Il Papa bugiardo e l'infernale alleanza con l'Islam

Il Papa bugiardo e l'infernale alleanza con l'Islam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:48 am

Il Papa bugiardo e l'infernale alleanza con l'Islam
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2378



L'Islam è il nazismo arabo dell'umma, fattosi religione e iniziato con l'Hitler arabo Maometto che espandendosi nei secoli con il terrore, la discriminazione, la persecuzione, le stragi e lo sterminio di ogni diversamente religioso e pensante, a tutt'oggi, ha infettato da 1/4 a 1/5 dell'umanità.


Parassiti, falsi, manipolatori dei diritti umani, ladri di vita
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2668

Criminali e irresponsabili difensori dell'Islam o nazismo maomettano
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2263
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:49 am

L'Islam è violenza! Il Papa bugiardo e irresponsabile e l'infernale alleanza con l'Islam.

Santificare Maometto e l'Islam quale religione di pace e amore è un crimine contro l'umanità.
Forse il Papa ha ragione, perché intende la Pace Eterna e i terroristi islamici sono portatori di morte, ossia della Pace Eterna e forse stando alla visione papale andrebbero anche ringraziati.

Bergoglio mi sai dire cosa c'è di spirituale nell'orrore e nel terrore idolatra islamico, coranico, maomettano, mussulmano, allahico?

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3920375861
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:50 am

Sacerdote sgozzato, il Papa: "Il mondo è in guerra ma le religioni non c'entrano"
Due jihadisti sgozzano un prete in chiesa. Bergoglio: "Tutte le religioni vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri"
Sergio Rame - Mer, 27/07/2016

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/sac ... 90126.html

"Abbiamo bisogno di dire questa verità: il mondo è in guerra perché ha perso la pace". Sul volo che da Roma lo porta a Cracovia per portare alla Giornata Mondiale della Gioventù, papa Francesco condanna gli ultimi attacchi inflitti all'Europa dal terrorismo islamico.


Il Papa condanna l'odio. Ma non nomina l'Isis - Ora la linea morbida mette a disagio i cattolici - "L'islam non ferma i fanatici. Dobbiamo farlo noi" - "Più martiri ora che ai tempi di leoni e stragi"

Ma si affretta a chiarire: "Quando parlo di guerra, parlo di guerra sul serio e non di guerra di religione".

Il mondo cattolico è sconvolto dalla brutale omicidio di padre Jacques Hamel, sgozzato da due terroristi mentre stava dicendo la Santa Messa nella chiesa di Saint-Etienne du Rouvray. Lo hanno fatto inginocchiare davanti all'altare e, dopo aver recitato un sermone in arabo, gli hanno reciso la gola. Una macabra esecuzione filmata col cellulare che ricorda le decapitazioni degli ostaggi occidentali eseguite dal boia dell'Isis Jihadi John. I due giovanissimi jihadisti hanno risposto alla chiamata alle armi dello Stato islamico. E, per la prima volta nella storia dell'Unione europea, un parroco è stato ammazzato in chiesa in virtù della fede che professa. Papa Francesco si è, tuttavia, affrettato ad allontanare lo spettro della guerra di religione. "C'è guerra per interessi, soldi, risorse della natura, per il dominio sui popoli - ha spiegato - questi sono i motivi. Qualcuno parla di guerra di religione, ma tutte le religioni vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri, capito?".

Nell'ultimo mese gli attacchi all'Europa si sono moltiplicati di giorno in giorno. Con la strage lungo la Promenade des Anglais a Nizza, i seguaci dell'Isis hanno "inaugurato" una lunga scia di sangue che sembra non aver fine. "Da tempo il mondo è in guerra a pezzi - ha ammesso papa Francesco - non è tanto organica forse (organizzata sì), ma è guerra". Durante il volo verso Cracovia, il Santo Padre ha rivolto un pensiero a padre Jacques: "Questo santo sacerdote ieri è morto per la preghiera che offriva alla chiesa. È uno, ma pensiamo a quanti innocenti, a quanti bambini muoiono. Pensiamo alla Nigeria, ad esempio. 'Ah quella è l'Africa', dicono, sì è l'Africa, ma è in guerra". Poi, una volta atterrato in Polonia, nella cornice imponente del Wawel, l'antico Palazzo Reale, Bergoglio ha affrontato il tema dell'accoglienza: "Occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame - ha detto - la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede".
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:51 am

Cari amici, ventiquattr'ore dopo che in Francia un sacerdote cattolico è stato sgozzato sull'altare mentre celebrava la messa da due terroristi islamici assoldati dall'Isis, Papa Francesco ha voluto assolvere l'islam non solo da questo specifico crimine ma in generale, sostenendo "non è una guerra di religione", ma è piuttosto una "guerra di interessi, per i soldi, per le risorse naturali, per il dominio dei popoli. Tutte le religioni vogliono la pace, capito?"

Cari amici, avete capito bene anche voi? Papa Francesco ci garantisce che "tutte le religioni vogliono pace", quindi anche l'islam vuole la pace, quindi i terroristi islamici non hanno nulla a che fare con l'islam. Anche se hanno sgozzato il sacerdote urlando "Allah è il più grande", dopo aver recitato in arabo un sermone e dei versetti del Corano che legittimano l'uccisione degli ebrei e dei cristiani, quali i versetti 9,30 e 4,89, emulando Maometto che nel 627 partecipò personalmente allo sgozzamento e decapitazione di 600, forse 900 ebrei della tribù dei Banu Qurayza.

Cari amici, che penseranno di questo Papa i cattolici onesti che non negano la realtà e non hanno paura di affermare la verità sull'islam? Che ne penseranno i cristiani d'Oriente che da 1400 anni sono vittime di un genocidio islamico? Che ne pensa ciascuno di noi che ritiene un dovere denunciare che l'Islam è la radice del male?

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 2993443288



“Terroristi islamici europei hanno sgozzato un sacerdote europeo in Europa obbedendo ad Allah e a Maometto” (Magdi Cristiano Allam, “Dalla vostra parte”, Rete4, 26/7/2016)
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 1713456416



Nel mio secondo intervento alla trasmissione "Dalla vostra parte" su Rete4 ho chiarito che se oggi per la prima volta in Europa un sacerdote è stato sgozzato mentre recitava la messa in chiesa, i cristiani sono sempre stati le principali vittime della violenza islamica da 1400 anni. I cristiani erano il 98% della popolazione sulla sponda meridionale e orientale del Mediterraneo nel Settimo secolo, mentre oggi sono solo il 3%. È il più cospicuo genocidio della nostra storia.

