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Una nobildonna rivoluzionaria
Cristina Trivulzio di Belgioioso è stata una stella del nostro Risorgimento, una patriota, una liberale, combattente, una scrittrice e donna di una bellezza struggente.https://www.facebook.com/realdiamondinv ... 5546155107La storia non ama le donne. Abbiamo avuto donne che nel loro tempo hanno lasciato il segno per capacità, intelletto e un fiume d’idee innovative... ma dopo la loro scomparsa sono entrate nell'oblio, nella dimenticanza e spesso quando si va a rivisitare la loro vita occorre togliere una coltre di polvere; ma loro ci sono sempre e, quando ci s’immerge nella loro storia, sono lì ad attenderci, pronte a riceverci con eleganza, senza timore, senza rancori, mettendo in mostra le loro grandi capacità ed il loro charme femminile.
Cristina Trivulzio di Belgioioso è stata una stella del nostro Risorgimento, una patriota, una liberale, combattente, una scrittrice e donna di una bellezza struggente.
La storia l'ha dimenticata ma lei è sempre stata oltre la storia. Pensate che quando nacque, il 28 giugno 1808, le vennero attribuiti 12 nomi: “Maria, Cristina, Beatrice, Teresa, Barbara, Leopolda, Clotilde, Melchiora, Camilla, Giulia, Margherita, Laura... Trivulzio”.
Non male vero? Il suo cognome è forte di almeno 1000 anni di storia, con generali, podestà e personaggi illustri di ogni genere.
Figlia di Gerolamo Trivulzio e Vittoria Gherardini, la nostra Cristina rimane senza padre molto presto. La madre si risposerà con Alessandro Visconti D'Aragona e lei avrà quattro nuovi fratelli, a cui sarà legata tutta la vita.
Cristina racconta di se stessa: “Ero una bambina melanconica, seria, introversa, talmente timida che mi accadeva spesso di scoppiare in singhiozzi nel salotto di mia madre perché credevo di accorgermi che mi stessero guardando o che volessero farmi parlare”.
Come tutte le giovani nobildonne, Cristina non ha studiato in una scuola pubblica ma ha avuto la sua istruzione a casa, tra i suoi insegnanti troviamo Ernesta Bisi, una maestra di disegno che fu determinante per la sua formazione. La Bisi introdusse la sua allieva non solo nel disegno, ma anche nel canto ed in ogni forma d'arte ma non solo, attraverso le sue amiche, introdusse la giovane principessa nel mondo della politica e della “cospirazione”. Malgrado la differenza di età, le due donne saranno legate da una grande amicizia che durerà tutta la vita. Cristina imparò l'importanza dell'amicizia femminile, quella di cuore, in cui ogni confidenza anche la più intima viene condivisa.
Cristina cresce ed inizia frequentazioni di giovani ragazzi non molto amati dall'autorità austriaca per le loro idee alquanto sovversive. Quando Cristina raggiunge i 16 anni è quasi pronta per il matrimonio, che la madre vorrebbe con un cugino, rispettando la tradizione di ogni famiglia nobile di non mescolare eccessivamente il sangue dinastico.
Purtroppo questo cugino è molto noioso, mentre Cristina è inquieta, ha coscienza della sua anima brillante, del suo essere affascinante e le piace vivere in modo attivo, la sua femminilità è ben visibile ma lei vuole occuparsi di cose che sono riservate solo ai maschi.
Cristina attirava i maschi. I canoni di bellezza dell'ottocento erano concentrati sulla “morbidezza”, donne dalle forme floride, bocca piccola e leziosa, braccia ben tornite, collo e spalle con linee delicate, colorito roseo. Cristina era lontanissima dall'immaginario classico maschile, era più alta della media, magra, con un lungo collo e mani dalle dita lunghe e sottilissime, da pianista.
Labbra minuscole e fossette che si aprivano quando sorrideva, rendendo il sorriso qualcosa di irresistibile e poi gli occhi, grandi, tondi nerissimi, segnati con forza dalle sopracciglia.
Occhi profondi che entravano dentro e conquistavano chiunque.
Colore della pelle bianchissimo, capelli castani spessi lunghi, Cristina sicuramente attraeva per la sua diversità e per la sua bellezza inquietante.
