Il Corano e la scienza - El Coran e ła siensa

Il Corano e la scienza - El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2016 8:09 am

Il Corano e la scienza - El Coran e ła siensa
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???
Mi sono convintà della bontà della fede islamica quando ho scoperto che il Corano coincide con la scienza:
https://www.facebook.com/zoominitaly/vi ... 2892884114
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2016 8:11 am

Il Corano e le scoperte scientifiche
Scritto il 29 gennaio 2016
http://islamicamentando.altervista.org/ ... ientifiche


L’argomentazione molto di moda oggi tra i musulmani moderni, per sostenere che il Corano è un libro miracoloso e inimitabile, è quella di citare alcuni versetti che contengono delle “scoperte scientifiche”. La scienza moderna avrebbe infatti provato l’esattezza dei dati coranici ed avrebbe così confermato l’origine divina di questo testo. Infatti, secondo i musulmani, giacché i contemporanei del Profeta non conoscevano nulla delle verità scientifiche citate nel Corano, ciò testimonierebbe che il Corano proviene di Allah.

Secondo i musulmani in nel versetto 41:52 il Corano stesso stabilirebbe un nesso con i dati scientifici:

Di’: “Non vedete? Se [questo Corano] viene da Allah e voi lo rinnegate, chi sarà più traviato di chi si allontana nello scisma? (41:52)

Dedicati a questo argomento sul web sono presenti molti articoli e in circolazione esistono persino dei libri. I forum e le pagine Facebook ne sono pieni e viene ripetuto fino alla nausea. Per capire l’importanza che questa “argomentazione apologetica” ha oggi nell’Islam basta aprire un confronto con un musulmano mettendo in discussione il fatto che il Corano sia un libro divino: una delle sue prime argomentazioni per controbattere al suo interlocutore, se non addirittura la prima, sarà “è la stessa scienza a dimostrare che il Corano è divino”.

Qui di seguito prenderemo in esame alcuni punti chiave (per mancanza di tempo non tutti) presenti nei link che abbiamo riportato sopra, per dimostrare che la tesi del “Corano libro scientifico” non ha alcun senso di esistere. In tutta sincerità questa argomentazione per noi è talmente debole da essere persino ridicola, però, visto che molti musulmani ne sono così tanto convinti, e visto che negli intenti di Islamicamentando c’è anche l’obiettivo di aprire gli occhi a queste persone, crediamo sia opportuno affrontarla una volta per tutte.
Premettiamo che l’articolo è stato scritto con un po’ di fretta, quindi, chiunque volesse aiutarci a migliorare la qualità delle nostre risposte o aggiungere qualcosa sarà ben accetto.



Astronomia

Argomentazione:
CREAZIONE DELL’UNIVERSO: ‘IL BIG BANG’
Il Corano contiene il seguente versetto, per quanto riguarda l’origine dell’universo: “Non sanno dunque i miscredenti che i cieli e la terra formavano una massa compatta? Poi li separammo e traemmo dall’acqua ogni essere vivente. Ancora non credono?” [ Corano 21:30 ]
La congruenza notevole fra il versetto Coranico e ‘il Big Bang ‘è inevitabile! Come potrebbe un libro, che in primo luogo è apparso nei deserti dell’Arabia 1400 anni fa, contenere questa verità scientifica profonda?

Risposta:
Qui l’autore sostiene che il passo citato sarebbe la prova della presenza della teoria del Big Bang nel Corano.
Orbene, non possiamo che obiettare. Il passo enuncia, invece, la circostanza che Allah avrebbe creato tutto da un’unica massa compatta.
Ciò, tra l’altro, segue lo stesso sviluppo che si trova similarmente anche nel libro della Genesi ma, a prescindere da ciò, si denota semplicemente che secondo il Corano Allah avrebbe creato tuttto l’universo a partire da una unica massa (di cui non si chiarisce l’origine, possiamo a questo punto assimilare il concetto all’assioma “All’inizio era il Verbo…” di nota memoria).
Allah, insomma, ha creato tutto separandolo da un’unica massa. Come lo ha fatto? In 10:3 si dice che la creazione sarebbe avvenuta in sei giorni.
Di esplosioni non vi è traccia. Nel versetto citato non si legge che Allah avrebbe fatto esplodere la massa, generando un’esplosione potentissima che avrebbe poi originato l’espansione dell’universo (questa è, in termini banali, la teoria del big bang che tra l’altro è ancora una teoria in quanto vi sono dei recenti sviluppi che aprono interessanti ipotesi a riguardo modificandone lievemente il contenuto, ma non è questo l'articolo per approfondire).

Argomentazione:
C’ERA UNA MASSA GASSOSA INIZIALE PRIMA DELLA CREAZIONE DELLE GALASSIE
Gli scienziati dicono che prima che le galassie nell’universo siano state formate, la materia celeste era inizialmente sotto forma della materia gassosa. In breve, la materia o le nubi gassosa enormi erano presenti prima della formazione delle galassie. Descrivere la materia celeste iniziale, la parola ‘fumo ‘è più adatta del gas. Il seguente versetto Coranico si riferisce a questo dichiarazione dell’universo dalla parola dhukhan che significa il fumo.
“Poi si rivolse al cielo che era fumo e disse a quello e alla terra: ‘Venite entrambi, per amore o per forza’. Risposero: ‘Veniamo obbedienti!’. ‘” [ Corano 41:11 ]
Ancora, questo fatto è un corollario ‘al Big Bang ‘e gli arabi non ne erano a conoscenza durante il periodo del Profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui). Quale allora, potrebbe essere la fonte di questa conoscenza?

Risposta:
Qui si desume dal passo “poi si rivolse al cielo, che era fumo” che il Corano avrebbe predetto che la materia originatasi dall’esplosione fosse gas. Ciò interpretando il termine arabo “dhukhan”.
Dovendoci esprimere con precisione linguistica e chiarezza concettuale, ci troviamo costretti a far notare ai musulmani che Allah avrebbe parlato al “cielo e alla terra”, cioè, il fumo del cielo sarebbe stato coesistente alla terra, il che negherebbe l’assimilazione del concetto al gas originatosi dall’esplosione dal quale sarebbero poi succeduti i fenomeni della creazione dei pianeti e tutto il resto.
Il passo citato non può in alcun modo far capire che l’Autore del Corano avesse cognizione né del Big Bang, né dei fenomeni successivi, tanto più che la creazione così come indicata in Corano 10:3 contrasta con quanto postula la teoria predetta.

Argomentazione:
LA FIGURA SFERICA DELLA TERRA
Nei primi tempi, la gente credeva che la terra fosse piana. Per i secoli, gli uomini avevano paura di avventurarsi in cose assai distanti, affinchè non sarebbero caduti nella trappola. Il signor Francis Drake era la prima persona che ha dimostrato che la terra è sferica quando ha navigato intorno essa nel 1597. Prendiamo in considerazione il seguente versetto Coranico per quanto riguarda l’alternazione del giorno e della notte: “Non hai visto che è per grazia di Allah che la nave solca il mare, affinchè vi mostri qualcuno dei Suoi segni?” [ Corano 31:29 ]
La fusione qui significa che la notte lentamente e gradualmente cambia al giorno e viceversa. Questo fenomeno può avvenire soltanto se la terra è sferica. Se la terra fosse piana, ci sarebbe stato un cambiamento improvviso dalla notte al giorno e dal giorno alla notte.
Il seguente versetto inoltre allude alla figura sferica della terra: “Ha creato i cieli e la terra in tutta verità. Arrotola la notte sul giorno e il giorno sulla notte.” [ Corano 39:5 ]
La parola araba usata qui è Kawwara che significa ‘da coincidere ‘o ‘da arrotolarsi ‘- il senso di un turbante intorno alla testa. La sovrapposizione o arrotolarsi del giorno e della notte può avvenire soltanto se la terra è sferica.
La terra non è esattamente tonda come una sfera, ma geo-sferica cioè è appiattita ai poli. Il seguente versetto contiene una descrizione della figura della terra: “Dopo di ciò ha esteso la terra.” [ Corano 79:30 ] [la parola araba dahaha è tradotta da A. Yusuf Ali come “distesa ampia”, che inoltre è corretta. La parola dahaha inoltre significa un uovo di struzzo. ]

Risposta:
Anche in questo caso troviamo l’argomento poco credibile per come è stato impostato.
Pretendere di assimilare al passo citato la nave di Sir Francis Drake è un’evidente forzatura, in quanto non vi sono riferimenti oggettivi che possano far logicamente credere all’assunto.
Domandiamo, poi, come mai il Creatore del Corano, ipotizzato in Allah, avrebbe dovuto scomodare un europeo che avrebbe circumnavigato il globo “dimenticando”, per esempio, che Aristotele, circa nel 300 a.C. (e quindi in epoca antecedente) aveva dimostrato che la Terra era sferica osservando la forma dell’ombra che la stessa proiettava sulla luna durante un’ecclissi?
Per quanto attiene l’interpretazione della parola “kawwara”, il termine, che postula l’arrotolamento potrebbe valere anche per un disco piatto, un lungo bastone, ovvero un cilindro, per cui non è certamente conclusivo.

