I clandestini non producono PIL e non pagano le pensioni

Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » lun mag 14, 2018 9:42 pm

Adesso lo certificano i numeri: i migranti sono solo un costo
Claudio Cartaldo - Lun, 14/05/

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 26395.html

I numeri del'l'ultimo rapporto di Itinerari Previdenziali, realizzato dal centro studi di Alberto Brambilla: a pesare sono le spese sanitarie per i migranti

I numeri parlano chiaro: i migranti non sono un guadagno. O almeno non lo sono per come ce l'hanno sempre raccontata.

La favoletta "ci pagheranno le pensioni", per quanto formalmente corretta, non tiene infatti conti di altri fattori. Come le spese mediche per gli immigrati (anche irregolari).

Andiamo con ordine. Secondo l'ultimo rapporto di Itinerari Previdenziali, realizzato dal centro studi di Alberto Brambilla, è vero che il saldo tra contributi versati e pensioni erogate ai migranti è positivo. Ma non bisogna fermarsi a questo. "Se si prova a fare un bilancio complessivo tra entrate e uscite del 2015 e si sommano le relative poste per gli immigrati extra comunitari e neo-comunitari - si legge nel rapporto, come riporta Libero - otteniamo una stima per le entrate contributive che ammonterebbero a circa 9,5 miliardi di euro, di cui la quota a carico dei lavoratori è di circa 2,6 miliardi. Le entrate fiscali che riguardano salari tra i 10mila-12mila euro superano di poco la soglia di esenzione Irpef, le uscite stimate per pensioni e prestazioni a sostegno del reddito sarebbero di circa 1,9 miliardi di euro, con un saldo positivo dell'anno di circa 700 milioni di euro".

Bene. Ma bisogna guardare anche ai costi. "Secondo i dati di organizzazioni umanitarie - si legge ancora nel rapporto di Brambilla - gli stranieri in Italia sarebbero 5 milioni cui si aggiungono 400 mila regolari non residenti e 200mila richiedenti asilo; si stimano poi circa 435 mila irregolari (che pare una sottostima se consideriamo tutte le sanatorie di regolarizzazione dal 1990)". E questi immigrati, regolari e clandestini, che in totale sarebbero 6 milioni, "per la sola sanità richiedono un onere di circa 11 miliardi l'anno".

A conti fatti, dunque, i 700 milioni l'anno di arrivo tra pensioni erogate e contributi pagati sfuma così con i costi della sanità. In totale, scrive Libero, il conto segna un rosso da 10,3miliardi. Non è finita. Senza contare ovviamente che a bilancio lo Stato ha messo 4,6-5 miliardi l'anno per la gestione degli sbarchi e l'accoglienza dei migranti.


Alberto Pento
E poi tutti i danni da crimini: furti, rapine, aggressioni, stupri, minacce, ecc., insicurezza generalizzata, aumento della pericolosità per il rafforzamento del nazismo maomettano.
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » mar lug 03, 2018 5:35 pm

Questo è tra i peggiori


Saviano mente sui migranti (clandestini) Ecco tutte le sue fake news
Massimo Malpica - Ven, 29/06/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 45973.html


Lo scrittore sbugiardato da «Lavoce.info»: è una bufala che l'Ue ci abbuoni 5 miliardi di debito per l'accoglienza

Roma «È una bugia. È falso», giurava in tv Roberto Saviano, snocciolando due settimane fa a «Di Martedì», su La7, le sue verità sull'immigrazione e sull'accoglienza.

Peccato che nell'occasione sia stato lui a diffondere fake news e a dire il falso. Mica l'accusa arriva da un Salvini qualunque. A beccare in fallo l'autore di Gomorra sono stati infatti i fact checker di Lavoce.info, il quotidiano online fondato da Tito Boeri, analizzando le parole dello scrittore.

Ma che aveva detto Saviano? Attaccando il governo per aver chiuso i porti, aveva appunto definito «falsa» la narrazione dell'esecutivo, che sostiene di essere stato «abbandonato dall'Europa a sostenere il peso economico dell'immigrazione». E perché per Saviano sarebbe «una bugia» quello che «il governo vuol farci credere»? Perché, spiegava lo scrittore, «solo negli ultimi anni al nostro Paese sono stati dati 800 milioni di euro di fondi dall'Europa per la gestione dei flussi dei rifugiati, ma l'apporto più corposo lo si riceve indirettamente». Ossia, proseguiva Saviano, grazie alla «concessione» fatta dalla Ue all'Italia «di scorporare dal bilancio questi 5 miliardi che servono per i rifugiati e che quindi non vanno a pesare sul rapporto debito/Pil, cioè non pesano sul debito italiano, non sulle nostre tasche».

Parole dure, accuse decise e senza tentennamenti. Ma false. A dirlo, appunto, lavoce.info, che analizza le parole dello scrittore ed emette un verdetto drastico. Quella di Saviano è una fake news, a tutto tondo. Cominciamo dai soldi. Quegli 800 milioni di euro sono veri? Sì, anche se non è chiaro che cosa intendesse con «ultimi anni». I soldi incassati dall'Italia negli ultimi otto, per esempio, sono 690 milioni di euro, un po' meno di quanto dice Saviano, che magari si riferiva al decennio. La cosa interessante, semmai, è quanto queste «elargizioni» pesino sul totale delle spese sostenute dal nostro Paese per l'accoglienza. E qui si ride: per Saviano quella è la prima prova del «non abbandono» italiano da parte Ue, eppure rispetto agli oltre 20 miliardi di euro spesi dall'Italia nell'accoglienza negli ultimi 8 anni, quei soldi sono meno del 3,4 per cento. Alla faccia del supporto: praticamente un'elemosina, e meno male che era il governo a mentire.

Va detto però che Saviano stesso diceva che «l'apporto più corposo» è quello indiretto, ossia la possibilità di «scorporare» i miliardi spesi per accoglienza dal debito. Peccato che sia un errore piuttosto grossolano anche quello. Anzi, per dirla con Gabriele Guzzi, l'autore del fact-checking per lavoce.info, una «grave imprecisione».

«Egli (Saviano, ndr) - si legge nel «verdetto» - ritiene che il margine di flessibilità per l'accoglienza ai migranti sia equivalente a uno scorporo della spesa dal computo del deficit». Ma quei costi, a prescindere dalla (peraltro parziale) concessione di deviare dal percorso di consolidamento dei conti pubblici, «devono essere sempre finanziati o con tasse o con deficit». Parafrasando Saviano - e correggendo con l'occasione la sua «dichiarazione falsa» - «pesano sul debito italiano, pesano sulle nostre tasche».


Ma anche il Tito Boeri è un gran bugiardo che racconta come i clandestini che arrivano in Italia solo per il fatto do arrivare, ci pagherebbero le pensioni, è come se arrivando in Italia arrivassero con valige di soldi che appena messo piede su siuolo italiano corrono a versarli all'INPS per pagarci le pensioni.


Pensioni, Boeri lancia l'allarme sulla riduzione dell'immigrazione
2018/06/29

https://www.lettera43.it/it/articoli/ec ... one/221506

Il contenimento dell'immigrazione potrebbe avere ripercussioni acnhe sul piano previdenziale. A sostenerlo è il presidente dell'Inps Tito Boeri, secondo cui «gli scenari più preoccupanti per la spesa pensionistica prevedono una forte riduzione dei flussi migratori che è già in atto».

«IL SISTEMA NON È IN GRADO DI ADATTARSI». «Il sistema pensionistico non è in grado di adattarsi alla diminuzione dei contribuenti» legata al calo dei nati in Italia, ha proseguitoBoeri. «Il problema è serissimo e dell'immediato. Volenti o nolenti l'immigrazione può darci un modo di gestire questa difficile transizione demografica. Avere immigrati regolari ci permette di avere flussi contributivi significativi».

«SERVIRANNO 20 ANNI PER LE NUOVE GENERAZIONI». Col calo dei flussi, ha spiegato Boeri, l'arrivo di migranti «comincia a essere non più sufficiente» a controbilanciare «il calo degli autoctoni. Le previsioni ci dicono che nel giro di pochi anni perderemmo città intere e questo è un problema molto serio per il nostro sistema pensionistico. Anche se gli italiani ricominciano a fare i figli, ci vorranno almeno 20 anni prima che comincino a pagare contributi». «Chiunque abbia un ruolo» - ha aggiunto - «deve spiegare agli italiani questo problema» che si manifesta già «e non fra 10 anni».

Pronta la replica del ministro dell'Interno Matteo Salvini, che su Twitter ha scritto: «Secondo Boeri, presidente dell'Inps, la 'riduzione dei flussi migratori' è preoccupante perché sono gli immigrati a pagare le pensioni degli italiani...E la legge Fornero non si tocca. Ma basta!!!»

Alberto Pento
Questo è tra più dementi e bugiardi che vi siano



"Non è affatto vero che i migranti ci pagano le pensioni"
Claudio Cartaldo - Ven, 27/10/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 57003.html

Gian Carlo Blangiard, demografo e professore all' Università Bicocca di Milano, smonta la bugia buonista sulle pensioni e i migranti

Non è tutto oro quel che luccica. E non è sempre così vero che "i migranti ci pagano le pensioni".

Il classico ritornello buonista che vuole tutti gli stranieri alacremente impegnati per pagarci il riposo dopo il lavoro, non trova d'accordo tutti gli studiosi. Non si allinea a questa posizione Gian Carlo Blangiard, demografo e professore all' Università Bicocca di Milano. Secondo cui "tutto questo discorso potrebbe economicamente avere un senso, solo immaginando che gli immigrati alla fine mollino tutto e se ne vadano via, lasciandoci i contributi in via definitiva. Ma non è così".

Il professore ha analizzato i dati, spiegando per quale motivo bisogna smetterla di dire che gli immigrati ci pagano le pensioni. "Nel nostro sistema pensionistico, quando paghi hai dei diritti e un giorno dovrai ricevere ciò che hai versato. Nel bilancio complessivo c'è sempre questa brutta tendenza a considerare i versamenti previdenziali come se fossero lasciati in via definitiva al bilancio statale o comunque dell' Inps. Non è affatto così".

In sostanza gli stranieri sarebbero una miniera d'oro solo se lavorassero qui tutta la vita e poi, arrivati all'età della pensione, se ne tornassero nel loro Paese senza chiedere all'Inps nemmeno un euro. Cosa che, ovviamente, non accadade. "Peraltro - spiega il professore - se vanno via, le norme sono tali per cui avranno diritto a riceverla, ovunque siano andati. E comunque, non se ne vanno . Non c' è nessuna evidenza empirica di soggetti che tornano a casa una volta diventati anziani".

Blangiard ha provato a fare una stima. "Nell' arco di dieci anni, circa 2 milioni di stranieri diventeranno italiani. Questi, se tornano a casa loro, è solo per le vacanze. Non possiamo e pensare che questa gente a un certo punto se ne vada lasciandoci i contributi". Chiaro. Il conto economico, quindi, alla fine sarà in pareggio, se non negativo. "Se togliamo di mezzo il contributo previdenziale - conclide il professore - e non lo consideriamo come un regalo, ma semplicemente come un prestito, come deve essere, allora la differenza tra quanto danno e quanto ricevono è negativa. Ricevono non tantissimo, ma un po' di più rispetto a quello che danno. Questo è un dato di fatto. Il prestito che loro ci fanno è utile dal punto di vista della cassa, cioè per pagare le pensioni oggi. Ma i conti torneranno quando sarà il momento a nostra volta di pagare le loro di pensioni".




Non si confondano gli stranieri (per lo più europei e cristiani) regolari e legali residenti che lavorano, che rispettano la terra e la gente che li ospita, con i "migranti invasori" clandestini, irregolari, illegali e i profughi o i finti profughi nazi-maomettani afro-asiatici che continuano ad arrivare e ad invaderci che non lavorano e non possono lavorare perché il lavoro non c'è, che vivono alle nostre spalle e che delinquono, che stuprano, rubano, rapinano, spacciano, ci minacciano e progettano attentati terroristici.
viewtopic.php?f=194&t=1801


Parassiti, bugiardi, manipolatori dei diritti umani e ladri di vita ma che si propongono come presuntuosi e arroganti salvatori degli uomini e dell'umanità, solo che laddove questi operano spesso e volentieri la gente muore.
viewtopic.php?f=205&t=2668
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » mar lug 03, 2018 5:41 pm

Gli immigrati in quanto tali non sono necessariamente delle risorse e non pagano contributi per le pensioni;
solo i migranti regolari che lavorano versano contributi per le pensioni, mentre gli irregolari e i clandestini consumatori di risorse, non versano alcun contributo per le pensioni: per esempio le migranti badanti regolari tra le tante irregolari versano pochissimi contributi INPS; anche i cinesi fanno tanto nero, versano poche tasse e pochi contributi INPS.
I migranti clandestini e i disoccupati regolari non versano nulla ma consumano risorse e ricevono aiuti e sussidi, a danno dei cittadini disoccupati, dei lavoratori e delle imprese italiane.
Ciò che serve non sono migranti e clandestini ma lavoro, perché solo il lavoro produce risorse anche per le pensioni e con il lavoro vi sarebbero innanzi tutto più occupati italiani e solo dopo aver occupato i disoccupati italiani, in mancanza di giovani si può pensare caso mai di ricorrere ai migranti regolari.
Ma se manca il lavoro non ha alcun senso parlare di necessità di migranti.


