Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

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Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 8:16 am

Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni", da tutte le idolatrie religiose, specialmente da quelle totalitarie, disumane, terroristiche e violente come quella nazi maomettana.

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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 8:18 am

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Il bacio degli idolatri
Magdi Cristiano Allam
5 febbraio 2019

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Il bacio della sottomissione di Papa Francesco all’islam. Il “Documento sulla fratellanza umana” sottoscritto con il Grande Imam di Al-Azhar prelude a una “Religione Unica Mondiale”

Cari amici, ieri ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, Papa Francesco e il Grande Imam dell’Università islamica di Al-Azhar che ha sede al Cairo, Ahmad Al-Tayyeb, hanno sottoscritto un “Documento sulla Fratellanza umana”, “Per la pace mondiale e la convivenza comune”. A suggellare questo Documento c’è stato un bacio bocca a bocca tra il Papa e il Grande imam, come attesta la foto scattata e diffusa dall’agenzia di stampa Reuters.
Il Documento inizia così: «In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace». La verità è che il Dio Uno e Trino del cristianesimo non è lo stesso Dio Allah dell'islam. L'islam divide l'umanità in “credenti” e “miscredenti”, ritenendo che i credenti siano solo i musulmani mentre i miscredenti sono tutti i non musulmani. Allah è un Dio Clemente e Misericordioso solo con i musulmani, mentre è vendicativo e violento con i non musulmani.
Il Documento prosegue: «In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera». Si tratta di una spregiudicata estrapolazione dei versetti 33-34 della Sura 5 del Corano che recita: «Per questo abbiamo prescritto ai Figli di Israele che chiunque uccida un uomo, che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l'umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l'umanità. I nostri Messaggeri sono venuti a loro con le prove! Eppure molti di loro commisero eccessi sulla terra. La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che li toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso, eccetto quelli che si pentono prima di cadere nelle vostre mani. Sappiate, Allah è perdonatore, misericordioso». La verità è che questi versetti sono rivolti specificatamente agli ebrei e di fatto li si condanna a morte perché si oppongono all'islam e diffonderebbero la «corruzione sulla terra».

Il Documento concepisce il cristianesimo e l'islam impegnati in una comune missione sia contro l'ateismo sia contro l'integralismo religioso: «Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva».

Il Documento assolve l'islam da qualsiasi legame con il terrorismo islamico e equipara l'islam al cristianesimo come religione di pace: «Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portarli a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente».
Il Documento afferma che il terrorismo islamico sarebbe la conseguenza o di una errata interpretazione dell'islam o la conseguenza di ingiustizie subite dai popoli: «Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni».
Il Documento sostiene che l'Occidente, ossia il cristianesimo, dovrebbe imparare e ispirarsi sul piano spirituale all'Oriente, ossia all'islam: «L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale».
Il Documento preannuncia una “Religione Unica Mondiale”: «In conclusione auspichiamo che questa Dichiarazione sia un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà; (…) sia un simbolo dell’abbraccio tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud e tra tutti coloro che credono che Dio ci abbia creati per conoscerci, per cooperare tra di noi e per vivere come fratelli che si amano. Questo è ciò che speriamo e cerchiamo di realizzare, al fine di raggiungere una pace universale di cui godano tutti gli uomini in questa vita».

Cari amici, ciò che sfugge a Papa Francesco è che l'islam si concepisce come l'unica vera religione e condanna di miscredenza sia l'ebraismo sia il cristianesimo sia qualsiasi altra religione o ideologia. Così come è indubbio il legame tra il terrorismo islamico e l'islam, perché è prescritto da Allah nel Corano e l'ha detto e praticato Maometto. Lo stesso Ahmad al-Tayyeb è un apologeta del terrorismo islamico suicida palestinese. Va inoltre considerato che il Grande imam dell'Università islamica di Al-Azhar, nonostante il prestigio indubbio che questa istituzione ha tra gli Stati islamici per la qualità dei suoi studi islamici, non è il “Papa dell'islam maggioritario sunnita”. Quindi questo Documento non è da considerarsi vincolante per l'insieme degli Stati o dei musulmani sunniti nel mondo.
Preoccupa la strategia sincretista che mette sullo stesso piano cristianesimo ed islam a prescindere da ciò che Allah prescrive nel Corano e da ciò che ha detto e ha fatto Maometto. Preoccupa la strategia globalista finalizzata a promuovere una “Religione Unica Mondiale” basata innanzitutto sull'alleanza tra la Chiesa cattolica e l'islam maggioritario sunnita, principalmente per combattere insieme la crescente secolarizzare delle società, anche se non c'è nulla di comune tra il cristianesimo e l'islam, a cominciare dal contrasto assoluto tra il Dio del cristianesimo e l'Allah islamico e tra Gesù e Maometto. Ecco perché di fatto il bacio in bocca di Papa Francesco al Grande imam Ahmad al-Tayyeb è un atto di sottomissione all'islam che prelude ad una “Religione Unica Mondiale” senza il vero cristianesimo.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:23 am

Discorsi nella visita agli Emirati Arabi Uniti
04/02/2019
https://www.toscanaoggi.it/Documenti/Pa ... rabi-Uniti


I testi integrali dei discorsi ufficiali pronunciati da Papa Francesco nel viaggio apostolico negli Emirati Arabi Uniti (3-5 febbraio 2019)
Saluto del Santo Padre ai giornalisti durante il volo di andata (3 febbraio)

Papa Francesco:

Buongiorno a tutti, buona domenica!

Gisotti:

Buongiorno, Santo Padre, buongiorno a tutti voi. Welcome on board to the colleagues from Abu Dhabi for the Emirates – Salam aleikum.Santo Padre, sembra ieri – quasi era ieri – che eravamo su un volo di ritorno da Panama. Tra i tanti manifesti di accoglienza lì, uno in particolare, della comunità musulmana di Panama, diceva: “Bienvenido Papa Francisco, hombre de paz”. E con questo spirito credo proprio che La aspettino negli Emirati, come uomo di pace che va a rafforzare il dialogo di pace, il dialogo e la fraternità, l’umana fraternità. Prego, Santo Padre.

Papa Francesco:

Grazie per la vostra compagnia. Sarà un viaggio corto, breve. Oggi al mattino ho avuto la notizia che pioveva, ad Abu Dhabi: questo, in quel luogo, lo si considera un segno di benedizione. Speriamo vada tutto così. Grazie tante. Io ho portato delle copie di un’icona fatta nel monastero di Bose, perché la portiate a casa: è sul tema del dialogo tra i vecchi e i giovani [l’icona raffigura un monaco giovane che porta sulle spalle un monaco anziano]. Ho tanto a cuore questo, e credo che sia una sfida per il nostro tempo. Paolo Ruffini vi darà questa icona. Grazie.
Incontro interreligioso nel Founder’s Memorial (4 febbraio)

Al Salamò Alaikum! La pace sia con voi!

Ringrazio di cuore Sua Altezza lo Sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il Dottor Ahmad Al-Tayyib, Grande Imam di Al-Azhar, per le loro parole. Sono grato al Consiglio degli Anziani per l’incontro che abbiamo poc’anzi avuto, presso la Moschea dello Sceicco Zayed.

Saluto cordialmente anche il Signore Abd Al-Fattah Al-Sisi, Presidente della Repubblica Araba d’Egitto, terra di Al-Azhar. Saluto cordialmente le Autorità civili e religiose e il Corpo diplomatico. Permettetemi anche un grazie sincero per la calorosa accoglienza che tutti hanno riservato a me e alla nostra delegazione.

Ringrazio anche tutte le persone che hanno contribuito a rendere possibile questo viaggio e che hanno lavorato con dedizione, entusiasmo e professionalità per questo evento: gli organizzatori, il personale del Protocollo, quello della Sicurezza e tutti coloro che in diversi modi hanno dato il loro contributo “dietro le quinte”. Un grazie speciale al Sig. Mohamed Abdel Salam, già consigliere del Grande Imam.

Dalla vostra patria mi rivolgo a tutti i Paesi di questa Penisola, ai quali desidero indirizzare il mio più cordiale saluto, con amicizia e stima.

Con animo riconoscente al Signore, nell’ottavo centenario dell’incontro tra San Francesco di Assisi e il sultano al-Malik al-Kāmil, ho accolto l’opportunità di venire qui come credente assetato di pace, come fratello che cerca la pace con i fratelli. Volere la pace, promuovere la pace, essere strumenti di pace: siamo qui per questo.

Il logo di questo viaggio raffigura una colomba con un ramoscello di ulivo. È un’immagine che richiama il racconto del diluvio primordiale, presente in diverse tradizioni religiose. Secondo il racconto biblico, per preservare l’umanità dalla distruzione Dio chiede a Noè di entrare nell’arca con la sua famiglia. Anche noi oggi, nel nome di Dio, per salvaguardare la pace, abbiamo bisogno di entrare insieme, come un’unica famiglia, in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della fratellanza.

Il punto di partenza è riconoscere che Dio è all’origine dell’unica famiglia umana. Egli, che è il Creatore di tutto e di tutti, vuole che viviamo da fratelli e sorelle, abitando la casa comune del creato che Egli ci ha donato. Si fonda qui, alle radici della nostra comune umanità, la fratellanza, quale «vocazione contenuta nel disegno creatore di Dio»[1]. Essa ci dice che tutti abbiamo uguale dignità e che nessuno può essere padrone o schiavo degli altri.

Non si può onorare il Creatore senza custodire la sacralità di ogni persona e di ogni vita umana: ciascuno è ugualmente prezioso agli occhi di Dio. Perché Egli non guarda alla famiglia umana con uno sguardo di preferenza che esclude, ma con uno sguardo di benevolenza che include. Pertanto, riconoscere ad ogni essere umano gli stessi diritti è glorificare il Nome di Dio sulla terra. Nel nome di Dio Creatore, dunque, va senza esitazione condannata ogni forma di violenza, perché è una grave profanazione del Nome di Dio utilizzarlo per giustificare l’odio e la violenza contro il fratello. Non esiste violenza che possa essere religiosamente giustificata.

Nemico della fratellanza è l’individualismo, che si traduce nella volontà di affermare sé stessi e il proprio gruppo sopra gli altri. È un’insidia che minaccia tutti gli aspetti della vita, perfino la più alta e innata prerogativa dell’uomo, ossia l’apertura al trascendente e la religiosità. La vera religiosità consiste nell’amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come sé stessi. La condotta religiosa ha dunque bisogno di essere continuamente purificata dalla ricorrente tentazione di giudicare gli altri nemici e avversari. Ciascun credo è chiamato a superare il divario tra amici e nemici, per assumere la prospettiva del Cielo, che abbraccia gli uomini senza privilegi e discriminazioni.

Desidero perciò esprimere apprezzamento per l’impegno di questo Paese nel tollerare e garantire la libertà di culto, fronteggiando l’estremismo e l’odio. Così facendo, mentre si promuove la libertà fondamentale di professare il proprio credo, esigenza intrinseca alla realizzazione stessa dell’uomo, si vigila anche perché la religione non venga strumentalizzata e rischi, ammettendo violenza e terrorismo, di negare sé stessa.

La fratellanza certamente «esprime anche la molteplicità e la differenza che esiste tra i fratelli, pur legati per nascita e aventi la stessa natura e la stessa dignità»[2]. La pluralità religiosa ne è espressione. In tale contesto il giusto atteggiamento non è né l’uniformità forzata, né il sincretismo conciliante: quel che siamo chiamati a fare, da credenti, è impegnarci per la pari dignità di tutti, in nome del Misericordioso che ci ha creati e nel cui nome va cercata la composizione dei contrasti e la fraternità nella diversità. Vorrei qui ribadire la convinzione della Chiesa Cattolica: «Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio»[3].

Vari interrogativi, tuttavia, si impongono: come custodirci a vicenda nell’unica famiglia umana? Come alimentare una fratellanza non teorica, che si traduca in autentica fraternità? Come far prevalere l’inclusione dell’altro sull’esclusione in nome della propria appartenenza? Come, insomma, le religioni possono essere canali di fratellanza anziché barriere di separazione?

La famiglia umana e il coraggio dell’alterità

Se crediamo nell’esistenza della famiglia umana, ne consegue che essa, in quanto tale, va custodita. Come in ogni famiglia, ciò avviene anzitutto mediante un dialogo quotidiano ed effettivo. Esso presuppone la propria identità, cui non bisogna abdicare per compiacere l’altro. Ma al tempo stesso domanda il coraggio dell’alterità[4], che comporta il riconoscimento pieno dell’altro e della sua libertà, e il conseguente impegno a spendermi perché i suoi diritti fondamentali siano affermati sempre, ovunque e da chiunque. Perché senza libertà non si è più figli della famiglia umana, ma schiavi. Tra le libertà vorrei sottolineare quella religiosa. Essa non si limita alla sola libertà di culto, ma vede nell’altro veramente un fratello, un figlio della mia stessa umanità che Dio lascia libero e che pertanto nessuna istituzione umana può forzare, nemmeno in nome suo.

Il dialogo e la preghiera

Il coraggio dell’alterità è l’anima del dialogo, che si basa sulla sincerità delle intenzioni. Il dialogo è infatti compromesso dalla finzione, che accresce la distanza e il sospetto: non si può proclamare la fratellanza e poi agire in senso opposto. Secondo uno scrittore moderno, «chi mente a sé stesso e ascolta le proprie menzogne, arriva al punto di non poter più distinguere la verità, né dentro di sé, né intorno a sé, e così comincia a non avere più stima né di se stesso, né degli altri»[5].