Argomentazione:
LA LUCE DELLA LUNA È LUCE RIFLESSA
Le prime civilizzazioni credevano che la luna emanasse luce propria. La scienza ora ci dice che la luce della luna è di luce riflessa. Tuttavia questo fatto è stato accennato nel Corano 1400 anno fa nel seguente versetto: “Benedetto Colui che ha posto in cielo le costellazioni, un luminare e una luna che rischiara!” [ Corano 25:61 ]
La parola araba che si usa per il sole nel Corano, è shams. Si riferisce come siraaj, che significa ‘una torcia ‘o come wahhaaj che significa ‘una lampada ardente ‘ o come diya che significa ‘la gloriasplendente ‘. Tutte e tre le descrizioni sono adatte al sole, poiché genera il calore e la luce intensa dalla relativa combustione interna. La parola araba per luna è qamar ed è descritta nel Corano come muneer, che è un corpo che dà la luce nur. Di nuovo, la descrizione Coranica abbina perfettamente con la natura allineare della luna, che non emana la luce in se ed è un corpo inerte che riflette la luce del sole. Non una volta nel Corano, la luna è accennata come siraaj, wahhaaj o diya o il sole come nur o muneer. Ciò implica che il Corano riconosca la differenza fra la natura di luce solare ed il chiaro di luna.
Considerate i seguenti versetti relativi alla natura della luce dal sole e dalla luna: “E’ Lui che ha fatto del sole uno splendore e della luna una luce” [ Corano 10:5 ]
“Non avete considerato come Allah ha creato sette cieli sovrapposti e della luna ha fatto una luce e del sole un luminare?” [ Corano 71:15-16 ]

Risposta:
Le conoscenze linguistiche che qui vengono finemente applicate all’arabo coranico sono le medesime che si possono applicare al greco antico. Il greco “selene” (lo scriviamo con caratteri latini solo per comodità) ha il medesimo significato utilizzato dagli arabi, per cui a medesimo significato, medesima interpretazione. Idem dicasi, se si volesse approfondire, per il sanscrito (ciandrà-mas).
Aggiungiamo che come abbiamo specificato sopra Aristotele aveva osservato le ombre proiettate dalla Terra sulla luna e questo postula la conoscenza di una luminosità indotta, e che Pitagora credeva fosse un pianeta (il che non è dissimile dal vero, tenuto conto delle differenze tra pianeti e satelliti).
Quindi non è solo l’Autore del Corano ad avere maturato una conoscenza sull’origine lunare quale quella ivi esposta, si trattava di un fatto acquisito da lungo tempo.
I musulmani, nel tentativo di avvalorare la posizione che gli stanno a cuore, tendano a dimenticare i notevolissimi progressi scientifici che l’umanità aveva compiuto, al di fuori dell’Europa stessa, ben prima della “creazione” del Corano, trascurando, altresì, i contatti tra le popolazioni e lo scambio di informazioni pacificamente avvenuto.

Argomentazione:
IL SOLE RUOTA
I filosofi e gli scienziati europei a lungo hanno ritenuto che la terra stesse ferma al centro dell’universo e che ogni altro corpo, compreso il sole girasse intorno ad essa. In occidente, questo concetto geocentrico dell’universo era prevalentemente giusto dal tempo di Ptolemy nel secondo secolo A.C. Nel 1512, Nicholas Copernicus propose la sua teoria eliocentrica di movimento planetario, che ha asserito che il sole è immobile al centro del sistema solare con i pianeti che girano intorno ad esso.
Nel 1609, lo scienziato tedesco Yohannus Keppler ha pubblicato ‘Astronomia Nova’. In questo concluse che non soltanto i pianeti si muovono nelle orbite ellittiche intorno al sole, inoltre ruotano sulle loro asse a velocità irregolari. Con questa conoscenza fu per gli scienziati europei possibile spiegare correttamente molti dei meccanismi del sistema solare compreso la sequenza della notte e del giorno.
Dopo queste scoperte, si è pensato che il sole fosse fermo e non ruotasse intorno all’asse come per la terra. Mi ricordo di aver studiato questo errore dai libri di geografia durante i miei giorni di scuola. Prendiamo in considerazione il seguente versetto Coranico: “Egli è Colui che Ha creato la notte e il giorno, il sole e la luna: ciascuno naviga alla sua orbita” [ Corano 21:33 ]
La parola araba usata nel versetto è yasbahûn . La parola yasbahûn è derivato dalla parola sabaha. Porta con esso l’idea di movimento che viene da tutto il corpo che si muove. Se usate la parola per un uomo sulla terra, non significherebbe che stesse rotolando bensì che stesse camminando o correndo. Se usate la parola per un uomo in acqua non significherebbe che stesse galleggiando ma che stesse nuotando.
Similmente, se usate la parola yasbah per corpo celeste quale è il sole, non significherebbe solo che stesse volando attraverso lo spazio, bensì che stesse ruotando mentre passa attraverso lo spazio. La maggior parte dei libri scolastici hanno riportato il fatto che il sole ruotasse al relativo asse. La rotazione del sole riguardo il proprio relativo asse che può essere dimostrata per mezzo di un’apparecchiatura che proietta l’immagine del sole sul piano d’appoggio in modo da poter esaminare un’immagine del sole senza essere accecato. Si nota che il sole ha punti che completano un movimento circolare alla volta ogni 25 giorni cioè che il sole impiega approssimativamente 25 giorni per ruotare intorno al relativo asse.
Infatti, il sole viaggia attraverso lo spazio approssimativamente 150 miglia al secondo ed impiega circa 200 milione di anni per completare un giro intorno al centro della nostra galassia del senso latteo.
“Non sta al sole raggiungere la luna e neppure alla notte sopravanzare il giorno. Ciascuno vaga nella sua orbita.” [ Corano 36:40 ]
Questo versetto accenna un fatto essenziale scoperto dall’astronomia moderna, cioè l’esistenza di diverse orbite del sole e della luna ed il loro viaggio attraverso lo spazio con il loro movimento. Verso il ‘posto fisso’, quale il sole viaggia, trasportando con esso il sistema solare, è stato situato esattamente dall’astronomia moderna. È stato dato un nome, l’Apice Solare. Il sistema solare sta effettivamente muovendosi nello spazio verso un punto situato nella costellazione di Ercole (Strato di Alfa) da cui la posizione esatta è stabilita saldamente.
La luna ruota intorno al relativo asse nella stessa durata che impiega per girare intorno alla terra. Impiega circa 29 giorni e 1⁄2 per completare una rotazione. Si può essere stupiti dell’esattezza scientifica dei versetti Coranici. Non dovremo forse pendere in considerazione la domanda: “Quale era la fonte di conoscenza contenuta nel Corano?”

Risposta:
Già Anassagora postulava che il sole si muovesse, senza dimenticare il concetto del Dio Apollo che spostava il Sole, molto eloquente nel descrivere il concetto che l’Astro si muovesse secondo uno schema e alla sera fosse riportato alla sua “dimora”. Lo stesso potremmo dire per Aristarco di Samo.
E se dovessimo parlare di meraviglie scientifiche come non menzionare il fatto che Eusebio di Cesarea ebbe a misurare, millenni fa, la distanza tra il Sole e la Terra con una precisione tale da avere uno scarto di circa l’1% rispetto al dato rilevato dalle moderne apparecchiature?
L’uomo ha compiuto scoperte meravigliose, se Eusebio ha fatto ciò, non vi è da meravigliarsi di molto altro.

Argomentazione:
Il SOLE SI ESTINGUERÀ DOPO UN DETERMINATO PERIODO
La luce del sole è dovuta a un processo chimico sulla relativa superficie che sta avvenendo continuamente dagli ultimi cinque miliardi di anni. Terminerà ad un certo momento nel futuro quando il sole sarà completamente estinto portando all’estinzione tutta la vita sulla terra.
Per quanto riguarda l’impermanenza dell’esistenza del sole il Corano dice: “E il sole che corre verso la sua dimora: questo è il Decreto dell’Eccelso, del Sapiente.” [ Corano 36:38 ] [ un messaggio simile è nel Corano in 13:2, in 35:13, in 39:5 e in 39:21 ]
La parola araba usata qui è mustaqarr, che significa un luogo o una data che sono determinate. Così il Corano dice che il sole si muove verso un determinato luogo e farà così solo fino ad un periodo di tempo predeterminato – significa che arriverà al suo termine o si estinguerà.

Risposta:
Il versetto che qui si cita si riferisce ad un movimento, non ad una fine.
Ma se anche fosse vero (il che per quanto ci rugarda è negato) che il versetto si riferisse ella fine del Sole/Terra, non vi sarebbe molto di nuovo. Già secondo i Maya il mondo sarebbe dovuto finire in una determinata data, esattamente nel 2012. Vi sono cenni sulla fine del mondo in ogni religione, è solo la data che cambia o non è ben identificata.
In questo il Corano, o almeno il passo che qui si cita, non fornisce neppure una indicazione, per cui, passiamo oltre.

