Magdi Cristiano Allam29 ottobre 2018
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 1019378809Per la Corte Europea dire che Maometto è stato un pedofilo è reato perché è vero che ha sposato una bambina di sei anni, ma l’ha fatto una sola volta. E soprattutto perché bisogna prevenire la reazione violenta degli islamiciCari amici, per la “Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”, di fatto la suprema istanza della magistratura in Europa, è reato definire Maometto un pedofilo. Non perché si contesta il fatto incontrovertibile che nel 620, all’età di 50 anni, sposò una bambina di sei anni, Aisha, anche se il matrimonio fu consumato tre anni, nel 623, quando la bambina aveva nove anni. Ma perché, spiega la sentenza, Maometto e Aisha rimasero sposati fino alla sua morte nel 632, cioè per nove anni, quando Aisha aveva 18 anni. Quindi, secondo la Corte Europea, si può dire che Maometto sposò una bambina ma non che sia stato un pedofilo perché “pedofilo è chi è attratto solo o principalmente da minorenni". Insomma essendo stata Aisha l’unica moglie-bambina di Maometto, mentre le altre sue 14 mogli erano maggiorenni, ed essendo stato Maometto suo marito fino alla sua morte, non si può attribuire a Maometto l’orientamento sessuale del pedofilo. In conclusione per la Corte Europea se un uomo adulto sposa una sola volta una bambina e lei resta sua moglie fino alla sua morte, non è qualificabile come pedofilo.
Sulla base di questa argomentazione la Corte Europea ha dato torto a un’esperta di questioni islamiche, l’austriaca Elisabeth Sabaditsch-Wolff, che aveva presentato un ricorso dopo essere stata condannata in Austria nel 2011 per “incitazione all’odio” e “oltraggio ai simboli religiosi di una comunità religiosa riconosciuta”. La Corte Europea ha condiviso la sentenza della magistratura austriaca, secondo cui bisogna distinguere tra il matrimonio con una bambina e la pedofilia. La Corte Europea ha fatto propria anche la motivazione della magistratura austriaca sulla necessità di prevenire la reazione violenta degli islamici, sostendo il “legittimo scopo di prevenire disordini salvaguardando la pace religiosa e rispettando il sentimento religioso”.
Ebbene è un dato di fatto che la Corte Europea nutre questa particolare sensibilità solo nei confronti dell’islam. Lo scorso gennaio la stessa Corte Europea aveva sentenziato che usare le immagini di Gesù e Maria negli spot pubblicitari, anche in pose irriverenti, è perfettamente legittimo.
Cari amici, la sentenza della Corte Europea, e prima ancora delle Corti di giustizia dell’Austria, ci fanno toccare con mano che i giudici in Europa si comportano come se noi fossimo già sottomessi all’islam. Pur di assolvere Maometto dalla ovvia constatazione che, avendo sposato una bambina di sei anni ha assunto un comportamento attribuibile alla pedofilia, hanno introdotto il criterio della “non reiterazione” del reato, quindi se l’ha fatto una sola volta non è incolpabile. Ma soprattutto, secondo le Corti di giustizia europee, bisogna anteporre il tema della sicurezza: se dire che Maometto è stato un pedofilo finirà per scatenare la violenza degli islamici, allora non bisogna dirlo. Se invece oltraggiare Gesù non scatena alcuna violenza da parte dei cristiani, allora lo si può oltraggiare.
Ebbene è arrivato il momento di dire la verità in libertà. Solo dicendo la verità in libertà anche nei confronti dell’islam, di Maometto, di Allah e del Corano, noi europei riusciremo a riscattare la nostra civiltà decadente. Andiamo avanti a testa alta e con la schiena dritta. Insieme ce la faremo.
Alberto PentoQuesti giudici avrebbero potuto sentenziare che al tempo di Maometto era diffusa universalmente la consuetudine sociale per gli uomini di sposare donne bambine ma di consumare il matrimonio solo dopo la maturazione sessuale della sposa bambina e che quindi non è corretto dare del pedofilo a Maometto.
