El miracoło economego del bankiere de Hitler

El miracoło economego del bankiere de Hitler

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 8:27 pm

El miracoło economego del bankiere de Hitler
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Re: El miracoło economego del banckhiere de Hitler

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 8:28 pm

Il miracolo economico del banchiere di Hitler
09 mercoledì Mar 2016
Hjalmar Schacht

http://www.rapportoaureo.it/?p=1282

Premessa
Questo articolo si propone di affrontare dal punto di vista libero da qualsiasi interpretazione ideologica, quali furono i fattori economici e politici che resero possibile il boom economico tedesco a partire dal 1933. Così come per tutti gli articoli presenti in questo blog, l’unico proposito che ci anima è quello di studiare la moneta e l’economia per cercare di trovare delle soluzioni alla crisi che sta distruggendo il nostro popolo. Pertanto ogni tentativo di strumentalizzazione scaturente da un processo ideologico verrà respinto al mittente.

C’era una volta Weimar
La Repubblica di Weimar, nata nell’agosto del 1919 con la firma della nuova Costituzione da parte del primo presidente Friederich Ebert, aveva dato il colpo di grazia alla Nazione tedesca, uscita con le ossa rotte dalla prima guerra mondiale: 7 milioni di disoccupati, pari a un terzo della forza produttiva, avevano letteralmente portato al collasso sociale ed economico la Germania. Già nel 1923 la fragile Repubblica di Weimar non era più in grado di onorare i debiti sanciti dalla conferenza di Versailles e l’invasione da parte dei francesi della Ruhr, la più importante regione industriale tedesca, inflisse un altro colpo di grazia ai tedeschi. Le misure che prese il governo per far fronte al collasso furono quelle di stampare moneta, causando un iperinflazione mai vista prima: il Piepermark passò velocemente da un valore pari a 4,2 per dollaro statunitense a 4.200.000.000.000, tanto che venne introdotta una nuova valuta con il tasso di cambio di 1 000 000 000 000 di vecchi marchi per 1 nuovo marco, il Rentenmark. I pagamenti delle riparazioni vennero ripresi e la Ruhr restituita alla Germania.

Il disastro di Weimar proseguì seguendo i dettami dell’austerità (ricorda qualcosa?) con i conseguenti tagli alla spesa pubblica, tagli dei servizi, privatizzazioni e aumento delle tasse. L’indebolimento dell’economia e l’enorme peso del debito ebbero le loro conseguenze anche sui rapporti internazionali: la Germania era diventata un agnellino che per essere riammesso al tavolo delle trattative con le altre nazioni dovette accettare la perdita dell’Alsazia e della Lorena sottoscrivendo gli accordi di Locarno con cui veniva imposta anche la smilitarizzazione della Renania.

Anche se la Germania veniva “riabilitata” nel tavolo internazionale con l’ingresso nella Società delle Nazioni e con la firma del trattato Briand-Kellog, la situazione economica era molto sentita all’interno del Paese e la Grande Depressione diede la mazzata finale alla fragile Weimar: l’ultimo Presidente Brüning affrontò la nuova tempesta monetaria con la solita ricetta liberista: riduzione della spesa e tasse, ma nel 1933 i tedeschi scelsero una forza antisistema dando fiducia al NSDAP di Adolf Hitler.

Il miracolo economico
7 milioni erano i disoccupati tedeschi nel 1933, nel Gennaio del ’34 calano a 3,7 a Giugno arrivano a 2,5. Nel 1936 calano a 1,6 milioni e nel 1938 sono 400.000. In soli 5 anni la Germania passa da stato devastato a grande potenza mondiale. Cosa è successo? Generalmente – e molto banalmente – viene attribuito questo miracolo economico all’industria bellica tedesca, ovvero alla corsa al riarmo voluta da Hitler, ma in realtà ad assorbire tutta la manodopera di disoccupati furono il settore edile (+209%) l’industria automobilistica (+117%) e il settore siderurgico (+83%). Un boom mai visto prima che impone a chiunque voglia comprendere cosa sia successo realmente una domanda: come ha fatto Hitler? Dove ha preso i soldi?

La nostra esperienza diretta ci insegna che il sistema delle banche centrali può creare denaro in quantità illimitata, denaro che viene emesso e prestato con un tasso di interesse che varia a seconda degli obiettivi di politica economica che la banca si pone. Basti guardare alle numerose manovre portate avanti da Mario Draghi con le varie LTRO e TLTRO per comprendere quanto denaro è stato immesso nel circuito finanziario e quanto ne è stato gradualmente ritirato quando la BCE ha chiesto i soldi che crea dal nulla indietro. Di fatto la crisi continua imperterrita a schiacciare i popoli europei. Quindi cosa fece la Germania Nazista? Quale fu la politica economica e monetaria? Ben poche persone conoscono la figura che sta dietro alla rinascita economica tedesca negli anni del nazionalsocialismo, il vero artefice del miracolo: fu l’ebreo Hjalmar Schacht, insignito direttamente dal Fürer dal titolo di “ariano d’onore”.

Cos’ha fatto Schacht
Schacht fu Governatore della Reichsbank dal 1933 al 1939 e fu Ministro dell’economia e finanze della Germania Nazionalsocialista fino al 1937, la politica economica del banchiere di Hitler è riassunta bene in questi 3 punti che prendiamo in prestito da un articolo di rischiocalcolato.it:

1. Disoccupazione.
Oltre a costituire un immenso dramma umano, una disoccupazione oltre il 50% costituita in concreto quanto serio pericolo per l’ordine e la stabilità politica del Paese. A differenza di Roosevelt, che finanziava aziende che curavano quindi grandi opere pubbliche, operazione non priva di attriti e diseconomie, Schacht suggerì di inquadrare i disoccupati in una sorte di organizzazione paramilitare che garantisse un minimo di ordine e la sopravvivenza loro e delle loro famiglie. Questa enorme forza lavoro fu direttamente impiegata in grandi opere infrastrutturali, quali la costruzione di autostrade, aeroporti, stazioni e rete ferroviaria, ma anche e soprattutto direttamente come maestranze nell’industria, che si trovava così ad operare senza alcun costo del lavoro. Appena vi erano segnali di miglioramento, questa organizzazione congedava quelle persone, e solo quelle, che avrebbero potuto essere assunte dall’industria in ripresa. Non erano previsti quindi sussidi di disoccupazione.

2. Ripresa dei commerci:
il baratto ed abolizione della moneta. In una situazione depressiva mondiale i commerci internazionali erano di fatto nulli. Schacht reintrodusse nel sistema economico il baratto, merce contro merce. Da manuale la sua operazione con l’Argentina, all’epoca la principale esportatrice di granaglie e carne ed a quel tempo con l’export azzerato. Con reciproca ampia soddisfazione Schacht iniziò una serie di baratti tra i prodotti industriali tedeschi contro granaglie e carne, stabilendo di volta in volta le equivalenze. Questa operazione concorse a raggiungere diversi obiettivi: la Germania aveva di che mangiare, cosa non da poco dato il momento, l’industria tedesca aveva ordinativi, e quindi iniziava a riprendersi ed a poter riassumere personale e maestranze, l’Argentina usciva rapidamente dalla depressione. Questo sistema evitava ogni forma di intermediazione e l’esportazione di valuta.

3. I Mefo.
Con il progetto Mefo il genio di Schacht raggiunse vette impensabili. Dapprima Schacht fondò la società Metallurgische Forschungsgesellschaft m. b. H. (Mefo) con capitale sociale di un milione di marchi, ben presto azzerato da un’inflazione a nove zeri. Questa società aveva la caratteristica di non esistere: per intenderci, non aveva né sede né personale. Quindi la Mefo si mise ad emettere un gran numero di buoni Mefo, una sorta di cambiali a tre mesi, talora di durata maggiore, che la Reichsbank puntualmente rinnovava, e che potevano girare solo in Germania. Questi buoni erano denominati in una pleiade di valori: dai marchi, a valute straniere, merci, immobili, lavoro, e via quant’altro. La Banca centrale rinnovava questi Buoni secondo “equità”, ossia mantenendone il reale potere di acquisto in funzione dell’uso e dell’utente. Ovviamente, mai a nessuno venne in mente di portare i Mefo allo sconto.

In buona sostanza, i Buoni Mefo raggiunsero un volume di oltre 12 mld marchi, contro un debito pubblico di 19, senza causare la minima inflazione e sfuggendo, per di più, ad ogni forma di contabilizzazione nel bilancio dello Stato, che tornò nel giro di due anni in pareggio.

Una discreta parte dei Mefo terminò la sua vita trasformati dapprima in Mefo immobiliari e quindi in obbligazioni a base immobiliare, gradatamente riassorbite nel mercato ordinario. Si noti comunque che, dato il tipo di questa operazione, nessuno aveva interesse a tenere una contabilità degna di quel nome. La stragrande maggioranza dei tedeschi non ne seppe nemmeno della loro esistenza.

Conclusioni

Germany's Nazi leader Adolf Hitler is seen with Hjalmar Schacht, right, President of the Reichsbank, during the laying of the foundation stone ceremony for the new building of the German Reichsbank in Berlin, Germany, on May 5, 1934. (AP Photo)

Insomma, Schacht fu un vero e proprio genio della finanza dell’epoca, un uomo capace di cambiare il corso dell’economia e della storia con la sua creatività finanziaria, ma soprattutto con la sua profonda conoscenza dello strumento che dà vita alle operazioni economiche: la moneta. Fu il grande consenso raccolto dal regime nazista a creare le basi per un mezzo monetario libero dal debito e basato sulla fiducia, che è l’unica materia di cui è composto il simbolo monetario.

Il genio di Schacht è stato di recente anche celebrato dal Financial Times, il quotidiano della finanza americana e mondiale, con un articolo in cui da una parte si elogia il banchiere tedesco e dall’altra si mette in guardia dai movimenti “populisti” come quelli in Francia con Marine Le Pen o come le destre e il M5S in Italia, che a lungo termine porterebbero – secondo gli analisti del Financial Times – dei veri e propri disastri (forse per la finanza internazionale, aggiungiamo noi…).

Siamo ormai arrivati al punto in cui una svolta nel sistema economico e finanziario è l’unica vera via di uscita da questo incubo, serve una rivoluzione copernicana in grado di offrire nuove soluzioni al sistema del credito e al sistema monetario. Ma per arrivare a ciò occorre prendere sempre più conoscenza della moneta, comprendere il meccanismo truffaldino che si cela dietro il debito e diffondere il verbo abbattendo ogni limite d’appartenenza ideologica.
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Re: El miracoło economego del banckhiere de Hitler

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 8:29 pm

https://it.wikipedia.org/wiki/Hjalmar_Schacht
Hjalmar Horace Greeley Schacht (Tingleff, 22 gennaio 1877 – Monaco di Baviera, 3 giugno 1970) fu un importante economista, presidente della Reichsbank, la banca centrale tedesca, e ministro dell'economia nella Germania nazista dal 1935 al 1937.
Schacht nacque a Tingleff (allora in Germania, ora in Danimarca), figlio di William Leonhard Ludwig Maximillian Schacht e della baronessa danese Constanze Justine Sophie von Eggers. I suoi genitori, memori dei trascorsi negli Stati Uniti, scelsero il suo nome in omaggio al giornalista Horace Greeley. Schacht studiò medicina, filologia e scienze politiche e si laureò in economia nel 1899.
...
In virtù di questi meriti venne nominato Plenipotenziario Generale per l'economia di Guerra nel maggio del 1935; nell'agosto del 1935 si trovò però in disaccordo con Julius Streicher ed i suoi scritti anti-ebraici sul Der Stürmer. Schacht venne rimosso dalla carica di Ministro dell'economia nel novembre del 1937 a causa di disaccordi con Hitler ed Hermann Göring sulle eccessive spese militari che, secondo Schacht, avrebbero portato ad una catastrofica inflazione. Fu comunque soprattutto una questione ideologica, derivante dalla differenza tra il conservatorismo politico della destra tradizionale e quello "rivoluzionario" del nazionalsocialismo. Sia la sua politica delle export-import, sia il suo continuo desiderio di riaffermare il potere coloniale della Germania, sia la sua decisione di partecipare alla guerra civile spagnola, derivavano dalla sua vocazione imperialistica basata su una "conservatrice" ma aggressiva Weltpolitk, che vedeva nella creazione di imperi informali e coloniali la corretta via di sviluppo imperiale per l'economia tedesca; dopo il 1937 la Germania nazista cambiò la sua linea politica, o meglio si conformò con la linea rivoluzionaria nazista sempre preferita da Hitler, che vedeva nella ricerca di Lebensraum il "destino imperiale tedesco". Mantenne la carica di presidente della Reichsbank fino a quando Hitler non gli impose le dimissioni nel gennaio del 1939. Schacht mantenne comunque il titolo di Ministro senza portafoglio e ricevette lo stipendio di Presidente della Reichsbank fino al gennaio del 1943, quando venne posto in definitivo congedo. Fu incarcerato durante la caccia alle streghe seguita al fallito attentato ad Hitler, cosa che gli giovò molto al processo di Norimberga.

Il processo di Norimberga

Subito arrestato dagli Alleati fu accusato di crimini contro la pace nel Processo di Norimberga. Si difese sostenendo di essere soltanto un banchiere e un economista, anche se le prove indicavano che aveva partecipato a riunioni che avevano lo scopo di portare i nazionalsocialisti al potere e che aveva contribuito ad aggirare il Trattato di Versailles. Pur avendo direttamente finanziato l'ascesa del movimento nazista, l'accusa al processo non riuscì sottoporre le prove del suo diretto coinvolgimento nella preparazione della guerra aggressiva e venne dichiarato "non colpevole" (unico insieme a Franz von Papen e a Hans Fritzsche).


Il dopoguerra

Liberato dagli Alleati nel 1946, fu riarrestato immediatamente dalle autorità tedesche e processato nel corso dei processi di denazificazione seguiti al conflitto. Condannato alla pena di otto anni di lavori forzati, fu rilasciato nel settembre del 1948. Dopo la liberazione definitiva, Schacht fondò la Düsseldorfer Außenhandelsbank Schacht & Co. e divenne consigliere economico e finanziario per i paesi in via di sviluppo. Morì il 3 giugno 1970 a Monaco di Baviera.
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Re: El miracoło economego del banckhiere de Hitler

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 8:29 pm

Hjalmar Schacht, il Banchiere ebreo di Hitler
martedì 18 marzo 2014

http://www.progettoatlanticus.net/2014/ ... eo-di.html

Quando Hitler sale al potere, la Germania soffre di una crisi industriale enorme, paragonabile a quella americana, con la relativa gigantesca disoccupazione. Ma a differenza degli Stati Uniti, per di più è gravata da debiti esteri schiaccianti. Non solo il debito politico, il peso delle riparazioni; anche il debito commerciale è pauroso.

Le sue riserve monetarie sono ridotte quasi a zero.

Inoltre, s’è prosciugato totalmente il flusso dei capitali esteri, che si presumevano necessari alla sua rinascita economica. La Germania insomma non ha denaro,ha perso i suoi mercati d’esportazione, è forzatamente isolata - dalla recessione mondiale - dal mercato globale. Costretta a un’economia a circuito chiuso, nei suoi angusti confini.

Ma proprio da lì, comincia a rinascere. Come?

Secondo Rauschning, i nazisti “si basavano sulle idee sempliciste del loro fuehrer, e s’erano creati una teoria monetaria che suonava pressappoco così: le banconote si possono moltiplicare e spendere a volontà,purché si mantengano costanti i prezzi”.

Hitler lo diceva con esplicita brutalità: “dopo l’eliminazione degli speculatori e degli ebrei, si dispone di una sorta di moto perpetuo economico, di circuito chiuso il cui movimento non si arresta mai. Il solo motore necessario per questo meccanismo è la fiducia. Basta creare e mantenere questa fiducia, sia con la suggestione sia con la forza o con entrambe” (3)

Sono idee sempliciste. O anche assurde sul piano della teoria economica: creare inflazione (stampare carta moneta) senza far salire i prezzi - e senza ricorrere al razionamento dei consumi, alle tessere del pane, come stava facendo Stalin negli stessi anni.

Eppure funzionano.

A causa del suo grande indebitamento estero, la Germania non può svalutare la moneta: questa misura renderebbe più competitive le sue esportazioni, ma accrescerebbe il peso del debito. Fra le prime misure del Terzo Reich c’è dunque il riequilibrio del commercio, perché il deficit commerciale non può più essere finanziato come si fa in periodi normali. Di fatto, la libertà di scambio viene sostituita da Hitler da meccanismi inventivi.

I creditori della Germania vengono pagati con marchi (stampati apposta, moneta di Stato) che però devono essere utilizzati solo per comprare in Germania merci tedesche.

Ben presto, questo sistema sviluppò, quasi spontaneamente, accordi internazionali di scambio per baratto: la Germania non aveva più bisogno di valuta estera (dollari o sterline) per comprare le materie prime di cui necessitava, perché non vendeva né comprava più.

Per il grano argentino, dava in cambio i suoi (pregiati) prodotti industriali; per il petrolio dei Rockefeller, armoniche a bocca e orologi a cucù.

Prendere o lasciare, e le condizioni di gelo del mercato globale non consentivano ai Rockefeller di fare i difficili.

Per i pochi commerci con esborso di valuta, il Reich impose agli importatori tedeschi un’autorizzazione della Banca Centrale all’acquisto di divise estere; il tutto presto fu facilitato da accordi diretti con gli esportatori, che disponevano di quelle divise e le mettevano a disposizione. I negozi sui cambi avvenivano dunque, “dopo l’eliminazione degli speculatori e degli ebrei”, senza che fosse necessario pagare il tributo ai banchieri internazionali.

Controllo statale dei cambi e del commercio estero sono praticati nello stesso periodo dall’Urss, con atroce durezza: ma con risultati miserandi.

Il controllo nazista dei cambi e dei commerci esteri invece, deve ammettere lo storico, “dà alla politica economica tedesca una nuova libertà”.

Anzitutto, perché il valore interno del marco (il suo potere d’acquisto per i lavoratori) è stato svincolato dal suo prezzo esterno, quello sui mercati valutari anglo-americani.

Lo Stato tedesco può dunque praticare politiche inflazioniste, stampando la moneta di cui ha bisogno, senza essere immediatamente punito dai mercati mondiali dei cambi (governati da speculatori ed ebrei) con una perdita del valore del marco rispetto al dollaro. E il pubblico tedesco non riceve quel segnale di sfiducia mondiale consistente nella svalutazione del cambio della sua moneta nazionale.

Così, Hitler può stampare marchi nella misura che desidera per raggiungere il suo scopo primario: il riassorbimento della disoccupazione. Grandi lavori pubblici, autostrade e poi il riarmo, forniscono salari a un numero crescente di occupati.

I risultati sono, dietro le fredde cifre, spettacolari per ampiezza e rapidità.

Nel gennaio 1933, quando Hitler sale al potere, i disoccupati sono 6 milioni e passa.
A gennaio 1934, sono calati a 3,7 milioni. A giugno, sono ormai 2,5 milioni.
Nel 1936 calano ancora, a 1,6 milioni.
Nel 1938 non sono più di 400 mila.
E non sono le industrie d’armamento ad assorbire la manodopera.

Fra il 1933 e il 1936,

è l’edilizia ad impiegarne di più (più 209%), seguita dall’industria dell’automobile (+ 117%);
la metallurgia ne occupa relativamente meno (+83%).

Nei fatti, la stampa di banconote viene evitata - o piuttosto dissimulata - con geniali tecnicismi. Di norma, nel sistema bancario speculativo, le banche creano denaro dal nulla aprendo dei fidi agli investitori; costoro, successivamente servendo il loro debito (e anzitutto pagando gli interessi alla banca), riempiono quel nulla di vera moneta - di cui la banca si trattiene il suo profitto (4), estraendo il suo tradizionale tributo dal lavoro umano. Ma naturalmente questo metodo genera inflazione, perché mette in circolazione moneta aggiuntiva; e Hitler vuole - deve - risparmiare al suo popolo, che ha già conosciuto l’esplosione inflattiva del 1922-23, un’altra disastrosa esperienza del genere.

Nel sistema hitleriano, è direttamente la Banca Centrale di Stato (Reichsbank) a fornire agli industriali i capitali di cui hanno bisogno.

Non lo fa aprendo a loro favore dei fidi; lo fa autorizzando gli imprenditori ad emettere delle cambiali garantite dallo Stato. È con queste promesse di pagamento (dette’ effetti MEFO ‘) che gli imprenditori pagano i fornitori.

In teoria, questi ultimi possono scontarle presso la Reichsbank ad ogni momento, e qui sta il rischio: se gli effetti MEFO venissero presentati all’ incasso massicciamente e rapidamente, l’effetto finale sarebbe di nuovo un aumento esplosivo del circolante e dunque dell’inflazione.

Di fatto, però questo non avviene nel Terzo Reich.

Anzi: gli industriali tedeschi si servono degli effetti MEFO come mezzo di pagamento fra loro, senza mai portarli all’incasso; risparmiando così fra l’altro (non piccolo vantaggio) l’aggio dello sconto. Insomma, gli effetti MEFO diventano una vera moneta, esclusivamente per uso delle imprese, a circolazione fiduciaria.

Gli economisti si sono chiesti come questo miracolo sia potuto avvenire, ed hanno sospettato pressioni dello Stato nazista, magari tramite la Gestapo, per mantenere il corso forzoso di questa semimoneta.

Ma nessuna coercizione in realtà fu esercitata.

Gli storici non hanno trovato, alla fine, altra risposta che quella che non vorrebbero dare: il sistema funzionava grazie alla fiducia.

L’immensa fiducia che il regime riscuoteva presso i suoi cittadini, e le sue classi dirigenti.

Hanno detto che Hjalmar Schacht, il banchiere centrale del Reich, ebreo, che è l’inventore del sistema, ha reso invisibile l’inflazione: gli effetti MEFO erano un circolante parallelo che il grande pubblico non vedeva e di cui forse nemmeno aveva conoscenza, e dunque privo di effetti psicologici.