Argomentazione:
LA PRESENZA DELLA MATERIA INTERSTELLARE
I sistemi astronomici organizzati della parte esterna dello spazio era inizialmente un vuoto. Gli astro-fisici più tardi scoprirono la presenza di ponti della materia in questo spazio interstellare. Questi ponti della materia sono i plasma e consistono del gas completamente ionizzato che contiene il numero uguale di elettroni liberi e di ioni positivi. Il plasma a volte è denominato il quarto stato della materia (oltre ai tre conosciuti stati cioè il solido, il liquido ed il gas). Il Corano accenna la presenza di questo materiale interstellare nel seguente versetto: “Egli è Colui che ha creato i cieli e la terra e quello che vi è frammezzo.” [ Corano 25:59 ]
Sarebbe ridicolo, per qualcuno dire che la presenza di materiale interstellare galattico era conosciuto 1400 anni fa.

Risposta:
Anche in questo caso sono stati attribuiti ad un versetto contenuti che non gli appartengono. In quel versetto si parla di ciò che vi è nel frammezzo tra i “cieli” e la Terra.
Potremmo quindi, argomentando in maniera oggettiva, pensare che tra cielo e Terra vi sia tutto ciò che popola la Terra, Crediamo sarebbe una interpretazione più consona al testo.
Si parla, poi, di “cieli”, al plurale, locuzione che non si applica certamente allo spazio, tenuto conto che la delimitazione è sempre la “terra”, al singolare.
Ove si rinvenga un contenuto similare al plasma, una sua enunciazione o chiarimento, non ci è dato di vederla.

Argomentazione:
L’UNIVERSO IN ESPANSIONE
Nel 1925, un astronomo americano di nome Edwin Hubble, osservò l’evidenza, cioè che tutte le galassie stanno retrocedendo l’un l’altra, quale implica che l’universo si stia espandendo. L’espansione dell’universo ora è un fatto scientifico stabilito. Questo è quanto dice il Corano per quanto riguarda la natura dell’universo: “Il cielo lo abbiamo costruito con la Nostra potenza e costantemente lo estendiamo nell’immensità.” [ Corano 51:47 ]
La parola araba mûsi’ûn è tradotta correttamente come ‘espandendolo ‘e si riferisce alla creazione dell’espansione più vasta dell’universo. Stephen Hawking, nel suo libro, ‘ Breve storia del tempo ‘, dice, “la scoperta che l’universo si sta espandendo fu una delle più grandi rivoluzioni intellettuali del ventesimo secolo.”
Il Corano ha accennato l’espansione dell’universo, persino prima che l’uomo imparasse a costruire un telescopio! Alcuni diranno che la presenza dei fatti astronomici nel Corano non sono una sorpresa poiché gli arabi erano piuttosto avanti nel campo dell’astronomia. Sono giusti nel riconoscere l’avanzamento degli arabi nel campo dell’astronomia. Tuttavia non riescono a rendersi conto che il Corano è stato rivelato secoli prima che gli arabi si specializzassero nell’astronomia. Inoltre molti dei fatti scientifici sopra accennati che riguardano l’astronomia, come l’origine dell’universo con una grande esplosione (Big Bang), non erano noti agli arabi neppure coloro che erano al massimo dell’avanzamento scientifico. I fatti scientifici accennati nel Corano non sono quindi dovuti all’avanzamento degli arabi nell’astronomia. Piuttosto, è vero il contrario. Gli arabi erano avanzati nell’astronomia, perché l’astronomia occupa un posto nel Corano.

Risposta:
Senza entrare nel merito del fatto che al momento l’espansione dell’universo è oggetto di dibattiti, rilevo che il versetto che qui si cita non dice, nei fatti, gran che. Si tratta di una affermazione della potenza di Dio (ritengo che il plurale sia usato proprio per questo). Si parla di espansione del cielo ma non è certo comprovato che il cielo sia l’universo, altrimenti cadrebbe la precisione linguistica del Corano, visto che la volta celeste non è il cielo e il concetto non è assimilabile.

Fisica

Argomentazione:
L’ESISTENZA DI PARTICELLE SUBATOMICHE
Nei periodi antichi una teoria ben nota dal nome ‘ Teoria di Atomismo ‘ è stata ampiamente accettata. Questa teoria originalmente è stata proposta dai Greci, in particolare da un uomo chiamato Democritus, che ha vissuto circa 23 secoli fa. Democritus e la gente che venne dopo lui, disse che la più piccola unità della materia era l’atomo. Gli arabi credevano la stessa cosa. La parola araba dharrah è più comunemente conosciuta come atomo. Nei periodi recenti la scienza moderna ha scoperto che è possibile spaccare persino un atomo. Che l’atomo può essere spaccato è una scoperta del ventesimo secolo. Quattordici secoli fa questo concetto sarebbe sembrato insolito anche ad un arabo. Per lui il dharrah era il limite oltre cui uno non potrebbe andare. Il seguente versetto del Corano tuttavia, rifiuta questo limite: “I miscredenti dicono: ‘Non ci raggiungerà l’Ora’. Di: ‘No, per il mio Signore: certamente giungerà a voi, per Colui che conosce l’invisibile’, Colui al quale non sfugge il peso di un atomo, nei cieli e sulla terra, e non c’è nulla di più grande o più piccolo che non sia in un Libro chiarissimo.” [ Corano 34:3 ] [ Un Messaggio simile è riportato nel Corano in 10:61 ]
Questo versetto si riferisce alla conoscenza di Dio in tutte le cose, nascoste o apparenti. Allora prosegue e dice che Dio è informato su tutto, compreso cosa è più piccolo o più grande dell’atomo. Così il versetto indica chiaramente che è possibile per qualcosa di più piccolo dell’atomo esistere, un fatto scoperto soltanto recentemente dalla scienza moderna.

Risposta:
Anche in questo caso, abbiamo la netta sensazione che si attribuisca ad un versetto significati che non gli competono.
Vada per Democrito, citiamo anche Epicuro in materia di studi sull’atomo.
La questione, a mio avviso, è mal posta: la credenza che vi fosse un elemento oltre il quale fosse impossibile scendere era, ed è, esatta. Quell’elemento era stato, erroneamente, identificato in qualcosa chiamato “atomo” il nome questo significa.
Allorchè la scienza si avvide dell’esistenza di una particella molto piccola, la chiamò atomo in onore di Democrito e si ritenne comprovata la sua intuizione. corano scienza atomo
Orbene, oggi si è visto che, nella realtà, le particelle “atomiche” elementari sono 3 famiglie di coppie di fermioni (6 quark), 3 famiglie di coppie di leptoni (elettroni, mu, tau e neutrini) e i bosoni (i W uno Z neutro e il fotone, piu l’Higgs e i gluoni)… Gli “atomi” di democrito sono questi.
Questo fa si che le acute osservazioni di Democrito siano ancora valide in campo prettamente speculativo, in quanto egli aveva ben compreso il concetto che alla base di tutto vi dovesse essere una particella elementare non divisibile ulteriormente. Per non scompaginare quanto oramai acquisito nell’immaginario, si sono definite dette particelle “subatomiche” ma nella realtà esse sono gli “atomi” cui accennava Democrito!
Cosa dice, quindi, di scientificamente esatto il passo citato? Nulla. Se mi fosse stato detto che Dio ha creato protoni, elettroni e neutroni allora avremmo potuto argomentare su una presa di posizione scientificamente convalidata, ma dire che “non c’è nulla di più grande di un atomo o di più piccolo di un atomo che non sia in un libro chiarissimo” è una locuzione che chiarisce la grandezza di Dio e la Sua onnipotenza, null’altro.
Non si dice che l’atomo, inteso come quell’elemento base fosse “erratamente” ritenuto la particella più piccola, anzi, a ben vedere, sembra proprio che anche il Corano cada nel medesimo equivoco.

Geografia:

Argomentazione:
IL CICLO DELL’ACQUA
Nel 1580, Bernard Palissy era il primo uomo a descrivere il concetto ‘del ciclo dell’acqua ‘. Ha descritto come l’acqua si volatilizza dagli oceani e si raffredda per formare le nubi. Le nubi si spostano all’interno dove loro aumentano, si condensano e cadono come pioggia. Questa acqua si riunisce come i laghi e flussi e scorre di nuovo all’oceano in un ciclo continuo. Nel settimo secolo B.C., Thales di Miletus credeva che lo spruzzo di superficie degli oceani fosse preso dal vento e trasportato nell’entroterra per cadere come pioggia. Nei periodi precedenti la gente non conosceva la fonte di acqua sotterranea. Pensarono che l’acqua degli oceani, sotto l’effetto dei venti, si spinse verso l’entroterra dei continenti. Inoltre credevano che l’acqua ritornasse da un passaggio segreto, o al Grande Abisso. Questo passaggio è collegato agli oceani ed è stato chiamato il ‘Tartarus’, sin dai tempi di Platone. Persino Descartes, grande pensatore del diciottesimo secolo, la pensa a questo modo. Fino al diciannovesimo secolo, la teoria di Aristotele era prevalente. Secondo questa teoria, l’acqua è stata condensata nelle grotte fredde della montagna e formato i laghi sotterranei che hanno alimentato le sorgenti. Oggi, sappiamo che l’acqua piovana che si filtra nelle crepe della terra è responsabile di ciò.
Il ciclo dell’acqua è descritto dal Corano nei seguenti versetti:
“Non vedi dunque che Allah ha fatto scendere l’acqua dal cielo e poi l’ha guidata, nella terra, verso fonti sgorganti; quindi per suo tramite fa germinare graminacee dai diversi colori.” [ Corano 39:21 ]
“E fa parte dei Suoi segni farvi scorgere il lampo, con timore e brama, e far scendere dal cielo l’acqua con la quale ridà vita alla terra che già era morta. Ecco davvero segni per coloro che ragionano.” [ Corano 30:24 ]
“E facemmo scendere l’acqua dal cielo in quantità misurata e la mantenemmo sulla terra, anche se abbiamo la capacità di farla sparire.” [ Corano 23:18 ]
Nessun altro testo precedente a 1400 anni fa dà descrizione così esatta del ciclo dell’acqua.

