La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » gio giu 13, 2019 8:17 pm

Migranti, 100 a bordo di un gommone in zona Sar maltese: nessuno interviene per 3 giorni
a denuncia di Sea Watch:" i soccorsi da Malta stanno intervenendo solo ora". Nel weekend arrivati in 360. Proiettile e minacce di morte al procuratore Patronaggio, che coordina la maggior parte delle inchieste sugli sbarchi, e ai figli. Vertice in prefettura e "Totale solidarietà" dal ministro dell'Interno Salvini.
di ALESSANDRA ZINITI
10 giugno 2019

https://www.repubblica.it/cronaca/2019/ ... hao17oI6Gc

Un gommone con 100 migranti a bordo, è rimasto in balia del mare per tre giorni a 44 miglia a sud-est di Lampedusa in zona Sar maltese prima che Malta facesse partire le operazioni di soccorso. Lo denuncia Sea watch.

"Alle 13 il nostro aereo di ricognizione è stato informato, da Alarm Phone di un gommone con a bordo 100 persone in mare da 3 giorni. Da ieri diversi aerei militari hanno sorvolato l'area e oggi una motovedetta maltese era nelle vicinanze. La P61 delle forze armate maltesi è intervenuta solo 2 ore dopo la richiesta di intervento inviata da Alarm Phone. È disumano che le autorità europee, al fine di ridurre il numero di arrivi in Europa, osservino dall'alto persone in pericolo senza intervenire tempestivamente.

Intanto il procuratore che coordina la maggior parte delle inchieste sui migranti, Luigi Patronaggio, ha ricevuto una lettera con un proiettile e con minacce di morte per lui e per i suoi tre figli. ""Questo è un avvertimento, la prossima volta, se continuerai a fare sbarcare gli immigrati, passiamo ai fatti. Contro di te e ai tuoi 3 figli" c'era scritto all'interno della busta, regolarmente affrancata arrivata sulla sua scrivania.

Coordina l'inchiesta la procura di Caltanissetta. "Al procuratore, che ascolteremo nei prossimi giorni in Commissione antimafia, va tutta la nostra solidarietà e la nostra attenzione". Lo dice Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia siciliana".Totale solidarietà al procuratore capo la violenza e le minacce sono sempre inaccettabili. Le Forze dell'Ordine sono al lavoro per individuare i responsabili" ha aggiunto il ministro dell'Interno Matteo Salvini.

Già nel settembre del 2018 Luigi Patronaggio era stato destinatario di un'altra lettera contenente in proiettile. "Zecca sei nel mirino", si leggeva nella lettera contenente un proiettile da guerra. Il plico era arrivato anche quella volta via posta. Sulla lettera, il simbolo di Gladio, l'organizzazione paramilitare clandestina nata nel dopoguerra per contrastare un'eventuale invasione sovietica, un simbolo poi associato alla stagione dei misteri sulle stragi italiane. In quel periodo, Patronaggio era al centro delle polemiche per l'indagine sul ministro dell'Interno Matteo Salvini, per il blocco della nave Diciotti al porto di Catania. Il fascicolo, in quei giorni, era al tribunale dei ministri di Palermo. Per quella busta minacciosa erano subito intervenuti i carabinieri del comando provinciale di Agrigento e un'inchiesta era stata aperta dalla procura di Caltanissetta, competente per le indagini che riguardano i magistrati del distretto agrigentino.

E' un flusso costante che continua a portare in Italia centinaia di migranti: dopo i due del weekend stanotte un altro sbarco fantasma a Lampedusa. Quindici persone, alcune di nazionalità eritrea, sono arrivate all'1.45 del mattino in prossimità delle coste dell'isola. Intercettate da una motovedetta sono state trainate fino in porto così come avvenuto poche ore prima con i 38 giunti direttamente dalla Libia a bordo di una barchetta in legno.

Gli sbarchi fantasma, tra Sicilia, Calabria e Puglia, a bordo di piccole imbarcazioni o velieri, continuano dunque. Ne abbiamo contati 11 solo a giugno. Oltre 360 le persone approdate cosi nell'ultimo week end, piu di 900 dall'inizio dell'anno, poco meno della metà del totale degli sbarcati del 2019 che ha superato quota 2100. Con un'impennata da maggio a ora quando sono arrivate piu'di 1100. Un numero sempre molto basso rispetto agli anni scorsi, ma rilevante se si considera la politica dei porti chiusi di Salvini.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La legge o convenzione internazionale del soccorso in ma

Messaggioda Berto » gio giu 13, 2019 8:17 pm

Migranti, Sea Watch soccorre 53 persone al largo della Libia. Salvini: "Come scafisti"
12 giugno 2019

https://www.repubblica.it/cronaca/2019/ ... SosDZoLk4Y

Sono state portate a bordo della nave della ong. Tra le persone salvate anche nove donne e tre bambini molto piccoli. Il ministro dell'Interno: "Tutti vedono il collegamento tra alcune ong e trafficanti di esseri umani"
Nuovo salvataggio nel Mediterraneo da parte della ong Sea Watch: "Il nostro equipaggio ha da poco concluso il soccorso di 52 persone da un gommone al largo della Libia, a circa 47 miglia di Zawiya - scrive l'organizzaione umanitaria su Twitter - Questa mattina, alle 9.53, L'aereo di ricognizione Colibri aveva avvistato l'imbarcazione, informando le autorità competenti e la nave". Nel pomeriggio Sea Watch ha precisato di aver soccorso 53 persone, una in più.

"La cosidetta guardia costiera libica - si legge in un altro tweet - successivamente comunicava di aver assunto il coordinamento del caso. Giunti sulla scena, priva di alcun assetto di soccorso, abbiamo proceduto al salvataggio come il diritto internazionale impone. I naufraghi sono ora a bordo della Sea Watch". A bordo anche nove donne e tre bambini molto piccoli, la nave è ora nell'area di soccorso cioè la Sar libica, in attesa di indicazioni.

Si profila un altro scontro con il governo per l'approdo. "Non rispettando le indicazioni della Guardia costiera libica, è l'ennesimo atto di pirateria di un'organizzazione fuori legge" ha detto Matteo Salvini del salvataggio operato dalla ong. "È evidente il collegamento tra scafisti e alcune ong. Probabilmente solo qualche procuratore non se ne accorge, ma il resto del mondo sì". "Non finiranno in Italia - ha proseguito il ministro dell'Interno - anche perché ora nel decreto sicurezza bis che abbiamo approvato ieri c'è una norma che prevede la confisca dei mezzi pirati che non rispetta leggi e indicazioni e l'imbarcazione della ong tedesca è una vera e propria nave pirata a cui qualcuno consente di violare ripetutamente la legge. A parte che son due tre volte che l'hanno fermata e l'hanno rilasciata, chiedete in Procura perché... Io non faccio il procuratore".
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Messaggioda Berto » gio giu 13, 2019 8:18 pm

Pia Klemp, l'ex capitano delle navi che salvano migranti, rischia 20 anni di carcere
Lara Tomasetta
12 Giu. 2019

https://www.tpi.it/2019/06/12/capitano- ... cqlRDj_69Q

Capitano nave ong carcere | Pia Klemp, ex capitano delle navi Iuventa e Sea Watch-3, è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e verrà processata in Italia.