In seguito Schacht (che fu processato a Norimberga ma, naturalmente, assolto) spiegò – fumosamente d’aver pensato che, se la recessione manteneva inutilizzato lavoro, officine, materie prime, doveva esserci anche del capitale parimenti inutilizzato nelle casse delle imprese; i suoi effetti MEFO non avrebbero fatto che mobilitare quei fondi dormienti. Bisogna correggere la modestia del geniale banchiere. Erano proprio i fondi a mancare nelle casse, non l’energia, la voglia di lavorare, la capacità attiva del popolo.

Schacht fece molto di più. Da ebreo, conosceva bene la frode fondamentale su cui si basa il sistema del credito, e i lucri che consente l’abuso della fiducia dei risparmiatori e degli attivi, che col loro lavoro riempiono di vero denaro i conti di denaro vuoto, contabile, che la banca crea ex-nihilo. Per una volta nella storia, un ebreo fece funzionare la frode a vantaggio dello Stato - senza lucro - e del popolo.

Non a caso, e senza nessuna intenzione sarcastica, Hitler gratificò Schacht del titolo di “ariano d’onore”: mai definizione fu meglio meritata.

Un economista britannico, C.W. Guillebaud (5), ha espresso con altre parole lo stesso concetto: “nel Terzo Reich, all’ origine, gli ordinativi dello Stato forniscono la domanda di lavoro, nel momento in cui la domanda effettiva è quasi paralizzata e il risparmio è inesistente; la Reichsbank fornisce i fondi necessari agli investimenti [con gli effetti MEFO, che sono pseudo-capitale]; l’investimento rimette al lavoro i disoccupati; il lavoro crea dei redditi, e poi dei risparmi, grazie ai quali il debito a breve termine precedentemente creato può essere finanziato [ci si possono pagare gli interessi] e in qualche misura rimborsato (6)”.

Con il denaro creato dal nulla a beneficio del popolo, anziché degli speculatori, la Germania - mentre il mondo gela nella recessione profonda degli anni ‘30 - prospera.

La massa dei salari, che ammontava a 32 miliardi di marchi nel 1932, è salita nel 1937 a 48,5 miliardi: parecchio di più della massa salariale del boom pre-1929 (42,4).

E qui gli economisti, i teorici del monetarismo e della mano invisibile del mercato, aspettano al varco l’esperimento hitleriano: quell’abbondanza di potere d’acquisto nelle tasche dei lavoratori provocherà una crescita esponenziale dei consumi, e dunque una pressione al rialzo dei prezzi. Si tenga conto che quel denaro è nelle mani di milioni di uomini e donne che sono stati disoccupati per anni, e per anni hanno vissuto nella privazione: la corsa agli acquisti di generi di consumo sarà dunque inarrestabile. Non ci sarà alcuna creazione di risparmi indicata da Guillebaud. L’inflazione sembra tanto più certa, in quanto nella Germania di Hitler, fra il 1932 e il 1937, la produzione di beni di consumo aumenta poco (+39%), specie in confronto all’enorme aumento di beni di produzione, macchinari, strade, fabbriche (+ 172%). Dunque il potere d’acquisto aggiuntivo si getterà a comprare beni relativamente scarsi, accentuando la spinta all’inflazione.

Ebbene: in Germania, l’inevitabile inflazione non si verifica.

L’indice del costo della vita, pari a 120,6 nel 1932, è nel 1937 a 125,1: in cinque anni l’inflazione sale di poco più che 4 punti.

Come mai?

Alla ricerca del trucco, gli economisti si sono chinati sul prelievo fiscale.

Certo lo Stato nazista avrà sottratto agli operai una parte notevole del loro nuovo potere d’acquisto con tributi gravosi.

In realtà, nella Germania del 1937 la percentuale del prelievo fiscale sul reddito nazionale è pari al 27,6%, appena poco di più del 26% del 1933, quando Hitler prende il potere.

Del nuovo reddito creato dalla prosperità indotta, il Reich non preleva che il 7,5%: un prelievo così mite non si è visto mai, né prima né dopo, negli Stati più liberali. E di fatto, il risparmio dei privati in quegli anni, praticamente, si quintuplica: incoraggiato dallo Stato, ma non imposto coercitivamente.

I teorici devono dunque ricorrere a spiegazioni poco scientifiche: la naturale frugalità germanica, la sua innata disciplina. Per evitare un altro termine, che spiegherebbe di più: l’entusiasmo di un popolo spontaneamente mobilitato per la propria rinascita, liberato dal giogo dei lucri bancari, che ha capito perfettamente gli scopi dei suoi dirigenti, e vi collabora con energia e creatività.

http://university-questions.over-blog.c ... 30847.html
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Re: El miracoło economego del banckhiere de Hitler

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 8:30 pm

???

http://pocobello.blogspot.it/2011/02/la ... hieri.html


lunedì 7 febbraio 2011
La Guerra di Hitler? O dei Banchieri?

di Corrado Belli
A tutti coloro che leggeranno queste righe, è chiaro che non si vuole santificare Hitler, ma nemmeno dare a lui la colpa di quello che successe con l’attacco delle truppe Tedesche contro la Polonia, dalla quale ne scaturì una guerra durata quasi 6 anni che costò la vita a 60 Milioni di persone, con questo articolo e filmato si fa chiarezza sul perché Hitler arrivò a quella decisione e da dove parti l’ordine che dette via libera alla seconda guerra mondiale, ancora oggi si cerca di capire chi è veramente il colpevole e questo stiamo cercando di fare.

HITLER KRIEG? QUELLO CHE NESSUNO VUOLE DIRE, NEANCHE COLORO CHE SANNO A VERITA' E COSA LI COSTRINGE A NON PARLARE.

Era il 22 Agosto 1939, mancavano pochi giorni allo scoppiare della seconda guerra Mondiale, rimaneva poco tempo a disposizione sia a Hitler che a tutti i capi di Stato interessati per poter fermare quella che fu una guerra voluta dai soliti ignoti che gestivano tutta l’economia Mondiale, mancavano pochi giorni per decidere se in Europa si doveva continuare a vivere in pace come descritto sul Trattato di Versaille o rompere il ghiaccio e ricominciare con le ostilità.

Era il 30 Gennaio del 1933 quando i Nazionalsocialisti presero il comando in Germania sotto il comando di Adolf Hitler, la loro vittoria fu possibile grazie al fallimento della Repubblica di Weimar che non trovava idee per una concreta Politica internazionale e che aveva portato la Germania al completo sfacelo sociale e culturale, molti giornalisti, anche quelli contrari all’ascesa di Hitler descrissero quel giorno come il momento di libertà da qualcosa che teneva il popolo tedesco soppresso e senza iniziative, le persone si sentivano finalmente libere da qualcosa che li teneva incatenate senza dare loro la possibilità di agire per il bene della comunità.

Subito dopo la presa del governo da parte di Hitler ci furono programmi (primi 4 anni) per il recupero dell’industria Tedesca che era rimasta di decenni inattiva, in poco tempo il progresso fu abbastanza notevole, la disoccupazione era quasi sparita, vennero costruite strade, scuole, istituti per la ricerca scientifica, il programma consisteva nel far apprezzare ai cittadini il valore di essere qualcosa di utile per la nazione e per gli altri, a Hermann Goering fu affidato il compito di gestire questo programma, da notare che l’industria bellica non aveva alcun ruolo significante dato che Hitler si atteneva al Trattato di Versaille e quindi non c’era motivo di riformare l’Esercito e riarmarlo, la produzione era basata per il consumo civile giornaliero e per il benessere del popolo. Era chiaro che ci voleva anche una politica ferrea al fine di educare i giovani ad un futuro, per questo furono istituiti molti gruppi Uniformati per lo più formati da giovani che giornalmente sfilavano con Bandiere a Svastica e stendardi regionali o appartenenza a qualche gruppo, ma la gente si sentiva sicura e finalmente più libera.

Il primo passo di Hitler nella Politica internazionale fu corretto e quasi infantile, più frequentava le sedute di Politica internazionale e più capiva che le controparti. Francia, Inghilterra, Russia non erano tanto felici che finalmente il popolo Tedesco si fosse liberato da quella Politica soffocante alla quale era stata costretta dalla fine della Prima guerra Mondiale, il suo primo pensiero fu quello di portare la regione Saarland sotto controllo della Germania, quella regione fu “prestata” alla Francia per 15 anni dopo la fine della prima Guerra Mondiale (1920), durante un colloquio in Francia con il governo francese, Hitler disse chiaramente che il Saarland è costituito al 90% di cittadini Tedeschi e parlano la sua stessa Madrelingua, ma disse pure che gli abitanti del Saarland potevano scegliere tramite voto, se rimanere Francesi, Tedeschi o addirittura neutrali e fondare una loro repubblica, il 13 Gennaio 1935 il voto dato dai cittadini Saarlandesi distrusse i sogni dei Francesi, il 90,8% votò per l’aggiunzione alla Germania, questa fu la prima vittoria ottenuta con la sua Politica estera, pochi giorni dopo dette un discorso al Reichtag sottolineando che con le buone si ottiene quasi sempre tutto, durante il discorso accennò che era giunto il momento di pensare alla regione Rheinland che nel 1921 era stata smilitarizzata ma occupata militarmente dai francesi e dai Belgi che in continuazione dal 1921 al 1923 stazionavano truppe e materiale da guerra in quella regione, già nel 1925 su richiesta del governo Tedesco che protestava massivamente contro quella iniziativa Franco/Belga fu nuovamente firmato un Trattato di smilitarizzazione della Rheinland, in quell’occasione fu firmato anche un documento nella quale si dichiarava che non bisognava firmare ancora Trattati o documenti per far rispettare quello ch era stato deciso, bastava avere del buon senso e rispetto.

Ma dieci anni più tardi, la Francia firmava un Documento con la Russia nella quale era chiaramente visibile una rottura del Trattato e che andava contro la Germania, non solo, quel documento annullava anche il patto di non aggressione tra la Germania e la Polonia, ciò significava che il confine tedesco con la Polonia era in pericolo, Hitler decise di spezzare la Politica aggressiva del Governo francese nei confronti della Germania, non trovando alcuna soluzione pacifica dopo aver più volte fatto richiesta al governo francese di chiarimenti sul documento/Trattato firmato con la Russia, ordino alle sue truppe di occupare la Rheinland che ormai era rimasta senza alcuna sicurezza da parte dei francesi, la sua mossa era stata criticata anche dallo stato maggiore Tedesco perché credevano che la Francia e il Belgio avrebbero reagito militarmente, ma non fu cosi, sia la Francia che il Belgio non fecero nulla e le truppe Tedesche entrarono nella Rheinland senza trovare resistenza.

Torniamo indietro alla fine della prima guerra mondiale, tutti gli stati che presero parte alla grande guerra si riunirono e decisero che vincitori e vinti dovevano ridurre le cifre dei loro Militari al minimo, tutti decisero che la prima nazione a fare questo passo doveva essere la Germania, come stabilito sul Trattato la Germania ridusse i suoi soldati di fanteria a 100.000 uomini, la marina e l’aviazione a 15.000, ma mentre la Germania si atteneva al Trattato, la Francia, l’Inghilterra e l’America non ci pensavano affatto, anzi, triplicavano le loro forze armate di uomini e materiale, iniziarono a rimodernare le loro forze armate a ritmo elevato, rompendo cosi il Trattato firmato pochi mesi prima, alla Germania fu anche negato di modernizzare le sue truppe e arsenale bellico al fine di difesa. Nell’anno in cui Hitler (1933) prese il comando della Germania, la Francia e gli altri paesi suoi confinanti, avevano all’assieme 12 volte in più.. cioè il 97 a 1 truppe e materiale in confronto alla Germania (escludendo la Russia).

Negli anni che seguirono durante le conferenze a Ginevra, Hitler aveva fatto richiesta ben 6 volte che tutti gli stati dovevano evitare di usare alcune tipi di bombe che causano ferite inguaribili e mutilazioni, gas o altre sostanze chimiche, nessuno accettò questa sua iniziativa, visto le risposte negative che per sei volte gli furono date, cominciò a modernizzare il suo Esercito, da un piccolo esercito costituito per lo più ancora con armamento arretrato e di cavalli invece di mezzi da trasporto, in poco tempo fece il più moderno e istruito esercito del mondo.

Fatto ciò Hitler pensò di agganciare l’Austria alla vecchia madrepatria, già dopo la grande Guerra, durante le Conferenza tenutasi a Vienna tra i vincitori e gli sconfitti, fu deciso che l’Austria poteva benissimo riagganciarsi alla Germania, ma come sempre i vincitori USA, Francia e Inghilterra misero il loro veto, anche se la maggioranza dei cittadini austriaci erano d'accordo. Nel 1933 in Austria governava un Partito radicale Dittatoriale che aveva pure tolto il diritto di voto, questo governo non voleva che l’Austria si ricongiungesse alla Germania, era gestito dalle forze alleate, altri partiti come il comunismo/nazional socialisti, tutte le organizzazioni a tutela dei diritti dei lavoratori e la scuola era un diritto solo per i ricchi, nel 1934 durante un Putsch/ sommossa dei Nazionalsocialisti, fu dato ordine di sparare a vista chi portava le insegne con la Svastica, ci furono molti morti e feriti, ma il Putsch fallì, solo nel 1938 con la nomina del nuovo Cancelliere ci furono delle schiarite nella Politica Austriaca, ma come il suo predecessore non aveva intenzione di far agganciare l’Austria alla Germania, con alcuni Tricks e manipolazioni sui voti cercò a tutti i costi di evitare l’aggancio, il ministro dell’interno lo pregò tre volte di non usare la violenza e di non manipolare i voti dei cittadini, senza esito, visto ciò, il ministro dell’interno si incontrò con i suoi colleghi Tedeschi alla quale spiegò tutte le trame e i trucchi che il nuovo Cancelliere usava per annullare l’aggancio dell’Austria alla Germania, sia Hitler che Goering allora Ministro dell’Interno erano preoccupati per le manovre che il nuovo Cancelliere Austriaco metteva in atto, fecero arrivare a lui una lettera nella quale gli si comunicava di lasciar decidere ai cittadini con chi volevano stare e di non manipolare le votazioni, anche questa volta la risposta fu negativa, solo dopo che Goering minacciò di occupare l’Austria con le sue truppe, il Cancelliere Austriaco accettò di lasciar votare i cittadini e di non manipolare le votazioni, detto ciò dette le sue dimissioni e le truppe tedesche entrarono in Austria dopo che i cittadini avevano votato a favore del riaggancio dell’Austria alla Germania. Hitler venne accolto con giubilo e feste, la sua Politica estera aveva ancora una volta funzionato senza spargimento di sangue e con il consenso di milioni di cittadini, nello stesso giorno i cittadini Austriaci si riversarono in quasi tutte le grandi città tedesche, anche i soldati Austriaci avevano libero ingresso in Germania, (Hitler era di provenienza austriaca e Goering aveva vissuto per anni in Austria), il 13 Marzo di quell’anno, Hitler e il nuovo cancelliere Austriaco firmarono il protocollo di aggancio dell’Austria alla Germania in segno di amicizia che esisteva tra i due popoli e di pace, il 99,7% dei cittadini austriaci avevano votato per il SI.

Torniamo un pò indietro, dopo la fine della Grande guerra: la Cecoslovacchia fu una creatura dei Vincitori fondata nel 1919, le repubbliche che ne fecero parte furono la Rep. Ceca, la Rep. Slovacchia e una parte dell’Ucraina, tre regioni che prima di allora non avevano mai avuto una stato, lingua e cultura diversa, 6,7 Milioni Cechi, 3,1 Milioni Tedeschi, 2 Milioni Slovacchi, 700mila Ungheresi e 460mila Ucraini, la popolazione con maggioranza fu scelta quella Ceco/Slovacchia, i Tedeschi che senza fortuna avevano cercato l’aggancio all’Austria dato che vivevano ai confini esterni e quindi si proclamarono “Sudeten Deutsche” furono considerati minoranza, non trovavano lavoro, erano discriminati e anche presi di mira per atti di violenza, nonostante il Trattato di Versaille e Saint German nella quale le minoranze potevano godere della loro Autonomia e libertà di scegliere con chi agganciarsi, fu come al solito ignorato, ciò non permetteva ai cittadini di fare un referendum per poter scegliere a chi e quale stato si volesse appartenere, nel 1920 al fine di evitare sommosse, la Costituzione fu cambiata sempre a sfavore dei Tedeschi, Polacchi e Ungheresi, non avevano alcun diritto di voto e quindi annullava ogni speranza di potersi agganciare alla Germania o Austria.

Nel 1937 per la prima volta i Sudeten Deutsche chiesero al Governo Cecoslovacco di poter ottenere la loro Autonomia senza far richiesta di un aggancio alla Germania, anche Hitler fino allora non aveva avuto alcun dubbio su come i cittadini Tedeschi che vivevano nella Rep. Cecoslovacchia fossero trattati quasi da animali, dopo la richiesta di Autonomia da parte del Presidente dei Sudeten Deutsche, nel 1938 le violenze contro i cittadini Tedeschi aumentarono vertiginosamente fino alle aggressioni per strada e senza che le forze dell’ordine intervenissero pur essendo presenti sul luogo delle aggressioni, subito dopo il Presidente dei Sudeten Deutsche, ormai esasperato chiese l’aggancio alla Germania, per risposta il Governo Cecoslovacco fece applicare il tutte le 13 frazioni Tedesche il coprifuoco, dopo questa decisione anche Hitler decise di chiedere l’aggancio dei cittadini Tedeschi alla Germania dato che vivevano direttamente al confine, il 20 Settembre durante una Conferenza fatta alla svelta alla quale presero parte la Germania, Italia, Francia e Inghilterra, fu firmato un accordo che quelle terre dove vivevano i Tedeschi fosse immediatamente agganciata alla Germania, cosi fu, poco dopo le truppe Tedesche entrarono in quelle terre assicurando ai cittadini tedeschi quella sicurezza che il Governo Cecoslovacco non era stato capace di dare. Ancora una volta Hitler era stato capace senza alcun spargimento di sangue di assicurare ai suoi cittadini un pezzo di terra in cui poter vivere in pace.
Dopo aver ottenuto l’aggancio dei Sudeten Deutsche alla Germania, toccò alla Memel Land, una piccola striscia di terra in Lituania che si affacciava sul Mar Baltico, dopo la prima guerra mondiale fu affidata alla Francia sotto il suo protettorato, il Governo Lituano visto che i cittadini Tedeschi agivano in Autonomia e se la passavano meglio dei suoi cittadini, decise di appropriarsi di quel lembo di terra senza chiedere ordini alla Francia e nemmeno alla Germania, detto ciò Hitler decise di mandare le sue truppe nel Memel a tutela dei suoi cittadini, ne la Francia, la Lituania o L’Inghilterra ebbero qualcosa da dire.

Per l’ennesima volta Hitler, dopo l’Austria fece uso della forza ma senza spargimento di sangue al fin di assicurare ai cittadini Tedeschi che vivevano fuori dalla Madrepatria quella serenità e Autonomia che gli erano state date con il Trattato di Versaille ma che gli Stati a cui erano stati affidati non glielo permettevano, il 22 Marzo del 1939 il Governo Lituano e il Governo Tedesco firmarono il documento di consegna della Memel Land alla Germania dopo che la Francia e l’Inghilterra si erano rifiutate di accettare che la Lituania rimanesse in possesso di quel lembo di terra, la regione Memel, in cambio la Lituania ricevette da Hitler il consenso di uno scambio di merce e mercato libero da qualsiasi controllo e tasse per il periodo di 99 anni.

Rimaneva la città di Danzica con i suoi 340mila abitanti che si trovava in territorio assegnato alla Polonia dopo il Trattato di Versaille, nella città la popolazione era al 97% di Madrelingua Tedesca ed il 3% era costituito da stranieri compresi cittadini Polacchi, nel Trattato di Versaille sia la Francia, l’Inghilterra, l’Italia e l’America avevano dato al Governo Polacco il controllo totale della città, dal commercio alla Politica, il controllo del porto e tutta l’economia, anche se Danzica era stata dichiarata Autonoma, ma il Governo Polacco non era ancora contento, voleva di più ..cioè che la città di Danzica venisse ammessa alla Polonia e che i cittadini Tedeschi lasciassero i loro averi e possedimenti per poi tornarsene in Germania.

Già durante la conferenza di Versaille per la spartizione di territorio, il Governo Polacco si era dimostrato non contento per quello che gli era stato assegnato, il premier Polacco disse che il territorio assegnatogli era solo un acconto di quello che gli spettava, era chiaro che il governo Polacco aveva intenzione di espandere i suoi confini, dal 1920 al 1938 approfittando della debolezza del governo Russo a causa della Rivoluzione, la Polonia si permise di attaccare zone al limite dei suoi confini della Lituania, della Germania e della Cecoslovacchia, occupando ancora più terreno in rispetto al Trattato di Versaille, ne la Francia e l’Inghilterra mossero un dito per far cambiare idea alla Polonia, con queste manovre si erano già costruite le guerre per i prossimi 20 anni.

Nel 1933, l’anno in cui Hitler prese il comando in Germania, il capo Governo Polacco aveva chiesto alla Francia di firmare un Patto nella quale tutte e due gli Stati avrebbero attaccato la Germania in caso di risposta armata dopo le provocazioni a cui era sottoposta da parte della Polonia, solo dopo che la Francia aveva dato un secco NO alle proposte del Governo Polacco, il capo governo Polacco decise di firmare un Patto di non aggressione con la Germania, nel 1934 la Germania e la Polonia firmarono il Documento di non aggressione e di riconciliazione tra i due Popoli, ma rimanevano ancora alcune lacune da chiarire tra i due paesi, appunto la città di Danzica che dopo ripetute richieste della Popolazione e del Governo Tedesco di riaggancio alla Germania, gli alleati si opponevano a tale richiesta, questa richiesta sarà uno dei tre motivi per la quale la Germania fu costretta a dichiarare guerra alla Polonia.

