentale dai licei e dalle università”,

Ma guai a incolpare l’Islam sciita, così puro e nobile e soprattutto antagonista degli amerikani, mentre, come è noto, i sunniti, soprattutto la Casa di Saud, sono intrecciati agli USA dal 1945.

Occorre fermarsi. Prendere respiro. Gli ebrei sono alle porte, ma Cardini è scaltro, evita accuratamente di cadere in un antisemitismo troppo corrivo. Gli ebrei restano in filigrana, presunti e non desunti. E sempre nella medesima intervista, a un certo punto, ecco aprirsi l’uscio su Israele:

“L’alleanza statunitense-israeliana-saudita, alla quale si sono accodati tanto la NATO quanto paesi arabi quali Egitto e Giordania, sta seriamente minacciando la pace, nel Vicino Oriente e nel mondo…La lotta ai migranti dall’Africa condotta senza combattere le vere cause della migrazione, ovvero l’alleanza tra le lobbies multinazionali che depredano suolo e sottosuolo africano, i governi locali tirannici e corrotti loro complici e la copertura internazionale che Francia e Gran Bretagna forniscono loro utilizzando sistematicamente lo strumento del veto in sede di consiglio di sicurezza ONU a tutte le risoluzioni che potrebbero fornire qualche via d’uscita al problema continentale africano, è il secondo grande problema del nostro mondo. Politica degli USA ed egemonia delle lobbies finanziarie internazionali sono le prime responsabili della situazione internazionale odierna”.

Questo è il nadir. C’è tutto, ma proprio tutto l’armamentario. Le calcificazioni, le ossidazioni della mente. Israele, gli Usa, i sunniti, le lobbies delle multinazionali, gli immigrati africani. Mancano gli Illuminati, il gruppo Bilderberg, i Savi. Sono impliciti, dentro nell’impasto. I topoi sono vecchi, stantii, puzzano di muffa, ma Cardini non demorde. La pace nel mondo sarebbe a rischio a causa di Israele, gli USA e gli arabi sunniti. Attenzione all’incastro. Non è Israele da solo che mette a repentaglio la sicurezza mondiale, rodato paradigma di antisemiti e antisionisti pluridecorati, ma lo è insieme agli USA e alla Casa di Saud. Se voglio lanciare il sasso contro gli ebrei e gli israeliani, lo lancio contemporaneamente contro altri bersagli. Mi limitassi al solo Israele, si noterebbe troppo…

Il Medioriente non sarebbe in tensione perenne da settanta anni a causa delle opposte mire arabo-islamiche, delle lotte intestine e tribali per conseguire il basto del potere, unicamente convergenti e solidali quando si tratta di unirsi nel tentativo di distruggere Israele. Il problema attuale non sarebbe l’espansionismo neo-imperiale sciita che si protende sulla Siria, in Libano, in Iraq, in Yemen, con appendice a Gaza. Non sarebbe l’impulso millenarista della rivoluzione islamica congiunto alla dichiarata intenzione di volere distruggere Israele. No. Anche qui gli sciiti sono rimossi dalla scena. I puri buoni sciiti. L’ultima frase del pistolotto brilla di luce propria.

“Politica degli USA ed egemonia delle lobbies finanziarie internazionali sono le prime responsabili della situazione internazionale odierna”.

Sembra uscita da un comunicato radio di Berlino o di Roma degli anni Trenta. Chi c’è dietro le lobbies finanziare internazionali e la politica degli USA? Chi gobierna el mundo? Cardini non lo dice, anche se in un suo feuilleton sulla seconda guerra del Golfo, Astrea e i Titani, scriveva a proposito degli USA:

“Di quale potere sovrano esso è rappresentante, di quale sovrana volontà esso è l’esecutore, al di là delle forme giuridiche preposte a legittimarlo. E’ sua la detenzione del potere imperiale o dietro ad esso ed altre forze, attualmente ‘in presenza’ nel mondo, si cela un ‘impero invisibile’-nel senso etimologico del termine, che cioè non è responsabile, non deve rispondere alle sue azioni-dinanzi ai suoi sudditi, i quali neppure sanno-o almeno, non con chiarezza-di essere tali?“

Basta una leggera spinta, un tocco in più, ed ecco apparire I Protocolli.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » dom gen 26, 2020 3:03 pm