La donna, tedesca, 35 anni, ha iniziato la sua carriera sei anni fa a bordo della nave del gruppo ambientalista Sea Shepard poi è passata alla Sea Watch e infine della Iuventa

Con il suo equipaggio, ha salvato diverse migliaia di profughi. Nel giugno dello scorso anno, tuttavia, la Klemp ha appreso che le autorità italiane stavano indagando su di lei e su altri volontari di varie navi.

Nell’agosto 2017 le autorità italiane hanno sequestrato la nave Iuventa, comandata dalla donna, al largo di Lampedusa. Anche i computer e i telefoni cellulari che erano a bordo sono stati sequestrati.

“Iuventa”, un film racconta come il sogno di dieci studenti tedeschi di salvare i migranti è finito sotto inchiesta in Italia

Il sequestro faceva parte di un’inchiesta partita nel 2016. Il governo che ha autorizzato la ‘sorveglianza’ è stato quello guidato da Paolo Gentiloni, il successore di Matteo Renzi, del Partito Democratico, due anni prima dell’avvento al potere dell’alleanza tra la Lega e Movimento 5 Stelle.

La decisione della giustizia italiana di poter leggere il contenuto dei dispositivi della Iuventa – posticipata più volte – è arrivata nel maggio 2018 dal procuratore siciliano che ha ordinato il sequestro, Ambrogio Cartosio.

Nel frattempo, quasi 60.000 persone hanno firmato una petizione per chiedere che l’Italia rinunci ai procedimenti penali contro Pia Klemp e gli altri membri dell’equipaggio che hanno salvato migliaia di migranti nel Mar Mediterraneo.

Secondo le informazioni che Pia Klemp ha avuto dal suo avvocato, almeno quattro diverse autorità investigative italiane hanno lavorato sul suo conto e su quello del suo equipaggio, compresi i servizi segreti italiani. In un’intervista rilasciata al quotidiano Basler Zeitung, Klemp ha dichiarato che il processo a suo carico inizierà a breve. Il suo avvocato le ha anche detto che rischia “fino a 20 anni di prigione”.

“Ho lavorato su una nave ong con la talpa della Lega per mesi: ecco come hanno costruito la macchina del fango”

L’inchiesta che ha portato all’attuale processo deve quindi determinare se il capitano Pia Klemp abbia “collaborato” con i contrabbandieri libici per salvare i migranti presi in mare con la sua nave: questa “complicità”, se fosse dimostrata dalla giustizia italiana, trasformerebbe lo status dell’ex capitano della Sea Watch da “soccorritore umanitario di migliaia di persone in mare” a “complice dell’immigrazione clandestina”.

Pia Klemp, cresciuta a Bonn, ha studiato biologia e ha navigato per dieci anni, inizialmente assunta dall’armatore della nave di soccorso “Iuventa” nel 2017.

Un mese dopo, tuttavia, la nave dell’organizzazione per l’assistenza ai rifugiati Jugend Rettet è stata sequestrata. Fino ad allora l’equipaggio aveva salvato più di 14mila persone dal 2016. Dopo il sequestro, è risultato che lo stesso equipaggio era monitorato da mesi dalle forze dell’ordine italiane. Il ponte radio è stato intercettato, come anche i telefoni satellitari.

Fino ad allora, tuttavia, non era noto che le indagini fossero indirizzate nei confronti dei singoli membri dell’equipaggio. Pertanto, poco tempo dopo, nel settembre 2017, la Klemp aveva assunto il comando della “Sea-Watch 3”. Circa nove mesi dopo, è venuta a conoscenza delle indagini ed è rientrata in Germania dietro consiglio del suo avvocato.

Intanto, le due Ong Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee hanno diffuso nuovi dati sulle morti nel Mediterraneo. A un anno dall’annuncio del governo italiano di chiudere i propri porti alle navi umanitarie, “almeno 1.151 persone, uomini, donne e bambini vulnerabili, sono morte e oltre 10 mila sono state riportate forzatamente in Libia, esposte ad ulteriori ed inutili sofferenze”.


Gino Quarelo
Speriamo le diano l'ergastolo




“Salvini ci chiese di spiare le ong per far aprire un’inchiesta”: parla la talpa della Lega
Lara Tomasetta
19 Apr. 2019

https://www.tpi.it/2019/02/13/talpa-sal ... intervista

In esclusiva video, l'ex poliziotto Pietro Gallo racconta del suo ruolo a bordo della nave Vos Hestia di Save The Children e dei rapporti con Matteo Salvini e il suo entourage

esclusiva TPI: parla Pietro Gallo, la talpa della Lega sulla nave Vos Hestia

“Salvini voleva essere aggiornato di tutte le anomalie che noi riscontravamo nel Mediterraneo. Io ho consegnato tutto ciò che avveniva sulla nave Vos Hestia di Save The Children. Cercavano un qualcosa per aprire un’inchiesta”.

L’ex poliziotto Pietro Gallo dice di essere pentito per il ruolo che ha avuto in quella che è poi diventata la “macchina del fango delle ong”, la polemica contro le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi di migranti nel Mediterraneo centrale. In esclusiva video a TPI racconta del suo ruolo a bordo della nave Vos Hestia di Save The Children e dei rapporti con Matteo Salvini e il suo entourage.

Tra il 2016 e il 2017, quando lavorava come agente di sicurezza a bordo della nave, Gallo fornì informazioni e registrazioni sulle ong ai servizi segreti e allo staff di Matteo Salvini; le sue azioni contribuirono a trasformare i salvataggi in mare in un argomento politico controverso e le ong nell’avversario principale di opinionisti e forze politiche contrarie all’immigrazione.

Quando è salito sulla Vos Hestia?

Sono salito a bordo della Vos Hestia il 5 settembre 2016 e avevo il compito della sicurezza a bordo una volta imbarcati i migranti. Vedevamo gli scafisti accompagnare i migranti vicino a queste navi del soccorso umanitario e poi tornavano indietro.

A chi ha proposto inizialmente di fare da talpa?

Inzialmente a nessuno, cercavamo un modo per far uscire quella verità fuori.

Però poi avete contattato i partiti politici.

I partiti li abbiamo contattati dopo aver segnalato le anomalie alle istituzioni. Inizialmente abbiamo mandato un’informativa ai servizi segreti italiani, all’Aise. L’aspetto politico è subentrato in un secondo momento quando, dopo aver informato le autorità italiane non era successo niente.

In che modo vi siete messi in contatto con i partiti?

Abbiamo cominciato a contattare diversi partiti politici, non solo la Lega, anzi, la Lega è stato uno degli ultimi. Abbiamo scritto ad Alessandro Di Battista, che non ci ha risposto. Abbiamo provato a contattare la segreteria di Fratelli d’Italia senza nessun riscontro.

