Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

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Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:10 am

Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:10 am

Comunemente per Popolo Eletto si indende il Popolo Ebraico come riportato dalla Bibbia o Vecchio Testamento per i cristiani.

Questa qualifica biblica viena adoperata come presunta dimostrazione della presunzione, della superbia, del senso di superiorità, del disprezzo e del razzismo degli ebrei nei confronti del resto dell'umanità non ebrea;
e a sostegno delle teorie demenziali che vorrebbero gli ebrei come elementi occulti e malvagi che complottano da sempre, da migliaia di anni ai danni dell'umanità intera, per depredarla e dominarla con ogni mezzo tra cui le stragi e gli stermini di interi popoli, il controllo della finanza mondiale e la manipolazione della moneta, come ipotizzato nel Complotto Giudaico Massonico e ben raccontato nei fantomatici e falsi
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:11 am

In verità questa idea è del tutto sbagliata poiché sono i cristiani a sentirsi più eletti degli ebrei, il vero e nuovo Popolo Eletto che avrebbe sostituito quello ebraico nella grazia di Dio;
e dopo di loro ancora più eletti vi sarebbero i maomettani che si considerano i veri uomini religiosi della terra e ritengono gli altro religiosi infedeli, miscredenti, idolatri, maiali e scimmie, esseri inferiori e indegni da depredare, schiavizzare e sterminare.

In generale gli altri, i non ebrei, siano essi monoteisti, politeisti o atei si sentivano e si sentono ancor più eletti degli ebrei.

Tutti i popoli della terra si sono sentiti e si sentono eletti dalla loro divinità, nessuno escluso fin dalla preistoria qualunque sia la loro religione: tribale e totemica, politeista, monoteista.

Molti di costoro si sentono non solo eletti ma anche in tutto e per tutto superiori agli altri e assolutamente sprezzanti degli altri, al punto da sentirsi legittimati a conquistare e sottomettere il prossimo, a depredarlo, a schiavizzarlo a ucciderlo e sterminarlo.

Anche gli atei con le loro utopie sociali assolutizzate come credi religiosi, si sentono portatori di una elezione umana, storica, sociale, culturale che li renderebbe superiori a tutti gli altri religiosi e non, e in diritto di imporre la loro fede utopica con la violenza, il totalitarismo politico, l'imperialismo ideologico, la guerra e lo sterminio.
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:13 am

Uno dei pilastri dell'antisemitismo cristiano, maomettano, non religioso e ateo che stigmatizza una presunta malvagita suprematista e razzista degli ebrei in riferimento al loro biblico sentirsi e dirsi Popolo Eletto (dal loro Dio, dalla loro divinità, dal loro totem).
Secondo questa demenziale convinzione gli ebrei si sentirebbero legittimati a disprezzare razzisticamente tutto il resto dell'umanità non ebrea a ridurca in schiavitù, a depredarla, a sfruttarlae a sterminarla se necessario.


Però tutti dimenticano che non esiste tribù o popolo al mondo che non sia sentito e detto superiore a tutti gli altri:
a cominciare dai popoli mesopotamici che hanno costruito imperi a partire dal IV millennio a.C., a quello millenario egiziano, ai popoli greci e romani con i loro imperi secolari, a quelli asiatici come i mongoli di Gengis Khan, a quello arabo maomettano e a quelli maomettani non arabi, ai popoli cristiani e ai loro imperi, ai popoli che hanno adottato l'ideologia utopico social-comunista, agli stessi zingari che si sentono superiori ai gagè.
La differenza tra questo sentirsi eletti e superiori dei vari popoli della terra è che l'elezione divina degli ebrei è un impegno ad essere migliori e a dare il buon esempio nel rispetto delle prescrizioni religiose in ambito etico, sociale e politico e non per disprezzare, depredare, schiavizzare e sterminare chichessia.
mentre il senso di superiorità in relazione all'elezione divina degli altri popoli, dà piena giustificazione al disprezzo razzista assoluto, all'invasione armata dei territori, alla loro conquista, alla depredazione, alla riduzione in schiavitù e se necessario allo sterminio.

https://it.wikipedia.org/wiki/Popolo_eletto
« ...Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono Santo. » (Levitico 19.2 )
Nell'Ebraismo c'è la convinzione che gli ebrei siano il popolo eletto, nel senso che siano stati scelti ("essere eletti, scelti") per far parte di un'alleanza (il Patto) con Dio. Questa idea è riscontrata per la prima volta nella Torah (i cinque libri di Mosè, inclusi anche nella Bibbia cristiana col titolo di Pentateuco) ed è elaborata nei libri successivi della Bibbia ebraica ("Tanakh"). Molto è stato scritto sul tema dell'elezione divina e argomenti correlati, specialmente nella letteratura rabbinica. Le tre maggiori correnti ebraiche – l'Ebraismo ortodosso, l'Ebraismo conservatore e l'Ebraismo riformato – mantengono la convinzione che gli ebrei siano stati scelti da Dio per uno scopo.
...
Il concetto di "elezione" non deve essere frainteso. L'elezione, sostengono le autorità rabbiniche, non implica alcuna superiorità nella differenza etnica – Israele non è il popolo di Dio per i propri meriti o per una presunta purezza della razza, bensì per Volontà divina. L'elezione è un mandato, una missione da compiere che non è stata affidata a nessun altro. Anche i non-Ebrei (ovvero i Goym, cioè le altre nazioni) possono vivere secondo giustizia ed avere una relazione con il Creatore: per loro infatti sono stati rivelate le Sette leggi di Noè che andrebbero osservate da tutti i popoli.



Alberto Pento
Ma gli ebrei non hanno mai sviluppato una qualsivoglia forma di imperialismo politico e militare suprematista e razzista
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:13 am

I cristiani come nuovo Popolo Eletto di Dio

Perché Dio ha scelto solo Israele come popolo eletto?
don Antonio Rizzolo

https://it.aleteia.org/2014/06/12/perch ... olo-eletto


Mia nipote, quasi adolescente, mi ha chiesto: ma perché Dio ha scelto solo il popolo di Israele per manifestare la sua gloria? E tutti gli altri popoli della Terra che male hanno fatto per non conoscere Dio, le sue meraviglie e soprattutto il suo Figlio prediletto? Non le ho saputo rispondere.
Aldo F.