I VENTI IMPREGNANO LE NUBI
” I venti mandammo, portatori di fertilità, e dal cielo facemmo scendere l’acqua con la quale vi dissetiamo e che non sapreste conservare (nell’abbondanza).” [ Corano 15:22]
La parola araba usata qui è lawâqih, che è il plurale di laqih dal laqaha, che significa impregnare o fecondare. In questo contesto, impregnare significa che il vento spinge le nubi che aumentano insieme la condensazione che causa il lampo e così piove. Una descrizione simile è trovata nel Corano: ” Allah è Colui che invia i venti che sollevano una nuvola; la distende poi nel cielo come vuole e la frantuma, e vedi allora le gocce uscire da suoi recessi. Quando poi ha fatto sì che cadano su chi vuole tra i Suoi servitori, questi ne traggono lieta novella,“ [ Corano 30:48 ]
Le descrizioni Coraniche sono assolutamente esatte e acconsentono perfettamente con i dati moderni sull’idrologia. Il ciclo dell’acqua è descritto in parecchi versetti del Glorioso Corano, compreso 3:9, 7:57, 13:17, 25:48- 49, 36:34, 50:9-11, 56:68-70, 67:30 e 86:11.

Risposta:
Ci sono dei momenti in cui mi sembra di capire che i musulmani propongano una prospettazione in cui il Profeta sarebbe stato poco più che un uomo della preistoria, azzerando millenni di conoscenze acquisite pacificamente per ogni dove.
Lo zampilio dell’acqua dalle fonti, la pioggia derivata dalle nubi, sono tutti fenomeni conosciuti e ricavabili da una semplice osservazione empirica.
Il Corano nasce nel VII secolo, epoca in cui la civiltà era in un momento di particolare splendore, non dimentichiamo i due imperi romani di occidente e di oriente e tutto quanto li ha preceduti.
Tra l’altro i versetti citati non chiariscono il concetto del ciclo dell’acqua, come pretenderebbe di spiegare chi ha scritto questo passo, ma solo l’origine divina dei fenomeni riscontrati.
Tra l’altro sono invece numerosi gli autori greci che ritenevano che il vapore acqueo fosse portato dal vento nel cielo e causasse la pioggia, per cui, ancora una volta, nihil novi sub sole.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2016 8:12 am

Il Corano e le scoperte scientifiche
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Geologia

Argomentazione:
LE MONTAGNE SONO COME LE SPINE (PALI)
Nella geologia, il fenomeno ‘di piegarsi ‘è un fatto recentemente scoperto. La piegatura è responsabile della formazione delle catene di montagne. La crosta terrestre, su cui viviamo, è come una solida copertura, mentre gli strati più profondi sono caldi e fluidi e così inospitale a tutta la forma di vita. Inoltre è risaputo che la stabilità delle montagne è collegata al fenomeno del piegarsi, dato che si sapeva che dovevano fornire le fondamenta per i rilievi che costituiscono le montagne. I geologi ci dicono che il raggio della terra sia di circa 3.750 miglia e la crosta su cui viviamo è molto sottile, variando fra 1 – 30 miglia. Poiché la crosta è sottile, ha un’alta possibilità di agitazione. Le montagne si comportano come i pali o le spine della tenda che tengono la crosta terrestre e gli danno la stabilità. Il Corano contiene esattamente una tal descrizione nel seguente versetto: “Non facemmo della terra.una.culla, delle montagne pioli? “ [ Corano 78:6-7 ]
La parola awtad significa pali (pioli) o spine (come quelli usati per ancorare una tenda); sono le fondamenta profonde delle piegature geologiche. Un libro chiamato ‘terra ‘ è considerato come manuale di riferimento di base sulla geologia in molte università nel mondo. Uno degli autori di questo libro è Frank Press, che è stato il presidente dell’Accademia delle scienze negli U.S.A per 12 anni ed era il consigliere della scienza del Presidente precedente Jimmy Carter degli Stati Uniti. In questo libro illustra la montagna in una figura e la montagna in se come piccola parte del tutto, di cui la radice è profondamente fortificata nella terra . [Earth, Press and Siever, p. 435. Vedere anche Earth Science, Tarbuck e Lutgens, p. 157]. Secondo il Dott. Press, le montagne svolgono un ruolo importante nella stabilizzazione della crosta della terra.
Il Corano accenna chiaramente la funzione delle montagne nell’impedire che la terra si agiti: “Abbiamo infisso sulla terra le montagne, affinché non oscilli coinvolgendoli e vi ponemmo larghi passi . Si sapranno dirigere? .” [ Corano 21:31 ]
Le descrizioni Coraniche sono in perfetto accordo con i dati geologici moderni.

LE MONTAGNE HANNO RIPARATO SALDAMENTE
La superficie della terra è rotta in molte piastre rigide che sono di circa 100 chilometri di spessore. Queste piastre galleggiano su una regione parzialmente fusa che si chiama astenosfera. Le forme della montagna si presentano con delle piastre attorno. La crosta terrestre è spessa 5 chilometri sotto gli oceani, spessa circa 35 chilometri sotto le superfici continentali piane e spessa quasi 80 chilometri sotto le gamme grandi della montagna. Queste sono le fondamenta forti su cui le montagne si levano in piedi. Il Corano inoltre parla delle fondamenta forti della montagna nel seguente versetto: “e le montagne le ha ancorate.” [ Corano 79:32 ] [ un simile messaggio è contenuto nel Corano in 88:19, in 31:10 ed in 16:15]

Risposta:
Facciamo i nostri complimenti per la precisione linguistica con cui sono stati chiariti i concetti relativi gli aspetti geologici della Terra, ma ancora una volta, non possiamo che dissentire dal punto di vista dell’autore.
Anzi, è proprio il l’approccio dell’autore, che porta a rinvenire nel Corano concetti espressi con chiarezza concettuale e precisione linguistica a fornirmi lo spunto.
Posto che le montagne sono il frutto dello scontro di placche tettoniche o di fenomeni vulcanici, dire che esse “servono” per stabilizzare la crosta terrestre è confondere l’effetto con la causa.
Le stesse, causate dagli scontri, rappresentano l’epilogo dello scontro e scaricando le energie delle faglie e delle placche, stabilizzano i movimenti sismici e tellurici.
Ma dire che le montagne “servano” a tale scopo è inesatto e se dobbiamo ritenere che il Corano sia preciso, il concetto è errato.
Ma c’è di più.
Qui si precisa che il termine usato è “pioli”, orbene, il piolo è qualcosa che si posizione sulla Terra e si fa penetrare in essa, quindi esso ha un’origine dall’alto verso il basso, le montagne sono l’opposto.
E questo applicando una rigorosa analisi del concetto letterale che viene detto essere usato nel Corano.
Ciò dimostra, a nostro avviso, il fatto che non vi sia una pretesa di verità scientifica alla base del Corano, le locuzioni usate portano ad una valutazione del testo su una base religiosa e di segno, ma non altrove.
Può andar bene per il credente ritenere che Dio abbia voluto le montagne, ma non vi è altro riferimento scientifico. I fenomeni tellurici erano noti all’uomo dei tempi del Profeta per cui si ha null’altro che l’esplicitazione di un concetto noto.