In tutto ciò la preghiera è imprescindibile: essa, mentre incarna il coraggio dell’alterità nei riguardi di Dio, nella sincerità dell’intenzione, purifica il cuore dal ripiegamento su di sé. La preghiera fatta col cuore è ricostituente di fraternità. Perciò, «quanto al futuro del dialogo interreligioso, la prima cosa che dobbiamo fare è pregare. E pregare gli uni per gli altri: siamo fratelli! Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa! Possa la nostra preghiera – ognuno secondo la propria tradizione – aderire pienamente alla volontà di Dio, il quale desidera che tutti gli uomini si riconoscano fratelli e vivano come tali, formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità»[6].

Non c’è alternativa: o costruiremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro. Le religioni, in particolare, non possono rinunciare al compito urgente di costruire ponti fra i popoli e le culture. È giunto il tempo in cui le religioni si spendano più attivamente, con coraggio e audacia, senza infingimenti, per aiutare la famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione, la visione di speranza e gli itinerari concreti di pace.

L’educazione e la giustizia

Torniamo così all’immagine iniziale della colomba della pace. Anche la pace, per spiccare il volo, ha bisogno di ali che la sostengano. Le ali dell’educazione e della giustizia.

L’educazione – in latino indica l’estrarre, il tirare fuori – è portare alla luce le risorse preziose dell’animo. È confortante constatare come in questo Paese non si investa solo sull’estrazione delle risorse della terra, ma anche su quelle del cuore, sull’educazione dei giovani. È un impegno che mi auguro prosegua e si diffonda altrove. Anche l’educazione avviene nella relazione, nella reciprocità. Alla celebre massima antica “conosci te stesso” dobbiamo affiancare “conosci il fratello”: la sua storia, la sua cultura e la sua fede, perché non c’è conoscenza vera di sé senza l’altro. Da uomini, e ancor più da fratelli, ricordiamoci a vicenda che niente di ciò che è umano ci può rimanere estraneo[7]. È importante per l’avvenire formare identità aperte, capaci di vincere la tentazione di ripiegarsi su di sé e irrigidirsi.

Investire sulla cultura favorisce una decrescita dell’odio e una crescita della civiltà e della prosperità. Educazione e violenza sono inversamente proporzionali. Gli istituti cattolici – ben apprezzati anche in questo Paese e nella regione – promuovono tale educazione alla pace e alla conoscenza reciproca per prevenire la violenza.

I giovani, spesso circondati da messaggi negativi e fake news, hanno bisogno di imparare a non cedere alle seduzioni del materialismo, dell’odio e dei pregiudizi; imparare a reagire all’ingiustizia e anche alle dolorose esperienze del passato; imparare a difendere i diritti degli altri con lo stesso vigore con cui difendono i propri diritti. Saranno essi, un giorno, a giudicarci: bene, se avremo dato loro basi solide per creare nuovi incontri di civiltà; male, se avremo lasciato loro solo dei miraggi e la desolata prospettiva di nefasti scontri di inciviltà.

La giustizia è la seconda ala della pace, la quale spesso non è compromessa da singoli episodi, ma è lentamente divorata dal cancro dell’ingiustizia.

Non si può, dunque, credere in Dio e non cercare di vivere la giustizia con tutti, secondo la regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti» (Mt 7,12).

Pace e giustizia sono inseparabili! Il profeta Isaia dice: «Praticare la giustizia darà pace» (32,17). La pace muore quando divorzia dalla giustizia, ma la giustizia risulta falsa se non è universale. Una giustizia indirizzata solo ai familiari, ai compatrioti, ai credenti della stessa fede è una giustizia zoppicante, è un’ingiustizia mascherata!

Le religioni hanno anche il compito di ricordare che l’avidità del profitto rende il cuore inerte e che le leggi dell’attuale mercato, esigendo tutto e subito, non aiutano l’incontro, il dialogo, la famiglia, dimensioni essenziali della vita che necessitano di tempo e pazienza. Le religioni siano voce degli ultimi, che non sono statistiche ma fratelli, e stiano dalla parte dei poveri; veglino come sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti, siano richiami vigili perché l’umanità non chiuda gli occhi di fronte alle ingiustizie e non si rassegni mai ai troppi drammi del mondo.

Il deserto che fiorisce

Dopo aver parlato della fratellanza come arca di pace, vorrei ora inspirarmi a una seconda immagine, quella del deserto, che ci avvolge.

Qui, in pochi anni, con lungimiranza e saggezza, il deserto è stato trasformato in un luogo prospero e ospitale; il deserto è diventato, da ostacolo impervio e inaccessibile, luogo di incontro tra culture e religioni. Qui il deserto è fiorito, non solo per alcuni giorni all’anno, ma per molti anni a venire. Questo Paese, nel quale sabbia e grattacieli si incontrano, continua a essere un importante crocevia tra Occidente e Oriente, tra Nord e Sud del pianeta, un luogo di sviluppo, dove spazi un tempo inospitali riservano posti di lavoro a persone di varie nazioni.

Anche lo sviluppo, tuttavia, ha i suoi avversari. E se nemico della fratellanza era l’individualismo, vorrei additare quale ostacolo allo sviluppo l’indifferenza, che finisce per convertire le realtà fiorenti in lande deserte. Infatti, uno sviluppo puramente utilitaristico non dà progresso reale e duraturo. Solo uno sviluppo integrale e coeso dispone un futuro degno dell’uomo. L’indifferenza impedisce di vedere la comunità umana oltre i guadagni e il fratello al di là del lavoro che svolge. L’indifferenza, infatti, non guarda al domani; non bada al futuro del creato, non ha cura della dignità del forestiero e dell’avvenire dei bambini.

In questo contesto mi rallegro che proprio qui ad Abu Dhabi, nel novembre scorso, abbia avuto luogo il primo Forum dell’Alleanza interreligiosa per Comunità più sicure, sul tema della dignità del bambino nell’era digitale. Questo evento ha raccolto il messaggio lanciato, un anno prima, a Roma nel Congresso internazionale sullo stesso tema, a cui avevo dato tutto il mio appoggio ed incoraggiamento. Ringrazio quindi tutti i leader che si impegnano in questo campo e assicuro il sostegno, la solidarietà e la partecipazione mia e della Chiesa Cattolica a questa causa importantissima della protezione dei minori in tutte le sue espressioni.

Qui, nel deserto, si è aperta una via di sviluppo feconda che, a partire dal lavoro, offre speranze a molte persone di vari popoli, culture e credo. Tra loro, anche molti cristiani, la cui presenza nella regione risale addietro nei secoli, hanno trovato opportunità e portato un contributo significativo alla crescita e al benessere del Paese. Oltre alle capacità professionali, vi recano la genuinità della loro fede. Il rispetto e la tolleranza che incontrano, così come i necessari luoghi di culto dove pregano, permettono loro quella maturazione spirituale che va poi a beneficio dell’intera società. Incoraggio a proseguire su questa strada, affinché quanti qui vivono o sono di passaggio conservino non solo l’immagine delle grandi opere innalzate nel deserto, ma di una nazione che include e abbraccia tutti.

È con questo spirito che, non solo qui, ma in tutta l’amata e nevralgica regione mediorientale, auspico opportunità concrete di incontro: società dove persone di diverse religioni abbiano il medesimo diritto di cittadinanza e dove alla sola violenza, in ogni sua forma, sia tolto tale diritto.

Una convivenza fraterna, fondata sull’educazione e sulla giustizia; uno sviluppo umano, edificato sull’inclusione accogliente e sui diritti di tutti: questi sono semi di pace, che le religioni sono chiamate a far germogliare. Ad esse, forse come mai in passato, spetta, in questo delicato frangente storico, un compito non più rimandabile: contribuire attivamente a smilitarizzare il cuore dell’uomo. La corsa agli armamenti, l’estensione delle proprie zone di influenza, le politiche aggressive a discapito degli altri non porteranno mai stabilità. La guerra non sa creare altro che miseria, le armi nient’altro che morte!

La fratellanza umana esige da noi, rappresentanti delle religioni, il dovere di bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra. Restituiamola alla sua miserevole crudezza. Sotto i nostri occhi sono le sue nefaste conseguenze. Penso in particolare allo Yemen, alla Siria, all’Iraq e alla Libia. Insieme, fratelli nell’unica famiglia umana voluta da Dio, impegniamoci contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri, l’imbavagliamento dei poveri; a tutto questo opponiamo la forza dolce della preghiera e l’impegno quotidiano nel dialogo. Il nostro essere insieme oggi sia un messaggio di fiducia, un incoraggiamento a tutti gli uomini di buona volontà, perché non si arrendano ai diluvi della violenza e alla desertificazione dell’altruismo. Dio sta con l’uomo che cerca la pace. E dal cielo benedice ogni passo che, su questa strada, si compie sulla terra.

[1] Benedetto XVI, Discorso a nuovi Ambasciatori presso la Santa Sede, 16 dicembre 2010.

[2] Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 1° gennaio 2015, 2.

[3] Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate, 5.

[4] Cfr Discorso ai partecipanti alla Conferenza Internazionale per la Pace, Al-Azhar Conference Centre, Il Cairo, 28 aprile 2017.

[5] F.M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, II, 2, Milano 2012, 60.

[6] Udienza Generale interreligiosa, 28 ottobre 2015.

[7] Cfr. Terenzio, Heautontimorumenos I, 1, 25.
Documento sulla «Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune» firmato da Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib
Santa Messa nello Zayed Sports City (5 febbraio)

Beati: è la parola con cui Gesù comincia la sua predicazione nel Vangelo di Matteo. Ed è il ritornello che Egli ripete oggi, quasi a voler fissare nel nostro cuore, prima di tutto, un messaggio basilare: se stai con Gesù, se come i discepoli di allora ami ascoltare la sua parola, se cerchi di viverla ogni giorno, sei beato. Non sarai beato, ma sei beato: ecco la prima realtà della vita cristiana. Essa non si presenta come un elenco di prescrizioni esteriori da adempiere o come un complesso insieme di dottrine da conoscere. Anzitutto non è questo; è sapersi, in Gesù, figli amati del Padre. È vivere la gioia di questa beatitudine, è intendere la vita come una storia di amore, la storia dell’amore fedele di Dio che non ci abbandona mai e vuole fare comunione con noi sempre. Ecco il motivo della nostra gioia, di una gioia che nessuna persona al mondo e nessuna circostanza della vita possono toglierci. È una gioia che dà pace anche nel dolore, che già ora fa pregustare quella felicità che ci attende per sempre. Cari fratelli e sorelle, nella gioia di incontrarvi, questa è la parola che sono venuto a dirvi: beati!

Ora, se Gesù dice beati i suoi discepoli, colpiscono tuttavia i motivi delle singole Beatitudini. In esse vediamo un capovolgimento del pensare comune, secondo cui sono beati i ricchi, i potenti, quanti hanno successo e sono acclamati dalle folle. Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati. Chi ha ragione, Gesù o il mondo? Per capire, guardiamo a come ha vissuto Gesù: povero di cose e ricco di amore, ha risanato tante vite, ma non ha risparmiato la sua. È venuto per servire e non per essere servito; ci ha insegnato che non è grande chi ha, ma chi dà. Giusto e mite, non ha opposto resistenza e si è lasciato condannare ingiustamente. In questo modo Gesù ha portato nel mondo l’amore di Dio. Solo così ha sconfitto la morte, il peccato, la paura e la mondanità stessa: con la sola forza dell’amore divino. Chiediamo oggi, qui insieme, la grazia di riscoprire il fascino di seguire Gesù, di imitarlo, di non cercare altro che Lui e il suo amore umile. Perché sta qui, nella comunione con Lui e nell’amore per gli altri, il senso della vita sulla terra. Credete a questo?

Sono venuto anche a dirvi grazie per come vivete il Vangelo che abbiamo ascoltato. Si dice che tra il Vangelo scritto e quello vissuto ci sia la stessa differenza che esiste tra la musica scritta e quella suonata. Voi qui conoscete la melodia del Vangelo e vivete l’entusiasmo del suo ritmo. Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa. Mi ha colpito quanto Mons. Hinder disse una volta e cioè che non solo egli si sente vostro Pastore, ma che voi, con il vostro esempio, siete spesso pastori per lui. Grazie di questo!

Vivere da beati e seguire la via di Gesù non significa tuttavia stare sempre allegri. Chi è afflitto, chi patisce ingiustizie, chi si prodiga per essere operatore di pace sa che cosa significa soffrire. Per voi non è certo facile vivere lontani da casa e sentire magari, oltre alla mancanza degli affetti più cari, l’incertezza del futuro. Ma il Signore è fedele e non abbandona i suoi. Un episodio della vita di sant’Antonio abate, il grande iniziatore del monachesimo nel deserto, ci può aiutare. Per il Signore aveva lasciato tutto e si trovava nel deserto. Lì, per vario tempo fu immerso in un’aspra lotta spirituale che non gli dava tregua, assalito da dubbi e oscurità, e pure dalla tentazione di cedere alla nostalgia e ai rimpianti per la vita passata. Poi il Signore lo consolò dopo tanto tormento e sant’Antonio gli chiese: «Dov’eri? Perché non sei apparso prima per liberarmi dalle sofferenze? Dove eri?». Allora percepì distintamente la risposta di Gesù: «Io ero qui, Antonio» (S. Atanasio, Vita Antonii, 10). Il Signore è vicino. Può succedere, di fronte a una prova o ad un periodo difficile, di pensare di essere soli, anche dopo tanto tempo passato col Signore. Ma in quei momenti Egli, anche se non interviene subito, ci cammina a fianco e, se continuiamo ad andare avanti, aprirà una via nuova. Perché il Signore è specialista nel fare cose nuove, sa aprire vie anche nel deserto (cfr Is 43,19).

