I mussulmani Rohingya perseguitati o persecutori ?

Re: I mussulmani Rohingya perseguitati o persecutori ?

Messaggioda Berto » gio ago 30, 2018 1:41 am

???

Onu, è stato genocidio contro i Rohingya
2018/08/27

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/a ... 1ea70.html

I leader militari birmani devono essere incriminati per genocidio e crimini di guerra contro la minoranza musulmana dei Rohingya. Lo scrive in un rapporto la missione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite creata nel marzo 2017.

La leader birmana Aung San Suu Kyi "non ha usato la sua posizione di capo del governo de facto, né la sua autorità morale, per arginare o impedire gli eventi in corso nello stato di Rakhine" contro i Rohingya, sostiene il rapporto della Missione d'inchiesta indipendente dell'Onu sulla Birmania. Le autorità civili birmane - si legge nel documento - avevano poco margine, ma "attraverso le loro azioni e omissioni, le autorità civili hanno contribuito alla commissione dei crimini atroci".


Nora Klein
Mio figlio conosce molto bene il Myanmar l’ha visitato spesso per lavoro e per piacere ,è appena rientrato dal suo ultimo viaggio in Myanmar da una settimana. Mi ha raccontano che i buddisti devono difendersi dalla invasione islamica dell’ esercito per la salvezza dei rohingya , guidato da un rohingya nato in Pakistan e cresciuto alla Mecca, in Arabia Saudita, e negli ultimi tempi ha attirato anche l’attenzione di al Qaida, che hanno invitato i musulmani di tutta la regione ad andare in Myanmar e sostenere la causa dei rohingya ..... quindi un’altra dimostrazione da parte dell’ONU in sostegno agli islamici ....

Nora Klein Notizia arrivata ora :
29 agosto 2018
6.17 Il governo del Myanmar (ex Birmania) respinge le conclusioni dell'inchiesta Onu che accusa l'esercito di "genocicidio", "crimini contro l'umanità" e "crimini di guerra" nei confronti della minoranza musulmana dei Rohingya. "Non abbiamo autorizzato la missione Onu che indaga sui fatti del Myanmar ad entrare nel Paese, ed è per questo che non accettiamo nessuna risoluzione del Consiglio dei diritti dell'Uomo", ha dichiarato, Zaw Htay, portavoce del governo.

Gino Quarelo
L'ONU è in mano ai nazi maomettani.
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Messaggioda Berto » sab dic 29, 2018 10:24 pm

BANGLADESH-MYANMAR Rohingya 'a rischio radicalizzazione islamica'
AsiaNews.it
28 dicembre 2018

http://www.asianews.it/notizie-it/Rohin ... 45843.html

Il fenomeno è iniziato alla fine degli anni '70 per mano saudita. Negli anni '80 e all'inizio dei '90, i militanti Rohingya hanno stretto legami con organizzazioni bangladeshi, afghane e pakistane. La principale organizzazione militare di oggi affonda le sue radici a Karachi.

Dhaka (AsiaNews/Agenzie) – I rifugiati Rohingya sono corteggiati da gruppi islamisti del Medio Oriente e dell'Asia del Sud: la dinamica rischia di trasformare gli affollati campi al confine tra Bangladesh e Myanmar in un nuovo vortice di instabilità regionale. È l'allarme lanciato da alcuni analisti, tra cui Bertil Lintner.

L'editorialista svedese sottolinea che la radicalizzazione della minoranza etnica Rohingya, cominciata alla fine degli anni '70, trova terreno fertile in una popolazione di profughi permanente. Il territorio è così esposto a possibili nuovi attacchi transfrontalieri dei militanti dell'Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa), che nell'agosto 2017 hanno provocato la violenta offensiva dell'esercito del Myanmar nelle aree dello Stato di Rakhine abitate dai Rohingya.

Secondo Lintner, è alto il pericolo di alleanze tra i vari gruppi islamisti della regione, con gravi implicazioni anche per la sicurezza interna del Bangladesh, prossimo alle elezioni generali. L'esperto ripercorre la storia dell'interesse manifestato dal mondo islamico riguardo le sofferenze dei Rohingya. Esso risale alle violenze settarie del 1978 e del 1991-1992, che hanno costretto decine di migliaia di musulmani alla fuga in Bangladesh.