Cristina voleva vivere e un cugino noioso non era ciò che si aspettava dalla vita.
Poi arrivò lui, bello, dallo sguardo magnetico, Emiliano Barbiano di Belgioioso, uomo noto per le sue abitudini libertine, scapolo d'oro e star della lirica alla Scala di Milano, amico di Rossini. Si conoscono ad una festa mondana e si attraggono immediatamente. Emiliano è colpito dalla bellezza diversa di Cristina e dalla sua cultura. Cristina era stata educata come un uomo ed era preparatissima sulle letture illuministe, fatto che accese la fantasia di Emiliano che ardeva di passione rivoluzionaria. Si sposarono contro il parere di tutti gli amici e parenti di Cristina, ma lei in quel momento era guidata solo dalla passione.
Il 24 settembre 1824, nella chiesa di S. Fedele a Milano fu celebrato il matrimonio, alla presenza di tutta la grande borghesia milanese. Cristina era una delle più ricche nobildonne d'Italia e portò una dote milionaria, 400.000 lire austriache, pari a 4 milioni di euro odierni.
Seguono tre anni di passione amorosa e politica e, mentre lei migliora le sue conoscenze politiche, il marito continua nel libertinaggio assoluto, gira per le strade di Milano di giorno e di notte, all'interno di una carrozza-letto con interni in pelle nera, regalo di lord Byron, spende moltissimo denaro della moglie e in cambio la infetta con la sifilide che spiegherà molti dei dolori cronici di cui la principessa soffrì.
Probabilmente lei amava veramente suo marito e non lo colpevolizzò mai. Si limitò a lasciarlo senza divorziare e gli rimase amica per il resto della sua vita, continuando a pagare i suoi debiti. Aveva 20 anni quando lasciò il marito e s’iscrisse alla Giovine Italia di Mazzini.
Iniziò così la sua avventura politica che durerà un trentennio e a cui si dedicherà con tutta la sua determinazione e convinzione ossessiva, arrivando ad essere definita “un vero tormento” dallo stesso Mazzini.
Ma andiamo per ordine.
Dopo la separazione Cristina ha desiderio di viaggiare ed ha necessità del passaporto e dovrebbe passare dall'autorità austriaca, ma lei, consapevole del proprio rango, se ne guarda bene, ignora il capo della polizia e si rivolge alle sue conoscenze.
Gli austriaci avevano un occhio di riguardo verso l'alta borghesia milanese, anche se esprimeva idee rivoluzionarie, ma il capo della polizia, un italiano trentino che si sentiva austriaco, apprezzato dallo stesso Metternich per la sua devozione all'impero ed il suo essere scrupoloso, zelante e severo, non sopportava l'idea che una donna si prendesse gioco di lui e della sua posizione. Si chiamava Carlo Giusto Torresani e fece di tutto per creare problemi a Cristina.
Nel frattempo lei era partita per Genova, poi Roma, Napoli, Firenze e infine Ginevra. In queste città frequentava personaggi sospetti ed era sotto il controllo delle spie austriache di Torresani.
L'adesione di Cristina al partito repubblicano svizzero e l'abbandono del tetto coniugale furono i motivi che Torresani utilizzò per imporre alla principessa il rientro in Italia.
Temendo l'arresto, Cristina decise di fuggire in Francia e come reazione Torresani le fece confiscare tutti i beni. Così una principessa amante dei balli, della bellezza, della passione e della cultura si ritrova in povertà assoluta.
Il soggiorno a Parigi durerà dal 1833 al 1840 e sarà come un romanzo.
Inizia in piena miseria in un mezzanino di periferia in rue Vignon, e si guadagna da vivere dipingendo ventagli e confezionando pizzi, ma la sua bellezza e simpatia conquistano uomini che avranno un futuro importante in Francia, come il liberale Adolphe Thiers, futuro presidente della repubblica francese, fa innamorare lo storico Augustin Thierry con cui avrà una profonda intesa ed amicizia; il suo fascino inquietante conquisterà il marchese La Fayette, stratega dell'ascesa di Luigi Filippo al trono.