Alla fine abbiamo chiamato la segreteria della Lega a Milano e dopo averla contattata, in dieci minuti, ci ha ricontattato subito l’attuale ministro degli Interni, Matteo Salvini.

Lei ha parlato direttamente con Salvini?

No, ci ha parlato la mia collega. La Lega ci ha fatto richiamare da Salvini, abbiamo raccontato i fatti come si svolgevano nel Mediterraneo, le cose che ci sembravano strane.

Quel giorno eravamo a Trapani e lui voleva scendere per confrontarsi, ma non ci fu occasione perché dovemmo subito imbarcarci nuovamente. E non si concluse questo incontro.

Come vi eravate accordati?

Dovevamo incontrarci allo sbarco successivo, cosa che non avvenne.

Voi che cosa dovevate dargli?

In quella telefonata lui ci mise in contatto con un suo collaboratore, eravamo rimasti che gli inviavamo tutte le anomalie che riscontravamo nel Mediterraneo.

Salvini voleva essere aggiornato di tutte le anomalie che noi riscontravamo nel Mediterraneo.

Lei ha consegnato anche un audio ai suoi intermediari?

Io ho consegnato tutto ciò che avveniva sulla nave Vos Hestia nel Mediterraneo. Cercavano un qualcosa per aprire un’inchiesta.

Quindi questa richiesta è arrivata da loro?

Si, è arrivata da loro.

Come mai ha deciso di tirar fuori questa storia adesso?

Adesso perché in realtà, in questo momento, come soggetto mi sento abbandonato dallo Stato, e il ministro Salvini rappresenta lo Stato.

Perché il suo comportamento si discosta completamente da quelle che erano le mie, le nostre intenzioni. Noi ci eravamo imbarcati sulla nave non per fare le talpe, ma per salvare delle persone.

Come si sono diradati i rapporti con Salvini e la Lega?

Il 30 novembre si chiude il primo contratto e scendo dalla nave. Si chiudono anche i rapporti con l’enturage di Salvini. Ma rispetto a quanto si dice, non ho mai chiesto un posto di lavoro a Salvini.

Non le era stato detto che in qualche modo veniva protetto per la sua attività?

Quando avevamo fatto presente “guardate che qua se esce fuori qualcosa perdiamo il lavoro”. Dall’altra parte ci era stato risposto di non preoccuparci.

Dall’altra parte chi?

Dall’entourage di Salvini, da Salvini. Non a me personalmente ma alla mia collega. Però le promesse sono state disattese.

Si è pentito di quello che ha fatto?

Pentito di aver dato delle informazioni a un partito politico, sì. Pentito delle segnalazioni che ho fatto no. Perché le segnalazioni non erano per infangare le ong. Certo non mi aspettavo che venissero così tanto strumentalizzate.

Lei racconta di aver subito di minacce?

Sì, ho ricevuto minacce di morte a fine 2018. Ho ricevuto una lettera con proiettile dove c’era scritto il mio nome, quello del ministro Salvini e quelli di due altri operatori che erano a bordo uno della Iuventa, uno a bordo della Vos Hestia.

Ha fatto comunicazione al ministro Salvini di queste minacce?

Sì, immediatamente, all’entourage del ministro e alla segreteria del capo della Polizia. Senza ottenere risposta. Ma una risoluzione del problema, quantomeno una solidarietà.

Ha sentito la risposta del ministro Salvini in merito all’interrogazione parlamentare del question time del 30 gennaio sulle sue rivelazioni?

Sì ma Salvini non ha risposto. Non è stato chiaro nella sua risposta, è stato evasivo. Però Salvini in un articolo ha ammesso di aver incontrato la mia collega a Milano e ha anche detto che è una ragazza coraggiosa e valida.

Quale è stato il ruolo di Cristian Ricci, responsabile della Imi Service, in questa storia?

Cristian Ricci non era assolutamente a conoscenza delle relazioni che abbiamo inviato all’Aise e dell’interrogazione con Salvini. Lui curava l’aspetto commerciale.

Le dichiarazioni di Gallo sono state considerate attendibili dagli organi giudiziari italiani. La procura di Trapani ha indagato 20 persone, tra comandanti delle navi e volontari delle ong Jugend Rettet, Save the Children e Medici senza frontiere.

Attualmente sono in piedi tre procedimenti: uno nella procura di Trapani, sulle navi Juventa, Vos Prudence e Vos Hestia, uno della procura distrettuale di Catania sulla motonave Aquarius, e una di Ragusa sulla motonave Open Arms.

Le altre sono state archiviate. La procura ha sempre precisato: gli eventuali reati sono avvenuti esclusivamente per salvare vite umane.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » gio giu 13, 2019 8:19 pm

Libia ordina lo sbarco. Ma la Sea Watch va verso Lampedusa
Nico Di Giuseppe
Gio, 13/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... xikT4XAH3g

Le autorità libiche assegnano ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Salvini avvisa la "nave illegale". Che si dirige prima a Tunisi e poi cambia rotta e va verso Lampedusa

"La Sea Watch è intervenuta in zona sar libica, anticipando la Guardia Costiera di Tripoli pronta ad intervenire e già in zona.

Sappia che, qualora facesse rotta verso l'Italia, metterebbe a rischio l'incolumità delle persone a bordo, sottoponendole a un viaggio più lungo e disobbedendo alle indicazioni di chi coordina le operazioni di soccorso. Non vediamo l'ora di usare i nuovi strumenti del decreto Sicurezza Bis per impedire l'accesso alle nostre acque territoriali. È l'ennesima iniziativa di questo tipo da parte di SeaWatch, una vera e propria nave pirata a cui qualcuno consente di violare ripetutamente la legge".

L'avvertimento di Matteo Salvini contro i talebani dell'accoglienza della Sea Watch che vanno a caccia di gommoni è stato chiaro. Dal canto suo la nave della ong tedesca ha deciso di disattendere le disposizioni che le sono state date e di puntare dritta verso la Tuinisia.: "#SeaWatch resta in attesa di indicazione di un porto sicuro, con richiesta inviata a Ly, Olanda, Mta, Ita - ha spiegato - una motovedetta libica, con mitragliatrice a prua, è sopraggiunta a trasbordo ormai concluso e ha stabilito contatto radio senza fornire indicazioni. Ha poi lasciato l'area".

Adesso però si aggiunge un nuovo tassello nella vicenda. E a dirlo è il ministro dell'Interno: “La nave illegale, dopo aver imbarcato 52 immigrati in acque libiche, si trova ora a 38 miglia dalle coste libiche, a 125 miglia da Lampedusa, a 78 miglia dalla Tunisia e a 170 miglia da Malta. Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente”. Adesso però la Sea Watch, dopo essere sostata a largo di Tripoli e aver poi preso la direzione verso la Tunisia, ha di nuovo cambiato rotta, e da ovest si dirige ora verso nord, ossia verso Lampedusa. Si evince dal monitoraggio radar della rotta della nave, il cui primo cambio di rotta, verso la Tunisia, aveva già causato l'irritazione del Viminale, che si aspettava invece che Sea Watch approdasse a Tripoli come concordato con le autorità libiche. Ora, invece, il nuovo cambio di direzione, con la nave che si trova ancora a un centinaio di miglia da Lampedusa. La Ong, al momento, non commenta ancora un'eventuale decisione in tal senso, ed è sempre possibile un ulteriore cambio di rotta nelle prossime ore.

