Comounisti, nasicomounisti e de torno

Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » ven ago 19, 2016 7:44 am

"Non lavoro più in nero per te" Don Ciotti lo prende a ceffoni
Voleva un impiego regolare. Il prete lo prende a sberle e pedate, poi colto dal rimorso gli scrive e confessa di averlo picchiato.
di Antonio Amorosi
01 Gennaio 2014

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... ffoni.html

Tra le scelte improprie e i comportamenti discutibili attribuiti ad esponenti dell’associazione «Libera» emerge in questi giorni un episodio sconcertante e rimasto finora sconosciuto.

È la storia raccontata a Libero da Filippo Lazzara, un lavoratore siciliano impegnato nell’associazionismo che ha presentato denuncia ai carabinieri (la quale, per la cronaca, è stata successivamente ritirata) proprio contro il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti.

Lazzara aveva depositato l’esposto nel 2011, ma lo ha reso pubblico solo qualche giorno fa pubblicando la notizia sulla propria bacheca Facebook. I fatti: ancora nel 2010, Filippo lavorava con un contratto a tempo indeterminato in un supermercato a Partinico, in provincia di Palermo. È uno di quelli che non ama l’omertà mafiosa - caratteristica preziosa e rara da quelle parti - e si impegna nel sociale con dedizione. Conosce don Ciotti e dopo un confronto col prete si convince a denunciare per infiltrazioni mafiose l’impresa per cui lavora, pesantemente collusa con alcune cupole.

È un gesto di per sè coraggioso, addirittura incredibile se si pensa che un contratto di lavoro a tempo indeterminato, per di più in Sicilia e di questi tempi, è una fortuna della quale ben pochi sarebbero in grado di privarsi. Eppure Lazzara si espone, anche perché una promessa di don Ciotti lo ha convinto che può esserci anche per lui un altro tipo di futuro. La proposta è trasferirsi in Piemonte e lavorare per don Ciotti stesso.

L’uomo denuncia il malaffare e nel settembre 2010 si trasferisce al nord. «Don Ciotti mi fa lavorare per alcuni mesi presso la Certosa», scrive nella denuncia e «precisamente presso l’associazione 15-15». Di seguito viene trasferito all’associazione «Filo d’erba» del gruppo Abele, che fa sempre capo a don Ciotti. Non è in regola e tenta ripetutamente di incontrare il fondatore di Libera per avere un contratto ed essere finalmente a norma come promesso. Nel marzo del 2011, nella sede del gruppo Abele di Torino, dopo tanti tentativi riesce a ottenere un confronto diretto, ma lo scambio verbale presto degenera. Don Ciotti passa alle mani e - stando alla ricostruzione dello stesso Lazzara - lo colpisce con pugni e calci. Il ragazzo, rimasto basito, viene poi allontanato dalla scorta del prete.

Finisce però al pronto soccorso con una prognosi di 10 giorni. Lazzara, a dimostrazione di quanto è accaduto, posta in rete una lettera privata, firmata proprio da don Ciotti (e datata marzo 2011), nella quale il sacerdote fa riferimento a delle percosse: si scusa per le «sberle», le «pedate» e «i nervi saltati, un po’ per la stanchezza e un po’ per il tuo modo di fare». Scrive di pedate, il sacerdote, e tenta di fare ammenda: «Quelle pedate le merito io». Lazzara al telefono conferma la propria versione: «Oltre a essere stato picchiato, mi hanno fatto terreno bruciato intorno. Non avevo un lavoro e non sapevo dove sbattere la testa. Lui è un intoccabile». L’uomo cerca di spiegarsi: «Denunciare lui è come denunciare Nelson Mandela. Chi mi crede? Chi starà dalla mia parte? Per me tutte le porte si sono chiuse. Per il peso che ha, in certi ambienti, don Ciotti è come il Papa. Ma ricevere dei cazzotti dal Papa è una cosa che ti lascia scosso. Se questa è l'antimafia...».


http://www.liberoquotidiano.it/resizer/ ... .jpg--.jpg
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » ven ago 19, 2016 2:27 pm

Cupio dissolvi. Abbracciare l’Islam contro l’occidente
17 agosto 2016
Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/3857-2

Dall’Islam spira un’aria di novità, di fascinazione irresistibile. In passato esso era un afrodisiaco, un viagra psicologico per gli amanti della forza, dell’ordine, del sacro istituzionalizzato. Hitler ne apprezzava le virtù guerriere molto più vicine allo spirito delle Mannerbubde teutoniche, rispetto a ciò che egli poteva rinvenire in qualsiasi altra religione. Ed è un paradosso della storia, uno dei tanti, che non siano più le destre antimoderniste, se non in sacche di testimonialità criogenica, o in sporadici casi individuali, a subirne l’allure, ma la sinistra, soprattutto quella più radicalizzata.