Oceanologia

Argomentazione:
BARRIERA FRA L’ACQUA DOLCE E SALATA
Considerando i seguenti versetti del Corano: “Ha lasciato liberi mari affinché si incontrassero, [ma] fra loro vi è una barriera che non possono oltrepassare. “ [ Corano 55:19-20 ]
Nel testo arabo la parola barzakh significa una barriera o un divisorio. Questa barriera non è un divisorio fisico. La parola araba maraja significa letteralmente che ‘ si incontrano e si mescolano a vicenda ‘. I primi commentatori del Corano non potevano spiegare i due significati opposti per i due corpi dell’acqua, cioè si incontrano e si mescolano allo stesso tempo, c’ è una barriera fra loro. La scienza moderna ha scoperto che nei luoghi in cui i due mari differenti vengono a contatto, c’ è una barriera fra loro. Questa barriera divide i due mari in modo che ogni mare abbia la propria temperatura, salinità e densità. C’ è un’inclinazione mai vista acquatica fra i due mari attraverso il quale l’acqua di un mare passa all’altro.
Ma quando l’acqua di un mare entra nell’altro mare, perde la sua caratteristica che la contraddistingue e diventa, con l’altra acqua, omogeneizzata. In un modo questa barriera serve da zona d’omogeneizzazione di transizione per le due acque. Questo fenomeno scientifico accennato nel Corano inoltre è stato confermato da Dr. William Hay che è uno scienziato e professore delle scienze geologiche all’Università del Colorado, in U.S.A. Il Corano inoltre accenna questo fenomeno nel seguente versetto: “Che vi fatto scorrere i fiumi, vi ha posto immobili montagne e stabilito una barriera tra le due acque” [ Corano 27:61 ]
Questo fenomeno si presenta in parecchi luoghi, compreso il divisore fra il Mediterraneo e l’Oceano Atlantico a Gibralter. Ma quando il Corano parla del divisore fra l’acqua salata e fresca, accenna l’esistenza “di un divisorio ostile” con la barriera. ” Egli è Colui che ha fatto confluire le due acque: una dolce e gradevole, l’altra salata e amara, e ha posto tra loro una zona intermedia, una barriera insormontabile .” [ Corano 25:53 ]
La scienza moderna ha scoperto che in estuari, in cui il raduno dell’acqua salata e l’acqua fresca (dolce) si incontrano, la situazione è in qualche modo differente da quella trovata nei posti dove i due mari vengono a contatto. È stato scoperto che cosa distingue l’acqua dolce dall’acqua salata in estuari è “una zona di picnocline con una profonda discontinuità di densità che separa i due strati.”
Questo fenomeno si presenta in parecchi posti, compreso l’Egitto, in cui il fiume Nilo fluisce nel mare mediterraneo.

OSCURITA’ NELLE PROFONDITÀ DELL’OCEANO
Il prof. Durga Rao è un esperto in materia della geologia marina ed era un professore del re Abdul Aziz dell’Università in Jeddah. Lui ha chiesto di commentare il seguente versetto: ” Oppure [le loro opere sono paragonabili] a tenebre di un mare profondo, le onde lo coprono, [onde] al di sopra delle quali si ergono [altre] onde sulle quali vi sono le nuvole. [Ammassi di] tenebre le une sulle altre, dove l’uomo che stende la mano quasi non può vederla. Per colui cui Allah non ha dato la luce, non c’è alcuna luce !” [ Corano 24:40 ]
Il prof. Rao ha detto che gli scienziati hanno adesso confermato, per mezzo di un’apparecchiatura moderna che c’ è oscurità nelle profondità dell’oceano. Gli esseri umani non possono tuffarsi da soli sott’acqua per più di 20 – 30 metri e non possono sopravvivere nelle regioni oceaniche profonde ad una profondità di più di 200 metri. Questo versetto non si riferisce a tutti i mari perché non tutti i mari possono essere descritti come se avessero accumulato oscurità con uno strato di eccedenza sopra l’altro. Si riferisce particolarmente ad un mare profondo o ad un oceano profondo, mentre il Corano dice, “oscurità in un oceano profondo e ampio”. Questo strato di oscurità in un oceano profondo è il risultato di due cause:
1. Un raggio luminoso si compone di sette colori. Questi sette colori sono viola, indaco, l’azzurro, il verde, il colore giallo, arancione e rosso (VIBGYOR). Il raggio luminoso subisce la rifrazione quando colpisce l’acqua. I 10 – 15 metri superiori di acqua assorbono il colore rosso. Di conseguenza se un tuffatore è a 25 metri sott’acqua e si ferisce, non potrebbe vedere il colore rosso del suo sangue, perché il colore rosso non raggiunge questa profondità. I raggi similmente arancioni sono assorbiti a 30 – 50 metri, il colore giallo a 50 – 100 metri, verde blu a 100 – 200 metri e per concludere, oltre 200 metri viola e indaco superiore a 200 metri. Dovuto la scomparsa successiva di colore, uno strato dopo un altro, l’oceano diventa progressivamente più scuro, cioè l’oscurità avviene negli strati di luce. Sotto una profondità di 1000 metri c’è oscurità completa [Oceani, Elder e Pernetta, p. 27 ]
I raggi del sole sono assorbiti dalle nubi, che a loro volta spargono i raggi luminosi che causano così uno strato di oscurità sotto le nubi. Ciò è il primo strato di oscurità. Quando l’estensione dei raggi sono luminosi la superficie dell’oceano è riflessa dall’onda di superficie dandogli un’apparenza lucida. Di conseguenza le onde riflettono la luce e causano l’oscurità. La luce non riflessa penetra nelle profondità dell’oceano. Di conseguenza l’oceano ha due parti. La superficie caratterizzata da luce e calore e la profondità caratterizzata l’oscurità. La superficie è più ulteriormente separata dalla parte profonda dell’oceano dalle onde. Le onde interne coprono le acque profonde dei mari e degli oceani perché le acque profonde hanno una più alta densità delle acque che si trovano sopra. L’ oscurità comincia sotto le onde interne. Neppure i pesci nelle profondità dell’oceano possono vedere; la loro unica fonte luminosa proviene dai loro propri corpi.
Il Corano accenna giustamente: ” tenebre di un mare profondo, le onde lo coprono, [onde] al di sopra delle quali si ergono [altre] onde “.
Cioè sopra queste onde ci sono più tipi di onde, cioè quelle trovate sulla superficie dell’oceano. Il versetto del Corano continua, ” sulle quali vi sono le nuvole. [Ammassi di] tenebre le une sulle altre.”
Queste nubi come abbiamo spiegato sono barriere una sopra l’altra che facilita l’oscurità da assorbimento di colori a livelli differenti.
Il prof. Durga Rao ha concluso dicendo, “1400 anni fa un normale essere umano non potrebbe spiegare molto questo fenomeno in modo dettagliato. Così le informazioni devono venire da una fonte soprannaturale “.

Risposta:
Quanto ho detto sopra vale anche per questo argomento.
Le foci dei fiumi erano navigate da millenni (Fenici, Greci, Egizi, Babilonesi, Mesopotamici…) ed essi avevano notato il fenomeno dello scontro tra le due correnti di acqua, quella dolce e quella salata, il fenomeno del reflusso, così come avevano ben studiato le maree. Avvertiamo che su questo punto c’è persino una contraddizione, perché si parla di una barriera, che impedirebbe il miscuglio, mentre l’acqua salata e l’acqua dolce si mescolano dopo fasi di transizioni.

Lo stesso dicasi per le “tenebre abissali” e le correnti marine, erano fenomeni osservati, cui l’uomo non si sapeva dare una spiegazione ma che esistevano in natura, da qui è facile capire come gli stessi siano stati attribuiti a Dio, in mancanza di spiegazioni scientifiche, ottenute tempo dopo.
Forse in alcuni momenti l’autore confonde la dimostrazione scientifica di fenomeni con la loro constatazione.
E lo stesso discorso che si può fare per il calamaro gigante.
L’animale esiste da millenni, allorchè taluni rari esemplari giungevano morti a riva o venivano avvistati, i marinai, atterriti, pensavano a mostri e nascevano leggende.
Oggi si è dimostrata la loro esistenza e l’animale è stato classificato e studiato.
Ritenere di origine divina un testo antecedente alla classificazione di detti animali che parla degli stessi sarebbe risibile, ma il discorso vale per molti dei fenomeni a cui si riferisce l’autore.

Biologia

Argomentazione:
OGNI COSA VIVENTE È FATTA DI ACQUA
Consideriamo il seguente versetto del Corano: ” Non sanno dunque i miscredenti che i cieli e la terra formavano una massa compatta? Poi li separammo e traemmo dall’acqua ogni essere vivente . Ancora non credono? “ [ Corano 21:30 ]
Solo dopo che si è andati avanti nella scienza, conosciamo quel citoplasma, la sostanza di base della cellula del quale ci componiamo è fatta sopra l’ 80% di acqua. La ricerca moderna inoltre ha rivelato che la maggior parte degli organismi consistono di 50% e 90% di acqua e che ogni entità vivente ha bisogno di acqua per la sua esistenza. Era possibile che 14 secoli fa degli esseri viventi indovinassero che ogni essere vivente è fatto di acqua? Inoltre una tal congettura sarebbe immaginabile da un umano nei deserti dell’Arabia in cui c’ è stata sempre scarsità di acqua? Il seguente versetto si riferisce alla creazione degli animali d’acqua: “ed Allah ha generato ogni animale dall’ acqua.” [ Corano 24:45 ]
Il seguente versetto si riferisce alla creazione degli esseri umani dall’ acqua: ” Egli è Colui che dall’acqua , ha creato una specie umana e la ha resa consanguinea ed affine . Il tuo Signore è potente. “ [ Corano 25:54 ]

Risposta:
Che l’acqua sia fonte di vita l’uomo lo sa da sempre. Parliamo di Talete ed Anassimandro, che hanno ritenuto che l’acqua fosse fonte di vita e gli animali e l’uomo “provenissero dell’acqua”.
Ricordiamo l’origine divina che gli uomini primitivi davano a fiumi, laghi ed al mare.