UN ANNO FA TORNAVA L'AMERICA.
Da un italiano che vive in America
23 gennaio 2018

https://www.facebook.com/franco.marta.5 ... 7916097538

Adesso, dopo un anno di "cura Trump", negli USA la disoccupazione è scesa ai livelli del 1973; l'immigrazione clandestina è scesa del 50% e sono piú che raddoppiate le espulsioni d'immigrati illegali, soprattutto criminali e membri di gang assassine e trafficanti di droga; il tasso di occupazione dei Negri è il piú alto della storia degli USA; le tasse sono state ridotte ai minimi termini; il DOW Jones ha battuto tutti i record; le fabbriche RIPORTANO la produzione negli USA e offrono bonus di migliaia di US $ ai dipendenti (che già guadagnano MOLTO piú che in Europa); persino la Apple riporta negli USA oltre 250 MILIARDI di US $ e annuncia 20.000 nuovi posti di lavoro, in cambio di una multa di soli 38 Miliardi di US $, ecc., ecc., TUTTE NOTIZIE IGNORATE DAI MEDIA ITALIANI, con l'eccezione della sola giornalista italiana abbastanza saggia da vedere prima delle elezioni USA che cosa stava accadendo, cioè Maria Giovanna Maglie, anche perché, oltre a sapere l’Inglese, sapeva anche che l’America NON SONO SOLO New York City, Chicago, Washington D.C., Detroit e Los Angeles, ma IL RESTO, il 90% che sta nel mezzo, quella che per i giornalisti e politicanti italiani, che vanno da un cocktail fra Italiani o da un ricevimento consolare all’altro in quelle città, non è che “Flyover Country”… Quella che ha dato a Donal J. Trump la vittoria in 3084 Contee su 3141 (vedi immagine sotto)

Il RITORNO DELL'AMERICA dà fastidio ai rosiconi, bianchi, rossi, verdi e neri, e a chi ne odia l'essenza di libertà: libertà di espressione, di mercato e soprattutto LIBERTÀ DALLO STATO, LIBERTÀ DALL’INGERENZA del GOVERNO nella vita quotidiana del cittadino libero agente e pensatore; che vuol dire innanzitutto libertà da uno stato che RUBA dal portafoglio del cittadino che lavora, per mantenere burocrazie, burocrati e fannulloni; uno stato - negli USA si dice “government” - che ti dice che cosa, come e quando farlo e crea strutture di potere non elette, ALTERNATIVE AL POPOLO, non al servizio del Popolo, né sotto il suo controllo.

Questa componente, cosí centrale nel discorso del Presidente Donald J. Trump, non l’ha riportata nessuno nell'Italia catto-bizantina, innamorata - al centro, a destra e a sinistra - di statismo, statalismo, regole, regolucce e regolamenti, con tutta la sua burocrazia, necessaria conseguenza di un’inflazione di regole, regolucce e regolamenti.

Questo è ciò che rende l’America incompatibile con le dittature catto-socialiste dei comunisti e dei fascisti, e la rende L’OPPOSTO della mentalità e pratica politica dell’Europa, che infatti, con la propria santificazione del controllo statale regolatorio, IDEOCRATICO E BUROCRATICO, ha sempre generato mostri oppressivi e portato alla fuga di chi non ci stava: prima per creare l’America, poi per andarci a vivere.

È interessante come "nel nome della democrazia” si manifestasse, il 21 Gennaio 2017, in ben 60 città europee, contro il Presidente della repubblica federale costituzionale piú grande e libera del mondo, ma non si manifesti MAI contro le dittature e satrapie. spesso, anzi, foraggiate e appoggiate dagli europei.

Questa non è che un’altra vera vergogna, piena di MENZOGNE, da un continente che è IL PIÚ GRANDE CIMITERO EBRAICO AL MONDO.
"Converting toleration into an absolute and potentially fanatic idea may bring to the destruction of self and society.
We should accept, of course, the rules of free society and uncoerced belief, but it would be moral stupidity to assume that those who would annihilate the rules that make political and social freedom possible should be tolerated by the men whose freedom would be lost by so absolute and unintelligent an elevation of the principle of toleration beyond all calculation of human consequence and cost.”
Thomas Jefferson (almost 200 years before Carl Popper's "Paradox on Tolerance”)
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » ven mar 13, 2020 2:22 pm