La vocazione sistemica e totalitaria islamica convertirono Roger Garaudy, ex comunista duro e puro e Ilich (in onore di Lenin) Ramírez Sánchez meglio conosciuto come Carlos lo Sciacallo. Garaudy, autore di Les Mythes fondateurs de la politique israélienne, in cui ripropose le immarcesicibili tesi dei Protocolli dei Savi di Sion, condendole con tesi negazioniste che gli costarono cinque procedimenti penali, si convertì all’Islam nel 1982. Carlos lo Sciacallo, pluriassassino condannato all’ergastolo, e membro attivo del FPLP, Fronte Popolare Per La Liberazione della Palestina, organizzazione che rivendicava nel marxismo-leninismo la propria matrice ideologica, a seguito della sua conversione all’Islam redasse insieme al giornalista francese Jean Michel Vernochet, L’Islam rivoluzionario.

Dispositivo combinato di indubbia efficacia quello tra lotta armata, revolucionaria, Islam e virulento antisionismo e antiamericanismo. Quando si identifica nell’Occidente e nei suoi derivati, democrazia, liberalismo e capitalismo, il nemico da abbattere avendolo trasformato in una rapace entità imperialista e colonizzatrice, è difficile non trovarsi uniti da un afflato molto simile. Maometto e Che Guevara che danzano a braccetto.

Il fatto che l’Occidente sia da abbattere per motivi religiosi, purgandolo dalla propria decadenza attraverso una buona e severa profilassi coranica, oppure sia da sovvertire politicamente nelle sue strutture economiche imperanti in virtù di un socialismo di stato talebano, non modifica di un’oncia il comune intento. Soprattutto quando si è in grado di identificare chiaramente i propri nemici dichiarati, gli Stati Uniti e Israele, vero asse del male.

L’Islam diventa dunque liberatorio, liberante, rappresenta una nuova prospettiva orgasmica. Come nel caso di Michel Foucault, inebriato dalla nuova “dimensione spirituale in politica” inaugurata a suo dire dalla rivoluzione khomeinista del 79. Khomeini nuovo Lenin, liberatore del pueblo oppresso dal regime filoamericano e filoisraeliano dello Scià.

Non è un caso se Hamas, movimento integralista islamico, costola palestinese di quei Fratelli Musulmani fondati in Egitto nel 1928 e il cui manifesto programmatico recita “Il Corano è la nostra costituzione, il jihad, la nostra strada, e la morte nel nome di Allah il più nobile dei nostri desideri”, è visto agli occhi della sinistra radicale e non tanto radicale come un movimento resistenziale contro l’occupante “colonialista” ebraico.

Sono dell’estate del 2014, durante l’ultimo conflitto a Gaza, le dichiarazioni di Gianni Vattimo ex filosofo del pensiero debole ed ex parlamentare di sinistra a favore di Hamas. Durante un programma radiofonico invitò volontari europei a partire per Gaza per unirsi al movimento islamico contro Israele.

In antisionismo e afflato antisraeliano patologico Vattimo è stato preceduto da Noam Chomsky, il quale, nel 2010, andò in ossequiosa visita in Libano per incontrare l’allora capo spirituale di Hezbollah, Mohammad Hussein Fadlallah, grande sostenitore della distruzione di Israele e degli attacchi terroristici contro civili inermi. Il medesimo che definì eroico il massacro alla yeshiva Mercaz HaRav avvenuto nel 2008 e in cui vennero massacrati otto studenti ebrei.
Nello stesso anno, in Libano si recò anche la primogenita del natural born killer, Ernesto Che Guevara per deporre una corna sulla tomba del cofondatore del gruppo terrorista, Abbas al Musawi, ucciso dalle forze armate israeliane. Aleida Che Guevara parlò della necessità della “resistenza dei popoli che devono confrontarsi con l’occupazione”. Hasta la victoria siempre, dai rivoluzionari cubani al partito di Dio. Una parabola esemplare.
Prima di loro fu il turno di Hugo Chavez. Nel 2009. Il leader maximo venezuelano ricevette in Venezuela Mahmoud Ahmadinejad e abbracciandolo lo chiamò un compagno rivoluzionario definendo Israele, “Il braccio armato omicida dell’impero americano”.
Il romanzo d’amore tra il radicalismo di sinistra e le forze dell’Islam militante non può destare meraviglia. Coloro che oggi coniugano il mai tramontato lessico sovietico del terzomondismo da combattimento con l’oscurantismo maomettano, sono gli stessi che negli anni Sessanta e Settanta hanno abbracciato con fervore tutte le peggiori dittature del globo, elogiando a turno Stalin, Fidel Castro, Tito, Mao Zedong, Pol Pot. Orfani della loro tutela e delle palingenesi che proponevano, si sono rivolti all’Islam come succulento succedaneo. Lungo la strada, questi vecchi e maturi antioccidentalisti hanno incontrato nuovi acquisti da imbarcare. Sul mercato attuale, niente come l’islam militante può garantire loro l’opposizione più tenace e minacciosa nei confronti di quella civiltà in cui vivono ma di cui anelano la distruzione.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » dom ago 21, 2016 6:52 pm

Profugo molesta una ragazzina: espulso dal Polesine
Una ragazzina è stata aggredita verbalmente e inseguita da un richiedente asilo ospite a Corte Romana di Frassinelle: espulso dal Prefetto di Rovigo.
giovedì 18 agosto 2016

http://www.polesine24.it/Detail_News_Di ... -polesine1

Espulso dal Polesine un richiedente asilo che ha aggredito verbalmente una ragazzina lungo la pista ciclabile a Frassinelle Polesine.