Poi questa usanza in buona parte del mondo è andata in disuso e si è affermata un'altra modalità in cui le età per il matrimonio e la sua consumazione si sono innalzate e le preistoriche/antiche usanze sono diventate un delitto, un reato, un crimine contro l'umanità.La maturità sessuale è l'età o lo stadio in cui un organismo può riprodursi. Nell'essere umano il processo che porta alla maturità sessuale è detto pubertà.https://it.wikipedia.org/wiki/Maturit%C3%A0_sessualeLa maggior parte degli organismi multicellulari nascono incapaci di riprodursi e in base alla specie possono passare giorni, mesi o anni prima che possano farlo. Inoltre in alcune specie il raggiungimento della maturità sessuale può essere indotto da cause esterne, come per esempio la siccità, o da cause interne, come per esempio la percentuale di grasso corporeo.
La maturità sessuale coincide con la maturazione degli organi sessuali e la produzione dei gameti e può essere accompagnata da cambiamenti fisici che distinguono gli organismi immaturi dalla loro forma adulta. Questi cambiamenti spesso accentuano il dimorfismo sessuale. Una volta raggiunta la maturità, è possibile che alcuni organismi diventino infertili o che cambino sesso. Alcuni organismi, inoltre, mostrano la loro forma adulta senza aver raggiunto la maturità sessuale, ed altri possono anche riprodursi nella loro forma immatura.
Maturità sessualehttp://www.ausl.imola.bo.it/flex/cm/pag ... agina/5360Per i maschi lo sviluppo della maturità fisica inizia mediamente intorno ai 10 anni e termina completamente intorno ai 20-22 anni. La maturità sessuale viene invece raggiunta intorno ai 14 anni.
Le femmine iniziano a maturare fisicamente attorno agli 8-9 anni e raggiungono la maturità sessuale sui 12-13 anni (comparsa prime mestruazioni). La crescita per la ragazza termina solitamente intorno ai 16-18 anni.
Pubertà precocehttp://www.ospedalebambinogesu.it/puber ... 9qRFOJRejICHE COS'È?
La pubertà precoce è la comparsa dei segni di sviluppo puberale prima dell'età di 8 anni per le femmine (7 anni per le bambine bianche o 6 anni per quelle di colore secondo le linee guida americane), 9 anni nei maschi. Quando i segni di sviluppo puberale compaiono dopo gli 8 anni nelle femmine e dopo i 9 anni nei maschi si parla invece di "pubertà anticipata".
QUANTO È FREQUENTE IL PROBLEMA?
La frequenza stimata sulla popolazione generale è tra 1:5000 e 1:10000 bambini. Il rapporto femmine/maschi è di 1 a 10.
QUAL È LA CAUSA?
I cambiamenti della pubertà sono legati alla produzione di ormoni prodotti dalla ghiandola ipofisi, detti gonadotropine, che stimolano la funzione dei testicoli e delle ovaie. Alla base della maggior parte dei casi di pubertà precoce o anticipata non vi sono malattie, mentre la presenza di casi simili nella famiglia gioca un ruolo di primaria importanza. In casi eccezionali alcuni tumori possono causare la pubertà precoce.
QUALI PROBLEMI PUÒ DETERMINARE?
La produzione eccessiva e anticipata di ormoni sessuali (maschili e femminili) accelera la crescita in altezza ma anticipa lo sviluppo delle ossa lunghe. Come conseguenza l'altezza da adulti può essere inferiore al normale. Il bambino con pubertà precoce può lamentare disagio psicologico e relazionale derivante dai propri, inattesi, cambiamenti corporei e dal confronto con i propri coetanei.
QUALI SONO I RISCHI?
In alcuni casi la causa della pubertà precoce può essere una malattia dei testicoli, delle ovaie, delle ghiandole surrenali, della ghiandola ipofisi o dell'encefalo oltre che alcune rare malattie genetiche.
A COSA DEVE FARE ATTENZIONE UN GENITORE?
In un bambino che presenti segni di sviluppo puberale precoce è opportuno effettuare una visita pediatrica.