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 0170185237
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:51 am

L'islam usa la spada non la ragione. Così Ratzinger ci aveva avvertiti
La lectio magistralis tenuta dall'allora Pontefice nel 2006 aveva squarciato il velo sulla vera natura del Corano Benedetto XVI fu accusato dalla stampa di islamofobia, ma dieci anni dopo le sue parole appaiono profetiche
Joseph Ratzinger - Mer, 27/07/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 89766.html

Pubblichiamo ampi stralci della lectio magistralis «Fede, ragione e università - Ricordi e riflessioni». L'orazione è stata tenuta da papa Benedetto XVI il 12 settembre 2006 all'università di Regensburg (Ratisbona) durante il suo viaggio apostolico in Baviera. Un discorso profetico nel quale il Pontefice toccava i temi del rapporto tra il cristianesimo e l'islam, parlando anche di jihad. Citando un teologo e la sua analisi di un dialogo tra un dignitario persiano e l'imperatore bizantino del XII-XIII secolo, si parla dell'«irrazionalità» della guerra di religione propugnata da Maometto. La lezione provocò molto clamore e scatenò dure polemiche nei confronti di Ratzinger, ma aprì uno squarcio sulla natura dei rapporti tra le due religioni e sulla vera essenza del Corano.

Un documento che risulta ancora più attuale ed efficace.

Illustri Signori, gentili Signore!

È per me un momento emozionante stare ancora una volta sulla cattedra dell'Università e una volta ancora poter tenere una lezione. I miei pensieri, contemporaneamente, ritornano a quegli anni in cui, dopo un bel periodo presso l'Istituto superiore di Freising, iniziai la mia attività di insegnante accademico all'università di Bonn. Era nel 1959 ancora il tempo della vecchia università dei professori ordinari.

(...)

L'Università, senza dubbio, era fiera anche delle sue due facoltà teologiche. Era chiaro che anch'esse, interrogandosi sulla ragionevolezza della fede, svolgono un lavoro che necessariamente fa parte del «tutto» dell'universitas scientiarum, anche se non tutti potevano condividere la fede, per la cui correlazione con la ragione comune si impegnano i teologi. Questa coesione interiore nel cosmo della ragione non venne disturbata neanche quando una volta trapelò la notizia che uno dei colleghi aveva detto che nella nostra Università c'era una stranezza: due facoltà che si occupavano di una cosa che non esisteva. Di Dio. Che anche di fronte ad uno scetticismo così radicale resti necessario e ragionevole interrogarsi su Dio per mezzo della ragione e ciò debba essere fatto nel contesto della tradizione della fede cristiana: questo, nell'insieme dell'Università, era una convinzione indiscussa.

Tutto ciò mi tornò in mente, quando recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury (Münster) del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. Fu poi probabilmente l'imperatore stesso ad annotare, durante l'assedio di Costantinopoli tra il 1394 e il 1402, questo dialogo; si spiega così perché i suoi ragionamenti siano riportati in modo molto più dettagliato che non le risposte dell'erudito persiano. Il dialogo si estende su tutto l'ambito delle strutture della fede contenute nella Bibbia e nel Corano e si sofferma soprattutto sull'immagine di Dio e dell'uomo, ma necessariamente anche sempre di nuovo sulla relazione tra le «tre Leggi»: Antico Testamento, Nuovo Testamento e Corano. Vorrei toccare in questa lezione solo un argomento piuttosto marginale nella struttura del dialogo che, nel contesto del tema «fede e ragione», mi ha affascinato e che mi servirà come punto di partenza per le mie riflessioni su questo tema.

Nel settimo colloquio (controversia) edito dal professor Khoury, l'imperatore tocca il tema della jihad (guerra santa). Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2,256 si legge: «Nessuna costrizione nelle cose di fede». È una delle sure del periodo iniziale in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il «Libro» e gli «increduli», egli, in modo sorprendentemente brusco, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». L'imperatore spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. «Dio non si compiace del sangue; non agire secondo ragione (logos) è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte».

L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. Theodore Khoury commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza. In questo contesto Khoury cita un'opera del noto islamista francese R. Arnaldez, il quale rileva che Ibn Hazn si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l'uomo dovrebbe praticare anche l'idolatria.

Qui si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo molto diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso? Io penso che in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia. Modificando il primo versetto del Libro della Genesi, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: «In principio era il verbo», ovvero il logos. È questa proprio la stessa parola che usa l'imperatore: Dio agisce con logos. Logos significa insieme ragione e parola: una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio, ci dice l'evangelista. L'incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di San Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell'Asia e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la sua supplica: «Passa in Macedonia e aiutaci!» (cfr At 16,6-10), questa visione può essere interpretata come una «condensazione» della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l'interrogarsi greco.

In realtà, questo avvicinamento ormai era avviato da molto tempo.

(...)

Con questa nuova conoscenza di Dio va di pari passo una specie di illuminismo, che si esprime in modo drastico nella derisione delle divinità che sono soltanto opera delle mani dell'uomo (cfr Sal 115). Così, nonostante tutta la durezza del disaccordo con i sovrani ellenistici, che volevano ottenere con la forza l'adeguamento allo stile di vita greco e al loro culto idolatrico, la fede biblica, durante l'epoca ellenistica, andava interiormente incontro alla parte migliore del pensiero greco, fino ad un contatto vicendevole che si è poi realizzato specialmente nella tarda letteratura sapienziale. Oggi noi sappiamo che la traduzione greca dell'Antico Testamento - la «Settanta», realizzata in Alessandria - è più di una semplice (da valutare forse in modo poco positivo) traduzione del testo ebraico: è infatti una testimonianza testuale a se stante e uno specifico importante passo della storia della Rivelazione, nel quale si è realizzato questo incontro in un modo che per la nascita del cristianesimo e la sua divulgazione ha avuto un significato decisivo. Nel profondo, vi si tratta dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'intima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero ellenistico fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: non agire «con il logos» è contrario alla natura di Dio.