Non si tratta del primo episodio di questo genere che viene segnalato. Ma questa volta non ci sono dubbi, visto che al termine di una rapidissima indagine, lo straniero protagonista delle molestie verbali ai danni della ragazzina è stato immediatamente spostato in una struttura di Napoli.

I fatti risalgono a sabato 13 agosto quando una ragazzina di Frassinelle è stata avvicinata in pista ciclabile da uno degli stranieri ospitati a Corte Romana, gestita dalla cooperativa Porto Alegre. L'approccio è stato tutt'altro che galante, le parole sono risultate pesanti e l'insistenza, con tanto di inseguimento, ha fatto il resto. La ragazza, aiutata da un passante che l'ha vista in lacrime, ha raccontato tutto ai genitori. Poi ai Carabinieri.

A intervenire, quindi, il Prefetto di Rovigo che ha espulso lo straniero, immediatamente spostato in un altro centro d'accoglienza, nel napoletano.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » lun ago 22, 2016 6:20 am

Burkini, no al divieto: è come il fazzoletto sardo
Parlano le donne: «Sarebbe come impedire di usare la fardetta o il mucadore» di Alessandro Pirina
21 agosto 2016

http://lanuovasardegna.gelocal.it/regio ... 1.13992425

SASSARI. Vietare il burkini sarebbe come impedire alle donne sarde di indossare fardetta e mucadore. A fare il paragone sono le stesse donne “made in Sardinia”, contrarie a qualsiasi ordinanza che imponga il divieto di indossare il vestito integrale in spiaggia. Un no senza colori politici. O meglio la contrarietà alla politica dei sindaci francesi, avallata dal premier Valls, dello stop al burkini è trasversale. Da sinistra a destra, in Sardegna si parla la stessa lingua. «Il divieto mi sembra un falso problema – dichiara la deputata del Pd Romina Mura –. L’ordinanza del sindaco di Nizza non mi trova per nulla d’accordo. Non si può intervenire con un divieto su un tema che deve essere lasciato alla libera scelta della donna. È come se un sindaco vietasse la taglia 42, senza dimenticare che in Sardegna le nostre nonne hanno sempre indossato gonna lunga e fazzoletto».

Burkini in spiaggia, i sindaci sardi contro il divieto: noi non lo vietiamo
Da Olbia alla Maddalena, da Bosa ad Alghero: non ci saranno ordinanze sul codice di abbigliamento

La Mura è anche sindaco di Sadali, comune di poche anime in cui è presente anche un centro di accoglienza per migranti. «Mai vieterei il burkini come mai vieterei il bikini – aggiunge la deputata dem –. Mi infastidisce che il corpo della donna venga considerato oggetto di scandalo. Ma purtroppo questo è il Paese dove fino a pochi anni fa la violenza sessuale era considerata un reato contro la morale e non contro la persona. Un Paese in cui alcune discutibili sentenze hanno quasi dato la colpa della violenza sulle donne al modo di vestire vistoso. Forse, alla luce di quello che è successo negli ultimi mesi, la Francia ha bisogno di usare il pugno di ferro, ma ritengo sia la soluzione sbagliata. La persona va rispettata al di là dei vestiti che indossa. In questo momento vorrei si parlasse di più di quella donna libica che si leva il velo imposto dall’Isis. Quello è il segno della libertà femminile, non una ordinanza che vieta la libera scelta».

Alla Mura si accoda Maddalena Calia, già sindaco di Lula ed ex-parlamentare europea, oggi coordinatrice regionale del Nuovo centrodestra. «Non è l’abito che determina la libertà di mente. Anzi, solitamente le menti più libere non si vestono in maniera omologata. Io sono convinta che la libertà si possa esprimere anche continuando a indossare i capi che la loro cultura suggerisce. Io sono del 1958 e ricordo le nostre nonne, le nostre mamme che andavano in spiaggia con costumi castigatissimi neri o blu. Per non parlare – aggiunge la Calia – di tutte quelle donne che facevano il bagno con il burqa. Le ricordo alla Caletta, a Santa Lucia. Noi li chiamiamo mucadore, fardetta, ma non c’è nessuna differenza con il burqa indossato dalle donne musulmane. Le donne sarde vestono in quel modo perché vogliono rimarcare la nostra specificità. Loro con la fardetta si sentono libere eccome. E sono sempre a fianco ai pastori nelle manifestazioni per rivendicare i loro diritti. Nessuna imposizione, dunque. Sono donne libere, e anche belle».

