La miseria dei paesi maomettani deriva dall'Islam

Re: La miseria dei paesi maomettani deriva dall'Islam

Messaggioda Berto » lun dic 31, 2018 10:53 am

ISLAM Le radici dell’islamismo violento sono nell’islam, parola di musulmano
(Sì ma non nell'Islam mal interpretato e mal riformato, ma nel vero Islam, quello di Maometto, del suo esempio e delle sue parole scritteriportate nel Corano)
Kamel Abderrahmani
25/04/2017

http://www.asianews.it/notizie-it/Le-ra ... 40564.html

Dopo ogni attentato terrorista si tende a dire: “Questo non è l’islam”. Eppure quegli atti criminali sono giustificati e ispirati dai testi che sono il riferimento dei musulmani e delle istituzioni islamiche nel mondo. È urgente una riforma dell’islam dall’interno, da parte degli stessi musulmani. La convivenza con le altre religioni è la strada per togliere l’islam dalla sclerosi e dalla stagnazione.

Parigi (AsiaNews) – Dopo ogni attentato terrorista, come in Egitto o a Parigi, in occidente come in oriente si levano le voci per accusare l’islam o per sdoganarlo. Tali voci si dividono e talvolta entrano in conflitto: una situazione che non fa che organizzare meglio il terrorismo islamista, l’odio e la divisione fra le nazioni.

Nel mio contributo voglio parlare dei confini esistenti fra l’islamismo e l’islam. Le domande si moltiplicano e tormentano le nostre menti, facendo emergere fenomeni che hanno bisogno di essere analizzati e risolti. Io e con me tanti altri musulmani pensiamo che sia inammissibile rimandare la problematica del terrorismo islamista in questa tappa critica che punta sul futuro dell’islam, dei musulmani e del resto dell’umanità.

L’islamismo ha penetrato la sfera politica negli anni Venti del secolo scorso con l’apparizione dei “Fratelli musulmani” in Egitto e la “Jamaât at-tabligh”, nelle province indiane, con l’obiettivo di re-islamizzare i musulmani indiani.

Questi due gruppi, apolitici in origine, hanno optato per la strada politica e talvolta armata per raggiungere i loro obiettivi, soprattutto l’instaurazione del califfato, un fatto considerato un obbligo religioso. Questi due movimenti sono la fonte d’ispirazione di tutte le correnti islamiste attuali, violenti o pacifiche. Essi sono dei movimenti che si ispirano ad antiche interpretazioni del Corano e della sharia, come fa lo Stato islamico in Iraq e in Siria, o Boko Haram in Niger. Lo sappiamo: il terrore viene seminato in tutti i territori dove trova rifugio l’islamismo, questa ideologia devastatrice. Coloro che non sono d’accordo con l’islamismo sono uccisi o spinti all’esilio. Di fronte a questa peste dobbiamo stare zitti o dire le cose senza alcuna ipocrisia e senza fuggire la realtà?

I musulmani rifiutano il legame che si fa fra Daesh e i suoi scagnozzi da un lato e l’islam dall’altro. Per essi, quelli sono dei gruppi che non rappresentano l’islam. Eppure i loro atti criminali sono giustificati e ispirati dai testi che sono il riferimento dei musulmani e delle istituzioni islamiche. Per questo, per una maggioranza di non musulmani, quello Stato diabolico è considerato come una rappresentazione fedele dell’islam.

Per noi, entrambi hanno ragione: tutto dipende dal punto di vista scelto, dalle nostre conoscenze teologiche, ideologiche e politiche, dato che all’interno dell’islam questi tre elementi sono uniti intimamente.

L’islamismo, la malattia dell’islam, o il suo figlio maledetto, è il senso puro del nichilismo e dell’alienazione culturale e cultuale, la peggior tragedia generata dall’ignoranza consacrata e dall’assenza di uno spirito razionale e critico. Esso cerca di applicare alla lettera e di essere fedele alla “sharia islamica”. Detto in altro modo, tutti gli argomenti della galassia islamista – come per esempio Daesh, Boko Haram e gli altri gruppi – ai quattro angoli del mondo sono iscritti nel corpus e nella cultura islamica come è insegnata ad Al Azhar, nelle facoltà islamiche, e in centinaia di migliaia di moschee sparpagliate in oriente e in occidente.