Sea Watch "non sbarcherà i naufraghi in Libia. Tripoli non è un porto sicuro. Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine. È vergognoso che l'Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici". Lo scrive la Ong Sea Watch in un tweet.

“SeaWatch non vuole portarli in Libia? Allora spieghi perché ha chiesto a Tripoli un porto sicuro. E perché, dopo la risposta positiva, ha atteso per ore davanti alla costa africana. Aveva il via libera allo sbarco, l’atteggiamento della SeaWatch sembra un vero e proprio sequestro di persona per motivi politici. Polemizza col Viminale sulla pelle degli immigrati", ha tuonato il ministro dell’Interno.
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Re: La legge o convenzione internazionale del soccorso in ma

Messaggioda Berto » ven giu 14, 2019 7:16 pm

Salvini ora attacca la procura: "Basta dissequestrare le navi"
Angelo Scarano - Ven, 14/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 29QESb6nYw

Il ministro Salvini contro i pm di Agrigento che hanno rimesso in mare Sea Watch: "Vado io piedi in Sicilia a chiedere perché..."

Non si ferma il braccio di ferro tra Salvini e una parte di magistratura. Questa volta il titolare del Viminale mette nel mirino la procura di Agrigento che ha recentemente dissequestrato la Sea Watch 3 che adesso si trova a 16 miglia da Lampedusa con più di 50 migranti a bordo.

La procura siciliana infatti qualche giorno fa aveva revocato il sequestro probabatorio sull'imbarcazione permettendo all'ong la ripresa delle operazioni in mare. Operazioni di salvataggio che sono ripartite immediatamente proprio in quel tratto di mare che separa la Libia dall'Italia. Il Viminale, come abbiamo ricordato ieri, ha già diffidato la nace di Sea Watch vietando l'ingresso nelle acque territoriali italiane. Ma il titolare del Viminale punge la procura di Agrigenti e afferma: "Non capisco perché qualche procura la sequestra e poi la dissequestra, la sequestra e la dissequestra. Se anche questa volta, per la terza volta la procura dissequestrerà la nave, vado io a piedi ad Agrigento a farmi spiegare".

Poi ha aggiunto: "Alla Sea Watch, mi dicono, si sta aggiungendo una barca a vela, si vede che c’è una regata. Se vogliono divertirsi, facciano pure ma se pensano di entrare, hanno sbagliato cantiere. Se dietro c’è un calcolo politico, hanno sbagliato". Poi, sempre il ministro degli interni ha ribadito la sua linea dei porti chiusi: "Per quello che mi riguarda stanno scherzando con le vite umane e non è una cosa accettabile. Io non darò mai l'autorizzazione allo sbarco, mi domando perché qualche procura sequestri e dissequestri, sequestri e dissequestri, è la terza volta che vediamo lo stesso film". Insomma lo scontro con le ong adesso si allarga e diventa anche un braccio di ferro con la procura di Agrigento. Intanto la nave in questo momento resta in "stand by" a 16 miglia da Lampedusa. Bisogna capire quale sarà il porto di attracco dopo il "blocco" del Viminale.



L'Ue mette nel mirino Salvini: "Valutiamo dl Sicurezza bis"
Angelo Scarano - Ven, 14/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... -t_ozS7o50

La Commissione pronta a verificare la compatibilità del provvedimento con la normativa Ue. Braccio di ferro con Bruxelles

Il dl Sicurezza Bis potrebbe finire nel mirino dell'Unione Europea. Il piano con le nuove direttive varate dal Ministero degli Interni sono molto stringenti sul fronte deelle ong.

Infatti le norme adesso prevedono la confisca della nave che forza i divieti imposti sulle acque territoriali e multe per le ong che portano i migranti salvati in mare nei nostri porti. Disposizioni che potrebbero già entrare in campo a breve con la diffida da parte del Ministero degli Interni contro Sea Watch. Il Viminale ha infatti proibito l'ingresso nelle acque territoriali alla nave dell'ong che sta facendo rotta sull'Italia. Le disposizioni di Salvini in questo caso sono molto chiare ed è intenzionato ad usare il pugno di ferro sfruttando proprio le norme del dl Sicurezza bis. Ma a quanto pare Bruxelles potrebbe mettere nel mirino proprio il provvedimento appena varato.

Ad affermarlo è stata la portavoce dell'esecutivo Ue, Natasha Bertaud: "La Commissione europea ha annunciato la sua intenzione di verificare la compatibilità del decreto di sicurezza bis con la legislazione dell’Ue. Si tratta di una bozza e non commenteremo un decreto quando è ancora un progetto". Insomma tra le righe Bruxelles lascia intedere che metterà sotto la lente proprio le norme che intervengono in modo diretto sulla gestione dei flussi migratori. Poi sempre la Bertaud aggiunge: "Tuttavia la Commissione mantiene la sua prerogativa di verificare la compatibilità di questa legislazione una volta adottata". Insomma all'orizzonte potrebbe esserci un braccio di ferro durissimo tra Bruxelles e Roma proprio su un altro provvediemnto chiave del governo gialloverde.
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Messaggioda Berto » sab giu 15, 2019 8:21 pm

Tutti quei dubbi sui magistrati che hanno favorito la Sea Watch
Andrea Indini - Sab, 15/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... ZEvTTnGt5o
I magistrati di Agrigento avrebbero potuto fermare l'ong tedesca. Ma non lo hanno fatto e l'hanno liberata. Perché?

La Sea Watch 3 si trova ancora in acque territoriali. A bordo ci sono i 52 migranti soccorsi davanti alle coste libiche.

Da due giorni a sedici miglia dall'isola di Lampedusa, la nave "pendola", come si dice nel gergo marittimo, senza muoversi da quella posizione. In attesa di una svolta. Non è certo la prima volta che l'ong tedesca infrange tutte le leggi del mare anticipando le mosse della Guardia costiera di Tripoli e rifiutandosi di riportare i clandestini i Libia al solo scopo di ingaggiare un braccio di ferro con Matteo Salvini. Tanto che ora viene il dubbio sull'azione della magistratura italiana che, quando ha avuto la possibilità di fermare l'imbarcazione, on l'ha fatto. A sollevare queste accuse contro i pm italiani è Pietro Dubolino, presidente di sezione a riposo della Corte di Cassazione, che sulla Verità spiega chiaramente perché la nave della Sea Watch andava lasciata sotto sequestro.