Per onestà bisogna annotare a questo punto che, nel tardo Medioevo, si sono sviluppate nella teologia tendenze che rompono questa sintesi tra spirito greco e spirito cristiano. In contrasto con il cosiddetto intellettualismo agostiniano e tomista iniziò con Duns Scoto una impostazione volontaristica, la quale alla fine portò all'affermazione che noi di Dio conosceremmo soltanto la voluntas ordinata. Al di là di essa esisterebbe la libertà di Dio, in virtù della quale Egli avrebbe potuto creare e fare anche il contrario di tutto ciò che effettivamente ha fatto. Qui si profilano delle posizioni che, senz'altro, possono avvicinarsi a quelle di Ibn Hazn e potrebbero portare fino all'immagine di un Dio-Arbitrio, che non è legato neanche alla verità e al bene. La trascendenza e la diversità di Dio vengono accentuate in modo così esagerato, che anche la nostra ragione, il nostro senso del vero e del bene non sono più un vero specchio di Dio, le cui possibilità abissali rimangono per noi eternamente irraggiungibili e nascoste dietro le sue decisioni effettive. In contrasto con ciò, la fede della Chiesa si è sempre attenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata esista una vera analogia, in cui certo le dissomiglianze sono infinitamente più grandi delle somiglianze, non tuttavia fino al punto da abolire l'analogia e il suo linguaggio (cfr Lat IV). Dio non diventa più divino per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro ed impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore. Certo, l'amore «sorpassa» la conoscenza ed è per questo capace di percepire più del semplice pensiero (cfr Ef 3,19), tuttavia esso rimane l'amore del Dio-logos, per cui il culto cristiano è logike latreia, un culto che concorda con il Verbo eterno e con la nostra ragione (cfr Rm 12,1).

Il qui accennato vicendevole avvicinamento interiore, che si è avuto tra la fede biblica e l'interrogarsi sul piano filosofico del pensiero greco, è un dato di importanza decisiva non solo dal punto di vista della storia delle religioni, ma anche da quello della storia universale un dato che ci obbliga anche oggi. Considerato questo incontro, non è sorprendente che il cristianesimo, nonostante la sua origine e qualche suo sviluppo importante nell'Oriente, abbia infine trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa. Possiamo esprimerlo anche inversamente: questo incontro, al quale si aggiunge successivamente ancora il patrimonio di Roma, ha creato l'Europa e rimane il fondamento di ciò che, con ragione, si può chiamare Europa.

Alla tesi che il patrimonio greco, criticamente purificato, sia una parte integrante della fede cristiana, si oppone la richiesta della dis-ellenizzazione del cristianesimo: una richiesta che dall'inizio dell'età moderna domina in modo crescente la ricerca teologica. Visto più da vicino, si possono osservare tre onde nel programma della dis-ellenizzazione: pur collegate tra di loro, esse tuttavia nelle loro motivazioni e nei loro obiettivi sono chiaramente distinte l'una dall'altra.

La dis-ellenizzazione emerge dapprima in connessione con i postulati fondamentali della Riforma del XVI secolo. (...) Così la fede non appariva più come vivente parola storica, ma come elemento inserito nella struttura di un sistema filosofico. Il «sola Scriptura» invece cerca la pura forma primordiale della fede, come essa è presente originariamente nella Parola biblica. La metafisica appare come un presupposto derivante da altra fonte, da cui occorre liberare la fede per farla tornare ad essere totalmente se stessa. Con la sua affermazione di aver dovuto accantonare il pensare per far spazio alla fede, Kant ha agito in base a questo programma con una radicalità imprevedibile per i riformatori. Con ciò egli ha ancorato la fede esclusivamente alla ragione pratica, negandole l'accesso al tutto della realtà.

La teologia liberale del XIX e del XX secolo apportò una seconda onda nel programma della dis-ellenizzazione: di essa rappresentante eminente è Adolf von Harnack. Durante il tempo dei miei studi, come nei primi anni della mia attività accademica, questo programma era fortemente operante anche nella teologia cattolica. Come punto di partenza era utilizzata la distinzione di Pascal tra il Dio dei filosofi ed il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. (...)Come pensiero centrale appare, in Harnack, il ritorno al semplice uomo Gesù e al suo messaggio semplice, che verrebbe prima di tutte le teologizzazioni e, appunto, anche prima delle ellenizzazioni: sarebbe questo messaggio semplice che costituirebbe il vero culmine dello sviluppo religioso dell'umanità. Gesù avrebbe dato un addio al culto in favore della morale. In definitiva, Egli viene rappresentato come padre di un messaggio morale umanitario. Lo scopo di ciò è in fondo di riportare il cristianesimo in armonia con la ragione moderna, liberandolo, appunto, da elementi apparentemente filosofici e teologici, come per esempio la fede nella divinità di Cristo e nella trinità di Dio. In questo senso, l'esegesi storico-critica del Nuovo Testamento sistema nuovamente la teologia nel cosmo dell'Università: teologia, per Harnack, è qualcosa di essenzialmente storico e quindi di strettamente scientifico. Ciò che essa indaga su Gesù mediante la critica è, per così dire, espressione della ragione pratica e di conseguenza anche sostenibile nell'insieme dell'Università. In sottofondo c'è l'autolimitazione moderna della ragione, espressa in modo classico nelle «critiche» di Kant, nel frattempo però ulteriormente radicalizzata dal pensiero delle scienze naturali.

(...)

Per il momento basta tener presente che, in un tentativo alla luce di questa prospettiva di conservare alla teologia il carattere di disciplina «scientifica», del cristianesimo resterebbe solo un misero frammento. Ma dobbiamo dire di più: è l'uomo stesso che con ciò subisce una riduzione. Poiché allora gli interrogativi propriamente umani, cioè quelli del «da dove» e del «verso dove», gli interrogativi della religione e dell'ethos, non possono trovare posto nello spazio della comune ragione descritta dalla «scienza» e devono essere spostati nell'ambito del soggettivo. Il soggetto decide, in base alle sue esperienze, che cosa gli appare religiosamente sostenibile, e la «coscienza» soggettiva diventa in definitiva l'unica istanza etica. In questo modo, però, l'ethos e la religione perdono la loro forza di creare una comunità e scadono nell'ambito della discrezionalità personale. È questa una condizione pericolosa per l'umanità: lo constatiamo nelle patologie minacciose della religione e della ragione, patologie che necessariamente devono scoppiare, quando la ragione viene ridotta a tal punto che le questioni della religione e dell'ethos non la riguardano più. Ciò che rimane dei tentativi di costruire un'etica partendo dalle regole dell'evoluzione o dalla psicologia e dalla sociologia, è semplicemente insufficiente.