Il pediatra verificherà:
- la presenza di casi simili nella famiglia;
- la velocità nella progressione dei segni clinici dello sviluppo puberale;
- un eventuale recente aumento di peso;
- l'andamento della velocità di crescita, ossia di quanto il bambino cresce in altezza ogni anno, che nella pubertà precoce è accelerata.
QUALI SONO GLI ACCERTAMENTI DA ESEGUIRE?
È bene che gli accertamenti vengano suggeriti e coordinati da un centro specializzato di endocrinologia pediatrica e possono comprendere:
- esami del sangue dopo la somministrazione di farmaci che stimolano o sopprimono la produzione di alcuni ormoni;
- radiografie ed ecografie;
- altri esami del sangue.
ESISTE UNA TERAPIA?
La terapia della pubertà precoce va decisa caso per caso da uno specialista ed ha come obiettivi:
- migliorare la altezza da adulti, rendendola quanto più possibile in linea con la statura familiare;
- evitare al bambino il disagio psicologico derivante dai propri, inattesi, cambiamenti corporei anche in relazione al suo rapporto con il gruppo e l'ambiente;
- salvaguardare le funzioni riproduttive in età adulta.
Si utilizzano per la terapia farmaci che sono in grado di bloccare la produzione degli ormoni prodotti dalla ghiandola ipofisi, le gonadotropine. Questi farmaci sono efficaci e sicuri. Nei rarissimi casi in cui la pubertà precoce è provocata da un tumore, viene eseguito un intervento chirurgico per l'asportazione di esso.
In ogni caso, l'evoluzione della malattia è buona ed i risultati sull'altezza in età adulta sono tanto migliori quanto il trattamento viene iniziato più precocemente.
Iniziazione sessuale in AfricaElisabetta Santirocchi
http://www.opiniojuris.it/iniziazione-sessuale-africaI riti che mettono a rischio la salute delle giovani donne.
Grace Mwase vive a Golden Village, una comunità rurale a Sud del Malawi. Ha sedici anni, ma è considerata adulta già da ben sei anni, quando fu sottoposta ad un rito di iniziazione: una pratica secolare purtroppo diffusa in diverse aree dell’Africa centrale e meridionale.
All’età di dieci anni, infatti, durante le vacanze scolastiche, insieme ad una dozzina di ragazzine, Mwase è stata allontanata dal suo villaggio, condotta in rifugi remoti e affidata alle anamkungwi, ovvero le “istruttrici” o “leader”, un gruppo di donne anziane.
Alla Thomson Reuters Foundation[1], il prete anglicano Jones Katete ha affermato: “Paghi queste donne per far torturare il tuo bambino”.
Quando il rito è concluso e le bambine fanno ritorno, viene detto loro che sono pronte a cucinare, pulire e avere rapporti sessuali. E’ soprattutto su quest’ultimo punto che il percorso di iniziazione sembra concentrarsi. Mwase racconta infatti che la maggior parte delle due settimane trascorse al campo è stata dedicata ad insegnare loro come comportarsi con gli uomini, come gestirli e come avere rapporti.
Qui non esiste l’adolescenza e questo rito segna il passaggio dalla pre-adolescenza alla vita adulta. Per usare le parole dell’antropologa Thera Rasing[2], “getta le basi per la futura vita adulta, costruendo una nuova identità”.
Subito dopo la conclusione del rito, le bambine vengono esortate a mettere in pratica quanto imparato e ad avere, dunque, rapporti sessuali. Qualora rifiutassero, vedrebbero la propria pelle divenire secca e fragile: questo quanto raccontato per incoraggiarle.