La dura condizione economica aveva modificato il carattere di Cristina: era diventata più dura, determinata, impenetrabile in un corpo sempre più magro, tanto da assomigliare ad un fantasma, con un pallore spettrale. E lei sfrutta il suo “pallore”, porta turbanti, acconciature dallo stile orientale, abiti scollatissimi e vaporosi, con drappeggi e colori bizzarri.
Ma torniamo a La Fayette, il settantenne generale dichiarò: “Non rimpiango di essermi abbandonato con tutto l'ardore di un giovanotto e la tenacia del vegliardo a questo affetto appassionato”.
Nel frattempo, grazie all'intervento della madre e del patrigno, Cristina riesce a tornare in possesso di una parte consistente del suo patrimonio e quindi torna totalmente nel suo rango.
La troviamo in rue d'Anjou, una traversa del Foubourg St. Honoré, dove riceve nel suo salotto personaggi come Balzac, Listz, Heine, Bellini, ciascuno a modo suo s'innamora di Cristina.
Tutti vengono respinti con garbo ed eleganza. Cristina è più attratta da intellettuali e politici austeri che dominano la scena di Parigi. Tra questi troviamo Francois Mignet, un bellissimo giovane, grande oratore ed insigne storico. Era stato uno degli artefici della rivoluzione orleanista, ma non amava stare sotto i riflettori della popolarità e si accontentò di un posto come direttore degli Archivi degli Affari esteri; era un uomo schivo, riservato e timido in modo particolare verso le donne. Era questo che lo rendeva attraente agli occhi di Cristina.
Iniziò una relazione molto riservata tra i due e dopo una gravidanza clandestina il 23 dicembre 1838 nascerà una bambina che prese il nome di Maria.
Maria non sarà mai riconosciuta dal presunto vero padre Mignet, e in futuro per motivazioni dinastiche, la piccola Maria sarà riconosciuta da Emilio di Belgioioso che proprio in quel periodo era ospite di Cristina a Parigi.
In realtà la mondanità di Cristina nascondeva la sua missione, ovvero sostenere i moti rivoluzionari italiani, aiutare finanziariamente gli esuli, fondare giornali politici (è stata la prima donna italiana direttore di giornale), difendere le opere degli intellettuali italiani, traducendo lei stessa le opere di Vico e facendosi mecenate di Giacomo Leopardi.
Poi disse basta.
Rientra in Lombardia nel 1840 e va a Locate, nel feudo di famiglia. Si toglie gli abiti di lusso e mette in pratica le idee riformatrici del socialismo francese.
Fa costruire un asilo, scuole elementari e superiori, abitazioni dignitose per i contadini, promuove corsi d'igiene per le donne, garantisce l'assistenza sanitaria gratuita.
Attività sociale che scandalizzò Alessandro Manzoni. Lo scrittore impedì a Cristina di dare un saluto alla madre morente di lui, amica di vecchia data di Cristina. Manzoni, da cattolico integralista aveva disapprovato la vita parigina della principessa e da buon borghese era lontanissimo dalle realizzazioni sociali di Cristina. Lui disse “Ma se ora i figli dei contadini vanno a scuola, chi coltiverà i nostri campi? Tutta colpa delle manie di quella signora...”.
Lei rispose: “Io rispetto il modo di vedere dei Manzoni, ma in questo caso sono fiera del mio”, poi scriverà “questo è il mio luogo non Parigi”.
E nel suo luogo Cristina s'innamora nuovamente. L'uomo è Gaetano Stelzi, suo segretario, giovane, bello e con una cultura fine. Purtroppo tisico.
Ma adesso entriamo nel mito. Il vento impetuoso del 48' la porta via da Locate, nella bassa Lombardia, e la troviamo a Roma, Firenze, Napoli. Usa il suo denaro per diffondere idee, fonda la rivista “Ausonio” sul modello della celebre “Revue des Deusx Mondes”, incontra Cavour, Tommaseo, Montanelli.
Si trova a Roma quando scoppiano le 5 giornate, il 18 marzo 1848. Cristina organizza un gruppo di 200 volontari e s'imbarca per Genova da dove poi arriverà a Milano.