Prima di giungere alle conclusioni alle quali mira tutto questo ragionamento, devo accennare ancora brevemente alla terza onda della dis-ellenizzazione che si diffonde attualmente. In considerazione dell'incontro con la molteplicità delle culture si ama dire oggi che la sintesi con l'ellenismo, compiutasi nella Chiesa antica, sarebbe stata una prima inculturazione, che non dovrebbe vincolare le altre culture. Queste dovrebbero avere il diritto di tornare indietro fino al punto che precedeva quella inculturazione per scoprire il semplice messaggio del Nuovo Testamento ed inculturarlo poi di nuovo nei loro rispettivi ambienti. Questa tesi non è semplicemente sbagliata; è tuttavia grossolana ed imprecisa. Il Nuovo Testamento, infatti, e stato scritto in lingua greca e porta in se stesso il contatto con lo spirito greco, un contatto che era maturato nello sviluppo precedente dell'Antico Testamento. Certamente ci sono elementi nel processo formativo della Chiesa antica che non devono essere integrati in tutte le culture. Ma le decisioni di fondo che, appunto, riguardano il rapporto della fede con la ricerca della ragione umana, queste decisioni di fondo fanno parte della fede stessa e ne sono gli sviluppi, conformi alla sua natura.

Con ciò giungo alla conclusione. Questo tentativo, fatto solo a grandi linee, di critica della ragione moderna dal suo interno, non include assolutamente l'opinione che ora si debba ritornare indietro, a prima dell'illuminismo, rigettando le convinzioni dell'età moderna. Quello che nello sviluppo moderno dello spirito è valido viene riconosciuto senza riserve: tutti siamo grati per le grandiose possibilità che esso ha aperto all'uomo e per i progressi nel campo umano che ci sono stati donati. L'ethos della scientificità, del resto, è volontà di obbedienza alla verità e quindi espressione di un atteggiamento che fa parte della decisione di fondo dello spirito cristiano. Non ritiro, non critica negativa è dunque l'intenzione; si tratta invece di un allargamento del nostro concetto di ragione e dell'uso di essa. Perché con tutta la gioia di fronte alle possibilità dell'uomo, vediamo anche le minacce che emergono da queste possibilità e dobbiamo chiederci come possiamo dominarle. Ci riusciamo solo se ragione e fede si ritrovano unite in un modo nuovo; se superiamo la limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile nell'esperimento, e dischiudiamo ad essa nuovamente tutta la sua ampiezza. In questo senso la teologia, non soltanto come disciplina storica e umano-scientifica, ma come teologia vera e propria, cioè come interrogativo sulla ragione della fede, deve avere il suo posto nell'università e nel vasto dialogo delle scienze.

Solo così diventiamo anche capaci di un vero dialogo delle culture e delle religioni un dialogo di cui abbiamo un così urgente bisogno. Nel mondo occidentale domina largamente l'opinione, che soltanto la ragione positivista e le forme di filosofia da essa derivanti siano universali. Ma le culture profondamente religiose del mondo vedono proprio in questa esclusione del divino dall'Universalità della ragione un attacco alle loro convinzioni più intime. Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell'ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture. E tuttavia, la moderna ragione propria delle scienze naturali, con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé, come ho cercato di dimostrare, un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda sul perché di questo dato di fatto esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali ad altri livelli e modi del pensare, alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi ad essa significherebbe una riduzione inaccettabile del nostro ascoltare e rispondere. Qui mi viene in mente una parola di Socrate a Fedone. Nei colloqui precedenti si erano toccate molte opinioni filosofiche sbagliate, e allora Socrate dice: «Sarebbe ben comprensibile se uno, a motivo dell'irritazione per tante cose sbagliate, per il resto della sua vita prendesse in odio ogni discorso sull'essere e lo denigrasse. Ma in questo modo perderebbe la verità dell'essere e subirebbe un grande danno». L'Occidente, da molto tempo, è minacciato da questa avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione, e così può subire solo un grande danno. Il coraggio di aprirsi all'ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza: è questo il programma con cui una teologia impegnata nella riflessione sulla fede biblica entra nella disputa del tempo presente. «Non agire secondo ragione (con il logos) è contrario alla natura di Dio», ha detto Manuele II, partendo dalla sua immagine cristiana di Dio, all'interlocutore persiano. È a questo grande logos, a questa vastità della ragione, che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori. Ritrovarla noi stessi sempre di nuovo, è il grande compito dell'Università.

Regensburg, 12 settembre 2006
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:52 am

UN PAPA IMMOBILE DI FRONTE AL JIHAD
La chiesa non sia vile l'ultima diga è rasa al suolo, torni a Ratisbona o affronti le ultime giornate di sole
L'ex rabbino capo di Milano sferza una chiesa tiepida sull'islamismo e si rallegra: "Ti grazio Dio che esista lo stato d'Israele" "
di GIUSEPPE LARAS*
(Il Foglio, 28 luglio 2016)