Per la presidente del Fai, Maria Antonietta Mongiu, vietare alle donne di indossare il burkini come vorrebbe il premier francese Valls (e con molti politici italiani sulla stessa linea) sarebbe una violenza. Anche la Mongiu, già assessore alla Cultura ai tempi della giunta Soru, fa un salto indietro nel tempo. «Ai tempi delle nostre nonne le donne si immergevano in mare vestite, ci sono tantissime foto che lo testimoniano – racconta la presidente regionale del Fondo ambiente italiano –. Io ho il ricordo di mia nonna, sempre con il fazzoletto in testa, anche quando andava a letto. Se le avessi detto di toglierselo sarebbe stata una violenza inaudita. Il discorso vale per tutte le donne. La nostra tradizione legata ad abiti e vestiti ci impone di dire no a questo tipo di divieti. Qui non parliamo di riconoscibilità facciale, di identificabilità. In quel caso capisco si possano prendere dei provvedimenti. Ma non si può intervenire sul modo di vestire, non è accettabile che vengano emanate ordinanze che impongano come una persona deve farsi il bagno».
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » lun ago 22, 2016 9:20 am

Il prete iraqeno che turba il Meeting: «Sciiti e sunniti si scannano, ma il loro vero obiettivo sono i cristiani»
di Franco Bechis (da Libero di domenica 21 agosto)

http://www.iltimone.org/35056,News.html

Padre Rebwar Basa è un iracheno di 38 anni, nato ad Erbil e ordinato sacerdote nel monastero di San Giorgio a Mosul. Un religioso nella polveriera di questi anni, che ha vissuto in un Iraq dovei cristiani sono sempre più minoranza, perseguitata da tutti i gruppi islamici del paese e con una vita resa difficile anche dal potere ufficiale. Al Meeting di Rimini per tre giorni è venuto a raccontare la sua storia a chi visita la mostra sui martiri cristiani organizzata dalla onlus Aiuto alla Chiesa che soffre.

L’ho visto venerdì protagonista di un episodio che mai si era verificato al Meeting di Rimini: un testimone oculare di stragi che racconta la propria storia e che viene messo in discussione, ritenuto inattendibile dal pubblico che ascolta. L’ho filmato durante quel braccio di ferro con il pubblico, e lui ha tenuto botta: «Io ho vissuto in Iraq, sono un testimone di quello che racconto. Lì siamo 300mila cristiani ancora. Qui si racconta una cosa vera, che i sunniti ammazzano gli sciiti e gli sciiti uccidono i sunniti. È vero, e ci sono motivi religiosi, politici ed economici in quelle stragi. Ma per gli uni e gli altri noi cristiani siamo il vero obiettivo. Questo bisogna dirlo. Ogni tanto leggo che i cristiani sarebbero vittime collaterali di un conflitto. No, non è così: sono l’obiettivo principale. C’è una persecuzione che è anche un genocidio, e di questo dobbiamo parlare».

Il pubblico rumoreggiava, contestava apertamente. Padre Rebwar con calma ha replicato: «Non vi fidate di me? Non ci credete? Potete anche approfondire: ci sono mass media, ci sono libri, ci sono altri testimoni. Potetre informarvi. Però qui spesso si ha paura di parlare per non toccare la sensibilità di altre religioni, di non dire questo,non dire quello. E state vedendo grazie a questo atteggiamento come è diventata la situazione dell’Europa, dove siete la maggioranza come cristiani e vivete in allerta. Immaginate cosa si vive da noi in Iraq, dove siamo lo 0,5% della popolazione. Qui da voi ci sono ragazzi dell’islam che partono per andare a combattere in Iraq e in Siria, pronti a morire. E i vostri giovani non sono pronti nemmeno più a partecipare a una Santa Messa».

Ieri sono andato a trovarlo e gli ho chiesto se era stupito di questa incredulità. Mi ha fatto capire di no, che non è la prima volta. Ho sentito le sue parole vibranti sugli errori dell’Occidente, ma lui ora quasi se ne ritrae: «Voi in Occidente siete molto più sviluppati che da noi, non posso dirvi cosa dovete fare. Secondo me c’è un solo criterio per giudicare quel che sta avvenendo: la libertà. Dove la libertà è assicurata, non c’è conflitto, non c’è ingiustizia. Ma per esserci libertà bisogna che una minoranza possa vivere in pace, e da noi questo non accade. L’islam è una religione, che però spesso viene catturata dalla ideologia che lo rende radicale. I giovani che corrono a combattere con l’Isis sono vittime di questi islamici che gli insegnano l’odio, dicono loro di non accettare le diversità, di considerare gli altri infedeli. E quell’odio diventa persecuzione nei nostri confronti. Questo bisogna saperlo...».
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » lun ago 22, 2016 7:45 pm

Monsignor Negri emarginato da Cl: troppo scorretto su islam, migranti e unioni gay
I rapporti tra Negri e i nuovi vertici di Cl, in particolare col numero uno don Julian Carròn, si sono guastati
Paolo Bracalini - Lun, 22/08/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 98069.html

A Rimini c'è anche monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara, già allievo di don Giussani e da sempre punto di riferimento di Comunione e liberazione.