Forte del nuovo decreto Sicurezza bis, che gli dà la possibilità di vietarne l'ingresso, Salvini ha sottolineato che la nave non approderà in un porto italiano. "Sicuramente non arrivano in Italia perché per fesso non mi prendono", ha tuonato il vicepremier accusando la Sea Watch, così come tutte le altre ong che operano nel Mar Mediterraneo, di usare "gli esseri umani per loro indegni interessi. Non so se anche economici, ma sicuramente politici". "La Sea Watch sta andando avanti e indietro dimostrando ancora una volta di operare al di fuori della legge", ha incalzato il leader del Carroccio domandandosi come mai la procura non abbia confermato il sequestro. Lo stesso dubbio è stato sollevato dalle colonne della Verità da un magistrato che non si fa problemi a rivela che, anziché trovarsi in mare aperto, a poche miglia da Lampedusa, la Sea Watch 3 dovrebbe essere sotto sequestro per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Come spiega molto bene Dubolino, il braccio di ferro tra Salvini e l'ong tedesca è un déjà vu. Quando la procura di Agrigento ha deciso di dissequestrarla, era facilmente prevedibile che sarebbe subito tornata a "raccogliere davanti alle coste libiche altri 'migranti' per portarli in Italia" e sfidare politicamente il vicepremier leghista. Certo i pm hanno tenuto in piedi il procedimento penale, ma rimettendo in mare l'imbarcazione hanno di fatto riarmato gli ultrà dell'accoglienza che non vedevano l'ora di montare un nuovo caso mediatico. Non deve, quindi, stupire se il "salvataggio" di giovedì scorso sia avvenuto abbia seguito il solito schema: l'ong che interviene prima della Guardia costiera di Tripoli, nonostante quest'ultima avesse preso in carico il soccorso; il rifiuto netto di trasferire i migranti sia in Libia sia in Tunisia; il blitz verso le acque territoriali italiane per creare un nuovo scontro politico e portare il caso a Bruxelles.

Nel suo intervento pubblicato sulla Verità, Dubolino non mostra alcuno stupore per il consolidato modus operandi della Sea Watch. Al contrario solleva forti dubbi sull'operato della magistratura italiana che sembra aver "del tutto ignorato" certe precise disposizioni. In primo luogo l'arresto di chi è stato beccato a favorire l'immigrazione clandestina. È obbligatorio ma nel caso della Sea Watch è stato disatteso. "Non si comprende per quale ragione il comandante a carico del quale si riteneva fin da quel momento addebitabile il reato in questione sia stato denunciato a piede libero e non in stato di arresto, come la legge avrebbe imposto", scrive il magistrato ricordando che tale reato prevede anche la confisca del mezzo di trasporto usato per commettere l'illecito. "In casi come questo - fa notare - è prassi corrente di tutti gli uffici giudiziari mantenere il vincolo sulle cose soggette a confisca obbligatoria, trasformando, sulla base di talune precise norme del codice di procedura penale, il sequestro probatorio in sequestro preventivo, da mantenere fino all'esito del procedimento penale". la procura di Agrigento, al contrario, ha dissequestrato la Sea Watch 3 permettendole di tornare in mare. "O, all'atto in cui è stata disposto il dissequestro della nave, la procura era già giunta alla conclusione che, per quanto emerso dalle indagini, il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina fosse da ritenere insussistente, e allora, contestualmente al dissequestro, avrebbe dovuto chiedere l'archiviazione del procedimento - ipotizza Dubolino - oppure riteneva che il reato fosse rimasto comunque configurabile, e allora, essendo pendente il relativo procedimento penale, avrebbe dovuto chiedere la trasformazione del sequestro probatorio in sequestro preventivo a garanzia, nell'eventualità della condanna, della eseguibilità della confisca obbligatoria".

Le ombre sulla magistratura sono dunque notevoli. "Se questo fosse un Paese serio - conclude Dubolino - qualcuno, nelle opportune sedi istituzionali, dovrebbe chiedere a chi di dovere le opportune spiegazioni". Ma si sa è difficile (se non impossibile) che i magistrati paghino per degli errori commessi.
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Re: La legge o convenzione internazionale del soccorso in ma

Messaggioda Berto » sab giu 15, 2019 8:40 pm

Sea Watch, Salvini firma divieto d'ingresso in Italia, l'ong: "Crimine contro umanità". Sbarco autorizzato solo per 10
di F. Q. | 15 Giugno 2019
7-9 minuti

“Ho appena firmato il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane, come previsto dal nuovo Decreto Sicurezza. Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: stop ai complici di scafisti e trafficanti“. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ha annunciato così di aver subito attivato la procedura prevista dal Decreto Sicurezza bis nei confronti della nave dell’ong tedesca con a bordo 52 migranti soccorsi dopo un naufragio al largo della Libia. La legge firmata venerdì dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, integra il Decreto Sicurezza già in vigore prevedendo multe da 10mila a 50mila euro per il comandante della nave che non rispetta il divieto di ingresso nelle acque territoriali. “Riportando indietro queste persone commetterebbe un crimine per cui l’Italia è già stata condannata, ovvero quello del respingimento collettivo”, gli ha subito replicato l’ong.

La Sea Watch 3 si trova da due giorni in acque internazionali a circa 15 miglia dall’isola di Lampedusa dopo che mercoledì è intervenuta in soccorso di alcuni migranti che stavano per essere imbarcati dalla guardia costiera libica e, tramite la portavoce dell’ong Giorgia Linardi, ha fatto sapere di non essere intenzionata a portare i migranti in Libia. Nei giorni scorsi il vicepremier Salvini aveva già dichiarato che non ci sarebbero state aperture, invitando la Ong al dietrofront verso la costa nordafricana dove però non ci sono le condizioni di sicurezza previste dai trattati internazionali per la conclusione di un salvataggio. Come ricorda Sea Watch, infatti, “la Libia è internazionalmente non riconosciuta come un porto sicuro e lo dice la stessa missione Onu in Libia, l’Unhcr, la commissione Europea, la nostra Farnesina, lo stesso nostro ministro dell’Interno in tv lo scorso 25 maggio e il presidente libico Al Serraj“.


Intanto, dopo un controllo sanitario a bordo da parte del centro nazionale di coordinamento del soccorso in mare di Roma, 10 dei 52 migranti a bordo sono stati fatti sbarcare a Lampedusa perché necessitano di cure mediche: lo sbarco, secondo quanto si apprende, è stato autorizzato per 7 di loro perché necessitano di cure mediche, e per 3 accompagnatori, trasferiti sull’isola da una motovedetta della Guardia Costiera. Si tratta, riferiscono fonti del Viminale, di “tre minori, tre donne di cui due incinte e due accompagnatori, due uomini malati”.