La stessa situazione di Danzica la si vedeva nel territorio della Prussia Est, due terzi della popolazione era di origini tedesche e a causa della sua assegnazione da parte dei vincitori alla Polonia, i cittadini tedeschi erano maltrattati e lo si può ben dire sfruttati, questo è il secondo dei tre motivi, tutte le vie di comunicazioni per il rifornimento energetico della Popolazione tedesca in quelle zone passava sul territorio polacco, strade e ferrovie erano controllate dal governo polacco che incassava enormi somme di denaro per il pedaggio al fine di portare rifornimenti alla popolazione, solo per trasportare il carbone indispensabile per il riscaldamento ed altri fabbisogni, i treni provenienti dalla Germania dovevano cambiare ben otto volte il tragitto prima di arrivare a destinazione e con costi elevatissimi dato che il pedaggio doveva essere pagato in Sloti e non in Marchi, con l’entrata della crisi mondiale e la svalutazione del Marco, la Germania non poteva più permettersi il lusso di pagare elevate somme di denaro per il trasporto delle merci verso Danzica, il governo Polacco chiuse una dopo l’altra tutte le vie di comunicazione tra la Germania e la città di Danzica.

Era chiaro che si cercava di strangolare l’economia della Città, la Polonia si sentiva di avere ragione dato che il Governo tedesco aveva deciso di cambiare il metodo di pagamento per il pedaggio, non più in Sloti ma in Marchi, poco tempo dopo la Polonia minacciò la Germania di chiudere definitivamente tutti collegamenti (anche via mare), il Governo Tedesco fece la proposta di lasciare un corridoio extra territoriale e si impegnava a costruire una linea ferroviaria e un’autostrada a proprie spese al fine di poter rifornire la Prussia Est e i cittadini di Danzica, con questa manovra Hitler cercava di congiungere i suoi connazionali alla madrepatria senza che si arrivasse a uno spargimento di sangue tramite un’alta guerra, poco tempo dopo incominciarono le trattative tra i due Governi, l’offerta di Hitler consisteva nell’offrire alla Polonia la regione contestata (Prussia) al patto che i cittadini Tedeschi avessero la loro Autonomia come previsto nel Trattato di Versaille e che il governo Polacco assicurasse loro che non ci fossero aggressioni nei loro confronti, in fin dei conti era quello che la Polonia ha sempre voluto sin dal 1920 fino alla caduta della Repubblica di Weimar, anche perché nessun capo governo di allora aveva avuto l’intuizione o il coraggio di prendere questa decisione.

Le trattative durarono fino al 19 Gennaio 1939, si capiva che il governo Polacco era più interessato alla motivazione di questa scelta senza dare alcuna risposta concreta, ma era chiaro che l’obiettivo di Hitler era quello di riagganciare la regione dove si trovava la città di Danzica alla Germania, nonostante ciò Hitler fece un compromesso storico, Danzica rimaneva Tedesca ma la parte economica rimaneva alla Polonia, fino ai mesi di Gennaio/Marzo del 1939 Hitler sperava ad una soluzione pacifica da parte della Polonia, ma la sua controparte pensava più a una guerra che a una soluzione che avrebbe fatto contenti sia l’uno che l’altro. Nel mese di Febbraio lo stato maggiore Polacco preparava di già le linee di demarcazione che i tedeschi non dovevano più oltrepassare, anche per i rifornimenti ai suoi cittadini nella Prussia e Danzica, il 4 Marzo il governo Polacco dette l’ordine di preparare un attacco dettagliato alla Germania, un mese prima, Hitler era venuto a conoscenza delle intenzioni del Governo Polacco ed aveva chiesto al suo Stato maggiore di preparare un attacco alla Polonia, Hitler non sapeva che la Francia e l’Inghilterra nel Marzo del 1939 avevano già assicurato alla Polonia il loro appoggio militare in caso di un’aggressione nei confronti della Germania, quindi era chiaro che i dadi (piani) erano già stati gettati sul tavolo, il Governo inglese e quello francese erano quelli che si opponevano ai compromessi di Hitler pur sapendo che lo faceva al fine di congiungere i suoi connazionali alla madrepatria.

Anche l’Ex Cancelliere Tedesco Heinrich Brùning che viveva a Londra in Esilio dopo la caduta della Repubblica di Weimar, si apprestò a far visita a Winston Churchill, pregandolo di intervenire al fine di scongiurare un’altra guerra in Europa, ma senza esito positivo. Churchill dopo aver negato a Burning una risposta positiva gli disse:
"quello che noi vogliamo è la distruzione dell’Economia Tedesca su tutti i fronti e a tutti i costi", quindi era chiaro quali erano i propositi inglesi, francesi e polacchi nei confronti della Germania di Hitler, anche il Console Francese in Berlino disse la sua opinione: ".. è chiaro che dobbiamo vivere assieme ai tedeschi, ma sarebbe meglio che scomparissero dall’Europa, cosi come furono mandati via dalla Spagna gli Arabi".

Il 15 Maggio 1939, il Comandante generale delle forze armate francesi assicurò al Ministro della guerra polacco, il suo totale appoggio in caso di un attacco alla Germania, prendendo l’esercito tedesco alle spalle e a nord per poi chiuderlo una tenaglia senza scampo, il governo polacco credette alle promesse francesi e incominciò con delle provocazioni più aggressive nei confronti della Germania, mentre l’Inghilterra, la Polonia e la Francia si coprivano le spalle tra di loro in caso di una guerra. Hitler continuava con la politica del buon senso al fine di evitare un conflitto armato per la questione con la Polonia, il 28 Aprile, ormai venuto a conoscenza dei piani dl Governo polacco che andava verso la direzione di un conflitto, Hitler decise di riunire tutte le parti del suo partito, dell’esercito e della difesa per un discorso nella quale precisava il suo mantenimento a una soluzione pacifica, nello stesso tempo dichiarava che volente o dolente la città di Danzica rimaneva alla Germania e non ci sarebbero state altre concessioni in riguardo, senza minacciare la Polonia o di aggredirla con la forza, Hitler stesso dichiarò a molti Ambasciatori che se la Polonia avesse accettato quello che lui aveva richiesto, di sicuro questa guerra non si sarebbe fatta.

La Polonia dal canto suo, visto l’appoggio della Francia e l’Inghilterra, decise di rompere il patto di non aggressione con la Germania, inoltre incominciò a marcare i suoi confini fino a Berlino EST, subito dopo cominciarono le aggressioni nei confronti dei cittadini Tedeschi che vivevano in quelle zone, molti vennero arrestati e non vennero più ritrovati, nella Regione Galizia furono a migliaia i Tedeschi arrestati e portati verso l’entroterra della Polonia, i commercianti Tedeschi venivano Boicottati, le fattorie dei contadini Tedeschi vennero prese d’assalto e bruciate, tutti gli animali vennero confiscati e portati via, per tre volte la contraerea Polacca apri il fuoco contro gli aerei che portavano viveri e posta nella città di Danzica, vista la situazione allarmante, nel mese di Luglio e Agosto le minoranze di origini Tedesche che vivevano in Polonia decisero di fuggire in Germania o verso la città di Danzica, giornalmente erano decine di migliaia di persone che cercavano di varcare i confini, chi veniva beccato a passare il confine veniva fucilato sul posto, molti di loro persero la vita mentre durante la notte cercavano di varcare il confine, nonostante ciò le masse non esitavano a dirigersi verso il confine per cercare la loro libertà, poco prima che le truppe Tedesche marciassero verso la Polonia, 80mila cittadini di origine tedesca avevano raggiunto Danzica, nonostante il dramma che si svolgeva contro i cittadini Tedeschi, Hitler pregò ancora una volta il governo Francese e Inglese di prendere delle misure al fine di garantire ai cittadini tedeschi di passare il confine e di contattare il governo Polacco per convincerlo a smettere di provocare con tutte questi atti disumani contro i cittadini di origine tedesca, ma senza risposta.

Dopo 5 anni di conferenze nel cercare di risolvere la questione Danzica e della Prussia in modo pacifico, visto che tutti i negoziati fallivano a causa del veto degli Alleati e l’arroganza del governo Polacco, Hitler decise di risolvere la questione nel modo in cui non avrebbe mai voluto, nell’estate del 1939 mise in marcia il suo Esercito direzione il confine Polacco. 52 Divisioni iniziarono quella che fu una Blitzkrieg, ne la Francia o l’Inghilterra mantennero quello che avevano promesso al Governo Polacco, ebbe inizio la Seconda guerra Mondiale.

Dopo aver constatato le colpe della Francia, dell’Inghilterra e della Polonia, vediamo quale fu la tattica adottata dalla Russia di Stalin al fine di costringere Hitler a dichiarare guerra alla Polonia, dalla quale ne scaturì la seconda guerra Mondiale.

La Russia si trovava ancora in una situazione desolata a causa di una Politica devastante che era successa dopo la prima guerra mondiale, Stalin aveva preso il comando di una nazione con la violenza e repressione, era una persona senza scrupoli e voglia di una coerenza politica con le controparti, sognava ancora la Grande Russia e continuò con la dottrina di Lenin, la conquista dell’Occidente.

Era chiaro che Stalin non credeva ai Comunisti occidentali e quindi non si aspettava alcun aiuto da parte loro, decise di modernizzare l’Esercito cambiando la sua tattica, l’esercito russo si basava sulla difensiva, Stalin lo trasformò in un esercito di offensiva, sognando ancora la rivoluzione Mondiale che prima di lui aveva sognato Lenin, per finanziare il colossale cambiamento del suo Esercito cominciò con il saccheggiare la popolazione, che costò a vita a milioni di persone, uno dei suoi obiettivi era quello di indurre ai contadini di aumentare la produzione di Grano per poi venderlo all’estero, le entrate servirono ad acquistare Tecnologia militare moderna Occidentale per equipaggiare ed rinforzare le sue Armate, senza quella tecnologia era impossibile costruire un Esercito efficiente per sferrare un attacco al resto dell’Europa.

Fino ad oggi la cifra delle persone morte per gli stenti e fame non è stata resa ufficiale a causa delle non registrazioni effettuate dalla Autorità, si sa solo che in Ucraina morirono 5 milioni di persone, l’Ucraina era la numero uno nella produzione di grano, li i contadini venivano sistematicamente sfruttati e trucidati dopo essersi ammalati per le carenze di assistenza medica e nutrimento.

Già nel 1934 la Russia possedeva più carri armati che tutti gli stati Europei messi insieme, nel 1941 poco tempo prima che la Germania la invadesse, la Russia possedeva 24.000 carri armati, la strategia di Stalin si basava su quello che Michail Stowaskieski aveva progettato, lo stesso che gestiva il comitato rivoluzionario, già questa strategia era stata studiata e consolidata all’inizio degli anni trenta, la strategia si basava nel condurre una “Guerra Lampo“ con una massiva presenza di carri armati e Aviazione, non escludendo anche armi chimiche e Gas al fine di entrare il più veloce possibile in territorio nemico, per ottenere ciò, Stalin lasciò costruire il Carro armato denominato "KV" che era stato concepito per poter camminare nelle strade ben costruite delle città Occidentali.

Nell’agosto 1939 si incontrarono a Mosca le Delegazioni francesi e Inglesi, dopo che già nell’Aprile e Giugno dello stesso anno, la Russia e l’Inghilterra avevano preparato dei piani in caso che la Germania avesse attaccato una delle nazioni, le due Delegazioni erano andate in Russia per “costruire“ una guerra contro la Germania anche non ci fosse stato alcun attacco contro di loro da parte della germania, Stalin prese in considerazione le offerte delle delegazioni, ma ribadì che voleva la guerra ed era suo compito scegliere con chi allearsi, era chiaro che voleva prendere tempo ed aspettare le mosse di Hitler, voleva a tutti i costi realizzare i suoi piani dato che per lui ormai la pace non trovava posto nella sua dottrina, volva portare a tutti i costi l’Europa in guerra sotto i suoi aspetti ideologici, anche Hitler cercava un compromesso con Stalin al fine di poter aggredire la Polonia senza che la Russia potesse intervenire, era convinto che entrando in patto con Stalin, la Francia e l’Inghilterra si sarebbero guardate bene nel dichiarare guerra alla Germania, mentre Stalin sapeva che una dichiarazione di guerra alla Polonia da parte di Hitler, la Francia e l’Inghilterra sarebbero a loro volta costrette ad entrare in guerra contro la Germania, questa era l’esatta costellazione che Lenin aveva predetto nel lontano 1920, una guerra totale in Europa al fine di portare una Rivoluzione Comunista in tutto l’occidente, costringendo le nazioni capitaliste a distruggersi l’un contro l’altra.

Il 15 Agosto 1939 una Delegazione Tedesca andò a Mosca e offri a Stalin il compromesso per un patto di non aggressione offrendo alla Russia la metà della Polonia, era quello che Stalin aspettava da tempo, una migliore occasione non si era mai presentata al fine di piazzare le sue truppe cosi vicino all’occidente, il 19 Agosto Stalin radunò il Politbùro a una seduta segreta, chiamati i suoi più fidati collaboratori mostrò finalmente quale era il suo obiettivo: "la domanda è... guerra o pace, siamo nella fase di guerra e la soluzione sta in quale posizione la Russia dovrà prendere, sono convinto che se la Germania firma un patto di pausa o di non aggressione con la Francia e l’Inghilterra non si arriverà ad una guerra e la Germania occuperà tutta la Polonia senza poter intervenire, o la Germania sarà costretta a non attaccare la Polonia, ciò può portare a bloccare i miei piani".

Stalin giocava a guadagnare tempo, anche se la Germania avrebbe occupato la Polonia senza che la Russia fosse stata interpellata, era sicuro che in poco tempo sia la Francia e l’Inghilterra si sarebbero fatte sentire per proporre di nuovo l’offerta fatta all’inizio del 1939, Stalin voleva che in Europa ci fosse una guerra lunga fino allo stremo della Germania, Francia e Inghilterra per poi passare al contrattacco con il suo esercito ancora intatto e ben equipaggiato, questo era il suo interesse, la mossa di Stalin lasciò di stucco la Francia e l’Inghilterra quando decise di chiudere ogni iniziativa di colloqui con i due Stati e firmò un Patto di non aggressione con la Germania e la divisione della Polonia, era chiaro che voleva a tutti i costi una guerra come aveva sempre sperato, con questo patto Hitler ebbe via libera per un’aggressione contro la Polonia, ma stranamente come previsto un attacco contro la Polonia per il 26 Agosto 1939, Hitler decise di trattare ancora con la Polonia, al fine di ottenere quello che aveva richiesto alla Polonia per poter congiungere la città di Danzica alla Germania, chiese ancora una volta all’Inghilterra di fare da ambasciatore e porre fine alla questione “Danzica”.

Nello stesso tempo offri all’Inghilterra un patto di amicizia e di non aggressione, cercava in tutti i modi di togliere di mezzo tutte le contraddizioni tra i due Stati e di vivere in pace, inoltre Hitler offriva alla Polonia il suo aiuto in caso di un attacco da parte della Russia e avrebbe lasciato che truppe Inglesi si posizionassero da cuscinetto tra la Germania e la Polonia lasciandole transitare in Germania in caso di aggressione, il governo Inglese prese in considerazione le offerte di Hitler, ma nello stesso tempo formulava al Governo Polacco la seguente: "conferenze e dibattiti si... ma senza accettare alcun compromesso e offerte da parte di Hitler, per un paio di giorni il governo inglese giocò a “gatto e topo”.

Quello che passa storicamente come una colpa del Governo americano per lo scoppio della seconda guerra Mondiale è il fatto che il Presidente Roosevelt sapeva che Hitler aveva promesso la metà della Polonia alla Russia in caso di un attacco e occupazione, ma non la comunicò al governo Polacco, Roosevelt stesso disse che il Governo Polacco doveva essere cosciente che la città di Danzica era Tedesca e dopo il Trattato di Versaille doveva essere riconsegnata alla Germania ed avrebbe evitato di perdere anche il resto della Polonia, il 30 Agosto Hitler fece un altro tentativo per risolvere la questione Danzica, offri una parte delle regioni riammesse alla Germania in cambio di Danzica al fine di chiudere finalmente la questione, inoltre chiese che si lasciasse decidere alla popolazione se costruire un corridoio umanitario in caso di una risposta negativa da parte del governo Polacco, con l’opzione che i cittadini avrebbero potuto avere la possibilità di decidere se rimanere Tedeschi, Polacchi o Autonomi.

Le offerte erano più che accettabili dato che la città di Sidingen sarebbe rimasta alla Polonia e che la Germania si sarebbe occupata di guardarne le funzionalità in maniera corretta, il governo Polacco rifiutò tutte le offerte attenendosi a quello che il governo Inglese le aveva suggerito di fare, il 31 Agosto finirono tutte le conferenze assoldate per porre fine alla questione Danzica senza che si sia arrivati ad un compromesso che avrebbe soddisfatto ambedue le parti, nonostante molti delegati del governo Inglese ammisero che le offerte fatte da Hitler erano la migliore occasione per evitare una guerra, il governo Polacco mobilitò le sue truppe sempre su ordine del Governo inglese.

Hitler stesso disse:"ho paura che all’ultimo minuto qualche “Schweinehund” porco cane venga a farmi qualche compromesso" (da Considerare che al processo di Norimberga l’accusa disse che Hitler non aveva mai fatto delle offerte e che non si era mai premurato di evitare lo scoppio delle Guerra).

Ancora nel tardo pomeriggio del 31 Agosto Hitler cercò di prendere contatto con il Governo Polacco per un diretto confronto per risolvere la questione, il governo Polacco non si premurò nemmeno a dare una risposta, poche ore dopo Hitler ordinò alle sue truppe di invadere la Polonia. Il 31 Agosto durante il raduno al Reichtag, Hitler annunciò che alle ore 5,45 del 1 Settembre 1939 le truppe tedesche sarebbero marciate al confine con la Polonia oltrepassandolo per riprendersi quello che apparteneva alla germania.

Il 3 Settembre la Francia e l’Inghilterra dichiararono guerra alla Germania come previsto nel Documento firmato con la Polonia, tutte le colonie Francesi e Inglesi furono chiamate a sostenere la guerra contro la Germania anche fuori i confini della madrepatria, il Piano del governo Inglese di portare la Germania dichiarare guerra alla Polonia era riuscito, la città di Danzica, i diritti dei cittadini Tedeschi e il corridoio negato alla Germania portarono a quasi 6 anni di Guerra.

Durante la campagna in Polonia Hitler stesso dette ordine di salvare più civili possibili, mentre la propaganda Polacca incitava a dare la caccia ai cittadini con origine Tedesca e di origine Mista Polacco/Tedesca, solo nella città di Varsavia vennero massacrati 5.000 cittadini con doppia provenienza, le violenze furono commesse dalla Polizia stessa e di cittadini Nazionalisti, le donne vennero prima violentate e poi uccise fuori dalla città, vennero confiscate le abitazioni e i negozi di proprietà ai Tedeschi, durante il loro ritiro le truppe Polacche non lasciavano nulla che si muovesse, fu la prima volta nella storia della guerra moderna che fu applicata la dottrina di “Guerra bruciata” al fine di non lasciare nulla che possa servire al nemico nella città di Bromberg furono massacrati 1.000 cittadini di origini Tedesche a colpi di bastone dopo essere stati martoriati per ore, la situazione drammatizzò quando le truppe Polacche durante la loro ritirata dette ordine che molti soldati si vestissero da civili e incominciassero a sparare sulle truppe tedesche, cominciando cosi una falsa Guerra Partigiana.

Il 4 Settembre cominciò la guerra tra la Germania e l’Inghilterra, 16 Bombardieri attaccarono le navi nel Porto di Cuxhaven, il giorno dopo cominciò la caccia alle navi Inglesi da parte dei sommergibili Tedeschi, il 6 Settembre Hitler dette l’ordine di non attaccare le navi Francesi, sia civili che militari, cercava ancora di evitare che la Francia si immischiasse in quella Guerra, il 10 Settembre l’Inghilterra violò la neutralità del Belgio facendo volare i suoi aerei a bassa quota, con questa mossa cercava di far entrare quel Paese neutrale in guerra contro la Germania, il 12 Settembre le truppe Inglesi sbarcarono nel continente a dar man forte ai Francesi, mantenendo la sua promessa, la Francia non aveva ancora attaccato la Germania e viceversa, nel frattempo la Francia aveva mobilitato 80 Divisioni al confine con la Germania e la Svizzera, la germania aveva solamente 11 Divisioni a disposizione per il confine con la Francia, stranamente non ci fù alcun attacco da parte della Francia al fine di alleggerire l’attacco alla Polonia e nemmeno alcun aiuto da parte degli inglesi, il tutto rimase come il 1 Settembre senza che la Polonia abbia usufruito del tanto aiuto promesso dalla Francia e Inghilterra.

Mentre la Polonia veniva messo a ferro e fuoco dalle truppe tedesche, il 7 Settembre si riuniva a Mosca il comitato per la sicurezza sotto il patrocinio di Stalin, pochi erano coloro che furono ammessi alla riunione, Stalin disse durante il suo discorso: "quello che volevamo è successo, lasciamo che questi gruppi di stati capitalisti si scannino tra di loro, noi abbiamo tempo, Hitler non ha capito nulla ed è caduto nella trappola".

Ma i piani di Stalin sembravano aver avuto qualche cambiamento, mentre pensava che le truppe polacche avrebbero dato filo da torcere a ai Tedeschi, Stalin stesso fu sorpreso dalla velocità di conquista da parte delle truppe tedesche, visto ciò dette l’ordine alle sue truppe di marciare verso il confine con la Polonia per prendersi la sua parte, il governo inglese da parte sua visto il successo delle truppe tedesche e il movimento delle truppe Russe, ordinò a Stalin di ritirarsi dal territorio polacco, se non lo avrebbe fatto l’Inghilterra e la Francia avrebbero dichiarato guerra alla Russia, ma il tutto rimase cosi come era, la Russia entrò in Polonia, quattro settimane dopo i governi francese e inglese presero in segreto contatti con il governo russo per cominciare una guerra contro la Germania.

Il 16 Settembre un parlamentare del governo tedesco andò dal comandante delle truppe Polacche in Varsavia, offrendo loro di non bombardare la città e di consegnarsi alle truppe tedesche, se cosi non fosse la città sarebbe stata considerata una Fortezza Militare dato che c’erano più soldati che civili e sarebbe stata rasa al suolo, il comandante rifiutò l’offerta, il governo tedesco mando una seconda volta i suoi parlamentari dando un ultimatum fino alle ore 22,00 di quel giorno, anche questa offerta fu rifiutata ed il comandate delle truppe dette ordine di scavare trincee e di combattere, anche i civili furono costretti a prendere parte ai combattimenti per la difesa della città, ultimo tentativo fu fatto buttando tramite aerei dei volantini sulla città, negativo... Il 26 Settembre cominciò il bombardamento tramite Artiglieria da parte delle truppe tedesche, 24 ore dopo Varsavia fu presa dalle truppe tedesche, furono 40.000 tra i morti e i feriti, dalle quali anche molti civili.