È a Rimini, per presentare il suo libro «False accuse alla Chiesa», ma non al Meeting di Cl, che pure si svolge a poche centinaia di metri di distanza e dove monsignor Negri è stato ospite fisso di ogni edizione, totalizzando ben 85 partecipazioni dal 1988 in poi. Fino al 2015, primo anno in cui mancava il suo nome dalla lista dei relatori del Meeting, assenza che si ripete quest'anno. Ma perché? I rapporti tra Negri e i nuovi vertici di Cl, in particolare col numero uno don Julian Carròn, si sono guastati. Negri, che pure stato a lungo un protagonista di Cl, è considerato troppo conservatore su molti temi (l'islam, l'immigrazione, l'omosessualità) rispetto alla linea più di «sinistra» di Carròn.
Mentre Cl invita ad aprirsi senza paure all'«incontro» con i migranti («gli stranieri creano ricchezza, ci pagano le pensioni e accudiscono i nostri vecchi»), sul fondamentalismo islamico spiega che «i guerrafondai» ci sono in tutte le religioni, e poi che non bisogna «costruire muri» contro le unioni gay, monsignor Negri è su posizioni molto diverse. Sull'islam il vescovo dice «è l'unica religione che teorizza la violenza», «siamo sotto attacco, occorre reagire uniti», «un conto è accogliere, un altro è integrare: si integra solo chi vuole essere integrato».
E poi: «Non ci sono solo stranieri, ma anche tanti italiani che vivono in condizioni di povertà. Guai a intervenire su un solo fronte», cioè ad aiutare solo i migranti. E infine: «Equiparare unioni gay e matrimonio va contro i valori basilari dell'uomo». Un pensiero troppo politicamente scorretto per essere ospitato al Meeting di Cl, ispirata al magistero di Papa Francesco. Con cui proprio Negri ha avuto uno spiacevole incidente, dopo la pubblicazione di alcune sue (presunte) frasi critiche verso Bergoglio, intercettate su un treno. Il vescovo smentì ma Cl fece lo stesso un comunicato durissimo contro di lui, affrettandosi a prenderne le distanze. «Sono deluso da Cl, cui ho dedicato più di 50 anni della mia vita - rispose Negri - È la conferma di quella volontà del movimento di stare nelle retrovie e di fare un'azione di carattere spirituale o spiritualistico. L'opposto di quello che Giussani ha voluto».
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mar ago 23, 2016 7:46 pm

https://www.facebook.com/Ebrei-e-Israel ... 9871202295

NEL MIO PROFONDO TI DETESTO

(Condividere, condividere)


Si, ti detesto per il mercimonio che hai fatto di una cultura che NON ti appartiene ( Moni e' nato in Bulgaria non ha quindi Origini Ashkenazi cioe' degli ebrei dell'Est ma diffonde questa cultura come fosse di sua appartenenza).

Ti detesto perche' hai origini ebree MINIME ma NON sei ebreo e, come i rinnegati tra gli Indiani d'America portavano cappello con una piuma, tu porti una kippa' Yemenita.( E tu sei Bulgaro).
.

Ti detesto perche' racconti barzellette cosi' vecchie che mio nonno mi risparmiava dicendomi che erano vecchissime gia' ai suoi tempi.

Ti detesto perche' parli di valorizzare la lingua Yiddish che tu NON CONOSCI! Ma della quale hai appreso solo i termini piu' buffi per farci ridere dietro durante i tuoi spettacoli.

Ti detesto perche' ridicolizzi il mio popolo facendogli assumere pose da macchietta e descrivendoci tutti come dei paranoici.

Ti detesto perche' tutti teniamo famiglia ma la tua la mantieni con l'impostura.

Ti detesto perche' parli a nome degli ebrei d'Italia quando questi, il minimo che vorrebbero farti, e' prenderti a schiaffi.

Ti detesto perche' ti sei cancellato dagli elenchi della comunita' ebraica di Milano dove per anni hai attinto consensi ed ora non ne hai piu' bisogno, quindi ti risparmi pure di pagare le tasse comunitarie.....

( Si forse un po' ebreo lo sei).

NOT IN MY NAME

Tu non mi rappresenti.

Ebrei e Israele 15 06 2016

Tel Aviv.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mar ago 23, 2016 7:47 pm

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 6839978828

Diego Fusaro

Non è guerra di religione. È guerra alla religione. Non è l’Islam che ha dichiarato guerra all’Occidente. È l’Occidente del partito unico della produzione capitalistica che ha dichiarato guerra all’Islam e a ogni religione della trascendenza (cristianesimo compreso, sia chiaro). Dopo la fine ingloriosa del comunismo storico novecentesco (Berlino, 1989), le religioni della trascendenza restano un ostacolo per l’economia di mercato: già solo in ragione del fatto che sono monoteismi alternativi a quello del mercato. Già solo in ragione del fatto che ci ricordano che il vero Dio è quello che sta nei cieli e non nelle banche; che i luoghi sacri sono le chiese e le moschee e non i centri commerciali. Comunque la si voglia intendere, la religione della trascendenza – sia islamica, sia cristiana – è una feconda risorsa di senso e di resistenza rispetto al monoteismo idolatrico del mercato, all’integralismo fanatico dell’economia e al nichilismo assoluto della forma merce. “Il tempio è sacro perché non è in vendita”: così scriveva Ezra Pound. Per questo, il capitale ha dichiarato guerra alle religioni e aspira ad abbatterle: le fa passare per intrinsecamente terroristiche, fanatiche e violente, di modo che l’opinione pubblica sia pronta all’attacco contro di esse. Di più, fa sì che gli islamici si illudano che i loro nemici siano i cristiani e i cristiani si illudano che i loro nemici siano gli islamici: laddove il vero nemico degli uni e degli altri è il fanatismo economico, la violenza immanente del mercato, l’integralismo liberista.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... mo/2978988