A Mwase, da una delle anamkungwi del villaggio, è stato detto: “Sei donna abbastanza. Se vai via (dal campo di iniziazione), devi dormire con un uomo per liberarti della tua infanzia”, nello specifico un uomo anziano. Come se non bastasse, le “istruttrici” raccomandano che l’atto di “purificazione sessuale” avvenga senza profilattico. A dispetto della tradizione Mwase, temendo per la sua salute, ha disobbedito. Sua nonna, dalla quale è stata cresciuta e mandata al campo, come accade spesso in Malawi per molte primogenite, è all’oscuro di tale decisione. Se ne fosse stata al corrente, avrebbe pagato un uomo per privare sua nipote della verginità. In alcuni villaggi gli uomini assunti a tal fine sono chiamati “iene”: a volte hanno rapporti con diverse ragazze della stessa comunità che hanno affrontato insieme il rito.
In genere le cerimonie hanno luogo quando le bambine hanno la prima mestruazione. Persilia Muianga, dell’Ong World Vision[3], chiarisce che talvolta, però, alcune sono indotte dalle madri ad avere rapporti ancora prima, nella speranza di anticipare il menarca.
Il prete anglicano Katete denuncia brutali riti di iniziazione anche in Zambia e Mozambico, dove bambine tra gli otto e i tredici anni vengono ferite nelle parti intime con dei bastoni per simulare l’atto sessuale.
La mutilazione genitale femminile non è comune in Malawi, ma può avvenire durante simili riti di passaggio in altre zone dell’Africa. Senza ombra di dubbio l’iniziazione è causa di traumi permanenti anche in assenza di danni fisici. La Malawi Human Rights Commission[4] (Commissione per i diritti umani in Malawi) ha spiegato come tali riti incidano negativamente e ledano i diritti delle bambine all’istruzione, alla salute, alla libertà e, non ultima, alla dignità.
Gravi e numerosi sono i rischi che queste usanze comportano per la salute.
Le giovani per lo più sono inconsapevoli dei pericoli derivanti da rapporti non protetti in un paese in cui il 9,1% della popolazione è sieropositiva[5]. I matrimoni precoci e quindi la tenera età in cui le ragazze rimangono incinta, complicano e mettono a rischio la gravidanza, aumentando le possibilità di andare incontro a malformazione del feto, perdita del bambino, della loro stessa vita o allo sviluppo di una fistola ostetrica, ovvero una lacerazione da parto che mette in comunicazione la vagina con vescica, retto o entrambi e che le condanna ad incontinenza ed emarginazione da parte della comunità.
Le donne restano profondamente segnate da questa pratica che sono obbligate a rispettare, come le loro madri e nonne prima di esse, se non vogliono essere stigmatizzate all’interno della comunità di appartenenza.
Thera Rasing afferma che per molte le iniziazioni sono associate all’onore: “la capacità di una donna di promuovere un cambiamento, di essere potente e autorevole, nasce dal suo successo nell’essere donna a tutti gli effetti. E’ così che si guadagna il rispetto del marito e della comunità morale. Questo è ciò che le viene insegnato durante l’iniziazione alla femminilità e che le viene detto durante il suo matrimonio”. In alcuni villaggi sono inoltre previste delle multe per i genitori che rifiutano di mandare le figlie al “campo di iniziazione”.
Come abbiamo potuto constatare, questi riti hanno una chiara funzione sociale e antropologica, ma non è tutto: dietro si celano anche ragioni economiche. Il Malawi è uno dei paesi più poveri al mondo, tre quarti della popolazione vive sotto la soglia della povertà assoluta[6]. In un contesto così drammatico, non è difficile capire come le nozze delle proprie figlie possano rappresentare un timido spiraglio di luce: i genitori, infatti, non se ne dovranno più prendere carico.
Ancora una volta povertà, paura di rompere la tradizione e ignoranza, costituiscono una deleteria combinazione, un circolo vizioso nel quale questi tre pericolosi fattori si alimentano a vicenda. E’ pertanto fondamentale arrestare tale processo mediante sensibilizzazione, informazione ed educazione delle comunità.
[1]
http://www.trust.org/[2] Thera Rasing antropologa, specializzata in Antropologia delle religioni e studi di Genere (PhD in 2001, Erasmus University Rotterdam). Autrice del libro Religion and AIDS treatment in Africa: Saving Souls, Prolonging Lives..