La disinformazione russa sulla missione Defender? Ecco come ha funzionato
Gabriele Carrer e Stefano Pioppi
12 marzo 2020

https://formiche.net/2020/03/defender-e ... ormazione/

C’è chi prova a sfruttare il Coronavirus. Lo fa la Cina, portando “aiuti” che in realtà altro non sono che forniture pagate, per ripulirsi coscienza e faccia sul palcoscenico internazionale. Lo fanno anche le galassie antioccidentali che stanno alimentando il complottismo. C’è chi lo fa strizzando l’occhio a Pechino e accusando Stati Uniti e Unione europea di immobilismo e assenza di solidarietà. C’è, invece, chi lo fa guardando al Cremlino e alimentando un circuito di disinformazione attorno alla maxi esercitazione Nato in Europa.

UNO STRANO COMPLOTTISMO

Il quadro della disinformazione è infatti in questi giorni piuttosto evidente su Defender Europe 2020, la maxi esercitazione che dovrebbe portare in Europa 20.000 militari americani direttamente dagli Stati Uniti, da aggiungere ai 10.000 già presenti e ai 7.000 degli altri 17 Paesi partecipanti, con il condizionale dovuto alle possibili rimodulazioni e riduzioni proprio per l’emergenza sanitaria. Seppur programmate da diversi anni e finalizzate a testare le capacità di difesa del Vecchio continente, le manovre sono state oggetto di uno strano complottismo anche nel nostro Paese, vista la contestualità dei primi dispiegamenti con il crescere dei numeri di contagi da Coronavirus. Le teorie del complotto e dell’invasione americana non sono però il frutto di letture annoiate durante la forzata permanenza domestica di questi giorni. Lo dimostra l’analisi pubblicata dal Digital Forensic Research Lab (DFRLab) dell’Atlantic Council, il laboratorio specializzato nell’indagine su campagne di disinformazione e sulla ricostruzione della diffusione anomala di contenuti digitali.

LA NARRATIVA DEL CREMLINO

A leggere l’analisi dell’esperta Nika Aleksejeva, quanto sta accadendo in Italia non sarebbe altro che un piccolo sintomo di una campagna di disinformazione ben orchestrata che è in corso tra Germania e Repubbliche baltiche, proprio lì dove si concentrerà Defender Europe tra circa un mese. Esperti russi, politici di estrema sinistra tedeschi e un anonimo lettone attivo sui social sono tra i protagonisti di questa storia. L’obiettivo? Diffondere il sentimento anti-Nato approfittando delle paure generate dall’epidemia in corso, descrivendo l’esercitazione come un rischio di contagio per i Paesi coinvolti e un fattore di insicurezza per l’Europa. Al centro di tale narrativa c’è l’idea che i militari americani in partenza dall’Italia per partecipare a Defender Europe possano diffondere il virus.

ANONIMI LETTONI

Il primo contenuto online che ha associato l’esercitazione al Coronavirus è apparso il 26 febbraio sul sito in lingua inglese OpEdNews.com, a firma Alvis Petus, per poi venire ripreso da BulgarianMilitary.com, BalticWord.eu, e TheDuran.com. Alvis Petus non ha profili social, e la firma appare esclusivamente legata a contenuti anti-Nato. Per quanto riguarda i siti in questione, ad eccezione di BulgarianMilitary.com, sono tutti già identificati dal DFRLab come parte del network impegnato a diffondere campagne ostili all’Alleanza Atlantica tra Lettonia e Lituania.

POLITICI TEDESCHI

Hanno nomi e cognomi invece i politici tedeschi Alexander Neu e Torsten Koplin, parlamentari in quota Die Linke, partito di sinistra attualmente all’opposizione. Il primo ha firmato sul sito del partito un commento dal titolo “Defender 2020 must be stopped”, ripreso poi il 27 febbraio da Sputnik Germany. Il secondo ha espresso le stesse argomentazioni il giorno seguente sul quotidiano Nordkurier. Eppure, già da fine gennaio era sulla homepage di Die Linke il link alla sezione “Stop Defender 2020”, collegata a contenuti pubblicati sull’omonima pagina Facebook che già a metà dicembre (ben prima dei primi casi di Coronavirus) si scagliava contro Defender Europe per un fantomatico rischio alla sicurezza del Vecchio continente (cosa che la Russia ripete da sempre sull’esercitazione). Sullo stesso sito c’è anche un link ad antidef20.de, portale della campagna guidata da un’organizzazione pacifista tedesca a cui l’11 febbraio ha scritto per avere maggiore supporto per le sue battaglie proprio Alvis Petus.