È quasi impossibile negare il legame esistente fra l’islamismo da un lato e il corpus islamico, le antiche interpretazioni del Corano e delle hadith dall’altro: fra i due vi è una storia passionale.

Del resto, tali insegnamenti sono oggi la fonte principale del fanatismo religioso delle nuove generazioni.

Daesh e i diversi gruppi terroristi e politici islamisti non hanno inventato nulla, essi non hanno aggiunto alcuna parola, alcuna idea nuova o argomento a ciò che essi hanno trovato nei libri di riferimento della teologia musulmana. [Questi sono] una vera raccolta di idee morte, avvelenanti e velenose, venute fuori dalle antiche interpretazioni del Corano e delle hadith. Ciò che viviamo oggi ne è la prova.

Questa situazione nuoce anzitutto all’islam, bloccato e trasformato, divenuto fonte di una dottrina nefasta; poi a tutti i musulmani, che rischiano di essere esclusi dalle altre nazioni, di rimanere isolati e soprattutto di incancrenire la coabitazione con le altre componenti delle differenti religioni in pieno rispetto, nella pace e nella fraternità.

Per questo, oggi, noi domandiamo la modernizzazione, la riforma dell’islam dall’interno, e soprattutto di accettare le interpretazioni contemporanee del Corano fatte dai nostri esegeti di oggi, cartesiani e razionali, che – in più – hanno il senso della critica.

I musulmani devono rendersi conto senza dubbio del pericolo insito in questa situazione, perché fra l’islam così come è concepito, visto e interpretato non vi è confine con l’islamismo: esso è l’incarnazione dell’islamismo stesso. Oggi è necessario che essi la finiscano nel cantare l’abituale ritornello [che si sente] dopo ogni attentato islamista: “Questo non è l’islam”.

È urgente che essi prendano questa situazione nelle loro mani e comincino a riflettere ed agire in pienezza. Tutto è da rifare, dalle antiche interpretazioni del Corano, alle metodologie d’analisi, passando per la giurisprudenza (figh) e le referenze della legislazione religiosa.

Per questo, occorre loro un lavoro di base che permetta di vedere il vero e il falso e separarli. Il male devono seppellirlo e il vero devono sostenerlo, svilupparlo, fare di esso una fonte di pace e di coabitazione anzitutto fra loro stessi (sunniti e sciiti) e anche con le altre nazioni e/o religioni.

È questa che noi chiamiamo “la barriera” (il confine) fra loro e l’islamismo. Altrimenti, la nostra esistenza continuerà a vivere nella paura e nelle incertezze della sicurezza, e l’islam come religione non potrà continuare che rimanendo strumentalizzato, sclerotico e stagnante.

Lo abbiamo detto tante volte, l’ignoranza consacrata e il fallimento della riforma intra-islamica non fanno che favorire l’islam delle mitragliatrici, delle spade e degli attentati suicidi.

In un detto che viene attribuito al profeta, egli aveva annunciato l’arrivo dei riformatori. Ma a quanto pare, o i musulmani non hanno scoperto i veri riformatori, o si sono sbagliati nel comprendere il senso della riforma. Tocca a loro oggi fare dei tagli in tutta urgenza.

Per quanto riguarda gli occidentali, essi hanno ragione ad aver paura, ad essere islamofobi e di accusare l’islam, perché noi siamo il frutto di questo albero che si chiama islam e si è loro presentato un islam stanco e appesantito dalla storia. Essi hanno ragione perché i musulmani non hanno osato riconoscere il male, estraendolo ed eliminandolo. Esso è [ormai] fra di loro e se non tentano di fare tale divisione, l’avvenire sarà cruciale e l’abisso fra i musulmani contemporanei e le altre nazioni si allargherà e si approfondirà la miseria di questa religione, la coabitazione fra gli stessi musulmani e il resto dell’umanità.