https://www.facebook.com/permalink.php? ... ry_index=0

Folle o non folle, lupo solitario o branco, con l'uccisione di padre Hamel in chiesa, l'ultima diga è stata rasa al suolo. Uccidere i cristiani nei loro luoghi di culto durante le preghiere non è una novità: si pensi ai copti in Egitto, massacrati nel silenzio dell'occidente; ai cristiani filippini; ai cristiani in Pakistan; ai cristiani iracheni e al loro sterminio. Alcune immagini le abbiamo perfino viste in diretta, comprese le donne vendute schiave, rinchiuse in gabbia come polli. Le femministe in occidente tacquero e non manifestarono, le chiese europee furono troppo tiepide o comunque troppo silenti nei confronti dei loro fratelli di oriente.. Da questa prospettiva, non stupisce che drammaticamente in Europa, in una chiesa, un sacerdote, oggi martire, sia stato sgozzato come un animale. Dalla Normandia alle Filippine, dai fatti di questi mesi a quelli che perdurano ormai da decenni, il minimo comune denominatore è l'islam jihadista, di cui Daesh è solo un'espressione acuta, assieme al silenzio assordante - o alle parole non bastanti - di tanti altri musulmani per bene, contrari sì ma titubanti o impauriti. Non stupisce tristemente che, dopo le sinagoghe, si sia passati alle chiese: dopo "quelli del sabato", "quelli della domenica". Eppure l'oscenità perpetrata martedì scorso in casa nostra, verso un nostro concittadino europeo, verso un nostro fratello anziano, è talmente un "inedito" da rappresentare simbolicamente l'ultimo baluardo abbattuto. Un fatto tremendo, espressione di una realtà polimorfa che si sente sufficientemente forte e che percepisce l'occidente e le sue espressioni simboliche (religiose, culturali e politiche) sufficientemente deboli e vecchie. Un simile atto, contro chiesa o sinagoga che sia, avrà certamente epigoni, silenzi e - temo! - ancora molte parole a vanvera.
Il Grande imam di al Azhar, Ahmad Al Tayyieb, caro alla Comunità di S. Egidio e ad alcuni politici italiani, condanna quanto è accaduto ieri, giustamente. Mi chiedo però dove fosse quando è accaduto altrettanto nei centri ebraici europei, da Tolosa a Parigi. E mi chiedo - e lo chiedo, in relazione a lui e alle sue dichiarazioni - con acribia a cristiani, ebrei e musulmani, come pure a politici e intellettuali - che pensi del libro "Banu Israil fi al Quran wa-al Sunna" del suo insigne predecessore alla medesima cattedra, l'imam Muhammad Sayyid Tantawi (morto recentemente nel 2010), ove questi così scriveva a chiare lettere: "Il Corano descrive gli ebrei con le loro proprie caratteristiche degenerate, quali uccidere i profeti di Allah, corrompere le Sue parole inserendole in luoghi sbagliati, consumare frivolmente il benessere degli altri popoli, rifiutare di prendere le distanze dal male che essi compiono e altre oscene caratteristiche originate dalla loro profondamente radicata lascivia... soltanto una minoranza degli ebrei mantiene la parola data... Non tutti gli ebrei sono uguali. Quelli buoni diventano musulmani, i cattivi no".
La chiesa cattolica, nelle sue massime istituzioni, nei suoi dirigenti e persino, talora, nei suoi teologi per secoli ha spesso saputo essere - e purtroppo è stata - una persecutrice eccezionale. Questo, almeno, è stato per lo più il rapporto tra cristiani ed ebrei sino a tempi recenti. Leggendo i giornali di questi giorni e molte esternazioni di vescovi e cardinali, il fatto di essere divenuta vecchia e tremebonda, almeno in occidente, non rappresenta purtroppo in sé un progresso morale. Specie se risulta difficile persino chiamare il male per nome e dire che si tratta di islam jihadista e che l'islam jihadista, che non esaurisce l'islam e il mondo variegato dei musulmani, ma che comunque ne è disgraziatamente parte attiva, nutrita, ben radicata e ricca, è un'ipoteca epocale per il sussistere, almeno in Europa, della nostra civiltà. Al riguardo, l'ultimo discorso meritorio, serio e puntuale è stato il magistrale e profetico discorso di Ratisbona di Benedetto XVI, che andrebbe rivendicato, diffuso, riletto e profondamente meditato. Difendere la nostra civiltà, pur con tutti i suoi molti limiti e la sua storia difficile e contraddittoria, ha dei costi. Costi in vite umane, che abbiamo già iniziato a pagare. E costi in arte, letteratura, poesia, architettura, filosofia, teologia, musica, libera ricerca scientifica e, infine, scienza politica. Tutto questo ha richiesto infinito tempo e infinita fatica. Pensare che tutto ciò, che è preziosissimo, non meriti la fatica e le lacrime di essere difeso, costi quel che costi, anche la vita, è o perversione e corruzione oppure già la stessa resa E il fattore "tempo" è anch'esso non a nostro favore.
Circa i cristiani di oriente e gli ebrei - o almeno parte di loro -, non posso che rallegrarmi interiormente, a fronte di si inaudito sfacelo in occidente, che vi siano oggi almeno gli stati di Armenia e di Israele, ben difesi e determinati a resistere a ogni costo. Io ringrazio Dio che vi siano questi due stati che, da quando esistono, hanno insegnato ai nostri rispettivi nemici, antichi e presenti, in oriente e in occidente, che, per la prima volta nella storia, il nostro sangue ha finalmente un prezzo. E un prezzo elevato. Mentre prima, per secoli, fu possibile che venisse versato a ettolitri senza che nessuno fiatasse, ne chiedesse conto e ne esigesse non vendetta ma giustizia.
Il Libro dei Salmi, il libro per ebrei e cristiani universalmente conosciuto e citato, da entrambi quotidianamente impiegato per la preghiera, è un inno altissimo alla religiosità, ma è anche un fermo monito contro la violenza - o, meglio, contro i malvagi -, che attentano al prossimo, che perseguitano, uccidono e violentano il mondo. E li se ne invoca la dispersione e la neutralizzazione.
Oggi gli europei e, nello specifico, i cristiani europei, si trovano a dover operare, volenti o nolenti, una vera rivoluzione della sensibilità e dell'intelletto, dello studio e dell'informazione, scegliendo se vorranno - se non per loro stessi, almeno per i loro figli e nipoti! - affrontare un lungo ed estremamente rigido inverno, dagli esiti incerti, oppure sollazzarsi con le ultime giornate estive, ancorché già perturbate, di sole e di chiacchiere.
Giornate che, allora, non torneranno.

*Ex rabbino capo di Milano (1980-2005), figura chiave assieme al cardinale Carlo Maria Martini del dialogo ebraico-cristiano e attuale Presidente emerito dell'Assemblea Rabbinica Italiana ***
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:53 am

Quelli che sgozzano in chiesa nel nome di Allah e quelli che in chiesa leggono il Corano di Allah perseguono lo stesso obiettivo: sottometterci all'islam
(Magdi Cristiano Allam, Tg4, 31/7/2016)

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 6656512255


MAGDI CRISTIANO ALLAM (Il Giornale, 31 luglio 2016) - Dico "No" ad accogliere oggi i musulmani nelle chiese in Francia e in Italia alla messa domenicale, perché significa riconoscere l'islam che ha legittimato i terroristi islamici che il 26 luglio hanno sgozzato un sacerdote proprio mentre recitava la messa in chiesa.