Dio ha voluto rivelare se stesso all’umanità, per donare a tutti la salvezza e invitare alla piena comunione con lui. Per realizzare questo ha scelto una strategia, una particolare “pedagogia”. Poteva manifestarsi in tutta la sua grandezza e nel suo immenso splendore, quasi “costringendo” gli esseri umani a credere in lui. Ma ha preferito un’altra strada, perché noi fossimo liberi di aderire al suo amore, perché diventassimo veri interlocutori, in un dialogo autentico e sincero con lui.

Ecco allora che Dio ha eletto Israele come suo popolo. “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti”, leggiamo nel libro del Deuteronomio, “non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama” (7,7-8).

Scegliendo il popolo d’Israele Dio ha dunque voluto significare, prima di tutto, che voleva instaurare un rapporto d’amore con l’umanità. In secondo luogo, con questa scelta Dio ha voluto seguire la via della testimonianza: Israele, infatti, ha il compito di essere luce per gli altri popoli.

Nel libro del profeta Isaia leggiamo, ad esempio, che questa è la missione di Israele: “Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra” (49,6).

Il culmine della rivelazione di Dio all’umanità è in Gesù Cristo. In lui la divinità e l’umanità sono unite. La costituzione conciliare Dei Verbum lo spiega con parole bellissime: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura. Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (n. 2).

L’elezione di Israele non è stata revocata. Come scrive san Paolo, “Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio” (Romani 11,1). Ma ora la Chiesa è diventata il nuovo popolo di Dio, per testimoniare al mondo la salvezza offerta a ogni persona in Gesù Cristo, via, verità e vita, Parola definitiva del Padre. La salvezza è dunque offerta a tutti. I popoli della terra possono già conoscere Dio per mezzo della ragione naturale, a partire dalle sue opere, dalla bellezza del creato. Inoltre, seguendo la legge della coscienza, scritta nel cuore, possono piacere a Dio e comportarsi in maniera giusta e buona (cfr Romani 2,15). La grazia di Dio, infatti, lavora in ogni persona e “la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale” (Gaudium et spes n. 22).


Alberto Pento
queste idee ebree e cristiane a cui poi si aggiunge quella maomettana che considerano gli uomini di queste religioni come i migliori della terra perché investiti dalla preferenza/privilegio di Dio (elezione divina) sono tutte presuntuose idee religiose idolatre che proseguono quelle preistoriche tribali totemiche e politeiste che variamente formulate troviamo anche alla base di tutti gli imperialismi politico militari (economico culturali) dai mesopotamici, a quelli egiziano, greco, romano, mongolo, maomettani vari, europei (portoghese, spagnolo, inglese, olandese, francese, tedesco, italiano), e le troviamo anche nell'imperialismi ideologico-utopistici di matrice socialista fascista, nazista e comunista.



Comunità ebraica contro il Papa: "Il suo messaggio è pericoloso"
Sergio Rame - Sab, 17/10/2015

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... h79Qr47AYI

Il rabbino di Segni: "Con papa Francesco aberrazione telogica". Il segretario della Cei: "Cose da anni Cinquanta"

Nell’anniversario del rastrellamento degli ebrei nel Ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, insieme alle corone, ai discorsi commossi, al ricordo di una memoria che tutti vogliono tenere viva, quest’anno ha preso vita anche una polemica tra il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, e il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino.

Tutto è partito da un'intervista di Di Segni all’Espresso. Secondo il rabbino il messaggio di papa Francesco, che "viene visto soprattutto come amore, è pericoloso per l’ebraismo". "Francesco - ha detto - ripropone l’idea che con l’arrivo di Gesù, il Dio dell’Antico Testamento è cambiato: prima era severo e vendicativo, poi è diventato il Dio dell’amore. Quindi, gli ebrei sono giustizialisti e i cristiani buoni e misericordiosi. È un’aberrazione teologica molto antica, che è rimasta una sorta di malattia infantile del cristianesimo". In particolare, secondo Di Segni, benché questo Papa sia "molto interessante" e benchè con lui "si riesca a dialogare", il fatto che continui "a usare il termine 'farisei' con una connotazione negativa, può rinforzare il pregiudizio in un pubblico non preparato".

"Capisco benissimo - avrebbe replicato papa Francesco a Di Segni - io sono gesuita e anche la parola 'gesuita' fa un brutto effetto...". Sempre all’Espresso, Di Segni ha sottolineato: "Ho visto che poi ci è stato più attento". Seppure in risposta a una domanda fatta a margine del convegno dei giovani di Confindustria a Capri, la Conferenza episcopale non ha mancato di prendere una posizione netta. "Noi non diciamo assolutamente questo - ha commentato il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino - queste sono cose degli anni Cinquanta. Queste cose oggi nella teologia assolutamente non ci sono".
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:14 am

Il concetto di ebrei popolo eletto: razzismo o no?

https://ideadiversa.blogspot.com/2011/0 ... letto.html


Il Monte Sinai, dove gli ebrei ricevettero i Dieci Comandamenti e la Torah

“Voi avete visto ciò che ho fatto all’Egitto: portandovi [come] su ali d’aquila, vi ho condotti a me. E ora, se ascolterete la Mia voce e osserverete il Mio patto, sarete per Me il tesoro [più amato] tra tutti i popoli, poiché tutta la terra Mi appartiene. E voi sarete per me un regno di prìncipi e una nazione santa!” (Esodo 19, 4-6)

La definizione di “popolo eletto” pesa sugli ebrei, da secoli. Molta gente considera questa definizione un chiaro segno del razzismo ebraico: “un popolo che si sente superiore agli altri, ma chi si crede di essere?”; questo potrebbe essere, in linea di massima, il pensiero diffuso in molte persone a riguardo.

Una definizione, quella di “popolo eletto”, che talvolta arriva a riguardare persino la questione mediorientale tra israeliani e palestinesi: capita frequentemente che le operazioni militari israeliane atte a prevenire il terrorismo o a replicare ad un attacco subìto, vengano commentate da qualcuno con parole del tipo: “beh, loro sono il popolo eletto quindi si sentono giustificati a fare qualsiasi cosa”. Quasi come a volere, in un certo senso, depistare (forse involontariamente o forse no) dalle reali motivazioni dietro a queste operazioni (che sono evidentemente tutto tranne che a fini religiosi).