Alberto Pento
I mussulmani cosidetti moderati e l'Islam buono non esistono
viewtopic.php?f=188&t=2808

Quante demenze, specialmente quella di distinguere il Moametto (buono e noviolento) della Mecca da quello (cattivo e violento) di Medina;
L'Islam è sempre stato un ideologismo politico religioso violento e criminale; alla Mecca la violenza era implicitamente sottostante alla presunzione e all'esaltazione fanatica religiosamente idolatra di Moametto.
Alla Mecca Maometto era un rompicoglioni che voleva imporre la sua visiona politico-religiosa e il suo potere personale ai cristiani, agli zoroastriani, agli ebrei, e a tutti gli altri che vi abitavano; avrebbero dovuto giustiziarlo anziché esiliarlo a Medina dove Maometto ha potuto organizzare la sua banda di predoni assassini, tenuti insieme dal fanatismo religioso della sua idolatria e ritornare alla Mecca per imporsi con la violenza.
La spiritualità vera non ha nulla a che fare con le religioni, i loro idoli e le loro interpretazioni del divino, i loro riti, le loro cerimonie e preghiere, specialmente per ideologie religiose e politiche come quella del nazismo maomettano.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La miseria dei paesi maomettani deriva dall'Islam

Messaggioda Berto » mar gen 01, 2019 11:54 am

Riformare l'Islam o nazismo maomettano è possibile, no non è possibile; la sola possibilità è l'apostasia, la sua negazione, mettersi contro Maometto, il suo Allah e il suo Corano.

“Tutta questa storia della “riforma” dell’islam non è altro che una copertura per assolvere l’Islam e dargli (nuovamente) l’opportunità di riorganizzarsi”.
https://www.facebook.com/Islamicamentan ... 1291391479

Islamicamentando
30 dicembre 2018 alle ore 18:04
L’EX-musulmano Armin Navabi in soli due minuti smonta le false speranze e le deleterie illusioni riguardanti una fantomatica “riforma” dell’islam.
Ringraziamo il lettore che ci ha segnalato il video.
[Kafir Soul]

Movimenti liberali maomettani
https://it.wikipedia.org/wiki/Movimenti ... ll%27islam
Questi movimenti puntano a riformare l'Islam dall'interno e, per questo, non si considerano scismatici, anche perché credono nei dogmi fondamentali dell'Islam (Sei articoli di fede e i Cinque pilastri dell'Islam). Affermano, inoltre, che il loro approccio all'Islam è pienamente compatibile con i suoi insegnamenti, differenziandosi dalle visioni più conservatrici solo su come adattare i valori islamici alla vita moderna.
In particolare, propugnano una interpretazione individuale ed etica delle scritture piuttosto che una sua interpretazione letterale. Da questo punto di vista si pongono in quache misura nella scia del misticismo islamico sufista.


I sei articoli di fede (ʿAqīda) sono stati enumerati dai sunniti come segue:
https://it.wikipedia.org/wiki/Sei_articoli_di_fede

1) Credere in Dio (Allah), l'unico ed il solo meritevole di ogni adorazione (tawḥīd).
2) Credere a tutti i profeti (nabi) e messaggeri (rusul) inviati da Dio.
3) Credere nei libri (kutub) inviati da Dio (incluso il Qur'an).
4) Credere negli angeli (mala'ika).
5) Credere nel Giorno del Giudizio (qiyama) e nella risurrezione (la vita dopo la morte).
6) Credere nel Destino (qadar, che il bene e il male vengono da Iddio).

I cinque pilastri dell'islam
https://it.wikipedia.org/wiki/Cinque_pi ... ll%27islam
I cinque pilastri dell'islam (in arabo: أركان الإسلام‎ Arkān al-Islām) indicano i cinque obblighi fondamentali previsti dalla Legge religiosa e del (Sharīʿa) per ogni credente musulmano di qualsiasi sesso, in ottemperanza alla volontà di Dio (Allah); sono riassunti nel famoso ḥadīth di Gabriele.

1) la professione di fede (shahāda)
2) la preghiera (salāt)
3) l'elemosina legale (zakāt)
4) il digiuno (ṣawm o ṣiyam) nel mese di Ramadan
5) il pellegrinaggio (ḥajj) alla Mecca.