Nel 1978, la facoltosa ong islamica Rabitat-al-Alam-al-Islami (Lega musulmana mondiale) ha inviato aiuti ai rifugiati e costruito un ospedale, una moschea e una madrassa a Ukhia, a sud di Cox's Bazar. Qui sono giunti religiosi sauditi che hanno dato inizio alla radicalizzazione di alcuni leader e attivisti Rohingya.

Negli anni '80 e all'inizio dei '90, la Rohingya Solidarity Organization (Rso), il principale gruppo militante, ha stretto legami con gli islamisti bangladeshi di Jamaat-e-Islami e, soprattutto, con la loro ala giovanile e ancora più radicale Islami Chhatra Shibir. Grazie alle nuove relazioni, l'Rso è entrato in contatto con il partito e gruppo paramilitare afghano Hizb-e-Islami e organizzazioni simili in Pakistan, Medio Oriente e Asia del Sud. Istruttori afghani si sono recati ad Ukhia e centinaia di Rohingya sono stati addestrati nella provincia di Khost, in Afghanistan.

Conosciuto dai locali come Harakah al-Yaqin (Movimento della Fede), al momento è l'Arsa la principale organizzazione militare Rohingya. Essa affonda le sue radici negli ambienti radicali di Karachi, in Pakistan. Nelle periferie disagiate di questa città vivono, senza diritti di cittadinanza, centinaia di migliaia di Rohingya (prima, seconda e terza generazione). Dediti ad attività illegali, alcuni di loro hanno combattuto in Afghanistan. Il leader dell'Arsa, Ataullah abu Ammar Junjuni (conosciuto anche come Hafiz Tohar), è nato a Karachi ed è stato educato in una madrassa saudita.

Secondo recenti rapporti dai campi profughi in Bangladesh, Jamaat-ul-Mujahideen (Jmb), un'organizzazione islamica che opera in Bangladesh e individuato come gruppo terroristico dal Regno Unito, sta cercando di coltivare legami con i Rohingya. Lo scorso 13 dicembre, l'Unità antiterrorismo e crimine transnazionale (Cttc) ha arrestato tre membri di Jmb "impegnati nell'addestramento di rifugiati". Qualora confermate, secondo Lintner queste accuse potrebbero favorire una risposta armata al rifiuto delle autorità civili e militari del Myanmar di cedere alle richieste dei rifugiati, inclusi i loro appelli per la cittadinanza e la giustizia.
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Messaggioda Berto » mar mag 14, 2019 8:26 pm

MALAYSIA Due Rohingya tra i jihadisti: sventato piano terroristico contro templi e chiese
AsiaNews.it
14/05/2019

http://www.asianews.it/notizie-it/Due-R ... 47009.html

Hanno 20 e 25 anni. Il più giovane è in possesso di una carta Onu per i rifugiati ed è legato ai ribelli islamisti in Myanmar. La cellula riceveva ordini dalla Siria. I terroristi volevano vendicare la morte di un pompiere musulmano di etnia malese. Erano pronti ad entrare in azione durante la prima settimana di Ramadan.

Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – Pianificavano attentati su larga scala contro tempi buddisti, indù e chiese della capitale per uccidere “personalità di alto profilo”: le autorità malaysiane hanno arrestato una cellula jihadista di cui facevano parte due miliziani Rohingya. Lo ha annunciato ieri in una conferenza stampa Abdul Hamid Bador, nuovo ispettore generale della polizia. Gli altri due miliziani posti in stato di fermo sono un cittadino malaysiano ed uno indonesiano.

I fermi sono il risultato di due operazioni condotte dalle forze di sicurezza a Kuala Lumpur e Terengganu, tra il 5 ed il 7 maggio scorsi. Gli ufficiali hanno sequestrato anche una pistola automatica, 15 proiettili e sei ordigni esplosivi improvvisati (Ied).