Cari fratelli e sorelle, vorrei dirvi anche che vivere le Beatitudini non richiede gesti eclatanti. Guardiamo a Gesù: non ha lasciato nulla di scritto, non ha costruito nulla di imponente. E quando ci ha detto come vivere non ha chiesto di innalzare grandi opere o di segnalarci compiendo gesta straordinarie. Ci ha chiesto di realizzare una sola opera d’arte, possibile a tutti: quella della nostra vita. Le Beatitudini sono allora una mappa di vita: non domandano azioni sovraumane, ma di imitare Gesù nella vita di ogni giorno. Invitano a tenere pulito il cuore, a praticare la mitezza e la giustizia nonostante tutto, a essere misericordiosi con tutti, a vivere l’afflizione uniti a Dio. È la santità del vivere quotidiano, che non ha bisogno di miracoli e di segni straordinari. Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno. Chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo. È come un albero che, anche in terra arida, ogni giorno assorbe aria inquinata e restituisce ossigeno. Vi auguro di essere così, ben radicati in Cristo, in Gesù e pronti a fare del bene a chiunque vi sta vicino. Le vostre comunità siano oasi di pace.

Infine, vorrei soffermarmi brevemente su due Beatitudini. La prima: «Beati i miti» (Mt 5,5). Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori. Mi piace citare san Francesco, quando ai frati diede istruzioni su come recarsi presso i Saraceni e i non cristiani. Scrisse: «Che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani» (Regola non bollata, XVI). Né liti né dispute – e questo vale anche per i preti – né liti né dispute: in quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto. È importante la mitezza: se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto.

La seconda Beatitudine: «Beati gli operatori di pace» (v. 9). Il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive. Nel libro dell’Apocalisse, tra le comunità a cui Gesù stesso si rivolge, ce n’è una, quella di Filadelfia, che credo vi assomigli. È una Chiesa alla quale il Signore, diversamente da quasi tutte le altre, non rimprovera nulla. Essa, infatti, ha custodito la parola di Gesù, senza rinnegare il suo nome, e ha perseverato, cioè è andata avanti, pur nelle difficoltà. E c’è un aspetto importante: il nome Filadelfia significa amore tra i fratelli. L’amore fraterno. Ecco, una Chiesa che persevera nella parola di Gesù e nell’amore fraterno è gradita al Signore e porta frutto. Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l’unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe.

Gesù, che vi chiama beati, vi dia la grazia di andare sempre avanti senza scoraggiarvi, crescendo nell’amore «fra voi e verso tutti» (1 Ts 3,12).

SALUTO AL TERMINE DELLA MESSA

Prima di concludere questa celebrazione, che mi ha dato tanta gioia, desidero rivolgere il mio saluto affettuoso a tutti voi che avete partecipato: fedeli caldei, copti, greco-cattolici, greco-melchiti, latini, maroniti, siro-cattolici, siro-malabaresi, siro-malancaresi.

Ringrazio vivamente Monsignor Hinder per la preparazione di questa visita e per tutto il suo lavoro pastorale. Un “grazie” caloroso ai Patriarchi, agli Arcivescovi Maggiori e agli altri Vescovi presenti, ai Sacerdoti, alle persone consacrate e ai tanti laici impegnati con generosità e spirito di servizio nelle comunità e con i più poveri.

Saluto e ringrazio “eyal Zayid fi dar Zayid / i figli di Zayid nella casa di Zayid”.

La nostra Madre Maria Santissima vi custodisca nell’amore alla Chiesa e nella gioiosa testimonianza del Vangelo. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:25 am

Questo documento è una mostruosità demenziale e idolatra.
Alberto Pento

Quante menzogne, ipocrisie e manipolazioni!

... Il Documento assolve l'islam da qualsiasi legame con il terrorismo islamico e equipara l'islam al cristianesimo come religione di pace:

«Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portarli a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente».
Il Documento afferma che il terrorismo islamico sarebbe la conseguenza o di una errata interpretazione dell'islam o la conseguenza di ingiustizie subite dai popoli: «Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni».

Il Documento sostiene che l'Occidente, ossia il cristianesimo, dovrebbe imparare e ispirarsi sul piano spirituale all'Oriente, ossia all'islam:
«L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale». ...


Alberto Pento
Ma dimmi Bergoglio perché mai Maometto avrebbe ucciso, sterminato e ordinato ai suoi e fatto scrivere nel Corano che i mussulmani debbono fare altrettanto con tutti i diversamente religiosi, con gli atei e con chi non si sottomette all'Islam?
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:26 am

Dal deserto ai petroldollari: le contraddizioni degli Emirati Arabi Uniti
Marianna Di Piazza
4 febbraio 2019

http://www.occhidellaguerra.it/68435-2

Fino a poche decine di anni fa si presentavano come una vasta distesa di deserto. Oggi l’orizzonte degli Emirati Arabi Uniti si sta facendo sempre più verticale. Con i grattacieli che spuntano dalla sabbia, le isole artificiali e le auto di lusso che sfrecciano per le strade, sono il Paese della ricchezza ostentata che nasconde però diverse contraddizioni. Centro economico, turistico e culturale in forte crescita, il Paese si mostra al mondo con le sue ambizioni ma è anche molto attento a non svelare alcune parti di sé che rimangono così nell’ombra.

Conosciuti con il nome di “Stati della tregua”, imposta a metà ‘800 dai britannici ad alcuni sceicchi che favorivano le attività piratesche, gli Emirati Arabi Uniti sono sorti nel 1971. Abu Dhabi, Dubai, Ajman, Fujaira, Sharja, Umm al Qaywayn: sono i sei emirati che, unendosi, hanno dato vita al Paese. Il settimo e ultimo emirato, Ras al Khaima, si è aggiunto un anno dopo, nel 1972. A guidare la monarchia assoluta federale, il Presidente (per consuetudine lo sceicco di Abu Dhabi) che esercita i suoi poteri con l’ausilio del vicepresidente e Primo ministro, lo sceicco di Dubai. Nel 2006 si sono tenute le prime “elezioni” nella storia del Paese: a eleggere il Consiglio Federale Nazionale meno di 7mila persone selezionate dagli emiri.


La ricchezza dell’oro nero

Prima della scoperta del petrolio, l’economia emiratina si basava sulla pesca e il commercio delle perle. L’attività, fonte di guadagno per la popolazione del Golfo Persico, ha iniziato a perdere importanza in seguito alla crisi del ’29 e alla coltivazione delle perle da parte del Giappone. La fine degli anni ’50 hanno segnato l’inizio dell’estrazione dell’oro nero. Ancora oggi la ricchezza degli Emirati Arabi uniti si basa su petrolio e gas naturale: tra i primi dieci al mondo per riserve di greggio, il Paese è membro dell’Opec dal 1967. Dagli attuali 3,2 milioni di barili al giorno, si passerà a cinque milioni nel 2030 grazie alla continua scoperta di nuovi giacimenti.

Gli Emirati Arabi Uniti hanno però una delle economie più diversificate tra quelle degli Stati esportatori di petrolio. Un Paese lungimirante che ha saputo guardare lontano: se fino agli anni ’70 l’economia emiratina dipendeva per il 90% dagli idrocarburi, nel tempo la percentuale è calata. E la Vision 2021 lanciata dal primo ministro Sheikh Mohammed bin Rashid al Maktum mira a rendere ancora più indipendente l’economia del Paese dal petrolio. Istruzione, ambiente, sanità, giustizia, società e competitività sono i sei pilastri della Vision emiratina che, come indica il countdown sulla pagina ufficiale del progetto, ha poco più di due anni di tempo per essere messa in atto.


Paese di migranti

Indiani, pakistani, bengalesi, filippini: i lavoratori immigrati negli Emirati Arabi Uniti sono più di 8 milioni e rappresentano l’85% della popolazione. Nessun Paese al mondo ha una così alta percentuale di stranieri. La loro permanenza nel Paese è vincolata al contratto di lavoro e le paghe sono misere. “Per il sistema della Kafala, il datore di lavoro è responsabile di fronte alla legge della condotta penale del suo lavoratore”, ci spiega Cinzia Bianco, analista esperta di Paesi del Golfo Persico. “Questo porta però il datore a considerarsi il padrone del dipendente. Da qui, ad esempio, la confisca del passaporto del lavoratore come strumento di ricatto. Ciò avviene in tutti Paesi della regione. Dal 2017 è diventata illegale la partica di confisca del documento e sono state introdotte due proposte di legge per garantire alcuni diritti ai lavoratori. Il sistema della Kafala esiste ancora ma è in atto un processo per svuotarlo delle sue parti più estreme, come accade anche in Qatar”.

Una manodopera a basso costo che rappresenta la spina dorsale l’economia emiratina. Ma nel Paese dei petroldollari, dove il tasso di disoccupazione è inferiore al 4% e il Pil è pari a poco meno di 400 miliardi di euro, ci sono diverse categorie di lavoratori immigrati. Oltre alla manovalanza, ci sono gli expat, i lavoratori per lo più occidentali con ottime paghe.


Violazione di diritti

Nel Paese che vorrebbe essere un ponte verso l’Occidente le contraddizioni sono molteplici. Da una parte il lusso e i petroldollari, dall’altra la violazione dei diritti umani. “Non si può parlare di uguaglianza tra uomo e donna nella società, ma rispetto al resto della regione, le donne emiratine godono di sufficienti diritti e di uno status positivo”, spiega Cinzia Bianco.

“Nel Paese si profila però un atteggiamento molto restrittivo nei confronti di tutte quelle persone che vengono considerate problematiche dal punto di vista politico. Oltre al caso dell’imprenditore italiano Massimo Sacco, c’è la vicenda del giovane ricercatore britannico, Matthew Hedges arrestato e tenuto in solitaria per oltre cinque mesi con l’accusa di spionaggio. In realtà, la questione ruotava sulla sua ricerca di dottorato che trattava questioni strategiche per gli Emirati Arabi Uniti”.


Relazioni internazionali

“Dopo la Primavera araba, gli Emirati hanno assunto una posizione molto più rilevante nella geopolitica regionale del Medio Oriente – continua l’esperta -. Il Paese ha creato un’asse anti fratellanza musulmana, prima con l’Egitto di al Sisi e poi con Mohammad bis Salman in Arabia Saudita. Il blocco saudita-emiratino-egiziano agisce nei vari teatri regionali per perseguire i propri obiettivi e, grazie ad una grande disponibilità finanziaria, riesce ad avere un impatto sulle dinamiche politiche in tutta la regione”. Principale alleato degli Emirati è l’Arabia Saudita al fianco della quale combatte in Yemen e ha dichiarato guerra diplomatica e commerciale al Qatar.

“Protagonista da un punto di vista geopolitico, il Paese è diventato un attore importante per molti i partner globali dagli Stati Uniti all’Europa”, spiega Bianco. Nel 2017, gli Emirati hanno costituito il Consiglio del Soft Power (UAE Soft Power Council) per trasformare il Paese in un hub mondiale di arte, turismo, scienze ed economia. Ma gli Emirati sono anche presenti nella vita quotidiana occidentale, nello sport in particolare: il Manchester City è di proprietà dello sceicco di Dubai, Milan, Real Madrid e PSG sono sponsorizzate dalla compagnia Emirates che dà il nome anche allo stadio dell’Arsenal. Un modo per imporsi all’estero. Una strategia per diventare mediatori tra culture e mondi diversi.

Anche l’Italia ha legami con il Paese dello sceicco Khalifa bin Zayed al Nahyan. Gli Emirati Arabi Uniti rappresentano infatti un mercato importante per l’export italiano. “Tra i due Paesi ci sono rapporti che non riguardano solo la sfera culturale, ma anche quella economico-commerciale – afferma Bianco -. In particolare, il nuovo focus dell’Eni nel Golfo arabo fa presagire anche a un approfondimento di questioni di discorso strategico. Dal punto di vista politico, l’Italia ha buoni rapporti con gli Emirati, ma ci sono anche delle questioni in cui prevalgono le divergenze. I governi italiani non hanno scommesso molto sui Paesi del Golfo. Con Monti e Renzi c’è stata una grande accelerata, ma l’attuale governo Conte ha posizioni contrastanti al suo interno. Per il futuro la tendenza sembra quella di voler intensificare il discorso politico”.


Convivenza pacifica negli Emirati

Ed è in questo quadro complicato che si sta svolgendo il viaggio di papa Francesco. Una visita storica visto che è la prima volta che un Pontefice calca la terra emiratina e molto attesa dalla comunità cristiana del Paese. Gli Emirati rappresentano un modello di coesistenza pacifica tra le religioni: la maggior parte della popolazione è musulmana e i cristiani sono rappresentati dai lavoratori stranieri che godono della libertà di culto e possono frequentare le Chiese del Paese.