[3]
https://www.worldvision.it/chi-siamo[4]
http://www.hrcmalawi.org/[5]
https://www.avert.org/professionals/hiv ... ica/malawi[6]
http://data.un.org/CountryProfile.aspx?crName=malawiFoto in copertina: Africa as country . Grace Mwase, 16 anni: all’apparenza una bambina, per la sua comunità un’adulta dalla tenera età di 10 anni.
Da 30 a 72 anni: perché siamo diventati più longevi?http://www.nationalgeographic.it/scienz ... vi-1316204Il tasso di mortalità nei paesi industrializzati è sceso drasticamente nel secolo scorso: se nell'era pre-industriale si viveva in media 30 anni, oggi, un uomo che vive in Giappone ha una speranza di vita di 72. "In altre parole", spiegano gli autori di un recente studio, "avere 72 anni oggi è come averne avuti 30 prima della Rivoluzione Industriale".
Gli esseri umani, al giorno d'oggi, vivono molto più a lungo rispetto ai nostri "parenti" più prossimi, gli scimpanzé, che raramente superano i 50 anni di vita. Anche chi vive di caccia e di raccolta, che spesso non ha un'alimentazione adeguata, non usufruisce dei progressi della medicina moderna o degli altri benefici derivanti dalla vita industrializzata, ha un'aspettativa di vita maggiore alla nascita rispetto agli scimpanzé in natura.
Quindi, in che modo siamo cambiati dai tempi dei nostri antenati ominidi? Siamo sempre più longevi soprattutto grazie ai cambiamenti nei nostri stili di vita o a causa di mutazioni genetiche, in altre parole dell'evoluzione?
Per scoprirlo, il team di studiosi ha confrontato i tassi di mortalità dei paesi industriali con quelli delle comunità di cacciatori e raccoglitori, i cui stili di vita rispecchiano più strettamente quelli dei primi esseri umani moderni.
I ricercatori hanno scoperto che oggi il tasso di mortalità in giovane età - cioè durante i primi vent'anni di vita - nel mondo industrializzato è di circa 200 volte inferiore rispetto a quello delle comunità di cacciatori e raccoglitori odierni.
"Il tasso di mortalità delle comunità di cacciatori e raccoglitori si avvicina di più a quello degli scimpanzé piuttosto che a quello degli individui che vivono nelle nazioni moderne", spiega il responsabile dello studio Oskar Burger, antropologo dell'evoluzione dell'istituto di ricerche demografiche del Max Planck, in Germania.
Il grande balzo in avanti della longevità
In altre parole, la longevità umana è aumentata in modo significativo nel recente passaggio a stili di vita moderni piuttosto che durante i progressi evolutivi che si sono verificati nel corso di migliaia di anni: secondo lo studio, infatti, il tasso di mortalità è sceso soprattutto tra il 1900 e oggi, e ha riguardato solo quattro delle 8.000 generazioni umane che si sono susseguite.
"Il progresso compiuto nel secolo scorso è di gran lunga superiore a quello avvenuto nel corso della storia evolutiva degli scimpanzé e degli esseri umani", spiega Burger.
Questi miglioramenti sono riconducibili molto probabilmente ai cambiamenti negli stili di vita piuttosto che agli adattamenti genetici delle specie.
"Scoprire che chi ha accesso al cibo, ai vestiti, a una casa e alle cure mediche vive più a lungo - o meglio è soggetto a livelli inferiori di mortalità - non sorprende affatto", continua Burger.
"È interessare capire quando e in che misura si è verificata la riduzione della mortalità", dice. "È diminuita di 200 volte fra i 10 e i 20 anni, che è davvero molto".
Eterna giovinezza?
Non è ancora chiaro il motivo per cui la durata della vita umana sia così suscettibile ai cambiamenti esterni.
"I prossimi obiettivi della ricerca dovrebbero mirare a comprendere come i cambiamenti nell'ambiente e negli stili di vita abbiano condotto a un notevole aumento della durata della vita", afferma il biologo Caleb Finch della University of Southern California, che non ha preso parte allo studio. "Bisognerebbe studiare un gran numero di meccanismi biologici".