ED ESPERTI RUSSI

Il 27 febbraio si è attivato anche il canale russo della faccenda. Sul portale russo Voenno Politicheskoe Obozren è apparso un articolo di Vladimir Vyachich (esperto vicino al Cremlino) dal titolo “Defender Europe, la strada mortale del Coronavirus in Europa”, secondo cui la situazione nella base americana di Vicenza sarebbe fuori controllo per l’epidemia. L’articolo è stato ripubblicato il giorno dopo su RusVesna e NovostiDnya24.ru, altri siti di propaganda russa, mentre i colleghi di EADaily rilanciavano contenuti simili citando altri esperti russi. A News Front è toccata la traduzione della faccenda in inglese, spagnolo e francese, anche se il successo maggiore in termini di interazioni social (come riscontrato attraverso BuzzSumo) lo hanno avuto i contenuti tedeschi.

IL CASO IN ITALIA

Ad alimentare la narrativa di una “invasione” Nato nel nostro Paese sono stati in molti. Tra questi, Diego Fusaro e Fabrizio Barca. Tutto nasce da un articolo di Manlio Dinucci sul Manifesto dal titolo allarmistico “30mila soldati dagli Usa in Europa senza mascherina”, prontamente ripreso anche da siti come l’Antidiplomatico, vicino ad Alessandro Di Battista, e da Byoblu, una delle più attive fucine di complottisti d’Italia curata dal grillino Claudio Messora. Ecco il tweet (che ha riscosso molto successo negli ambienti sovranisti) di Fusaro, da sempre schierato con tutti i regimi antioccidentali.

Tweet Fusaro

Fusaro si è lanciato addirittura in un post sul suo blog sul Fatto Quotidiano per dire quanto segue: “Giacché il tutto si svolge precipuamente sul fronte orientale, in direzione del confine russo, o addirittura negli ex spazi sovietici ora atlantizzati (come la Lettonia e l’Estonia), la risposta è autoevidente: l’obiettivo è difendere l’Europa dalla Russia di Putin”. È sufficiente evidenziare che tra gli obiettivi dell’esercitazione non compare affatto l’amata Russia di Fusaro per convincersi che non serve tornare indietro, all’inizio del virgolettato, per provare a capire che cosa il filosofo volesse dire.

Ecco, invece, il tweet dell’economista di area Pd Fabrizio Barca.

Tweet barca

E L’INTERVENTO NECESSARIO DEL MINISTRO GUERINI

È dovuta intervenire la politica per mettere un freno alla diffusione di fake news. Prima la nota dei deputati pentastellati Gianluca Rizzo e Luca Frusone, rispettivamente presidente della Commissione Difesa della Camera e capo della delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea della Nato, per spiegare che l’esercitazione “non si svolge sul territorio italiano né coinvolge reparti delle Forze armate del nostro Paese”. Infine, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini: “Gli uomini e le donne della Difesa sono in campo senza sosta per fronteggiare, in questo delicato momento, l’emergenza sanitaria e per garantire l’attuazione delle importanti delibere decise del governo”. Ecco la ragione dietro la scelta della Difesa di non confermare il nostro contributo all’esercitazione Defender 2020 “pur sostenendo il valore strategico dell’esercitazione”. Nella stessa nota il ministro ha sottolineato che la Nato rappresenta “il pilastro fondamentale, insieme all’Unione europea, per la nostra difesa e l’Italia continuerà a fornire il suo prezioso contributo nelle missioni internazionali per la stabilizzazione delle aree di crisi da dove provengono le minacce per la nostra sicurezza”.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » ven mag 29, 2020 7:45 pm

Quella lunga onda d’odio di antiamericanismo e antisionismo
di Gerardo Verolino · 29 Maggio 2020
Gerardo Verolino

https://www.italiaisraeletoday.it/quell ... isionismo/

A Minneapolis è accaduto un fatto di cronaca, indubbiamente, vergognoso. Un uomo di colore, George Floyd, dopo un controllo della polizia, muore soffocato sotto il ginocchio di un agente che lo tiene fermo per terra. Un chiaro abuso della polizia americana che ha scatenato la dura reazione della comunità e la ferma condanna del presidente Trump.