La grande narrazione procede ormai dal 2001: Twin Towers, 11 settembre. La religione islamica avrebbe – si dice – dichiarato guerra all’Occidente. Ci troveremmo, dunque, nel bel mezzo di una “guerra di religione” dichiarata dal mondo islamico a quello cristiano. La si è battezzata “terrorismo”, come se Islam e terrore coincidessero in toto. Sia pure per cenni, propongo qui di rovesciare la prospettiva e di guardare le cose da un angolo prospettico diametralmente opposto: non è guerra di religione. È guerra alla religione. Non è l’Islam che ha dichiarato guerra all’Occidente. È l’Occidente del partito unico della produzione capitalistica che ha dichiarato guerra all’Islam e a ogni religione della trascendenza (cristianesimo compreso, sia chiaro).

Dopo la fine ingloriosa del comunismo storico novecentesco (Berlino, 1989), le religioni della trascendenza restano un ostacolo per l’economia di mercato: già solo in ragione del fatto che sono monoteismi alternativi a quello del mercato. Già solo in ragione del fatto che ci ricordano che il vero Dio è quello che sta nei cieli e non nelle banche; che i luoghi sacri sono le chiese e le moschee e non i centri commerciali.

Comunque la si voglia intendere, la religione della trascendenza – sia islamica, sia cristiana – è una feconda risorsa di senso e di resistenza rispetto al monoteismo idolatrico del mercato, all’integralismo fanatico dell’economia e al nichilismo assoluto della forma merce. “Il tempio è sacro perché non è in vendita”: così scriveva Ezra Pound. Per questo, il capitale ha dichiarato guerra alle religioni e aspira ad abbatterle: le fa passare per intrinsecamente terroristiche, fanatiche e violente, di modo che l’opinione pubblica sia pronta all’attacco contro di esse.

Di più, fa sì che gli islamici si illudano che i loro nemici siano i cristiani e i cristiani si illudano che i loro nemici siano gli islamici: laddove il vero nemico degli uni e degli altri è il fanatismo economico, la violenza immanente del mercato, l’integralismo liberista. In questo modo, anziché lottare insieme contro l’integralismo economico, islamici e cristiani finiscono per favorirlo: e per dissolvere se stessi in questo esiziale gioco al massacro da cui a uscire sconfitta è la religione della trascendenza.

Ce l’ha insegnato Pasolini: il contrario della religione della trascendenza non è il comunismo, ma il capitalismo. Che è ateo, nichilista e, per ciò stesso, nemico di ogni religione della trascendenza. Se il capitale, come ci insegna Marx, mira ad abbattere ogni ostacolo che lo limiti, ben si capisce perché esso oggi sia in lotta contro le religioni. È bene saperlo. Siamo nel bel mezzo di una guerra alla religione: una guerra tutta funzionale alla teologia economica del mercato, che aspira a essere il solo monoteismo legittimo, riconosciuto e venerato.

Prendiamone atto: il vero fanatismo, oggi, è quello dell’economia di mercato. Che in nome del “ce lo chiede il mercato” massacra i popoli e i lavoratori, distrugge ogni valore che non sia quello economico, abbatte ogni senso che non sia quello della forma merce.



Giuseppe Dalla Barba Bellissima riflessione


Alberto Pento
Questo è completamente fuori: scambia le idolatrie monoteiste, arroganti e presuntuose, per la spiritualità naturale e universale che non impone niente a nessuno. Questo povero individuo (filosofo?) scambia il mazislamismo per religione della liberta, della pace, della fraternità, dell'amore, della giustizia, della responsabilità, della misericordia. Questo povero filosofo dei miei stivali crede o fa finta di credere che la trascendenza (?) sia monopolio di questi culti idolatri, in particolare di quello politico-religioso islamico con il suo idolo totalitario dell'orrore e del terrore, che riducono l'umanità a massa informe come l'ideologia comunista e nazista.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mar ago 23, 2016 9:01 pm

All’Università islamica d’Italia c’è chi invoca la “soluzione finale per i sionisti”, lo “sterminio” di Israele
Un post su Facebook del responsabile della segreteria della Fondazione Università islamica di Lecce recita così: " Gli ebrei reali sono vittime". Che dice, ministro Giannini?
di Giulio Meotti | 23 Agosto 2016

http://www.ilfoglio.it/cultura/2016/08/ ... e_c195.htm

Roma. Pensata sul modello della Cattolica di Milano ma con la faccia rivolta a est, in direzione della Mecca, l’Università islamica d’Italia è stata lanciata un anno fa a Lecce. Sede legale, amministrazione, rettorato, moschea e college per cinquemila studenti. Tre i corsi di laurea previsti finora, Scienze umanistiche, Scienze agrarie-ambientali e Medicina. Come ha spiegato la Gazzetta del Mezzogiorno, “dietro il progetto dell’Università islamica promosso a Lecce dalla Confederazione di imprese mediterranee ci sono i barili di petrolio provenienti dalla Lega araba e dall’Opec, l’organizzazione che riunisce i paesi esportatori di ‘oro nero’. Non solo. Ci sono l’Unione delle comunità islamiche d’Italia (Ucoii) e la Qatar Foundation”. Emblematico il motto della raccolta fondi: “Un milione di barili di petrolio per la gloria di Allah”. Fra i partner accademici dell’Università islamica d’Italia troviamo anche l’Università al Azhar del Cairo. Voluta da Giampiero Khaled Paladini, presidente della Fondazione e imprenditore-filantropo convertito all’islam, questa università nel fine settimana è stata al centro di un caso diplomatico fra Italia e Israele. Il primo a riportare le parole di Raffaello Yazan Abdallah Villani, responsabile della segreteria della Fondazione università islamica di Lecce e referente dell’associazione Mediterraneo Islam Italia, è stato il Centro di documentazione ebraica di Milano.