I migranti non ci pagano le pensioni

sono circa 5 milioni gli stranieri residenti in italia, per lo più privi di cittadinanza italiana, di cui almeno la metà proviene dall'Europa (2,5 milioni) e di questi circa il 30% dalla UE (800mila) il resto provengono dai paesi dell'Est;

di questi 5 milioni che lavorano sono meno della metà, circa 2,4 milioni (erano 2,3 nel 2014)

http://www.west-info.eu/it/west-news/im ... na2/?t=660
http://www.vita.it/it/article/2016/07/0 ... ero/140039

7/800 mila circa di migranti o clandestini e profughi dall'Asia e dall'Africa accolti e ospitati e che vive alle nostre spalle, che non lavora e non può lavorare perché non hanno il permesso e sopratutto perché non c'è lavoro nemmeno per noi, non versano alcun contributo e non ci pagano le pensioni;

le centinaia di migliaia di immigrati irregolari e regolari che svolgono un lavoro nero o che delinquono (rubando, rapinando, estorcendo, spacciando droga come tanti romeni zingari) non versano alcun contributo e non ci pagano le pensioni;

le 800 mila badanti per o più dall'est europeo, regolari e irregolari, non versano che contributi minimi all'INPS (circa 230 euro al mese) e perciò non ci pagano le pensioni e oltre tutto non pagano tasse per cui tutta l'assistenza sanitaria e gli altri servizi sociali gravano sui cittadini italiani;

http://www.assistere.net/quanto-costa-a ... na-badante
http://www.familydea.it/guide/anziani/q ... omiciliare
http://www.stranieriinitalia.it/attuali ... tasse.html


Di questi 2,4 milioni di stranieri lavoratori che versano regolari contributi per la pensione sono meno della metà, poco più di 1 milione e se si considera quello che versano, quello che il servizio pubblico spende, quanto speso per l'accoglienza e l'ospitalità e i danni della criminalità degli stranieri regolari e irregolari, nonché i pericoli derivanti dall'invasione islamica, si può ragionevolmente concludere che i cittadini italiani ricevano più malefici che benefici dalla presenza di buona parte di queste persone straniere.
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » mar lug 03, 2018 6:10 pm

Immigrati clandestini, quanti sono?
10 maggio 2010

http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2010/05 ... talia.html

Secondo l'Ocse quelli che vivono in Italia oscillano tra i 500 e i 750 mila. Ma è impossibile averne una stima precisa. In Lombardia il maggior numero di immigrati residenti

di Daniele Troilo

Secondo l'Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo, in Italia il numero di immigrati clandestini, quelli che secondo il sindaco di Milano Letizia Moratti "normalmente delinquono", oscilla tra i 500 e i 750 mila “irregolari”. Rappresentano l’1,09% della popolazione totale e il 25,6% di tutti i residenti stranieri. I dati tuttavia non sono certi ed è impossibile pretendere che lo siano. In Germania, ad esempio, il numero di illegali va dai 200 mila al milione di presenze (0,73% della popolazione) e in Grecia dai 200 ai 400 mila (ben il 2,69% della popolazione totale). In Spagna, invece, sarebbero oltre 412 mila i “clandestini” che rappresentano lo 0,94% della popolazione, mentre in Austria si oscilla tra le 60 mila e le 100 mila presenze, pari all'1,11% del totale della popolazione. Decisamente più massiccia la presenza di immigrati non in regola negli Stati Uniti, dove rappresentano il 3,94% della popolazione.

Le stime variano in continuazione e i flussi, soprattutto degli immigrati irregolari, sono difficili da decifrare. Secondo Franco Pittau, responsabile del Dossier statistico della Caritas Migrantes, in questi casi vale la regola del doppio. In poche parole, è più probabile che in Italia il numero di “clandestini” si aggiri intorno al milione.

Il Dossier della Caritas (dati dal 1999 al 2008), elaborato con le informazioni del Ministero dell’Interno, evidenzia però un calo costante dei respingimenti e delle espulsioni. Se nel 1999 i respinti alla frontiera erano più di 48 mila, nel 2008 sono stati “solo” 6.358. Anche il dato relativo agli immigrati espulsi è diminuito. Il picco nel 2002, con più di 44 mila rimpatriati. Mentre nel 2008 sono scesi a poco meno di 18 mila. Intanto in Italia è vivo il dibattito sulla "cittadinanza breve". Nei giorni scorsi il ministro dell'Interno Roberto Maroni, in un'intervista al Corriere della Sera, si è detto contrario a ridurre da 10 a 5 anni i tempi per ottenere la cittadinanza. Ma ha anche aggiunto che "nel 2009 c'è stato il record di richieste evase positivamente rispetto a tutti gli anni precedenti: 42 mila nel 2009, 40 mila nel 2008, 37 mila nel 2007".

A differenza dei "clandestini", ovviamente è più facile avere una stima degli immigrati regolari. Secondo gli ultimi dati Istat i cittadini stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2009 sono 3.891.295, pari al 6,5% del totale dei residenti. Rispetto al 1° gennaio 2008 sono aumentati di 458.644 unità (+13,4%); si tratta di un incremento elevato, sebbene inferiore a quello dell’anno precedente (+16,8%). La Lombardia è la prima regione per numero di immigrati, coprendo il 23,3% del totale nazionale. Secondo l’Istat qui gli stranieri residenti a fine 2008 sono 904.816, l’11% in più rispetto all’anno precedente. Milano è la provincia con più immigrati, ma c’è una dato che non si può ignorare: a fronte di un aumento delle presenze straniere in tutte le province lombarde, il capoluogo continua a conoscere un lento decremento.

L’Ocse segnala anche un altro aspetto: in ambienti di impunità, dove si tende a favorire il ricorso al lavoro nero, aumenta anche il numero di immigrati irregolari. Il motivo è semplice: nessuno li assume regolarmente.



Nel 2015 - Quanti sono gli stranieri in Italia? Secondo il dossier Idos/Unar sono l’8,2% della popolazione

http://www.west-info.eu/it/west-news/im ... na2/?t=660

ROMA – Il 2015 sara’ ricordato sicuramente per le dimensioni assunte dalle migrazioni, particolarmente dal grande movimento di profughi, di richiedenti asilo, a fronte di gravi crisi politiche e umanitarie troppo spesso con uno sfondo bellico. Un fenomeno, quello migratorio, annualmente analizzato dal Dossier Statistico Immigrazione 2015 di Idos e Unar, che viene presentato oggi a Roma. Una paziente raccolta di tutti i dati disponibili, che prende in esame per l’occasione l’anno 2014, non senza raffrontare numeri e analisi con gli anni precedenti e comparandoli con le tendenze emerse nei primi mesi dell’anno in corso.

Migranti nel mondo. Nel 2015 i migranti nel mondo sono arrivati ad essere, secondo proiezioni, almeno 237 milioni, aumentando specialmente in Europa e in Nord America. “Continuano a influire su questi spostamenti le grandi disuguaglianze che segnano lo scenario mondiale – si legge nel rapporto -: il 48 per cento della ricchezza del pianeta e’ detenuto dall’1 per cento della popolazione mondiale, un altro 46,5 per cento da un quinto della popolazione e il residuale 5,5 per cento dai quattro quinti”.

Alle disparita’ economiche si accompagnano crisi politiche, militari e ambientali. I migranti forzati hanno sfiorato nel 2014 la cifra record di 60 milioni (8 milioni in piu’ in un anno), tra sfollati interni (i due terzi del totale), richiedenti asilo e rifugiati (rispettivamente 1,8 e 20 milioni). Soprattutto i richiedenti asilo trovano sul loro percorso molti ostacoli, anche in aperta violazione delle disposizioni internazionali, come attesta la costruzione o progettazione di almeno 65 muri in diversi paesi.

La situazione europea e italiana. La situazione italiana e quella europea vanno lette in connessione con i dati globali. Nell’Ue, a gennaio 2014, i residenti stranieri sono risultati 33,9 milioni, pari al 6,7% della popolazione totale (20 milioni sono cittadini di paesi terzi e 14 milioni originari di altri Stati membri) e i richiedenti asilo 626.710.L’Italia e’ uno dei grandi paesi europei di immigrazione, con 5.014.000 stranieri residenti alla fine del 2014 (incremento di oltre 92.000 unita’ rispetto all’anno precedente), un valore che tradotto in termini percentuali attesta una crescita dell’1,9% e che interessa maggiormente le aree centro-meridionali (+3,6%) e meno il Settentrione (+0,7%), dove tuttavia la popolazione straniera continua a concentrarsi nella misura del 59,4% e dove si osserva una maggiore incidenza delle acquisizioni di cittadinanza, qui concentrate in quasi i tre quarti dei casi: 74,3%. Siamo quindi davanti a livelli di aumento ben inferiori a quelli che si era soliti registrare prima dell’imporsi della fase di crisi, quando la popolazione straniera residente cresceva secondo ritmi decisamente piu’ sostenuti. Tutto questo mentre i cittadini italiani all’estero, aumentati di 150 mila unita’, sono 4.637.000. In generale, l’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente (8,2%) continua a essere superiore al valore medio europeo.
Inoltre, il Dossier stima in 5.421.000 persone la presenza straniera regolare complessiva, includendovi anche i soggiornanti non comunitari in attesa di registrazione anagrafica. Gli stranieri residenti in Italia per oltre la meta’ sono cittadini di un paese europeo (oltre 2,6 milioni) e per poco meno del 30% provengono da un paese dell’Ue (1,5 milioni). La collettivita’ piu’ numerosa e’ quellaromena (1.131.839), seguita dai cittadini dell’Albania (490.483), del Marocco (449.058), della Cina (265.820) e dell’Ucraina (226.060). Sempre secondo la stima del Dossier, i cristiani sono quasi 2 milioni e 700 mila e i musulmani piu’ di 1 milione e 600 mila (meno numerose le altre comunita’ religiose). Quanto alla distribuzione territoriale, gli stranieri risiedono principalmente nord-ovest (34,4 per cento), seguito dal centro Italia (25,4 per cento) e dal nord-est (25 per cento).

Nel 2014 le persone di cittadinanza straniera intercettate dalle forze dell’ordine in condizione irregolare sono state 30.906 (dati del Ministero dell’Interno) e di esse il 50,9% e’ stato effettivamente rimpatriato (15.726). Gli arrivi via mare di profughi e altri migranti sono stati oltre 170.000. Le richieste d’asilo sono state 64.625 nel 2014 e 30.535 nei primi sei mesi del 2015. Nel giugno 2015 i migranti accolti erano 78.484 di cui 19.716 nella rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e i restanti in strutture temporanee o di prima accoglienza.
Cittadinanze e nuovi nati. Sono 129.887 i cittadini stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2014 (+29% sul 2013, che gia’ registrava un fortissimo aumento rispetto all’anno precedente), mentre sono in leggera diminuzione i matrimoni misti (18.273, il 9,4% delle 194.097 nozze celebrate nel 2013), ai quali si aggiungono le unioni tra stranieri (7.807, il 3,8% del totale). Nel 2014 e’ rimasto quasi stabile il numero dei bambini nati in Italia da genitori entrambi stranieri (75.067 casi, il 14,9% del totale dei nati). Dei quasi 1 milione e 100 mila minori stranieri residenti in Italia, sono 814.187 gli iscritti a scuola nell’anno scolastico 2014/2015, cresciuti in un anno di 11.343 unita’ (l’incremento maggiore riguarda quelli nati in Italia: +8,4%), mentre continuano a diminuire gli studenti italiani (8.886.076, -0,6%). Gli alunni stranieri con disabilita’ sono 26.626, l’11,5% del totale degli scolari disabili.

Lavoro e discriminazione. Gli occupati stranieri nel 2014 sono risultati 2.294.000 (1.238.000 uomini e 1.056.000 donne), piu’ di un decimo degli occupati complessivi (10,3%), con un tasso di occupazione nuovamente in leggero aumento. Gli stranieri lavorano principalmente nel settore dei servizi (65,7 per cento), segue il settore dell’industria (29,2 per cento) e dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (5 per cento). Persistono, infine, i casi di discriminazione su base etnico-razziale: su un totale di 1.193 denunce raccolte dall’Unar durante il 2014, 990 sono state giudicate pertinenti. I massmedia rappresentano l’ambito di maggior frequenza relativa, con 291 evenienze, pari al 29,4% del totale. Un dato che porta a rilevare la necessita’ di un’informazione corretta e continuativa.

Religioni. In sintesi: l’islam resta una componente del mosaico religioso italiano, importante ma non predominante. I cristiani – nelle loro varie componenti – si confermano come l’aggregato confessionale maggioritario ma nel quadro di “nuovo pluralismo” largamente determinato proprio dai flussi migratori. “L’analisi sociale ‘in verticale’ su queste comunita’ ci consegna una situazione molto articolata – afferma il Dossier -, che si esprime in diverse strategie di integrazione o di presenza nello spazio pubblico nazionale, ma in un contesto culturale e politico che non sembra capace di riconoscere e valorizzare il patrimonio sociale di cui ogni comunita’ e’ portatrice”.Venendo ai numeri, va detto che secondo una stima, che fa riferimento all’intera popolazione straniera regolarmente residente in Italia alla fine del 2014 (5.014.000 persone), i cristiani sono quasi 2 milioni e 700 mila, i musulmani piu’ di 1 milione e 600 mila, i fedeli di religioni orientali (induisti, buddhisti, sikh e altri) piu’ di 330 mila, gli ebrei circa 7 mila, quelli provenienti da aree in cui sono diffuse le religioni tradizionali 55 mila, gli appartenenti ad altri gruppi religiosi piu’ difficilmente classificabili 84 mila, mentre ammontano a 221 mila gli atei e gli agnostici. Rispetto al 2013, la consistenza dei diversi gruppi religiosi risulta incrementata numericamente, essendo calcolata su una popolazione straniera a sua volta aumentata. I cambiamenti strutturali si rilevano, pero’, solo dalla modifica della incidenza percentuale di ciascun gruppo religioso rispetto al 2013: cristiani 53,8% (6 punti decimali in piu’), musulmani 32,2% (9 punti decimali in meno), fedeli di religioni orientali 6,7% (3 punti decimali in piu’), mentre negli altri gruppi non si riscontrano variazioni percentuali. Pertanto, e’ chiaramente infondata la paventata “invasione religiosa”, considerato che gli immigrati sono per lo piu’ cristiani, tra i quali comunque gli evangelici, pur meno numerosi degli ortodossi (che superano anche i cattolici), costituiscono una consistente e crescente realta’.