Gerardo Verolino

Ma, come al solito, quando, ogni tanto, capita, purtroppo, un errore del genere della polizia, e a farne le spese è un uomo di colore che subisce percosse o, addirittura, finisce ammazzato dagli agenti americani, parte la solita macchina dell’indignazione collettiva che non se la prende col singolo agente che ha sbagliato ma estende l’accusa all’America tutta tacciandola di essere uno Stato criminale, alle istituzioni di essere corrotte, alla società di essere marcia, al capitalismo di essere fallimentare, e, dulcis in fondo al presidente in carica, Donald Trump di essere un fascista che gode ad aizzare la polizia contro i poveri neri.

La morte di George Floyd

Eppure, nel 2015, sotto la presidenza dell’afro, Barack Obama, un giovane nero di 19 anni, Anthony Robinson, viene ucciso dalla polizia in Wisconsin mentre le violenze interrazziali sono in aumento, dalla Louisiana al Minnesota, da Ferguson in Missouri a Baltimora in Maryland, al punto che Anthony Kapel Van Jones, ex consigliere della Casa Bianca ammette che “Barack Obama è stato il presidente di tutti tranne che di noi afroamericani”.

Anthony Robinson

Stessa cosa avviene quando, in Israele, qualcuno viene fermato dai militari israeliani in modo più energico del solito, senza pensare che tra loro spesso può nascondersi un terrorista che, senza farsi tanti scrupoli, è pronto ad uccidere o a farsi esplodere con un esplosivo, a sangue freddo.

In questo caso, la fantasia degli indignati in servizio permanente effettivo si sbizzarrisce al punto che un banale controllo diventa un omicidio politico fino alla parossistica menzogna di affermare che “gli israeliani ammazzano i bambini”.

Donald Trump e Barack Obama

Di conseguenza, Israele è uno Stato nazista, il governo tiene i palestinesi in prigionia e Netanyahu è un criminale di guerra che deve essere portato subito davanti al Tribunale dell’Aja.

L’antiamericanismo, che oggi più che mai si sposa all’antisionismo, ha radici profonde come ricorda Massimo Teodori in “Maledetti americani” o come ricorda un recente libro di un professore dell’Università di Princeton, Andrei Markovits, “Why Europe Dislikes America” quando afferma che “Israele, a causa della sua associazione con gli Stati Uniti, è di fatto, percepito dagli europei potente quanto l’America, essendo l’uno estensione dell’altro e viceversa”.

Gino Boccasile,

L’odio è antico e le manifestazioni d’intolleranza sono numerose. Gino Boccasile, ad esempio, il grande illustratore, raffigura l’esercito americano, nel ,45, composto da stupratori e saccheggiatori.

Ma il pregiudizio accomuna tutte le culture in Italia, tranne quella liberale. Da quella cattolica (all’inizio del 900, la “Civiltà Cattolica”, il giornale dei gesuiti, parla, apertamente di “morbo americano” mettendo in guardia dallo stile di vita americano in cui, ad esempio una donna emancipata che lavora e divorzia è un cattivo esempio così che il way of life americano porta “germi di corruzione” fino alle critiche di Dossetti e Gronchi); a quella comunista (Ingrao da del nazista al Presidente Truman e il socialista Lelio Basso parla, spregevolmente, di “colonizzazione americana” mentre le manifestazioni pacifiste sono sempre orientate contro l’imperialismo americano, “Yankee go home!”.

Manifestazioni nelle quali si annida il fior fiore dell’intellettualità italiana: da Zavattini a Pavese, da Guttuso ad Alicata, da Ranuccio Bianchi Bandinelli a Ruggero Zangrandi) a quella di estrema destra (per Mussolini, la Costituzione americana porta al potere le plutocrazie, Julius Evola in “Americanismo e bolscevismo” mette, addirittura, sullo stesso piano comunismo e americanismo, o Martin Heidegger che sostiene che l’Europa è stretta “nella grande tenaglia fra Russia e America”, cioè fra totalitarismo sovietico e regime monopolista, e, in tempi recenti, intellettuali italiani come il medievista Franco Cardini e il giornalista Marcello Veneziani di “Non voglio fare l’americano” hanno mostrato una malcelata insofferenza verso gli Stati Uniti e la sua cultura popolata da “androidi yankee, bevitori di Coca Cola, divoratori di hot dog e televisione” mentre i dirigenti missini, in tempi recenti, dicono “né con Washington né con Mosca).