29 giorni dopo l’inizio del conflitto la Polonia si arrese alle truppe Tedesche e Russe che come accordato si divisero quella che voleva diventare la grande Polonia. Una settimana dopo la resa della Polonia, Hitler fece la richiesta di pace e un patto di non aggressione alla Francia e Inghilterra, inoltre offri che si sarebbe ritirato dalla Polonia occupata, ma avrebbe tenuto la città di Danzica e le regioni occupate dal Governo Polacco durante le piccole aggressioni fatte in tempo di pace e che se ne era appropriata, anche questa volta il Governo inglese e quello francese rifiutarono l’offerta.

Nel frattempo al confine con la Francia tutto era rimasto come il 1 Settembre, nessun colpo era stato sparato da ambedue le parti, mentre in mare infuriava la battaglia tra la Marina Tedesca e quella inglese, ormai si era capito che l’obiettivo di Churchill non era il salvataggio della Polonia, ma la distruzione della Germania.

Il 30 Novenbre 1939 la Russia attaccò la Finlandia senza dichiarare guerra, voleva solo migliorare la sua posizione geografica in vista della Guerra ormai in atto, il piccolo esercito Finlandese 160.000 soldati, combattè un mese provocando alle truppe Russe la perdita di 130.000 uomini, solo nel mese di marzo 1940 dichiarò la capitolazione arrendendosi alle truppe russe.

Il 2 Marzo ed il 6 Aprile 1940, il governo tedesco offri ancora una volta alla Francia e l’Inghilterra la possibilità di finire le ostilità e firmare un trattato di pace e di lasciare il territorio polacco conquistato, come risposta l’Inghilterra cominciò a depositare mine nel mare Norvegese senza chiederne l’autorizzazione, tre giorni dopo l’ultimo tentativo di Hitler di finire le ostilità, la Francia, Germania e l’Inghilterra attaccarono Norwik per impossessarsene dato che era un punto strategico per il passaggio di navi con merce per le truppe tedesche al nord, dopo alcune settimane le truppe tedesche occuparono tutta la Norvegia.

Il 10 Maggio l’Inghilterra invade l’Islanda senza dichiarare guerra, lo stesso giorno la Germania attaccò la Francia dopo che il comando Tedesco era riuscito a sapere che truppe Inglesi in consistenti trasporti erano state sbarcate in Francia, in sei settimane la Francia dovette capitolare di fronte a delle truppe tedesche ben addestrate e ben organizzate, nonostante ciò Hitler cercò ancora una volta di venire incontro al governo Inglese lasciando che le truppe inglesi ormai allo stremo e circondate a Dunkerque potessero tornare in Patria “negativo”.

Il 20 Giugno anche l’Italia dichiarò guerra alla Francia che nel frattempo si era arresa alla Germania, il 1 settembre 1940 in Russia fu introdotto il servizio militare obbligatorio per tutti gli uomini dai 18 anni in su, subito dopo la Russia occupò alcuni territori che la germania aveva conquistato durante la campagna Polacca, anche una parte della Romania fu occupata senza dichiarazione di guerra da parte russa, senza che nessuna nazione occidentale lo sapeva, Stalin aveva annullato tutti i patti di non aggressione, solo Churchill era conoscenza di questo ma non disse nulla ai stati belligeranti, nei territori occupati la Polizia russa fece sterminio della popolazione, senza esclusione a quale nazionalità appartenevano, da parte di Londra e Parigi non ci fu alcuna critica o protesta, poco tempo dopo la Romania chiese aiuto alla Germania che inviò le sue truppe a difesa dei confini Rumeni.

Il 19 Luglio dopo la conquista della Francia, Hitler fece un altro appello all’Inghilterra al fine di finire le ostilità, negativo, la guerra continua.

Nel mese di Settembre, l’America dette all’inghilterra 50 Incrociatori per poter continuare la sua battaglia via mare contro la Germania, da considerare che l’America era ancora “Neutrale” e non aveva dichiarato guerra alla Germania, già il 2 Agosto, servizi segreti tedeschi avevano captato una dichiarazione di Stalin che era pronto ad attaccare gli Stati Occidentali, anche la Germania con la quale aveva firmato il patto di non aggressione.

In Inghilterra, malgrado la miserabile situazione militare, erano meravigliati nel vedere che Hitler, tramite corrieri segreti aveva fatto pervenire al loro Governo ben 2 dozzine di offerte di pace, in 18 pagine strettamente segrete, anche da altre fonti private erano arrivate al governo inglese delle richieste di smettere con le ostilità, nelle richieste si specificava come accettare le iniziative di pace di Hitler senza che fosse toccata la neutralità Britannica ed assicurando alla Polonia di ottenere il suo territorio libero dalle truppe tedesche, persino il Vaticano si era espresso a favore di un compromesso con Hitler, ma Churchill era contrario a tutte le richieste pervenute, pur sapendo che l’inghilterra da sola non sarebbe mai riuscita a sconfiggere le truppe di Hitler, quindi cercava di guadagnare tempo al fine di portare dalla sua parte la Russia e di far entrare l’America in guerra contro la Germania.

Questa era la dottrina ideologica dell’apparato Politico Inglese, milioni di morti per il bene dell’industria bellica e dei banchieri.

Le citazioni del Ministro degli affari esteri inglese:

"Il nemico è il Terzo Reich e non il Nazismo, per coloro che non lo hanno ancora capito dico che le possibilità di un compromesso sono passate, la battaglia continua fino alla fine, anche fino alla fine più amara, abbiamo rifiutato più di 2 dozzine di compromessi e richieste di Pace".

Il 12 Novembre il ministro sovietico Molotov si recò in Germania per cercare di ottenere dalla Germania ancora più territori per assicurarsi una zona di cuscinetto, Finlandia, Bulgaria, Romania, Yugoslavia, la zona dei Dardanelli e una zona in Danimarca, inoltre Molotov dichiarava che altre zone verso l’India e il Golfo Persico erano le sue prossime tappe.

“Da notare le posizioni dove si trovano i territori della quale la Russia ne faceva richiesta, circondavano tutta la Germania”, naturalmente Hitler disse di no, la sera stessa dopo aver capito in quale trappola era caduto, decise di invadere la Russia al fine di evitare una massiccia invasione da parte di essa, Goebbels aveva predetto tutto ciò, Stalin si teneva fuori da ogni conflitto al fin di lasciar indebolire la Germania, la Francia, la Polonia, l’Inghilterra per poi passare al contrattacco con le sue Armate modernizzate e ormai alle porte dell’occidente, subito dopo il ritorno di Molotov a Mosca, Stalin mise in movimento l’esercito per una guerra di espansione e non di difesa come aveva sempre propagandato agli stati Occidentali.

Il 28 Ottobre 1940, credendo di aver una supremazia militare, Mussolini ordinò di invadere la Grecia e la Yugoslavia, come in Africa l’attacco fini in un disastro, nel 1941 l’Inghilterra mandò le sue truppe nei Balcani a contrastare l’avanzamento delle truppe Italiane, anche in Africa, facendo decine di migliaia di prigionieri, solo allora Mussolini chiese aiuto a Hitler per uomini, mezzi e armi, Hitler non voleva che l’Italia uscisse fuori dalla Guerra sconfitta dagli inglesi, mandò subito uomini e mezzi nei Balcani e Africa, in 11 Giorni la Wehrmacht occupò tutta la Yugoslavia e la Grecia in 3 settimane, in Africa le truppe tedesche respinsero gli Inglesi fino ai confini con la Libia e Egitto, in due mesi, l’Italia fu per il momento salvata, ma il prezzo pagato dalle truppe tedesche fu alto.

Il 5 Maggio 1941 Stalin lasciò cadere la maschera, in un discorso tenuto nella sala dell’Accademia Militare dichiarò: "siamo giunti al momento decisivo, l’Armata Rossa è modernizzata e un esercito modernizzato con alta tecnologia di armi non può rimanere un esercito di difesa, da oggi in poi saremo un esercito di offensiva".

La guerra contro la Polonia e la Finlandia non era una guerra di difesa, ma di offensiva, quindi non era come Stalin abbia fatto sempre credere, sapeva di già quale sarebbe stata la reazione da parte di Hitler dato che Hitler stesso era venuto a conoscenza del Patto fatto tra Stalin e Churchill, provocare la Germania fino a portarla ad invadere la Russia, Stalin era sicuro che il suo esercito avrebbe conquistato la Germania in poco tempo, ma cosi non fu. Hitler per non essere sopraffatto dall’attacco Russo, diede ordine di invadere la Russia, il 22 Luglio 1941, appena passate le linee Russe, le truppe tedesche si trovarono di fronte a 6 Milioni di uomini e mezzi ammassati al confine pronti ad invadere tutto l’occidente, più di 150 Aeroporti abbandonati erano stati rimessi a nuovo a meno di 100 Km dal confine con la Germania, zeppi di Aerei da combattimento e truppe corazzate, 25.000 carri armati e 19.000 Aerei erano stati portati in sordina al confine per l’imminente invasione da parte Russa all’Occidente, nei due mesi successivi più di 2 Milioni di soldati Russi finirono in Prigionia, colti di sorpresa dalle truppe tedesche e dalle loro mine che a milioni loro stessi avevano depositato come “cuscinetto“ che impedirono loro una rapida ritirata, si arresero a battaglioni interi molti non avevano avuto il tempo di sparare un solo colpo.

Nonostante la rapida vittoria sulle truppe Russe, Hitler era scettico quando i suoi Generali dicevano che prima dell’inverno sarebbero arrivati a Mosca e conquistato tutta la Russia, per Hitler la Russia era come la Nave Fantasma “L’Olandese volante” compariva sempre quanto meno te l’aspetti.

L’esercito Russo adottò la stessa tattica che avevano adottato i Polacchi, fecero togliere la divisa a migliaia di soldati costringendoli a vestire da civili e cominciare una guerra da “Partigiani”, tutti i soldati Tedeschi che venivano fatti prigionieri, venivano semi spogliati, con le mani legate alla schiena portati lontani dal fronte e massacrati, per ognuno di loro erano a disposizione 50 pallottole da sparare alla schiena per poi lasciarli in pasto ai cani randagi e altri animali che infestavano la zona, era chiaro che Stalin non voleva far prigionieri dato che le risorse dovevano bastare per il suo Esercito, neanche Medici, Sanitari e altri ausiliari venivano risparmiati.

Da notare che la Wehrmacht segnava e filmava tutti i crimini di guerra fatte anche dai suoi soldati, ma nonostante ciò, ancora oggi non si trovano documenti nella quale possa provare che soldati Tedeschi abbiano sparato a soldati prigionieri alle spalle e con mani legate alla schiena, già Lenin stesso aveva accennato durante la conferenza di Ginevra nel 1907 e nel 1929 di trattare i prigionieri di guerra con tutti i massimi rispetti, strano che la Russia fu l’unica nazione a non firmare quel Trattato, mentre le truppe Tedesche cominciavano a rallentare con l’arrivo delle temperature rigide invernali, l’America pur non ancora aver dichiarato guerra alla Germania, riforniva la Russia con Armamenti di tutti i tipi e misure.

I Rotschild & Co. avevano ottenuto quello che da decenni avevano programmato, la conquista del continente Europa con le solite manovre sovversive e Criminali, usando Politici senza scrupoli di coscienza e capi di stato compiacenti Massoni assatanati di potere e Denaro.

PS: Da notare che la tattica di Terra Bruciata adottata dai Polacchi fu adottata anche dai Russi durante le loro ritirate, nelle mani delle truppe Tedesche si trovano 3,5 Milioni di soldati Russi che a causa della dottrina di Stalin molti di loro non potettero essere riforniti con viveri e medicinali, furono lasciati al loro destino ancora vivi, la logistica tedesca non potette rifornire neanche i suoi soldati, amici e nemici si trovarono nella stessa situazione, molti soldati Russi/Ucraini decisero di passare dalla parte dei Tedeschi dato che l’ordine di Stalin era quello di Fucilare tutti coloro che si erano arresi ai tedeschi.

Corrado Belli
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Re: El miracoło economego del banckhiere de Hitler

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 8:31 pm

La fine di Weimar: Hitler al potere

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Le elezioni generali del Reichstag, del 14 settembre 1930, provocarono il sommovimento totale del quadro politico tedesco. Il NSDAP ottenne il 18,3%. Nelle elezioni del 1928 i nazisti erano attestati intorno al 3,5%. Nessun governo era, ora, possibile senza i nazisti ma le forze costituzionali e liberali nonché il Zentrum cattolico erano restii ad accettare questa prospettiva. I risultati elettorali diedero ai nazisti quella visibilità e quella forza di mobilitazione che li posero in rotta frontale, ma concorrenziale per quanto riguarda il consenso dei ceti proletari, con la sinistra socialdemocratica e comunista. La Germania era ormai in uno stato di non dichiarata ma effettiva guerra civile.

La situazione economica, nel frattempo, peggiorava a vista d’occhio e sebbene nel 1932 si registrasse una debole e lieve ripresa le sorti della repubblica di Weimar erano ormai segnate dal momento che le istituzioni repubblicane avevano perso ogni credibilità presso la stessa opinione pubblica moderata: esattamente come sta accadendo oggi, in Italia, ai partiti commissariati dal governo tecnico bancocratico di Mario Monti.

Il tecnico dell’epoca, Brüning, con la sua politica deflazionista e di rigore, applicazione dogmatica della ricetta liberista, non fece altro che aggravare la situazione facilitando ai nazisti la conquista del consenso di massa.

Il vecchio maresciallo Hindenburg, una icona per il patriottismo tedesco, nel 1932 venne rieletto Reichspräsident. In quell’occasione Hitler, che gli si era opposto elettoralmente perdendo, si convinse definitivamente che bisognava cercare una intesa con la destra nazional-conservatrice. Fu, questo tra i nazional-conservatori ed i nazisti, un gioco di reciproca strumentalizzazione: i conservatori credevano di poter controllare ed utilizzare Hitler mentre, dal canto suo, Hitler seppe usarli per entrare nel governo e poi sbarazzarsene, in senso politico, durante la notte dei lunghi coltelli quando, se da un lato furono eliminate le SA e la sinistra del partito nazista per accontentare i fiancheggiatori di destra, dall’altro lato il dittatore approfittò dell’occasione per irreggimentare intorno alla sua persona, sulla base del Fürherprinzip, il movimento nazista e l’assoluto potere nello Stato che, anche a discapito degli alleati nazionali, si apprestava a trasformare in Stato totalitario.

Hindeburg sfiduciò Brüning, che pure ne aveva appoggiato la rielezione, il quale si dimise il 30 maggio 1932.

Franz von Papen
Fu incaricato del cancellierato Franz von Papen un cattolico conservatore, lontano dal Zentrum, che pretendeva, senza alcuna legittimazione né politica né ecclesiale, di avere la rappresentanza politica dei cattolici tedeschi. Hitler diede un appoggio esterno a von Papen ma a condizione che fosse revocato un bando emesso contro le SA, fosse sciolto il governo regionale socialista in Prussia, il quale aveva dichiarato fuori legge il locale NSDAP, e che fossero al più presto indette nuove elezioni.

Alle elezioni generali del 31 luglio 1932 il NSDAP raggiunse il 37,2% dei voti, risultato che ora permetteva ad Hitler di rivendicare il cancellierato. Hindeburg, che diffidava di quel parvenu, tuttavia gli rifiutò, il 13 agosto, la nomina. Nell’impossibilità di formare una maggioranza parlamentare senza i nazisti, il Reichstag fu ancora sciolto e furono indette nuove elezioni nella speranza che qualcosa di diverso uscisse dalle urne.

Era una illusione. I nazisti conquistarono nelle elezioni del 6 novembre 1932 il 33% dei voti, ma nonostante questa flessione essi rimanevano ancora una forza senza la quale era impossibile governare. A dicembre, pertanto, von Papen rassegnò le dimissioni ed al suo posto fu incaricato il generale von Schleicher. Il piano di Schleicher era audace. Nell’intento di mettere in difficoltà Hitler tentò, ma senza successo, di formare una maggioranza parlamentare che riunisse insieme le componenti di sinistra dei vari partiti, compresa l’ala sinistra del NSDAP guidata da Gregor Strasser.

Onde evitare l’aggiramento messo in atto da Schleicher, Hitler, il 4 gennaio 1933, si incontrò in segreto con von Papen presso la dimora del banchiere Kurt von Schroeder. Si raggiunse l’accordo per un governo di coalizione che prevedeva l’ingresso di tre nazisti tra cui lo stesso Hitler come vicecancelliere.

L’accordo, vista la presenza solo minoritaria dei nazisti e quella maggioritaria dei partiti di destra, convinse il vecchio Hindenburg. Von Papen, infatti, aveva garantito al Maresciallo-presidente che Hitler sarebbe stato meglio controllabile se fosse stato addirittura nominato cancelliere, dal momento che la sua forza popolare, come dimostrato dalle ultime elezioni, andava calando. Fu per questo che von Hindeburg si risolse a nominare Hitler cancelliere, il 30 gennaio 1933. L’anno successivo, nel 1934, alla morte del vecchio Hindeburg, Hitler non aveva di fronte più nessuno capace di trattenerlo.

La Germania si avviava, legalmente, alla dittatura totalitaria ma anche, benché a carissimo prezzo per la democrazia di Weimar, alla soluzione della crisi economica.

Come? È quanto vedremo.

Il banchiere ebreo di Hitler

«Il numero dei deputati nazisti – scrive Maurizio Blondet – passò da 8 a 107. Nel 1933, fu nominato cancelliere Adolf Hitler. Il suo programma, più volte esplicitato nei discorsi, affermava la centralità del lavoro nei confronti dei mezzi monetari, meramente strumentali: ‘La forza del lavoro germanico è il nostro oro. Solo il lavoro crea nuovo lavoro. Non è assolutamente il denaro che lo crea’. In pochi anni, violando tutti i dogmi liberisti, il nazismo assorbì completamente la disoccupazione e salvaguardò il potere d’acquisto dall’inflazione. Ma ovviamente le banche erano state asservite. La legge del 4 dicembre 1934 vietava alle banche di concedere prestiti sproporzionati rispetto alle riserve, fissandoli nel rapporto da 1 a 5. Le ‘operazioni rischiose’ furono vietate, così come ‘la concorrenza sregolata e nociva’, riportando il credito al suo compito ausiliario di ‘fissare una liquidità conveniente’» (1).

Ma chi vi era dietro questo miracolo economico? Vi era Hjalmar Schacht, il banchiere ebreo di Adolf Hitler (2).

Non devono affatto meravigliare le origini ebraiche di Schacht. Il regime nazista, a dispetto del’ideologia, non guardava tanto al sottile quando si trattava di ebrei altolocati o comunque influenti, come era appunto Schacht. Per gli ebrei che contavano, Hitler aveva sempre pronta la carta della arianizzazione per decreto. Anche Schacht, per i suoi meriti, fu fatto ariano d’onore.

Werner Goldberg, il soldato ebreo che partecipò alla difesa di Berlino
Un giovane storico ebreo Bryan Mark Rigg ha pubblicato, qualche anno fa, un interessante libro che sconvolge molti schemi di comodo, condivisi sia da parte ebraica che da coloro che anche oggi hanno una mal riposta simpatia per il nazismo. Già dal titolo, I soldati ebrei di Hitler, pubblicato per i tipi della Newton & Compton, il libro di Rigg ha fatto scalpore. Egli ha dimostrato che furono circa 150.000 i soldati ebrei arruolati sotto il regime di Hitler nella Wermacht. Tra essi anche Gefreiter Werner Goldberg al quale la rivista nazista Signal dedicò nel 1939 la copertina del soldato tedesco ideale, additandolo ad esempio della purezza razziale ariana. La sua immagine è rimasta famosa e tuttora è spesso presente nei testi di storia anche scolastici come esempio della propaganda razziale del Reich.

Hjalmar Horace Greeley Schacht era nato a Tingleff, all’epoca in Germania oggi in Danimarca, il 22 gennaio 1877 da William Leonhard Ludwig Maximillian Schacht e della baronessa danese Constanze Justine Sophie von Eggers. Famiglia, come detto, di lontane radici ebraiche. I genitori, quando nacque il piccolo Hjalmar, erano reduci da un periodo di emigrazione negli Stati Uniti. Il giovane Schacht si laureò in economia nel 1899, dopo aver studiato anche medicina, filosofia e scienze politiche. Nel 1903 entrò, come giornalista addetto stampa, nella Dresdner Bank, della quale poi fu amministratore dal 1908 al 1915. Lì iniziò a studiare e comprendere i meccanismi della finanza e nel 1908 diventò consigliere della Reichsbank, la Banca Centrale del Reich.

Risale al 1905 la sua conoscenza con il banchiere ebreo-americano J. P. Morgan, uno dei principali magnati della finanza mondiale dell’epoca. In quell’occasione ebbe modo di conoscere anche l’allora presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt (da non confondere con Franklin Delano Roosevelt).

Nel 1923 ebbe importanti incarichi di consulente economico nella Repubblica di Weimar. In questa veste si fece promotore di alcuni provvedimenti che riuscirono a ridurre parzialmente l’inflazione ed a stabilizzare il marco. Per questi meriti nel 1924 fu nominato presidente della Reichsbank partecipando anche all’elaborazione dei piani Dawes e Young.

Schacht appartiene al novero della destra nazional-conservatrice, ossia al novero dei fiancheggiatori da destra del nazismo. Nonostante le sue dichiarazioni di fedeltà ad Hitler, Schacht non fu mai membro effettivo del partito nazista e del resto fu visto sempre con estrema diffidenza da diversi gerarchi nazisti. E’ stato tuttavia un finanziatore del partito di Hitler, dopo aver lasciato un piccolo partito di destra, il Partito Democratico Tedesco, che aveva co-fondato.

Il 7 marzo 1930, dopo l’inizio della devastante Grande Depressione anche in Germania, si dimise dalla carica di presidente della Reichsbank.