Si guardi ad esempio l’immagine sottostante.

Post tratto da Facebook (clicca sull'immagine per visualizzare il post originario con tutti i commenti e non solo quello selezionato). Alla notizia la signora replica con il suo commento. Una questione religiosa viene mischiata in un tema che nulla ha a che vedere con la religione, quasi come a voler sottintendere che se Israele tiene un comportamento questo è dovuto alla sua natura di Stato ebraico e quindi "eletto". Non ad esigenze di difesa e di sicurezza.

Questo è un post tratto da Facebook come se ne possono incontrare a migliaia: riguarda le vittime siriane in seguito al tentativo di forzare il confine israeliano. Un evento di cui avevo già analizzato qui le cause scatenanti, ma che per qualcuno è semplicemente dovuto al fatto che gli ebrei si sentono il “popolo eletto”, quindi giustificati a fare qualsiasi cosa.

Non è rara la sovrapposizione di questo tema, prettamente religioso, a quello dell’attualità mediorientale, e purtroppo non solo tra gli utenti occasionali che possono commentare una notizia su Facebook. Anche i media più importanti a volte non si sottraggono a questo facile quanto superficiale stereotipo.

Si legga ad esempio questo articolo tratto dal Manifesto (24 giugno 2010, pag. 9).

A Shalit il Colosseo, a 11mila ostaggi il nulla
Leggiamo che questa sera alle 11 si spegneranno le luci del Colosseo per ricordare il caporale israeliano Gilad Shalit da 4 anni prigioniero di Hamas. Un’iniziativa promossa dall’Unione dei giovani ebrei d’Italia e l’associazione Benè Berith giovani. Adesioni a pioggia (alcune un po’ sospette): il sindaco Alemanno, il governatore Polverini, il ministro Ronchi (tutti ex-post-fascisti), il Foglio e via a scendere. Benissimo. Noi speriamo che Shalit sia presto libero e restituito ai suoi genitori e al suo esercito. Solo una nota a margine. Perché spegnere le luci solo per un israeliano e tenerle accese (ossia tacere) per i più di 11 mila palestinesi chiusi da anni nelle carceri israeliane in detenzione amministrativa (cioè senza accuse specifiche), fra cui donne e bambini? Non sono anche loro «sequestrati»? Sarà che un esponente del «popolo eletto» e cittadino dello «stato eletto» pesa di più di 11 mila dannati della terra?

Fate attenzione all’ultima frase, evidenziata in grassetto. Anche in questo caso l’allusione è chiara: gli ebrei (e chi per loro) in quanto “popolo eletto” considerano più importante la vita di un solo ebreo rapito dai palestinesi piuttosto che 11 mila palestinesi sequestrati (leggasi “arrestati”) da Israele. Tralasciando il paragone inappropriato (che avevo già analizzato qui), la cosa vergognosa è alludere sempre a questo fantomatico popolo eletto anche trattando argomenti che nulla hanno a che vedere con la religione!

Praticamente è anche per questo che molte persone sono contrarie all’esistenza di Israele inteso come Stato per gli ebrei: per molti questo significa Stato che fa la preferenza per una fede sopra le altre – cioè per la fede ebraica – che a sua volta, ergendosi ad “eletta dal Sign-re”, sarebbe per forza di cose una fede razzista e discriminatoria per gli altri popoli.

Chi la pensa così ignora (più o meno deliberatamente) due aspetti fondamentali.

Innanzitutto per Stato ebraico, inteso nella definizione del Sionismo (movimento laico fondato da Theodor Herzl nel 1897), non si intende uno Stato confessionale e teocratico, bensì uno Stato che sia semplicemente un rifugio per gli ebrei dall’antisemitismo, da secoli diffuso in Europa e non solo. Che sia, inoltre, uno Stato per il popolo ebraico che ha preso coscienza di se stesso, ed ogni popolo ha diritto ad averne uno. Una sorta di Risorgimento ebraico dunque.

A tutto ciò aggiungiamo poi che Israele negli anni non ha dato aiuto solo agli ebrei sparsi per il mondo: si veda a titolo esemplificativo l’accoglienza riservata ai profughi fuggiti dal Darfur. Gli ebrei dunque in Israele hanno maggiori diritti di salvarsi dalle persecuzioni rispetto ad altri popoli? Assolutamente no!

Ma ciò che viene ignorato dalla maggioranza delle persone è soprattutto il reale significato che l’espressione “popolo eletto” ha per gli ebrei stessi! Vediamo di approfondirlo.


Popolo eletto: in che senso?
Riprendiamo nuovamente la citazione di apertura di questo articolo, perché è molto importante. La riporto nuovamente qui sotto per comodità.

“Voi avete visto ciò che ho fatto all’Egitto: portandovi [come] su ali d’aquila, vi ho condotti a me. E ora, se ascolterete la Mia voce e osserverete il Mio patto, sarete per Me il tesoro [più amato] tra tutti i popoli, poiché tutta la terra Mi appartiene. E voi sarete per me un regno di prìncipi e una nazione santa!” (Esodo 19, 4-6)

Questo passaggio precede, nella Torah, la rivelazione di D-o sul monte Sinai. Per l’ebraismo è molto importante lo studio e la ricerca del reale significato di ciò che è scritto nei testi sacri. Se si presta attenzione a ciò che è scritto è possibile notare nel testo la funzione del popolo eletto: “regno di principi” e “nazione santa”.

Cosa significa tutto ciò? E’ semplice: gli ebrei sono una “nazione santa” in quanto scelti da D-o per essere detentori del dono della Torah, che avrebbero dovuto custodire e che sono tenuti a studiare ed osservare continuamente. Gli ebrei, insomma, sono stati eletti come popolo di sacerdoti, popolo che deve concentrarsi soprattutto sulla preghiera. Il concetto di “santità” indica separazione ed elevazione. Una persona santa si distingue infatti dalle altre perché si allontana dalle tentazioni1.