Abdul Hamid ha rivelato ai cronisti che la cellula riceveva ordini dalla Siria. Ad impartirli un altro cittadino malaysiano, la cui identità è ancora oggetto di indagini. “Questo individuo ha dato il via libera agli attacchi, pianificati a partire dallo scorso gennaio. Le comunicazioni avvenivano via Whatsapp”, ha dichiarato.

I quattro terroristi volevano vendicare la morte di un pompiere musulmano di etnia malese, morto lo scorso novembre durante gli scontri settari presso un tempio indù di Subang Jaya (Selangor). La cellula era pronta ad entrare in azione durante la prima settimana di Ramadan (iniziato il 6 maggio).

Uno dei sospetti Rohingya in custodia è un 20enne titolare di una carta per i rifugiati rilasciata dalle Nazioni Unite (Onu). Il giovane ha ammesso di sostenere l'Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa). Il gruppo armato di stampo islamista opera nello Stato di Rakhine (Myanmar). I ribelli islamici sono responsabili per l’inizio delle violenze che hanno spinto oltre 700mila Rohingya a fuggire nel vicino Bangladesh. “[Il sospetto] Intendeva attaccare l’ambasciata del Myanmar a Kuala Lumpur”, ha affermato Abdul Hamid. L’altro Rohingya arrestato è un 25enne facente parte di una fazione locale dello Stato islamico (Is).

Nazione a maggioranza islamica, la Malaysia è vista come un rifugio sicuro nel Sud-Est asiatico dai Rohingya che fuggono dal Myanmar. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), il Paese ne ospita almeno 90.200; gruppi di attivisti affermano tuttavia che il numero reale sfiorerebbe le 200mila unità.

Lo scorso anno, il ministro della Difesa di Kuala Lumpur, Mohamad Sabu, ha espresso timori per la possibilità che gli espatriati Rohingya siano attratti da ideologie estremiste. “Siamo preoccupati – ha dichiarato – che possano essere manipolati per poi diventare attentatori suicidi o reclute in cellule terroristiche”.

La radicalizzazione della minoranza etnica, cominciata alla fine degli anni '70, trova terreno fertile in una popolazione di rifugiati permanenti. Analisti denunciano che i rifugiati Rohingya sono corteggiati da gruppi islamisti del Medio Oriente e dell'Asia del Sud: la dinamica rischia di trasformare gli affollati campi al confine tra Bangladesh e Myanmar in un nuovo vortice di instabilità per la regione.
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Messaggioda Berto » ven mag 17, 2019 9:24 am

???

“La Birmania colpevole del genocidio dei Rohingya”
Davide Bartoccini
17 maggio 2019

https://it.insideover.com/religioni/la- ... ingya.html

Le forze di sicurezza della Birmania sono state accusate formalmente di aver perpetrato omicidi, stupri di gruppo e aver appiccato incendi dolosi nei villaggi abitati dalla minoranza musulmana Rohingya. Le azioni – ritenute crimini di guerra – sono una repressione per alcuni attacchi sferrati da fazioni ribelli armate nell’agosto 2017. Questo “giro di vite” nei confronti della minoranza musulmana che abita prevalentemente lo stato-regione occidentale del Rakhine ha portato alla fuga di oltre 730.000 persone, che cercano rifugio da questo genocidio nel vicino Bangladesh. Stato confinante con la regione.