I musulmani che si riconoscono solo nel Corano hanno opinioni critiche sul ḥadīth (per questo sono anche chiamati anti-ḥadīth) che non accettano come fonte autentica e/o affidabile per la loro fede. Propongono in generale il primato del Corano e in alcuni casi rifiutano in toto i ḥadīth. Diminuendo l'importanza del ḥadīth, si apre la possibilità di rileggere i versi coranici in senso più liberale. Per questo sono criticati dai più che invece credono che proprio il ḥadīth conservi l'essenza più pura del testo coranico.

L'ḥadīth (in arabo: حديث‎, ascolta[?·info], plur. in arabo: أحاديث‎, ʾaḥādīth) è un racconto sulla vita del profeta Maometto.
https://it.wikipedia.org/wiki/%E1%B8%A4ad%C4%ABth
In genere si tratta di un singolo aneddoto di alcune righe sulla vita del profeta dell'islam Maometto (Muhammad), ma ha un significato molto più importante perché è parte costitutiva della cosiddetta Sunna, la seconda fonte della Legge islamica (Sharīʿa) dopo lo stesso Corano. Esistono milioni di ʾaḥādīth, classificati per isnād (catena di trasmissione) ed affidabilità. La collezione della totalità dei singoli ʾaḥādīth costituisce appunto la Sunna.



Può essere definito riformismo islamico (o semplicemente in arabo: إصلاح ‎, Iṣlāḥ) il movimento culturale e politico - talora definito Modernismo islamico, Riformismo islamico o Nahḍa (in arabo: نهضة‎, Nahḍa, "Rinascita") - che cominciò a esprimersi nel mondo islamico in genere, e in quello arabo in particolare, a partire dalla fine del XIX secolo.
In linea di massima gli studiosi concordano nell'indicare in Jamāl al-Dīn al-Afghānī il primo esponente di questa corrente di pensiero e in una serie di pensatori siriani ed egiziani i suoi discepoli e i continuatori della sua opera.
https://it.wikipedia.org/wiki/Riformismo_islamico
Ad assestare il colpo di grazia al Riformismo islamico fu l'incapacità dei nazionalisti (nel mondo arabo dei nazionalisti arabi), del Panislamismo (nel mondo arabo del Panarabismo) e del Socialismo (nell'ambito arabo del Socialismo arabo) di tradurre in realtà qualcuna delle tante promesse di giustizia sociale, elargite a profusione all'epoca delle lotte d'indipendenza contro l'Occidente. La questione del ripristino del califfato in mano araba tenne a freno la lotta anticoloniale, aggravando le tensioni tra arabi e tra questi e le élite turche ottomane.
Le disilluse speranze che profondi mutamenti potessero essere concretizzati grazie all'azione di acculturazione all'Occidente, convinsero una parte del mondo islamico a riporre le proprie residue e troppo spesso deluse speranze in un ritorno più o meno radicale alla mitizzata religione delle origini.

Nasceva così la stagione del Fondamentalismo islamico, con le sue illusioni e le sue forti contraddizioni.
...
Pur essendo perfettamente in grado di distinguere gli aspetti laici da quelli religiosi, il mondo musulmano tendeva a rimaner fedele ai principi integralistici che caratterizzano l'approccio islamico alla politica e nessun dibattito s'era perciò avviato circa una diversa organizzazione della politica, solidamente impiantata sul principio verticistico dello Stato: immagine che nel microcosmo si voleva riflettesse la realtà del macrocosmo, in cui Allah è il Signore e il Sovrano del creato.

Con un forte potere centrale, sindacato per molti versi da un sempre più ingombrante e costoso potere militare, il feudalesimo non ebbe motivo di nascere in ambiente islamico e, del pari, nessuna lotta fu mai organizzata per la creazione e l'organizzazione di "liberi comuni", in grado di esaltare l'azione, capace d'incidere in profondità negli equilibri della politica, della borghesia produttiva.