Botanica

Argomentazione:
PIANTE CREATE IN COPPIA, MASCHIO E FEMMINA
Precedentemente gli esseri umani non sapevano che anche le piante hanno distinzioni maschili e femminili di genere. La botanica dichiara che ogni pianta ha un genere maschile e femminile. Anche le piante che sono unisessuali hanno elementi distinti sia del maschio che della femmina. ” E’ Lui che vi ha dato la terra come culla e vi ha tracciato sentieri e dal cielo fa scendere l’acqua per mezzo della quale facciamo germinare diverse specie di piante . “ [ Corano 20:53 ]

FRUTTI CREATI IN COPPIA, MASCHIO E FEMMINA
” Ed Egli è Colui che ha disteso la terra, vi ha posto montagne e fiumi, e di ogni frutto ha stabilito in essa una coppia. Fa sì che la notte copra il giorno . Ecco i segni per coloro che riflettono! “ [ Corano 13:3 ]
La frutta è il prodotto finale della riproduzione delle piante superiori. La fase precedente della frutta è il fiore, che ha organi maschili e femminili (stami ed ovuli). Una volta che il polline è stato trasportato al fiore, porta i suoi frutti, che a sua volta fa maturare e libera il suo seme.
Tutti i frutti quindi implicano l’esistenza degli organi maschili e femminili; ed è menzionato nel Corano.
In determinate specie, la frutta può venire da fiori non fertilizzati ( frutta parthenocarpic), dalle banane per esempio, da determinati tipi di ananas, dal fico, dall’arancio, dalla vite, ecc. Inoltre hanno caratteristiche sessuali definite.

OGNI COSA E’ FATTA IN COPPIA
” Di ogni cosa creammo una coppia, affinché possiate riflettere. “ [ Corano 51:49 ]
Ciò si riferisce alle cose tranne agli esseri umani, gli animali, le piante e la frutta. Può anche riferirsi ad un fenomeno come l’elettricità in cui gli atomi consistono negativamente – e positivamente – degli elettroni e dei protoni caricati.
” Gloria a Colui che ha creato le specie di tutto quello che la terra fa crescere, di loro stessi e di ciò che neppure conoscono. ” [ Corano 36:36 ]
Il Corano qui dice che ogni cosa è generata in coppia, compreso le cose che gli esseri umani non conoscono attualmente e possono scoprire in seguito.

Risposta:
Che la sessualità riguardasse anche le piante è un dato come al solito conosciuto da millenni.
Che poi ciò si estenda, come qui si dice, fino all’energia elettrica, agli atomi (ma quisi accorpa erroneamente i protoni con i neutroni, e quindi il ragionamento fila ancor meno) e addirittura agli extra terrestri… beh, mi viene solo da dire… verba generaliora non sunt appicicatoria.

Zoologia

Argomentazione:
GLI ANIMALI E GLI UCCELLI VIVONO NELLE COMUNITÀ
” Non c’è essere che si muova sulla terra o uccello che voli con le sue ali che non appartenga ad una comunità . Non abbiamo dimenticato nulla nel Libro . Poi tutti saranno ricondotti verso il loro Signore. “ [ Corano 6:38 ]
La ricerca ha indicato che gli animali e gli uccelli vivono nelle Comunità, cioè organizzano e vivono e lavorano assieme.

Risposta:
Ma anche un bambino uscendo al parco con la nonna può constatare da solo che gli animali vivono in comunità e per specie. Quindi si spera che anche Maometto avesse quel minimo senso dell’osservazione che hanno anche i bambini o almeno conoscesse cose acquisite dall’uomo da millenni.

Zoologia

Argomentazione:
IL VOLO DEGLI UCCELLI
Per quanto riguarda il volo degli uccelli il Corano dice: ” Non hanno visto gli uccelli sottomessi [ad Allah] nello spazio del cielo, dove solo Allah li sostiene? In ciò sono segni per coloro che credono.” [ Corano 16:79 ]
Un messaggio simile è ripetuto nel Corano nel seguente versetto: ” Non hanno visto, sopra di loro, gli uccelli spiegare e ripiegare le ali? Non li sostiene altri che il Compassionevole. In verità Egli osserva ogni cosa. “ [ Corano 67:19 ]
La parola araba amsaka letteralmente significa, ‘ mettere sulla sua mano, tenere, trattenere qualcuno ‘ che esprima l’idea che Allah tiene l’uccello nella Sua forza. Questi versetti sollecitano la dipendenza estremamente vicina del comportamento degli uccelli su ordini Divini. I dati scientifici moderni hanno indicato il grado di perfezione raggiunto da determinata specie di uccelli riguardo alla programmazione dei loro movimenti. È soltanto l’esistenza di un programma migratore nel codice genetico degli uccelli che possono spiegare il viaggio lungo e complicato che gli uccelli molto giovani, senza alcun’esperienza precedente e senza alcuna guida, possono compire. Possono inoltre rinviare al punto di partenza in una data definita.
Il prof. Hamburger nel suo libro ‘Forza e Fragilità ‘dà l’esempio ‘ dell’ uccello mutton’ che vive nel Pacifico dopo il suo viaggio oltre 15.000 miglia nella forma della figura ‘8 ‘. Fa questo viaggio durante 6 mesi e torna al punto di partenza con un massimo di una settimana. Le istruzioni altamente complicate per un tal viaggio devono essere contenute nelle cellule nervose degli uccelli. Definitivamente sono programmate. Non dovremmo riflettere sull’identità di questo ‘programmatore ‘?

Risposta:
Qui proprio dissentiamo, è risibile la motivazione evoluzionistica, basata su riscontri oggettivi, e invece è credibile che sia Allah a sostenere gli uccelli?
E’ risibile pensare che gli uccelli abbiano un istinto e delle capacità geneticamente derivate dall’evoluzione mentre è più semplice pensare ad un “programmatore”?
E allora i dinosauri? E la chiara linea evolutiva che ha portato gli animali ad affinarsi? Tutto questo non ha senso?
Ed è più facile pensare che Allah abbia programmato gli uccelli a migrare piuttosto che ritenere che ciò sia l’esito di una necessità di sopravvivenza a cui si sono adeguati?
Qui è del tutto palese che la posizione dell’autore non trae origine che dalla volontà di giungere ad avvalorare una tesi e a nulla più.

Argomentazione:
L’APE
“Ed il tuo Signore ispirò alle api : «Dimorate nelle montagne, negli alberi e negli edifici degli uomini. Cibatevi di tutti i frutti e vivete nei sentieri che vi ha tracciato il vostro Signore». Scaturisce dai loro ventri un liquido dai diversi colori, in cui c’è guarigione per gli uomini. Ecco un segno per gente che riflette.” [ Corano 16:68-69 ]
Von Frisch ha ricevuto il premio Nobel nel 1973 per la sua ricerca sul comportamento e la comunicazione delle api. L’ape, dopo la scoperta di qualche nuovo giardino o fiore, torna indietro e dice alle altre api la direzione esatta per andare là, ed è conosciuta come ‘ la danza dell’ape ‘. I significati dei movimenti di questo insetto che sono intesi per trasmettere le informazioni fra le api operaie sono state scoperte scientificamente usando la fotografia ed altri metodi. Le menzioni sono nel versetto del Corano, come l’ape trova con abilità i percorsi spaziosi del suo Signore.
L’ape operaia o l’ape soldato è un’ape femmina. Nel capitolo n. 16 , versetti 68 e 69 della Sura Al-Nahl il genere usato per l’ape è il genere femminile (fa’slukî e kulî), indicante che l’ape che lascia la relativa sede per riunire l’alimento è un’ape femmina. In altre parole l’ape operaia o soldato è un’ape femmina. Infatti, in “Henry the Fourth” di Shakespeare, alcuni dei personaggi parlano delle api ed accennano che le api sono soldati e che hanno un re. È ciò che la gente pensava ai tempi di Shakespeare. Pensavano che le api operaie fossero api maschili e che andavano a casa ed erano responsabili ad un’ape re. Ciò, tuttavia, non è vero. Le api operaie sono femmine e non si riferivano ad un’ape re ma ad un’ape regina. Ma per scoprire tutto ciò si ricorreva alle indagini moderne degli ultimi 300 anni.

IL MIELE HA PROPRIETÀ CURATIVA
L’ape assimila i succhi di vari generi di fiori e di frutta e di forme all’interno del corpo il miele, che immagazzina in cellule della cera. Solo due secoli fa l’uomo venne a sapere che il miele viene dalla pancia dell’ape. Questo fatto è stato accennato nel Corano 1400 anno fa nel seguente versetto: ” Scaturisce dai loro ventri un liquido dai diversi colori, in cui c’è guarigione per gli uomini . Ecco un segno per gente che riflette. “ [ Corano 16:69 ]
Ora sappiamo che il miele ha una proprietà curativa ed anche una proprietà antisettica delicata. I Russi hanno usato il miele per coprire le loro ferite nella seconda guerra mondiale. La ferita manterrebbe l’umidità e lascerebbe pochissimo il tessuto della cicatrice. Dovuto dalla densità del miele, nessun fungo o batteri si svilupperebbe nella ferita. Una persona che soffre di allergia per una pianta particolare si può ricavare il miele da quella pianta in modo che la persona diventi immune da quell’allergia. Il miele è ricco in fruttosio e vitamina K. Così la conoscenza contenuta nel Corano per quanto riguarda miele, l’origine e le proprietà, era lontana dal tempo ch’ è stato rivelato.