di Redattore sociale
29 ottobre 2015




http://www.dire.it/29-10-2015/22165-qua ... opolazione




L'immigrazione in Italia numero per numero
di Redazione
05 luglio 2016
Lo studio è stato condotto da Fondazione Migrantes e Caritas Italiana. Un "viaggio" lungo un quarto di secolo per raccontare com'è cambiata l'immigrazione nel nostro Paese. Al 1° gennaio 2015 risiedevano in Italia 60.795.612 abitanti, di cui 5.014.437 di cittadinanza straniera (8,2%). Nazionalità, lavoro, scuola, concentrazione geografica. Un rapporto per imparare a conoscergli meglio e «per superare le accese polemiche nella certezza di una “società delle culture”», dicono il mons. Gian Carlo Perego e il mons. Francesco Soddu, i direttori di Migrantes e Caritas
Come sta cambiando il mondo, l’Europa e l’Italia dopo l’incontro con culture, usanze e costumi diversi dal nostro? Perché la storia dell’immigrazione non è solo fatta di numeri e statistiche «ma», come sottolineano il mons. Gian Carlo Perego, direttore generale di Fondazione Migrantes e il mons. Francesco Soddu, direttore della Caritas Italiana, «è guardando i volti e ascoltando le voci, tra sofferenza e condivisione, sfruttamento e tutela che è stato costruito il XXV Rapporto Caritas e Migrantes». Il “XXV Rapporto Immigrazione 2015 – La cultura dell’incontro” è il viaggio in un quarto di secolo dove, dal 1990 al 2015, si racconta affiancando la metodologia statistica a quella qualitativa, il contatto tra italiani ed immigrati che poi, di fatto, sono diventati i nuovi italiani «per superare le accese polemiche nella certezza di una “società delle culture”», dicono i due direttori.
I migranti nel mondo
Nel 2015 i migranti rappresentano il 3,3% dell’intera popolazione mondiale, rispetto al 2,9% del 1990. Secondo i dati del Dipartimento dell’Onu per gli Affari economici e sociali (Un- Desa), il numero dei migranti internazionali ha continuato a crescere negli ultimi quindici anni: mentre nel 2000 erano 173 milioni, nel 2015 sono 243,7 milioni di persone nel mondo che vivono in un paese diverso da quello d’origine, il 48,2% sono donne, dato che permette di sottolineare che uno dei caratteri delle migrazioni del nuovo millennio consiste proprio nel ruolo sostanzialmente paritario dei generi nei flussi internazionali. È molto probabile però che questo dato non tenga adeguatamente conto dei migranti “senza documenti”. Va comunque precisato che, secondo le stime dell’Oim, organizzazione Internazionale per le Migrazioni, la quota dei migranti irregolari sul totale dei flussi internazionali ammonterebbe al 10-15%. Secondo la fonte Onu, nel 2015 l’Europa ospita il 31,2% del totale internazionale dei migranti. Seguono l’Asia (30,8%) e il Nord America (22,4%).
Gli undici Paesi con il più alto numero di migranti
Ancor più interessante è considerare che gli 11 paesi del mondo con il più alto numero di migranti, nel 1990 insieme arrivavano al 44,0% del totale internazionale e nel 2015 hanno raggiunto il 53,8%. Stati Uniti e Federazione russa ospitano complessivamente un quarto del totale dei migranti internazionali. Oltre ai paesi d’oltre oceano, come il Canada e l’Australia, e quelli arabi (Arabia Saudita ed Emirati Ara- bi), nei primi 11 paesi sono presenti anche nazioni europee, come la Germania, il Regno Unito e la Francia e, agli ultimi due posti, la Spagna e l’Italia.

Uno sguardo europeo
Nel 2015, nell’area Ue-28, i migranti sono 35,2 milioni, con un aumento del 3,6% rispetto al 2014. Considerando la distribuzione nei vari paesi, il 76,2% dei residenti stranieri è ospitato in Germania (21,5%), Regno Unito (15,4%), Italia (14,3%) e Francia (12,4%).

Il quadro italiano
Al 1° gennaio 2015 risiedevano in Italia 60.795.612 abitanti, di cui 5.014.437 di cittadinanza straniera (8,2%), di cui 2.641.641 donne (52,7%). Rispetto alla stessa data del 2014, la popolazione straniera è aumentata di 92.352 unità (+1,9%)
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Da dove vengono? Ecco le prime 15 nazionalità

Perché chiedono di restare in Italia?

Migranti e lavoro
Dal 2009 al 2015, sul totale della popolazione in età da lavoro (15 anni ed oltre), la quota degli stranieri è passata dal 5,9% al 7,8%.
 Dal quadro di sintesi della condizione occupazionale degli stranieri, dai microdati della Rcfl-Istat, emerge che nel II trimestre 2015 su un totale di 4.067.145 persone in età da lavoro, vi sono 2.360.307 occupati stranieri (che costituiscono il 10,5% del totale) di cui 1.575.157 extra-Ue (66,7% degli occupati stranieri) e 785.150 lavoratori comunitari (33,3% degli occupati stranieri). Va anche sottolineato che l’88,5% degli occupati stranieri è dipendente (nel caso degli occupati italiani, la percentuale scende a 74,0%).
Gli stranieri in cerca di occupazione sono 455.578 (14,7% del totale), di cui 328.070 di nazionalità non Ue (72,0% del totale degli stranieri in cerca di occupazione) e 127.508 di nazionalità Ue (28,0%). Gli inattivi stranieri sono 1.251.261, di cui 922.510 non Ue (73,7%) e 328.750 Ue (26,3%).
Dove vivono?
Ad inizio 2015 quasi il 60% degli immigrati vive nel Nord, mentre questa percentuale scende al 25,4% nel Centro, con un ulteriore calo nel Mezzogiorno (15,2%). In tre regioni del Nord ed una del Centro è concentrata più della metà dell’inte- ra popolazione straniera presente in Italia (56,6%). In particolare, si tratta della Lombardia (23,0%), del Lazio (12,7%), dell’Emilia Romagna (10,7%) e del Veneto (10,2%). Nel Mezzogiorno va sottolineato che la Campania ospita il 28,6% del to- tale degli stranieri residenti in quest’area.

Ma quanto guadagnano? Gli immigrati e il fenomeno del working poor
Essere un lavoratore povero significa avere una retribuzione inferiore a 2/3 del salario mediano calcolato su base oraria: più bassa è la remunerazione più ci si allontana dal decent work.
 I lavoratori poveri stranieri sono il 41,7% del totale degli occupati stranieri, percentuale che per i loro omologhi italiani scende al 14,9%. La condizione dei working poor comincia ad essere considerata un elemento non re- siduale, bensì caratterizzante, del mercato del lavoro italiano, considerando che, dal 2014 al 2015, la quota si è quasi stabilizzata, con un leggero spostamento dal 18,8% al 18,2%.

La scuola multietnica
Nell’anno scolastico 2014/2015, gli alunni stranieri nelle scuole italiane sono 814.187, il 9,2% del totale degli alunni. Rispetto al 2013/2014, vi è stato un aumen- to di 11.243 unità (+1,4%).
 L’incidenza degli alunni stranieri sul totale della popolazione scolastica varia in modo molto significativo a seconda dei territori alcuni dei quali hanno una spiccata capacità attrattiva nei confronti di immigrati che vogliano insediarsi stabilmente con la propria famiglia. Le maggiori incidenze si riscontrano, di conseguenza, nel- le regioni del Nord con il valore massimo in Emilia Romagna significativamente più alto della media nazionale (15,5%), seguita da Lombardia (14,3%) e Umbria (14,2%). L’unica eccezione è costituita dalla Valle d’Aosta che presenta un’incidenza inferiore alla media italiana (8,2%). Nelle regioni del Centro Nord, invece, il valore non scende al di sotto del 10%, con la sola eccezione del Lazio (9,3%). Decisamen- te inferiori i dati relativi alle regioni del Sud. Per fare qualche esempio, mentre in Abruzzo si è registrato il massimo valore dell’area (7,2%), questo scende al 2,2% in Campania.
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » mar lug 03, 2018 6:22 pm

Confesercenti dice che ci sono ben 70.421 aziende aperte da stranieri che risultano irregolari.
In molti casi sono semplicemente usate come copertura per ottenere i permessi di soggiorno.

Altro che pagarci le Pensioni. Scoperta Incredibile, ecco cosa combinano le Imprese dei Migranti!

Ci è sempre stato detto che i Migranti servono, che il nostro sistema pensionistico è al collasso e che per riprendersi ha bisogno dei migranti, il cui lavoro ci aiuterebbe in futuro a pagarci le pensioni.
Ma la notizia che giunge nuova potrebbe mettere in dubbio tutto questo, e far cadere anche l’ultima convinzione.

Sì perché Confesercenti ha rilasciato delle statistiche che mostrerebbero una realtà davvero agghiacciante.
Ma andiamo per ordine. Stiamo parlando di imprese, aziende, o comunque, attività che sono state aperte qui in Italia da immigrati.

Confesercenti dice che ci sono ben 70.421 aziende aperte da stranieri che risultano irregolari.
In molti casi sono semplicemente usate come copertura per ottenere i permessi di soggiorno.

E così mentre sempre in questi giorni la Caritas dice che i giovani e giovanissimi (18-34 anni) versano in tragiche condizioni, basti pensare che essi possono contare su meno della metà della “ricchezza” di cui godevano i loro coetanei solo nel 1995, veniamo a sapere anche quest’altra novità.

Ci aveva sempre detto che i migranti erano risorse, che grazie a loro avremmo vissuto meglio anche noi. Eppure ora viene fuori un’altra realtà. Ben l’83% delle attività di commercio ambulante aperte da migranti è irregolare.

Queste 70.421 aziende non pagano nemmeno i famosi contributi all’INPS che ci servirebbero per pagarci, le così tante famose, pensioni. E per capire l’enorme gravità della cosa basti guardare ai prossimi dati.

In regioni come la Calabria questo tipo di attività di stranieri, rappresenta ben il 70% delle attività commerciali della Regione, quindi stiamo parlando mica di bruscolini, ma un vero e proprio giro milionario di evasione fiscale.

Quindi oltre il danno, la beffa, perché queste attività oltre ad essere una forte concorrenza, molto spesso anche sleale, verso i negozianti italiani, sono anche irregolari e non aiuteranno giammai gli italiani a ricevere, in futuro, la tanto agognata pensione.


Matteo Salvini "attacca" il presidente dell'Inps,Boeri

https://www.5stellenews.com/matteo-salv ... linpsboeri

Un calo degli arrivi di migranti comporta problemi per i conti italiani, perché gli immigrati che lavorano e pagano i contributi ci aiutano a pagare le pensioni. Ora che a ripeterlo è il presidente dell’Inps Tito Boeri, arriva l’altolà del ministro dell’Interno Matteo Salvini.

“Secondo Boeri, presidente dell’Inps, la ‘riduzione dei flussi migratori’ è preoccupante perché sono gli immigrati a pagare le pensioni degli italiani…E la legge Fornero non si tocca. Ma basta!!!”, scrive il vicepremier e leader della Lega in un tweet criticando le parole dell’economista. Boeri al Festival del Lavoro a Milano ha avvertito che “gli scenari più preoccupanti per la spesa pensionistica prevedono una forte riduzione dei flussi migratori che è già in atto”. Il sistema pensionistico “non è in grado di adattarsi alla diminuzione dei contribuenti” legata al calo dei nati in Italia, ha spiegato. “Il problema è serissimo e dell’immediato. Volenti o nolenti l’immigrazione può darci un modo di gestire questa difficile transizione demografica.”

Continua “Avere immigrati regolari ci permette di avere flussi contributivi significativi”. Col calo dei flussi, l’arrivo di migranti “comincia ad essere non più sufficiente” a controbilanciare “il calo degli autoctoni. Le previsioni ci dicono che nel giro di pochi anni perderemmo città intere e questo è un problema molto serio per il nostro sistema pensionistico. Anche se gli italiani ricominciano a fare i figli, ci vorranno almeno 20 anni prima che comincino a pagare contributi”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ta/4460748

Confesercenti smentisce Boeri….DATI CONFESERCENTI – 70.421 imprese di stranieri che non hanno mai pagato contributi INPS. L’83% delle imprese di commercio sono di fatto irregolari e servono esclusivamente ad ottenere il permesso di soggiorno.



Pensioni, Salvini contro Boeri: "Riduzione degli immigrati preoccupante perché mancheranno contributi? Ma basta"
29 giugno 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ta/4460748

Giusto giovedì l’Ufficio parlamentare di bilancio lo ha ricordato con un report ad hoc: un calo degli arrivi di migranti comporta problemi per i conti italiani, perché gli immigrati che lavorano e pagano i contributi ci aiutano a pagare le pensioni. Ora che a ripeterlo è il presidente dell’Inps Tito Boeri, arriva l’altolà del ministro dell’Interno Matteo Salvini. “Secondo Boeri, presidente dell’Inps, la ‘riduzione dei flussi migratori’ è preoccupante perché sono gli immigrati a pagare le pensioni degli italiani…E la legge Fornero non si tocca. Ma basta!!!”, scrive il vicepremier e leader della Lega in un tweet criticando le parole dell’economista.

Boeri al Festival del Lavoro a Milano ha avvertito che “gli scenari più preoccupanti per la spesa pensionistica prevedono una forte riduzione dei flussi migratori che è già in atto”. Il sistema pensionistico “non è in grado di adattarsi alla diminuzione dei contribuenti” legata al calo dei nati in Italia, ha spiegato. “Il problema è serissimo e dell’immediato. Volenti o nolenti l’immigrazione può darci un modo di gestire questa difficile transizione demografica. Avere immigrati regolari ci permette di avere flussi contributivi significativi”. Col calo dei flussi, l’arrivo di migranti “comincia ad essere non più sufficiente” a controbilanciare “il calo degli autoctoni. Le previsioni ci dicono che nel giro di pochi anni perderemmo città intere e questo è un problema molto serio per il nostro sistema pensionistico. Anche se gli italiani ricominciano a fare i figli, ci vorranno almeno 20 anni prima che comincino a pagare contributi”. “Chiunque abbia un ruolo – ha aggiunto – deve spiegare agli italiani questo problema” che si manifesta già “e non fra dieci anni”.