“La visita del Papa si colloca in una rinnovata volontà politica da parte dell’autorità centrale di forzare la propria legittimità nei confronti della comunità cristiana – continua Cinzia Bianco -. L’autorità si è sempre rivolta soprattutto alla maggioranza sunnita di cittadini di origine emiratina, mentre i cristiani venivano trascurati. Si nota ora un cambiamento, un’intenzione a voler rilanciare il rapporto e il Papa può giocare un ruolo fondamentale”. Ma il viaggio del Pontefice è stato anche duramente criticato dalle organizzazioni umanitarie per il sospetto che il governo locale usi la visita per offrire un’immagine di sé lontana dalla realtà.

“Sono molte le contraddizioni interne al Paese – conclude Bianco -. E non si vede all’orizzonte nessuna volontà di ammorbidire questo atteggiamento. Come tutto ciò vada a sposarsi con i rapporti politici rimane un punto di domanda. Dal punto di vista emiratino sono questioni che vengono isolate dai rapporti internazionali, inclusi quelli con il Vaticano”.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:27 am

La sola cosa giusta e condivisibile che ha detto Bergoglio è che non si può uccidere in nome di Dio, a cui io aggiungerei le specifiche: in nome dell'interpretazione di Dio delle religioni e quindi degli idoli delle religioni o delle religioni.
Poi io aggiungerei che l'ebreo Gesù Cristo non ha mai ucciso in nome del suo Dio o idolo o dell'interpretazione che lui dava o aveva di Dio, e nemmeno ha mai detto ai suoi seguaci o fedeli di farlo, mentre Maometto sì, Maometto ha ucciso e ha detto ai suoi seguaci di fare altrettanto.




L'APPARENZA E LA REALTA'
Niram Ferretti
6 febbraio 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Ma è davvero così storico questo viaggio del papa negli Emirati Arabi? È davvero il segno di un cambiamento reale tra cristianesimo e Islam o non è piuttosto una velleitaria passerella che non porterà a assolutamente anulla?

Nel documento firmato dal papa insieme al Grande Imam dell'Università di Al Azhar, Ahmed Al Tayibb, il quale solo nel 2013 specificava che l'inimicizia tra musulmani ed ebrei è una caratteristica perenne, così come è espressa inequivocabilmente dal Corano nel versetto 28 della quinta sura, e nel 2002 legittimava il terrorismo islamico palestinese in Israele, c'è scritto:

"La libertà è un diritto di ogni persona: ogni individuo gode della libertà di credo, pensiero, espressione e azione. Il pluralismo e la diversità delle religioni, il colore, il sesso, la razza e il linguaggio sono voluti da Dio nella sua saggezza, attraverso la quale ha creato gli esseri umani. Questa saggezza divina è la fonte da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Pertanto, il fatto che le persone siano costrette ad aderire a una certa religione o cultura deve essere respinto, così come l'imposizione di uno stile di vita culturale che gli altri non accettano..".

Parole alate, così in sintonia con lo spirito del tempo. Tuttavia, lo stesso Al Tayibb nel 2016 diceva:

"L'apostasia contemporanea si presenta sotto le sembianze di un crimine, come le aggressioni e i grandi tradimenti, quindi, oggi ce ne occupiamo come di un crimine che deve essere contrastato e punito .... Coloro che sono edotti nella legge islamica e gli imam delle quattro scuole di giurisprudenza considerano l'apostasia un crimine e concordano che l'apostata deve o rinunciare alla sua apostasia o essere ucciso".

C'è un certo contrasto con la dichiarazione congiunta e firmata insieme al papa. È da notare che Al Tayibb sottolinea come questa posizione, in seno all'Islam, sia condivisa dalle quattro principali scuole di giurisprudenza islamica sunnita (come dalle quattro scuole sciite), e sia dunque un pilastro giuridico.

Ora, delle due l'una, o varrà d'ora in poi per le quattro scuole islamiche sunnite il documento firmato con papa Francesco, o continuerà a prevalere la consolidata posizione islamica radicata lungo i secoli.

Sono aperte le scommesse.


L'APPARENZA E LA REALTA' (Seconda parte)
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063
Dobbiamo continuare a martellare sul tema dell'incontro "storico", "epocale", tra cristianesimo e Islam, che sarebbe una delle svolte dovute al papato di Francesco e all'interlocutore religioso privilegiato del papa, quel Gran Imam dell'Università di Al Azhar, Ahmed al Tayibb, il quale ha firmato insieme al papa un documento dal fragrante respiro ecumenico e conciliatorio e dal titolo assai ambizioso "Documento Sulla Fratellanza Umana Per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune".

Nel documento, che si può leggere integralmente in rete c'è scritto, tra le altre cose:

"Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano".

Riportiamo qui per vedere se sono conciliabili con questa bella e luminosa frase ciò che Ahmed al Tayibb dichiarò nel 2016 in una intervista televisiva:

"Dobbiamo essere consapevoli che i concetti di diritti umani sono pieni di bombe a orologeria. La mia opinione è, e l'ho affermato in Occidente, che nessuna società musulmana può mai prendere in considerazione che la libertà sessuale e l'omosessualità siano dei diritti personali. La società musulmana considera che queste siano delle malattie che devono essere combattute e curate...Il problema è che la civiltà occidentale e quella musulmana sono diverse. La nostra civiltà è fondata su valori religiosi e morali mentre la loro civiltà è basata sulle libertà personali e su alcuni valori morali".

Come si può essere più espliciti?

Al Tayibb, evidenzia una irriducibile diversità di civiltà, dunque un contrasto netto di valori. L'Occidente democratico e pluralista dà una importanza preminente alla libertà personale dell'individuo, alla sua possibilità di esprimere la propria umanità, nel rispetto della legge, come più gli è congeniale. Questo è il frutto della lacità, e di quel solco che già i Vangeli predispongono tra l'ambito del sacro e del politico, quando Gesù afferma senza fallo che Dio e Cesare occupano spazi diversi, non inconciliabili, naturalmente, ma diversi.

Per l'Islam il politico è una conseguenza del religioso. Lo stato etico e teocratico è una conseguenza del suo discendere direttamente dal volere divino.

Non possono darsi libertà personali che ne prescindano.

Perchè il documento firmato congiuntamente dal papa e dal Grande Imam di Al Azhar abbia un seguito, non sia, insomma, un bell'insieme di frasi edificanti ed esortazioni alate, l'Islam dovrebbe rinnegare i suoi stessi principi secolari, cosa che non avverrà, come non è mai avvenuto nel corso di quattordici secoli a questa parte.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:29 am

Santificare il male è demenziale e un crimine;
santificare l'Islam che è il nazismo maomettano e non altro e santificare l'assassino Maometto che ne è il fondatore e il modello, è un crimine contro l'umanità, la civiltà, i cristiani e tutti i perseguitati e gli assassinati dall'Islam del mondo intero.
Anche mentire sull'Islam e su Maometto facendoli passare per buoni, pacifici, fraterni, umanizzanti e spiritualmente elevanti è un crimine orrendo; come lo è omettere di dire che Maometto è stato un assassino che ha ucciso in nome di Dio, del suo Dio o idolo o della sua interpretazione del divino e che ha detto ai suoi seguaci di fare altrettanto come è scritto, prescritto e testimoniato nel Corano.
Non si costruisce la pace e la fraternità con le menzogne e nemmeno si migliora l'umanità.




Questo è l'Islam o nazismo maomettano: idolatria, orrore, terrore e morte, da sempre:
viewtopic.php?f=188&t=2705


Religione e religiosità come ossessione, come grave malattia, grave disturbo della mente e dell'anima o psico-emotivo
viewtopic.php?f=141&t=2527


Criticare l'Islam è una necessità vitale primaria, un dovere civile universale prima ancora che un diritto umano;
poiché l'Islam è il nazismo maomettano.

Non va solo criticato ma denunciato, contrastato, perseguito e bandito.
viewtopic.php?f=188&t=2811

La blasfemia vera è quella che sta alla base delle religioni, ossia la presunzione sacrilega di detenere il monopolio di Dio, dello Spirito Universale;
questa blasfemia è la fonte di ogni male, specialmente laddove questa presunzione demenziale si accompagna alla mostruosa e disumana violenza coercitiva.
L'odio e la violenza sono intrinsici all'Islam, a Maometto e al Corano, vanno denuciati, perseguiti e banditi come il male assoluto.
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6248299139


Guida (politicamente scorretta) all'Islam e alle crociate
https://epdf.tips/guida-politicamente-s ... ciate.html
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:32 am

Ai lavoratori migranti per lo più indiani e filippini di religione cattolico romana presenti a centinaia di migliaia negli Emirati Arabi, e a tutti i cristiani non cattolico romani (caldei, copti, greco-cattolici, greco-melchiti, latini, maroniti, siro-cattolici, siro-malabaresi, siro-malancaresi) Bergoglio ha raccomandato:

siate miti e non fate crociate!

Ma cosa mai vorrà dire?
Vuol dire accettate la condizione non solo di ospiti rispettosi in terra altrui ma anche in quanto cristiani la condizione di dhimmi nelle terre maomettane, siate sottomessi, non ribellatevi e accettate tutto (avversioni, limitazioni e persecuzioni religiose) con mitezza per Cristo e come ha fatto Cristo fino al martirio e alla morte.

Io, alla religiosità e all'umanità dei cristiani che porta alla sottomissione e alla morte, preferisco la religiosità e l'umanità ebraica che fieramente si difende dalla disumanità orrenda dell'Islam e così facendo difendendo se stessa difende i valori, i doveri e i diritti umani naturali, universali e civili di tutta l'umanità.

Papa Francesco ad Abu Dhabi esorta i cristiani alla mitezza: non fate crociate
Martedì 5 Febbraio 2019 di Franca Giansoldati

https://www.ilmessaggero.it/vaticano/pa ... 79054.html

Abu Dhabi (Emirati Arabi) – Niente liti, nè dispute, nè tantomeno crociate: sono le raccomandazioni del Papa ai cristiani che vivono nei Paesi musulmani. Lo stadio di Abu Dhabi è gremito, gli spalti sono pieni di gente che ha viaggiato tutta la notte per non mancare alla prima messa pubblica che sia mai stata concessa sul sacro suolo del Golfo. Una croce alta 10 metri viene esibita all'interno, dove è stato allestito il palco papale. Il Papa celebra la messa davanti a quasi centomila cristiani, concludendo con un bagno di folla la sua missione negli Emirati Arabi, prima di ripartire per Roma. C'è tanta commozione. Francesco affida ai fedeli le stesse raccomandazioni che San Francesco otto secoli fa diede ai suoi frati che andavano in Terra Santa e «presso i Saraceni».

«Sono venuto qui a ringraziarvi per come vivete il Vangelo che abbiamo appena ascoltato» dice il Papa. E' commosso. Il brano che è stato appena letto riguarda le Beatitudini, Beati i miti, dell'evangelista Matteo. «Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori. Mi piace citare san Francesco, quando ai frati diede istruzioni su come recarsi presso i Saraceni e i non cristiani. Scrisse: Che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. In quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto. È importante la mitezza: se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto».

Nello stadio si prega in arabo. Ci sono fedeli caldei, copti, greco-cattolici, greco-melchiti, latini, maroniti, siro-cattolici, siro-malabaresi, siro-malancaresi. Ai cristiani che vivono nei Paesi a maggioranza musulmana, dove manca il concetto di libertà religiosa, Papa Francesco indica la strada della mitezza e si raccomanda. “Siate sempre operatori di pace».


Nazismo islamico = dhimmitudine
viewtopic.php?f=188&t=2211
La dhimmitudine è una condizione di grave discriminazione che viola i Diritti Umani Universali e che rende la dottrina islamica una ideologia e pratica politico-religiosa razzista, peggiore del nazismo.

Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
viewtopic.php?f=188&t=2526

Una religione così non è una buona religione ma un male dello spirito
viewtopic.php?f=199&t=2590
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 4008956413

Questo è l'Islam o nazismo maomettano: idolatria, orrore, terrore e morte, da sempre:
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Papa Francesco ad Abu Dhabi: beati non i ricchi e potenti ma i poveri e i miti
5 febbraio 2019

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 83176.html

"Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l'unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe". Lo ha detto Papa Francesco nell'omelia della messa alla Zayed Sports City di Abu Dhabi, ultimo appuntamento della sua visita negli Emirati Arabi Uniti. La prima grande messa celebrata in pubblico nella Penisola araba.

Parlando delle Beatitudini, il Papa ha detto che "in esse vediamo un capovolgimento del pensare comune, secondo cui sono beati i ricchi, i potenti, quanti hanno successo e sono acclamati dalle folle. Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati".

"Sono venuto anche a dirvi grazie per come vivete il Vangelo che abbiamo ascoltato", ha proseguito. "Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa", ha sottolineato il Pontefice.

Il Papa si è quindi soffermato su due Beatitudini. La prima,"Beati i miti", secondo cui "non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori". La seconda Beatitudine, "Beati gli operatori di pace", implica che "il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive".

La celebrazione alla Zayed Sports City
Papa Francesco è arrivato alla Zayed Sports City, il grande centro sportivo di Abu Dhabi, dove ha celebrato la messa per la comunità cattolica locale, costituita soprattutto da lavoratori immigrati da Paesi asiatici come l'India e le Filippine.

Il Papa ha fatto il giro in 'papamobile' tra la folla festante dei fedeli, accorsi dagli Emirati Arabi Uniti e anche da Paesi limitrofi. Sono andati esauriti i 135 mila biglietti disponibili: 45 mila fedeli hanno assistito alla messa papale nello stadio, che è il più grande degli Emirati, gli altri nelle aree adiacenti, tra cui un palasport, sempre all'interno della città sportiva Zayed.