Per l’Onu, che ha portato a termine diverse indagini e ha presentato una serie di dossier, ci troviamo davanti una chiara violazione dei diritti umani che è sta sfociando in un vero e proprio genocidio perpetrato silenziosamente negli anni che sta aumentando la sua ferocia impunita. La Birmania ha respinto la maggior parte delle accuse, dichiarando che le azioni incriminate dalle Nazioni Uniti sono in realtà azioni rivolte a sedare la lotta armata mossa dal gruppo insurrezionalista islamista Arakan Rohingya Salvation Army. Lo scorso settembre, un gruppo di ispettori nominato dagli Stati Uniti aveva asserito che gli ufficiali militari birmani hanno condotto una campagna contro i Rohingya con “intenti di genocidio”, e dovrebbero essere processati per crimini di guerra. Il governo birmano si ripetutamente opposto alle intromissioni di organizzazioni governative e non governative che intendessero condurre ispezioni nel paese, vietando agli esperti di visitare le zone interessate. Alcune rappresentati dell’Onu sarebbero riusciti comunque a raggiungere la regione e condurre ispezioni nei campi profughi nel distretto di Cox’s Bazar, in Bangladesh, raccogliendo testimonianze scioccanti.
“A causa della gravità del passato e delle continue violazioni, occorre prestare attenzione ai legami politici, economici e finanziari dell’esercito del Myanmar, per identificare chi e cosa dovrebbe essere preso di mira”, ha dichiarato Christopher Sidoti, avvocato per i diritti umani australiano che ha preso parte alle indagini. In risposta a queste violazioni molte nazioni occidentali hanno sospeso i programmi di formazione per violazioni dei diritti umani e imposto un embargo sulle armi, ma queste azioni non hanno raggiunto una portata sufficiente a dissuadere il governo birmano dal perpetrare questi crimini e proseguire nella durissima persecuzione di questa minoranza religiosa. Secondo quanto riportato, l’apparato militare birmano acquista armi principalmente dalla Cina e dalla Russia, e potenze che non sono coinvolte in questa causa attualmente.
Il genocidio perpetrato in Birmania sulla minoranza musulmana dei Rohingya – approssimativamente il 4% della popolazione – trova le sue radici in una persecuzione di carattere religiosa che la maggioranza buddhista theravāda – circa il 90% in Birmania – attua da decenni, accusando i Rohingya di essere un popolo “straniero” e “ribelle”. La maggioranza buddhista ha sempre detenuto il potere in Birmania – sia ai tempi della dittatura militare di stampo socialista, sia sotto l’odierno regime semi-democratico che oggi amministra il Paese.


Alberto Pento
Ovunque nel mondo i nazi maomettani hanno portato il loro razzismo, la persecuzione e lo sterminio di ogni diversamente religioso e pensante; hanno portato orrore e terrore, guerra civile, secessioni di territori e morte.
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Re: I mussulmani Rohingya perseguitati o persecutori ?

Messaggioda Berto » mar giu 11, 2019 1:49 am

Aung San Suu Kyi con (e come) Orbán: «Il pericolo comune è l’islam»
Emanuele Giordana

07.06.2019

https://ilmanifesto.it/suu-kyi-con-e-co ... qqEHPpBKPY

Ungheria/Myanmar. La leader birmana e Nobel per la pace in visita a Budapest: «Troppi musulmani». Ma nel paese europeo ipersovranista e xenofobo non ce n'è praticamente nessuno e in Myanmar la minoranza rohingya è massacrata dalla giunta militare

È una ennesima brutta vicenda quella che circonda il viaggio europeo di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace ed eroina dei diritti umani ma al centro di polemiche roventi da tre anni da quando è cominciato l’esodo forzato della minoranza musulmana rohingya dal Myanmar verso il Bangladesh.

Più di un milione tra vecchi e nuovi profughi da un Paese dove ormai di rohingya non ce ne sono quasi più. Non contenta di essersi guadagnata questa fama, Aung San Suu Kyi è andata a trovare Viktor Orbán, primo ministro ungherese e ormai noto per il suo ipernazionalsimo sovranista e razzista.

La notizia ha fatto il giro del mondo soprattutto per quanto i due si sono detti. Si chiede ad esempio il catalano La Vanguardia: «Cosa unisce una Nobel e un politico autoritario come Orbán?».

La risposta è nella nota ufficiale riportata dai quotidiani locali: «Il primo ministro Viktor Orbán ha incontrato a Budapest mercoledì Aung San Suu Kyi, consigliere di Stato del Myanmar: hanno discusso di immigrazione illegale e dei legami bilaterali nei settori dell’economia, dell’istruzione e della cultura. L’immigrazione illegale – continua la nota d’agenzia – è una sfida primaria sia per il Myanmar sia per l’Ungheria, sia per il Sud-est asiatico che l’Europa in generale e il problema di come vivere insieme alla crescente popolazione musulmana è emerso in entrambe le regioni, ha detto Bertalan Havasi, portavoce del premier, riassumendo i colloqui che si sono svolti nell’ufficio del primo ministro».