Il presidente Inps ha anche sottolineato che “quota 100“, la riforma proposta nel contratto di governo Lega-M5s per superare la Fornero, “aumenta di molto la spesa pensionistica, ha effetti destinati a trascinarsi nel tempo e peggiora il rapporto tra pensionati e lavoratori”. “Avremo un milione di pensionati in più come effetto di queste misure, ma avremo anche meno lavoratori perché aumenterebbero le tasse sul prelievo pensionistico”, ha spiegato. “Secondo le stime più recenti del Fmi, attualmente abbiamo due pensionati per ogni tre lavoratori, nel giro di venti anni avremo un lavoratore per ogni pensionato”.
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » mer lug 04, 2018 7:00 am

Anche il Sole 24 Ore con Sebastiano Barisoni e Oscar Giannino sostengono de assurdità di Boeri

Boeri: calo immigrati è un problema serissimo per le pensioni da pagare
Matteo Prioschi
2018-06-29

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEW88XEF

Gli immigrati consentono di risolvere un problema che il sistema previdenziale attuale non è in grado di affrontare, cioè la riduzione del numero di lavoratori italiani. Quasi a rispondere alle dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Salvini, il presidente dell’Inps, Tito Boeri, intervenuto anch’egli al Festival del lavoro, ha ricordato come gli scenari demografici prevedano che la riduzione dei flussi migratori già in atto non consente di compensare la diminuzione della popolazione autoctona.

«Il sistema previdenziale – ha detto Boeri - ha meccanismi che tengono conto dell’allungamento della vita, ma non è in grado di adattarsi al fatto che diminuiscono le coorti di pensioni che entrano nel sistema. La classe dirigente deve spiegare agli italiani che questo è un problema ed è immediato perché anche ammettendo che gli italiani riprendano a fare figli ci vorranno almeno 20 anni prima che inizino a versare contributi mentre gli immigrati versano subito».

Alberto Pento
Ebeti, è il lavoro che genera ricchezza, risorse e consente di versare contributi e di pagare le pensioni, gli immigrati senza lavoro non versano nulla, sono un peso e consumano risorse in assistenza e sussidi.
Bisogna creare lavoro non importare migranti nullafacenti, disoccupati che poi anche delinquono e fanno doppiamente del male ai nostri concittadini.
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » mer lug 04, 2018 4:01 pm

Oggi Boeri ha corretto il tiro e parla di migranti regolari per fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare?
E quali mai sarebbero questi lavori?
Non parla più di migranti in generale ( regolari e irregolari e clandestini); e poi tante imprese cercano lavoratori specializzati che non si triovano né tra i regolari né tra gli irregolari.
Vanno trovati tra i disoccupati italiani pagandoli di più e non di meno, specialmente quei lavori che sono più faticosi, sporchi, degrandanti, usuranti e che finora sono anche i peggio pagati.



I dati non puoi intimorirli
ALDO FONTANAROSA
2018/07/04

http://www.repubblica.it/economia/2018/ ... -200832990

ROMA - Matteo Salvini torna a ruggire contro Tito Boeri. Dice il leader leghista, via Twitter:" Servono più immigrati per pagare pensioni... cancellare L.Fornero costa troppo... servono più immigrati per fare lavori che gli italiani non vogliono più fare...” Presidente Inps continua a fare politica, ignorando la voglia di lavorare di tantissimi italiani. Vive su Marte?". E Boeri, presidente dell'Inps: "I dati sono la risposta migliore e non c'è modo di intimidirli. La mia risposta è nei dati e i dati parlano. Oggi presentiamo quella che è la verità che bisogna dire in Italia".

Nella sua relazione alle Camere, Boeri si aggiunge anche alle voci critiche verso il decreto dignità. Nella sua Relazione annuale alle Camere, Boeri spiega: "Se cinque proroghe del contratto sono troppe "non si vede perché reintrodurre le causali su quelli a tempo determinato. L'esperienza passata dimostra che comportano un forte appesantimento burocratico, scoraggiando la creazione di lavoro soprattutto nelle piccole imprese. Meglio aumentare i contributi sociali di questi contratti ad ogni proroga. L'esperienza ci dice anche che è molto difficile per le amministrazioni pubbliche valutare le giustificazioni addotte dalle imprese per ricorrere ai contratti a tempo determinato". Meglio dunque semplificare la normativa - conclude - e rafforzare la vigilanza ispettiva.

Il ministro del Lavoro, Di Maio, non prende male queste critiche: se il Parlamento farà il Parlamento, il governo il governo e l'Inps farà l'Inps - spiega - andremo d'accordo. Quindi conferma Boeri: "Lui è in carica fino al 2019". La replica di Boeri: 'Noi ci limitiamo a fare una attività di supporto. Diciamo la nostra su questioni di rilevanza per il nostro istituto, per le giovani generazioni. Ma poi quando il Parlamento e il governo decidono ci mettiamo pancia a terra ad applicare le leggi come abbiamo fatto in tutti questi anni".

Perse altre 115 mila persone. Alla Camera, nella sua Relazione annuale, Boeri torna su un tema a lui caro: i giovani, che versano ancora in stato di abbandono. "Purtroppo - spiega Boeri - la fuga all'estero di chi ha tra i 25 e i 44 anni non sembra essersi arrestata neanche con la fine della crisi. Nel 2016, l'ultimo anno per cui sono disponibili i dati dell'Anagrafe Italiani Residenti all'Estero, abbiamo perso altre 115.000 persone, l'11% in più dell'anno precedente. E potrebbe essere una sottostima, perché le nuove registrazioni di italiani alla sicurezza sociale di Paesi come la Germania e il Regno Unito sono da due a tre volte superiori ai cambiamenti di residenza notificati all'Aire".

Under 34 i veri poveri. L'Italia continua a guardare più agli anziani che ai ragazzi. Aggiunge Boeri: "La storia recente dei giovani nel nostro Paese è una storia di inesorabili revisioni al ribasso delle loro aspettative. Fra queste delusioni anche quella di ritrovarsi sempre, quale che sia l'esito del voto, con governi che propongono interventi a favore dei pensionati". La metà dei poveri in Italia ha meno di 34 anni e la loro probabilità di diventare poveri sia "5 volte più alta di quella dei loro nonni".

Reddito di inclusione da rilanciare. Boeri difende il reddito di cittadinanza (nella versione messa in piedi dal governo Gentiloni): "Il problema del Rei è che è sottofinanziato". Eppure basterebbero 6 miliardi aggiuntivi per raggiungere l'80% delle famiglie povere (contro il 20% coperto con le risorse attuali), Dove trovarli? Mettendo ordine "nella giungla di prestazioni di natura assistenziale destinate a pensionati.Quale che siano le decisioni che il nuovo Parlamento vorrà prendere, ci sentiamo di chiedere sommessamente di non disperdere il lavoro svolto nel mettere in piedi una infrastruttura nazionale capace di raggiungere - nei primi 5 mesi - circa 300 mila famiglie e un milione di persone".

Quei 750 mila pensionati in più. A proposito di pensioni, il presidente dell'Inps torna a prendere di mira la quota 100, cioè l'idea di permettere la pensione a chi arriva a 100 (tra età anagrafica e anni di contributi). Un progetto che non è certo a costo zero. Ecco i conti: "Quota 100 pura costa fino a 20 miliardi all'anno; quota 100 con 64 anni minimi di età costa fino a 18 che si riducono a 16 alzando il requisito anagrafico a 65 anni; quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento della legislazione vigente per quanto riguarda i requisiti di anzianità contributiva indipendenti dall'età costa fino a 8 miliardi". Il motivo è presto detto: "Ripristinando le pensioni di anzianità con quota 100 (o 41 anni di contributi) si avrebbero subito circa 750.000 pensionati in più".

Non smontare la Fornero. Smontare del tutto la Fornero, tornare alla casella di partenza come nel gioco dell'oca, non è possibile: le persone che hanno subito "gli effetti più dirompenti di quella riforma" si sentirebbero "beffate, a partire dalle donne". I costi del ripristino in toto o in parte delle pensioni di anzianità allora vigenti sarebbero "molto elevati". Non solo, avverte, si innescherebbe anche un circolo vizioso che porterebbe a ridurre l'occupazione. "Possiamo tuttavia permetterci una maggiore flessibilità", spiega. E ciò, sottolinea, "accelerando la transizione al metodo contributivo".

Oro, argento e bronzo. Sulle pensioni d'oro: "Non si vedono ragioni per tagliare le pensioni per il solo fatto di avere un importo elevato. Non esistono pensioni d'oro, d'argento o di bronzo. La filosofia degli interventi - spiega - dovrebbe essere sempre quella di ridurre le differenze di trattamento tra lavoratori di una stessa generazione oltre che tra generazioni diverse". Per Boeri invece esiste una componente delle pensioni che si fa "privilegio", quando è "stabilita in modo arbitrario" ed è slegata dai contributi versati.

Un esempio di privilegio, secondo il numero 1 dell'Inps, sta certamente negli assegni per i sindacalisti. "Per queste non serve una legge ma solo il nulla osta del ministero del lavoro alla nostra circolare di un anno fa", dice.


Pensioni, Boeri: 'Senza ingressi sistema non regge'. Salvini: 'Più migranti? Vive su Marte'. Lui: 'I dati non si intimidiscono'
4 luglio 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... no/4469810

Il presidente Inps davanti al Parlamento per la Relazione annuale: "Presenza degli immigrati sovrastimata". Poi sulle pensioni: "Quota 100 costa fino a 20 miliardi. Superare del tutto la Fornero non è possibile". Ma anche: "Governi deludenti pensano agli anziani". Sul decreto dignità: "Bene il taglio delle proroghe dei contratti a tempo indeterminato". Poi critica il ritorno delle causali. All'attacco il ministro dell'Interno: "Fa politica". Tiepido Di Maio: "Resta in carica fino al 2019. Su vitalizi e pensioni d'oro andiamo d'accordo, su altro no"

“Senza nuovi ingressi il sistema pensionistico italiano non regge”. Il concetto è quello che il presidente dell’Inps Tito Boeri ha espresso più volte negli ultimi giorni, ma pronunciato davanti alla Camera, nel corso della sua Relazione annuale in Parlamento, e davanti al vicepremier Luigi Di Maio, ha riaperto il fronte delle tensioni con il governo Lega-M5s. “Gli immigrati in Italia sono sovrastimati, la stretta aumenta i clandestini”, ha continuato Boeri. La replica del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che solo ieri aveva detto “nell’Inps c’è molto da cambiare”, è arrivata pochi minuti dopo: “Continua a fare politica, ignorando la voglia di lavorare (e di fare figli) di tantissimi italiani. Dove vive, su Marte?”. Il presidente ha replicato a margine: “I dati sono la risposta migliore e non c’è modo di intimidirli. La mia risposta è nei dati e i dati parlano. Oggi presentiamo quella che è la verità che bisogna dire in Italia”. I rapporti sono più distesi con Di Maio che, cercando di smorzare i toni, ha garantito: “Resta in carica fino al 2019 e, per quanto mi riguarda, è il mio interlocutore per l’Inps. Sulla collaborazione istituzionale su vitalizi e pensioni d’oro stiamo andando bene, su altre cose non siamo d’accordo”. Detto questo, il vicepremier M5s ha voluto specificare: “Sono sicuro che finché il legislativo farà il legislativo, l’esecutivo l’esecutivo e l’Inps farà l’Inps andremo tutti d’accordo”. E proprio a lui Boeri ha risposto ancora: “Nessuno lo mette in discussione. Ma nel momento in cui si parla di questioni di rilevanza per il nostro istituto e per i giovani chiaramente diciamo la nostra. Poi quando il governo e il Parlamento decidono noi ci mettiamo pancia a terra ad applicare le leggi”.

Inps, Di Maio: "Servono più migranti regolari? Da Boeri opinioni personali. Su vitalizi e pensioni d'oro lavoriamo bene"

Immigrazione – Boeri nel suo intervento alla Camera ha parlato a lungo dei flussi migratori. E dell’importanza, secondo lui, che questi continuino stabilmente. Proprio su questo punto si è già scontrato più volte con il Carroccio. “Il nostro sistema pensionistico”, è stato l’esordio, “è in grado di reggere alla sfida della longevità, almeno sin quando si manterrà l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita e la revisione dei coefficienti di trasformazione. Ma non ha al suo interno meccanismi correttivi che gli permettano di compensare un calo delle coorti in ingresso nel nostro mercato del lavoro”. Secondo Boeri c’è un problema di percezione sbagliata del fenomeno migratorio: “Gli italiani sottostimano la quota di popolazione sopra i 65 anni e sovrastimano quella di immigrati e di persone con meno di 14 anni. La deviazione fra percezione e realtà è molto più accentuata che altrove. Non sono solo pregiudizi. Si tratta di vera e propria disinformazione.

Il nostro Paese ha bisogno di aumentare l’immigrazione regolare”.
E in particolare, ha continuato, “sono tanti i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere”. Ad esempio, ha spiegato, nel lavoro manuale non qualificato ci sono il 36% dei lavoratori stranieri in Italia e l’8% degli italiani. La storia “ci insegna che quando si pongono forti restrizioni all’immigrazione regolare, aumenta l’immigrazione clandestina e viceversa: in genere, a fronte di una riduzione del 10% dell’immigrazione regolare, quella illegale aumenta dal 3 al 5%. In presenza di decreti flussi del tutto irrealistici”, la domanda di lavoro immigrato “si riversa sull’immigrazione irregolare di chi arriva in aereo o in macchina, non coi barconi ma coi visti turistici, e rimane in Italia a visto scaduto”.