“Uno dei naufraghi ha raccontato di essere stato costretto a seppellire cadaveri per preparare il centro di detenzione alla visita di operatori esterni cercando di renderlo più presentabile. Questa è la Libia, il Paese in cui ci viene indicato di portare le persone soccorse: non lo faremo mai“, ha raccontato Giorgia Linardi spiegando che i naufraghi hanno subito “vessazioni inenarrabili durante i lunghi periodo di detenzione”. “Anche il più piccolo dei minori non accompagnati, che ha solo 12 anni, è stato imprigionato senza un valido motivo. Un’altra persona – continua Linardi – ha raccontato di essere stata venduta, pare, peraltro, a un ufficiale del governo e di essere stato costretto a prestare manodopera gratuita: ha lavorato come servo per potersi comprare la libertà ed essere messo su un gommone”.

“Molte persone – aggiunge la portavoce di Sea Watch – raccontano di aver tentato di lasciare la Libia via mare più volte. Una persona addirittura ha riconosciuto nella motovedetta che è sopraggiunta dopo il soccorso la stessa che lo aveva già riportato indietro”. Tutte le volte che i naufraghi sono ricondotti in Libia “vengono di nuovo imprigionati”. Alla vista della motovedetta libica “sono terrorizzati”. “Un’altra persona – prosegue – ha raccontato che il familiare gli è stato ucciso davanti agli occhi con un colpo di kalashnikov, sempre in detenzione. Noi non riporteremo mai nessuno in un Paese dove alle persone è riservato questo trattamento – ammonisce Linardi -. Ci aspetteremmo che i nostri governi si impegnassero perché questo non avvenga invece di alimentare la spirale del traffico permettendo che queste persone che tentano di scappare dalla Libia siano riportate indietro, torturate, seviziate. E se sopravvivono… di nuovo ributtate in mare per essere poi riportate indietro. Finché non periscono”.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini venerdì aveva dichiarato che “i porti italiani restano sbarrati. La Sea Watch ha caricato a bordo degli immigrati che stavano per essere salvati dalla guardia costiera libica. Poi ha chiesto a Tripoli un porto di sbarco, ma quando lo ha ottenuto ha detto che non avrebbe mai riportato gli immigrati indietro. Quindi la ong si è messa a girovagare per il Mediterraneo costringendo donne, uomini e bambini a inutili sofferenze. Poi ha chiesto indicazioni all’Olanda, avendo bandiera olandese. Successivamente ha contattato ancora l’Italia, ma per le navi pirata i nostri porti restano chiusi. Siamo di fronte all’ennesima sceneggiata dei finti buoni: a questo punto vadano verso il Nord Europa”.

La questione, per la portavoce della Commissione Ue, Natasha Bertaud, si risolve in partenza: “Tutte le navi con bandiera europea devono seguire le regole internazionali e sulla ricerca e salvataggio in mare, che significa che devono portare le persone in un porto che sia sicuro. La Commissione ha sempre detto che queste condizioni non ci sono attualmente in Libia“. Quanto allo sbarco, “in generale la Commissione non ha le competenze per decidere se e dove” può avvenire, rimarca Bertaud, “è una questione sotto la responsabilità del Centro nazionale di coordinamento di soccorso marittimo (Mrcc), che ha in carico le operazioni”.

Secondo Salvini, invece, è la nave ad essere “fuorilegge” e così “può stare lì per settimane, per mesi, fino a Capodanno”. In serata, poi, fonti del Viminale hanno precisato via agenzie stampa che il decreto interministeriale che dispone il divieto di ingresso, transito e sosta alla Sea Watch 3 nelle acque italiane è stato firmato anche dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, e dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli.

Il Decreto Sicurezza Bis contiene disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione illegale, di ordine pubblico, di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive. Tra i punti centrali – e oggetto di numerose limature, fino a far sparire il riferimento ai migranti soccorsi in mare presente nelle prime bozze del dl – le multe da 10mila a 50mila euro per il comandante della nave che non rispetta il divieto di ingresso nelle acque territoriali. In caso di reiterazione del reato è prevista la confisca della nave. La misura – pur non esplicitandolo – punta a colpire le navi delle ong che soccorrono i naufraghi quando siano migranti.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mar giu 18, 2019 5:54 am

Sea Watch ora sfida Salvini e chiede "aiuto" ai magistrati
Angelo Scarano - Lun, 17/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... SsPPz3SVRI

L'ong ha presentato un esposto al Tar per impugnare il "blocco" del Viminale. Salvini: "Hanno tempo da perdere..."
La Sea Watch torna a sfidare Salvini. Il braccio di ferro a 15 miglia dall'isola di Lampedusa si fa sempre più duro.
Come è noto, ieri la Guardia di Finanza ha notificato all'equipaggio il decreto con cui si vieta l'ingresso alla nave nelle acque territoriali italiane. Il documento inviato dal Viminale alla Sea Watch di fatto ricorda il contenuto del decreto sicurezza bis. Nel testo inviato infatti il Viminale sottolinea che in caso di forzo del blocco imposto alla Sea Watch, l'ong potrebbe fare i conti con il sequestro della nave e la confisca. Dopo la notifica del provvedimento il comandante ha reiterato la richiesta di un porto di sbarco. Ma il Viminale tira dritto e dunque la nave resta in stand by in acque internazionali. Ma il decreto di fatto ricorda che è possibile impugnare il provvedimento con un ricorso al Tar del lazio entro 60 giorni dalla notifica. Sea Watch non ha perso tempo e ha già presentato ricorso al tribunale amministrativo. Salvini, in visita negli Stati Uniti per incontrare il Segretario di Stato Pompeo e il vice Trump, Pence, ha commentato così il ricorso della Sea Watch: "Prendiamo atto che Sea Watch ha presentato al Tar del Lazio un esposto di 40 pagine, evidentemente a bordo hanno tempo da impiegare per questo. Non sarà una Sea Watch qualunque a fermarci". Insomma il braccio di ferro tra il ministro degli Interni e l'ong prosegue e si fa sempre più acceso. Salvini ha criticato aspramente nei giorni scorsi la decisione di alcuni magistrati di dissequestrare la nave.
Di fatto rendendo così possibile la ripresa delle operazioni. Questa volta però con le nuove norme scatterebbe direttamente la confisca. Una differenza non da poco nella guerra a distanza tra il Viminale e la ong buonista. Infine, Salvini dagli Stati Uniti spiega la sua gestione dei flussi migratori e guarda al futuro: "Possiamo aprirci a una immigrazione qualificata, fondata sul merito, sui titoli, sui numeri in relazione alle richieste del Paese ospitante, è un tema che approfondirò da domani al Viminale".




Doccia fredda per Sea Watch: il Tar boccia il ricorso contro il divieto di sbarco
Angelo Scarano - Mar, 18/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 0T8hs9U54A

Il tribunale amministrativo ha respinto il ricorso di Sea Watch contro il divieto imposto dal Viminale

Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso di Sea Watch. L'ong tedesca aveva infatti impugnato il provvedimento notificato dalla Guardia di Finanza a bordo della nave che di fatto vieta l'ingresso dell'imbarcazione nella acque territoriali italiane.