A prescindere dai risultati degli studi futuri, di certo non raggiungeremo mai l'immortalità, continua Finch. "I fattori negativi che impediscono un ulteriore aumento della durata della vita, come la diffusione dell'obesità mondiale degli ultimi 20 anni e il degrado ambientale, sono potentissimi", dice.
"Alla fine, l'accumularsi dei danni subiti dalle nostre cellule tende a dar luogo ad errori - i responsabili della formazione delle rughe sulla pelle e della comparsa dei capelli grigi)", spiega Dan Buettner, esploratore National Geographic e autore di Lezioni di lunga vita. Le zone blu. Questo accumularsi di danni sembrerebbe imporre un limite alla durata della vita.
"A meno che non si verifichi qualche progresso scientifico che al momento non riusciamo a prevedere", continua Buettner. "Ad esempio non avevamo idea che sarebbe stata scoperta la penicillina e che improvvisamente avrebbe causato la diminuzione delle malattie infettive. Forse, una scoperta simile porterà a un ulteriore allungamento della durata della vita".
Il nuovo studio sulla longevità è stato pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academies of Science.
Speranza di vita e longevità dei nostri antenatiZonWu
http://www.vitantica.net/2017/11/28/spe ... i-antenati Spesso si legge che la speranza di vita di un essere umano vissuto nell’Età della Pietra era di gran lunga inferiore a quella riscontrata in tempi moderni. Per quanto sia un’affermazione vera e basata sull’analisi di reperti ossei risalenti al Paleolitico, cosa significa esattamente?
Un’ aspettativa di vita pari a 30 anni non deve far pensare che 3-5.000 anni fa, una volta raggiunti i 30 anni, gli esseri umani morissero come se avessero raggiunto una data di scadenza: chi riusciva a sopravvivere fino a 30 anni, in realtà, aveva discrete speranze di arrivare a 50-70 anni, una longevità non molto differente da quella riscontrata in alcuni Paesi moderni.
Occorre fare una distinzione tra il concetto di longevità media e quello di speranza di vita: la prima indica la media sull’età massima raggiungibile da un individuo in un determinato periodo storico; la seconda invece esprime una media basata sull’incrocio dei dati relativi alla longevità e quelli che descrivono la mortalità nelle varie fasi della crescita umana.
Generalmente i dati relativi alla speranza di vita raffigurano il numero medio di anni che un neonato può sperare di sopravvivere in un determinato periodo storico. Una volta superata l’età giovanile, l’aspettativa di vita del passato poteva cambiare drasticamente e raggiungere età non molto distanti da quelle moderne.
Con un certo grado di approssimazione e basandosi soltanto sui reperti ossei finora scoperti, l’aspettativa di vita in passato era la seguente:
Tardo Paleolitico (da 30.000 anni in poi): alla nascita circa 18 anni, fino a 15 anni era tra i 25-37 anni.
Neolitico: non molto differente dal Paleolitico. Probabilmente superati i 15 anni si potevano raggiungere senza troppe difficoltà i 50-60, come dimostrano alcune tribù di cacciatori-raccoglitori moderni.
Età del Bronzo/Ferro: l’aspettativa di vita fino a 15 anni era tra i 28 e i 36 anni. Superati i 15 anni, la speranza di vita era mediamente di 50-60 anni.
Grecia classica: ad Atene, l’aspettativa di vita alla nascita era di circa 20 anni, fino a 15 anni era di 37-41 anni.
Roma classica: prima dei 10 anni, 20-30 anni; superati i 10, circa 50-60 anni.
Alto Medioevo: fino a 15 anni era di circa 35-40 anni. Superata l’età adolescenziale, la speranza di vita tra la popolazione benestante era tra i 60 e gli 80 anni.
Tardo Medioevo inglese: raggiunti i 21 anni, l’aspettativa di vita si attestava a circa 64 anni. Prima dei 21, era di circa 30-35 anni.
La speranza di vita aumenta man mano che un individuo cresce e supera le fasi più critiche dello sviluppo e le più suscettibili a malattie, fame, guerra e calamità naturali.