Decreto dignità – Nel corso della sua relazione ha parlato anche del primo provvedimento del governo M5s-Lega, approvato nei giorni scorsi e che già sta scatenando numerose polemiche. Boeri ha dato un giudizio positivo sul taglio delle proroghe da 5 a 4 per i contratti a termine, ma ha criticato la reintroduzione delle causali: “Comporta un forte appesantimento burocratico scoraggiando la creazione di lavoro soprattutto nelle pmi” con il rischio “di trovarsi con meno lavoro e della stessa qualità”. “Se infatti, come già sottolineato lo scorso anno, 5 proroghe dello stesso contratto sono troppe perché consentono un periodo di prova praticamente di 3 anni non si vede perché reintrodurre le causali che comportano un forte appesantimento burocratico scoraggiando la creazione di lavoro soprattutto nelle pmi”. La sua proposta è piuttosto quella di “aumentare i contributi sociali su questi contratti ad ogni proroga”: “Se lo scopo è quello di favorire la conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato non si vede poi perché aumentare i costi per entrambe le tipologie di contratti. Il rischio è di trovarsi con meno lavoro e della stessa qualità”. Nonostante ciò comunque, Boeri dice: “Nel decreto dignità ci sono aspetti positivi. Avevo già sottolineato come il decreto Poletti fosse in contraddizione con il contratto a tutele crescenti. Quel contratto a tempo determinato era tale da scoraggiare le imprese ad assumere a tempo indeterminato. Quello che fa il decreto dignità nel ridurre la durata massima di questi contratti e alzare gli oneri mi sembra giusto. Ciò di cui sono meno convinto è l’idea di irrigidire anche i contratti a tempo indeterminato”.

Pensioni – Tra i temi caldi per il governo che sono stati toccati da Boeri c’è sicuramente quello delle pensioni. Il presidente Inps ha evidenziato intanto i costi della quota 100 (proposta da Lega-M5s nel contratto), dicendo che possono arrivare fino a 20 miliardi. Ma il suo discorso è partito dalle condizioni dei giovani: “La storia recente dei giovani nel nostro Paese”, ha detto “è una storia di inesorabili revisioni al ribasso delle loro aspettative. Fra queste delusioni anche quella di ritrovarsi sempre, quale che sia l’esito del voto, con governi che propongono interventi a favore dei pensionati”. A questo proposito, la metà dei poveri in Italia ha meno di 34 anni e la loro probabilità di diventare poveri è “5 volte più alta di quella dei loro nonni“.

Nel merito della proposta di istituire la quota 100 per andare in pensione e rivedere la legge Fornero, ha esposto quali sarebbero i costi calcolati dall’Inps: “Ripristinando le pensioni di anzianità con quota 100 (o 41 anni di contributi) si avrebbero subito circa 750.000 pensionati in più” con un costo, nella versione ‘pura’ “fino a 20 miliardi all’anno”. Non solo, ha detto Boeri, si ridurrebbe anche l’occupazione: “Sappiamo che ogni abbassamento dell’età pensionabile comporta anche riduzione dell’occupazione perché il prelievo contributivo aumenta e il lavoro costa di più”. “Avremmo dunque non solo più pensionati, ma anche meno lavoratori, ciascuno dei quali con un fardello ben più pesante sulle proprie spalle”. Quindi secondo lui ripristinare le pensioni d’anzianità significherebbe “ridurre il reddito netto dei lavoratori”. “In un sistema pensionistico a ripartizione come il nostro, i contributi di chi lavora servono ogni anno a pagare le pensioni di chi si è ritirato dalla vita attiva. Oggi abbiamo circa 2 pensionati per ogni 3 lavoratori. Questo rapporto è destinato a salire nei prossimi anni”. A questo proposito ha ricordato le previsioni del Fondo Monetario Internazionale che a legislazione invariata, stimano “a partire dal 2045 addirittura un solo lavoratore per pensionato”. Quindi, ha proseguito, “un reddito pensionistico vale l’83% del salario medio. In queste condizioni, con un solo lavoratore per pensionato, quattro euro su cinque guadagnati col proprio lavoro andrebbero a pagare la pensione a chi si è ritirato dalla vita attiva. Il passaggio al sistema contributivo, con regole pensionistiche meno generose, serve proprio ad evitare che questo avvenga. Ma se dovessimo oggi abbassare l’età di pensionamento con prestazioni che hanno ancora una forte componente retributiva, condanneremmo i lavoratori a destinare fino a due terzi del proprio salario al pagamento delle pensioni”. Non solo. Il costo della proposta potrebbe pesare sulla stessa platea di quanti hanno sollecitato l’abrogazione della riforma Fornero. “Secondo le nostre stime, infatti quota 100 pura costa fino a 20 miliardi all’anno; quota 100 con 64 anni minimi di età costa fino a 18 miliardi annui che si riducono a 16 alzando il requisito anagrafico a 65 anni mentre quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento della legislazione vigente per quanto riguarda i requisiti di anzianità contributiva indipendenti dall’età costa fino a 8 miliardi”. Ed è per coprire questo costo che, secondo Boeri, occorerrà “aumentare il prelievo fiscale su ogni lavoratore, innescando un circolo vizioso in cui più tasse riducono l’occupazione e dunque scaricano l’onere di finanziare le pensioni su di una platea sempre più piccola”. Senza contare la “reazione” delle imprese che “hanno bisogno di tempo per adattarsi a variazioni nell’età di pensionamento”.

Vitalizi e taglio pensioni dei sindacalisti – Boeri, che è stato anche tra i consulenti del presidente della Camera Roberto Fico per la scrittura della delibera per il taglio dei vitalizi, ha quindi espresso la necessità di rivedere il privilegio. “I titolari di cariche elettive vanno trattati come tutti gli altri lavoratori”, ha detto, “limando la componente di privilegio delle loro pensioni in modo coerente con quanto si intende fare per gli altri lavoratori e non punendoli per il solo fatto di aver servito il nostro Paese come parlamentari”. Boeri ha anche parlato delle “condizioni privilegiate” delle pensioni dei sindacalisti. “Per queste non serve una legge ma solo il nulla osta del ministero del lavoro alla nostra circolare di 1 anno fa”.


Boeri: “C’è sempre più richiesta di lavori che gli italiani non vogliono fare”
W. P.
2018/07/04

http://www.lastampa.it/2018/07/04/econo ... agina.html

«Tutti sono d’accordo sul fatto che bisogna contrastare l’immigrazione irregolare. Bene, ma si dimentica un fatto importante: per ridurre l’immigrazione clandestina il nostro paese ha bisogno di aumentare quella regolare». Anche perché senza i regolari il sistema pensionistico e il welfare sono a rischio. A dirlo è il presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel corso della sua relazione in Parlamento per presentare il rapporto annuale dell’istituto di previdenza. Boeri è stato recentemente criticato in modo molto duro dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, proprio per le sue parole sull’immigrazione. Il leader della Lega ha spiegato infatti che «in giro c’è ancora qualche fenomeno, penso al presidente dell’Inps e ci sarà tanto da cambiare anche in questi apparati pubblici».

Ma per Boeri, che si rifà ai dati contenuti nel rapporto dell’istituto di previdenza, in Italia «sono tanti i lavori per i quali non si trovano lavoratori alle condizioni che le famiglie possono permettersi nell’assistenza alle persone non autosufficienti, tanti i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere». Nel lavoro manuale qualificato, ad esempio, sono impiegati il 36% dei lavoratori stranieri, contro l’8% di quelli italiani. Per questo motivo secondo il presidente dell’Inps «c’è una forte domanda di lavoro immigrato in Italia», spiega riferendosi in particolare ai lavori domestici.

Il problema demografico

Il problema dell’Italia, «molto più vicino nel tempo di quanto si ritenga», è comunque il declino demografico. Ai ritmi attuali infatti secondo l’Inps la popolazione potrebbe ridursi in cinque anni di 300 mila unità, in pratica è come se sparisse la città di Catania. «Dimezzando i flussi migratori - aggiunge Boeri - in cinque anni perderemmo in aggiunta una popolazione equivalente a quella odierna di Torino, appesantendo ancora di più il rapporto tra popolazione in età pensionabile e quella in età lavorativa». Azzerando l’immigrazione, secondo le stime di Eurostat, perderemmo 700 mila persone con meno di 34 anni nell’arco di una legislatura. È qui dunque che entra in gioco il problema della stabilità del nostro sistema pensionistico, anche a causa della fuga verso l’estero di più di 100 mila giovani all’anno.

“Tornare indietro sulle pensioni non è possibile”

«È difficile trovare un nostro connazionale che non aspiri ad andare in pensione quanto prima», dice Boeri spiegando che i redditi da pensione in Italia sono molto più vicini a quelli che si ottengono dal lavoro che in altri paesi. Da noi infatti in media la pensione vale circa l’85% del reddito da lavoro, mentre in Europa è il 60%. «Non è perciò sorprendente che la riforma pensionistica del 2011 (la legge Fornero, ndr) sia così odiata dagli italiani», visto che ha allontanato per molti l’età a cui si può andare in pensione.

Tornare indietro però, secondo Boeri, non è possibile. «Secondo le nostre stime, quota 100 pura (che è contenuta nel contratto di governo Lega-M5s, ndr) costa fino a 20 miliardi all’anno, quota 100 con 64 anni minimi di età costa fino a 18 miliardi che si riducono a 16 alzando il requisito anagrafico a 65 anni, quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento della legislazione vigente costa fino a 8 miliardi». Insomma, spese non indifferenti che per Boeri dovranno essere coperte aumentando il prelievo fiscale su ogni lavoratore, innescando così «un circolo vizioso in cui più tasse riducono l’occupazione e dunque scaricano l’onere di finanziarie le pensioni su di una platea sempre più piccola».

“Non smontare il Reddito di inclusione. Servono altri 6 miliardi”

Il reddito di inclusione (il Rei) per il contrasto alla povertà, introdotto e ampliato dai governi Renzi e Gentiloni e in vigore dallo scorso dicembre, «è diventato in questi giorni uno strumento universale selettivo», in cui non valgono più alcune condizioni per accedere agli aiuti, come il numero dei figli o lo stato di disoccupazione. Il problema del Rei però è che «è sottofinanziato», spiega Boeri. Secondo le stime dell’Inps con 6,2 miliardi aggiuntivi - oltre agli attuali 1,8 impegnati - si potrebbe raggiungere l’80% delle famiglie povere, contro il 29% coperto con le risorse attuali. Per questo motivo l’Inps chiede al nuovo Parlamento e al governo «di non disperdere il lavoro svolto nel mettere in piedi una infrastruttura nazionale capace di raggiungere le famiglie povere».

750 mila lavoratori nella gig economy, solo il 10% sono riders

L’Inps ha infine analizzato la gig economy, quelle nuove forme di lavoro su richiesta, molto spesso legate alle nuove tecnologie (come i riders). Per l’istituto di previdenza in Italia sono circa 750 mila i lavoratori coinvolti in questi lavori, di questi poco più del 10% sono riders. Inoltre il 70% svolge lavoretti come secondo lavoro o durante gli anni di studio e tra questi il grado di soddisfazione del proprio lavoro è «relativamente elevato. Vi sono però anche persone, a volte non più giovanissime - spiega Boeri - che trovano in questi impieghi saltuari l’unica fonte di reddito»: si tratta di un lavoratore su cinque della gig economy.

«Un numero piccolo in termini assoluti (lo 0,85% del totale degli occupati in Italia), ma nondimeno è opportuno tenerne conto», secondo il presidente dell’Inps. Per questo motivo non serve intervenire «con l’accetta. Ci vuole il cesello per non correre il rischio di distruggere il lavoro - aggiunge Boeri - come purtroppo avvenuto nel caso dell’intervento draconiano sui voucher di un anno fa». Solo un terzo dei buoni lavoro usati nel 2016 è stato infatti sostituito da contratti a termine: per la parte restante si è ricorso soprattutto al nero.






Disoccupazione, ecco i lavori che i giovani italiani non vogliono fare
Franco Grilli - Lun, 28/05/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 33133.html

La protesta delle aziende: “Mentalità sbagliata e poca formazione”

Con la disoccupazione giovanile al 31,7%, stando agli ultimi dati Istat, viene da pensare che quei tanti in cerca di un mestiere siano disponibili ad accettare, come primo impiego, anche lavori faticosi o pesanti, pur di iniziare a metter piede nel mercato del lavoro.

E invece no, non è così.

I giovani sono restii ad accettare un’occupazione che li impegni nei week-end, nei festivi e in orari notturni. Inoltre, poco gradite sono anche le posizioni effettivamente pesanti in termini di mansioni, come quelle che si possono trovare in edilizia, agricoltura, allevamento, panificazione, tessile, pulizia e sanità. Il Qutidiano.net ha stilato un breve elenco delle categorie meno allettanti per le nuove leve.

Edilizia

Riccardo Roccati, di Cna Costruzioni, osserva così. "È vero che i giovani italiani, in maggioranza, perché sarebbe ingiusto generalizzare, non vogliono fare più certi lavori. Colpa di una mentalità sbagliata, di famiglie protettive, di scuole dove si continuano a snobbare le attività manuali. Possiamo anche impegnarci a qualificarlo noi, ma servono giovani che vogliono qualificarsi".

Ristorazione

Come spiega Lino Enrico Stoppani, presidente della Fipe-Confcommercio, "Lavorare nella ristorazione richiede impegno fisico e mentale con un forte spirito di sacrificio. Si lavora il sabato e la domenica, nelle feste di ricorrenza, in parte anche di notte e persino il 1 maggio. Ci sono, quindi, difficoltà a trovare personale qualificato per mancanza sia di candidati sia di profili con le competenze richieste. Il risultato è che i giovani italiani sono sempre meno disposti ad impegnarsi nelle nostre imprese come testimonia la crescente presenza di lavoratori stranieri. E questo sebbene 8 occupati su 10 abbiano un contratto a tempo indeterminato".

Panificazione

Stessi problemi per le aziende di panificazione e pasticceria: "Le nostre imprese hanno difficoltà a trovare personale. Lavorare nel nostro settore implica sacrificio, fatica e orari spesso notturni. Anche questo frena molti giovani. L’effetto è che quelli che lavorano in questo ambito lo fanno soprattutto all’interno di piccole imprese familiari", osserva Claudio Conti, Presidente di Assipan-Confcommercio.



I lavori che gli italiani non vogliono fare
(06/02/2012)
Sara De Carli

http://www.vita.it/it/article/2012/02/0 ... are/113461

Addetti alle pulizia, spazzini, collaboratori domestici, lavandati, muratori, carpentieri, ponteggiatori, cuochi, camerieri, baristi, autisti e camionisti. Sono queste le 12 professioni con i numeri più alti di lavoratori stranieri.

Lo dice una ricerca della Fondazione Loene Moressa, pubblicata oggi.