Per un certo periodo il mondo islamico s'illuse che il divario crescente con l'Occidente dipendesse da una semplice inferiorità militare, senza rendersi conto che dietro gli armamenti, l'addestramento e gli ordigni bellici di maggiore efficienza del mondo occidentale, si celava una precisa cultura tecnologica, frutto di ricerche e di un modo di pensare sempre più laicizzante, che sostanzialmente prescindeva ormai quasi del tutto dal portato ultramondano suggerito dalla religione.


L'Islam non è riformabile poiché per riformarlo andrebbero modificati i suoi pilastri o dogmi e ciò equivarrebbe non a interpretare diversamente le parole e la vita di Maometto e i suoi dogmi ma a negarle, a negare la loro verità e bontà religiosa/teologica, spirituale in senso naturale areligioso universale e umano e ciò non equivale non a una riforma ma all'apostasia.
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Re: La miseria dei paesi maomettani deriva dall'Islam

Messaggioda Berto » mar gen 01, 2019 11:55 am

Il mondo islamico non è vittima dell'occidente cristiano, laico e ateo, del suo presunto imperialismo politico, religioso, culturale ed economico.
A questo proposito è bene ricordare come l'Europa per secoli sia stata vittima dei carnefici mussulmani, delle razzie islamiche e dell'imperialismo politico religioso maomettano, prima con l'espansione arabo maomettana nei territori cristiani ed ebraici dell'impero romano, poi con l'Impero arabo berbero maomettano che conquistò la Spagna, Malta e la Sicilia e poi con l'Impero ottomano che conquistò la Grecia e parte della penisola balcanica arrivando persino ad attaccare Vienna;
si ricordino le razzie lungo tutte le coste del Mediterraneo per depredare e schiavizzare i cristiani e quelle all'interno del continente europeo fin nei territori istriani e friulani della Repubblica Veneta.

All'area arabo islamica del nazismo maomettano d'Africa e d'Asia, noi europei, occidentali, atei e cristiani non dobbiamo nulla, anzi
viewtopic.php?f=188&t=2674

Gli schiavi dei mussulmani, degli arabi, dei turchi
viewtopic.php?f=149&t=1336

Ancora oggi in Europa, nell'area balcanica viviamo il conflitto violento e insanabile con il nazismo maomettano in Bosnia, Kosovo, Albania, a cui si è aggiunto quello con i migranti regolari e clandestini dall'Asia e dall'Africa in ogni paese europeo, portatori del terrorismo nazi-maomettano.
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Re: La miseria dei paesi maomettani deriva dall'Islam

Messaggioda Berto » ven gen 11, 2019 10:43 pm

Ha ragione Malagò: scandalizzarsi per la partita in Arabia Saudita è da ipocriti. Piuttosto serve uno Stato che sappia fare affari e far rispettare i diritti fondamentali della persona
Magdi Cristiano Allam
8 dicembre 2019