Impressionante il colpo d'occhio delle tribune dello stadio, con decine di migliaia di giovani di circa 100 provenienze e nazionalità diverse che sventolane le bandierine bianche e gialle, i colori del Vaticano. Alla messa hanno assistito anche 4.000 ospiti musulmani.

Il viaggio storico
Poco meno di 48 ore, due discorsi pubblici, ieri ad un incontro interreligioso, oggi l'omelia della messa allo stadio, eppure è storico il viaggio del Papa negli Emirati Arabi Uniti: la prima volta di un Pontefice nel paese, l'occasione per firmare con il grande imam di al-Azhar un documento congiunto che rappresenta una pietra miliare nei rapporti tra le due fedi, nonché la prima tappa di un percorso che, a 800 anni dall'incontro di San Francesco d'Assisi con il sultano d'Egitto, proseguirà a marzo con la visita papale ad un altro paese a maggioranza musulmana, questa volta occidentale, il Marocco.

Il rientro a Roma
Conclusa la messa Jorge Mario Bergoglio ha raggiunto l'aeroporto presidenziale di Abu Dhabi dove, a conclusione della cerimonia di congedo, l'aereo della compagnia Ethiad che riporta Francesco a Roma decolla alle 13 (le 10 a Roma). Nel pomeriggio, alle 17, all'aeroporto romano di Ciampino è atteso l'arrivo per il suo rientro in Vaticano.


Papa Francesco negli Emirati: "Le Beatitudini sono una mappa di vita"
Marco Mancini
05 febbraio, 2019

https://www.acistampa.com/story/papa-fr ... vita-10613

E' la più grande Messa pubblica mai celebrata nella Penisola Arabica quella presieduta oggi dal Papa allo Zayed Sports City di Abu Dhabi. Una celebrazione, quella odierna, dedicata alla pace e alla giustizia a cui partecipano cattolici di un centinaio di nazionalità diverse e circa 4.000 musulmani.

"Se stai con Gesù, se come i discepoli di allora ami ascoltare la sua parola, se cerchi di viverla ogni giorno - ha esordito Francesco nell'omelia - sei beato. Non sarai beato, ma sei beato: ecco la prima realtà della vita cristiana. Non si presenta come un elenco di prescrizioni esteriori da adempiere o come un complesso insieme di dottrine da conoscere. Anzitutto non è questo; è sapersi, in Gesù, figli amati del Padre. È vivere la gioia di questa beatitudine, è intendere la vita come una storia di amore, la storia dell’amore fedele di Dio che non ci abbandona mai e vuole fare comunione con noi sempre. Ecco il motivo della nostra gioia".

Nelle Beatitudini - ha aggiunto il Papa - "vediamo un capovolgimento del pensare comune. Per Gesù beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati. Chi ha ragione, Gesù o il mondo? Per capire, guardiamo a come ha vissuto Gesù: è venuto per servire e non per essere servito; ci ha insegnato che non è grande chi ha, ma chi dà. Giusto e mite. Gesù ha portato nel mondo l’amore di Dio. Solo così ha sconfitto la morte, il peccato, la paura e la mondanità stessa: con la sola forza dell’amore divino. Chiediamo oggi, qui insieme, la grazia di riscoprire il fascino di seguire Gesù, di imitarlo, di non cercare altro che Lui e il suo amore umile. Perché sta qui, nella comunione con Lui e nell’amore per gli altri, il senso della vita sulla terra".

Il Papa ha poi ringraziato chi in queste terre vive il Vangelo. "Voi qui conoscete la melodia del Vangelo e vivete l’entusiasmo del suo ritmo. Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa".

"Vivere da beati e seguire la via di Gesù - ha poi precisato Papa Francesco - non significa tuttavia stare sempre allegri. Per voi non è certo facile vivere lontani da casa e sentire magari, oltre alla mancanza degli affetti più cari, l’incertezza del futuro. Ma il Signore è fedele e non abbandona i suoi. Il Signore è vicino. Può succedere, di fronte a una prova o ad un periodo difficile, di pensare di essere soli, anche dopo tanto tempo passato col Signore. Ma in quei momenti Egli, anche se non interviene subito, ci cammina a fianco e, se continuiamo ad andare avanti, aprirà una via nuova. Perché il Signore è specialista nel fare cose nuove, sa aprire vie anche nel deserto".

Gesù non chiede l'impossibile, ci "ha chiesto - ha detto ancora il Papa - di realizzare una sola opera d’arte, possibile a tutti: quella della nostra vita. Le Beatitudini sono una mappa di vita: non domandano azioni sovraumane, ma di imitare Gesù nella vita di ogni giorno. Invitano a tenere pulito il cuore, a praticare la mitezza e la giustizia nonostante tutto, a essere misericordiosi con tutti, a vivere l’afflizione uniti a Dio. È la santità del vivere quotidiano, che non ha bisogno di miracoli e di segni straordinari. Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno. Chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo".

Concludendo, Papa Francesco ha sottolineato l'importanza di due Beatitudini in particolare. La prima è quella sulla mitezza. "Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori. È importante la mitezza: se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto". E la seconda è quella dedicata agli operatori di pace perchè "il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive. Una Chiesa che persevera nella parola di Gesù e nell’amore fraterno è gradita al Signore e porta frutto. Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l’unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe".


Papa Francesco negli Emirati Arabi: «Si è schiavi senza libertà religiosa»
5 febbraio 2019

https://www.ilmessaggero.it/vaticano/pa ... 77249.html

Abu Dhabi – Papa Francesco tenendosi per mano con lo sceicco emiratino Mohammed Rashid al Maktoum e l'Imam di Al Azhar, Al Tayyeb ha fatto ingresso al summit sulle religioni nel cortile della grande moschea. Ha firmato un documento congiunto sulla fratellanza con la più grande università teologica sunnita, che resterà a memoria di questo momento. «Le religioni non vanno strumentalizzate per giustificare la violenza». Poi ha lanciato un appello a costruire assieme l'avvenire. «Il coraggio e l'alterità del dialogo è l'anima del dialogo, che si bassa sulla sincerità delle intenzioni. Il dialogo è infatti compromesso dalla finzione, che accresce la distanza e il sospetto, non si può proclamare la fratellanza e poi agire in senso opposto». Allo stesso tempo ha denunciato la mancanza di diritti umani, primo tra tutti la libertà religiosa. «Senza libertà non siamo più parte della famiglia umana, ma siamo schiavi» ha detto.

L'Imam di Al Azhar, invece, ha paventato il rischio di una terza guerra mondiale e ha insistito molto sui versetti del Corano che presentano i cristiani come buoni credenti, pieni di misericordia. Esattamente come il Papa ha insistito nel bisogno di mettere in un angolo chi strumentalizza la religione ai fini politici. Poi si è rivolto ai cristiani dicendo loro che fanno parte delle nazioni a maggioranza islamica, che sono cittadini. «Vi prego non usate più questo termine, non siete una minoranza». Allo stesso modo si è appellato ai musulmani che vivono in Occidente, invitando loro a rispettare la cultura e le leggi e a sforzarsi per essere integrati.

«A voi cittadini musulmani in Occidente inseritevi, rispettate le leggi delle nazioni che vi ospitano e ricordatevi che la sicurezza di questi paesi è vostro un dovere religioso. Il conto vi sarà presentato per questo. Se avete un problema che riguarda la vostra religone dovrete fare leva sugli strumenti legali" ha aggiunto al Tayyeb.

In mattinata a porte chiuse c'è stato un incontro tra il Papa e lo sceicco, sintetizzato dallo stesso sceicco con un tweet. «Abbiamo parlato del rafforzamento della cooperazione, del consolidamento del dialogo, di tolleranza, coesistenza umana e di importanti iniziative per raggiungere la pace, la stabilità e lo sviluppo delle persone e delle società».

Papa Francesco, arrivato ieri sera ad Abu Dhabi, è entrato nel vivo della sua visita di tre giorni negli Emirati Arabi. Due i momenti chiave, la partecipazione all’Incontro inter-religioso sulla Fratellanza umana, assieme ai 700 leader di diverse religioni e domani la messa che verrà celebrata in uno stadio.


Francesco ai cristiani degli Emirati Arabi: «Siate oasi di pace»
di Lorenzo Maria Alvaro
5 febbraio 2018

http://www.vita.it/it/article/2019/02/0 ... ace/150586

«Nel libro dell’Apocalisse, tra le comunità a cui Gesù stesso si rivolge, ce n’è una, quella di Filadelfia, che credo vi assomigli – ha detto papa Francesco – È una Chiesa alla quale il Signore, diversamente da quasi tutte le altre, non rimprovera nulla. Essa, infatti, ha custodito la parola di Gesù, senza rinnegare il suo nome, e ha perseverato, cioè è andata avanti, pur nelle difficoltà. E c’è un aspetto importante: il nome Filadelfia significa amore tra i fratelli. L’amore fraterno».

Così allo Zayed Sports City di Abu Dhabi davanti a 43mila cattolici d’ogni nazionalità e di diversi riti e 4 mila musulmani papa Francesco ha celebrato la più grande Messa in luogo pubblico mai celebrata prima nella Penisola arabica.

Nel Paese, che con la costituzione del 1971 definisce l’islam come religione ufficiale e la Sharia rappresenta la sorgente principale della legislazione civile, il governo, come aveva annunciato il ministero delle Risorse Umane degli Emirati Arabi Uniti – ha dichiarato questa giornata festiva concedendo permessi per partecipare alla Messa papale. Francesco è arrivato al mattino tra questa cristianità multilingue e multicolore d’immigrati, cresciuta sotto lo spazio della tolleranza e le guide delle comunità cattoliche che hanno sempre condiviso e fatto proprio lo stesso approccio realista e non antagonista nei confronti dell’ordine costituito di fattura islamica. Sono loro i «beati» a cui si rivolge quando sul palco prende la parola nell’omelia.

E proprio sulle sulle Beatitudini si è soffermato. «La prima: “Beati i miti” (Mt 5,5). Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori – ha detto il Papa – Mi piace citare san Francesco, quando ai frati diede istruzioni su come recarsi presso i Saraceni e i non cristiani. Scrisse: “Che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani” (Regola non bollata, XVI). Né liti né dispute: in quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto». «È importante la mitezza – ha sottolineato – se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto».

«Ottocento anni fa San Francesco d’Assisi si incontrò con il Sultano Malik Al Kamil in Egitto», ha commentato al termine della messa come ringraziamento Paul Hinder, Vicario Apostolico dell’Arabia del Sud, «Fu un incontro caratterizzato dal reciproco rispetto. In modo analogo, lei», ha detto «è venuto in un Paese musulmano con l’intenzione di fare come fece San Francesco nel 1219. Noi cristiani cerchiamo di seguire la direttiva che San Francesco diede allora ai suoi fratelli e di “vivere spiritualmente tra i musulmani ... non impegnandoci in discussioni e semplicemente riconoscendo che noi siamo cristiani”».

Del resto la discrezione e la premura nell’evitare bracci di ferro con l’ordine islamico costituito ha assicurato ai cattolici e ai loro vescovi la condiscendenza e la simpatia di molte autorità politiche. Da decenni, le chiese in tutta la Penisola arabica vengono costruite su terreni messi a disposizione dai governanti. I cristiani delle Chiese storiche che vivono in questa regione possono crescere e prosperare, perché non vengono percepiti come una componente ostile e aggressiva nei confronti della comunità islamica maggioritaria. La loro esperienza di cristianità reale appare lontana dai tentativi di accreditare la conflittualità verso l’islam come prova e connotazione di una identità cristiana solida e coerente.

«Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno», ha detto loro papa Francesco, «chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo. È come un albero che, anche in terra arida, ogni giorno assorbe aria inquinata e restituisce ossigeno. Vi auguro di essere così, ben radicati in Gesù e pronti a fare del bene a chiunque vi sta vicino. Le vostre comunità siano oasi di pace».


La messa di Francesco ad Abu Dhabi: "I cristiani devono promuovere la pace"
2019/02/05

https://www.globalist.it/world/2019/02/ ... 36986.html

Papa Francesco, ha tenuto una messa alla Zayed Sports City di Abu Dhabi davanti a circa 130mila persone, tra cui 4mila musulmani.
Nella sua omelia il Papa ha detto: "Il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive".
Il Pontefice ha sottolineato che le Beatitudini sono "una mappa di vita: non domandano azioni sovrumane, ma chiedono di imitare Gesù nella vita di ogni giorno".

Papa Francesco è arrivato alla Zayed Sports City, il grande centro sportivo di Abu Dhabi, dove stamane celebra la messa per la comunità cattolica locale, costituita soprattutto da lavoratori immigrati da Paesi asiatici come l'India e le Filippine.
Si tratta della prima grande messa celebrata in pubblico nella Penisola araba. Il Papa fa il giro in 'papamobile' tra la folla festante dei fedeli, accorsi dagli Emirati Arabi Uniti e anche da Paesi limitrofi. Sono andati esauriti i 135 mila biglietti disponibili: per cui 45 mila fedeli assistono alla messa papale nello stadio, che è il più grande degli Emirati, gli altri nelle aree adiacenti, tra cui un palasport, sempre all'interno della città sportiva Zayed. Impressionante il colpo d'occhio delle tribune dello stadio, con decine di migliaia di giovani di circa 100 provenienze e nazionalità diverse che sventolane le bandierine bianche e gialle, i colori del Vaticano. Alla messa assistono anche 4.000 ospiti musulmani.