Hjalmar Schacht
Il suo primo incontro con Hitler risale al 1931. Rimase impressionato dal personaggio, dalla sua capacità oratoria e di trascinatore di masse. Non fu l’unico tra i conservatori di destra a vedere in Hitler l’uomo capace, con il suo seguito popolare, di fermare il comunismo avanzante e di ristabilire un governo autoritario e nazionale in Germania. Altri nazional-conservatori, come Carl Schmitt, il grande vecchio della filosofia politico-giuridica del XX secolo, subirono lo stesso fascino ed appoggiarono Hitler, salvo poi, quando il nazismo iniziò a svelarsi realmente, ritrarsi dallo scenario benché senza passare apertamente all’opposizione interna. Schacht ha creduto quindi, come molti altri conservatori, di poter usare Hitler.

Forse così si spiegano – e non come adesione ideologica convinta al nazismo – certi peana che Schacht ha tributato al futuro Fürher. Come quando gli scriveva parole di questo tenore: «Non dubito affatto che gli attuali sviluppi non potranno che farvi divenire Cancelliere... potrete sempre contare su di me come vostro sostenitore. Con un vigoroso Heil!».

Quando Hitler diventa effettivamente Cancelliere, Schacht organizza nel palazzo del presidente del Reichstag, ossia Göring, una cena tra il nuovo capo di governo ed i grandi industriali e banchieri della Germania, tra i quali il re dell’acciaio Thyssen, il presidente della Confindustria tedesca Kirdorf, l’amministratore delegato della più grande industria chimica tedesca, la Parden, von Schnitzler, i finanzieri Wolff e Schroeder, ed infine il più grande magnate dell’industria metallurgica germanica Alfred Krupp. Costoro ascoltarono tutta la sera Hitler esporre il suo programma di risanamento politico ed economico della Germania ed alla fine se ne mostrarono entusiasti. Fu a quel punto che Schacht, molto pragmaticamente, chiese loro di mettere mano al portafogli. Furono raccolti tre milioni di marchi per la causa nazista.

Non bisogna, però, credere, come la storiografia di impostazione marxista ha per lungo tempo ritenuto, che il nazismo fosse una guardia bianca del grande capitale.

«Se il ‘coordinamento’ degli Stati regionali – è stato osservato – poté causare delusione persino in molti ambienti conservatori alleati di Hitler, le azioni condotte dai nazionalsocialisti contro i sindacati…, le quali segnarono un ulteriore e decisivo passo verso la costruzione della dittatura totale, incontrarono invece il consenso dei ceti dirigenti tradizionali e della borghesia (…). I sindacati… non furono trasferiti in quella che già era l’organizzazione sindacale corrispondente alla NSDAP, la Nationalsozialistiche Bertriebszellenorganisation (Organizzazione nazionalsocialista delle cellule d’azienda), ma nel Deutsche Arbeitsfront (DAF, Fronte Tedesco del Lavoro)… al cui vertice fu posto il dirigente dell’organizzazione politica della NSDAP, Robert Ley. Il DAF (dopo la sua riorganizzazione nel novembre 1933) fu un’associazione – priva di ordinamento giuridico ma di fatto esistente – nella quale vennero riuniti forzatamente imprenditori, impiegati e operai, insomma tutti coloro ‘che avevano un lavoro senza differenze di posizione economica e sociale’ (Proclama del 27 novembre 1933). Con la distruzione dei sindacati fu anche eliminata la prerogativa delle parti sociali di fissare le tariffe salariali, la quale fu affidata, con la legge del 13 marzo 1933, alla nuova istituzione dei pubblici ‘fiduciari del lavoro’. Questa evoluzione mostra in maniera esemplare che il Terzo Reich, malgrado la sua politica filoimprenditoriale, non va visto… come uno strumento della controrivoluzione. Da una parte, infatti, non si può sorvolare, proprio nel campo della politica del lavoro e della politica sociale, su certe iniziative che operarono in senso egualitario sul piano sociale e di livellamento delle differenze di classe, iniziative che conferiscono al Terzo Reich una qualità politica ‘sui generis’ e non appaiono pregiudizialmente favorevoli ai datori di lavoro e ostili ai lavoratori. Dall’altra, lo Stato e il partito fin dal 1933 cominciarono ad imporre la loro forza nelle aziende anche nei confronti degli imprenditori. Sebbene infatti il nuovo regime favorisse i datori di lavoro sui problemi del salario, non si poteva negare che l’istituzione dei ‘fiduciari del lavoro’ statali, le garanzie contro i licenziamenti ingiustificati e per i permessi retribuiti per i lavoratori, l’obbligo imposto alle aziende di migliorare i servizi sociali, limitassero la tradizionale logica imprenditoriale del ‘padrone in casa propria’ talvolta in maniera più decisiva di quanto non avesse fatto l’azione dei sindacati negli anni della repubblica di Weimar. Per giunta, l’organizzazione dopolavoristica del Fronte Tedesco del Lavoro, ‘Kraft durch Freude’ (KdF, ‘La Forza mediante la gioia’) fondata il 27 novembre 1933, introdusse alcune innovazioni che furono ritenute socialmente molto avanzate, per esempio riguardo alle attività ricreative e alle vacanze di vasti strati sociali (fino all’emissione delle azioni di risparmio KdF a favore della Wolkswagen), e che contribuivano a legare la popolazione al regime. Sotto il profilo sociale introducevano un certo grado di egualitarismo e alcune – come il Servizio Nazionale del Lavoro (il Reichsrabeitsdienst) – obbligatorio per tutti i giovani – miravano a superare le differenze di classe nella ‘comunità di popolo’, nella ‘Volksgemeinschaft’ del Terzo Reich. Queste trasformazioni sociali ebbero, al di là dell’ambito politico, effetti economici e sociali il cui contenuto di modernizzazione fu parzialmente riconoscibile solo più tardi, anche se indubbiamente nel complesso servivano a dominare il popolo in tutti i suoi strati e ad asservirlo agli obiettivi della politica guerrafondaia, espansionistica e razzista» (3).

In realtà, tra nazional-socialismo e conservatori di destra ci fu un gioco di reciproco sfruttamento politico mediante il quale ciascuna parte intendeva usare l’altra per i propri fini. Un po’ come avvenne anche in Italia tra il fascismo, nato socialista, e le forze di destra – monarchia, confindustria, nazional-liberali – che lo appoggiarono e finirono per parzialmente condizionarlo, costringendo il regime a mettere un freno alle proprie componenti di sinistra che avrebbero voluto riforme sociali più radicali, fino a che con l’occasione del 25 luglio 1943 i fiancheggiatori di destra riuscirono a scrollarsi da addosso anche lo statalismo sindacale (corporativista) del regime mussoliniano, il quale, se certo non portava fino in fondo la rivoluzione sociale tanto auspicata dai vecchi fascisti della prima ora, era, tuttavia, per un ceto industriale autoritario ed arretrato, come quello dell’Italia liberale uscita dal processo risorgimentale, persino eccessivo laddove non si limitava a porre una camicia di forza al sindacato ma tentava di farlo, e tutto testimoniava che era questa la strada faticosamente intrapresa dal regime, anche nei confronti del capitale. Una strada intrapresa dal regime fascista nella prospettiva futura, che esso si riproponeva di realizzare non appena le condizioni fossero pienamente maturate, di un assetto cogestionario e partecipativo delle relazioni industriali tra capitale e lavoro (una prospettiva che, al di là delle differenze di radici culturali che pure sono certamente importanti e non da sottovalutare, avvicina, sotto questo profilo, il fascismo al Cattolicesimo sociale e persino alla socialdemocrazia tedesca).

Scrive lo storico Klaus Hildebrand, uno dei massimi esperti mondiali della storia del Terzo Reich:

«(il 1936 fu l’) anno decisivo per i rapporti tra economia e politica (sotto il regime nazista). Una svolta che documentò apertamente il primato della politica sull’economia, e sotto il profilo politico convalidò, all’insegna del ‘full fascism’ (959: A. Schweitzer), la delegittimazione in uguale misura degli imprenditori e dei lavoratori. (Ma nel 1933) Dalla collaborazione spontanea della sfera economica, così come da quella estremamente decisiva dell’esercito, dipendeva… la possibilità per Hitler, di realizzare i suoi ambiziosi e utopici obiettivi di politica estera e razziale. (Nel 1933) Il Terzo Reich, sotto il profilo del suo rapporto con il mondo economico, viveva ancora in quella fase di “partial fascism” (959: A. Schweitzer), nella quale Hitler non poteva avere alcun interesse a imboccare una rotta di collisione con il potere industriale, dal momento che i rispettivi interessi in parte coincidevano; i conservatori d’altronde – collaborando nel loro ambito – incoraggiavano il regime a conquistare il potere, anche se con ciò lavoravano alla propria destituzione. Quando per esempio, con il sistema delle commissioni di vigilanza e controllo sull’assegnazione di valuta e di materie prime introdotto dall’estate del 1934, le competenze dei vari gruppi industriali nazionali… e persino la formazione dei prezzi furono regolamentate dallo Stato (sicché)… l’accusa di sabotaggio economico (contro gli industriali riottosi) divenne una minacciosa eventualità sempre incombente (…). (Tutto questo dimostra che) non è che le cose siano andate nel senso che la grande industria e il ‘capitale’ siano stati determinanti nel portare Hitler al potere. È vero piuttosto che essi gli diedero un appoggio finanziario notevole quando, dopo la ‘presa del potere’, si trattò di finanziare le elezioni del marzo 1933. A quel punto ai partiti che appoggiavano il governo, e anzitutto il ‘movimento’ di Hitler, affluirono da parte della grande industria mezzi per una cifra di 3 milioni di RM (Reichsmark); e ciò accadde dopo che la NSDAP era divenuto il fattore politico determinante e dopo che Göring, il 20 febbraio 1933, aveva promesso, a una selezionata cerchia di esponenti del mondo industriale e finanziario tedesco convenuti al palazzo del presidente del Reichstag per ascoltare il discorso del Fürher, che quelle sarebbero state le ultime elezioni per dieci e forse per cento anni. Ma alla fine della repubblica di Weimar… gli esponenti più importanti dell’industria tedesca avevano appoggiato senza eccezione non certo la NSDAP di Hitler, ma il modello di ‘Stato nuovo’ (uno Stato meramente autoritario e nazionalista, nda) di von Papen, cercando generalmente di accordarsi con tutte le forze politiche che non propagandavano l’abbattimento della proprietà privata» (4).

Ma come sappiamo, nella riunione del 20 febbraio 1933, citata anche da Hildebrand, era stato Schacht a far affluire verso il partito nazista i finanziamenti del mondo industriale e finanziario che prima non considerava lo NSDAP degno di troppa considerazione. Hitler, grato, fece nuovamente nominare Schacht presidente della Reichsbank, il 17 marzo 1933, e poco dopo, nell’agosto del 1934, ministro dell’Economia e dello sviluppo della produzione bellica. Una carica che comprendeva anche il compito di elaborare i piani economici per la preparazione bellica. Come vedremo su questo punto, però, Schacht sembrò fare buon viso a cattivo gioco, avendo egli come vero obiettivo innanzitutto la ripresa economica della sua patria e il riassorbimento della massa sterminata di disoccupati. Non i sogni bellici di Hitler.

Schacht, in effetti, non fu mai nazista nonostante, anche dopo la nuova nomina a presidente della Reichbank, come era logico, rinnovasse le sue dichiarazione di inossidabile fedeltà al «Fürher della nuova Germania» scrivendogli: «Nessuno di noi avrà mai un avvenire se non dimostrerà la sua incondizionata fedeltà verso Adolf Hitler. La Reichsbank sarà sempre e soltanto nazionalsocialista, oppure io cesserò di esserne il capo».

Parole di circostanza. Infatti, al momento opportuno, quando le finalità sociali ed economiche di Schacht iniziarono a divergere da quelle belliche di Hitler, egli lasciò l’incarico senza che la Banca Centrale tedesca diventasse, per questo, anti-nazista. Schacht romperà con Hitler per contrasti politici in tema di autarchia, quando il banchiere si sarebbe dichiarato contrario all’affidamento del piano dell’autarchia nazionale ad un incompetente e morfinomane come Göring. Le idee di Schacht su come realizzare l’autarchia senza che essa soffocasse l’economia germanica erano diverse e certamente più tecnicamente fondate di quelle del grasso gerarca nazista. Così egli si dimise da ministro per essere, poi, cacciato dalla Reichsbank.

Sulle motivazioni della rottura di Schacht con il regime hitleriano è, tuttavia, necessario fare un piccolo approfondimento, dal momento che le reali ragioni, quelle di una progressiva opposizione del banchiere alla politica bellicista, si nascondevano dietro pretesti di tipo tecnico.

Schacht, come detto, era stato nominato, per i suoi meriti, Plenipotenziario Generale per l’Economia di Guerra nel maggio del 1935 ma già nell’agosto successivo ebbe un duro scontro con Julius Streicher, uno dei più influenti gerarchi del regime, a causa degli scritti anti-ebraici di quest’ultimo apparsi sul giornale Der Stürmer. Nel 1937 sarà rimosso dall’incarico di ministro dell’Economia, ufficialmente, per i contrasti con Hermann Göring. Schacht riteneva eccessive, e foriere di inflazione, le spese militari del piano di riarmo proposto da Göring. Ma visto che in precedenza lo stesso Schacht aveva appoggiato il riarmo come strumento di sostegno e rilancio dell’economia, appare alquanto strano questo improvviso ripensamento se non si ammette che, ad un certo punto, il banchiere si rese conto che mentre le sue intenzioni erano rivolte al solo rilancio economico della Germania, quelle invece di Hitler, che spalleggiava Göring, erano ben altre ossia la guerra di aggressione e di rivincita. Di qui, l’improvviso scrupolo di Schacht per il pericolo inflattivo, al quale probabilmente non credeva davvero ma che usava come deterrente e freno verso le effettive intenzioni del regime.


Hitler con Hjalmar Schacht nel 1936
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«Che questa rivendicazione programmatica (la conquista dello ‘spazio vitale’) – scrive Hildebrand – andasse di pari passo con la convinzione (che per Hitler apparentemente aveva lo stesso valore come alternativa di politica estera) che il cosiddetto problema dello spazio vitale del popolo tedesco si poteva risolvere ‘forse attraverso la conquista di nuove possibilità di esportazione’, ben si accorda con gli sforzi paralleli di Hjalmar Schacht di risolvere i problemi interni ed esteri, sociali e nazionali del Reich tedesco mediante un’offensiva sul piano del commercio estero. Hitler appoggiò questi sforzi di Schacht avvallandoli finché essi servivano a loro volta a sostenere i propri piani politici, in particolare quelli del riarmo e del relativo fabbisogno finanziario. Inoltre, questa pseudo alternativa che faceva leva sulle possibilità di espansione economica offerte da una politica estera e da una politica del commercio estero tedesca serviva ad assicurare gli ascoltatori, nel momento stesso in cui lasciava intendere le proprie intenzioni militari, circa il suo presunto pacifismo, che egli ripetutamente tenne a sottolineare dinanzi all’opinione pubblica mondiale proprio all’inizio del suo regime, per esempio in occasione della proposta di patto quadripartito avanzata da Mussolini il 17 marzo 1933, nel suo discorso al Reichstag del 23 marzo 1933, ma specialmente nel suo grande ‘discorso della pace’ del 17 maggio 1933» (5).

Come è evidente fu Hitler ad usare ed ingannare, dissimulando le sue vere intenzioni, Schacht, ed il mondo intero, e quando il banchiere mangiò la foglia tentò di opporre pretesti tecnici al piano di riarmo, fino a rompere con il Fürher.

Dopo la rimozione da ministro dell’economia, mantenne comunque la carica di presidente della Reichsbank fino a quando nel 1939 il regime non gli impose le dimissioni anche da questo incarico, pur lasciandogli il relativo stipendio fino al 1943, ossia al pensionamento definitivo, nonché la carica di ministro senza portafoglio.

Ma prima della rottura con il regime nazista, Schacht fu il vero artefice del miracolo economico hitleriano.

«… la politica economica di Hitler (fu) – scrive ancora Hildebrand – per larga parte impostata da Hjalmar Schacht, presidente della Reichsbank (dal 17 marzo 1933) e dal 30 luglio 1934 anche ministro dell’Economia nazionale e ministro dell’Economia prussiana (…). Dopo la ‘presa del potere’ l’economia tedesca ebbe uno sviluppo complessivamente positivo, e gli indici di disoccupazione calarono. Facendo leva su un’economia che andava lentamente riprendendosi, il nuovo governo si riallacciò energicamente a quei programma occupazionali che già erano stati avviati sotto i governi precedenti (…) esso condusse una politica dell’occupazione. Le leggi ‘per la riduzione della disoccupazione’ del 1° giugno 1933 e 21 settembre 1933, la concessione di prestiti matrimoniali, la costruzione dell’autostrada nazionale approvata con la legge del 27 giugno 1933, contribuirono ad attenuare la disoccupazione quanto l’istituzione del ‘volontariato’ del lavoro, l’impiego di disoccupati come ausiliari agricoli sottopagati o in ‘lavori pubblici, mal pagati, creati per ovviare alla disoccupazione (121: W. Hofer). Sommandosi agli effetti della circoscrizione obbligatoria introdotta il 16 marzo 1935 e del Servizio nazionale del lavoro reso obbligatorio il 26 giugno 1935, e alle conseguenze economiche del riarmo tra la fine del 1933 e gli inizi del 1934, tali provvedimenti contribuirono in misura determinante a ridurre il numero dei disoccupati, dal gennaio 1933 al luglio 1933, di oltre 1 milione di persone, portandolo a meno di 5 milioni, per poi ridurlo sistematicamente e rapidamente a 1 milione nell’autunno del 1936. Efficienza e terrore, il bastone e la carota: ecco gli elementi che spiegano l’adesione al regime e ne fanno capire la dinamica. Mentre i sindacati erano stati costretti a confluire nel Fronte del Lavoro, i gruppi di interesse agrari vennero trasferiti nella Corporazione Nazionale dell’Alimentazione (istituita dalla legge del 13 settembre 1933). Essi furono favoriti dall’obiettivo dell’autarchia agricola e dalla riduzione delle importazioni alimentari dovuta al deficit valutario. Per raggiungere con la massima rapidità un aumento della produzione agricola, il nuovo governo rinunciò alla divisione della grande proprietà terriera. Tuttavia, in linea con gli indirizzi di politica agraria nazionalsocialista sostenuti da Richard Walter Darré, ministro degli Approvvigionamenti e dell’Agricoltura del Reich e ministro dell’Agricoltura prussiana, che si basava sull’ideologia del ‘Sangue e Terra’ e mirava ad assicurare ‘il mondo contadino come fonte vitale della razza nordica’ (R. W. Darré), il 29 settembre 1933 fu emanata la Legge sull’ereditarietà dei poderi (…). In tal modo i poderi con superficie superiore ai 7 ettari e mezzo e (di norma) inferiori a 125 ettari furono dichiarati ‘ereditari’ previa attestazione della ‘purezza del sangue’ dei proprietari fino al 1° gennaio 1800. I poderi poterono essere così trasmessi ereditariamente senza divisioni, ed erano ‘assolutamente inalienabili e non ipotecabili’. Ma è anche vero che in tal modo essi furono sottratti alla commercializzazione» (6).

Dopo la rottura con Hitler, il banchiere si avvicinò alla resistenza al nazismo. In Germania non vi fu mai nessuna resistenza di sinistra o liberal-democratica, come quella registratasi in Italia nel 1944-45. Le uniche forme di resistenza tedesca furono espresse dai giovani cattolici riuniti nel circolo della Rosa Bianca – furono tutti giustiziati dopo aver inscenato pubblicamente azioni di contestazione del regime – e dalla destra nazional-conservatrice. La resistenza che andava maturando negli ambienti nazional-conservatori e nella stessa Wermacht porterà all’attentato, del 20 luglio 1944, di von Stauffenberg. Schacht che era coinvolto nella preparazione dell’attentato, sarà per questo arrestato dalla Gestapo ma evitò la forca finendo per undici mesi a Dachau. Liberato dagli Alleati fu poi processato a Norimberga. La sua tesi difensiva puntò a dimostrare, con successo, che la sua collaborazione con il regime nazista era stata necessitata dalla grave situazione economica nella quale la sua patria si dibatteva intorno al 1930 sicché egli non avrebbe potuto, al di là di chi fosse il capo dello Stato, non contribuire al risanamento dell’economia tedesca ed a sollevare dalla disoccupazione milioni di compatrioti. Durante la prigionia a Norimberga, cui fu sottoposto dagli alleati, ebbe, in un’occasione, a chiedere al soldato di guardia una tavoletta di cioccolata, spiegandogli che era per il suo nipotino di quattro anni il quale non aveva mai mangiato del cioccolato.

L’accusa mossa a Norimberga contro di lui fu quella di crimini contro la pace. Un capo di imputazione tipico nella prospettiva del diritto umanitario globale per la quale la pace, lungi all’essere evangelicamente quella che non da il mondo, è invece la copertura degli interessi e dell’ordine imposto dai vincitori. Infatti il crimine contro la pace commesso da Schacht altro non era, secondo il pubblico ministero, che l’aver contribuito ad aggirare ed abbattere il Trattato di Versailles. Il pubblico ministero dimenticava però di far memoria delle odiose clausole di quel Trattato che, come abbiamo visto, aveva vergognosamente imposto, per la cieca voglia di vendetta anglo-francese, la fame ai tedeschi gettandoli nelle braccia di Hitler. Anche se le prove raccolte dimostrarono che egli aveva operato per convogliare verso il partito nazista cospicui finanziamenti, non fu possibile provare la sua diretta partecipazione alla preparazione della guerra e quindi assolto, insieme a Franz von Papen.

Benché non sia possibile negare che la competenza tecnica di Schacht abbia contribuito alla realizzazione degli obiettivi bellici di Hitler, sarebbe ingiusto non dargli credito circa quelli che erano invece i propri diversi obiettivi. Dimostrati anche dal fatto che, a lungo andare, la concordanza solo apparente tra lui ed Hitler finì per emergere fino alla rottura.

Concorda con il nostro giudizio anche Klaus Hildebrand.