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 3315642245

Cari amici, sono decenni che l’Italia fa affari d’oro con l’Arabia Saudita senza che nessuno si sia scandalizzato più di tanto. Anzi, l’Italia ha concesso proprio all’Arabia Saudita la prerogativa di costruire a Roma e di gestire la più grande moschea nel nostro paese, nonostante che loro vietino tassativamente la presenza di chiese o altri luoghi di culto non islamici sul proprio territorio. L’Arabia Saudita è il maggior produttore ed esportatore di petrolio al mondo e il suo mercato interno offre notevoli opportunità di profitti alle nostre grandi e medie imprese. Finora nessuno ha mai ipotizzato di porre fine a questo colossale giro d’affari perché in Arabia Saudita le donne vengono trattate come esseri inferiori, perché decapitano, impiccano e lapidano in pubblico chi viola ciò che Allah ha prescritto nel Corano. Finora si è applicata la spregiudicata massima “business is business”, gli affari sono affari.
Ecco perché trovo quantomeno ingenua la critica di chi oggi si scandalizza perché nella partita di finale della Supercoppa, che si disputerà a Gedda il 16 gennaio, le donne non potranno accedere allo stadio se non accompagnate da un uomo che funge da suo “guardiano”. La verità è che è sempre stato così. Casomai la novità è che per la prima volta le donne saudite potranno andare allo stadio e sedersi o nel settore riservato alle famiglie, in compagnia dei propri familiari, o in un settore per sole donne contiguo. È ovvio che per noi occidentali non va bene. Ma ripeto: è sempre stato così.
Ha ragione il Presidente del Coni Giovanni Malagò che ai microfoni di Radio Anch'io ha detto: ''Sul caso della Supercoppa a Gedda c'è il trionfo dell'ipocrisia da parte di tante persone''. Malagò ha spiegato: ''La Lega di Serie A è un ente privato, fa un bando e dice quale posto o città possono ospitare nei prossimi cinque anni la finale della Supercoppa. La migliore offerta è stata quella dell'Arabia Saudita, il bando è stato giudicato a luglio del 2018. Ricordo poi che stiamo facendo la danza della pioggia per riuscire a rivedere la Nazionale ai prossimi Mondiali che si terranno in Qatar, un paese che ha leggi anche più restrittive dell'Arabia Saudita''. Sempre Malagò precisa: “Il problema è sorto con la vicenda dei biglietti, la donna che prima non poteva andare allo stadio ora ci può andare in determinati settori. Poi ovviamente tutto quello che succede in Arabia non mi trova d'accordo''. Si tratta di un accordo con l’Arabia Saudita da 21 milioni di euro per tre edizioni (quella del 16 gennaio 2019 è solo la prima).
Cari amici, ciò che io invece trovo disdicevole è che, pur di non compromettere questo colossale giro d’affari, la classe politica italiana non sia mai andata oltre la denuncia sterile, generalizzata e sostanzialmente fine a se stessa della flagrante violazione dei diritti fondamentali della persona. Preso atto che gli “affari sono affari” e non vanno lesi per non danneggiare le nostre imprese e i nostri lavoratori, preso atto che bisogna separare gli affari dalla politica, ebbene se la politica è silente o si limita a dar fiato ai polmoni, significa che non siamo né seri né credibili. Se noi dovessimo, ad esempio, vietare o limitare l’attività delle moschee dentro casa nostra, l’Arabia Saudita e gli altri 50 Stati islamici insorgerebbero all’unisono e con determinazione. Ma se l’Arabia Saudita macella vivo e fa dissolvere con l’acido il corpo del giornalista Jamal Khashoggi all’interno del proprio Consolato a Istanbul, oppure da la caccia a Rahaf Mohammed Alqunun, una ragazza saudita di 18 anni, che ha deciso di trasferirsi in Australia dopo aver abbandonato l’islam, ebbene a livello ufficiale non c’è stata una presa di posizione che manifesti la condanna o la riprovazione dell’Italia. Ecco perché è arrivato il momento di smetterla di comportarsi con il resto del mondo come se fosse un’arena dove proseguire l’interminabile campagna elettorale che coinvolge governo e opposizione. Abbiamo urgentemente di uno Stato che si rispetti e di statisti che diano credibilità e prestigio all’Italia nel mondo.





L’email di un italiano a Dubai:
Settembre 27, 2018

https://italianiemigrati.com/italiano-a ... -dittatura

Un italiano residente a Dubai da 2 anni ci ha mandato un’email per raccontarci la vita nella città araba. Al contrario di quanto si sente di solito parlare, questo ragazzo ci racconta una realtà completamente diversa da quella che ci aspettiamo.


“Ciao a tutti da Dubai, sono un ragazzo di 32 anni che vive negli Emirati da circa 2 anni e vorrei raccontarvi un po’ della mia esperienza. Probabilmente avrete sentito spesso parlare di Dubai, da amici o alla TV, su questo sito ho letto anche un paio di articoli sulla città che la descrivono abbastanza bene. La realtà raccontata da uno come me che ci vive è però ben diversa: l’unico punto veramente a favore di questo posto è che non si pagano le tasse…giusto da quest’anno hanno introdotto l’IVA al 5%. I punti a sfavore sono tanti invece: clima insopportabile almeno 7 mesi all’anno, razzismo ai massimi livelli, schiavismo vero e proprio, ipocrisia religiosa, disprezzo dei diritti umani, disprezzo della natura e infine spreco delle risorse. Quando parlo di schiavismo è vero, Dubai è piena zeppa di persone che vengono dai Paesi orientali che vengono trattate malissimo e sottopagate (appositamente) rispetto agli occidentali. Poi vi ricordo che DUBAI non è una democrazia ma una MONARCHIA ASSOLUTA dove comanda una persona sola che dall’oggi al domani può cambiare tutto e disporre di te come vuole. Le prigioni di Dubai sono piene di stranieri che sono stati arrestati anche per delle cose ridicole, tipo aver bevuto un bicchiere di vino in aereo prima d’atterrare o ad esempio so di un ragazzo che sta dentro da 20 giorni solo per aver alzato il dito medio in pubblico.