La visita di tre giorni negli Emirati Arabi Uniti si conclude oggi.

"Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l'unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe". Lo ha detto papa Francesco nell'omelia della messa alla Zayed Sports City di Abu Dhabi, ultimo appuntamento della sua visita negli Emirati Arabi Uniti. Parlando delle Beatitudini, il Papa ha detto che "in esse vediamo un capovolgimento del pensare comune, secondo cui sono beati i ricchi, i potenti, quanti hanno successo e sono acclamati dalle folle. Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati". "Sono venuto anche a dirvi grazie per come vivete il Vangelo che abbiamo ascoltato", ha proseguito.
"Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa", ha sottolineato il Pontefice. Il Papa si è quindi soffermato su due Beatitudini. La prima, "Beati i miti", secondo cui "non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori". La seconda Beatitudine, "Beati gli operatori di pace", implica che "il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive".


Il Papa: «La Dichiarazione con l'islam applica il Concilio»
Nico Spuntoni

http://www.lanuovabq.it/it/il-papa-la-d ... l-concilio

135mila persone hanno partecipato ieri mattina alla prima messa mai celebrata in luogo pubblico negli Emirati Arabi, un segnale importante di incoraggiamento per i cristiani di tutta la regione. E nella tradizionale conferenza stampa sull'aereo di ritorno a Roma sottolinea l'importanza del documento comune firmato con il Grande imam di Al-Azhar.

Papa Francesco nello stadio dove ha celebrato la messa

La Visita Apostolica negli Emirati Arabi Uniti è riuscita a conquistare l'attenzione dei principali media mondiali che le hanno dato ampio spazio, inserendola ai primi posti della scaletta gerarchica delle notizie da dare. In particolare, le immagini della prima Messa pubblica celebrata nella penisola arabica hanno fatto il giro del pianeta, accompagnate da didascalie entusiastiche che parlano di "evento storico".

Ieri mattina, 135mila persone hanno partecipato alla liturgia celebrata nello stadio "Zayed Sports City" della capitale. Una marea umana, ordinata, intenta a sventolare la bandierine giallobianche del Vaticano ha salutato l'ingresso di Francesco nel centro sportivo. Il papa ha potuto vedere con i propri occhi la vitalità di una comunità abituata ad essere minoranza e forse proprio per questo determinata più che mai a professare la propria fede. La presenza del Successore di Pietro in questa terra, che presenta ampi margini di libertà di culto rispetto ai Paesi vicini ma dove le campane non possono suonare, le croci non possono essere esposte e le chiese devono essere obbligatoriamente più piccole dei minareti, ha rappresentato un momento di grande orgoglio per i cristiani e l'elevata partecipazione alla cerimonia dello "Zayed Sports City" ne è stata la dimostrazione più eclatante.

E nella sua omelia il papa ha voluto omaggiare la prova offerta quotidianamente da questa comunità formata da fratelli di nazionalità diverse e che con la loro stessa esistenza testimoniano l'universalità della Chiesa: "Si dice - ha detto Francesco - che tra il Vangelo scritto e quello vissuto ci sia la stessa differenza che esiste tra la musica scritta e quella suonata. Voi qui conoscete la melodia del Vangelo e vivete l’entusiasmo del suo ritmo. Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia". "Questa gioiosa polifonia della fede - ha concluso - è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa".

Ma le parole dell'omelia, seppur dirette ai presenti nello stadio di Abu Dhabi, sembravano indirizzarsi anche a quei milioni di cristiani che vivono la propria fede in clandestinità negli altri Stati della penisola arabica o che per essa sono costretti a subire persecuzioni e discriminazioni in tutto il Medio Oriente. E Francesco ha ricordato come siano proprio costoro a fare l'esperienza piena dell'amore di Dio: all'opposto del pensiero mondano, "per Gesù - ha detto il Pontefice - beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati". Per capire chi ha ragione tra Lui ed il mondo, Bergoglio ha esortato a guardare come ha vissuto Gesù: "povero di cose e ricco di amore, ha risanato tante vite, ma non ha risparmiato la Sua. È venuto per servire e non per essere servito; ci ha insegnato che non è grande chi ha, ma chi dà. Giusto e mite, non ha opposto resistenza e si è lasciato condannare ingiustamente. In questo modo Gesù ha portato nel mondo l’amore di Dio. Solo così ha sconfitto la morte, il peccato, la paura e la mondanità stessa: con la sola forza dell’amore divino".

Prima della Messa, il papa aveva potuto visitare una delle due chiese di Abu Dhabi, la cattedrale di S. Joseph, dove lo attendevano 300 fedeli. Si può immaginare l'emozione e la commozione di questi cattolici che vivono la loro fede a quasi 5000 km da Roma in un Paese in cui, nonostante la relativa libertà di culto riconosciuta, l'islam è la religione ufficiale. Ad Abu Dhabi i cattolici superano le 100 mila unità e sono di lingua, nazionalità e riti diversi ma si trovano obbligati a condividere la frequentazione della stessa chiesa, quella di St. Joseph che venne inaugurata nel 1965. Solo nel 2015 è stato consacrato un secondo edificio, costruito su un terreno donato dalla famiglia reale, ma che si trova nella zona industriale della capitale.

Gli Emirati Arabi Uniti, pur essendo un luogo in cui ci si può professare cristiani con relativa tranquillità, non vanno considerati ancora un'oasi di convivenza religiosa. Tuttavia, sarebbe ingiusto ridimensionare gli sforzi compiuti nella giusta direzione dalle autorità emiratine o relegare la Visita Apostolica alla stregua di uno spot per lucidare l'immagine del Paese agli occhi del mondo occidentale. In questo senso, Francesco ha dimostrato coraggio nel denunciare "la crisi umanitaria nello Yemen", causata da una guerra civile in cui gli Emirati Arabi Uniti sono parte in causa in quanto principale "sponsor" delle milizie lealiste, proprio nell'Angelus pronunciato poco prima della partenza.

E il papa non ha rinunciato ad un accenno alla situazione yemenita neppure durante il discorso fatto al Founder's Memorial, togliendo argomentazioni a chi aveva criticato l'opportunità del viaggio. Molto più di qualunque paventata strumentalizzazione per ragioni di politica internazionale da parte emiratina, della prima Visita Apostolica in penisola arabica resterà soprattutto la carica di speranza ed incoraggiamento che essa ha rappresentato per la comunità cristiana locale e dei Paesi vicini.

Nella tradizionale conferenza stampa sul volo di ritorno per Roma, Francesco ha rivelato di aver visto una nazione con la "vocazione per la pace", ma non ha taciuto sui "problemi di alcune guerre nella zona", tornando a citare il caso dello Yemen. Il papa ha poi difeso dalle critiche "interne" il documento sulla fratellanza umana firmato con il grande imam di Al-Azhar, rivendicandone la sua collocazione "nello spirito del Vaticano II". Su questo punto, il Pontefice ha ammesso di comprendere chi nutre delle perplessità, ma ha anche spiegato: "Se qualcuno si sente male, lo capisco, non è una cosa di tutti i giorni, e non è un passo indietro. È un passo avanti che viene da 60 anni, il Concilio che deve svilupparsi. Gli storici dicono che perché un concilio abbia conseguenze nella Chiesa ci vogliono 100 anni, siamo a metà del cammino".

Il Papa ha poi detto che ha avuto anche lui dei dubbi su alcuni passaggi: "Ho letto una frase del documento che mi ha sorpreso e mi sono detto; non so se è sicura. Invece era una frase del Concilio". Bergoglio ha poi riconosciuto che l'accettazione della dichiarazione nel mondo islamico non sarà facile: "Ci saranno discrepanze tra loro - ha detto - ma è un processo, i processi devono maturare, come i fiori". Alla domanda di un giornalista sul perché non avesse fatto espressamente cenno alla cristianofobia nel discorso del Founder's Memorial, il papa ha replicato di averne parlato frequentemente ed ha riportato il racconto fattogli da un padre di famiglia musulmano a Lesbo che aveva visto davanti i suoi occhi i terroristi dell'Isis sgozzare sua moglie cristiana per aver rifiutato di abiurare.

Interrogato su questioni di stretta attualità quali la crisi venezuelana e il problema degli abusi di cui sono vittime le donne consacrate, Francesco ha ammesso di non aver ancora letto la lettera indirizzatagli da Maduro ma si è detto disposto ad una mediazione ma a condizione che "lo chiedano ambedue le parti". Ed ha fatto riferimento al precedente di San Giovanni Paolo II che tra la fine degli anni Settanta e la metà degli Ottanta riuscì ad evitare lo scoppio del conflitto tra Cile e Argentina sulla sovranità del Canale di Beagle. Sul tema degli abusi sulle suore per opera di membri del clero, il papa ha ammesso che "ci sono stati sacerdoti e anche vescovi che hanno fatto quello", affermando anche di credere che è un fenomeno ancora presente perché "non è che dal momento in cui tu te ne accorgi, finisce".

Il Pontefice ha voluto, poi, riconoscere la grande opera del suo Predecessore anche nel contrasto di queste pratiche all'interno della Chiesa: "Papa Benedetto ha avuto il coraggio di sciogliere una congregazione femminile che aveva un certo livello, perché c’era entrata questa schiavitù, persino sessuale, da parte dei chierici o da parte del fondatore". Bergoglio ha voluto sottolineare,infine, che "Benedetto XVI ha avuto il coraggio di fare tante cose su questo tema" e che, nonostante "il folklore" lo presenti come "debole", in realtà "di debole non ha niente. È un uomo buono, un pezzo di pane è più cattivo di lui, ma è un uomo forte".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:37 am

Ai lavoratori migranti per lo più indiani e filippini di religione cattolico romana presenti a centinaia di migliaia negli Emirati Arabi, e a tutti i cristiani non cattolico romani (caldei, copti, greco-cattolici, greco-melchiti, latini, maroniti, siro-cattolici, siro-malabaresi, siro-malancaresi) Bergoglio ha raccomandato:

siate miti e non fate crociate!

Ma cosa mai vorrà dire?
Vuol dire accettate la condizione non solo di ospiti rispettosi in terra altrui ma anche in quanto cristiani la condizione di dhimmi nelle terre maomettane, siate sottomessi, non ribellatevi e accettate tutto (avversioni, limitazioni e persecuzioni religiose) con mitezza per Cristo e come ha fatto Cristo fino al martirio e alla morte.

Io, alla religiosità e all'umanità dei cristiani che porta alla sottomissione e alla morte, preferisco la religiosità e l'umanità ebraica che fieramente si difende dalla disumanità orrenda dell'Islam e così facendo difendendo se stessa difende i valori, i doveri e i diritti umani naturali, universali e civili di tutta l'umanità.

Papa Francesco ad Abu Dhabi esorta i cristiani alla mitezza: non fate crociate
Martedì 5 Febbraio 2019 di Franca Giansoldati

https://www.ilmessaggero.it/vaticano/pa ... 79054.html

Abu Dhabi (Emirati Arabi) – Niente liti, nè dispute, nè tantomeno crociate: sono le raccomandazioni del Papa ai cristiani che vivono nei Paesi musulmani. Lo stadio di Abu Dhabi è gremito, gli spalti sono pieni di gente che ha viaggiato tutta la notte per non mancare alla prima messa pubblica che sia mai stata concessa sul sacro suolo del Golfo. Una croce alta 10 metri viene esibita all'interno, dove è stato allestito il palco papale. Il Papa celebra la messa davanti a quasi centomila cristiani, concludendo con un bagno di folla la sua missione negli Emirati Arabi, prima di ripartire per Roma. C'è tanta commozione. Francesco affida ai fedeli le stesse raccomandazioni che San Francesco otto secoli fa diede ai suoi frati che andavano in Terra Santa e «presso i Saraceni».

«Sono venuto qui a ringraziarvi per come vivete il Vangelo che abbiamo appena ascoltato» dice il Papa. E' commosso. Il brano che è stato appena letto riguarda le Beatitudini, Beati i miti, dell'evangelista Matteo. «Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori. Mi piace citare san Francesco, quando ai frati diede istruzioni su come recarsi presso i Saraceni e i non cristiani. Scrisse: Che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. In quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto. È importante la mitezza: se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto».

Nello stadio si prega in arabo. Ci sono fedeli caldei, copti, greco-cattolici, greco-melchiti, latini, maroniti, siro-cattolici, siro-malabaresi, siro-malancaresi. Ai cristiani che vivono nei Paesi a maggioranza musulmana, dove manca il concetto di libertà religiosa, Papa Francesco indica la strada della mitezza e si raccomanda. “Siate sempre operatori di pace».


Nazismo islamico = dhimmitudine
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La dhimmitudine è una condizione di grave discriminazione che viola i Diritti Umani Universali e che rende la dottrina islamica una ideologia e pratica politico-religiosa razzista, peggiore del nazismo.

Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
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Una religione così non è una buona religione ma un male dello spirito
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https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 4008956413

Questo è l'Islam o nazismo maomettano: idolatria, orrore, terrore e morte, da sempre:
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Papa Francesco ad Abu Dhabi: beati non i ricchi e potenti ma i poveri e i miti
5 febbraio 2019

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 83176.html

"Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l'unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe". Lo ha detto Papa Francesco nell'omelia della messa alla Zayed Sports City di Abu Dhabi, ultimo appuntamento della sua visita negli Emirati Arabi Uniti. La prima grande messa celebrata in pubblico nella Penisola araba.