Il provvedimento firmato dal ministro degli Interni mette in pratica le disposizioni del decreto Sicurezza bis. La nave, in caso di navigazione nelle acque italiane, rischia una multa pesante e soprattutto la confisca. Il provvedimento del Viminale dava 60 gironi di tempo per ricorrere al Tar. Ricorso che è stato presentato ieri dall'ong. Ma oggi la doccia fredda: il tribunale amministrativo lo ha respinto. Intanto sempre Sea Watch è finita nel mirino della procura di Agrigento che ha aperto un fascicolo contro ignoti per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La procura si è mossa dopo lo sbarco di 10 migranti dalla nave.

I migranti hanno infatti lasciato la nave che si trova a 15 miglia da Lampedusa, in acque internazionali, per motivi di salute. Subito dopo il loro sbarco i pm hanno aperto il fascicolo. La situazione per il momento non si sblocca. La nave resta in stand by. Ma dalla Germania arriva un'offerta. Almeno 50 città tedesche si sono rese disponibili per accogliere i migranti. Ma a quanto pare il ministro degli Interni tedesco Seehofer sarebbe contrario. Insomma il braccio di ferro continua e diventa sempre più duro. Un braccio di ferro che adesso vede la nave in stallo in mare e 42 migranti a bordo che sconoscono la loro sorte. Questa volta il blitz buonista di Sea Watch che ha salvato i migranti ignorando le indicazioni dei libici pronti a intervenire, potrebbe rivelarsi un pericoloso boomerang.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mar giu 18, 2019 7:47 pm

C'è un prete dietro il centralino che diffonde bufale sui naufragi
Mauro Indelicato - Mar, 18/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... bZOjhf-F6I

Don Zerai, il parroco eritreo soprannominato anche "don Barcone", è fondatore dell'agenzia che gestisce il network telefonico Alarm Phone

Nei giorni scorsi si assiste ad una ripresa non solo delle partenze dalla Libia, ma anche del braccio di ferro tra Ong e governo italiano con riferimento soprattutto alle politiche del ministro dell’interno Matteo Salvini.

Delle partenze dalle coste del paese africano, si viene a conoscenza il più delle volte con i Tweet delle stesse organizzazioni non governative le quali a loro volta però danno spazio alle segnalazioni di Alarm Phone.

Un nome quest’ultimo che proprio in queste settimane appare sempre più citato sia sui social, che sui media: tutto parte proprio dal canale Twitter di Alarm Phone, network telefonico i cui centralinisti ricevono chiamate direttamente dai barconi. Per questo spesso, nelle segnalazioni social, spuntano sia le foto dei natanti che le coordinate esatte della loro posizione.

Una precisione, per l’appunto, che si può avere solo grazie a diretti contatti telefonici e satellitari con alcune delle persone a bordo dei barconi o dei gommoni. E qui sorge la prima domanda: come avvengono questi contatti? Del resto ben si intuisce il fatto che a determinate miglia dalla costa i normali cellulari non hanno alcun segnale.

I contatti dunque non possono che avvenire con mezzi satellitari, i quali certamente hanno dei costi che singoli migranti che già spendono cifre esose per partire dalla Libia non possono permettersi. Una “traccia” di come avvengono i contatti tra un barcone ed Alarm Phone, si ha grazie ad un episodio risalente allo scorso 20 gennaio descritto da Fausto Biloslavo su Panorama. In particolare, un tweet di Alarm Phone segnala la presenza di un barcone non lontano dalla Libia che rischia di affondare. Scattato l’allarme, sul posto arriva un aereo della missione Sophia le cui foto dimostrano come in realtà il mezzo non sta imbarcando acqua. Ma la bufala lanciata per mezzo del canale di Alarm Phone non è la circostanza più grave di questo episodio. Gli stessi uomini della missione Sophia infatti, individuano un uomo in possesso di un telefono satellitare Thuraya. È lui alla guida del barcone ed è al contempo anche il principale sospettato di essere lo scafista del mezzo, tanto da essere segnalato alla polizia italiana.

Ma anche in altri episodi si riscontra come, il più delle volte, è proprio la scafista ad essere in possesso dei telefoni satellitari Thuraya. Ecco quindi che emergono i sospetti di contatti diretti tra scafisti ed Alarm Phone. E qui arriva la seconda domanda: chi gestisce Alarm Phone?

Sul sito della stessa agenzia si fa riferimento alla missione dei volontari ed ai propri obiettivi. Su Agensir, un’agenzia di stampa cattolica, appaiono invece delle descrizioni più precise. In particolare, in un articolo del 12 agosto 2015, si afferma che Alarm Phone “è un network telefonico dell’agenzia Habeshia, la rete di volontari fondata nel 2006 dal sacerdote eritreo don Mussie Zerai”.

Ed ecco che ritorna un nome più volte in passato alla ribalta quando si parla di migranti: Zerai è al centro del circuito mediatico già nel 2013, anno della strage del 3 ottobre a Lampedusa. È lui a scendere in Sicilia dal Vaticano rilasciando numerose interviste, presenzia anche alle celebrazioni in suffragio delle vittime svoltesi al porticciolo di Agrigento. Una notorietà che gli vale anche la candidatura al nobel per la pace nel 2015. Da allora sono diversi i nominativi a lui affibbiati: si va da quelli positivi, in cui Zerai è “angelo dei migranti”, a quelli più negativi in cui il sacerdote viene dipinto come “don Barcone”.

Negli anni più bui dell’emergenza immigrazione, in tanti si chiedono come mai gli scafisti abbiano il suo numero e conoscano quelli dei centralini del suo network telefonico, Alarm Phone per l’appunto. Lui si difende affermando, sempre su Agensir, che in realtà il suo numero in Libia è molto diffuso già nel 2003, quando si trova all’interno di alcune missioni nei campi profughi del paese africano: “Il mio numero da allora inizia ad essere scritto anche sui muri, nel 2011 viene anche enunciato da diverse emittenti”.

Ma su questa questione a voler vedere chiaro sono anche i magistrati di Trapani, che nel 2017 aprono un fascicolo contro don Zerai con l’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

Il nome del parroco eritreo ritorna comunque alla ribalta: Alarm Phone è quindi un network della rete di volontari fondata dal sacerdote eritreo. Un network però non esente da sospetti e soprattutto da conclamate bufale, come quella del barcone in avaria del 20 gennaio scorso o come quella di pochi giorni fa, che parla di una bimba morta a bordo di un gommone a largo della Libia, circostanza poi smentita dalla nostra marina miliare accorsa sul posto.

Un modo, quello della narrazione sui social di Alarm Phone, per mettere pressione e spingere i governi ad avallare il lavoro delle Ong. Una finalità dunque più politica che umanitaria, ben inserita nel contesto dell’attuale braccio di ferro tra le organizzazioni non governative ed il governo italiano.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mer giu 19, 2019 5:39 am

La lezione "tedesca" all'Italia: 50 città pronte ad accogliere i migranti di Sea Watch
Redazione Bruxelles 18 giugno 2019

http://europa.today.it/attualita/seawat ... ranti.html

Cinquanta città tedesche sono pronte ad accogliere i 43 migranti a bordo della nave Sea Watch che il leader della Lega Matteo Salvini vorrebbe rispedire in Libia e che da giorni è al largo dello coste italiane in attesa di poter attraccare in uno dei porti del Belpaese. È quanto ha reso noto il ministero degli Interni di Berlino.