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 99849414:0

Dico "No" alla follia di immaginare che a salvarci dai terroristi islamici tagliagole, quelli che sgozzano, decapitano, massacrano e si fanno esplodere, potranno essere i terroristi islamici taglialingue, quelli che ci impongono la legittimazione dell'islam a prescindere dai suoi contenuti e di concedere loro sempre più moschee per consolidare l'islamizzazione dell'Europa.
È un dato di fatto che gli assassini di Padre Jacques Hamel l'hanno sgozzato urlando "Allah è il più grande", dopo aver pronunciato un sermone ispirato dall'ordine di Allah di annientare ebrei e cristiani. Così come è un dato di fatto che la violenza fisiologica ed endemica in seno all'islam, da 1400 anni ha infierito in modo particolare contro gli ebrei e i cristiani, che hanno subìto un vero e proprio genocidio passando dal 98% della popolazione della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo al 3%.
Che il gesto voglia corrispondere alla legittimazione dell'islam, è manifesto nella dichiarazione di Papa Francesco, resa 24 ore dopo che per la prima volta in Europa un sacerdote è stato sgozzato in chiesa, in cui ha sostenuto che "non è una guerra di religione", ma è piuttosto una "guerra di interessi, per i soldi, per le risorse naturali, per il dominio dei popoli. Tutte le religioni vogliono la pace, capito?". Quindi più che una manovra subdola degli islamici per riscattare costi quel che costi l'islam, la realtà si configura come la deliberata volontà di suicidio della Chiesa, perché è il Papa stesso che si spende per assolvere l'islam costi quel che costi, sconfessando le prove inconfutabili della matrice islamica dell'atroce crimine di un sacerdote cattolico e più in generale la verità storica dell'islam che è sempre stato intrinsecamente violento, conflittuale al suo interno, aggressivo e colonialista all'esterno per sottomettere i non musulmani.
Un giorno la Storia individuerà nell'immagine del sacerdote di 86 anni che viene sgozzato da due connazionali islamici ventenni, mentre recita la messa all'interno di una chiesa pressoché vuota con soli 4 fedeli anziani, il simbolo non solo della morte del cristianesimo come fede e cultura, ma anche dell'eutanasia dell'Europa decadente, vecchia, scristianizzata, senz'anima, al punto di vergognarsi delle proprie radici cristiane. Nel coltello che recide la fonte che veicola la nostra spiritualità cristiana c'è la sintesi di una folle strategia che ha intenzionalmente voluto scardinare le nostre radici, relativizzare le fondamenta della nostra civiltà fino a negare la nozione stessa di verità, abbandonarci a un tracollo demografico pressoché irreversibile, favorire la sostituzione delle nostre società, affermare ovunque nel mondo una umanità meticcia, omologata, omogeneizzata, in cui ciascuno di noi sarà ridotto a semplice produttore e consumatore di materialità.
Non sono i musulmani che dobbiamo invitare in chiesa, ma i cristiani. Dobbiamo ripopolare le chiese di cristiani, non relativizzare il cristianesimo legittimando l'islam. Dobbiamo mobilitarci tutti, cristiani e laici, credenti e non, per liberarci dall'islam e salvaguardare l'unica civiltà che garantisce a tutti, inclusi i musulmani, la vita, la dignità e la libertà.
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:53 am

Bandire l'Islam prima che distrugga l'Europa - L'Islam è il culto idolatra, politico religioso, dell'orrore e del terrore, il culto di morte dell'idolo Allah e del suo profeta e primo terrorista assassino islamico, modello per tutti i mussulmani, da sempre, per sempre e ovunque.
Chiediamo al Papa cattolico romano, quanti cristiani, europei, occidentali ed altri innocenti del mondo, dovranno ancora morire prima che il suo "D-o o idolo cristiano del perdono, della fraternità e dell'amore universale" sia sazio, del sangue delle vittime, del martirio dei cristiani, degli innocenti di tutto il mondo, di ogni colore e di ogni credo religioso, e si scagli contro questo credo idolatra di morte che è l'Islam.

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8073159753
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:54 am

PAPA O IMAM ? ALLA FINE BERGOGLIO PARLO'. IN DIFESA DELL'ISLAM.

https://www.facebook.com/19726832706071 ... 0529731157

Alla fine ha dovuto parlare. Trovandosi sul volo per Cracovia, davanti a dei giornalisti Bergoglio ha dovuto rispondere a una domanda su padre Jacques, il prete francese sgozzato sull'altare.
E davvero ha fatto cascare le braccia ancora una volta... È avvilente constatare una tale superficialità e una così ostinata difesa dell'Islam, lui che è sempre feroce quando deve attaccare la Chiesa e i cristiani.
Oltretutto la sua impreparazione e la sua miseria culturale risaltano in modo sconcertante in queste occasioni...
Quando si tratta di fatti o domande che sono fuori dai suoi schemi ideologici infatti, prima se la cava ripetendo cose già dette mille volte e mai approfondite, mai oggetto di vera e profonda riflessione ("Il mondo è in guerra, guerra a pezzi. C’è stata quella del 1914, con i suoi metodi, poi quella del 1939-45 e adesso questa").
Poi balbetta qualche frasetta di circostanza sull'episodio specifico ("Questo santo sacerdote, morto proprio nel momento in cui offriva la preghiera per la pace").
Quindi arriva la banalità "alla Catalano". Come questa: "il mondo è in guerra perché ha perso la pace".
Alla fine però pronuncia sempre la frase con cui fa capire il suo vero intento, ciò che intende assolutamente dire. In questo caso voleva difendere l'Islam, voleva sostenere (con grande sprezzo del ridicolo) che l'Islam non c'entra niente con quello che sta accadendo.
Così Bergoglio ha detto testualmente: «una sola parola vorrei dire per chiarire: quando parlo di guerra intendo guerra sul serio, non di guerra di religione. Parlo di guerre di interessi, per soldi, per le risorse della natura, per il dominio dei popoli».