Ogni commento appare superfluo. La vera preoccupazione del politico autoritario è della Nobel sembra dunque il percolo islamico: un pericolo che in Myanmar può contare su meno del 5% della popolazione – cui vanno sottratti un paio di milioni di rohingya – e che in Ungheria non appare nemmeno nelle statistiche per la percentuale risibile.

Ma Orbán è andato oltre: ha detto che Budapest «sostiene la cooperazione commerciale tra l’Unione europea e il Myanmar ma rifiuta «l’esportazione della democrazia e l’approccio di Bruxelles e di altri burocrati occidentali che cercano di mescolare questioni non correlate come la cooperazione economica con gli affari interni».

Una terminologia molto apprezzata dalla Nobel – dicono le cronache – ma che non si usa più nemmeno tra i Paesi del Sudest asiatico (Asean), noti per la teoria della non ingerenza negli affari interni (la Malaysia ha tacciato il Myanmar di politiche genocidarie).

Intanto nello Stato del Rakhine (terra dei rohingya e di altre minoranze) la situazione è sempre più tesa per lo strapotere dei militari, motivo per cui 45 amministratori di villaggio si sono appena dimessi, preoccupati per la loro incolumità personale in seguito agli arresti indiscriminati di colleghi nelle zone in cui combatte il gruppo ribelle Arakan Army.

Altri tempi da quando un’altra storica dissidente birmana, la giornalista Ludu Daw Amar, fece – nel 1953 – un tour europeo con le seguenti tappe: la World Democratic Women’s Conference a Copenhagen, l’International Youth Festival a Bucarest e a Budapest…la World Peace Conference.
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Re: I mussulmani Rohingya perseguitati o persecutori ?

Messaggioda Berto » lun feb 03, 2020 2:15 am

BANGLADESH Leader della Chiesa: Preoccupati per l’attacco ai cristiani Rohingya nei campi profughi
AsiaNews.it
Sumon Corraya
30/01/2020

http://www.asianews.it/notizie-it/Leade ... UC375pdDR8

L’aggressione è avvenuta nell’accampamento di Kutupalong Maga, tra i più affollati. Le 25 famiglie cristiane sono state trasferite nel campo di transito dell’Onu. Caritas Bangladesh: “Serviamo persone di ogni fede”.

Cox’s Bazar (AsiaNews) – I leader cristiani del Bangladesh esprimono “profonda preoccupazione” per l’attacco compiuto contro le famiglie cristiane Rohingya in un campo profughi di Cox’s Bazar. L’aggressione è avvenuta la notte del 27 gennaio scorso nell’accampamento di Kutupalong Maga. Il giorno seguente le 25 famiglie cristiane presenti, in totale 70 persone, sono state trasferite nel campo di transito dell’Unhcr. Ad AsiaNews Nirmol Rozario, presidente della Bangladesh Christian Association, afferma: “L’attacco è un episodio molto triste”.

L’associazione sta organizzando una visita alle famiglie aggredite. Sebbene non si conoscano i motivi dell’incidente, per il cristiano Saiful Islam Peter, uno dei profughi, l’origine è l’intolleranza religiosa per “la fede cristiana”. L’uomo riporta che l’attacco è stato compiuto dai membri del gruppo militante Arsa (Arakan Rohingya Salvation Army). “Il gruppo terrorista musulmano – aggiunge – ha distrutto le nostre case e la chiesa”.

Secondo le vittime, l’attacco ha provocato 12 feriti, di cui otto ricoverati in ospedale. Per la polizia invece, i feriti sono quattro cristiani e un musulmano. Le forze dell’ordine ritengono che non si tratterebbe di violenza religiosa, ma di “un ordinario incidente d’ordine pubblico”. Mahbub Alam Talukder, commissario per il sostegno e il rimpatrio dei rifugiati, conferma che le famiglie cristiane sono state trasferite in un altro campo.