Peccato che tutti quelli che puntano il dito contro l’America a causa di alcuni sporadici episodi che possono capitare in tutti gli Stati del Mondo, comprese le evolute democrazia americana ed israeliana, sono le stesse che, ad esempio, negli ultimi due mesi non hanno detto una parola, una, di condanna per i tanti abusi che la polizia italiana (per chiara volontà del governo di cui eseguono gli ordini) ha perpetrato nei confronti di inermi cittadini che uscendo per fare la spesa od esercitando il loro, legittimo esercizio della libertà, venivano trattati come incalliti delinquenti da vessare, perseguitare ed esporre al pubblico ludibrio.

Peccato che si siano girati dall’altra parte quando migliaia di loro connazionali subivano mortificanti controlli da parte delle forze dell’ordine che, come abbiamo visto in tanti filmati circolati in rete, si è accanita contro tanti poveri cittadini, bloccati e ammanettati a terra per i più futili motivi, finendo per assomigliare ad una sorta di polizia politica al servizio di un governo autoritario, o quando qualcuno ha dovuto subire anche la degradante violenza di un trattamento sanitario obbligatorio, come se un cittadino che esce di casa costituisca un pericolo per la società.

La rivolta democratica di Hong Kong

Talvolta essi stessi si sono sostituiti agli agenti o si sono rivestiti del ruolo di poliziotto del popolo decidendo chi e come deve entrare in un supermercato e godendo da matti a spiare e segnalare agli agenti chi era uscito una volta di troppo di casa.

Ma la cosa assurda è che a criticare gli Stati Uniti o Israele sono coloro che inneggiano a “democrazie popolari” come quella cinese, regime, che proprio in questi giorni sta reprimendo, nel silenzio assordante degli indignati, la rivolta democratica del popolo di Hong Kong, e nel cui Stato, ai cittadini, vengono inferte, quotidianamente violenze, abusi o “rieducazioni” da parte dell’autorità politica e, dove può capitare anche che qualcuno, all’improvviso, scompaia, senza che di lui si sappia più nulla in eterno. Indignati sì, ma a corrente alternata.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » gio lug 16, 2020 9:09 pm

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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » gio lug 16, 2020 9:10 pm

Razzismo dei neri contro i bianchi
viewtopic.php?f=196&t=2913

Razzismo contro i bianchi euroamericani, non né possiamo più del razzismo dei neri africani, dei sinistri e dei nazi maomettani
Io sto con i poliziotti che hanno difeso la legge e il buon diritto contro i criminali di qualsiasi colore.
Io sto con Abele e i 4 poliziotti che lo difendono e non con Caino e i suoi complici, difensori e sostenitori.
Io non mi inginocchio per la morte accidentale del delinquente abituale George Floyd.
Io sto con i figli di Abele e non con quelli di Caino che assomigliano al padre.
Io sto con l'uomo di buona volontà che si guadagna il pane con il sudore della fronte e non derubando il prossimo come i delinquenti abituali, i parassiti e certe mostruosità castuali che manipolano i valori, i doveri e i diritti umani naturali, universali e civili.

Forza Trump, gli uomini di buona volontà di tutta la terra sono con te!
https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 6418241981

Razzismo dei neri contro i bianchi
viewtopic.php?f=196&t=2913
Razzismo contro i bianchi euroamericani
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674

Razzismo contro i bianchi euroamericani. Siamo stanchi del razzismo dei neri africani e afro americani, come di quello dei nazi maomettani contro i bianchi euro americani e contro i cristiani e gli ebrei.
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674
Io sto con i poliziotti che hanno difeso la legge e il buon diritto contro i criminali di qualsiasi colore.

Terrence Floyd, fratello di George Floyd, chiede proteste pacifiche sulla scena della morte di suo fratello.
https://www.facebook.com/FoxNews/videos ... 9799261910

Alberto Pento
Non vi è alcuna giustificazione per le devastazioni, i saccheggi delle proprietà, i maltrattamenti delle persone, le violenze contro i bianchi e gli omcidi degli euroamericani.
Queste sono reazioni criminali disumane e incivili di rappresaglia razzista e feroce, questo è razzismo tribale, etnico, ideologico politico-religioso (internazi comunista e nazi maomettano) puro da respingere e combattere militarmente.
Bene fa Trump a dichiarare lo Stato di emergenza nazionale e schierare l'esercito con l'ordine di sparare per difendere la legalità, i cittadini e i loro beni.