Per esempio, la speranza di vita alla nascita tra la nobiltà inglese del XIII secolo era di circa 30 anni; una volta raggiunti i 21 anni, tuttavia, era abbastanza comune invecchiare fino a 65 anni, come dimostrano i resti ossei degli individui del periodo.
[11/01/2018] Una recente ricerca condotta da Christine Cave della Australian National University ha determinato, dopo l’analisi dei denti di oltre 300 individui vissuti in Inghilterra tra il V e il VII secolo d.C., che non era affatto raro superare i 70 anni d’età in questo periodo.
Il team di ricerca ha elaborato un metodo per calcolare l’età anagrafica di un individuo a partire dallo stato della dentatura, scoprendo che molti dei corpi rinvenuti nei cimiteri inglesi appartenevano a persone in età avanzata, spesso oltre i 70 anni.
Anche durante l’Età della Pietra, specialmente nel Paleolitico superiore, per quanto la vita fosse molto più dura per l’essere umano rispetto al Medioevo non era così raro raggiungere un’età avanzata.
Michael Gurven, professore di antropologia della U.C. Santa Barbara, ha studiato estensivamente lo stile di vita delle comunità di cacciatori-raccoglitori moderne scoprendo che la loro speranza di vita non è molto differente da quella di un europeo del XIX secolo: anche se le tribù semi-primitive di oggi beneficiano dell’eradicazione di alcune malattie letali che piagavano il genere umano nell’antichità, superata l’età giovanile è abbastanza comune raggiungere i 50-60 anni.
Il Paleolitico superiore sembra segnare un punto di distacco da un precedente stile di vita caratterizzato da un’aspettativa di vita e una longevità molto basse, circa 30 anni per entrambe.
Il miglioramento delle tecniche di lavorazione della pietra coincise con un aumento della longevità per via del cambiamento di stile di vita dovuto a nuovi metodi di caccia, pesca e raccolta e a strumenti avanzati che miglioravano la qualità generale dell’esistenza umana.
Dopo un’analisi dei denti provenienti da 768 fossili di ominidi, Rachel Caspari, paleoantropologa della Central Michigan University, ha rilevato un cambiamento sostanziale dell’ aspettativa di vita dei nostri antenati primitivi all’inizio del Paleolitico superiore: tra i 100.000 e i 30.000 anni fa,
Caspari ha determinato la presenza 4 adulti/anziani ogni 10 giovani adulti; a partire da 30.000 anni fa, la speranza di vita e la longevità sembrano aumentare considerevolmente, con 20 adulti/anziani ogni 10 giovani adulti. Questo aumento della speranza di vita coincide con sostanziali cambiamenti nella cultura umana: tecnologia litica estremamente raffinata, statuette e oggetti decorativi, arte rupestre e rituali funebri complessi.
Mortalità dovuta a violenza e guerre tra società di cacciatori-raccoglitori e Stati antichi e moderni.
Mortalità dovuta a violenza e guerre tra società di cacciatori-raccoglitori e Stati antichi e moderni. Fonte: EvolutionX
Cosa abbassava drasticamente la speranza di vita nel Paleolitico? Un neonato dell’ Età della Pietra era esposto ad ogni sorta di pericoli fin dalla nascita: malattie, clima, fame, sete, scontri con altri umani, predatori e parassiti erano costanti attentati alla vita di un bimbo inerme. Man mano che un bambino cresceva la situazione non migliorava molto e fino ai 10-15 anni era molto più vulnerabile di un adulto.
I parametri di igiene moderni erano del tutto inesistenti e non era raro contrarre infezioni causate delle scarse condizioni sanitarie in cui vivevano i nostri antenati. Predatori e parassiti erano costantemente alla ricerca di una preda facile o di un ospite nelle vicinanze; come oggi, inoltre, anche il clima mieteva costantemente vittime per ipotermia, colpi di calore o fenomeni naturali violenti contro cui i cacciatori-raccoglitori avevano ben poche risorse per difendersi.