Nelle tendopoli di Cox’s Bazar, in particolare quella di Kutupalong al confine con il Myanmar, sono ammassati oltre 740mila rifugiati, fuggiti dopo lo scoppio delle violenze tra esercito birmano e militanti dell’Arsa nell’agosto del 2017. Oltre alle 25 famiglie cristiane a Kutupalong, altre 444 famiglie indù sono accolte nell’accampamento di Ukhia. Secondo alcune fonti, i membri delle due minoranze sarebbero perseguitate dal resto dell’etnia di fede musulmana.

Nei campi del distretto opera anche Caritas Bangladesh. Un funzionario dell’associazione cattolica dice: “Lavoriamo per persone di ogni fede. Non contiamo chi è cristiano, indù o musulmano. Non mettiamo davanti la religione quando serviamo. Ogni campo ha un responsabile incaricato di risolvere i conflitti. La polizia e il funzionario incaricato risolveranno i problemi”.
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Re: I mussulmani Rohingya perseguitati o persecutori ?

Messaggioda Berto » lun mar 16, 2020 6:14 pm

I Rohingya e i musulmani indiani minacciano di uccidere gli indù e spazzare via l'India dalla mappa
16 Marzo 2020

https://www.islamnograzie.com/i-rohingy ... lla-mappa/

Come mostrato nel seguente video tradotto esclusivamente dalla RAIR Foundation USA, i musulmani indiani sostengono i Rohingya (gruppo etnico, di religione islamica) mentre minacciano di spazzare via l’India dalla mappa e massacrare gli indù se le loro richieste di rifugio non vengono accolte.

Basta ascoltare questo giovane musulmano jihadista che sta minacciando di distruggere l’India.

Come riportato in OpIndia, “La migrazione illegale di Rohingya in India e la decisione di stabilirsi in qualsiasi parte del paese è stata guidata da un gruppo centrale, creato dall’Inter-Services Intelligence (ISI) del Pakistan”.

I rohingya hanno anche legami pericolosi con diversi gruppi estremisti come Lashkar-e-Taiba in Pakistan, i talebani in Afghanistan, Daesh in Iraq e Siria, Arakan Rohingya Salvation Army (ARSA) in Myanmar e la rete HUJI-A in Bangladesh.

Nel frattempo, i media mainstream e la sinistra indiana ritraggono i Rohingya come vittime innocenti a cui è stato negato il rifugio dal governo “islamofobo” del Primo Ministro Modi, nonostante le prove che rappresentino una seria minaccia alla sicurezza nazionale.
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Re: I mussulmani Rohingya perseguitati o persecutori ?

Messaggioda Berto » ven giu 17, 2022 7:17 am

I ROHINGYA, UN POPOLO ALLA RICERCA DI UNA TERRA DA ABITARE
Simona Iacobellis su Inside Over del 29 maggio 2022