Risposta:
La parola miele sembra derivare dall’ittita melit.
Per millenni ha rappresentato l’unico alimento zuccherino concentrato disponibile. Le prime tracce di arnie costruite dall’uomo risalgono al sesto millennio a.C circa.
Anche nell’antico Egitto il miele era apprezzato, e le prime notizie di apicoltori che si spostavano lungo il Nilo per seguire con le proprie arnie la fioritura delle piante risalgono a 4000 anni fa. Durante gli scavi delle tombe dei faraoni sono stati rinvenuti vasi di miele ermeticamente chiusi il cui contenuto si era perfettamente conservato. Lo usavano anche per curare i disturbi digestivi e per creare unguenti per piaghe e ferite.
I sumeri lo impiegavano in creme con argilla, acqua e olio di cedro, mentre i babilonesi lo impiegavano per cucinare: erano diffuse infatti le focaccine fatte con farina, sesamo, datteri e miele. Nel Codice di Hammurabi si ritrovano articoli con cui gli apicoltori erano tutelati dal furto di miele dalle arnie.
La medicina ayurvedica, già tremila anni fa, considerava il miele purificante, afrodisiaco, dissetante, vermifugo, antitossico, regolatore, refrigerante, stomachico e cicatrizzante. Per ogni specifico caso era indicato un differente tipo di miele: di ortaggi, di frutti, di cereali o di fiori.
I Greci lo consideravano “cibo degli dei”, e dunque rappresentava una componente importantissima nei riti che prevedevano offerte votive. Omero descrive la raccolta del miele selvatico; Pitagora lo raccomandava come alimento per una vita lunga.
I romani ne importavano grandi quantitativi da Creta, da Cipro, dalla Spagna e da Malta. Quest’ultima pare anche derivarne il nome originale Meilat, appunto terra del miele. Veniva utilizzato come dolcificante, per la produzione di idromele, di birra, come conservante alimentare e per preparare salse agrodolci.
Citare un passo di Shakespeare, che è pura letteratura, a sostegno di una tesi non è un procedimento che possiamo approvare. In più l’autore incentra la sua attenzione sempre sull’Europa e dimentica il resto del mondo.
Note erano le Api, noto il miele, l’apicultura era sviluppata da secoli.

Argomentazione:
LA TELA DEL RAGNO/LA CASA È FRAGILI
È menzionato nel Corano in Sura Al-‘Ankabût, ” Coloro che si sono presi patroni all’infuori di Allah assomigliano al ragno che si è dato una casa. Ma la casa del ragno è la più fragile delle case. Se lo sapessero! “ [ Corano 29:41 ]
Oltre a dare la descrizione fisica della tela del ragno essendo molto fragile e debole, il Corano ha anche spiegato sulla fragilità del rapporto nella casa del ragno, in cui il ragno femmina impiega molto tempo per uccidere il suo compagno, il ragno maschio.

Risposta:
Questo è un vero e proprio errore. La tela del ragno è un materiale dalle caratteristiche incredibili, dalla resistenza e capacità assolutamente insuperabili.
Se fosse possibile creare un filo delle dimensioni di qualche mm con lo stesso materiale esso sosterrebbe ponti, essendo ben più resistente del filo di acciaio o del nylon. Sono le dimensioni rispetto a noi che lo fanno sembrare fragile, ma così non è. Per cui questo è il tipo errore di prospettiva cui poteva incorrere un uomo del 600 d.C., che osservava le cose non da un punto di vista scientifico (ne tanto meno divino) ma prettamente empirico, senza valutare le cose dal reale punto di vista.
Il passo disquisisce della debolezza della ragnatela, errando. L’autore, poi, lo vuol riferire al fatto che il ragno ha una casa debole perché viene mangiato dalla femmina… non troviamo il nesso.

Argomentazione:
STILE DI VITA E COMUNICAZIONE DELLE FORMICHE
Teniamo in considerazione il seguente versetto Coranico:
” Furono riunite per Salomone le sue schiere di dèmoni, di uomini e di uccelli e furono allineate in ranghi distinti. Quando giunsero alla valle delle formiche, una formica disse: «O formiche, rientrate nelle vostre dimore, che non vi schiaccino inavvertitamente Salomone e le sue truppe ».” [ Corano 27:17-18 ]
In passato, probabilmente alcune persone avrebbero deriso il Corano, prendendolo come un libro di racconti fiabeschi in cui le formiche comunicano l’una con l’altra e comunicano messaggi speciali. In tempi recenti, le ricerche ci hanno mostrato parecchi fatti riguardo lo stile di vita delle formiche, che prima non erano conosciuti dal genere umano. Le ricerche hanno mostrato che lo stile di vita più simile fra gli animali o gli insetti è quello delle formiche. Ciò può essere visto dalle seguenti scoperte sulle formiche:
(a) Le formiche seppelliscono i loro morti in un modo simile agli esseri umani.
(b) Hanno un sistema specializzato di divisione del lavoro, per cui hanno i responsabili, i soprintendenti, i capo-reparti, gli operai, ecc.
(c) Vengono a contatto occasionalmente fra di loro per avere ‘una conversazione ‘.
(d) Hanno un metodo avanzato della comunicazione fra di loro.
(e) Hanno mercati normali in cui scambiano le merci.
(f) Immagazzinano i grani per i periodi lunghi nell’inverno e se il grano comincia a germogliare, tagliano le radici, come se capiscano che se la lasciano crescere, si rovinerà. Se i grani immagazzinati da loro sono bagnati a causa della pioggia, portano questi grani fuori alla luce del sole per asciugarli ed una volta che questi sono asciutti, li riprendono come se sapessero che l’umidità causerà lo sviluppo dei sistemi della radice e da allora in poi la decomposizione del grano.

Risposta:
Anche qui non rinveniamo argomenti scientifici di sorta, è un versetto ove si rinviene un animale parlante… come l’autore stesso ammette poco dopo la letteratura è piena di esempi del genere.
Volervi a tutti i costi trovare un messaggio di preveggenza divina è una forzatura priva di logica, non si dice nulla di quello che l’autore asserisce.

Fisiologia

Argomentazione:
CIRCOLAZIONE DEL SANGUE E LA PRODUZIONE DEL LATTE
Il Corano è stato rivelato 600 anni prima che lo scienziato musulmano Ibn Nafees descrivesse la circolazione del sangue e 1.000 anni prima che William Harwey portasse questa conoscenza al mondo occidentale. Approssimativamente tredici secoli prima si sapeva cosa accade negli intestini e accertarsi che gli organi siano nutriti tramite il processo di assorbimento digestivo, un versetto nel Corano ha descritto la fonte dei costituenti del latte, conformemente a queste nozioni.
Per capire il versetto Coranico riguardo i suoi concetti, è importante sapere che le reazioni chimiche si presentano negli intestini e che, da lì, le sostanze estratte da alimento passano nella circolazione sanguigna attraverso un sistema complesso; a volte attraverso il fegato, secondo la loro natura chimica. L’anima le trasporta a tutti gli organi del corpo, fra queste le ghiandole mammarie che producono latte.
In termini semplici, determinate sostanze dal contenuto degli intestini entrano nei vasi della parete intestinale in se e queste sostanze sono trasportate tramite la circolazione sanguigna ai vari organi.
Questo concetto deve pienamente essere valutato se desideriamo capire il seguente versetto nel Corano: “E invero dai vostri greggi trarrete un insegnamento: vi dissetiamo con quello che è nei loro visceri, tra chimo e sangue: un latte puro, delizioso per chi lo beve .” [ Corano 16:66 ] [ traduzione di questo versetto Coranico proviene dal libro “La Bibbia, il Corano e la Scienza” del Dott. Maurice Bucaille]
“Invero, anche nel bestiame vi è argomento [di meditazione]: vi diamo da bere di ciò che è nel loro ventre e ne traete molti vantaggi; e di loro vi cibate. “ [ Corano 23:21]
La descrizione Coranica della produzione del latte nei bestiami è in modo sconvolgente simile alla scoperta della fisiologia moderna.

Risposta:
Questa descrizione sarebbe addirittura sconvolgente? Veramente anche in questo caso troviamo che ci sia una forzatura eccessiva, vogliamo negare che la banale osservazione empirica dell’allattamento tra madre e figlio nei mammiferi non fosse mai avvenuta prima della creazione del Corano avvenuta? Ciò che è descritto in quei due versetti è sempre stato sotto agli occhi di chinque non fosse privo di vista.