Quando la “Divisione Belgioioso” giunse a Milano ormai gli austriaci si erano ritirati e il 23 marzo i piemontesi varcheranno il Ticino dando vita alla 1° Guerra d'Indipendenza.
Milano esulta e finalmente il Regno Lombardo-Veneto è vicino ad entrare a far parte del regno di Sardegna e Piemonte. I mesi che seguirono sino all'estate vedono un’impresa militare piemontese decisamente malcondotta, con piccole vittorie e grandi sconfitte.
L'azione di Cristina è tutta politica e editoriale in appoggio alla Casa Savoia e nel contempo deve superare il dolore per la morte del giovane Gaetano Stelzi, che verrà sepolto a Locate nello stesso cimitero dove riposerà anche la salma di Cristina. Per aiutare la causa monarchica dei Savoia fonda il giornale “Il Crociato” e vari opuscoli di propaganda.
Ad agosto del 1848 Carlo Alberto decide di ritirarsi deludendo i milanesi e dimostrando la debolezza di Casa Savoia. Anche Cristina s'infuria per quello che lei considera un “tradimento” e si avvicina di nuovo ai repubblicani. La ritroviamo a Roma, sulle barricate assieme ai patrioti della Repubblica Romana, stavolta sotto il fuoco dell'esercito francese accorso in difesa del Papa.
Di giorno combatte sulle barricate, passa le notti negli ospedali, inventa le “infermiere” che prima non esistevano: si tratta di donne volontarie, della borghesia, dell'aristocrazia liberale, del popolo ed anche di qualche prostituta, dedite ad aiutare, assistere e confortare i feriti, tutte unite dallo stesso ideale di Cristina.
Fatto che fece scandalizzare i benpensanti incluso il Papa.
Anche la repubblica romana rimase schiacciata e fu sconfitta. Dopo essersi battuta per mettere in salvo feriti e pagare per la liberazione dei prigionieri, Cristina è costretta. Delusa da Carlo Alberto e dai francesi, decide di andare ad oriente assieme alla figlia Maria ormai di dieci anni.
Sarà a Malta, Atene, Costantinopoli e Gerusalemme.
In Cappadocia fonda una colonia agricola in cui porterà avanti l'esperimento sociale di Locate.
Nel frattempo in Italia, piemontesi ed austriaci diffamano la sua figura.
Cristina tornerà in Lombardia nel 1857, avrà contatti con Cavour che stava preparando una nuova guerra all'Austria, scrisse in francese una Storia della Casa Savoia per rendere simpatica la dinastia sabauda ai francesi. Gli anni passavano e finalmente venne anche il giorno in cui vide realizzarsi il sogno di una vita: la vittoria sugli austriaci con l'acclamazione di Vittorio Emanuele II alla Scala di Milano.
Fondò un nuovo giornale “L'Italie” a Milano il 2 ottobre 1860: giornale destinato a pubblicizzare in Europa la politica italiana.
Gli ultimi anni della sua vita sono dedicati alla figlia ed alla nipote.
Scrisse ancora un saggio dal titolo “Della presente condizione delle donne e del loro avvenire”, nel saggio, Cristina esprimeva il desiderio che le donne del futuro volgessero uno sguardo indietro per comprendere i dolori e le umiliazioni delle donne che le avevano precedute e che avevano combattuto per un ideale a cui avevano sacrificato la propria vita.
Cristina fu dimenticata per anni. La politica non è solo azione, ma soprattutto passione, amore e poesia. Solo una donna può capirlo.
Vogliamo ricordarla nel suo salotto parigino:
“Una voce maschile incanta i suoi ospiti sotto l'impeto di note melanconiche. È mezzanotte, sulla soglia del salotto appare lei, Cristina di Belgioioso, porta uno scollatissimo abito nero, le mani affusolate, una delle quali posate sul petto, nel gesto di frenare il desiderio carnale, il suo pallore sepolcrale, i suoi grandi occhi neri splendenti, la sua persona alta e magra reclama attenzione. Tutti si voltano verso di lei, ma lei rimane ferma ed immobile sulla soglia. Un ospite le va incontro ma lei con un gesto imperioso fa segno di non interrompere il canto, la melodia.
Lei rimane immobile, esile, impalpabile, con la sua bellezza inquietante ed immortale”.