Sono i lavori che gli italiani non vogliono più fare? Non esattamente, anche se la ricerca è andata a scandagliare anche quello. Scoprendo che gli stranieri hanno rimpiazzato abbondantemente gli italiani (si chiama "over sostituzione", cioè per ogni italiano uscito dal mercato del lavoro in questi settori, sono entrati più di un lavoratore straniero) in sette mestieri: cuochi, camerieri, baristi, saldatori, lattonieri, montatori, addetti non qualificati dell'industria. La sostituzione perfetta, in pareggio, c'è stata per ambulanti, pittori, stuccatori, laccatori e palchettisti. Infine la sostituzione parziale si è avuta su magazzinieri, fattorini, facchini, manovali edili, muratori, falegnami, ponteggiatori, autisti, cassieri, braccianti agricoli, macellai, panettieri, pasticcieri, pavimentatori, idrauilici e installatori.

Secondo la ricerca dal 2007 al 2010 la presenza di manodopera straniera nel mercato del lavoro nazionale si è fatta sempre più evidente: da 1,5 milioni di occupati di nazionalità straniera si è passati a poco più di due milioni. Questo ha inoltre determinato nel medesimo periodo di tempo un aumento del peso della componente straniera che dal 6,5% ha raggiunto il 9,1% del totale dei lavoratori in Italia. In termini di variazioni percentuali, se l’occupazione degli italiani è calata del -4,3% (pari a quasi un milione di unità in meno), gli stranieri sono invece aumentati con un ritmo del 38,5% (+578 mila persone).

Per settore di attività. L’occupazione straniera si distribuisce in tre settori principali: i servizi sociali e alla persona (in cui si concentra il 24,7% del totale dell’occupazione straniera), le costruzioni (16,7%) e la manifattura (19,4%). Ma sono i primi due i settori nel quale la presenza di stranieri si fa più evidente: infatti se nei servizi sociali e alla persona su cento occupati quasi 30 sono immigrati, nelle costruzioni si tratta di 18 persone. Anche il settore degli alberghi e della ristorazione mostra una preferenza nell’assunzione di manodopera straniera, dal momento che il 15,8% di tutti gli occupati in questo settore è straniero, quando in media a livello nazionale si contano 9,1 stranieri su cento lavoratori.

Effetto sostituzione. In quasi tutte le 25 professioni qui considerate si osserva un avvicendamento tra manodopera italiana e straniera tra il 2007 e il 2010. Sembra infatti che molte professioni “manuali” siano state “snobbate” dagli italiani, che hanno lasciato progressivamente il posto agli stranieri. In molte categorie professionali si è infatti assistito ad un vero e proprio effetto sostituzione. L’intensità però di tale sostituzione non è però univoca. Per alcune professioni si osserva un “over sostituzione”, ossia i nuovi ingressi di stranieri hanno di gran lunga superato gli abbandoni degli italiani: si tratta in questo caso di categorie professionali legate alla ristorazione (cuochi, camerieri, baristi), ai lavori non qualificati nell’industria e alle figure di saldatori, montatori e lattonieri.


Lavori che gli italiani non vogliono più fare, lo sfogo di un agricoltore: "Se non avessi gli stranieri, chiuderei"
28 marzo 2018
http://www.today.it/economia/lavoro-cam ... nieri.html
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » gio lug 05, 2018 6:54 am

Demenze sinistre pro invasione e pro clandestini


Pensioni e Immigrati - Boeri svela il Re Nudo: Salvini è il capo del vecchio
Luigi Ambrosio
mercoledì 04 luglio 2018

http://www.radiopopolare.it/2018/07/boe ... el-vecchio

Matteo Salvini è il principale costruttore italiano della narrazione secondo cui gli stranieri, gli immigrati sarebbero un problema. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, dati alla mano ha spiegato che la verità è opposta a quella che Salvini tenta di rappresentare.

Oggi Boeri ha detto che il Re è nudo. Ecco perché Salvini lo vorrebbe cacciare. Boeri ha affermato una semplice verità e facendolo ha mostrato cosa sia effettivamente Salvini: il capo del vecchio. A poco più di 40 anni, Salvini è il vecchio, il vecchissimo. Culturalmente e politicamente. Ed è un favoloso paradosso che a svelarlo sia stato l’uomo delle pensioni.

Ma la realtà in questo momento storico fatica a interessare. A chi, in particolare non interessa? La realtà non interessa a chi ha tutto da perdere e nulla da guadagnare. La realtà, in questo momento storico, non interessa a chi è vecchio. Vecchio in senso psicologico e non nel senso dell’età. Vecchio nel senso di incapace ormai di produrre cose nuove: idee, cultura, valori, oggetti, fatturato, innovazione tecnologica.
Il vecchio rimane aggrappato alle proprie cose vecchie perché non è più in grado di produrne delle nuove e il suo principale nemico è il giovane che invece ha il diritto oltre che il desiderio di produrre cose nuove: idee, cultura, e tutto il resto.

Il vecchio saggio si fa da parte e favorisce il giovane. Il vecchio incattivito ostacola il giovane. Vale per gli individui e per le organizzazioni, comprese quelle politiche. L’Italia è un Paese vecchio perché lo dice l’anagrafe ma soprattutto è vecchia perché incapace di una visione, di una idea forte di sé a 20, 30 anni e più. Manca un’ipotesi di futuro intesa come idea di apertura, innovazione, crescita. Di conseguenza l’Italia si condanna a un’idea di futuro tipica della destra, ossia chiusura, conservazione, riproposizione feticistica del mito del passato e del concetto astratto di tradizione.

La battaglia dei nazionalisti – che oggi si fanno chiamare ‘sovranisti’ – in Italia, in Europa e nel Mondo è una battaglia che si gioca in buona parte sul piano del simbolico. Boeri ha spiegato, numeri alla mano, che servono immigrati giovani per garantire le pensioni italiane. È il peggior affronto che il Paese vecchio potesse sentirsi fare. Perché punta dritto al cuore della questione. I nazionalisti, le forze politiche della chiusura, oggi raccolgono grandi consensi quasi indipendentemente dagli argomenti che usano perché quello che conta è il loro messaggio subliminale: difendere il vecchio che non ha più nulla da dire dal suo incubo più grande, l’incubo del confronto con i giovani che rappresentano il futuro.

In questa chiave, la paranoia della cosiddetta ‘sostituzione etnica’ assume un significato diverso. Non è solo la razza il tema. È il vecchio che muore. Le rivoluzioni sono sempre faccenda del nuovo contro il vecchio, e alla fine il nuovo vince. La piazza del Pride è la piazza dei giovani, la piazza di Pontida è la piazza del vecchio. Gli immigrati che arrivano sono giovani anche nella carta di identità, e sono portatori di istanze nuove. È per questo che fanno paura a tanti.

Il vecchio ha vinto numerose battaglie e altre è probabile che ne vincerà. La prima che ha vinto in Europa è stata Brexit – e non è un caso che una delle linee di frattura create nella società del Regno Unito da Brexit fu la sconfitta dei giovani, che erano in maggioranza ampia favorevoli all’Unione Europea – ma alla fine il vecchio è destinato a sparire. Questo i rappresentanti del vecchio, che siano ventenni o ottantenni, lo sanno benissimo, ecco perché esprimono tanta rabbia.

Oggi Tito Boeri non si è limitato a esporre dati sul sistema pensionistico. Oggi il presidente dell’Inps ha evocato il peggior incubo della vecchia Italia: senza gli immigrati, siete già morti.



Non portarti la morte in casa, non hai colpe né responsabilità
viewtopic.php?f=194&t=2624
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » gio lug 05, 2018 7:41 am

I clandestini e gli irregolari che raccolgono pomodori in nero non pagano tasse e non versano contributi per le pensioni


Raccolta dei pomodori, anche quest’anno migliaia di schiavi dimenticati
Lidia Baratta
2015/07/23

https://www.linkiesta.it/it/article/201 ... cati/26797

Mohamed, 47 anni, sudanese, il 20 luglio è morto stroncato da un infarto sotto il sole del Salento mentre raccoglieva i pomodori in un campo di Nardò, in provincia di Lecce. Aveva chiesto l’asilo in Italia. E intanto era partito verso questo angolo della costa ionica, facendo lo stesso percorso dei vacanzieri diretti verso il mare cristallino di Puglia. Era senza regolare contratto di lavoro, come i due braccianti africani che lo hanno soccorso. La procura di Lecce ha ipotizzato il reato di omicidio colposo, e ha iscritto nel registro degli indagati tre persone: i titolari dell’azienda agricola Mariano, dove il fatto è accaduto, e il presunto caporale sudanese, che avrebbe fatto da intermediario tra i lavoratori stagionali e gli imprenditori.

Funziona così qui, nel quadrato dell’“oro rosso”, tra Foggia, Taranto, Lecce e Brindisi. Ogni estate, tra luglio e settembre, migliaia di stranieri arrivano da tutta Italia per raccogliere i pomodori destinati per lo più alle aziende campane, che li trasformano a loro volta nella polpa, pelati e passate che troviamo al supermercato. Molti hanno i documenti in regola per stare in Italia, come Mohamed; tanti altri no. Vivono nei cosiddetti ghetti, baraccopoli senza acqua e in condizioni igienico sanitarie terribili, dove i caporali li vanno a prelevare. Ce ne sono tanti di ghetti in Puglia. Il più noto è quello di Rignano Garganico, in provincia di Foggia, da dove trasmette anche una radio (Radio Ghetto) che racconta le voci dei circa 1.500 braccianti che d’estate vivono nei container. Ma ci sono anche il “ghetto del Ghana” e quello “dei bulgari”, divisi per nazionalità di provenienza.

Vivono nei cosiddetti ghetti, senza acqua e in condizioni igienico sanitarie terribili, dove i caporali li vanno a prelevare. Da qui gli immigrati partono per lavorare per giornate intere per due o tre euro all’ora

Da qui gli immigrati partono per lavorare per giornate intere, chinati sotto il sole rovente, per due o tre euro all’ora. Il più delle volte in nero. «Il resto dei soldi se lo mettono in tasca i caporali», spiega Ettore Ronconi della Flai Cgil, il sindacato dei lavoratori dell’agroindustria. «Ci sono cosiddetti “caporali neri”, che spesso hanno la stessa provenienza dei lavoratori sfruttati, ma dietro di loro ci sono i “caporali bianchi”, che coordinano le attività».

Tra il quadrato pugliese e l’area di Potenza, al confine tra Puglia e Basilicata, ogni anno sono impiegati nella raccolta dei pomodori tra i 18mila e i 19mila braccianti. «Nonostante gli imprenditori sostengano che la raccolta manuale sia diventata ormai marginale rispetto alla raccolta meccanizzata, sappiamo che non è così», dice Ronconi. «La raccolta manuale impiega ancora molte persone, e sono soprattutto immigrati».

Lo scorso anno sindacati e associazioni imprenditoriali avevano anche firmato un protocollo per la responsabilità sociale ed etica nella filiera delle conserve di pomodoro. «Ma a quanto pare in un anno nulla è cambiato», dice Ronconi. «Siamo ancora alla vigilia dell’apertura della vera e propria stagione di raccolta e c’è già un morto». L’azienda in cui è avvenuto l’incidente, del resto, già nel 2012 era finita nel mirino della Procura con l’arresto del titolare Giuseppe Mariano, coinvolto nell’operazione “Sabr” (dal nome di uno dei caporali) sullo sfruttamento dei braccianti nei campi, insieme a tutti i più grossi imprenditori della zona. Dalle indagini era emersa una organizzazione piramidale transnazionale, dedita proprio all’ingresso irregolare di migranti sul territorio italiano, destinati a essere sfruttati nella raccolta di angurie e pomodori.

“La Doria spa, Princes Industrie alimentari, Franzese spa, Giaguaro spa, La Rosina, Pancrazio spa, Conserve Italia, Mutti ecc. sono consapevoli di quanto sta avvenendo nei luoghi della raccolta del pomodoro?”

Il protocollo, firmato il 24 luglio 2014 dalle parti sociali, metteva in evidenza come nella coltivazione e raccolta del pomodoro emergessero fenomeni di caporalato e utilizzo illegale di manodopera, chiedendo di applicare salari giusti, diritti e tutele. I firmatari, compresa la Anicav, Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali della Confindustria, si erano impegnati ad avviare una serie di incontri nelle prefetture dei bacini di riferimento delle coltivazioni per intensificare i controlli e garantire la legalità lungo l’intera filiera. Ma tutto sembra rimasto sulla carta. «La Doria spa, Princes Industrie alimentari, Franzese spa, Giaguaro spa, La Rosina, Pancrazio spa, Conserve Italia, Mutti ecc. sono consapevoli di quanto sta avvenendo nei luoghi della raccolta del pomodoro?», si chiedono dal sindacato. «Il problema si risolve in maniera semplice, non accettate pomodoro raccolto con lo sfruttamento dei lavoratori, negate il mercato alle imprese agricole irregolari».

Ma un ruolo importante ce l’hanno anche le organizzazioni dei produttori (Op) che fanno da intermediari tra le aziende agricole e le industrie della trasformazione. «Agriverde, OP Mediterraneo, Apo Foggia, Assofruit, ecc. che fanno per debellare il fenomeno?», scrivono dalla Flai. «Nulla, tacciono, prendono ingenti finanziamenti dell’Europa, dallo Stato e dalle Regioni. Forse è arrivato il momento di affermare un principio: prendi i finanziamenti che competono se attui norme rigorose sul conferimento dei prodotti agricoli e del pomodoro da parte dei soci e se gli stessi dimostrano che la raccolta l’hanno effettuata con manodopera regolare e con tariffe salariali contrattuali».

La filiera, dice Ronconi, «si potrebbe controllare facilmente». Questa la sua soluzione: «Basta che le Op stabiliscano che per fare un tot di tonnellate di pomodoro serve un certo numero di lavoratori. E di questi lavoratori devono pretendere contratti e versamenti previdenziali, altrimenti non accettano il prodotto». In modo da sancire che i pomodori sono prodotti nel rispetto delle regole. «Se no tutti gli anni è la stessa storia». E la prospettiva, anche quest’anno, è che «la campagna del pomodoro sarà la campagna dello sfruttamento, dei rapporti irregolari, dello schiavismo». Soprattutto considerando che dall’inizio dell’anno abbiamo già superato oltre 55mila sbarchi di immigrati, un ulteriore bacino per la raccolta di manodopera irregolare.