https://www.facebook.com/democraziaedin ... 8315157049

Il mese di maggio decreta l’inizio della stagione dei monsoni nella regione del Myanmar e attraversare il mare per i Rohingya, che cercano ancora una terra da abitare, è sempre più pericoloso. Lo scorso sabato, 17 persone tra adulti e bambini hanno perso la vita: la loro barca si è capovolta. Save the Children ha registrato che “molti dei corpi trovati senza vita erano di bambini di età compresa tra gli 11 e i 12 anni, secondo i rapporti locali. Più di 50 persone rimangono disperse”. Non si tratta di un singolo episodio, ma dell’ennesimo incidente degli ultimi anni. Ogni anno centinaia di persone salgono su barche dismesse per raggiungere terre in cui poter vivere dignitosamente. Ma ogni volta un naufragio intercorre tra questo popolo e il loro obiettivo.
Quella dei Rohingya è una storia di persecuzione e sofferenza. Musulmani sunniti, i Rohingya parlano una lingua di ceppo indoeuropeo, sono originari del Rakhine, territorio della Birmania al confine con il Bangladesh, dove convivevano con la maggioranza buddista dello Stato, ma senza essere riconosciuti dal Paese, nonostante rappresentassero un terzo della popolazione. Sull’origine della loro etnia si hanno molte teorie ma poche certezze. Secondo alcuni la loro terra è il Myanmar da secoli; per qualcun altro hanno raggiunto quella terra solo nell’ultimo secolo. La loro presenza è attestata dal 1785, l’anno dell’invasione birmana che uccise migliaia di indigeni e molti Rohingya. I superstiti fuggirono nelle zone adiacenti sotto il controllo britannico. Quando gli inglesi conquistarono lo Stato dell’Arakan, nome antico del Rakhine, il popolo fu incentivato a migrare in quelle terre. I Rohingya si stabilirono così nel Bengala orientale dell’Arakan, che oggi è il Bangladesh.
La birmania ha ottenuto l’indipendenza nel 1948. Dopo il colpo di Stato che ha rovesciato il governo birmano nel 1962, i Rohingya sono stati discriminati perché ritenuti non appartenenti al Myanmar dalle autorità nazionaliste. A dimostrazione della loro mancata appartenenza a quelle terre, la legge sulla cittadinanza del 1982 non li include tra i gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dal Paese. In Birmania un Rohingya necessita di un permesso speciale per viaggiare, ma anche per cercare lavoro, andare dal medico o partecipare ad un funerale. Alcuni di loro sono costretti al lavoro forzato, vengono arbitrariamente arrestati, le tasse per loro sono discriminanti e subiscono anche violenza fisica e psicologica. Ai giovani, invece, non è garantito il diritto all’istruzione.
Anche i monaci buddisti si sono accaniti nei loro confronti. Li considerano una minaccia per la purezza religiosa buddista, motivo per cui non sono permessi i matrimoni misti. Il Movimento 999 a suon di “vivono sulla nostra terra, bevono la nostra acqua e non portano rispetto” rappresentano il gruppo portavoce di questa campagna. Il movimento è guidato da Ashin Wirathu, monaco buddista già incarcerato per 8 anni per incitamento all’odio.
◾Il genocidio che li ha spinti alla fuga
L’inizio delle loro peregrinazioni è legato agli scontri del 2012, in cui sono stati saccheggiati e distrutti interi villaggi in seguito dello stupro e uccisione di una giovane donna buddista, Thida Htwe. Il primo apice della fuga dei Rohingya si è verificato nel 2015, quando circa 25mila profughi hanno abbandonato il Golfo del Bengala. L’emergenza migranti si è intensificata ulteriormente per la mancata accoglienza dei Paesi limitrofi. Nel 2017 l’esercito birmano ha dato vita ad un’operazione di pulizia etnica: violenze sessuali, incendi, stragi e crimini contro l’umanità hanno causato una forte ondata migratoria di civili costretti a scappare in Bangladesh, dove hanno trovato una sistemazione nel Cox’s Bazar, un grande campo profughi alla frontiera. Un accorto bilaterale tra Bangladesh e Myanmar aveva stabilito il rimpatrio della sfortunata popolazione Rohingya all’inizio del 2018. Diverse sono state le proteste per la difesa dei diritti umani che ne hanno causato il rinvio. Sono state le Nazioni Unite a definire quelle azioni come “pulizia etnica”: l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha parlato di genocidio, in relazione alla violenza delle forze di sicurezza birmane chiaramente intenzionate a distruggere il gruppo etnico.