La notizia è poi rimbalzata su tutti i siti di informazione israeliani. “Un [sic] altra soluzione finale”, ha scritto su Facebook il dottor Villani. “Ma questa volta fatta bene… ci vorrebbe. Ma per i sionisti… solo per loro. Sterminio completo. Gli ebrei reali sono vittime”. Il post, poi cancellato, è stato scoperto dall’ambasciata di Israele a Roma e dal ministero dell’Interno ed è stato condannato dal fondatore dell’Università islamica Paladini: “Tale situazione sarà sottoposta al Comitato scientifico di Unislamitalia, ma fin da subito posso esprimere il mio personale pensiero: tale dichiarazione non è condivisibile assolutamente nei suoi contenuti né nel linguaggio usato”. Che un funzionario di una università accreditata presso il Miur invochi la cancellazione dello stato ebraico, paragonandola alla soluzione finale pianificata dai nazisti a Wannsee per i sei milioni di ebrei, non è cosa da poco. Molti nomi noti siedono nel board scientifico della Università islamica d’Italia. Come Franco Cardini, celebre medievista e islamologo, ma anche Abdel Fattah Hassan, imam della Grande moschea di Roma, che all’Università islamica d’Italia sarà responsabile del corso di formazione per imam. Cosa ne pensa delle parole di Villani il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che un anno fa aveva elogiato l’Università islamica di Lecce come un esempio di “diplomazia culturale”?
Un “ponte” verso l’islam che, nelle intenzioni di alcuni suoi funzionari, sembra anche auspicare una “Endlösung der Israel-Frage”. La soluzione finale per i sei milioni di ebrei israeliani.


A lezione dai nazislamisti
di Gianluca Veneziani
Giovedì, 25 Agosto, 2016

http://www.lintraprendente.it/2016/08/a ... zislamisti


C’è da dire che eravamo stati ottimisti. Quando un anno e mezzo fa si era iniziato a parlare della possibilità di creare un’Università islamica a Lecce, temevamo che sarebbe diventata un porto franco dove insegnare la sharia (timore peraltro confermato, visto che tra gli altri corsi di laurea che dovrebbero essere attivi a partire da ottobre, ci sarà anche un master in Diritto islamico). Nulla però lasciava pensare che da subito i protagonisti di questa avventura accademica si facessero cassa di risonanza del più becero odio antisemita e antisionista. Non immaginavamo insomma che il responsabile della segreteria della Fondazione Università Islamica di Lecce, Raffaello Yazan Abdallah Villani, potesse scrivere sulla sua pagina Facebook un post di questo tono, presto denunciato dall’Unione delle comunità ebraiche italiane e dall’ambasciata d’Israele a Roma: “Un’altra soluzione finale, ma questa volta fatta bene, ci vorrebbe. Ma per i sionisti, solo per loro, sterminio completo. Gli ebrei reali sono vittime” (sic!).

Le frasi non sono solo il condensato più vomitevole dell’odio personale verso lo Stato d’Israele, nei confronti dei cui abitanti e sostenitori si auspica addirittura la replica, magari ottimizzata nei numeri, dell’Olocausto: una Shoah 2.0 in cui cambino i carnefici ma restino tali e quali le vittime. Ma espressioni simili, nella loro brutalità, sono soprattutto l’ennesima conferma dell’inopportunità di realizzare un centro accademico islamico all’interno del nostro Paese.

Di ragioni contro il lancio di questo progetto già ne avevamo avanzate alcune. La prima riguardava l’errore di creare un’università confessionale all’interno di un sistema di istruzione laico come quello italiano: a differenza dell’Università Cattolica che – a dispetto del nome – è un centro di cultura libero e laico, non certo un coacervo di seminari religiosi, corsi di catechismo e indottrinamento al Vangelo, l’Università Islamica nasce per suo statuto come ente che promuove l’insegnamento del Corano (sarà così nel corso di laurea in Teologia coranica e nelle lezioni di Recitazione del Sacro Corano), che mira a formare imam (il corso ad hoc sarà tenuto dall’imam della Grande Moschea di Roma Abdel Fattah Assan) e a favorire la conoscenza della sharia, indicandola come fondamento per poter poi affermarsi nel mondo della finanza («Non è la finanza che orienta la politica e il diritto ma esattamente il contrario: è il diritto e la Sharia che detta l’azione e l’etica finanziaria», si legge ad esempio nella brochure illustrativa del master in Diritto e Finanza islamica). Lo scopo generale dell’Università risulta dunque “formare una nuova classe dirigente musulmana” (come è scritto nel programma del corso per imam), confermando nella fede italiani convertiti all’islam (sono tali pressoché tutti i primi iscritti ai corsi) e magari facendo proselitismo verso italiani attratti dall’universo culturale-religioso musulmano. Uno scopo confessionale, che nulla a ha a che vedere con le finalità di libera educazione al libero apprendimento e al libero sviluppo di uno spirito critico, proprie del nostro sistema universitario; e che dovrebbero essere gli unici valori regolativi del Ministero dell’Istruzione, che pure, col ministro Giannini, ha già elogiato questo centro accademico come esempio di “diplomazia culturale”.