???

Il caporalato e l’agromafia, un’economia illegale da 17 miliardi di euro
di Michele Sasso
2016/05/12

http://espresso.repubblica.it/attualita ... o-1.265135

Rosarno
Lavorano dodici ore al giorno sotto il sole

. Fino a morire di fatica. Accampati in tendopoli o stipati in ghetti fatiscenti. Ai margini dei campi dove vengono prodotte le primizie made in Italy. Senza regole, senza leggi. Dove l’unica parola che conta è quella del caporale. Una pratica che mette in moto due business: le agromafie e la gestione del mercato della braccia, che insieme muovono un’economia illegale e sommersa con un volume d’affari tra i 14 e i 17 miliardi di euro.

È quanto emerge dal terzo rapporto “Agromafie e caporalato” realizzato dall’osservatorio “Placido Rizzotto” della Flai Cgil , ricostruendo un quadro approfondito sulla condizione di braccianti e raccoglitori, delle variegate forme di illegalità e infiltrazione mafiosa nell’intera filiera.

Anticipiamo l'analisi che Sagnet farà al festival 'èStoria2016'. Fu lui a organizzare nel 2011 il primo sciopero dei braccianti nelle campagne della Puglia. Qui riflette sulle dinamiche tradizionali del fenomeno e su quelle legalizzate, che colpiscono sia i lavoratori italiani sia quelli stranieri

Nelle campagne ci sono soprattutto i lavoratori stagionali stranieri. Perché lo sfruttamento viaggia di pari passo con il fenomeno della tratta degli esseri umani. Ma ci sono anche i braccianti italiani come Paola Clemente, 49enne di San Giorgio Jonico, nel Tarantino, caduta in un campo pugliese la scorsa estate, stroncata dalla fatica mentre lavorava all'acinellatura dell’uva. Per due euro all’ora.

Non è solo Puglia e la raccolta dei maledetti pomodori. Dal rapporto emergono 80 distretti agricoli con le stesse pratiche di sfruttamento e regole non scritte: cinquemila donne che lavorano nelle serre di Vittoria (Ragusa) dove vivono segregate e nel totale isolamento subiscono ogni genere di violenza sessuale, e poi gli schiavi della vendemmia dal Monferrato alla Sicilia per produrre spumanti e vini doc e sempre più giù nella scala sociale, fino ai 13 mila indiani che vivono nell’Agropontino , raccogliendo frutta per 400 euro al mese.

caporali, caporalato, agricoltura, immigrati, rosarno
I settori a rischio, le attività illecite, le aziende coinvolte e i beni sequestrati. Ecco come lo sfruttamento dei braccianti alimenta un giro d’affari miliardario

Non c’è settore di produzione immune al fenomeno: è appena stato scoperto un traffico di profughi reclutati per lavorare nei campi del Chianti fiorentino . Sottopagati e picchiati per sottostare alle regole di cinque aziende vitivinicole, nel cuore di un territorio diventato in trecento anni e milioni di bottiglie prodotte, un tutt’uno con il brand della Toscana.

Ad essere vittime del caporalato (e delle sue diverse forme) sono indistintamente italiani e migranti, un esercito di braccia anonime di 430 mila persone. Un esercito che ha ingrossato le sua fila di altri 40 mila lavoratori rispetto all’anno precedente.

Per tutti le regole non scritte dello sfruttamento rimangono più o meno le stesse: nessun contratto, un salario tra i 22 e i 30 euro al giorno (inferiore del 50 per cento rispetto a quelli ufficiali) e poi tantissimo lavoro a cottimo.

Unito a un corollario di violenza, ricatti, abusi (come la sottrazione dei documenti), l’imposizione di un alloggio, i guanti venduti peso d’oro e il trasporto effettuato dagli aguzzini stessi.

«Il nostro rapporto esce dopo i fatti della drammatica estate 2015, nella quale troppi sono stati i morti sui nostri campi. Abbiamo voluto non solo fotografare ma anche indagare il fenomeno del caporalato, dello sfruttamento, della condizione dei lavoratori migranti, delle infiltrazioni mafiose nell’agroalimentare perché nessuno possa dire che non si conosceva il fenomeno», sottolinea Ivana Galli, segretario generale della Flai Cgil.

IL CAPORALE RILUTTANTE

Questo è il racconto di un migrante del Burkina Faso che per quattro anni è stato uno dei tanti caporali che comandano nella campagne italiane. Trent’anni, dopo la fuga dall’Africa, ha vissuto in un casolare a Boreano, la città fantasma dei raccoglitori di pomodoro in Basilicata, a cavallo con il confine della Puglia.

«Sono arrivato in Italia nel 2009 dopo una tappa in Francia», racconta Francis (il nome è di fantasia): «Finisco a Foggia per la raccolta del pomodoro. Dopo un anno da bracciante, un caporale mi propone di aiutarlo, io ho la patente e lui no. Ha paura di imbattersi nella polizia e il sequestro del furgone per questo io gli posso servire».

Francis accetta e diventa un “reclutatore” di braccianti: dapprima con il suo boss e poi piano piano autonomamente. Si sveglia alle 5 del mattino, va nei diversi casolari e sceglie la squadra che porterà nell’azienda da cui è partita la richiesta.

Ogni mattina accompagna circa 15 persone al lavoro, ma a bordo del furgone ne possono stare all’occorrenza anche venti, uno in braccio all’altro. I braccianti pagano cinque euro al giorno, sia per l’andata che per il ritorno, a prescindere dai chilometri da percorrere. È un costo forfettario, poiché a volte il tragitto da fare è lungo (anche 50 km) mentre a volte è breve (appena qualche chilometro). Il reclutatore non solo porta i braccianti nel campo, ma resta con loro a lavorare per tutto il tempo.

Avanti e indietro dai casolari abbandonati e diventati ghetti senza acqua e corrente elettrica e i campi arsi dal sole. Casa e lavoro sono lo stesso inferno. Sul furgone si trasportano anche acqua, pane, medicine (aspirine, antidolorifici, cerotti) che in caso di necessità vengono vendute ai membri della squadra o ad altri lavoranti. Tutto qui ha un costo.

«Tra i soldi del “biglietto” e la vendita di questi prodotti ogni settimana incassavo circa 1.400 euro. Di questi 500 erano per me e il resto lo versavo al mio capo. Sommando altri 40/50 euro dalla raccolta mi rimanevano tremila, tremilacinquecento euro al mese. Un cifra enorme per uno straniero come me. Io appartenevo al gruppo di caporali e lavoratori, nel senso che stavo con la squadra, ma ci sono caporali che trasportano solo le persone e poi svolgono altre attività illegali. Questo è il motivo che mi ha spinto ad uscire dal giro. È un giro sporco con uomini violenti e aggressivi, che usano il loro potere per arricchirsi».

Come? «Vendendo anche droghe, portando a prostituirsi le donne sulle strade. Hanno rapporti con la criminalità locale e per ogni cosa chiedono soldi ai lavoratori dicendogli che non lavoreranno più se non accettano le loro condizioni». Ecco il mondo nascosto delle baracche e strade assolate del Tavoliere.

La «piramide dello sfruttamento» ha in genere un italiano all’apice e intorno una selva di figure: il “tassista” che si limita a gestire il trasporto, il “venditore” che organizza le squadre e impone la vendita di beni di prima necessità. C’è poi “l’aguzzino”, quello che utilizza e impone sistematicamente violenza, sottrazione dei documenti e impone condizioni di vita indegne.

I più scafati diventano “caporale amministratore delegato”: l’uomo fidato che gestisce per conto dell’imprenditore l’intera campagna di raccolta con l’obiettivo di massimizzare i profitti. Ci sono poi forme nuove di caporalato. A gestire il business sono le cooperative senza terra, che garantiscono la raccolta chiavi in mano. Assumono per la vendemmia o la raccolta con un contratto a chiamata truffaldino perché i braccianti si ritrovano sulla busta paga appena due giorni, anche se ne hanno fatti venti o più.

Il più pericoloso è quello mafioso: colluso con la criminalità organizzata, il caporalato è solo una delle sue attività (oltre alla tratta di esseri umani, truffa per documenti falsi e all’Inps, estorsioni, riciclaggio). Gestiscono migliaia di persone, e decine di furgoni. I proprietari dei campi da una parte danno l’incarico a questi personaggi per trovare lavoratori, dall’altra ne hanno anche paura poiché sono delinquenti. Ma gli imprenditori comunque ci guadagnano sempre. E sempre fanno guadagnare il boss annullando ogni forma di diritto.

«I caporali italiani – insieme al loro boss – possono imporre le loro regole anche agli imprenditori, ma quelli stranieri devono sempre aspettare l’ingaggio da parte delle aziende. Non sono in grado di imporre i loro braccianti. Questa è la differenza, in termini di potere e di intimidazione, tra gli uni e gli altri. E se gli stranieri, non rispettano ciò che gli italiani gli dicono di fare diventa molto difficile anche per loro operare in questo settore» svela Francis.

La differenza di potere e di prestigio sta anche nei guadagni. «Il caporale italiano guadagna molto di più di quello straniero, poiché è in grado di negoziare con l’imprenditore il prezzo della raccolta e al contempo pagherà i braccianti di meno. Chi sta al vertice di questo sistema può arrivare a guadagnare anche 200 mila euro al mese. E non è un’esagerazione. E i suoi aiutanti altri 70mila. Chi li può fermare?».



Nemmeno le badanti in nero pagano tasse e contributi per le pensioni


Lavoro, allarme badanti in nero: sono un milione
2018-06-05

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEXyTe0E

L'Italia è un Paese destinato ad invecchiare sempre di più, con una richiesta di servizi inarrestabile e spesso non al passo di quanto investe la pubblica amministrazione. Ma non solo. Solo una famiglia su cinque che ha in casa una persona con limitazioni funzionali usufruisce di servizi pubblici a domicilio. Oltre il 70% non fa affidamento ad alcun aiuto, né pubblico né privato. È allarmante, a tal proposito, il dato dei lavoratori fantasma, con un milione di badanti a nero. È il quadro che emerge dall'analisi dei dati diffusi da Confcooperative Federsolidarietà durante l'assemblea di oggi a Roma. «Siamo pronti al dialogo con il nuovo governo», spiega il neopresidente dell'associazione, Stefano Granata.

Colf e badanti, un business da 7 miliardi (ma c’è ancora troppo nero)

La spesa dei Comuni per il welfare è aumentata del 20,7% in 10 anni «ma non basta», spiega Confcooperative. Nel 2015 la spesa dei Comuni per il welfare è stata di circa 7 miliardi di euro, lo 0,42% del Pil nazionale. Dal 2013 al 2015 la spesa media annuale nazionale procapite è rimasta invariata a 114 euro.

Occupati in crescita del 480% in 20 anni
Gli occupati nelle imprese aderenti a Confcooperative Federsolidarietà sono 229mila, il 56% del totale dei lavoratori nelle cooperative sociali italiane: 7 su 10 sono donne. In 20 anni l’incremento è stato del 480%. Nelle cooperative sociali di tipo B (finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate) i lavoratori che rientrano in una delle categorie svantaggiate sono 18mila. Tra gli occupati 8 su 100 provengono da un Paese extra Ue.

7 occupati su 10 sono donne
È rosa il motore della cooperazione sociale. Nel 60% delle cooperative sociali aderenti la maggioranza assoluta dei soci è al femminile. Le cooperative sociali rosa realizzano il 73% del fatturato complessivo generando il 76% degli occupati. Più la cooperative sociale è grande e più è rosa, nelle aderenti di grandi dimensioni 9 occupati su 10 lavorano in imprese a maggioranza femminile.
Il fatturato aggregato delle aderenti nel 2017 è stato di 7,2 mld, più della metà, il 51% di tutta la cooperazione sociale italiana.

Giro di affari maggiore nelle cooperative medie
Le micro e piccole cooperative sono di più, ma a fare i numeri maggiori sono quelle medie. Tra le aderenti a Federsolidarietà il 44% sono micro, il 38% piccole, solo il 2,4% è di grandi dimensioni. Nelle medie rientra il 16%, ma è da queste che viene il 40% del fatturato e il 42% occupati.

Primato al Nord, ma a crescere di più è il Sud
Con 1.160 imprese aderenti la Lombardia consolida il suo primato tra le regioni. Seguono la Sicilia (769), l'Emilia Romagna (502), il Veneto (480) e la Puglia (462). Oltre la metà delle cooperative sociali aderenti è attiva nelle regioni settentrionali, in particolare il 30% nel Nord Ovest e il 22% nel Nord Est. Se lo stock è a Nord l'analisi dei flussi mostra invece, nel periodo 2007-2017, una maggiore vitalità nelle regioni meridionali. Nel decennio in Sicilia sono cresciute del 73%, in Puglia del 54%. Le regioni con il segno meno sono tutte al centro: Lazio -19%, Abruzzo -12%, Toscana -11 e Marche -8%.



Anche i cinesi che lavorano in nero non pagano tasse e non versano contributi

Lavoro in nero a 2,77 euro l'ora: 4 cinesi denunciati a Catania
2018/02/19

http://catania.gds.it/2018/02/19/lavoro ... nia_805868

CATANIA. Quattro cinesi, tra cui una minorenne, sono stati denunciati dalla Polizia di Stato per reati legati alla sicurezza e salubrità sui luoghi di lavoro e per sfruttamento del lavoro mediante l’approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore: una delle due dipendenti in nero, italiana, scoperte in un centro commerciale gestito da cinesi, ha ammesso di lavorarvi da circa 6 mesi e che, spinta dal bisogno si accontentava di percepire in nero 2,77 euro l'ora.