In parole semplici: gli ebrei sono “popolo eletto” in quanto è l’unico popolo che è tenuto a rispettare tutte le regole e i precetti stabiliti dalla Torah. Niente di più, niente di meno. Si legga anche questo esauriente testo a conferma di ciò.

L'elezione [degli ebrei] non implica alcuna superiorità etnica; Israele non è il popolo di Dio per i propri meriti o per una presunta purità di sangue, questo sarebbe razzismo. L'elezione è un mandato, una missione da compiere che non è stata affidata a nessun altro.
Anche i non-Ebrei (ovvero i Goym, cioè le altre nazioni) possono vivere secondo giustizia ed avere una relazione con il Creatore. Per loro infatti sono stati rivelati sette precetti che andrebbero osservati da tutti i popoli.
Inoltre, i Goym hanno la possibilità di diventare Ebrei unendosi al popolo eletto attraverso la Conversione. Coloro che scelgono di farlo sono poi obbligati ad osservare tutta la Torah per entrare nel Patto.

La parola goyim, termine molto aborrito tra i denigratori di Israele e degli ebrei, in realtà non è una parola dispregiativa: significa “nazioni”, il termine indica semplicemente i non-ebrei, senza toni discriminatori.


Perché allora proprio gli ebrei sono il popolo eletto?
Se è vero (come è vero) che “popolo eletto” in realtà non è un’espressione razzista, perché proprio gli ebrei sono stati scelti per essere detentori della Torah? Perché non un altro popolo? Su quali basi, insomma, sono stati scelti proprio loro da D-o? La Torah dà qualche motivazione?

E’ una domanda molto interessante. Si legga a tal proposito quanto scritto sulla Torah (Deuteronomio 7, 6-9):

Te scelse il Sign-re tuo D-o per essergli un popolo, possesso particolare fra tutti gli altri popoli che sono sulla terra. Non certo perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli vi ha prediletto il Sign-re vi ha scelto, perché voi siete i meno numerosi di tutti, ma solo per l’amore che Egli portava per voi e per osservare il giuramento fatto ai vostri padri.

La risposta a questa domanda è dunque questa: amore incondizionato, non dovuto dunque ad una ragione a cui si può risalire. Non dovuto alla numerosità, non dovuto alla maggiore fede rispetto agli altri popoli, nulla.

Una risposta che può venir confermata anche in un altro passaggio, molto famoso nell’ebraismo.

[Mosè] prese il libro dell’Alleanza e lo lesse alle orecchie del popolo. E dissero: “Faremo e ascolteremo tutto ciò che ha detto D-o!” (Esodo 24, 7)

Nello studio della Torah nulla viene considerato casuale: con l’espressione “faremo e ascolteremo” (in questa precisa disposizione dei termini), gli ebrei dichiararono la loro determinazione a eseguire e obbedire a tutto ciò che D-o avrebbe comandato, ancor prima che fossero stati dati i comandamenti e che ne fossero state comprese le ragioni (osservare prima di capire le ragioni è un atto di fede totale). Una promessa di amore incondizionato del popolo nei confronti di D-o, in risposta all’amore incondizionato del Sign-re nei confronti degli ebrei. “Incondizionato”: cioè al di fuori della logica e oltre la comprensione umana.

Questo significa “popolo eletto”. Solo questo e nient’altro che questo. Nessuna superiorità razziale o etnica. Per la pace degli accusatori di razzismo, che farebbero meglio a sforzarsi di capire le vere ragioni dietro le operazioni di difesa israeliane.

NOTE
1 Tratto da Khumash – Esodo, Milano 2010, Edizioni Mamash
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:15 am

Scrittori e altra bella gente scatenata contro Israele e “il popolo eletto”
di Giulio Meotti

https://www.ilfoglio.it/articoli/2014/0 ... etto-75393

Il giornale è il Mundo, che ha contribuito a modellare la storia recente della Spagna, il secondo quotidiano del paese, il secondo sito internet in Europa, il primo al mondo in lingua spagnola. L’autore è Antonio Gala, venerato maestro delle lettere iberiche, classe 1920, premio León Felipe per la democrazia. Il titolo dell’articolo è “Los elegidos?”. Gli eletti?

Siamo a livelli di rottura insopportabili delle convenzioni polemiche. Parlando di Gaza, lo scrittore Gala prende di mira il popolo ebraico tout court e dice che ha meritato l’espulsione dalla Spagna del 1492. “Non è strano che siano stati espulsi così di frequente”, scrive Gala degli ebrei. “Ciò che sorprende è che persistano. O essi non sono buoni, oppure qualcosa li avvelena. (…) Adesso devi soffrire i loro abusi a Gaza”. L’autore di “Petra regalada” spiega che “il popolo ebraico avrebbe potuto fare del bene all’umanità”, ma “non sono fatti per coesistere”. Gala evoca, a dimostrazione della presenza di una lobby ebraica mondiale, anche “una invisibile comunità di sangue”. L’editoriale di Gala fa parte di una impressionante campagna di delegittimazione di Israele che da settimane domina sulla grande stampa europea. In una lettera al Mundo, il presidente della comunità ebraica di Madrid, David Hatchwell, ha detto che ricorrerà alle azioni legali per “proteggerci con vigore”.

Intanto, registi blasonati come Mike Leigh e Ken Loach e sei premi Nobel (Desmond Tutu, Betty Williams, Jody Williams, Adolfo Pérez Esquivel, Mairead Maguire e Rigoberta Menchú) invitano a boicottare Israele come venne fatto con l’apartheid. Lo spagnolo Almodovar denuncia il “genocidio” israeliano a Gaza. Appelli contro lo stato ebraico sono promossi da scrittori come l’autrice del best-seller “Il colore viola” Alice Walker, il premio Pulitzer Chris Hedges, l’ex direttore generale dell’Unesco Federico Mayor Zaragoza, la regista Mira Nair e il filosofo Slavoj Zizek, nichilista sloveno che si porta bene nell’alta società.