In questa vicenda ha un ruolo, più passivo che attivo, Aung San Suu kyi, che dal 2016 è stata Consigliera di Stato e alla guida del ministero degli Esteri. Contrariamente a quanto dice il suo Nobel per la pace, le sue azioni, o meglio non-azioni, si sono limitate alla richiesta di “rispettare la legge e l’ordine”. Nel mentre continuava ad omettere il termine “Rohingya” nei suoi discorsi, sostituendolo con “bengalesi” o “musulmani”. È arrivata anche a revocare il permesso alla Bbc per recarsi sui luoghi del conflitto. Le Nazioni Unite hanno stabilito che la leader “non ha usato la sua posizione di capo di fatto del governo, né la sua autorità morale, per contrastare o impedire lo svolgersi degli eventi nello stato di Rakhine”. Nel 2019 è stata chiamata dalla Corte di Giustizia dell’Aja a rispondere delle accuse di genocidio contro i Rohingya.
Nel 2021 la leader birmana è stata arrestata in seguito ad un colpo di Stato, ma il Paese è caduto in un abisso di violenze che ha solo peggiorato la situazione della minoranza, ma anche di tutta la società civile birmana. La risoluzione delle Nazioni Unite del 2021 ha chiesto l’immediata cessazione delle ostilità e di tutte le violazioni delle leggi umanitarie da parte dell’esercito del Mynmar contro i Rohingya e le altre minoranze.
Intanto la popolazione continuava ad organizzarsi per fuggire, unica soluzione per un popolo non riconosciuto, discriminato e senza via di uscita. All’ennesimo naufragio, Sultana Begum, Regional humanitarian Advocacy and Policy Manager di Save the Children, ha affermato: “Questo dovrebbe essere un campanello d’allarme per tutti noi. La lunga persecuzione del popolo Rohingya ha ora mietuto nuove vittime innocenti, tra cui anche bambini”. E ancora, “le passate esperienze di violenza, così come la povertà e l’insicurezza, spingono le famiglie Rohingya a compiere questi viaggi mortali in mare alla ricerca di una vita migliore”. Per le famiglie “queste traversate sono estremamente pericolose e coloro che fuggono rischiano la morte, gravi danni fisici e mentali e la malattia. La necessità di garantire che i Rohingya siano al sicuro, rispettati e protetti è più urgente che mai”.
◾Prigionieri di un isola
Il capo dell’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati ha infatti accettato di aumentare il sostegno ai rifugiati trasferiti in un’isola sperduta e soggetta a inondazioni in Bangladesh. I rifugiati sono stati trasferiti sull’isola di Bahsan Char nel 2020, ma prima che le Nazioni Unite potessero verificare se fosse adatta ad ospitarli. Tra le motivazioni di questa scelta azzardata c’era anche la necessità di fronteggiare l’aggravante Covid. L’isola di Bahsan Char è emersa dal mare nel 2006, è costituita interamente da sedimenti di limo himalayano ed è nota per la sua vulnerabilità ai cicloni. Nulla ha fermato, però, la costruzione di abitazioni, negozi e moschee, tutto appositamente per i 100mila apolidi. Se non fosse per il piccolo particolare delle ostilità metereologiche che ogni anno sommergono le pianure di un metro d’acqua durante l’alta marea.
Il governo del Bangladesh aveva suggerito per la prima volta questa soluzione nel 2015, soluzione giudicata “difficile dal punto di vista logistico” dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Nonostante questo, il Bangladesh ha comunque ordinato il loro reinsediamento nel 2017. Dal 2020 sono 29.116 i rifugiati Rohingya che possono lavorare e contribuire all’economia sull’isola, a patto che non ci si allontanino. Ed è proprio il limite di movimento imposto ai residenti che li ha spinti a fuggire disperatamente da una prigione in cui le acque rappresentano una barriera mortale.
Le condizioni sono critiche anche per chi risiede ancora nelle terre del Bangladesh. A Shahjalal Upasahar, un quartiere povero nella città di Sylhet, nel Bangladesh nord-orientale, la stagione dei monsoni sta rendendo più complicata del solito la vita dei rifugiati del quartiere. Le forti piogge nella regione hanno innescato inondazioni pre-monsoniche la settimana scorsa e i fiumi Surma e Kushiara in piena hanno sommerso centinaia di villaggi. Oltre alla mancanza di acqua potabile e cibo, oltre 1,5 milioni di bambini erano a rischio di malattie trasmesse dall’acqua, annegamento e malnutrizione a causa delle inondazioni. Per i cittadini è impossibile vivere nelle proprie case, in cui l’acqua arriva alle ginocchia. Molti di loro si sono trasferiti nei rifugi istituiti dalla Shylet City Corporation.
Nonostante gli elogi nei confronti del Bangladesh per aver accolto i rifugiati, in questi anni il Governo non solo non è riuscito a trovare una casa permanente per i Rohingya, ma non è riuscito neanche a garantire loro un soggiorno dignitoso nel loro Paese, abbandonandone altri in un’isola senza possibilità di scelta.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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