Un’altra dipendente in nero, cinese, è stata denunciata per resistenza a pubblico ufficiale dopo che ha tentato di fuggire da una porta secondaria. I controlli sono stati effettuati insieme con agenti della Polizia Locale. A gestire il negozio, senza aver dato comunicazione all’autorità competete, era la figlia dei titolari che si trovano temporaneamente in Cina e un fratello di questi ultimi. Ad essere stati denunciati sono stati la minorenne e tre suoi parenti.

Durante il sopralluogo sono stati anche accertati diversi reati in materia di sicurezza e salubrità sui luoghi di lavoro. In un deposito nei sotterranei è stato trovato uno spazio allestito a cucina, con relativi alimenti e utensili vari.

Durante le operazioni i poliziotti hanno inoltre sequestrato 2.140 prodotti privi di marchio CE tra cui materiale elettrico, giocattoli, prodotti per cani e casalinghi, ed è stata accertata la presenza di cartellonistica pubblicitaria e tabelle luminose installate senza autorizzazioni e senza aver pagato le imposte dovute, circostanza che ha portato all’erogazione da parte della Polizia Locale di sanzioni sino 29.272 euro.


Dormivano e lavoravano in mezzo alla sporcizia, scovati 12 lavoratori in nero cinesi
Redazione 17 aprile 2018

http://www.forlitoday.it/cronaca/lavoro ... cizia.html

Ancora lavoro nero nelle imprese cinesi che lavorano nell'indotto del 'mobile imbottito' forlivese e nel settore calzaturiero del Rubicone. I carabinieri del nucleo Ispettorato del Lavoro di Forlì-Cesena nelle ultime due settimane hanno controllato ben 4 aziende cinesi, due a Forlì che operano nella subfornitura per la realizzazione di divani e poltrone, settore che a Forlì vede un suo distretto produttivo a livello nazionale, e altre due nel settore calzaturiero, nel comune di Longiano.

La situazione più drammatica è emersa a Forlì. Sono stati scovati 4 lavoratori in nero sconosciuti agli enti pubblici e quindi alla previdenza e al fisco. Ma oltre alle irregolarità sui lavoratori all'ispezione è emersa una situazione igienica pessima, con sporcizia, umidità e ambienti angusti in cui in modo promiscuo si lavora, si mangia e si dorme. Per questo si è resa necessario anche un intervento aggiuntivo dell'Ausl di Forlì per verificare la salubrità degli ambienti. In totale sono state staccate multe per 10.500 euro.

Nel Rubicone, invece, i controlli si sono focalizzati in un tomaificio e in un'azienda di fornitura calzaturiera, entrambi nel comune di Longiano. Anche qui sono state trovati un totale di 8 lavoratori in nero ed altri non correttamente segnalati al Centro per l'Impiego. Qui in totale le sanzioni ammontano a 21.000 euro mentre è stato calcolato un recupero contributivo pari a 99mila euro.


Imprese cinesi e lavoro nero, il caso toscano: come sconfiggere l'illegalità che genera insicurezza
04 lug 2017

http://www.ambientelavoro.it/imprese-ci ... nsicurezza

La Regione Toscana fa scuola in fatto di lavoro sicuro. Il suo Piano straordinario varato nel 2014, infatti, per contrastare le sacche di illegalità createsi per la presenza massiccia di imprese a conduzione cinese soprattutto a Prato, sarà protagonista di un convegno ad hoc ad Ambiente Lavoro, la Convention nazionale più importante dedicata alla sicurezza sui luoghi di lavoro, in programma alla Fiera di Modena il 13 e 14 settembre 2017.

Per capire l’entità del fenomeno, basti pensare che delle 7.700 imprese iscritte alla Camera di commercio di Prato, ben 5.500 sono costituite da cittadini di nazionalità cinese. Il fenomeno nasce all’inizio degli anni ’90 e troppo spesso è connotato da sfruttamento dei lavoratori, in capannoni usati sia per lavorare sia per dormire.

La Regione Toscana ha deciso di scendere con decisione in campo dopo quello che successe il primo dicembre 2013, quando sette operai cinesi morirono nel rogo di un capannone dove lavoravano e vivevano. Una sfida senza precedenti, sia per le risorse messe in campo che per gli obiettivi: effettuare nel triennio 2014/2016 il controllo capillare delle circa 8.000 aziende di etnia cinese operanti nell’Area Vasta del centro Toscana corrispondente al territorio delle Ausl di Firenze, Prato, Empoli e Pistoia. Un intervento che, dati alla mano, è stato portato a compimento in leggero anticipo sui tempi prefissati ed ha consentito di sottoporre ad un controllo capillare pressoché la totalità delle imprese cinesi operanti nel territorio: 8.257 al 31 marzo di quest’anno. Gli interventi sono stati preceduti da un’intesa con le Procure della Repubblica e le Prefetture del territorio e da una intensa campagna di relazione e comunicazione con la comunità cinese e le sue rappresentanze, considerata la rilevanza delle barriere linguistiche e culturali esistenti.

Visto il successo ottenuto, la Regione Toscana ha deciso di andare avanti per altri due anni. Il Convegno ad Ambiente Lavoro rappresenta pertanto un’importante occasione per poter illustrare e discutere dell’esperienza del Piano Lavoro Sicuro, come possibile modello di attuazione di un’azione repressiva dell’illegalità, ma, allo stesso tempo, in grado di promuovere la cultura della prevenzione, laddove sconosciuta. Nel triennio di attività, come detto, si è infatti registrato un netto miglioramento delle condizioni di sicurezza e l’aumento della percentuale di imprese virtuose.


???

Gli immigrati che lavorano senza tutele: un "tesoro sommerso" da 12,7 miliardi
A tanto ammonta la ricchezza prodotta dai migranti che operano fuori dalle norme sui campi, nei cantieri e nelle case degli italiani. Sono più di mezzo milione, nel Mezzogiorno è un lavoratore straniero su tre. E lo Stato ci perde 5,5 miliardi di gettito
VLADIMIRO POLCHI
20 ottobre 2016

http://www.repubblica.it/economia/2016/ ... f=HREC1-18

ROMA - Un esercito di invisibili lavora ogni giorno sui campi, nei cantieri e nelle case degli italiani. Produce ricchezza, ma in nero. Fa concorrenza sleale a chi lavora alla luce del sole. Sottrae soldi alle casse dello Stato. È l'esercito degli immigrati irregolari: oltre mezzo milione di occupati senza diritti, né tutele. Il loro "tesoro" sommerso vale ben 12,7 miliardi di euro. A fotografarlo è una ricerca della Fondazione Leone Moressa.

I 558mila invisibili. Il legame tra immigrazione ed economia sommersa è un'ampia area oscura. Basti pensare alla recente approvazione del disegno di legge contro il lavoro nero e il caporalato. I ricercatori della Moressa partono da una stima degli occupati stranieri irregolari al 2015: a livello nazionale si tratta di ben 558mila lavoratori, pari al 20% degli occupati stranieri totali. A livello territoriale, in termini assoluti, quasi la metà (249mila) si trova al Nord. L'incidenza maggiore sugli occupati stranieri è invece al Sud, dove gli irregolari rappresentano oltre un terzo (33,9%). E ancora: il 70% degli occupati irregolari lavora nei servizi. Interessante notare, tuttavia, come in agricoltura più di un terzo sia irregolare (36,8%) e anche nelle costruzioni (22,3%) la quota sia di oltre 1 ogni 5.

Caporalato, con la stretta del governo pene più severe. Parola all'esperto

Il tesoro sommerso degli irregolari. Quanto vale il lavoro degli "invisibili"? Ebbene, la ricchezza prodotta dagli occupati stranieri irregolari è di 12,7 miliardi di euro, pari quasi a un punto di Pil. Non solo. Oltre alla mancata tutela dei diritti dei lavoratori e alla distorsione del mercato, lo sfruttamento lavorativo (in questo caso di manodopera immigrata) determina una perdita per le casse dello Stato sotto forma di mancato gettito fiscale, stimato dalla Fondazione Moressa in 5,5 miliardi di euro. "Questo dato - sostengono i ricercatori - testimonia come lo sfruttamento della manodopera immigrata danneggi non solo i lavoratori stessi ma anche il sistema economico nel suo insieme".

Area Valore Aggiunto da lavoro irregolare stranieri
(miliardi di euro) Incidenza sul
V.A. totale
Stima del Valore Aggiunto prodotto dagli stranieri irregolari per area geografica - Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat Nord 6,1 0,8%
Centro 3,8 1,2%
Sud 2,9 0,9%
Totale 12,7 0,9%

"Meglio metterli in regola". L'idea alla base della ricerca Moressa è che la regolarizzazione dei lavoratori immigrati possa portare un beneficio a tutti gli attori coinvolti: le imprese, attraverso un miglioramento della qualità della produzione, lo Stato, che riceverebbe un gettito fiscale e contributivo finora eluso, e infine gli occupati (compresi quelli già in regola), che vedrebbero innalzarsi gli standard qualitativi di produzione.
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Re: I dixocupai no produxe PIL e non łi paga łe pension

Messaggioda Berto » gio lug 05, 2018 7:54 am

Quelli che potrebbero lavorare, pagare tasse e versare contributi, emigrano perché non vi è lavoro o non vi è un lavoro adeguato.

Un quarto dei giovani fugge dall’Italia. O li fermiamo, o non abbiamo futuro
di Flavia Perina
21 Giugno Giu 2018

https://www.linkiesta.it/it/article/201 ... -fut/38530

Nei prossimi dieci anni, dei cinquecentomila studenti impegnati quest'anno nella maturità, circa un quarto saranno impiegati in Paesi più dinamici del nostro. La politica deve dare una prospettiva a questi ragazzi, altrimenti continueremo a formare giovani per gli altri. E il futuro rimarrà altrove

Guardate bene le foto dei cinquecentomila ragazzi impegnati nella maturità e cercate di raffigurarveli schierati in file, mille file di cinquecento ragazzi allineati con ordine. Nell'arco dei prossimi dieci anni o poco più, circa un quarto di questo esercito di debuttanti della vita così teneri, così impegnati, così carini, sarà sparito, cancellato. Saranno a Londra, Francoforte, Madrid, persino a Taiwan o a Shenzen, ovunque sparsi ma non in Italia. Le competenze di cui la scuola italiana li ha attrezzati – la capacità di leggere e commentare un testo di Giorgio Bassani, oppure di articolare un discorso sulla solitudine a partire da una poesia della Merini o da un quadro di Hopper – saranno impiegate in Paesi più dinamici del nostro o semplicemente più furbi. Con loro se ne andranno la matematica, la filosofia, le scienze, e tutto ciò che il nostro sistema di istruzione si è dannato a insegnargli. E, ovviamente, anche i loro futuri redditi: faranno shopping altrove, affitteranno case altrove, pagheranno tasse altrove.

L'ultimo Rapporto Ocse sulle migrazioni, diffuso ieri, rovescia sensibilmente il discorso che ci stiamo facendo sui pericoli che corre il nostro Paese. Nelle tabelle del biennio 2016/17 segna un deciso “meno” il numero dei migranti arrivati in Italia via mare (meno 34%). C'è un meno davanti al numero dei nuovi permessi di soggiorno (meno 4%) e un altro meno in materia di immigrati disoccupati (meno 1%). Due soli “più”: i richiedenti asilo, che sono cresciuti di diecimila unità, e gli italiani che hanno fatto le valige e sono andati a studiare o a lavorare all'estero. Gli italiani in fuga sono aumentati dell'11 per cento e ammontano ufficialmente a 114mila unità, ma l'Ocse stessa avverte che l'emigrazione dichiarata «è probabilmente molto inferiore a quella reale» perché nel 2017 «sarebbe piuttosto compresa tra le 125mila e le 300mila persone».

Magari la politica prima o poi se ne accorgerà, si renderà conto che il trend è insostenibile e si deve fare qualcosa per alimentare un circuito studi/lavoro/salari/casa che renda possibile a un venticinquenne rendersi indipendente e coltivare prospettive senza spostarsi di mille o diecimila chilometri

Fra cinque anni, forse anche prima, la vera emergenza rischia di rivelarsi non l'invasione degli stranieri ma l'esodo oltre confine dei nostri connazionali, e in particolare dei giovani di tutte le classi sociali: semplici diplomati e super-specializzati, camerieri e latinisti, infermieri e laureati in fisica. Il numero degli italiani stabilmente residenti all'estero ha superato da un pezzo la soglia-simbolo dei cinque milioni, con un incremento del 60 per cento negli ultimi dieci anni (dati Migrantes). La fascia d'età tra i 18 e i 34 anni è quella in più rapido incremento, con un balzo del 23 per cento tra il 2016 e il 2017. I nostri diplomi, le nostre lauree, i nostri tirocini, già da un pezzo stanno scappando dove trovano miglior accoglienza e remunerazione, e pure se il lavoro è raccogliere patate almeno lo si farà con un salario decente e le malattie pagate.

Poi dice che tante aziende “non trovano”. Che mancano le competenze, la formazione, la voglia di impegnarsi, o chissà che cosa. Non manca niente, c'è tutto. Solo che se ne è andato o sta per andarsene. Non c'è progetto di vita dei giovani italiani scolarizzati – salvo quelli con beni al sole e reddito famigliare garantito: insomma, i figli di papà – che non comprenda la frase «Penso di trasferirmi all'estero». E hai voglia a coltivare sensibilità umanistiche, la Merini e Bassani, oppure lucide competenze scientifiche, artistiche, tecnologiche: stiamo lavorando in conto terzi, per Paesi meno fuffosi dove il capitale umano ha un valore e fa gola a molti.

Magari la politica prima o poi se ne accorgerà, si renderà conto che il trend è insostenibile e si deve fare qualcosa per alimentare un circuito studi/lavoro/salari/casa che renda possibile a un venticinquenne rendersi indipendente e coltivare prospettive senza spostarsi di mille o diecimila chilometri. Oppure no, magari resteremo fermi qui, a commentare deliziati l'alto numero di ammessi alla maturità, l'assoluto incanto delle tracce – così moderne, così suggestive – e a rifriggerci per l'ennesima volta la storia di Notte prima degli esami, mentre quelli non vedono l'ora di finire, prenotarsi un volo e ciao carissimi, il futuro è altrove.
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