La seconda perplessità era relativa alla natura e alla provenienza dei finanziamenti dell’Università islamica. Se a consentire la sua nascita dovevano essere, tra gli altri, fondi derivanti dal Qatar (come quelli accertati della Qatar Foundation, ritenuta emblema di un islam tradizionalista), cioè da un Paese che da sempre finanzia attività non proprio amichevoli nei confronti dell’Occidente (giusto per usare un eufemismo), era lecito avanzare qualche preoccupazione.

A questi aspetti sostanziali e all’intenzione di creare un’Università islamica in un momento in cui proprio l’applicazione letteralistica del Corano finisce per cozzare con la difesa della nostra civiltà e la sicurezza d’Occidente, si aggiunge la circostanza episodica, ma non meno strutturale, dell’attacco sbracato contro Israele, che appalesa la mentalità violentemente antisionista che anima le teste di certi responsabili dell’Università (sebbene il fondatore Giampiero Khaled Paladini abbia preso nettamente le distanze dalle affermazioni di Villani) e induce a porsi una domanda: come può attecchire alla base dell’Europa e sul Mediterraneo, in una terra in passato oggetto di aspro scontro tra cristianesimo e islam, un’Università in cui Israele, fiero baluardo d’Occidente in Medio Oriente, viene ritenuta da un suo funzionario nemico da abbattere e i sionisti esseri inferiori da sterminare?

Sono passaggi inquietanti che confermano le analogie ormai sempre più stringenti tra gli islamici radicali e i nazisti, guidati da una stessa ideologia intollerante, dalla stessa volontà di occupare e sottomettere l’Europa, dalla stessa convinzione di essere razza eletta e pura e dalla conseguente necessità di eliminare gli infedeli o gli impuri. Il vocabolario spesso coincide, le azioni di terrore cominciano a sovrapporsi. Non sarebbe il caso di fermare la deriva, prima che il passato si ripresenti con tutti i suoi corsi e ricorsi?

Intanto sarebbe già un enorme passo avanti avere il coraggio di chiamare le cose per nome. Sì, si tratta di Nazislam.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2016 7:48 pm

???

“Interroghiamoci su un islam svizzero”
Il presidente del PS Christian Levrat evoca l'introduzione di un articolo costituzionale: "Che diventi religione ufficiale" - "Un mediatore alla frontiera, perché Como non diventi Calais"

http://www.cdt.ch/svizzera/politica/161 ... m-svizzero

BERNA - Il presidente del Partito socialista Christian Levrat dalle colonne della SonntagsZeitung sollecita un dibattito sul ruolo dell'islam in Svizzera ed evoca - come già fatto dal presidente del PPD - l'introduzione di un articolo costituzionale sulla religione.

"Dobbiamo riflettere se vogliamo riconoscere l'islam in quanto religione ufficiale"; ciò eviterebbe in particolare di lasciare la formazione e il finanziamento degli imam a cerchie esterne, col rischio del fondamentalismo, afferma Levrat. "Dobbiamo interrogarci su un islam svizzero".

Una questione del genere spetta ai Cantoni, poiché i rapporti tra Stato e religioni sono di loro competenza. Essi dovrebbero riflettere in maniera seria se riconoscere ufficialmente l'islam e potrebbe darsi che al termine del dibattito "un articolo costituzionale veda la luce" secondo il parlamentare friburghese.

A fine luglio era stato il presidente del Partito popolare democratico (PPD) Gerhard Pfister a sollecitare il dibattito sullo Stato di diritto e il fondamentalismo. "Forse - aveva detto - dobbiamo riflettere a un nuovo articolo costituzionale sulla religione", ciò permetterebbe di definire quali valori sono validi per tutti e non negoziabili.

A proposito di migranti, Levrat esige misure immediate per far fronte alla situazione tesa in Ticino e chiede che alla frontiera venga inviato un mediatore per valutare le denunce dei richiedenti asilo e il comportamento delle autorità. Inoltre, secondo il presidente del PS, la Confederazione "dovrebbe mettere in atto, insieme agli enti umanitari e assistenziali, un servizio di consulenza destinato a coloro che non vogliono rimanere in Svizzera ma soltanto attraversarla", per raggiungere il nord dell'Europa.

Se coloro che arrivano in Ticino vengono semplicemente respinti in Italia, la situazione a Como potrebbe diventare come quella di Calais, in Francia. "Sarebbe inaccettabile se migliaia di profughi dovessero trascorrere l'inverno alle porte della Svizzera".
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