Ragazzi io ci vivo perché lavoro come self employer per un’azienda online, sto qui esclusivamente per non pagare le tasse francamente. Per tutti coloro che non hanno necessità, vi dico lasciate perdere!

Ciao e grazie, spero pubblichiate la mia email.
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Re: La miseria dei paesi maomettani deriva dall'Islam

Messaggioda Berto » gio mar 28, 2019 9:47 pm

Bisogna smetterla di ripetere l’insulsa litania che attribuisce questa drammatica arretratezza politica e culturale dei paesi arabi al colonialismo e all’imperialismo (quando non dalla nascita di Israele).

Si tratta infatti di un falso storico: il declino culturale della grande civiltà islamica siprotrae dal XIII-XIV secolo, dunque da seicento anni, e non è stato quindi affatto causato dal colonialismo, che inizia quattrocento anni dopo, ma da dinamiche assolutamente interne.

Bisogna andare alle radici e porsi il problema del rifiuto islamico della modernità.

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Gino Quarelo
Il declino "culturale" degli arabi e poi di tutte le genti fattesi o costrette a farsi mussulmane inizia con Maometto.
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Re: La miseria dei paesi maomettani deriva dall'Islam

Messaggioda Berto » dom ago 07, 2022 8:59 am

Come i musulmani possono recuperare
Daniel Pipes
20 Luglio 2022
Traduzione di Angelita La Spada

http://www.linformale.eu/come-i-musulma ... ecuperare/

Una raffica di statistiche indica chiaramente che i musulmani contemporanei sono rimasti indietro rispetto agli altri popoli, sia che si tratti di salute, di corruzione, di longevità, di alfabetizzazione, di diritti umani, di sicurezza personale, di reddito o di potere. Ma perché? Esistono quattro spiegazioni contrastanti, ognuna delle quali è ricca di implicazioni.

In primo luogo, la Sinistra globale e gli islamisti incolpano l’imperialismo occidentale. Per loro, le tribolazioni odierne sono il risultato inevitabile dei due secoli successivi al 1760, quando quasi tutti i musulmani caddero sotto il controllo di 16 Stati a maggioranza cristiana (Regno Unito, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Germania, Austria , Italia, Grecia, Russia, Etiopia, Filippine e Stati Uniti).

Ma quest’accusa ignora due fattori fondamentali. Innanzitutto, quegli indici mostrano che i musulmani sono rimasti indietro rispetto a gran parte del resto del mondo molto prima del 1760, il che aiuta a spiegare perché in primo luogo sono finiti sotto il controllo occidentale. In secondo luogo, il controllo occidentale è terminato circa sette decenni fa, concedendo loro tutto il tempo per prosperare e avere successo, come hanno fatto tanti popoli non musulmani, si veda Singapore/Malesia, India/Pakistan, Israele/palestinesi o Cipro Nord/Sud.

In secondo luogo, gli analisti ostili all’Islam tendono a incolpare quella religione delle tribolazioni musulmane. Attribuendo il successo medievale dei musulmani all’appropriazione dei contributi di culture soggiogate dalla forza, come quella romana, greca e iraniana, tali analisti presentano l’Islam come un’influenza paralizzante che incoraggia l’apprendimento meccanico, inculca il fatalismo e alimenta il fanatismo. Ma anche questo è illogico: se l’Islam ha permesso ai musulmani di prendere in prestito con successo da altre civiltà un millennio fa, come può proibire un simile prestito oggi?