«Il ‘dittatore economico’ Schacht – egli scrive –, che nei primi anni del Terzo Reich rese possibile il riarmo con rischiosi strumenti di politica creditizia (i cosiddetti Mefo-Wechsel, ossia le cambiali che i fornitori dello Stato potevano spiccare su una cosiddetta ‘Metall-Forschungs-GmbH’ dotata di un capitale minimo; gli effetti erano garantiti dallo Stato di fronte alla Reichsbank, la quale si obbligava a scontarli), si illuse poi di poter arrestare ad un certo punto tale meccanismo, di poterlo sovranamente dominare razionalmente al momento in cui l’economia avesse riacquistato il suo ritmo adeguato inducendo una stabilizzazione politico-sociale. Solo più tardi, troppo tardi, egli riconobbe che le sue idee in materia di riarmo, e le sue concezioni economiche e politiche divergevano radicalmente da quelle di Hitler, il quale non pensava affatto di bloccare il riarmo quando l’economia si fosse sollevata. Il suo problema era piuttosto quello di continuare ad armarsi per poter fare la guerra, coprirne i relativi oneri ricorrendo all’atavica risorsa del bottino di guerra e infine, in prospettiva, distruggere l’ordine sociale esistente sul piano nazionale ed internazionale. Né Schacht si era accorto di fare il gioco di Hitler. Il suo ‘nuovo piano’, che ebbe una piattaforma legislativa nel Decreto sul commercio (Verordnung über den Warenverkehr) del 4 settembre 1934, in vigore dal 24 settembre 1934, prevedeva già in forma embrionale la bilateralizzazione del commercio estero, regolava le limitazioni quantitative alle importazioni secondo un piano che teneva conto di una ‘scala di priorità dell’economia nazionale’ (H. Flaig), e stimolava le esportazioni sulla base di operazioni di interscambio e di compensazione. Egli inaugurò un’offensiva delle esportazioni e degli scambi con l’estero, la quale obbediva prioritariamente a motivi interni di indispensabile consolidamento sociale, pur rischiando tutta una serie di conflitti di politica estera, ad esempio con gli USA in zone di espansione economica intersecantesi (Europa sudorientale; America Latina) e rappresentava un’alternativa più realistica agli obiettivi ideologici e militari di Hitler» (7).

Ma Hitler non inseguiva il realismo di Schacht. Per il Fürher non si trattava di egemonia soltanto economica della Germania. L’obiettivo vero di Hitler era l’egemonia razziale ario-germanica su tutti i popoli inferiori, benché la loro soggezione al Reich sarebbe stata graduata secondo una scala di maggior o minor purezza per la quale i bianchi non tedeschi sarebbero stati trattati meglio dei neri, i latini meglio degli slavi, gli slavi meglio degli ebrei. Ma tutti sarebbero diventati, a diversi livelli, schiavi del Reich germanico.

«Dopo le profonde trasformazioni attuate nell’economia – continua Hildebrand –, nell’esercito e nel ministero degli Esteri tra la fine del 1937 e l’inizio del 1938, con l’allontanamento di Schacht dal ministero dell’Economia il 26 novembre 1937, … tutte le premesse interne per l’attuazione violenta della politica di modificazione territoriale nell’Europa centrorientale erano poste. (…) il nuovo corso della politica interna, estera ed economica del Reich germanico (serviva) … a rafforzare l’autorità del Fürher» (8).

Come ricorda altrove lo stesso Hildebrand, il percorso di Hjalmar Schacht è stato quello del passaggio dall’iniziale collaborazione con il regime nazista alla successiva critica ai suoi princìpi razziali e bellicisti che egli finì per giudicare nefasti e deleteri anche dal punto di vista economico (9). Questo perché Schacht, pur accettando come fondamentale e preminente il ruolo pubblico nell’economia, non intendeva negare all’economia una sua relativa autonomia, dotata di sue leggi. Da non considerare, certo, dogmaticamente intangibili ma delle quali tenere conto per un buon governo dello Stato. Schacht sperava di modificare, al momento opportuno, il regime totalitario in un regime d’altro genere, ossia nazionale e (per dirla con espressione efficace per rendere l’idea di uno Stato non neutrale nei confronti dell’economia ma non dittatoriale) di tipo, a modo suo, keynesiano (10).

Hildebrand segnala che l’indirizzo economico più realista di Schacht ebbe addirittura un influsso persino su Herman Göring, che gli succedette nell’incarico di responsabile dell’economia del Reich. Infatti pare che il grasso gerarca cercasse di considerare anche la visione più realista di Schacht, lasciata dal banchiere in eredità ai suoi collaboratori nel ministero, nonostante egli fosse stato messo lì, al suo posto, per perseguire il piano quadriennale chiaramente finalizzato al riarmo in funzione della preparazione bellica e non certo in funzione della sola ripresa economica della Germania disastrata dalla deflazione liberista. Oltretutto quella base di realismo economico schachtiano risulterà un elemento prezioso quando nel dopoguerra la Germania inizierà la ricostruzione.

«Illuminanti … – scrive in proposito Hildebrand – appaiono le considerazioni di Stefan Martens… e Alfred Kube… sulle idee e le attività politiche ed economiche di Herman Göring. ‘Il secondo uomo dell’impero’… infatti, per un verso appare come l’esponente della rovinosa economia del riarmo dello Stato nazionalsocialista, la cui ultima ratio era la guerra e il ricorso alla forma atavica del saldo dei debiti attraverso il bottino di guerra. D’altra parte sul piano politico egli mantenne un atteggiamento di accentuato scetticismo nei confronti dell’indirizzo bellico di Hitler. Da questo punto di vista sembra che talvolta egli si sia mostrato disponibile – forse senza nemmeno rendersene realisticamente conto – alle esigenze di una politica economica ed estera razionale (caldeggiata anche dal suo rivale Schacht) che probabilmente venivano discusse negli organismi preposti al piano quadriennale e nelle burocrazie dei vari ministeri come alternativa all’indirizzo di guerra programmatico di Hitler. Questa tendenza a indirizzare le scelte verso obiettivi realistici che poi sotto certi aspetti – in un contesto politico fondamentalmente mutato – furono realizzati dopo la fine della guerra, si rafforzò soprattutto durante la seconda metà della guerra mondiale e rappresentò… sia un fatto eccezionale rivolto contro il regime, sia, in gran parte, una scelta che rimaneva all’interno della collaborazione con esso…» (11).

Assolto a Norimberga – anche perché si trattava di un banchiere internazionalmente conosciuto ed influente – Schacht non scampò però a quattro anni di prigione inflittigli dai tribunali tedeschi di denazificazione. Liberato nel 1950, tornò ad operare nel mondo bancario e finanziario, in particolare come consulente per i Paesi in via di sviluppo. Fece fortuna e morì il 3 giugno 1970 a Monaco di Baviera.

(continua)

Luigi Copertino

• Weimar: una tragedia da deflazione (parte I)
• Weimar: una tragedia da deflazione (parte II)
• Weimar: una tragedia da deflazione (parte IV)

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1) Confronta M. Blondet, Perché ripudiare il debito (l’abbiamo già pagato), opera citata.
2) Per maggiori approfondimenti rinviamo alla sua biografia, Il banchiere di Hitler edita da Piemme nel 1998 e scritta da uno storico ebreo John Weitz, sopravissuto allo persecuzione nazista, il quale ha dichiarato di averne iniziato a raccogliere fonti e notizie sulla vita di Schacht per mettere in rilievo un genio del male ma che, mentre approfondiva i suoi studi, si è trovato davanti una figura molto più complessa e non facilmente schiacciabile su Hitler ed il suo regime, del quale ad un certo punto diventò anche un oppositore.
3) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagine 10-12.
4) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagine 14-16.
5) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagina 21.
6) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagine 12-13.
7) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagine 14-15.
8) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagina 42.
9) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagina 213.
10) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagina 220.
11) Confronta K. Hildebrand, opera citata, pagine 213-214. Si veda ibidem pagina 62: «Herman Göring… per un verso appoggiò senza riserve la linea di Hitler, che in funzione del riarmo e della guerra disprezzava drasticamente tutte le necessità economiche. D’altra parte, tuttavia, egli si fece portatore di concezioni alternative in campo economico e politico, dovute in gran parte all’influenza e ai suggerimenti tecnici del gruppo di collaboratori del ‘piano quadriennale’, come il direttore ministeriale Wohlthat, e ispirate in modo più o meno consapevole alla politica economica e del commercio estero di Schacht (…). Comunque l’industria tedesca continuò ad essere pesantemente agganciata alla produzione di materiale bellico senza alcun riguardo per quelle possibilità e quei limiti economici che Schacht non aveva mai trascurato».
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Re: El miracoło economego del banckhiere de Hitler

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 8:32 pm

DITTATORI IN EUROPA: L’ASCESA DI ALDOLF HITLER

adolf-H.

dal libro: “DITTATURE: la storia occulta” D.ssa Antonella Randazzo

http://www.veja.it/2014/07/24/dittatori ... r%E2%80%A8


La democrazia occidentale nelle sue attuali caratteristiche, è una forma diluita di nazismo o fascismo. Al più è un paravento per mascherare le tendenze naziste e fasciste dell’imperialismo. Perché oggi vi è la guerra, se non per la brama della spartizione delle spoglie del mondo? 
Mohandas Gandhi

I governi europei, mossi dall’avidità e dal desiderio di potere, hanno commesso parecchi crimini e genocidi.

Hanno massacrato senza pietà milioni di nativi americani, di africani, di asiatici e di australiani. Ad esempio, gli Herero della Namibia vennero avvelenati o impiccati dalle autorità della Germania imperiale, che li considerava “bestie”.

Gli inglesi fecero lo stesso con molte popolazioni africane ed asiatiche, non esitando a torturare, a violentare e ad umiliare gli indigeni.

I campi di concentramento, con tutte le loro mostruosità, nacquero alla fine del XIX secolo, e si moltiplicarono segretamente durante tutte le guerre.

I crimini commessi da Hitler avevano tratto ispirazione da progetti criminali già realizzati da inglesi e americani. Per molti anni ci hanno fatto credere che il nazismo fosse dovuto a ragioni storiche non prevedibili, e che le responsabilità dei crimini nazisti e della guerra fossero esclusivamente sulle spalle di Hitler e dei gerarchi nazisti.

Oggi è possibile provare che l’ascesa al potere di Hitler e la successiva preparazione alla guerra furono organizzate e finanziate dall’élite economico-finanziaria britannica e americana. 
Nel giro di pochi anni, meno di venti anni, la Germania, uscita da una terribile sconfitta e con un debito di guerra colossale, diventò uno dei più ricchi e forti paesi europei. Dall’ascesa di Hitler, in soli sette anni, la Germania diventò in grado di sfidare militarmente una grande potenza mondiale come la Gran Bretagna. Senza aiuti da parte della grande finanza e delle grandi Corporation questo non sarebbe certamente stato possibile. L’aiuto della grande finanza americana giunse anche per evitare che in Germania si affermasse un governo social-comunista.

I partiti social-comunisti tedeschi erano fra i più forti in Europa, e la classe operaia tedesca era assai determinata. I sindacati avevano centinaia di migliaia di iscritti. Gli operai tedeschi avevano una chiara coscienza dei loro diritti, e sapevano come poterli difendere. Ad esempio, nel 1922, gli operai delle officine Krupp, rifiutarono l’offerta di acquistare delle azioni, e motivarono la loro scelta dicendo:

“L’introduzione di queste azioni non può che nuocere agli operai… lo spirito di solidarietà, che solo può assicurare l’avvenire delle classi lavoratrici, sarebbe considerevolmente indebolito dal fatto che alcuni operai si trovino ad avere gli stessi interessi dei padroni.”[1]

Negli anni Trenta, il partito comunista e la socialdemocrazia erano la forza più potente della Germania. Alle elezioni del 1930, il partito di Hitler ebbe sei milioni e mezzo di voti, mentre il partito comunista ottenne 4 milioni e mezzo di voti e la socialdemocrazia 8 milioni e mezzo. I due partiti (socialdemocrazia e partito comunista) se messi insieme avrebbero potuto facilmente sconfiggere il nazismo. Ciò nonostante, nel 1933, Hitler giunse al potere, e si vantò di averlo fatto “senza rompere un vetro”. Ciò accadde perché gli stalinisti tedeschi preferirono allearsi segretamente con i nazisti, per far cadere il governo socialdemocratico. Uno dei comunisti tedeschi, Jan Valtin, raccontò:

“Fu un’alleanza bizzarra, mai proclamata ufficialmente, né riconosciuta dalla burocrazia rossa né da quella marrone, ma comunque un fatto orribile. Molti dei militanti di base del partito resistettero ostinatamente; troppo disciplinati per denunciare apertamente il comitato centrale, essi intrapresero una silenziosa campagna di resistenza passiva, se non di sabotaggio. Tuttavia gli elementi comunisti più attivi e fedeli, io fra loro, andarono oltre con energia per trasformare quest’ultimo Parteibefehl [ordine del partito] in azione. Si concordarono tregue temporanee e unione delle forze da parte dei seguaci di Stalin e di Hitler allorquando scorgevano l’occasione di fare irruzione e interrompere assemblee e manifestazioni del fronte democratico. Durante il solo 1931, partecipai a decine di queste imprese terroristiche d’intesa con i più feroci elementi nazisti. Io e i miei compagni seguivamo semplicemente gli ordini del partito. Descrivo di seguito alcune di queste imprese per qualificare questa alleanza Dimitrov-Hitler e per illustrare ciò che stava accadendo per tutta la Germania in quel periodo.

Nella primavera del 1931, il sindacato socialista dei trasporti aveva indetto un’assemblea dei delegati navali e portuali di tutti i principali porti della Germania occidentale. Il congresso si svolse nella Camera del Lavoro di Brema. Era aperto al pubblico e i lavoratori furono invitati ad ascoltarne lo svolgimento. Il partito comunista mandò un messaggero alla sede del partito nazista, con la proposta di sabotare insieme la conferenza sindacale. Gli uomini di Hitler acconsentirono, come facevano sempre in quei casi. Quando si aprì il congresso, le gallerie erano piene di due o trecento comunisti e nazisti. Io ero responsabile dell’operazione per il partito comunista e un turbolento capo squadrista, di nome Walter Tidow, per i nazisti. In meno di due minuti, ci eravamo accordati per il piano di azione. Appena la conferenza dei socialdemocratici fu ben avviata, mi alzai e lanciai uno sproloquio dalla galleria. Dall’altra parte della sala Tidow fece la stessa cosa. I delegati sindacali rimasero all’inizio senza parole. Poi il relatore diede ordine di cacciare i due facinorosi, io e Tidow, dal palazzo. Ci sedemmo tranquilli, guardando con derisione le squadre di grossi sindacalisti avanzare verso di noi con l’intenzione di cacciarci fuori. Ci rifiutammo di spostarci. Appena il primo delegato sindacale ci toccò, i nostri seguaci si alzarono e scoppiò un pandemonio. I mobili vennero distrutti, i partecipanti picchiati, la sala trasformata in un mattatoio. Raggiungemmo la strada e ci sparpagliammo prima che arrivassero le ambulanze e i Rollkommandos della polizia. Il giorno dopo, sia la stampa nazista che quella del nostro partito raccontarono in prima pagina di come i lavoratori ‘socialisti’, esasperati dalle ‘macchinazioni’ dei propri leader corrotti, avevano dato loro una bella “strigliata proletaria.[2]

Grazie a queste strategie, gli operai tedeschi si trovarono soggetti al potere nazista. Salito al potere, Hitler distrusse tutte le organizzazioni operaie. Coloro che avevano difeso gli ideali comunisti e socialdemocratici finirono nei campi di concentramento. Gli stalinisti avevano visto nella socialdemocrazia un pericolo maggiore del nazismo, e avevano rinunciato a difendere gli interessi degli operai in nome di un presunto pericolo che si instaurasse la “democrazia borghese”. Fu così che nel gennaio del 1933 Hitler poté impadronirsi del potere in un paese che aveva il partito comunista più forte in Europa dopo quello russo. Stalin e i suoi compari avevano tradito anche gli operai tedeschi.

Chi era davvero Hitler e perché proprio lui è stato messo al potere?

La “missione” di Hitler inizia nel 1919, quando venne incaricato dall’esercito di controllare e spiare l’operato dei socialisti e dei comunisti. L’incarico gli venne dato grazie alla raccomandazione di un suo vecchio amico, Ernst Ròhm, un soldato di ventura che godeva della simpatia degli ufficiali grazie alla sua abilità di arruolare giovani tedeschi nelle S.A. Egli venne assunto nel reparto detto “di chiarimento”, che aveva l’incarico di controllare l’attività dei gruppi politici radicali, in particolare comunisti e socialisti. In questa sua “attività” incontrò Anton Drexler che lo inviterà ad unirsi al Partito dei lavoratori tedeschi, che, nonostante la denominazione, era un gruppo che si opponeva e cercava di contrastare il potere delle classi inferiori. La sua ambizione lo spingerà ad aderire. Successivamente scriverà:

“Io non avevo l’intenzione di iscrivermi a un partito già costituito, desiderando fondarne uno per conto mio… Io ero povero, senza mezzi. E se ciò era forse la cosa più lieve da sopportare, più grave però era il fatto che appartenevo al gregge degli anonimi, a quei milioni di individui che il destino lascia vivere e poi richiama dalla vita, senza che la loro esistenza sia comunque presa in considerazione da qualcuno. S’aggiunga a ciò la difficoltà che nasceva dalla mia mancanza di istruzione scolastica. Dopo due giorni di tormentosi pensieri, giunsi finalmente alla convinzione che quel passo era necessario. Fu questa la decisione più importante della mia vita. Da quel momento, io non potevo più tornare indietro”.[3]

Hitler mostrerà eccellenti capacità organizzative e di propaganda. Il suo primo discorso in pubblico lo esaltò:

“Parlai per trenta minuti. E ciò che prima era una semplice convinzione mai controllata, divenne ora una realtà: sapevo parlare in pubblico!”[4]

Da allora le sue energie saranno utilizzate per accrescere questa abilità.
Secondo Dietrich Eckart,[5] Adolf Hitler era l’uomo giusto per imporre alla Germania il potere dell’élite ricca, che avrebbe dominato occultamente:

“Abbiamo bisogno di un camerata che ci sia Capo… un camerata che sappia sopportare il crepitio della mitragliatrice. La plebaglia ha bisogno di sentire la paura, tanto da farsela sotto. Non possiamo servirci di un ufficiale, perché il popolo non rispetta più gli ufficiali. La migliore soluzione sarebbe un operaio che sappia parlare… A costui non occorrerebbe molto cervello… E dovrebbe essere scapolo, così potremmo avere dalla nostra le donne”.[6]

Secondo lo storico Emil Ludwig Fackenheim, Hitler era semplicemente un attore:

“Non credo che conoscesse la differenza fra recitare e credere… prima dei comizi, Hitler si atteggiava di fronte allo specchio. Era un uomo che veniva considerato un signor nessuno quando nella vita privata si trovava in compagnia di persone qualsiasi, soprattutto donne. Diventava un dio davanti alle masse. L’Hitler pubblico, era una creazione a cui collaboravano insieme l’attore e l’uditorio… Ovviamente è sconvolgente pensare che sei milioni di ebrei siano stati assassinati a causa di un attore”.[7]

Si trattava semplicemente di recitare la parte del personaggio capace di incantare le masse per soggiogarle. Hitler era caratterizzato da un’enorme ambizione, che si era alimentata nel tempo a causa delle frustrazioni che aveva subito nelle attività in cui si era cimentato. 
Anche l’antisemitismo era per Hitler un modo per attrarre consensi. In seguito alla pubblicazione del libro di Henry Ford The international Jew (L’ebreo internazionale, 1921), l’antisemitismo aveva fatto presa su molti tedeschi. Il libro venne stampato in mezzo milione di copie e tradotto in sedici lingue. Nella pubblicazione, Ford sosteneva che:

“il potere del parassita ebreo è costantemente aumentato. Il pericolo ebraico, che oggi si chiama sionismo, minaccia non solo una nazione, ma tutta l’umanità“.

Il libro fu la bibbia di tutti gli antisemiti, compreso Hitler. L’antisemitismo era molto radicato nella cultura europea e americana. Ad esempio, il presidente George Washington aveva messo in guardia più volte sul “pericolo ebraico”:

“Essi [gli ebrei] lavorano più efficacemente contro di noi delle armate nemiche. Essi sono cento volte più pericolosi per le nostre libertà e per la grande causa in cui siamo impegnati … Ciò di cui dobbiamo biasimarci più di tutto è che ogni stato, già da tempo, non li ha messi alle strette in quanto flagelli della società e più grandi nemici che abbiamo per la felicità dell’America“.[8]

Sempre più intellettuali, giornalisti e persone comuni europee e americane, in seguito a massicce campagne denigratorie, furono propensi a vedere negli ebrei un “pericolo” per il mondo. Gli ebrei venivano descritti dalla propaganda antisemita come avidi, crudeli, e capaci di ordire complotti segreti. Iniziarono a circolare vignette che li rappresentavano come mostri orrendi e ributtanti.

Hitler non aveva creato l’antisemitismo, ma lo aveva ripreso dai personaggi che egli ammirava, per riproporlo in modo vigoroso. Egli considerava Ford come una grande persona, e teneva una sua foto nel suo studio. 
Secondo alcuni studiosi, Hitler fu mentalmente fuorviato anche nelle rischiose operazioni belliche che intraprese. Come raccontò Joachin Von Ribbentrop a Norimberga, Hitler e i gerarchi nazisti (lui compreso) erano convinti che l’accordo con l’Urss (Molotov-Ribbentrop) avrebbe permesso alla Germania di espandersi senza rischiare alcuna guerra con la Francia e l’Inghilterra. Quando invece la guerra scoppiò, Hitler esclamò: “e adesso?”.

L’élite ricca inglese e americana aveva aiutato Hitler a salire al potere e ad armarsi.

I piani economici e finanziari della Germania nazista non erano sotto la supervisione di Hitler, ma quest’ultimo riceveva ordini dai proprietari delle banche e delle grandi imprese presenti in Germania.

Peter Calvocoressi, Procuratore a Norimberga, affermò:

“Gli industriali erano il motore dello Stato tedesco. Il vero asse portante della Germania non erano le forze armate, o almeno non solo loro, bensì la potenza industriale e finanziaria. Senza di essa non ci sarebbe stato nessun esercito“.