Lo stesso ministero che, stando a quanto riferisce il settimanale Der Spiegel, starebbe invece opponendosi a questa eventualità. Il titolare degli Interni, Horst Seehofer, tra gli esponenti del governo a favore di una linea più dura sull'immigrazione, vorrebbe infatti che vi sia "la partecipazione più ampia possibile di altri Stati membri dell'Ue e l'assunzione del coordinamento da parte della Commissione europea" per concedere alle città che hanno espresso formale richiesta di accogliere i migranti della Sea Watch.

La nave, pur battendo bandiera olandese, è di fatto lo strumento operativo dell'omonima associazione che ha sede a Berlino e che da anni salva centinaia di vite umane nel Mediterraneo, tra le accuse di complicità con gli scafisti mosse, finora senza riscontri, dall'Italia. L'ultimo salvataggio ha riaperto il fronte di scontro tra le ong e il governo, in particolare il ministro Salvini, che minaccia di applicare il decreto sicurezza bis, che vieta alle unità delle organizzazioni non governative l'ingresso nelle acque italiane a pena di sanzioni amministrative fino a 50 mila euro.

Per il leader della Lega, la Sea Watch avrebbe dovuto riportare le persone salvate in Libia. Ma sia per l'Unione europea, sia per l'Onu, sia per il Consiglio d'Europa, ultimo organismo internazionale a pronunciarsi in merito, il Paese nordafricano non puo' considerarsi un porto sicuro. Pertanto, i migranti andrebbero portati in Italia.

Secondo il Consiglio d'Europa, organismo che ha sede a Strasburgo ma, è bene ricordare, non c'entra nulla con l'Ue, gli Stati europei devono "sospendere ogni collaborazione con la Libia finché non sarà provato che non sono violati i diritti umani delle persone sbarcate sulle sue coste". Nelle sue raccomandazioni, il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic, evidenzia anche che la responsabilità per le operazioni di ricerca e salvataggio, gli sbarchi e l'accoglienza delle persone soccorse deve essere condivisa tra tutti gli Stati membri della Ue e non demandata unicamente a quelli costieri.



Gino Quarelo
Il Consiglio d'Europa è un covo sinistro di sinistri.




"Porti in Libia sicuri per le navi". Smentita l'ipocrisia di Ue e Ong
Angelo Scarano - Mar, 18/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... lSjV2d45bE

Una società assicurativa spiega: "In Libia porti sicuri per navi e equipaggi". Gli sbarchi assistiti dall'Oim. Ma le Ong insistono

Sempre l'Italia. Sempre un porto nostrano. Ormai i salvataggi nel Mediterraneo si sono trasformati in un ritornello stanco che si ripete di giorno in giorno, mese dopo mese: le Ong caricano immigrati in area Sar libica, fanno rotta verso il Belpaese, chiedono un "porto sicuro di sbarco" e ignorano sia Tripoli che Malta.

La motivazione ufficiale è che Sea Watch, Mediterranea e via dicendo non considerano la Libia un porto sicuro in cui sbarcare le persone. "Ci siamo diretti verso Lampedusa - dice a La7 Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italia che è ferma al largo di Lampedusa- perché la Libia non costituisce un porto sicuro e dunque non è un'opzione" e "non importa se l'indicazione è stata data da Tripoli".

La pensa così anche il Consiglio d'Europa, che oggi si è fiondato a spalleggiare le Organizzazioni non governative. "I migranti salvati in mare non dovrebbero mai essere sbarcati in Libia, perché i fatti dimostrano che non è un Paese sicuro", ha detto all'Ansa Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani. Lo stesso ha fatto anche la Commissione europea, che non riconosce Tripoli come area sicura in cui sbarcare. "Le navi che battono bandiera europea sono obbligate a rispettare il diritto internazionale e il diritto sulla ricerca e salvataggio in mare che implica la necessità di portare le persone in un posto sicuro - ha detto la portavoce Natasha Bertaud- La Commissione ha già detto e continuiamo a dirlo che queste condizioni non sono soddisfatte in Libia".

C'è chi non la pensa così. "Il parere del Consiglio d'Europa conta meno che zero, per quello che mi riguarda", dice Matteo Salvini. "Al di là della discussione sulla Libia ci sono tanti altri porti sicuri. Noi stiamo collaborando con la Guardia Costiera libica, a cui forniamo uomini e mezzi. In alcune strutture libiche ci sono inviati dell'Onu e delle associazioni umanitarie. Non do altri giudizi, se non ricordare che la stessa Sea Watch aveva chiesto alle stesse autorità libiche un porto di sbarco".

Non solo. La Verità ha sentito la compagnia di assicurazione marittima norvegiese Gard, secondo cui in Libia "tutti i porti funzionanti sono da considerarsi sicuri per le navi e i loro equipaggi". Almeno per quelle commerciali. Certo, le Ong dicono che poi i migranti tornano nelle carceri libiche, ma pure Salvini ricorda che "in alcune strutture libiche ci sono inviati dell'Onu e delle associazioni umanitarie". Peraltro, la Marina libica viene addestrata dal 2016 dalla operazione Sophia a realizzare operazioni di soccorso in mare. Quindi un po' bisognerà fidarsi, no? Eppure le Ong insistono a non voler consegnare i migranti alla Libia e a puntare verso l'Italia. E pensare che le operazioni di sbarco a Tripoli sono seguite da personale dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni: "L’OIM in Libia è presente, ed è attiva ai punti di sbarco, dove fornisce una prima assistenza ai migranti soccorsi in mare", scriveva a marzo sul proprio sito l'agenzia dell'Onu. Quindi il problema non è lo sbarco, ma quanto accade subito dopo. "Dopo lo sbarco - spiega l'Oim - i migranti sono però spesso trasferiti in centri di detenzione gestiti dal governo sui quali l’OIM non ha nessuna autorità. Si tratta di centri chiusi, e la detenzione di uomini, donne e bambini al loro interno è da considerarsi arbitraria. Le condizioni inaccettabili e inumane di questi centri sono ampiamente documentate. In generale la situazione nel paese rimane molto pericolosa e l’OIM non può garantire la protezione dei migranti in Libia". Allora sorge una domanda: perché l'Ue non investe di più per migliorare le condizioni dei migranti a Tripoli?


Gino Quarelo
Non è responsabilità e compito dell'Europa occuparsi dei clandestini e dei migranti in Libia; allo stesso modo che non è responsabilità e compito dell'Europa occuparsi dei clandestini e dei migranti in Egitto, in Tunisia, in Algeria, in Marocco e negli altri paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America.
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