COME CHIUNQUE PUO' CAPIRE, QUESTA COLOSSALE ASSURDITA' NON C'ENTRA ASSOLUTAMENTE NULLA CON IL FATTO IN QUESTIONE.
QUA CI SONO MUSULMANI, INTEGRATI IN EUROPA, CHE (SENZA ESSERE NE' POVERI , NE' EMARGINATI), SOLO PER ODIO IDEOLOGICO, SONO ENTRATI IN UNA CHIESA E HANNO SGOZZATO IL PRETE MENTRE CELEBRAVA LA MESSA.
LA SCIOCCHEZZA DETTA DA BERGOGLIO DERIVA DA UNA SOTTOCULTURA MARXISTA (QUELLA CHE CIRCOLA NELLA DEVASTATA CHIESA SUDAMERICANA) CHE RIDUCE TUTTO ALL'ECONOMIA COME MOTORE DELLA STORIA.
IGNORANTE DI STORIA (OLTRECHE' DI TEOLOGIA) BERGOGLIO NON VEDE ALTRI MOVENTI DELLE AZIONI UMANE CHE L'ECONOMIA, NON HA MAI SENTITO PARLARE DI UN SECOLO, IL NOVECENTO, IN CUI LE IDEOLOGIE HANNO DEVASTATO INTERI POPOLI, SOLO PER IL VELENO DELLA MENZOGNA E DELL'ODIO (SENZA ALCUN SENSO ECONOMICO).
E' stupefacente che un Papa non sappia che il più forte movente della storia è spirituale. Viene perfino da chiedersi che concezione dell'uomo abbia....
Peraltro per il terrorismo islamico è stato dimostrato mille volte che non c'è alcuna causa sociale ed economica, se non una SETE DI DOMINIO E DI CONQUISTA IDEOLOGICA CHE DURA DA 14 SECOLI.
Ma Bergoglio ha voluto ripetere questa sua baggianata PER DIFENDERE L'ISLAM proprio mentre in nome di questa religione dei gruppi di fanatici perpetrano stragi e attentati.
Solo Bergoglio lo ignora. Anzi, lui oggi è arrivato a dire: «Non parlo di guerra di religione. Le religioni, tutte le religioni, vogliono la pace».
Tutte le religioni vogliono la pace? Ha mai sfogliato il Corano? Ha mai letto una storia dell'Islam?
Quella di Bergoglio è una negazione dell'evidenza. E' la classica MENZOGNA DELL'IDEOLOGIA.
Ne abbiamo visti tanti, nel Novecento, che, accecati dall'ideologia, negavano anche le evidenze più clamorose...
Oltretutto l'incredibile frase di Bergoglio implica che le religioni siano tutte buone e ciò configge con tutto l'insegnamento della Chiesa e della Sacra Scrittura. Ci sarebbe da chiedergli: anche le religioni che praticavano sacrifici umani volevano la pace?
Peraltro Bergoglio non si è limitato a dire questa menzogna (cioè che "tutte le religioni vogliono la pace"), ma ha aggiunto: «La guerra la vogliono gli altri. Capito!».
E questa è una delle sue gaffe. Perché se a volere la guerra sono "gli altri" estranei alle religioni, ne conseguirebbe che questi "altri" sarebbero gli atei, coloro che non hanno religione.
Ma Bergoglio si guarda bene dall'attaccare atei, miscredenti e agnostici, anzi proprio in quel mondo ha i suoi più cari amici e i suoi più sfegatati fans.Non si ricorda nemmeno un suo discorso contro l'ateismo e la miscredenza...
Come si vede dunque: un disastro.
Mi limito perciò a rilanciare un post di Sandro Magister che proprio stamani ha riproposto un testo del gesuita padre Samir Khalil Samir S.I., grandissimo esperto di Islam e professore al Pontificio Istituto Orientale di Roma, di cui è stato anche rettore ad interim.
"Negli anni di Benedetto XVI fu l'islamologo più ascoltato in Vaticano", dice Magister. Ma evidentemente non è ascoltato oggi. Infatti il suo testo ha questo titolo: È FALSO DIRE CHE "L'ISLAM È UNA RELIGIONE DI PACE"
Sembra la precisa risposta (in anticipo) alla bergogliata di oggi.
Padre Samir scrive testualmente: "Se si continua a dire che 'l’islam è una religione di pace', creiamo solo confusione e mistificazione".
E' DESOLANTE CHE, IN QUESTO MONDO ALLA DERIVA, OGGI, ANCHE DA UNA CATTEDRA CHE DOVREBBE DISPENSARE LA LUCE DELLA VERITA', SI PROPAGHI SOLO CONFUSIONE E MISTIFICAZIONE.
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Re: El Papa buxiaro e l'enfernal ałeansa co l'Ixlam

Messaggioda Berto » gio ago 11, 2016 7:55 am

Gli imam: "Musulmani a messa con i cattolici". L'appello accolto dai vescovi: "Un gesto enorme e senza precedenti"
Il Fatto Quotidiano
di F. Q. | 29 luglio 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... ti/2943808

Da una parte l’invito degli imam francesi e delle comunità musulmane italiane: “Domenica andiamo in chiesa, a messa, insieme ai cattolici”. Dall’altra le porte spalancate dei vescovi, delle autorità e dei giornali cattolici: “Un gesto enorme” lo definisce la Conferenza episcopale italiana. Un dialogo interreligioso per rispondere all’attacco terroristico di Rouen, dove un prete è stato ucciso in chiesa, durante un rito religioso, da due giovani che avevano inneggiato allo Stato islamico. Il Consiglio francese del culto musulmano ha invitato “i responsabili delle moschee e i fedeli di recarsi in una chiesa in occasione della messa di domenica mattina, per esprimere nuovamente ai nostri fratelli cristiani la solidarietà e la vicinanza dei musulmani di Francia”.