Parlando delle Beatitudini, il Papa ha detto che "in esse vediamo un capovolgimento del pensare comune, secondo cui sono beati i ricchi, i potenti, quanti hanno successo e sono acclamati dalle folle. Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati".

"Sono venuto anche a dirvi grazie per come vivete il Vangelo che abbiamo ascoltato", ha proseguito. "Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa", ha sottolineato il Pontefice.

Il Papa si è quindi soffermato su due Beatitudini. La prima,"Beati i miti", secondo cui "non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori". La seconda Beatitudine, "Beati gli operatori di pace", implica che "il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive".

La celebrazione alla Zayed Sports City
Papa Francesco è arrivato alla Zayed Sports City, il grande centro sportivo di Abu Dhabi, dove ha celebrato la messa per la comunità cattolica locale, costituita soprattutto da lavoratori immigrati da Paesi asiatici come l'India e le Filippine.

Il Papa ha fatto il giro in 'papamobile' tra la folla festante dei fedeli, accorsi dagli Emirati Arabi Uniti e anche da Paesi limitrofi. Sono andati esauriti i 135 mila biglietti disponibili: 45 mila fedeli hanno assistito alla messa papale nello stadio, che è il più grande degli Emirati, gli altri nelle aree adiacenti, tra cui un palasport, sempre all'interno della città sportiva Zayed.

Impressionante il colpo d'occhio delle tribune dello stadio, con decine di migliaia di giovani di circa 100 provenienze e nazionalità diverse che sventolane le bandierine bianche e gialle, i colori del Vaticano. Alla messa hanno assistito anche 4.000 ospiti musulmani.

Il viaggio storico
Poco meno di 48 ore, due discorsi pubblici, ieri ad un incontro interreligioso, oggi l'omelia della messa allo stadio, eppure è storico il viaggio del Papa negli Emirati Arabi Uniti: la prima volta di un Pontefice nel paese, l'occasione per firmare con il grande imam di al-Azhar un documento congiunto che rappresenta una pietra miliare nei rapporti tra le due fedi, nonché la prima tappa di un percorso che, a 800 anni dall'incontro di San Francesco d'Assisi con il sultano d'Egitto, proseguirà a marzo con la visita papale ad un altro paese a maggioranza musulmana, questa volta occidentale, il Marocco.

Il rientro a Roma
Conclusa la messa Jorge Mario Bergoglio ha raggiunto l'aeroporto presidenziale di Abu Dhabi dove, a conclusione della cerimonia di congedo, l'aereo della compagnia Ethiad che riporta Francesco a Roma decolla alle 13 (le 10 a Roma). Nel pomeriggio, alle 17, all'aeroporto romano di Ciampino è atteso l'arrivo per il suo rientro in Vaticano.


Papa Francesco negli Emirati: "Le Beatitudini sono una mappa di vita"
Marco Mancini
05 febbraio, 2019

https://www.acistampa.com/story/papa-fr ... vita-10613

E' la più grande Messa pubblica mai celebrata nella Penisola Arabica quella presieduta oggi dal Papa allo Zayed Sports City di Abu Dhabi. Una celebrazione, quella odierna, dedicata alla pace e alla giustizia a cui partecipano cattolici di un centinaio di nazionalità diverse e circa 4.000 musulmani.

"Se stai con Gesù, se come i discepoli di allora ami ascoltare la sua parola, se cerchi di viverla ogni giorno - ha esordito Francesco nell'omelia - sei beato. Non sarai beato, ma sei beato: ecco la prima realtà della vita cristiana. Non si presenta come un elenco di prescrizioni esteriori da adempiere o come un complesso insieme di dottrine da conoscere. Anzitutto non è questo; è sapersi, in Gesù, figli amati del Padre. È vivere la gioia di questa beatitudine, è intendere la vita come una storia di amore, la storia dell’amore fedele di Dio che non ci abbandona mai e vuole fare comunione con noi sempre. Ecco il motivo della nostra gioia".

Nelle Beatitudini - ha aggiunto il Papa - "vediamo un capovolgimento del pensare comune. Per Gesù beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati. Chi ha ragione, Gesù o il mondo? Per capire, guardiamo a come ha vissuto Gesù: è venuto per servire e non per essere servito; ci ha insegnato che non è grande chi ha, ma chi dà. Giusto e mite. Gesù ha portato nel mondo l’amore di Dio. Solo così ha sconfitto la morte, il peccato, la paura e la mondanità stessa: con la sola forza dell’amore divino. Chiediamo oggi, qui insieme, la grazia di riscoprire il fascino di seguire Gesù, di imitarlo, di non cercare altro che Lui e il suo amore umile. Perché sta qui, nella comunione con Lui e nell’amore per gli altri, il senso della vita sulla terra".

Il Papa ha poi ringraziato chi in queste terre vive il Vangelo. "Voi qui conoscete la melodia del Vangelo e vivete l’entusiasmo del suo ritmo. Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa".

"Vivere da beati e seguire la via di Gesù - ha poi precisato Papa Francesco - non significa tuttavia stare sempre allegri. Per voi non è certo facile vivere lontani da casa e sentire magari, oltre alla mancanza degli affetti più cari, l’incertezza del futuro. Ma il Signore è fedele e non abbandona i suoi. Il Signore è vicino. Può succedere, di fronte a una prova o ad un periodo difficile, di pensare di essere soli, anche dopo tanto tempo passato col Signore. Ma in quei momenti Egli, anche se non interviene subito, ci cammina a fianco e, se continuiamo ad andare avanti, aprirà una via nuova. Perché il Signore è specialista nel fare cose nuove, sa aprire vie anche nel deserto".

Gesù non chiede l'impossibile, ci "ha chiesto - ha detto ancora il Papa - di realizzare una sola opera d’arte, possibile a tutti: quella della nostra vita. Le Beatitudini sono una mappa di vita: non domandano azioni sovraumane, ma di imitare Gesù nella vita di ogni giorno. Invitano a tenere pulito il cuore, a praticare la mitezza e la giustizia nonostante tutto, a essere misericordiosi con tutti, a vivere l’afflizione uniti a Dio. È la santità del vivere quotidiano, che non ha bisogno di miracoli e di segni straordinari. Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno. Chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo".

Concludendo, Papa Francesco ha sottolineato l'importanza di due Beatitudini in particolare. La prima è quella sulla mitezza. "Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori. È importante la mitezza: se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto". E la seconda è quella dedicata agli operatori di pace perchè "il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive. Una Chiesa che persevera nella parola di Gesù e nell’amore fraterno è gradita al Signore e porta frutto. Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l’unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe".


Papa Francesco negli Emirati Arabi: «Si è schiavi senza libertà religiosa»
5 febbraio 2019

https://www.ilmessaggero.it/vaticano/pa ... 77249.html

Abu Dhabi – Papa Francesco tenendosi per mano con lo sceicco emiratino Mohammed Rashid al Maktoum e l'Imam di Al Azhar, Al Tayyeb ha fatto ingresso al summit sulle religioni nel cortile della grande moschea. Ha firmato un documento congiunto sulla fratellanza con la più grande università teologica sunnita, che resterà a memoria di questo momento. «Le religioni non vanno strumentalizzate per giustificare la violenza». Poi ha lanciato un appello a costruire assieme l'avvenire. «Il coraggio e l'alterità del dialogo è l'anima del dialogo, che si bassa sulla sincerità delle intenzioni. Il dialogo è infatti compromesso dalla finzione, che accresce la distanza e il sospetto, non si può proclamare la fratellanza e poi agire in senso opposto». Allo stesso tempo ha denunciato la mancanza di diritti umani, primo tra tutti la libertà religiosa. «Senza libertà non siamo più parte della famiglia umana, ma siamo schiavi» ha detto.

L'Imam di Al Azhar, invece, ha paventato il rischio di una terza guerra mondiale e ha insistito molto sui versetti del Corano che presentano i cristiani come buoni credenti, pieni di misericordia. Esattamente come il Papa ha insistito nel bisogno di mettere in un angolo chi strumentalizza la religione ai fini politici. Poi si è rivolto ai cristiani dicendo loro che fanno parte delle nazioni a maggioranza islamica, che sono cittadini. «Vi prego non usate più questo termine, non siete una minoranza». Allo stesso modo si è appellato ai musulmani che vivono in Occidente, invitando loro a rispettare la cultura e le leggi e a sforzarsi per essere integrati.

«A voi cittadini musulmani in Occidente inseritevi, rispettate le leggi delle nazioni che vi ospitano e ricordatevi che la sicurezza di questi paesi è vostro un dovere religioso. Il conto vi sarà presentato per questo. Se avete un problema che riguarda la vostra religone dovrete fare leva sugli strumenti legali" ha aggiunto al Tayyeb.

In mattinata a porte chiuse c'è stato un incontro tra il Papa e lo sceicco, sintetizzato dallo stesso sceicco con un tweet. «Abbiamo parlato del rafforzamento della cooperazione, del consolidamento del dialogo, di tolleranza, coesistenza umana e di importanti iniziative per raggiungere la pace, la stabilità e lo sviluppo delle persone e delle società».

Papa Francesco, arrivato ieri sera ad Abu Dhabi, è entrato nel vivo della sua visita di tre giorni negli Emirati Arabi. Due i momenti chiave, la partecipazione all’Incontro inter-religioso sulla Fratellanza umana, assieme ai 700 leader di diverse religioni e domani la messa che verrà celebrata in uno stadio.


Francesco ai cristiani degli Emirati Arabi: «Siate oasi di pace»
di Lorenzo Maria Alvaro
5 febbraio 2018

http://www.vita.it/it/article/2019/02/0 ... ace/150586

«Nel libro dell’Apocalisse, tra le comunità a cui Gesù stesso si rivolge, ce n’è una, quella di Filadelfia, che credo vi assomigli – ha detto papa Francesco – È una Chiesa alla quale il Signore, diversamente da quasi tutte le altre, non rimprovera nulla. Essa, infatti, ha custodito la parola di Gesù, senza rinnegare il suo nome, e ha perseverato, cioè è andata avanti, pur nelle difficoltà. E c’è un aspetto importante: il nome Filadelfia significa amore tra i fratelli. L’amore fraterno».

Così allo Zayed Sports City di Abu Dhabi davanti a 43mila cattolici d’ogni nazionalità e di diversi riti e 4 mila musulmani papa Francesco ha celebrato la più grande Messa in luogo pubblico mai celebrata prima nella Penisola arabica.

Nel Paese, che con la costituzione del 1971 definisce l’islam come religione ufficiale e la Sharia rappresenta la sorgente principale della legislazione civile, il governo, come aveva annunciato il ministero delle Risorse Umane degli Emirati Arabi Uniti – ha dichiarato questa giornata festiva concedendo permessi per partecipare alla Messa papale. Francesco è arrivato al mattino tra questa cristianità multilingue e multicolore d’immigrati, cresciuta sotto lo spazio della tolleranza e le guide delle comunità cattoliche che hanno sempre condiviso e fatto proprio lo stesso approccio realista e non antagonista nei confronti dell’ordine costituito di fattura islamica. Sono loro i «beati» a cui si rivolge quando sul palco prende la parola nell’omelia.

E proprio sulle sulle Beatitudini si è soffermato. «La prima: “Beati i miti” (Mt 5,5). Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori – ha detto il Papa – Mi piace citare san Francesco, quando ai frati diede istruzioni su come recarsi presso i Saraceni e i non cristiani. Scrisse: “Che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani” (Regola non bollata, XVI). Né liti né dispute: in quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto». «È importante la mitezza – ha sottolineato – se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto».

«Ottocento anni fa San Francesco d’Assisi si incontrò con il Sultano Malik Al Kamil in Egitto», ha commentato al termine della messa come ringraziamento Paul Hinder, Vicario Apostolico dell’Arabia del Sud, «Fu un incontro caratterizzato dal reciproco rispetto. In modo analogo, lei», ha detto «è venuto in un Paese musulmano con l’intenzione di fare come fece San Francesco nel 1219. Noi cristiani cerchiamo di seguire la direttiva che San Francesco diede allora ai suoi fratelli e di “vivere spiritualmente tra i musulmani ... non impegnandoci in discussioni e semplicemente riconoscendo che noi siamo cristiani”».

Del resto la discrezione e la premura nell’evitare bracci di ferro con l’ordine islamico costituito ha assicurato ai cattolici e ai loro vescovi la condiscendenza e la simpatia di molte autorità politiche. Da decenni, le chiese in tutta la Penisola arabica vengono costruite su terreni messi a disposizione dai governanti. I cristiani delle Chiese storiche che vivono in questa regione possono crescere e prosperare, perché non vengono percepiti come una componente ostile e aggressiva nei confronti della comunità islamica maggioritaria. La loro esperienza di cristianità reale appare lontana dai tentativi di accreditare la conflittualità verso l’islam come prova e connotazione di una identità cristiana solida e coerente.

«Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno», ha detto loro papa Francesco, «chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo. È come un albero che, anche in terra arida, ogni giorno assorbe aria inquinata e restituisce ossigeno. Vi auguro di essere così, ben radicati in Gesù e pronti a fare del bene a chiunque vi sta vicino. Le vostre comunità siano oasi di pace».