Gli USA non sono un paese razzista infatti prima di Trump, per due mandati vi è stato un presidente mulatto Obama, a dimostrazione che questo paese oltre ad essere uno dei più democratici della terra è anche uno dei meno razzisti che esista dove anche un afroamericano, non clandestino, può diventarne il Presidente.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » mar lug 06, 2021 7:28 am

Ecco come la sinistra radicale, sempre più anti occidentale e anti americana ha reagito alla festa del 4 luglio, l'Independence Day, il giorno in cui sono nati gli Stati Uniti d'America.
L'Osservatore Repubblicano
5 luglio 2021

https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 9402847062

La rappresentante democratica Cori Bush condanna il la festa del 4 luglio e sostiene che "i neri non sono ancora liberi".
Un legislatore democratico e diverse figure di sinistra hanno usato il 4 luglio per condividere dichiarazioni controverse o denigrare la fondazione degli Stati Uniti.
La rappresentante democratica Cori Bush, D-Mo, ha twittato: "Quando dicono che il 4 luglio riguarda la libertà americana, ricordate questo: la libertà a cui si riferiscono è per i bianchi. Questa terra è una terra rubata e i neri non sono ancora liberi".
Ci sono stati alcuni che erano d'accordo con i commenti di Bush, come il candidato al Congresso Shahid Buttar. Ha risposto al suo tweet dicendo: "Parla, @CoriBush! È quasi come se a tutto il nostro paese sia stato fatto il lavaggio del cervello per ignorare la nostra storia - e come i suoi elementi peggiori continuino oggi - nonostante la nostra retorica autocelebrativa".
L'ex conduttore della MSNBC Toure è stato molto più esplicito, twittando "F--k Independence Day. Non solo non eravamo liberi, l'intera ragione per cui le colonie volevano l'indipendenza era perché la Gran Bretagna si stava muovendo verso l'abolizione della schiavitù. Perché i neri dovrebbero celebrare un giorno così avvolto nella nostra schiavitù?
Ha anche twittato un suo pezzo di opinione per il sito web The Grio intitolato "F--k Fourth of July: L'unico giorno di indipendenza che riconosco è Juneteenth".
Anche l'attrice Alyssa Milano ha denigrato il 4 luglio condividendo un suo video su TikTok che recita: "Promemoria: Gli Stati Uniti sono stati fondati sul trattamento ingiusto di nativi americani, africani e altre persone di colore".
Anche le organizzazioni di notizie hanno colto l'opportunità di usare la festa per criticare gli Stati Uniti e la loro storia.
NPR ha twittato un thread della Dichiarazione d'Indipendenza originale, sostenendo che è "un documento con difetti e ipocrisie profondamente radicate". Ha anche osservato immediatamente che il documento "dice 'che tutti gli uomini sono creati uguali' - ma le donne, le persone schiavizzate, gli indigeni e molti altri non erano considerati uguali all'epoca".
Il Washington Post è andato anche oltre, pubblicando diversi pezzi di opinione che criticano la festa o la usano per la partigianeria politica. Questi pezzi includevano "Il 4 è per chi si lamenta", "Il giorno dell'indipendenza 2021 è un'occasione adatta per celebrare la liberazione dell'America da Trump", e un pezzo di prospettiva intitolato "Il 4 luglio è il giorno dell'indipendenza per due paesi. Ma per uno è vuoto".
Questo seguiva il pezzo d'opinione del New York Times che suggeriva che la bandiera americana era diventata un simbolo di divisione. Nell'articolo intitolato "Un 4 luglio simbolo di unità che non può più unire".
"Oggi, sventolare la bandiera americana dal retro di un camioncino o sopra un prato è sempre più visto come un indizio, anche se imperfetto, dell'affiliazione politica di una persona in una nazione profondamente divisa", afferma l'articolo.