Al Fringe Festival di Edimburgo non andranno i ballerini israeliani della Ben Gurion University nel Negev. Quel Negev bersagliato dai missili di Hamas. Non ci andranno perché sono arrivate richieste di boicottare l’evento “in segno di protesta contro l’offensiva militare israeliana a Gaza”. E il boicottaggio ha vinto. La scorsa settimana, una lettera aperta firmata da oltre cinquanta personalità della cultura, tra cui la poetessa nazionale di Scozia, Liz Lochhead, ha chiesto e ottenuto che un altro show, “The City”, prodotto sempre da una compagnia israeliana, venisse annullato. Particolarmente virulento l’attacco a Israele da parte dello scrittore americano Lawrence Weschler, per vent’anni redattore del New Yorker. Weschler attacca gli israeliani che “confinano 1,8 milioni di abitanti di Gaza all’interno di quello che potrebbe essere descritto come un campo di concentramento”. Weschler paragona Gaza alla città sudafricana di Soweto, il ghetto nero costruito dagli architetti dell’apartheid e simbolo della rivolta contro il regime razzista del Sudafrica. O peggio, “a Dachau e Theresienstadt”.

Accostamenti fra il sionismo e il nazismo non si contano sui media del mainstream europeo.

Anche il giornale inglese Guardian ha pubblicato un appello per boicottare Israele: “Israele sta razionando tutto ciò che entra a Gaza, dalle calorie alla letteratura. Questa non è una guerra, ma una spedizione punitiva, l’attacco di un potente stato militare, armato e sostenuto dall’occidente, contro dei poveri, assediati e sfollati. Dobbiamo intensificare il nostro boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni, in una campagna internazionale per porre fine all’impunità di Israele”. Il celebre scrittore Iain Banks di recente ha annunciato che i suoi romanzi non saranno più pubblicati in Israele. È una guerra culturale ai fondamenti dello stato ebraico.

Sul quotidiano francese Libération, lo scrittore e filosofo Michael Smadja ieri giustificava così il terrorismo di Hamas: “Se fossi nato Gaza, avrei fatto parte di Hamas. E senza dubbio, sarei disposto a fare qualsiasi cosa per fermare quella che mi sembrerebbe una cieca oppressione”.

Sta destando scandalo negli ambienti politici britannici il messaggio di un parlamentare liberal-democratico in coalizione con i Tory di David Cameron, David Ward, che ha scritto: “La grande domanda, se io vivessi a Gaza, è se sparerei un razzo. Probabilmente sì”. Intanto Tesco, la principale catena di supermercati del Regno Unito, da ieri non venderà più prodotti israeliani dei Territori. “Servizio clienti Tesco. Se state chiamando per informazioni sui prodotti da Israele, siete pregati di digitare 1”. Così accoglie i clienti il risponditore automatico del gigante inglese. Riecheggia il vecchio motto “Kauft nicht bei Juden”. Non comprate dagli ebrei.

Fra le promotrici del boicottaggio la drammaturga inglese Caryl Churchill, una presenza fissa al Royal Court Theater di Londra, nella cui pièce “Sette bambini ebrei” mette in bocca queste parole a un israeliano: “Dille che non m’importa se li abbiamo spazzati via. Dille che noi sappiamo odiare meglio. Dille che siamo il popolo eletto”. Los elegidos. Il marchio dell’odio.
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:16 am

I Protocolli dei Savi di Sion è una storia falsa costruita dall'antisemitismo russo

https://it.wikipedia.org/wiki/Protocoll ... vi_di_Sion
I Protocolli dei Savi di Sion o degli Anziani di Sion o dei savi Anziani di Sion (in russo: Протоко́лы сио́нских мудрецо́в?, traslitterato: Protokoly sionskih mudretsof) sono un falso documentale creato dall'Ochrana, la polizia segreta zarista, con l'intento di diffondere l'odio verso gli ebrei nell'Impero russo. Fu realizzato nei primi anni del XX secolo nella Russia imperiale, in forma di documento segreto attribuito a una fantomatica cospirazione ebraica e massonica il cui obiettivo sarebbe impadronirsi del mondo.
La natura di falso fu appurata già fin dai primi tempi successivi alla pubblicazione di detti Protocolli, avvenuta per la prima volta nel 1903 attraverso un quotidiano di Pavolakij Kruševan; la prima stesura del testo venne scritta da Sergej Aleksandrovič Nilus tra il 1901 e il 1903, che ne diffuse delle copie personalmente in Russia, fino a che non venne pubblicata da Kruševan e iniziò ad avere risonanza anche nel resto d'Europa. Una serie di articoli pubblicati sul Times di Londra nel 1921 dimostrarono che il contenuto dei documenti era falso; gran parte del materiale era frutto di plagio da precedenti opere di satira politica e romanzi non correlati agli ebrei.

Nonostante la comprovata falsità dei documenti, riscossero comunque ampio credito in ambienti antisemiti e antisionisti, e rimangono tutt'oggi la base ideologica, soprattutto tra partiti o movimenti islamisti e fondamentalisti islamici in Medio Oriente, per avvalorare la teoria della cosiddetta cospirazione ebraica. I Protocolli sono considerati la prima opera della moderna letteratura complottista.[8] Presentata come un'esposizione di un piano operativo degli "anziani" ai nuovi membri, descrive i metodi per ottenere il dominio del mondo attraverso il controllo dei media e della finanza e la sostituzione dell'ordine sociale tradizionale con un nuovo sistema basato sulla manipolazione delle masse.

L'opera fu divulgata per la prima volta da coloro i quali si opponevano al movimento rivoluzionario russo e diffusa ulteriormente dopo la Rivoluzione russa del 1905.[senza fonte] In seguito alla Rivoluzione d'ottobre che fece collassare l'Impero russo, e in particolare durante gli anni venti e trenta, l'idea che il bolscevismo fosse una cospirazione ebraica per il dominio mondiale diventò uno degli strumenti più utilizzati nell'ambito della propaganda fascista in Italia e nazista in Germania, e in questo contesto i Protocolli, frutto di un'invenzione fraudolenta, diventarono il testo di riferimento per giustificare la persecuzione e lo sterminio degli ebrei.

Sebbene dopo la seconda guerra mondiale l'uso sistematico dei Protocolli sia diminuito, il testo rimane ancora un'arma propagandistica molto usata, soprattutto in alcuni ambienti del mondo islamico in funzione antisionista; tuttavia il suo uso è presente anche in altri ambienti: nella Chiesa ortodossa russa e in Giappone, ad esempio, sono un caposaldo della propaganda di frange di estrema destra. In Occidente i Protocolli rimangono un pilastro di varie teorie sul complotto giudaico e del Nuovo Ordine Mondiale, presenti in partiti e movimenti di estrema destra e neofascisti in Europa, Stati Uniti e Russia.