Il compito di Hitler era, per così dire, “tecnico” e di apparenza. Cioè doveva convincere il popolo che il nazismo sarebbe stato provvidenziale per la Germania, e che soltanto un regime così “forte” avrebbe potuto far uscire il Paese dalla miseria, che si era aggravata in seguito al crollo finanziario del 1929. Il gerarca Joachin Von Ribbentrop dirà a Norimberga:

“La nostra intenzione era quella di salvaguardare le più elementari condizioni per la nostra sussistenza. Esattamente come l’Inghilterra aveva difeso i suoi interessi e assoggettato un quinto della superficie mondiale. Per non parlare degli Usa, che avevano sottomesso un intero continente, e della Russia, che aveva posto sotto la propria egemonia la più grande massa continentale esistente sulla terra. La povertà e la disoccupazione furono i cavalli di battaglia della propaganda nazista, e permisero a Hitler di proporre un progetto di ampia statalizzazione, analogo a quello realizzato in Italia e nell’Urss”.[9]

L’abilità oratoria permetterà a Hitler di convincere la maggior parte della popolazione, che si affidò a lui per la disperazione. Egli venne scelto soprattutto per le sue capacità di catturare e convincere le masse. Così lo descriveva il luogotenente nazista Martin Bormann:

“Hitler è capace di tenere alla sua mercé coloro che comprendono il tedesco. Questa voce, talvolta dolce, profonda, calda, diventa a suo piacimento rauca, veemente fino all’urlo, all’isteria selvaggia, e imprecatoria. Non ha bisogno di lezioni neanche per conoscere il potere della sua voce e della sua parola… questa predicazione che infiamma le folle come una torcia … è la voce degli uomini eccezionali di cui Dio ha fatto, nei suoi segreti disegni, dei medium, dei guru, incaricati di cambiare la storia degli uomini”.[10]

Anche il crollo di Wall Street del 1929, doveva contribuire all’ascesa di Hitler. La grande finanza americana aveva il potere di condizionare la borsa e di creare una crisi che mettesse in pericolo gli equilibri europei. Dopo la Prima guerra mondiale, i banchieri di Wall Street alimentarono una grande fiducia nel mercato e indussero molti alla speculazione. Improvvisamente ritirarono i crediti, generando insicurezza e panico. Gli investitori furono trascinati nell’impeto delle svendite disperate, e le azioni crollarono oltre il valore reale delle imprese.

Emile Moreau, governatore della banca di Francia, scriveva nel suo diario l’8 febbraio del 1928: “Le banche avevano ritirato improvvisamente dal mercato diciottomila milioni di dollari, cancellando le aperture di credito e chiedendone la restituzione“.[11] Nel giugno del 1929, a causa di queste politiche bancarie, l’economia si bloccò, e ciò non poteva non riguardare anche il mercato borsistico. Prima o poi sarebbe scoppiata una grave crisi, proprio come accadde il 29 ottobre del 1929.

Con il sopraggiungere della povertà e della disoccupazione, i consumi calarono, così come le produzioni. Molte industrie e piccole banche fallirono, ma i milioni di dollari “bruciati” non erano certo spariti: stavano nelle casse delle grandi banche che avevano indotto la crisi. E proprio queste banche avrebbero rilevato le imprese e le banche fallite. 
I grandi finanzieri di Wall Street avevano così ottenuto molteplici risultati. Si erano appropriati di parecchi beni: case, fabbriche, piccole banche ecc.., mentre ovunque aumentò la disoccupazione. In Germania la crisi fu talmente grave da accrescere oltremodo le adesioni al nazismo.

Nella campagna elettorale del 1932, Hitler puntò alla lotta contro la disoccupazione e alla partecipazione statale nell’economia. Con questi temi riuscì ad ingannare le masse di lavoratori disperati. Il partito nazista diventò il primo partito della Germania, e nel gennaio del 1933 Hitler diventò cancelliere. Hindenburg aveva subito forti pressioni, che lo avevano indotto ad affidare il governo a Hitler. Era l’élite tedesca (i Krupp, i Siemens, i Thyssen ecc.), sostenuta da quella anglo-americana, a desiderare che il nazismo prendesse il potere.

Le banche e le imprese americane si sarebbero dichiarate “neutrali”, e avrebbero ricavato parecchi vantaggi dalla sanguinosa guerra, che avrebbe indebolito gli imperi europei e rafforzato l’impero americano.

Molte imprese americane, durante la guerra, schiavizzarono i prigionieri, costringendoli a “morire di lavoro”. I sopravvissuti raccontarono cose agghiaccianti.

Ad esempio, Alexander Samila, un ucraino imprigionato alla fine del ’43, raccontò: “Si scavava, si martellava, si brillavano mine ininterrottamente. Le luci non erano mai spente nei tunnel. Per ogni anche piccola mancanza i detenuti erano bastonati brutalmente. Tentavamo di dormire all’interno delle gallerie, ma non ci riuscivamo perché c’era sempre qualcuno che urlava. Ogni punizione consisteva in 25 colpi inferti con un manganello di gomma. A me, per fortuna, è toccato in tutto solo sette volte”.

Ewald Hanstein, sopravvissuto a tre campi di concentramento, fra i quali Auschwitz, disse:

“Ma per me Dora è stato il peggiore dei lager. Uccidevano la gente col lavoro. Chi non ce la faceva più a lavorare, finiva nel crematorio. Ci tormentavano finché crollavamo. Per esempio: c’era pochissima acqua. Qualche volta ci davano aringhe salate da mangiare e noi avevamo una sete terribile. C’era una sola fontanella per tutti i detenuti, e per lo più non ci si riusciva neppure ad avvicinare. Chi ce la faceva, beveva troppo e gli veniva la dissenteria“.[12]

La Ford, anche dopo l’entrata in guerra degli Usa, continuò a produrre materiale bellico, che sarebbe stato utilizzato contro gli americani. Gli americani, durante la guerra, non bombardarono mai le fabbriche americane in Germania. Le industrie Ford si valsero ampiamente di manodopera coatta dei prigionieri nei lager. Uno dei tanti lavoratori forzati, Johannes Van Weeszenberg, raccontò:

“Noi dicevamo ‘è tutta una barzelletta’, qui si producono gli autocarri con cui vengono colpiti gli americani, proprio così, eppure non ci bombardano mai. Del resto, si capisce, gli americani non sono mica tanto scemi da distruggere le loro stesse fabbriche”.[13]

L’Ibm offrì a Hitler assistenza tecnica per i lavori forzati e per i programmi di sterminio. Grazie alle tabulatrici di Hollerith, che erano le antenate dei calcolatori, venne immagazzinata una quantità enorme di dati.

Un lavoratore anonimo scrisse in una lettera: “L’Ibm è un mostro internazionale…come i nazisti“.[14] Il giornalista investigativo Edwin Black, nel libro L’Ibm e l’olocausto, documenta la stretta collaborazione fra la grande Corporation americana e la Germania di Hitler. Black riesce a provare che l’allora presidente dell’International Business Machines, Thomas Watson, collaborò col governo nazista fin dall’inizio. Egli aiutò i nazisti nell’opera di classificazione degli ebrei per finalità razziste. La filiale tedesca dell’Ibm prese il nome tedesco di Dehomag (Deutsche Hollerith Maschinen Gesellschaft), per poter operare anche durante la guerra. Watson, nel 1933, fornirà la tecnologia necessaria per il primo censimento del nazismo, a cui ne seguiranno altri più perfezionati, anche negli anni di guerra.

L’intera popolazione sarà schedata, in modo da poter identificare gli ebrei e differenziare anche altre categorie, ad esempio, i soggetti che avevano sposato ebrei, gli ebrei che avevano combattuto durante la Prima guerra mondiale, la percentuale di sangue ebraico, ecc. La tecnologia dell’Ibm permetterà una maggiore efficienza dell’industria bellica, e una migliore organizzazione dei trasporti. Black sostiene che l’aiuto della Ibm fu fondamentale per realizzare l’olocausto degli ebrei e per ottenere i migliori risultati nello sterminio dei soggetti ritenuti indegni di vivere (zingari, disabili, mendicanti, ecc.).

Watson era talmente vicino ai nazisti che, nel 1936, ricevette la “Croce al merito dell’aquila tedesca”, la più alta onorificenza nazista che si poteva offrire ad uno straniero.

Dopo lo scoppio della guerra, la Dehomag aprì nuove filiali nei territori conquistati (Austria, Polonia, Cecoslovacchia ecc.), per attuare nuovi censimenti. Addirittura, l’Ibm, con rapidità ed efficienza, istituì nuove filiali nei territori che verranno occupati in seguito, anticipando le mosse della Wehrmacht. In tal modo i governi nazisti locali potevano da subito smascherare gli ebrei e deportarli. Questa realtà agghiacciante è stata inoppugnabilmente provata da Black. 
Alla fine della guerra, l’Ibm potrà festeggiare una doppia vittoria: oltre agli enormi profitti maturati prima e durante la guerra, sarà considerata dagli Alleati una vittima dell’esproprio nazista, e potrà recuperare tutte le proprie macchine. Secondo Black il movente principale della Ibm era il profitto:

“La sede di New York era pienamente a conoscenza di quanto stava accadendo nel Terzo Reich… che i macchinari erano abitualmente utilizzati nei campi di concentramento, e sapevano anche dello sterminio degli ebrei… non ebbe mai nulla a che vedere con il nazismo… ma solo e sempre con il profitto”.[15]

Altre ricerche provano che americani e inglesi parteciparono attivamente all’uccisione di ebrei e di altri prigionieri nei lager.

Richard Breitman,[16] docente di storia all’American University di Washington, ha analizzato i documenti di guerra resi pubblici nel 1996 dalla National Security Agency statunitense, che li aveva ottenuti da Londra nel 1984. Sulla base di questi documenti, Breitman sostiene che il governo della Gran Bretagna e quello degli Stati Uniti erano perfettamente al corrente di ciò che stava accadendo in Polonia e in altri luoghi. Dal 1941, erano state intercettate e decriptate parecchie notizie sui massacri di decine di migliaia di ebrei in Polonia, Lituania, Ucraina. Churchill venne a conoscenza di queste informazioni, che rimasero all’interno del SIS. Fino al 1942, sia gli inglesi che gli americani non denunceranno alcuna atrocità contro minoranze e contro il popolo ebraico, ma parleranno in modo generico di atrocità e violenze sulle popolazioni dei territori occupati. All’inizio del 1943, la Bbc iniziò a parlare di “soluzione finale” progettata dai nazisti contro gli ebrei. Cominciarono a circolare descrizioni dei ghetti e dei campi di sterminio, e storie di fucilazioni di massa.

Se si uniscono le ricerche di Breitman a quelle di Black, si comprende come gli anglo-americani non si siano limitati a non contrastare direttamente i crimini nazisti contro le minoranze e gli ebrei, ma abbiano collaborato attivamente con le autorità naziste ad attuare crimini.

Tutte le grandi Corporation che operarono in Germania si macchiarono di orrendi crimini. Ad esempio, la famiglia Bush accrebbe notevolmente la propria ricchezza grazie a Hitler e ai suoi lager.

Prescott Bush, nonno di George Bush junior, installò una fabbrica a Oswiecim (vicino ai campi di Auschwitz), dove lavorarono, ridotti in schiavitù, i prigionieri di Auschwitz. Prescott fece grandi affari col regime nazista. Anche dopo l’entrata in guerra degli Usa, nonostante fosse illegale, continuò a produrre per la Germania, creando imprese internazionali e società per il riciclaggio del denaro sporco, come la Consolidated Silesian Steel Company e l’Overby Development Company. Nel 2001, dagli archivi olandesi, sono emersi documenti che hanno portato alla luce i traffici di Prescott Bush.[17]

C’era una rete di riciclaggio del denaro sporco, che aveva l’appoggio del finanziere Fritz Thyssen, proprietario di banche in Olanda, in Germania e negli Usa. Il denaro veniva trasferito dalla Germania (all’August Thyssen Bank di Berlino), per l’Olanda (tramite Bank voor Handel che si trovava nei Paesi Bassi) e giungeva negli Usa, presso l’Union Banking Corporation di New York.

Nel 1922, il magnate delle ferrovie Averell W. Harriman incontrò a Berlino la famiglia dei banchieri tedeschi Thyssen, per proporre la fondazione di una banca germano-statunitense. L’idea si concretizzò nel 1924, con la nascita della Union Banking Corporation (Ubc). La presidenza venne assunta da George Herbert Walker, suocero di Prescott Bush.

La Ubc riceveva dai Paesi Bassi i soldi ricavati dalle attività a sostegno del potere nazista e dalla guerra, e li rinviava alla Brown Brothers Harriman. Il capitale nazista arrivava quindi negli Usa tramite l’Olanda. Prescott Bush, nel 1926, fu presidente e azionista della Ubc, ed era socio della Brown Brothers Harriman, che ebbero entrambe un ruolo importante nel finanziare l’ascesa di Hitler. Thyssen, nel 1931, era diventato uno degli uomini più potenti del nazismo.

Nel 1926 il finanziere americano Clarence Dillon, uno degli uomini più importanti di Wall Street, si associò con Fritz Thyssen, dando vita a un consorzio nel settore dell’industria dell’acciaio, la German Steel Trust. Il consorzio si sviluppò a tal punto da diventare una fonte di ricchezza necessaria allo sviluppo della Germania nazista. Il gruppo Thyssen (Thyssen-Bornemisza Group, Tbg) è a tutt’oggi il maggiore conglomerato industriale della Germania, è talmente ricco che ha assorbito molte altre società, ad esempio quella della famiglia Krupp. Oggi sappiamo come i Thyssen abbiano potuto diventare così ricchi.

Prescott fu molto vicino al banchiere Fritz Thyssen e al magnate dell’acciaio Clarence Dillon. Spiega l’economista americano Victor Thorn:

“ La Ubc divenne la via segreta per la protezione del capitale nazista che usciva dalla Germania verso gli USA, passando per i Paesi Bassi. Quando i nazisti avevano bisogno di rinnovare le loro provviste, la Brown Brothers Harriman rimandava i loro fondi direttamente in Germania… Una parte importante dei fondamenti finanziari della famiglia Bush fu costituita tramite il loro aiuto ad Adolf Hitler. L’attuale presidente degli Stati Uniti, così come suo padre (ex-direttore della Cia…), raggiunse il vertice della gerarchia politica statunitense poiché suo nonno, suo padre e la sua famiglia politica aiutarono e incoraggiarono i nazisti”.[18]

Webster Tarpley e Anton Chaitkin, autori di George Bush: Biografia non autorizzata, sostengono che “sono stati i banchieri di Wall Street (fra gli altri) i finanziatori occulti di quella folgorante ascesa al potere. La famiglia del nostro attuale presidente faceva parte di coloro che finanziarono la macchina bellica nazista, ricavandone enormi guadagni… Una parte importante delle origini finanziarie della famiglia Bush si è costituita grazie al suo appoggio ed il suo aiuto ad Adolf Hitler.”[19]
Tarpley e Chaitkin scrivono che “la grande crisi finanziaria del 1929 -1931 scosse l’America, la Germania e la Gran Bretagna rendendo deboli i loro rispettivi governi. Inoltre rese più diligente Prescott Bush, più desideroso di fare quanto necessario per preservare il suo privilegiato posto nel mondo. Durante quella crisi alcuni anglo – nordamericani danarosi sostennero l’instaurazione del regime di Hitler nella Germania“.[20]

Nel 1979, il barone Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza (nipote di Fritz Thyssen) scrisse un opuscolo dal titolo “La storia della famiglia Thyssen e loro attività“, in cui ammise il ruolo importante svolto dalla sua famiglia nel rafforzare il potere nazista:

“Così, all’inizio della II G.M. la Banca voor Handel en Scheepvaart – una ditta olandese il cui unico azionista era un cittadino ungherese – era diventata la holding delle società di mio padre. Prima del 1929 egli deteneva le quote della Banca August Thyssen, ed anche sussidiarie americane e la Union Banking Corporation di New York. Le azioni di tutte le affiliate [nel 1945] erano nella Banca August Thyssen nel settore orientale di Berlino, da dove riuscii a farle trasferire in occidente all’ultimo momento…Dopo la guerra il governo olandese ordinò un’indagine sulla situazione legale della società holding e, in attesa del risultato, nominai un olandese ex direttore generale di mio padre che si era rivoltato contro la nostra famiglia. In quello stesso anno, il 1947, ritornai in Germania per la prima volta dopo la guerra, travestito da autista olandese in uniforme militare, per stabilire i contatti con i nostri dirigenti tedeschi… La situazione del gruppo cominciò gradualmente ad essere risolta ma non fu prima del 1955 che le società tedesche vennero liberate dal controllo alleato ed in seguito rilasciate. Fortunatamente le società del gruppo soffrirono poco dallo smembramento. Infine, fummo nella posizione di concentrarci su problemi puramente economici – la ricostruzione ed ampliamento delle società e l’espansione dell’organizzazione…

Il dipartimento creditizio della Banca voor Handel en Scheepvaart, che funzionava anche come società holding del gruppo, si fuse nel 1970 con la Nederlandse Credietbank N.V. che aumentò il suo capitale. Il gruppo ricevette il 25%. La Chase Manhattan Bank detiene il 31%. Per la nuova società holding venne scelto il nome di Thyssen-Bornemisza Group.[21]

Molte altre società e banche americane finanziarono Hitler, come la Chase Bank dei Rockefeller. Alla Deutsche Bank (controllata dai Rockefeller), dal 1940 al 1945, fu direttore Hermann Joseph Abs, un fervente sostenitore del nazismo. Abs fece parte dell’amministrazione di industrie che basavano i loro profitti sulla guerra e sul lavoro forzato dei prigionieri nel campo di sterminio di Auschwitz.[22] Fino agli anni Cinquanta, fu responsabile della filiale svizzera della Deutsche Bank, Alfred Kurzmeyer, detto anche “Banchiere dell’Olocausto”. Grazie a lui la Deutsche Bank prevalse. I suoi pochi scrupoli avevano permesso alla DB di incassare denaro e oro di dubbia provenienza, che dopo molti anni si scoprirà essere appartenuti alle vittime del nazismo morte nei campi di sterminio. Si trattava di almeno 300 chili di oro, che comprendevano anche i denti d’oro estratti ai prigionieri. La stessa banca aveva finanziato la costruzione del campo di Auschwitz e lo stabilimento BUNA, dove si produceva gomma per pneumatici, e dove, successivamente, si iniziò ad arricchire l’uranio per la bomba atomica.[23] Anche il progetto nazista di sterminio ebbe sostegno da parte dell’élite finanziaria americana.

Durante il periodo nazista, le grandi famiglie di banchieri, i Rockefeller[24], i Warburg e gli Harriman, sostennero finanziariamente le ricerche eugenetiche.

Gli istituti, diretti dallo psichiatra fascista Ernst Rudin, sostennero l’idea che alcune persone erano geneticamente “nocive” perché inferiori oppure portatrici di “tare ereditarie”, e per questo andavano sterilizzate oppure uccise. Rudin diventò capo della Società di Igiene Razziale e poté creare uno staff per stilare leggi a protezione della razza. Nel 1933 creò una legge sulla sterilizzazione dei soggetti “inferiori”. La legge venne considerata importante e pubblicata con la firma di Hitler sulla rivista americana “Eugenical News“, del settembre 1933. Il centro degli studi eugenetici era a New York.

Nel 1932, si tenne a New York il Congresso Internazionale di eugenetica, in cui si affrontò il problema su come “eliminare le stirpi peggiori”, cioè i neri, i gialli e gli ebrei.

La legge elaborata da Rudin nella Germania nazista traeva ispirazione dalle precedenti leggi americane, e si reggeva sull’idea centrale che alcuni gruppi genetici fossero da sterminare. Si trattava di attuare genocidi, con l’idea di dover “purificare la razza”.

Anche James Forrestal, un miliardario che apparteneva al mondo degli affari di Wall Street, ebbe stretti rapporti con la Germania di Hitler. Egli fu, dal 1938, presidente della banca di investimenti Dillon and Read, che aveva finanziato generosamente l’ascesa di Hitler al potere.

Nel periodo 1925-1930, la Dillon and Read aveva finanziato con decine di milioni di dollari le acciaierie August Thyssen, la Rhein-Elbe Union, la Vereinigte Stahlwerke, la Ruhr-Gas, la Siemens, la Gelsenkirchener Bergwerks e la Ruhrchemie. Insieme ad altri istituti di credito, la Dillon and Read aveva rimesso in piedi le finanze tedesche. Prima della guerra, la finanza americana aveva investito miliardi in Germania.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, James Forrestal diventò presidente della filiale americana del colosso chimico tedesco I. G. Farben (Interessengemeinscheft Farbenindustrie), la General Aniline and Film Corporation. La General Aniline riforniva la Germania di prodotti chimici essenziali per proseguire la guerra, facendoli partire dall’America del Sud. Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, Forrestal ebbe il ministero della Marina. Egli, in accordo col presidente Roosevelt e insieme al Council on Foreign Relations, aveva preparato il piano per l’egemonia mondiale degli Usa. Molti storici ritengono che Forrestal ebbe un ruolo di primo piano nell’istituire rapporti economici con l’industria tedesca, come parte di un piano molto più vasto, da realizzare con una grande guerra.

Nel 1947, Forrestal assunse il Ministero della Difesa, e chiamò nel Ministero Howard Peterson, che era stato l’avvocato della I.G. Farben negli Stati Uniti fino all’inizio del conflitto, e William Draper, vice presidente della banca Dillon and Read. Draper pianificò la politica economica degli Stati Uniti nella Germania occupata, curandosi di ripristinare le vecchie strutture.

Peterson ebbe l’incarico di designare i magistrati americani nel processo di Norimberga, destinati a giudicare gli industriali tedeschi che avevano appoggiato Hitler.[25]
Prima della guerra, il nazismo era considerato dagli anglo-americani come un sistema politico “moderato”, che garantiva la repressione dei lavoratori. Nel 1937, il Dipartimento di Stato americano scriveva: “(il fascismo europeo) Deve vincere, altrimenti le masse, alle quali questa volta si aggiungeranno le classi medie deluse, si rivolgeranno di nuovo alla sinistra“.[26]

Nel 1938, Roosevelt approvò gli accordi di Monaco che dividevano la Cecoslovacchia.