Who Lives Longest?
Quanto si viveva nelle epoche passate?https://www.focus.it/scienza/scienze/qu ... el-passato Raggiungere la tarda età è una conquista dei nostri tempi? Nel passato, quante erano le persone che vivevano fino alla vecchiaia? È un'idea radicata sia per il senso comune sia per gran parte degli studiosi che la durata della vita fosse nei secoli passati decisamente inferiore a quella di oggi.
Anziani e antichi. Un'archeologa dell'Australian National University, Christine Cave, sostiene invece che anche nelle società del passato non fossero una minoranza le persone che arrivavano ai 75 anni e oltre. La sua idea (qui la presentazione dello studio) è che, semplicemente, gli anziani delle epoche trascorse non fossero contati nel numero perché gli studiosi non avevano i mezzi per identificarli. A produrre questo errore di prospettiva sarebbe il metodo di valutazione con cui gli archeologi stimano l'età dei resti umani.
L'età nelle ossa. La sua ipotesi nasce dall'analisi dei corpi di oltre 300 persone sepolte in cimiteri inglesi tra il 475 e il 625 dopo Cristo. Secondo Cave, molti di loro sono morti ultrasettantacinquenni. Come fa a sostenerlo?
Normalmente, la stima dell'età degli scheletri del passato viene fatta in base alla valutazione dello stato delle ossa. Per i bambini e le persone più giovani l'età della morte può essere stimata in modo abbastanza corretto, mentre per gli anziani è più difficile da valutare. «Dai soli resti non è facile distinguere un quarantenne in perfetta forma da un fragile novantenne», dichiara l'archeologa. Come conseguenza, a parte i bambini, gli adolescenti e le persone molto giovani, gli individui oltre i 40 finiscono per essere classificati dagli archeologi in unico gruppo in cui è problematico distinguere le diverse età al momento della morte.
Settanta e più. Cave pensa di essere riuscita a trovare un modo per stimarle in maniera più corretta: lo studio dei denti. La ricercatrice ha sviluppato il suo metodo confrontando l'usura dei denti in resti scheletrici antichi con quella di individui viventi di varie popolazioni: basandosi sull'analisi di quanto è consumata la dentatura, l'età al momento della morte può essere calcolata con notevole precisione. Dall'analisi dei resti di epoca medioevale in tre cimiteri anglosassoni, l'archeologa ha stimato che le persone morte a oltre settanta anni di età non erano rare eccezioni. Come in molte popolazioni che vivono una vita primitiva e senza medicina, la vita media nell'alto medioevo sarebbe durata secondo lei circa settanta anni.
Differenze di genere. Secondo Cave, il nuovo metodo fornirà agli archeologi una visione più accurata delle società passate e della vita degli anziani del tempo. Per esempio, per i tre cimiteri studiati in Inghilterra, Cave ha trovato importanti differenze nel modo in cui uomini e donne di età avanzata erano seppelliti: alle donne toccava una sepoltura ricca solo se morivano giovani, mentre per gli uomini questo poteva avvenire anche indipendentemente dall'età.
Alberto Pento Maometto non era un pedofilo (perché al suo tempo, in cui la vita media era meno di 30 anni, era ovunque ammesso/normale per un uomo avere rapporti sessuali/matrimoniali con una donna non appena questa raggiungeva la maturazione sessuale);
in ogni caso, oggi, nel nostro mondo occidentale ed europeo ateo, laico e cristiano queste usanze preistoriche e antiche non sono più ammesse e tollerate e sono considerate una violazione dei diritti umani e civili universali, bandite, perseguite e condannate.
Invece Maometto era un invasato idolatra, bugiardo, ladro e razziatore, mafioso, rapinatore e sequestratore, assassino e sterminatore, una mostruosità umana, inventore o fautore o promotore di una ideologia politico religiosa demenziale, disumana, razzista che oggi viola i valori, i doveri, i diritti umani naturali, civili e politici universali, con le sue pratiche discriminatorie, razziste al massimo grado, orrendamente violente e terrorizzanti.