La teoria del complotto giudaico comprende un insieme di varie teorie del complotto che ritengono che il popolo ebraico sia responsabile di tramare per diverse finalità, soprattutto economiche.

https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_de ... o_giudaico

Storia

Già dal Medioevo in Europa vengono proposte teorie riguardanti un presunto complotto ebraico, quando le comunità giudaiche venivano demonizzate e usate come capro espiatorio per fenomeni come la peste o l'avvelenamento dei pozzi d'acqua e di casi fittizi, come l'uccisione riutale di infanti oltre che per fenomeni sociali più generali per i quali era utile trovare un capro espiatorio (usura, povertà e disoccupazione).

Un notevole contributo alla diffusione delle teorie del presunto complotto ebraico si deve alla divulgazione dei Protocolli dei Savi di Sion, un documento del 1903 che venne smascherato come falso nel 1921, ma che continuò a circolare in ambienti antisemiti in vari Paesi e nel quale vi si descrive un presunto complotto giudaico per il dominio del mondo. Il volume diffonde un'idea già presente in alcuni testi russi dell'Ottocento. Il più noto è Il libro del Kahal di Jacob Brafman. Con questo testo Brafman vuole dimostrare che il kahal è un vero e proprio "governo talmudico" pronto a dominare la Russia. Kahal, da termine indicante la forma di autogoverno delle comunità ebraiche dell'Europa orientale, acquisirà il significato di potenza occulta che, attraverso una cospirazione planetaria, attua il programma di dominazione del mondo, dirige la mano armata del nichilismo nel suo attacco all'Europa, e realizza il progetto di disgregazione fisica e morale dell'Impero russo. Le fantasie di Brafman, che faranno da cornice alla futura produzione giudeofobica e si cristallizzeranno nella cultura russa, costituiscono parte del contesto "mitico" alla base dei Protocolli dei Savi di Sion.

Altre teorie si rifanno alle emigrazioni che portarono migliaia di ebrei europei, soprattutto tedeschi e polacchi, a viaggiare per gli Stati Uniti d'America, e a costituirvi una forte minoranza che riuscì nei decenni successivi a costituire forti presenze nel mondo mediatico e finanziario. Seguendo la teoria del complotto giudaico, grazie a un'immigrazione controllata dall'ebraismo mondiale, gli ebrei americani sarebbero i presunti artefici di fenomeni negativi che hanno pervaso il Novecento, come il comunismo e il capitalismo.

Alcune di queste teorie descrivono il comunismo, il marxismo, il bolscevismo e la massoneria come correnti di pensiero politico che sarebbero ipoteticamente state fondate e diffuse dall'ebraismo mondiale, con il presunto scopo di dominare il mondo. L'idea di un presunto collegamento comunismo-ebraismo deriva dal fatto che Karl Marx avesse origini giudaiche, e lo stato sociale dei suoi genitori fosse stato fondamentale all'elaborazione delle sue teorie politiche, e che alcuni capi di movimenti comunisti e socialisti fossero nati in famiglie ebraiche.[senza fonte]

La presunta influenza di una lobby ebraica nell'economia occidentale è parte integrante dell'intera ideologia antisemita. Alcune di queste teorie si rifanno alla famiglia Rothschild, che grazie al suo capitale concedeva prestiti alle monarchie europee del XIX secolo e li vedeva restituiti con alti interessi, e che spesso era protagonista di varie "teorie del complotto" per via della sua forte influenza nelle politiche dei paesi cui faceva versamenti di capitale.

Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle fu diffusa la notizia, poi rivelatasi falsa, secondo cui oltre 4.000 dipendenti ebrei che lavoravano al World Trade Center e al Pentagono non si sarebbero presentati al lavoro il giorno degli attentati, avvisati preventivamente dal servizio segreto israeliano, il Mossad, o perché consapevoli dei fatti in quanto complici del complotto.

La notizia ha preso corso il 17 settembre, pubblicata e diffusa in Medio Oriente da una TV vicina all'organizzazione libanese Hezbollah. Ma cinque giorni prima, il giorno seguente agli attacchi, il Jerusalem Post in un'edizione straordinaria, già citava la stima provvisoria di 270-400 ebrei rimasti uccisi nel WTC. Nei mesi successivi alcuni siti web, di orientamento antisemita e negazionisti dell'Olocausto, ripresero e diffusero strumentalmente la falsa notizia. Secondo altre tesi complottiste, gli attentati sarebbero stati formulati da un presunto "ebraismo mondiale" con l'ipotetico scopo di destabilizzare il mondo in favore della causa di Stati Uniti e Israele. In opposizione a queste credenze antisemite è intervenuta l'Anti-Defamation League, che ha pubblicato un resoconto in risposta alle false accuse sul coinvolgimento degli ebrei negli attentati. Su Internet, uno dei leader di al-Qāʿida, Ayman al-Zawahiri, si è detto indignato dalle teorie fatte circolare da Hezbollah e sostenute dall'Iran, accusando quest'ultimo di essere coinvolto nell'invasione dell'Iraq e nell'Afghanistan.



Alberto Pento

Uno dei pilastri dell'antisemitismo cristiano, maomettano, non religioso e ateo che stigmatizza una presunta malvagita suprematista e razzista degli ebrei in riferimento al loro biblico sentirsi e dirsi Popolo Eletto (dal loro Dio, dalla loro divinità, dal loro totem).
Secondo questa demenziale convinzione gli ebrei si sentirebbero legittimati a disprezzare razzisticamente tutto il resto dell'umanità non ebrea a ridurca in schiavitù, a depredarla, a sfruttarlae a sterminarla se necessario.