Il suo confidente Sumner Welles disse che “(gli accordi) offrono alle nazioni l’opportunità di instaurare un nuovo ordine mondiale basato sulla giustizia e sulla legalità“.[27]

La Gran Bretagna ebbe con la Germania nazista rapporti commerciali, industriali e finanziari molto stretti, fino al 1939. 
La finanza inglese, come quella americana, metteva al di sopra di tutto, anche della sicurezza nazionale ed europea, le speculazioni. A partire dal 1920, i grandi e potenti gruppi economici, come la Banca J. P. Morgan & Co., sovvenzionarono l’economia e la politica tedesca. Montagu Norman, governatore della Banca d’Inghilterra, e George L. Harrison, capo della Federal Reserve, iniziarono un serrato controllo dell’economia di molti paesi europei, col pretesto di dover “stabilizzare le politiche nazionali”.[28]

L’élite finanziaria sosteneva e rafforzava i governi compiacenti, poco importava che fossero tirannici e sanguinari. L’obiettivo più ambito era il controllo della Germania, che si trovava in una situazione di estrema debolezza a causa delle condizioni imposte a Versailles. Era stato imposto il pagamento di 12 miliardi di dollari per le riparazioni di guerra, e severe restrizioni economiche, che impedivano la ricostruzione della Repubblica di Weimar.

Dopo la Prima guerra mondiale, la Germania, sconfitta e sull’orlo del collasso, si rivolse alle banche americane. Wall Street si attivò preparando due piani per rimetterla in piedi. I due piani vennero chiamati “piano Dawes” (1924) e “piano Young” (1928), e furono messi a punto da comitati di esperti americani, come Charles Dawes e Owen Young della General Eletric, Thomas W.

Lamont rappresentante della J. P. Morgan e T. N. Perkins banchiere legato ai Morgan. Secondo lo studioso Antony Sutton si trattò di un aiuto fortemente interessato da parte degli Usa: “Nient’altro che la creazione di un sistema mondiale di controllo finanziario in mani private capace di dominare il sistema politico di ogni paese e l’economia globale del mondo“.[29] Vennero attivati gli stessi istituti di credito che avevano finanziato la rivoluzione russa.

L’American International Corporation (cioè la Fed ) e il Fondo di garanzia Morgan si occuparono della ricostruzione economica della Germania e, occultamente, anche del suo futuro politico. Nel 1919, la Commissione Overman del Senato statunitense rivelò che la Germania stava ricevendo prestiti dai Rothschild e dalla Chase National Bank di Morgan. Il denaro giungeva in Germania attraverso il Sudamerica.

Il piano Young prendeva il nome da Owen D. Young, un funzionario dei Morgan, che aveva lavorato presso la General Electric. Lo scopo del piano era quello di impedire un’autonoma ricostruzione dell’economia tedesca e di creare problemi sociali e politici. Infatti, il piano imponeva il pagamento in contanti dei prestiti, pur sapendo che questo avrebbe ostacolato gravemente la ripresa e avrebbe costretto la Germania a chiedere forti prestiti alle banche. Anni dopo, uno dei sostenitori finanziari di Hitler, Fritz Thyssen, confessò:

“L’accettazione del Piano Young e dei suoi principi finanziari aumentò sempre più la disoccupazione finché i disoccupati furono circa un milione. La gente era disperata. Hitler disse che avrebbe risolto il problema della disoccupazione. Il governo allora in carica era molto scadente e la situazione della gente andava peggiorando. Questa fu la vera ragione dell’enorme successo che Hitler ebbe in quelle elezioni, in cui prese circa il 40%”.[30]

La finanza anglo-americana impose, nel 1923, Hjalmar Schacht alla presidenza della Reichbank. L’economia tedesca venne resa dipendente dalle banche di Londra e New York.

La politica europea venne direttamente determinata dalla politica bancaria anglo-americana, che optò per sovvenzionare regimi che garantissero il potere di un’élite contro l’instaurarsi di una vera democrazia.
Si trattava di creare in Germania un sistema economico-finanziario controllato da un gruppo di privati, soprattutto americani, e di indurre la gente a votare per Hitler. Hjalmar Schacht, un finanziere tedesco legato agli interessi dei Morgan, creò la Bank of international settlement (BIS), con sede in Svizzera, per supportare i finanziamenti al sistema nazista. Indebitare la Germania ridotta al collasso era il modo migliore per controllarla e per insediare il governo più favorevole agli interessi dell’élite. Nel 1924 Lloyd George dichiarò:

“I banchieri internazionali dettarono la risoluzione Dawes sulle riparazioni. Il protocollo che venne firmato tra gli Alleati e i poteri associati e la Germania è il trionfo della finanza internazionale. L’accordo non sarebbe mai stato raggiunto senza il brusco e brutale intervento dei banchieri internazionali. Essi relegarono in un angolo uomini di Stato, politici e giornalisti e formularono i loro ordini con l’autorità di monarchi assoluti, che sapevano che non c’era appello per le loro spietate sentenze… Il rapporto Dawes fu modellato dai re del denaro. Gli ordini dei finanzieri tedeschi ai loro rappresentanti politici furono tanto perentori quanto quelli degli alleati banchieri ai loro rappresentanti politici”.[31]

In Germania venne attuata una ricostruzione mirata ad assoggettare il paese al capitale Usa. I cartelli industriali, che si imponevano nell’economia tedesca (Vereinigte Stahlwerke, I.G. Farben, General Electric, Standard Oil, International Telephone and Telegraph ecc.), avevano nel loro consiglio di amministrazione finanzieri americani. La stessa famiglia Roosevelt aveva grandi interessi legati alla General Electric (faceva parte degli azionisti di maggioranza), che fu una delle più grandi società sostenitrici di Hitler.

Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, il 95% della produzione di esplosivi proveniva dalla I.G. Farben e dalla Vereinigte Stahlwerke. Tale produzione era stata possibile grazie ai prestiti e all’assistenza tecnologica americana. La I.G. Farben avrebbe permesso a Hitler la preparazione alla guerra, e avrebbe anche sfruttato la manodopera dei prigionieri nei campi di concentramento, fino alla morte.

Il 14 giugno 1940, la Standard Oil e la I.G. Farben istituirono il campo di concentramento di Auschwitz, col preciso intento di avere manodopera schiavile. La società I.G. Farben era controllata dai Rothschild, che utilizzavano uomini di facciata per nascondersi, come fanno a tutt’oggi. La I.G. Farben avrebbe permesso di rendere la guerra così lunga, come afferma un rapporto del Ministero della Guerra americano:

“Senza le immense possibilità produttive della I. G., le sue notevoli ricerche, i suoi estesi legami internazionali, la prosecuzione della guerra da parte della Germania sarebbe stata impensabile e impossibile. La Farben non solo indirizzò le sue energie verso il riarmo della Germania, ma si adoperò per indebolire le sue vittime designate, e questo duplice tentativo di espandere il potenziale industriale tedesco e di ridurre quello del resto del mondo non fu concepito ed eseguito “nel normale corso degli affari”. Ci sono prove schiaccianti che i funzionari della I. G. Farben conoscessero perfettamente il progetto tedesco di conquista del mondo e ogni specifico atto d’aggressione successivamente intrapreso”.[32]

La I.G. Farben elaborò nuove tecniche per ricavare benzina dalle riserve di carbone, permettendo così a Hitler di pianificare una lunga guerra di conquista. Gli accordi con i Rockefeller (che controllavano numerose società e banche) permisero alla Germania di avere tutto ciò che necessitava alla guerra: acciaio, gomma, benzina, petrolio e esplosivi. Senza il sostegno dei Rothschild, dei Morgan, dei Warburg e dei Rockefeller non ci sarebbe stato nessun Hitler e nessuna guerra.

Sutton trova negli archivi del tribunale di Norimberga le prove inoppugnabili che Hitler era stato finanziato direttamente da Wall Street.[33] Egli trova gli ordini di finanziamento della campagna elettorale di Hitler del 1933. Si tratta di almeno tre milioni di marchi, che le Corporation e le banche americane (I.G. Farben, Ford, Federal Reserve Bank, Standard Oil Company ecc.) versarono, attraverso la banca Delbruck Schickler, a coloro che si stavano occupando della campagna elettorale, Rudolf Hess e Hjalmar Schacht (governatore della Reichsbank dal 1924 al 1929).

Ai prestiti dei Rothschild e dei Morgan si aggiungevano le tecnologie necessarie allo sviluppo economico e alla preparazione della guerra. La Ford Motor Company e la General Motors si occuparono della produzione dei carri armati. La società americana Bendix Aviation, controllata dalla G.M., si occupò di fornire la tecnologia necessaria al pilotaggio automatico degli aerei. 
Le autorità americane erano al corrente di ciò che stava avvenendo. L’ambasciatore americano in Germania William Dodd, nel 1936, scrisse a Roosevelt:

“Attualmente più di cento società americane hanno qui delle consociate con cui collaborano. I Dupond hanno tre alleati in Germania che facilitano gli affari nell’ambito degli armamenti. L’alleato principale è la I. G. Farben, un’espressione del governo, che elargisce 200.000 marchi all’anno a una organizzazione propagandistica che opera sull’opinione pubblica americana. La Standard Oil Company (filiale di New York) ha inviato qui 2.000.000 di dollari nel dicembre 1933 e sborsa 500.000 dollari all’anno per aiutare i tedeschi a produrre surrogati del gas a scopo bellico… Il presidente della International Harvester Company mi ha detto che i loro affari qui sono aumentati del 33% annui (produzione armiera, credo), ma che non potevano esportare niente. Anche i nostri produttori di aerei hanno stretto accordi segreti con i Krupps. La compagnia General Motors (Morgan) e Ford fanno floridi affari qui attraverso le loro consociate e esportano i profitti. Cito questi fatti perché complicano le cose e vanno ad accrescere i pericoli di guerra”.[34]

Il presidente Roosevelt non fece nulla per contrastare le società che stavano rendendo possibile una prossima guerra. I motivi della noncuranza del presidente americano erano principalmente due: egli stesso aveva interessi economici e finanziari collegati a quelle società che stavano aiutando Hitler; inoltre, le sue decisioni erano manovrate da quella stessa élite che stava organizzando la guerra.

A rimettere in sesto il sistema finanziario della Germania non fu Hitler ma il banchiere Hjalmar Schacht, che legò le maggiori banche tedesche alla Darmstàdter Bank. Ne affidò la guida a Jakob Goldschmidt, che nel marzo del 1933 diventerà presidente della Reichsbank. Alcuni banchieri ebrei non furono affatto perseguitati da Hitler, ma furono dichiarati “ariani d’onore”.[35] Molti altri vennero espropriati e imprigionati, in seguito al processo di “arianizzazione” delle banche.

Esistono molte prove documentali a sostegno della subordinazione di Hitler al potere delle Corporation presenti sul territorio tedesco. Hitler riceveva richieste e ordini dalle imprese presenti in Germania, molte delle quali avevano azionisti americani e inglesi. 
Ad esempio, in una lettera dell’11 gennaio 1942[36], il dittatore rispose positivamente alla richiesta da parte della Volkswagen di ricevere altri lavoratori schiavi nei campi di concentramento. Negli ultimi anni di guerra, i nazisti cercarono di deportare quante più persone possibile, per soddisfare le richieste di manodopera coatta da parte delle Corporation.

Anche gli inglesi parteciparono generosamente al “progetto Hitler”.

Nel 1934 il governatore della banca d’Inghilterra Montagu Norman andò a Berlino in visita speciale. Lo scopo era quello di stabilire accordi precisi riguardo alla politica finanziaria del Reich. Si offrirono al regime nazista prestiti assai generosi, anche dopo l’invasione della Cecoslovacchia. Norman dette a Hitler 6 milioni di oro cecoslovacco che prima si trovava a Londra. Anche il Primo Ministro inglese Neville Chamberlain era al corrente e approvava. La Shell Oil , che è controllata dalla Corona inglese, finanziò l’ascesa di Hitler con accordi fra il suo amministratore delegato Henri Deterding e Montagu Norman.

Nel 1938, Chamberlain, firmò l’accordo di Monaco, e si vantò di aver sigillato una pace duratura con la Germania, mentre in realtà sapeva benissimo che Hitler si stava preparando alla guerra.

Gli inglesi, che nella retorica sostenevano di limitare la corsa agli armamenti dei tedeschi, nei fatti avevano conclusero, già nel 1935, un Patto Navale, che permetteva alla Germania di accrescere la propria potenza marittima. Appena due mesi prima, l’Inghilterra aveva partecipato alla Conferenza di Stresa, in cui si era mostrata d’accordo nel limitare alla Germania la possibilità di avere una forza navale.

Gli inglesi speravano di distruggere la potenza sovietica attraverso una guerra scatenata dalla Germania, mentre gli Usa volevano una grande guerra per destabilizzare l’Europa e acquisire un maggior controllo attraverso le ricostruzioni successive.

L’intento principale degli Usa era quello di indebolire l’impero inglese, e trarre ingenti profitti da un’eventuale guerra europea. Seminare divisioni, armare la Germania e provocare la guerra, avrebbe significato per l’élite Usa un passo avanti nel loro progetto di dominio mondiale.

Nel 1934, la Germania nazista importava ben l’85% dei raffinati petroliferi.

Hitler, per sfidare le altre potenze, doveva acquisire capacità di approvvigionarsi di carburatori. La soluzione gli venne offerta dalla Standard Oil di New Jersey, di proprietà della famiglia Rockefeller.

La Standard Oil possedeva tecnologie e possibilità di finanziamento del progetto “benzina sintetica”, che avrebbe permesso di estrarre benzina dal carbone. La benzina sintetica verrà prodotta, dal 1925, dalla I. G. Farben, che aveva come direttore Carl Bosch, che nel 1931 riceverà il premio Nobel per la chimica. La I. G. Farben era sotto il controllo dell’americana Standard Oil, con cui aveva stipulato l’accordo di condividere tutte le ricerche e tutti brevetti relativi alla produzione di benzina sintetica e di gomma sintetica. Nel 1933, anno dell’ascesa al potere di Hitler, l’ambasciata americana in Germania prevedeva che nel giro di soli due anni Hitler avrebbe avuto i mezzi per poter condurre una lunga guerra. Il ministero dell’economia del terzo Reich e le industrie I. G. Farben firmarono un accordo per la produzione di 400.000 tonnellate di benzina sintetica all’anno, fino al 1944. La produzione di benzina sintetica, dopo il 1935, salì ad alcune centinaia di migliaia di tonnellate all’anno. Nel 1944, con i processi Bergius e Fischer-Tropsch, toccò i tre milioni di tonnellate all’anno.

Dal 1936, Hitler era in grado di poter iniziare la guerra, essendosi reso indipendente dalle importazioni estere di petrolio. 
L’élite anglo-americana, a tempo debito, avrebbe additato il “mostro”, per apparire come i “liberatori dei popoli”. La propaganda antitedesca iniziò qualche anno prima dello scoppio della guerra. I media inglesi, dal 1938, iniziarono ad esagerare il pericolo dell’invasione tedesca e attuarono “esercitazioni” con maschere antigas, per spaventare la popolazione e convincerla che sarebbe stata necessaria una grande guerra per “fermare il mostro”.[37]

Gli Usa sapevano che se avessero mantenuto il ritmo di produzione della benzina sintetica, Hitler avrebbe avuto possibilità di vittoria. L’élite americana poteva vincere la guerra perché sapeva dove si trovavano i centri di produzione della benzina sintetica. Quindi, le truppe americane dopo lo sbarco in Europa, per prima cosa occuparono gli stabilimenti del settore chimico, meccanico e industriale, sequestrarono molti archivi, materiali di laboratorio, e si impadronirono di un’ampia documentazione.

Il 16 luglio del 1945, alla Conferenza di Potsdam, gli Alleati vietarono ai tedeschi la produzione di benzina sintetica. Nell’aprile del 1949 gli alleati smantellarono tutti gli impianti, che furono trasformati in raffinerie di petrolio.

NOTE:

[1] Avanti!, 29 gennaio 1922.

[2] Valtin Jan, Out of the night (1941), Kessinger Publishing, 2005, pp. 252-3.

[3] Shirer William Lawrence, Storia del Terzo Reich, Einaudi, Torino 1990, p. 43.

[4] Shirer William Lawrence, op. cit. p. 46.

[5] Dietrich Eckart fu scrittore e giornalista. Si occupò dell’ascesa politica di Hitler, giudicandolo adatto al ruolo di uomo forte che avrebbe fatto rinascere la Germania. Nel 1923, in punto di morte, disse: “dovete seguire Hitler. Sarà egli a ballare, ma sono io che ho scritto la musica… Non vi lamentate, egli avrà influenzato la storia più di qualunque altro tedesco”.

[6] Shirer William Lawrence, op. cit. p. 260.

[7] Cit. Rosenbaum Ron, Il mistero Hitler, Mondadori, Milano 1999, p. 397.

[8] http://holywar.org/italia/txt/giudei.htm

[9] Il programma che le banche e le grandi Corporation avevano preparato per la Germania prevedeva la statalizzazione delle imprese monopolistiche (che sarebbero così cadute nelle loro mani), l’espropriazione senza risarcimento delle terre incolte, la soppressione dei giornali indipendenti e delle correnti artistiche e letterarie, e la creazione di un forte potere centrale. Si tratta di riforme necessarie in tutte le dittature e in tutti i sistemi capitalistici.

[10] Marabini Jean, La vita quotidiana a Berlino sotto Hitler, Rizzoli, Milano 1987, p.47.

[11] Moreau Emile, Memorie di un governatore della Banca di Francia, Cariplo-Laterza, Roma-Bari 1986. www.centrostudimonetari.org

[12] Knopp Guido, Tutti gli uomini di Hitler, Corbaccio, Milano 2003, p. 311.

[13] Minoli Giovanni, ” La Storia siamo noi“, Rai tre 1/2/2006.

[14] Minoli Giovanni, “ La Storia siamo noi”, Rai3, 1 febbraio 2006.

[15] Black Edwin, L’IBM e l’olocausto. I rapporti fra il Terzo Reich e una grande azienda americana, Rizzoli, Milano 2001.

[16] Breitman Richard, Il silenzio degli alleati. La responsabilità morale di inglesi e americani nell’olocausto ebraico, Mondadori, Milano 1999.

[17] Gli archivi furono consultati da John Loftus, presidente del Florida Holocaust Museum. Vedi Toby Rodgers, “Heir to the Holocaust, How the Bush Family Wealth is Linked to the Jewish Holocaust“, in Clamor Magazine, maggio-giugno 2002.

[18] Thorn Victor, “La famiglia Bush e il prezzo del sangue versato dai nazisti“, Babel Magazine, 6 ottobre 2002. www.rebelion.org

[19] Tarpley Webster G., Anton Chaitkin Anton, George Bush : The Unauthorized Biography, Tree of life publications, 2004.

[20] Tarpley Webster G., Anton Chaitkin Anton, George Bush : The Unauthorized Biography, Tree of life publications, 2004.

[21] Loftus John, “The Belarus Secret and The Secret War Against the Jews”, New York , Knopf, 1982.

[22] “Lo strano caso della Deutsche Bank“, http://saba.fateback.com/bankenstein/deutschebank.html

[23

] ” Lo strano caso della Deutsche Bank“, http://saba.fateback.com/bankenstein/deutschebank.html

[24] La Fondazione Rockefeller fece approvare diverse leggi sulla sterilizzazione, che furono applicate in alcuni Stati americani. L’eugenetica era nata nel 1883 e si era diffusa sia in Europa che negli Stati Uniti. In molti Stati furono avviati programmi di eugenetica negativa, in particolare si trattò di sterilizzazione di soggetti ritenuti inferiori. Negli Usa tali tecniche ebbero particolare successo, e già nel 1894 vennero praticate le prime castrazioni eugenetiche alla Elwyn State School of Pennsylvania. Si trattò di centinaia di soggetti presi dalle carceri o da istituti psichiatrici. Charles Davenport, uno dei maggiori esponenti dell’eugenetica americana, nel 1906 fondò l’Eugenic Record Office. Davenport era un convinto razzista e antisemita e sostenne una rigida gerarchia tra le razze e la necessità di impedire che soggetti di razza superiore bianca potessero far degenerare la razza accoppiandosi con soggetti di razze inferiori. Egli auspicava un progetto di Stato per eliminare tutti i soggetti che secondo lui avrebbero potuto portare la “razza superiore verso il declino”.

[25] Norden Albert, Le secret des guerres: genèse et techniques de l’agression, Parigi, 1972, pp. 72-76.

[26] Chomsky Noam, Egemonia o sopravvivenza. I rischi del dominio globale americano, Marco Tropea Editore, Milano 2005, p. 74.

[27] Chomsky Noam, op. cit., p. 75.

[28] Li Vigni Benito, Le guerre del petrolio. Strategie, potere, nuovo ordine mondiale, Editori Riuniti, Roma 2004, p. 208.

[29] Sutton Antony C., America’s Secret Establishment, Liberty House Press. Bilings 1986.

[30] Consiglio di controllo del gruppo statunitense (Germania), Ufficio del direttore dei servizi segreti, rapporto dei servizi segreti n° EF/ME/1, interrogatorio di Fritz Thyssen, 4 settembre 1945.

[31] Journal American, New York , 24 giugno 1924.

[32] Icke David, La verità vi renderà liberi, Macro Edizioni, Cesena 2005, p. 118.

[33] Sutton Antony C., Wall Street and the Rise of Hitler, Press, Seal Beach ( California ) 1976.

[34] Dixon Edgar B. (a cura di), Franklin D. Roosevelt And Foreign Affairs, Belknap Press, Cambridge 1969, vol III, p. 456.

[35] Faillant de Villemarest Pierre, Les sources financières du nazisme, Ed. CEI, Cierrey 1984, p. 71.

[36] Palast Gregg, Democrazia in vendita, Marco Tropea Editore, Milano 2003, p. 254.

[37] Vedi Times, 7 settembre 1938. La propaganda venne chiamata dal governo inglese “paura della guerra”, e si svolse attraverso articoli allarmanti e antitedeschi, oltre che attraverso esercitazioni e costruzione di trincee.

Fonte: visto su DISINFORMAZIONE.IT
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