L’esortazione del Cfcm arriva dopo il “vile assassino” di padre Jacques Hamel, sgozzato il 26 luglio nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, a sud di Rouen, in Normandia. Per l’organismo si tratta di un gesto inedito e dal carattere simbolico a sostegno della fratellanza tra le due religioni con più fedeli nel mondo. Una presa di posizione fortissima che vuole condannare apertamente la violenza dei due terroristi autoproclamatisi “fedeli musulmani e leali appartenenti a Daesh“- che ha rivendicato il gesto – che tre giorni fa hanno preso in ostaggio in una chiesa due suore, almeno due fedeli e sgozzato il sacerdote 86enne. I due killer sono poi stati eliminati dalle forze dell’ordine locali. Il Consiglio ha esortato gli imam delle 2.500 moschee transalpine “a ricordare il sistema preponderante che occupa nella religione musulmana il rispetto delle altre fedi, come il rispetto degli uomini di culto che le rappresentano”.

Anche l’italiana Coreis favorevole all’appello - La decisione del Centro per il culto musulmano francese è stato fatto proprio anche dall’italiana Coreis, affinché i fedeli di Maometto siano domenica a messa per dare ai cattolici un esempio concreto della loro opposizione al terrorismo. “E’ un gesto enorme, mette fuori gioco chi vuole dividere, chi vuole una strategia del terrore” ha commentato il portavoce della Conferenza episcopale italiana, don Ivan Maffeis. “Il presidente Bagnasco aveva chiesto un segno, di far sentire la loro voce” perché “la strada non sono i muri” ed “è arrivato”.

Avvenire: “Gesto enorme, vedremo quanti musulmani aderiranno” - “Sarebbe una cosa grande. Se anche solo uno su dieci dei cinque milioni di islamici che vivono in Francia rispondesse all’appello del Consiglio francese per il culto musulmano e domenica si recasse in una chiesa, nell’ora della Messa, in segno di solidarietà dopo l’attentato avvenuto a Rouen, sarebbe davvero una cosa grande”. A scriverlo è l’Avvenire che ha precisato che “purtroppo siamo abituati al cinismo e al pessimismo, e quasi fatichiamo a crederci”. Per il quotidiano cattolico comunque “intanto però si può dire che già questo appello è ciò che si sperava, uno dei segni che si attendevano. Non solo la presa di posizione di un imam o di un altro, ma l’invito a un gesto corale” contro quella che il giornale definisce “una minoranza aggressiva”.

“Un segnale incoraggiante, senza precedenti” – “Questo gesto è più che mai necessario in questo momento drammatico dove soffiano sinistri i fuochi di chi evoca una guerra di religione” ha commentato Famiglia Cristiana. Per la rivista italiana l’esortazione “ora tocca ai musulmani reagire, accogliere l’appello, farsi prossimi ai fedeli cattolici scossi dal barbaro assassinio di un sacerdote inerme che ha speso la sua vita per il dialogo e la riconciliazione“.

“Gesto simbolico è assolutamente apprezzabile ma non è sufficiente” – “Abbiamo bisogno di contrastare l’eccesso di separatezza. Per questo siamo andati con studenti e adolescenti in alcune chiese di Roma come San Pietro. Più che un gesto simbolico è necessario impostare un lavoro permanente di conoscenza e di avvicinamento ad un luogo della religione della maggior parte degli italiani: le chiese cattoliche”. Così il portavoce della Grande Moschea di Roma, Omar Camiletti, in un’intervista il telegiornale di Tv2000, ha commentato la decisione dei membri dell’Institut des Hautes Etudes Islamiques di unirsi domenica prossima alla messa nelle principali città francesi. “Per noi musulmani – ha aggiunto Camiletti in merito allo sgozzamento di padre Jacques Hamel – attaccare un luogo sacro e un uomo di Dio è un’azione veramente incredibile e sconcertante. Viviamo un sentimento di indignazione e repulsione. Oggi l’imam nella più grande moschea d’Europa ha sottolineato l’importanza di creare sempre un rapporto di fiducia e lealtà per consigliare le persone che perdono il senso e il significato vero dell’Islam. Non può esistere una religione che si rivolge all’odio, è un controsenso”.



Islamici a Messa, Cei soddisfatta. Salvini: "È ignorante o complice"
Islamici in chiesa coi cattolici. Bagnasco: "È un primo passo". Ma Salvini lo attacca: "Islam incompatibile con le nostre libertà e i nostri diritti"
Sergio Rame - Dom, 31/07

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 91621.html


Quindicimila musulmani hanno aderito all'invito degli imam ad andare alla Santa Messa con i cattolici.

Un gesto pensato per dimostrare solidarietà dopo la brutale esecuzione di padre Jacques Hamel che è stato sgozzato da due jihadisti nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray. La preghiera comune, però, non basterà a proteggerci dalla furia degli islamici radicalizzati. "Oggi l'Islam non è compatibile con le nostre libertà e i nostri diritti - tuona Matteo Salvini - chi non lo capisce o è illuso o è ignorante o è complice".

Per sconfiggere il terrorismo islamico, non è sufficiente rinnegarlo. Servono, piuttosto, gesti concreti che comportano una presa di posizione netta delle comunità musulmane che devono, in primis, condannare e isolare i fedeli radicalizzati. Ma tutto questo non basta. È necessario che gli imam denuncino i sospetti terroristi e che rompino, una volta per tutte con le dottrine dell'islam seguite dai terroristi dell'Isis. È, poi, fondamentale la rinuncia, senza se e senza ma, ai finanziamenti da associazioni sospette di avere a che fare con il terrorismo. Per il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco,la presenza dei musulmani nelle chiese va comunque considerato un primo passo, "un inizio" di un "percorso nuovo". Un gesto per il quale Bagnasco si dice "molto lieto e molto grato", come lo sono anche "le nostre comunità cristiane". Una gratitudine per "questa pronta risposta a un appello che aspettavamo" e che costituisce una "condanna netta e permanente, senza se e senza ma".

I toni positivi della Cei sono stati duramente criticati da Salvini. Che su Facebook ha attaccato i vescovi: "Qualcuno è felice perché qualche islamico oggi va a Messa. Poveri illusi". E li invita ad andarsi a leggere la Dichiarazione Islamica dei diritti dell'uomo del 1981 o la Dichiarazione del Cairo dei diritti umani dell'Islam del 1990 dove sta scritto che "la legge islamica prevale su tutto e tutti". "Il resto sono palle - ha concluso il leader della Lega Nord - oggi l'islam non è compatibile con le nostre libertà e i nostri diritti. Chi non lo capisce o è illuso o è ignorante o è complice".
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