Però tutti dimenticano che non esiste tribù o popolo al mondo che non sia sentito e detto superiore a tutti gli altri:
a cominciare dai popoli mesopotamici che hanno costruito imperi a partire dal IV millennio a.C., a quello millenario egiziano, ai popoli greci e romani con i loro imperi secolari, a quelli asiatici come i mongoli di Gengis Khan, a quello arabo maomettano e a quelli maomettani non arabi, ai popoli cristiani e ai loro imperi, ai popoli che hanno adottato l'ideologia utopico social-comunista, agli stessi zingari che si sentono superiori ai gagè.
La differenza tra questo sentirsi eletti e superiori dei vari popoli della terra è che l'elezione divina degli ebrei è un impegno ad essere migliori e a dare il buon esempio nel rispetto delle prescrizioni religiose in ambito etico, sociale e politico e non per disprezzare, depredare, schiavizzare e sterminare chichessia.
mentre il senso di superiorità in relazione all'elezione divina degli altri popoli, dà piena giustificazione al disprezzo razzista assoluto, all'invasione armata dei territori, alla loro conquista, alla depredazione, alla riduzione in schiavitù e se necessario allo sterminio.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » ven ago 16, 2019 9:17 am

L’altra sera stavamo sistemando la questione del protoscisma ebrei cristiani con una amica ebrea.
Ora siamo una regolata a questa cosa e poi mettiamo mano alla fusione “calda” che sta andando un po' troppo per le lunghe…
La fattiva discussione si è un po' accesa quando, in modo forse eccessivamente semplificato, ho introdotto il discorso “l’ebraismo non è (solo) una religione”.

https://www.facebook.com/groups/Fightin ... 0611359190


Il discorso è tratto da qui:

R. Shimshon Refael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) riguardo alle parole “per Me quale popolo” (in ebraico: li le’am) scrive: “Queste due brevi parole sono la prima affermazione del destino d’Israele. Esse esprimono la qualità che fa l’ebraismo così unico. È totalmente inappropriato riferirsi all’ebraismo come “la religione ebraica”; è cosa insensata definire l’ebraismo come religione, classificarla con le altre religioni e poi rimanere sorpresi che questa “religione” comprende così tanti elementi che trascendono i confini convenzionali di “religione”. Le parole “Li le’am” rendono chiaro che l’ebraismo così come istituito da Dio, non è per nulla una religione. È vero che l’ebraismo comprende anche degli elementi generalmente caratterizzati come “religione”, ma il termine “ebraismo” è completamente differente e infinitamente più ampio. Nella “religione” Dio ha solo templi, chiese, ordini sacerdotali, congregazioni, ecc. Nazioni e popoli sono soggetti solo a regnanti e a governanti; sono basati sul concetto di entità statale, non su religione e Dio. Nell’ebraismo invece, Dio non ha fondato una chiesa ma una nazione; tutta una vita nazionale viene foggiata da Lui. Israele sarà il Suo popolo e non solo una congregazione di credenti.

A sua volta tratto da qui:
https://www.shalom.it/blog/italia-ebrai ... ne-b269901

Vediamo se continua a dire che non mi applico!

P.s. non si scherza sulle religioni altrui; è un po' come parlare delle altrui mamme. Qui, però, non scherzo sulle religioni ma sulla possibilità di dipanare questioni millenarie, dopo cena.


Commento alla Torà. Parashà di Vaerà: l’ebraismo non è una religione
04-01-2019
Donato Grosser

L’Eterno disse a Moshè: “Parla così ai figli d’Israele [a nome Mio]: Io sono l’Eterno; vi sottrarrò dai lavori forzati dell’Egitto, vi salverò dalla loro servitù, vi libererò con braccio disteso e con severi castighi. Vi prenderò per Me quale popolo e sarò il vostro Dio. Così riconoscerete che Io sono l’Eterno Dio vostro che vi ha liberato dal giogo egiziano” (Shemòt, 6:6-7).

R. Shimshon Refael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) riguardo alle parole “per Me quale popolo” (in ebraico: li le’am) scrive: “Queste due brevi parole sono la prima affermazione del destino d’Israele. Esse esprimono la qualità che fa l’ebraismo così unico. È totalmente inappropriato riferirsi all’ebraismo come “la religione ebraica”; è cosa insensata definire l’ebraismo come religione, classificarla con le altre religioni e poi rimanere sorpresi che questa “religione” comprende così tanti elementi che trascendono i confini convenzionali di “religione”. Le parole “Li le’am” rendono chiaro che l’ebraismo così come istituito da Dio, non è per nulla una religione. È vero che l’ebraismo comprende anche degli elementi generalmente caratterizzati come “religione”, ma il termine “ebraismo” è completamente differente e infinitamente più ampio. Nella “religione” Dio ha solo templi, chiese, ordini sacerdotali, congregazioni, ecc. Nazioni e popoli sono soggetti solo a regnanti e a governanti; sono basati sul concetto di entità statale, non su religione e Dio. Nell’ebraismo invece, Dio non ha fondato una chiesa ma una nazione; tutta una vita nazionale viene foggiata da Lui. Israele sarà il Suo popolo e non solo una congregazione di credenti.

Questo argomento fu forse il più importante in tutta l’opera di Alfonso Pacifici (Firenze, 1889-1981, Benè Berak) il più profondo pensatore ebreo italiano del Novecento. Nel 1981 in occasione del trentesimo dalla dipartita di Pacifici il professor Gad Ben Ami Sarfatti (Pisa, 1916-1986, Gerusalemme), uno dei suoi più fedeli discepoli, tenne un discorso nel bet ha-kenèsset italiano ‘Ovadià da Bertinoro a Ramat Gan. Pacifici scrisse la sua prima opera nel 1911, quando aveva 22 anni, nella quale descrive l’essere ebreo nel modo in cui egli lo vedeva e le azioni che dovevano seguire questa visione. Il libro nacque nella forma di lettera a tre compagni. Il titolo fu La Nostra Sintesi-Programma. Nel suo discorso Gad Sarfatti, riassunse il contenuto del libro soffermandosi in particolare sulla definizione di ebraismo: Israel è un fenomeno unico senza simili nella storia, che non può essere inserito in nessuna delle categorie che conosciamo. In particolare entrambe le definizioni più comuni, religione e nazione, sono fondamentalmente imprecise. Israel non è una religione, non è una nazione né è una somma delle due.

Gran parte degli ebrei ha perduto la chiara coscienza dell’essenza unica di Israele, e l’ha scambiata con definizioni prese a prestito tra le quali principalmente religione e nazione. Queste definizioni sono imprecise e pertanto non sono in grado di resistere a un’analisi approfondita ed allontanano sempre di più dal raggiungimento della vera essenza.