Altre osservazioni anti-americane e profondamente divisive da parte della sinistra radicale in un giorno che dovrebbe unire gli americani.
L'Osservatore Repubblicano
5 luglio 2021

https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 6772846325

La rappresentante democratica Maxine Waters cita "leggi di soppressione degli elettori", SCOTUS, George Floyd nel post del 4 luglio sull'uguaglianza: "Uguale a cosa?
Il rappresentante Maxine Waters, D-Calif, ha commemorato il 4 luglio mettendo in discussione il concetto di uguaglianza americana, citando l'esistenza della schiavitù quando gli Stati Uniti furono fondati nel 1776, nonché questioni attuali come le leggi sul voto, la Corte Suprema e le morti di neri durante gli incontri con la polizia.
Lungi dal celebrare gli Stati Uniti, Waters ha postato in un thread su Twitter domenica che i Padri Fondatori non avevano in mente le persone di colore quando hanno creato il paese.
"La Dichiarazione d'Indipendenza dice che tutti gli uomini sono creati uguali. Uguali a cosa? Quali uomini? Solo gli uomini bianchi?" Waters ha twittato domenica. "Non è qualcosa che hanno scritto questo nel 1776 quando gli afroamericani erano schiavi? Non pensavano a noi allora, ma noi pensiamo a noi adesso!".
Waters ha continuato, riferendosi all'affermazione della Dichiarazione d'Indipendenza, "Noi riteniamo che queste verità siano evidenti, che tutti gli uomini sono creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, che tra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità". Il democratico californiano ha sottinteso che mentre la Dichiarazione d'Indipendenza dice che questo è "evidente", gli eventi recenti indicano altrimenti.
Waters ha elencato "leggi di soppressione degli elettori" in 17 stati, probabilmente un riferimento a un rapporto del Brennan Center for Justice che 17 stati hanno approvato leggi che limitano la capacità di votare. La maggior parte di queste riguardano misure di sicurezza per i voti per corrispondenza, l'identificazione degli elettori o l'aggiornamento dei registri degli elettori. Waters ha anche elencato i nomi di George Floyd, Breonna Taylor, Michael Brown, Sandra Bland, Tamir Rice, tutti morti in seguito o durante gli incontri con la polizia. La deputata ha anche detto che la Corte Suprema ha "sventrato" la sezione 5 del Voting Rights Act, un riferimento alla decisione della corte in Shelby County contro Holder.
Waters non è stato l'unico democratico a fare riferimento a questioni razziali sui social media durante il fine settimana di vacanza. Il rappresentante Cori Bush, D-Mo, ha twittato domenica che quando la gente parla di libertà americana è solo per i bianchi.
Bush ha continuato a dire che la terra è "rubata" e che i neri "non sono ancora liberi".


Se collochiamo il fenomeno della schiavitù sullo sfondo degli ultimi duemila anni, il fatto sorprendente non è che sia esistita, ma che sia cessata.
Walter Marrocco
5 luglio 2021

https://www.facebook.com/walter.marrocc ... 6419645376

La schiavitù e il lavoro forzato erano le forme di transazioni di lavoro più comuni nella maggior parte delle civiltà antiche, tra cui Grecia, Egitto, Roma, gli imperi islamici e le civiltà precolombiane.
Dopo vari tentativi, tutti falliti, di mettere al bando la schiavitù, è solo nel XIX secolo che il treguardo venne raggiunto. Grazie al capitalismo industriale, che tramutò in fatti i principi contenuti nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'America : "Tutti gli uomini sono stati creati uguali".
Non è una coincidenza che la schiavitù è scomparsa prima dove il capialismo è apparso prima: in Inghilterra.
La schiavitù è stata distrutta dal capitalismo, che postula l'idea che nel mercato del lavoro le transazioni siano libere. È un fenomeno nato spontaneamente e senza alcuna pianificazione. Ma per il solito paradosso della storia, oggi la bandiera ideologica dell'antischiavismo e dell'antirazzismo viene agitata, prepotentemente, da un movimento marxista, interprete di una dottrina che ha costantemente condotto alla schiavitù nella forma dei lavori forzati, e nella quale è l'autorità politica, con un atto di imperio, a decidere il posto che ogni individuo deve ricoprire all'interno della società.


Guglielmo Piombini
Lo schiavismo, infatti, è stato espressamente teorizzato da Marx nel Manifesto del partito comunista, dove chiede la formazione di "eserciti industriali" e l'obbligo di lavoro per tutti. Anche Trotzky scriveva che, nel socialismo, chi non lavora va considerato alla stregua di un disertore, e va punito con la legge marziale.
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