La messa di Francesco ad Abu Dhabi: "I cristiani devono promuovere la pace"
2019/02/05

https://www.globalist.it/world/2019/02/ ... 36986.html

Papa Francesco, ha tenuto una messa alla Zayed Sports City di Abu Dhabi davanti a circa 130mila persone, tra cui 4mila musulmani.
Nella sua omelia il Papa ha detto: "Il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive".
Il Pontefice ha sottolineato che le Beatitudini sono "una mappa di vita: non domandano azioni sovrumane, ma chiedono di imitare Gesù nella vita di ogni giorno".

Papa Francesco è arrivato alla Zayed Sports City, il grande centro sportivo di Abu Dhabi, dove stamane celebra la messa per la comunità cattolica locale, costituita soprattutto da lavoratori immigrati da Paesi asiatici come l'India e le Filippine.
Si tratta della prima grande messa celebrata in pubblico nella Penisola araba. Il Papa fa il giro in 'papamobile' tra la folla festante dei fedeli, accorsi dagli Emirati Arabi Uniti e anche da Paesi limitrofi. Sono andati esauriti i 135 mila biglietti disponibili: per cui 45 mila fedeli assistono alla messa papale nello stadio, che è il più grande degli Emirati, gli altri nelle aree adiacenti, tra cui un palasport, sempre all'interno della città sportiva Zayed. Impressionante il colpo d'occhio delle tribune dello stadio, con decine di migliaia di giovani di circa 100 provenienze e nazionalità diverse che sventolane le bandierine bianche e gialle, i colori del Vaticano. Alla messa assistono anche 4.000 ospiti musulmani.

La visita di tre giorni negli Emirati Arabi Uniti si conclude oggi.

"Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l'unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe". Lo ha detto papa Francesco nell'omelia della messa alla Zayed Sports City di Abu Dhabi, ultimo appuntamento della sua visita negli Emirati Arabi Uniti. Parlando delle Beatitudini, il Papa ha detto che "in esse vediamo un capovolgimento del pensare comune, secondo cui sono beati i ricchi, i potenti, quanti hanno successo e sono acclamati dalle folle. Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati". "Sono venuto anche a dirvi grazie per come vivete il Vangelo che abbiamo ascoltato", ha proseguito.
"Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa", ha sottolineato il Pontefice. Il Papa si è quindi soffermato su due Beatitudini. La prima, "Beati i miti", secondo cui "non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori". La seconda Beatitudine, "Beati gli operatori di pace", implica che "il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive".


Il Papa: «La Dichiarazione con l'islam applica il Concilio»
Nico Spuntoni

http://www.lanuovabq.it/it/il-papa-la-d ... l-concilio

135mila persone hanno partecipato ieri mattina alla prima messa mai celebrata in luogo pubblico negli Emirati Arabi, un segnale importante di incoraggiamento per i cristiani di tutta la regione. E nella tradizionale conferenza stampa sull'aereo di ritorno a Roma sottolinea l'importanza del documento comune firmato con il Grande imam di Al-Azhar.

Papa Francesco nello stadio dove ha celebrato la messa

La Visita Apostolica negli Emirati Arabi Uniti è riuscita a conquistare l'attenzione dei principali media mondiali che le hanno dato ampio spazio, inserendola ai primi posti della scaletta gerarchica delle notizie da dare. In particolare, le immagini della prima Messa pubblica celebrata nella penisola arabica hanno fatto il giro del pianeta, accompagnate da didascalie entusiastiche che parlano di "evento storico".

Ieri mattina, 135mila persone hanno partecipato alla liturgia celebrata nello stadio "Zayed Sports City" della capitale. Una marea umana, ordinata, intenta a sventolare la bandierine giallobianche del Vaticano ha salutato l'ingresso di Francesco nel centro sportivo. Il papa ha potuto vedere con i propri occhi la vitalità di una comunità abituata ad essere minoranza e forse proprio per questo determinata più che mai a professare la propria fede. La presenza del Successore di Pietro in questa terra, che presenta ampi margini di libertà di culto rispetto ai Paesi vicini ma dove le campane non possono suonare, le croci non possono essere esposte e le chiese devono essere obbligatoriamente più piccole dei minareti, ha rappresentato un momento di grande orgoglio per i cristiani e l'elevata partecipazione alla cerimonia dello "Zayed Sports City" ne è stata la dimostrazione più eclatante.

E nella sua omelia il papa ha voluto omaggiare la prova offerta quotidianamente da questa comunità formata da fratelli di nazionalità diverse e che con la loro stessa esistenza testimoniano l'universalità della Chiesa: "Si dice - ha detto Francesco - che tra il Vangelo scritto e quello vissuto ci sia la stessa differenza che esiste tra la musica scritta e quella suonata. Voi qui conoscete la melodia del Vangelo e vivete l’entusiasmo del suo ritmo. Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia". "Questa gioiosa polifonia della fede - ha concluso - è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa".

Ma le parole dell'omelia, seppur dirette ai presenti nello stadio di Abu Dhabi, sembravano indirizzarsi anche a quei milioni di cristiani che vivono la propria fede in clandestinità negli altri Stati della penisola arabica o che per essa sono costretti a subire persecuzioni e discriminazioni in tutto il Medio Oriente. E Francesco ha ricordato come siano proprio costoro a fare l'esperienza piena dell'amore di Dio: all'opposto del pensiero mondano, "per Gesù - ha detto il Pontefice - beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati". Per capire chi ha ragione tra Lui ed il mondo, Bergoglio ha esortato a guardare come ha vissuto Gesù: "povero di cose e ricco di amore, ha risanato tante vite, ma non ha risparmiato la Sua. È venuto per servire e non per essere servito; ci ha insegnato che non è grande chi ha, ma chi dà. Giusto e mite, non ha opposto resistenza e si è lasciato condannare ingiustamente. In questo modo Gesù ha portato nel mondo l’amore di Dio. Solo così ha sconfitto la morte, il peccato, la paura e la mondanità stessa: con la sola forza dell’amore divino".

Prima della Messa, il papa aveva potuto visitare una delle due chiese di Abu Dhabi, la cattedrale di S. Joseph, dove lo attendevano 300 fedeli. Si può immaginare l'emozione e la commozione di questi cattolici che vivono la loro fede a quasi 5000 km da Roma in un Paese in cui, nonostante la relativa libertà di culto riconosciuta, l'islam è la religione ufficiale. Ad Abu Dhabi i cattolici superano le 100 mila unità e sono di lingua, nazionalità e riti diversi ma si trovano obbligati a condividere la frequentazione della stessa chiesa, quella di St. Joseph che venne inaugurata nel 1965. Solo nel 2015 è stato consacrato un secondo edificio, costruito su un terreno donato dalla famiglia reale, ma che si trova nella zona industriale della capitale.

Gli Emirati Arabi Uniti, pur essendo un luogo in cui ci si può professare cristiani con relativa tranquillità, non vanno considerati ancora un'oasi di convivenza religiosa. Tuttavia, sarebbe ingiusto ridimensionare gli sforzi compiuti nella giusta direzione dalle autorità emiratine o relegare la Visita Apostolica alla stregua di uno spot per lucidare l'immagine del Paese agli occhi del mondo occidentale. In questo senso, Francesco ha dimostrato coraggio nel denunciare "la crisi umanitaria nello Yemen", causata da una guerra civile in cui gli Emirati Arabi Uniti sono parte in causa in quanto principale "sponsor" delle milizie lealiste, proprio nell'Angelus pronunciato poco prima della partenza.

E il papa non ha rinunciato ad un accenno alla situazione yemenita neppure durante il discorso fatto al Founder's Memorial, togliendo argomentazioni a chi aveva criticato l'opportunità del viaggio. Molto più di qualunque paventata strumentalizzazione per ragioni di politica internazionale da parte emiratina, della prima Visita Apostolica in penisola arabica resterà soprattutto la carica di speranza ed incoraggiamento che essa ha rappresentato per la comunità cristiana locale e dei Paesi vicini.

Nella tradizionale conferenza stampa sul volo di ritorno per Roma, Francesco ha rivelato di aver visto una nazione con la "vocazione per la pace", ma non ha taciuto sui "problemi di alcune guerre nella zona", tornando a citare il caso dello Yemen. Il papa ha poi difeso dalle critiche "interne" il documento sulla fratellanza umana firmato con il grande imam di Al-Azhar, rivendicandone la sua collocazione "nello spirito del Vaticano II". Su questo punto, il Pontefice ha ammesso di comprendere chi nutre delle perplessità, ma ha anche spiegato: "Se qualcuno si sente male, lo capisco, non è una cosa di tutti i giorni, e non è un passo indietro. È un passo avanti che viene da 60 anni, il Concilio che deve svilupparsi. Gli storici dicono che perché un concilio abbia conseguenze nella Chiesa ci vogliono 100 anni, siamo a metà del cammino".

Il Papa ha poi detto che ha avuto anche lui dei dubbi su alcuni passaggi: "Ho letto una frase del documento che mi ha sorpreso e mi sono detto; non so se è sicura. Invece era una frase del Concilio". Bergoglio ha poi riconosciuto che l'accettazione della dichiarazione nel mondo islamico non sarà facile: "Ci saranno discrepanze tra loro - ha detto - ma è un processo, i processi devono maturare, come i fiori". Alla domanda di un giornalista sul perché non avesse fatto espressamente cenno alla cristianofobia nel discorso del Founder's Memorial, il papa ha replicato di averne parlato frequentemente ed ha riportato il racconto fattogli da un padre di famiglia musulmano a Lesbo che aveva visto davanti i suoi occhi i terroristi dell'Isis sgozzare sua moglie cristiana per aver rifiutato di abiurare.

Interrogato su questioni di stretta attualità quali la crisi venezuelana e il problema degli abusi di cui sono vittime le donne consacrate, Francesco ha ammesso di non aver ancora letto la lettera indirizzatagli da Maduro ma si è detto disposto ad una mediazione ma a condizione che "lo chiedano ambedue le parti". Ed ha fatto riferimento al precedente di San Giovanni Paolo II che tra la fine degli anni Settanta e la metà degli Ottanta riuscì ad evitare lo scoppio del conflitto tra Cile e Argentina sulla sovranità del Canale di Beagle. Sul tema degli abusi sulle suore per opera di membri del clero, il papa ha ammesso che "ci sono stati sacerdoti e anche vescovi che hanno fatto quello", affermando anche di credere che è un fenomeno ancora presente perché "non è che dal momento in cui tu te ne accorgi, finisce".

Il Pontefice ha voluto, poi, riconoscere la grande opera del suo Predecessore anche nel contrasto di queste pratiche all'interno della Chiesa: "Papa Benedetto ha avuto il coraggio di sciogliere una congregazione femminile che aveva un certo livello, perché c’era entrata questa schiavitù, persino sessuale, da parte dei chierici o da parte del fondatore". Bergoglio ha voluto sottolineare,infine, che "Benedetto XVI ha avuto il coraggio di fare tante cose su questo tema" e che, nonostante "il folklore" lo presenti come "debole", in realtà "di debole non ha niente. È un uomo buono, un pezzo di pane è più cattivo di lui, ma è un uomo forte".
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Re: Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni".

Messaggioda Berto » lun feb 11, 2019 9:40 am

L'alleanza idolatra con l'Islam contro gli atei e il materialismo moderno
(e implicitamente seppur non detto, contro gli ebrei e tutte le altre religioni ?)


Scrive Magdi Allam:

Il Documento del Papa negli Emirati Arabi Uniti
concepisce il cristianesimo e l'islam impegnati in una comune missione sia contro l'ateismo sia contro l'integralismo religioso: «Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva».

Il Documento assolve l'islam da qualsiasi legame con il terrorismo islamico e equipara l'islam al cristianesimo come religione di pace: «Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portarli a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente».
Il Documento afferma che il terrorismo islamico sarebbe la conseguenza o di una errata interpretazione dell'islam o la conseguenza di ingiustizie subite dai popoli: «Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni».
Il Documento sostiene che l'Occidente, ossia il cristianesimo, dovrebbe imparare e ispirarsi sul piano spirituale all'Oriente, ossia all'islam: «L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale».





Ma quali sarebbero mai i valori spirituali e umani dell'Islam?
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Allah non è Dio e Maometto non è un profeta di Dio
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Il Papa bugiardo e l'infernale alleanza con l'Islam
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Criticare l'Islam è una necessità vitale primaria, un dovere civile universale prima ancora che un diritto umano;
poiché l'Islam è il nazismo maomettano.

Non va solo criticato ma denunciato, contrastato, perseguito e bandito.
viewtopic.php?f=188&t=2811

La blasfemia vera è quella che sta alla base delle religioni, ossia la presunzione sacrilega di detenere il monopolio di Dio, dello Spirito Universale;
questa blasfemia è la fonte di ogni male, specialmente laddove questa presunzione demenziale si accompagna alla mostruosa e disumana violenza coercitiva.
L'odio e la violenza sono intrinsici all'Islam, a Maometto e al Corano, vanno denuciati, perseguiti e banditi come il male assoluto.
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6248299139

Idolatria e spiritualità naturale e universale
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Libertà, spiritualità e religione, scienza, caso e fede
viewtopic.php?f=141&t=2657
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli delle religioni e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa e dall'uomo e dai suoi idoli.
Fede naturale e fede religiosa
viewtopic.php?f=201&t=2742

Spiritualità e religiosità non sono la stessa cosa
viewtopic.php?f=24&t=2454

La manipolazione umana, religiosa e idolatra di Dio
viewtopic.php?f=201&t=2751
Quello delle religioni non è Dio ma una sua interpretazione idolatra
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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