Sia la religione sia la nazione-stato in quanto sistemi parziali ed incompleti, devono riconoscere che vi sono delle aree (domini) indifferenti o estranee e pertanto sono pronti a fare compromessi con altri settori della vita. Solo la Torà è completezza ed unità, che non riconosce e non sopporta alcuna cosa indifferente o estranea. In tutto si rispecchia sulla terra l’unità assoluta del Creatore.

Al fine di tornare a rinnovare in modo reale il sistema di vita della Torà dobbiamo rimuovere tutti gli impedimenti che si basano su incomprensioni e falsificazioni e che derivano principalmente dalle persecuzioni dell’Esilio. Prima di tutto bisogna fare un’analisi accurata della terminologia per evitare di usare nomi imprecisi, come per esempio religione, nazione o altri, perché le parole hanno un’enorme forza costruttiva e distruttiva. Senza eliminare i termini scorretti non si può sperare di iniziare a educare noi stessi alla chiara conoscenza del vero.

Il popolo di Israel non è un popolo come gli altri popoli: Israel non deriva il suo nome dalla sua Terra (come gli inglesi il cui nome deriva da Inghilterra); è invece la nostra Terra che da noi prende il nome di “Terra d’Israel”.



Alberto Pento
Sbagliato il toponimo Inghilterra (Angleterra/Angliterra) deriva dall'etnico germanico Angli
https://it.wikipedia.org/wiki/Angli
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il Popolo Eletto, e gli altri ancora più eletti

Messaggioda Berto » gio mag 07, 2020 7:14 am

Commento alla Torà. Parashà di Ekev: la vita ideale è solo per pochi
23-08-2019
Donato Grosser

https://www.shalom.it/blog/italia-ebrai ... cCwoThfN4Q

In questa parashà vi è la seconda porzione dello Shema’ che leggiamo ogni giorno e che inizia con le parole: “Ora, se obbedirete diligentemente ai comandi che oggi vi do, amando l’Eterno, vostro Dio, e servendolo con tutto il cuore e con tutta l’anima, io darò alla vostra terra la pioggia al suo tempo: la pioggia d’autunno e la pioggia di primavera, e raccoglierai il tuo grano, il tuo vino e il tuo olio (Devarìm, 11:13-14).

Nel Talmud babilonese (Berakhòt, 35b) i maestri hanno insegnato: “«E raccoglierai il tuo grano». Che cosa si deve imparare da queste parole? Dato nel libro di Yehoshua’ (Giosuè, 1:8) è scritto: «Questo libro della Torà non si diparta mai dalla tua bocca», potrei pensare che queste parole sono da prendere alla lettera [Rashì spiega: e quindi non avere un’occupazione]. Per questo è scritto: «E raccoglierai il tuo grano». Questo significa che bisogna sia studiare Torà sia avere un'occupazione [Rashì: perché se poi si dovesse aver bisogno dell’aiuto di altri alla fine si smetterà di studiare Torà]. Questa è l'opinione di R. Ishma’el. R. Shim’òn bar Yohài dice invece: «È possibile che sia così? Se un uomo ara nella stagione dell'aratura, semina nella stagione della semina, raccoglie nella stagione della mietitura, trebbia nella stagione della trebbiatura e separa la pula dal grano nella stagione del vento, che ne sarà della Torà? Non può essere così. Invece quando Israele esegue il volontà dell'Onnipresente, il loro lavoro è svolto da altri come dice il profeta Yesha’yà (Isaia, 61: 5-6): «E degli stranieri staranno a pascere i vostri greggi, i figli dello straniero saranno i vostri agricoltori e i vostri vignaiuoli. Ma voi sarete chiamati sacerdoti dell’Eterno [...]». Abayè disse: «Molti hanno seguito il consiglio di Ishma’el e hanno avuto successo; altri hanno seguito quello di R. Shim’òn bar Yohài e non hanno avuto successo»”.

R. Avigdor Burstein(Gerusalemme, 1947-) in una delle sue lezioni sulle parashòt, citò r. Yitchàk Zeev Soloveitchik (Belarus, 1886-1959, Gerusalemme) che fu rav della citta di Brisk (Brest Litovsk) e che spiega che l’opinione di R. Shim’òn bar Yochài rappresenta il sistema ideale descritto dal profeta ed è adatto solo a persone speciali. Per questo Abayè sottolinea che solo pochi sono adatti a seguire l’opinione di R. Shim’òn bar Yochài.
Per la maggioranza è appropriato l’insegnamento di R. Ishma’el che insegna che bisogna studiare Torà e avere un’occupazione. Infatti nel trattatoKiddushìn (82a-b) è insegnato che “Bisogna insegnare al figlio un mestiere pulito e leggero”. [R. Natàn ben Yechiel (Roma, 1036-1106) nel suo ‘Aru’khspiega che “pulito e leggero” significa “un mestiere onesto e dove non si rischia di subire perdite”]. Tuttavia lo stesso maestro insegna anche che a suo figlio non avrebbe insegnato altro che Torà. Il motivo è che per la maggioranza è appropriato imparare un mestiere e studiare Torà ogni giorno in tempi stabili. Per le persone speciali come suo figlio questo maestro sceglieva invece la strada ideale indicata da R. Shim’òn bar Yochài.

Su questo argomento R. Ya’akòv Yosef Hakohen ( 1710?- 1783) di Polnoye, che fu il principale discepolo del Ba’al Shem Tov(Ucraina, 1698-1760) nella sua opera Toldòt Ya’akòv Yosef (parashà di Metzora’) la prima opera di chassidismo mai pubblicata, scrive: “Ho sentito dal Mio Maestro la spiegazione del passo talmudico «Molti fecero come R. Shim’òn bar Yochài e non ebbero successo». Questo significa che costoro non fecero come R. Shim’òn bar Yochài per scelta propria ma per fare come facevano gli altri. E in questo modo rimasero senza questo [Torà] e senza quello [un mestiere] perché non sfruttarono le proprie doti naturali e vollero fare quello che facevano gli altri senza averne la capacità” [...].
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