Questo storico propone una terza spiegazione, ossia che vari fattori, come il rifiuto del pensiero originario e l’invasione mongola in particolare, hanno causato il declino della civiltà islamica medievale proprio mentre l’Europa decollava. Poi, un  cocente disprezzo e un’ostilità reciproci hanno impedito ai musulmani di imparare dai cristiani. Se la modernità fosse stata inventata in Cina, oggi i musulmani sarebbero molto più avanzati.

Queste interpretazioni contrastanti vengono in mente leggendo Islam, Authoritarianism, and Underdevelopment: A Global and Historical Comparison (Cambridge University Press, 2019), un libro di Ahmet T. Kuru che offre un’importante quarta spiegazione. L’autore, professore di Scienze Politiche alla San Diego State University, sostiene che le relazioni troppo strette tra le autorità religiose e politiche hanno soffocato la creatività musulmana nell’ultimo millennio e che questa coalizione deve essere spezzata affinché i musulmani possano avanzare. La sua tesi merita di essere presa in seria considerazione. (Le citazioni che seguono sono tratte da un riassunto del suo libro.)

Kuru inizia ricordando che “un certo grado di separazione tra gli ulema (i leader religiosi che rappresentavano la conoscenza, l’istruzione e il diritto islamici) e i governanti politici” caratterizzò l’epoca d’oro del mondo arabo dall’VIII all’XI secolo, quando i musulmani godevano di un grado di benessere e di potere che li pose in prima linea nella civiltà. In particolare, “la stragrande maggioranza degli ulema e le loro famiglie svolgevano lavori non governativi, soprattutto nel commercio”. La conseguente diversità religiosa e filosofica rese dinamiche le prime società musulmane.

A partire dalla metà dell’XI secolo, “l’alleanza tra Stato e ulema iniziò a emergere nell’attuale Asia centrale, in Iran e in Iraq”. Poi si diffuse in Siria, in Egitto e oltre, causando l’emarginazione delle classi intellettuali ed economiche. A sua volta, ciò portò a un calo della produttività scientifica e del dinamismo economico musulmano.

Gli europei, ad esempio, inventarono la pressa tipografica intorno al 1440, ma ci vollero quasi tre secoli perché i musulmani stampassero un libro in caratteri arabi. Questo estremo ritardo fu la conseguenza dell’assenza di “una classe intellettuale per apprezzare il significato accademico della stampa [e] di una classe mercantile per comprendere le opportunità finanziarie del capitalismo della stampa. I leader militari negli imperi musulmani non ravvisavano il valore della stampa e gli ulema lo consideravano una minaccia al loro monopolio sull’istruzione”. Di conseguenza, nel XVIII secolo, le tipografie europee stamparono 20 mila libri per ogni singolo libro stampato nell’Impero ottomano. Ancora oggi, i libri arabi rappresentano soltanto l’1,1 per cento della produzione mondiale.

Le riforme del XIX secolo non affrontarono l’alleanza tra Stato e ulema e quindi fallirono. Gli sforzi successivi sono andati anche peggio a causa di una combinazione di espansione del potere statale guidata dai militari, ideologie radicali proliferanti e leader laicisti insicuri. Successivamente, le entrate sproporzionate di idrocarburi “ostacolarono la democratizzazione e crearono Stati redditieri”.

Guardando al futuro, Kuru offre ai musulmani quattro eccellenti raccomandazioni: riconoscere i problemi dell’autoritarismo e del sottosviluppo; non incolpare né l’imperialismo né l’Islam; concentrarsi sul danno che l’alleanza tra Stato e ulema provoca agli intellettuali e agli imprenditori; e sviluppare idee per “la ristrutturazione economica basata su sistemi produttivi che incoraggiano l’imprenditorialità”.

Dunque, i musulmani ascolteranno questo saggio consiglio? I precedenti, purtroppo, dimostrano di no.



Alberto Pento
Non sono d'accordo con l'analisi di questo storico Ahmet T. Kuru.
L'epoca d'oro del mondo arabo mussulmano coincide con il periodo dell'espansione militare imperiale e predatoria, connessa alle rapine, ai massacri e alla riduzione in schiavitù dei popoli conquistati e convertiti a forza.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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