Embriologia

Argomentazione:
L’UOMO È GENERATO DA ALAQ UNA SOSTANZA ADERENTE
Alcuni anni fa un gruppo di arabi ha raccolto tutte le informazioni riguardo all’embriologia dal Corano ed ha seguito l’istruzione del Corano: “Prima di te non inviammo che uomini da Noi ispirati . Chiedete alla gente della Scrittura , se non lo sapete. “ [ Corano 16:43 & 21:7 ]
Tutte le informazioni dal Corano così riunite, sono state tradotte in inglese e sono state presentate al prof. (Dott.) Keith Moore, che era il professore dell’embriologia e presidente del reparto dell’anatomia all’università di Toronto, in Canada. Attualmente lui è uno delle più alte autorità nel campo dell’embriologia. È stato chiesto di esprimere il suo parere per quanto riguarda le informazioni presenti nel Corano riguardo al campo dell’embriologia. Dopo aver esaminato con attenzione la traduzione dei versetti Coranici si sono presentati lui, il Dott. Moore che disse che la maggior parte delle informazioni riguardo all’embriologia accennata nel Corano è in perfetta conformità con le scoperte moderne nel campo dell’embriologia e non è in conflitto con loro in alcun modo. Aggiunse che c’erano tuttavia alcuni versetti, di cui l’esattezza scientifica non potrebbe commentare. Non potrebbe dire se le dichiarazione erano giuste o false, poiché egli stesso non era informato delle informazioni contenute in ciò.
Non c’era inoltre alcuna menzione di queste informazioni nelle scritture moderne e studi sull’embriologia. Tale versetto dice: “Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato, ha creato l’uomo da un’aderenza. “ [ Corano 96:1-2 ]
La parola alaq oltre a significare un grumo congelato significa anche qualcosa che aderisca, una sostanza aderente. Il Dott. Keith Moore non sapeva se un’ embrione nelle fasi iniziali compare come un’aderenza. Per scoprire questo studiò la fase iniziale dell’embrione sotto un microscopio molto potente nel suo laboratorio e confrontò cosa osservò con uno schema di un’ aderenza e si stupì con la notevole rassomiglianza fra i due!
Nello stesso modo, acquisì più informazioni sull’embriologia che fino ad all’ora non conosceva, dal Corano. Il Dott. Keith Moore rispose a circa ottanta domande che si occupano dei dati embriologici accennati nel Corano e negli Hadith “Detti e fatti del Profeta Muhammad”.
Notando che le informazioni contenute nel Corano e negli Hadith concordavano completamente con le ultime scoperte nel campo dell’embriologia, il prof. Moore disse, “Se mi fossero fatte queste domande trenta anni fa, non avrei potuto rispondere alla metà di queste per mancanza di informazione scientifica”
Il Dott. Keith Moore scrisse così il libro, ‘Lo sviluppo dell’essere umano’. Dopo aver acquisito nuova conoscenza dal Corano, scrisse, nel 1982, la terza edizione dello stesso libro, ‘Lo sviluppo dell’essere umano ‘. Il libro fu premiato come miglior libro medico scritto da un’ autore. Questo libro è stato tradotto in parecchie lingue importanti del mondo ed è usato come manuale dell’embriologia durante il primo anno degli studi medici.
Nel 1981, durante il settimo congresso medico in Dammam, in Arabia Saudita, il Dott. Moore disse, “E’ un grande piacere per me chiarire le dichiarazione nel Corano riguardo lo sviluppo umano. È chiaro per me che queste dichiarazioni a Muhammad provengano da Dio o da Allah, perché quasi tutta questa conoscenza è stata scoperta solo molti secoli dopo. Ciò dimostra che Muhammad deve essere un Messaggero di Dio o di Allah.”
[il riferimento di questa dichiarazione è il video ‘Questa è la Verità ‘. Per avere una copia di questo video contattate l’ Islamic Research Foundation]
Il Dott. Joe Leigh Simpson, presidente del reparto dell’ostetricia e della ginecologia, all’università di Baylor della medicina, Houston, U.S.A., afferma: “… questi
Hadiths, detti di Muhammad pace e benedizione su di lui non potrebbero essere ottenuti dalla conoscenza scientifica che era disponibile ai tempi dello scrittore (7°secolo). Ne consegue che non solo può non esserci conflitto fra genetica e religione (Islam) ma che, in effetti la religione (Islam) può guidare la scienza aggiungendo la rivelazione ad alcuni dei metodi scientifici tradizionali… là esiste dichiarazione nel Corano indicato più successivamente nei secoli più tardi da essere valido come supporto di conoscenza nel Corano che è stato Rivelato da Dio.”

L’UOMO E’ STATO CREATO DA UNA GOCCIA EMESSA FRA LA SPINA DORSALE E LE COSTOLE
“Consideri dunque l’uomo da che cosa fu creato! Da un liquido eiaculato, che esce di tra i lombi e le costole.“ [ Corano 86:5-7 ]
Nelle fasi embrionali, gli organi riproduttivi del maschio e la femmina, cioè i testicoli e le ovaie, cominciano il loro sviluppo vicino al rene fra la colonna spinale e le undicesime e dodicesime nervature. Più successivamente discendono; le gonadi femminili (ovaie) si arrestano nel bacino mentre le gonadi maschili (testicoli) continuano la loro discesa prima della nascita per raggiungere lo scroto tramite il canale inguinale. Anche nell’adulto dopo la discesa dell’organo riproduttivo, questi organi ricevono il loro rifornimento del nervo ed il rifornimento dall’aorta addominale, che è nella zona fra la base (colonna spinale) e le nervature. Anche il drenaggio linfatico ed il ritorno venoso va alla stessa zona.

ESSERI UMANI CREATI DALLA NUTFAH
(quantità minuscola di liquido)
Il Corano Glorioso accenna non meno di undici volte che l’ umano è generato da nutfah, che significa una quantità minuscola di liquido o una goccia di liquido che rimane dopo lo svuotamento della tazza. Ciò è accennato in parecchi versetti del Corano compreso 22:5 e 23:13. [lo stesso inoltre è accennato nel Corano in 16:4, in 18:37, in 35:11, in 36:77, in 40:67, in 53:46, in 75:37, in 76:2 ed in 80:19]
La scienza ha confermato nei periodi recenti che soltanto uno su una media di tre milioni di sperma è richiesto per la fertilizzazione dell’ovulo. Ciò significa che soltanto una milionesima parte 1/terzo o 0.00003% della quantità di sperma che sono emessi è richiesto per la fertilizzazione.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2016 8:13 am

Il Corano e le scoperte scientifiche
Scritto il 29 gennaio 2016
http://islamicamentando.altervista.org/ ... ientifiche

ESSERI UMANI CREATI DA SULALAH
(quintessenza di liquido)
“quindi ha tratto la sua discendenza da una goccia d’acqua insignificante .” [ Corano 32:8 ]
La parola araba sulâlah significa la quintessenza o la parte migliore di tutto. Adesso sappiamo che soltanto uno singolo spermatozoo che penetra nell’ovulo è richiesto per la fertilizzazione, da diversi milioni prodotti dall’uomo. Uno spermatozoo che esce fra parecchi milioni, si riferisce nel Corano come sulâlah. Sulâlah inoltre significa l’emissione delicata da un liquido. Il liquido si riferisce sia al maschio che ai liquidi germinali femminili che contengono i gamete. Sia l’ovulo che lo sperma sono estratti delicatamente dai loro ambienti nel corso della fertilizzazione.

UOMO CREATO DA NUTFATUN AMSHAAJ (liquidi mescolati)
Consideriamo il seguente versetto Coranico: “Invero creammo l’uomo, per metterlo alla prova, da una goccia di sperma eterogenea e abbiamo fatto sì che sentisse e vedesse .” [ Corano 76:2 ]
La parola araba nutfatin amshaajin significa liquidi mescolati. Secondo alcuni commentatori del Corano, i liquidi mescolati si riferisce al maschio o agli agenti o liquidi della femmina. Dopo la miscela di gamete maschio e femminile, lo zygote rimane ancora nutfah. I liquidi mescolati possono anche riferirsi al liquido spermatico che è formato di varie secrezioni che vengono dalle varie ghiandole. Di conseguenza l’ nutfatin amsaj, cioè una quantità minuscola dei liquidi mescolati si riferisce ai gamete della femmina e del maschio (liquidi o cellule germinali) ed alla parte dei liquidi circostanti.

DETERMINAZIONE DEL SESSO
Il sesso di un feto è determinato dalla natura dello sperma e non dell’ovulo. Il sesso del bambino, maschio o femmina, dipende dal 23° accoppiamento dei cromosomi, rispettivamente XX o XY. Soprattutto la determinazione del sesso si presenta a fertilizzazione e dipende dal tipo di cromosoma del sesso nello sperma che fertilizza un ovulo. Se è uno sperma del supporto ‘X ‘che fertilizza l’ovulo, il feto è una femmina e se uno sperma è del supporto ‘ Y ‘ allora il feto è un maschio.
“e che Egli è Colui che ha creato i due generi, il maschio e la femmina, da una goccia di sperma quand’è eiaculata. “ [ Corano 53:45-46 ]
La parola araba nutfah significa una quantità minuscola di mezzi di tumnâ e del liquido eiaculato o piantato. Di conseguenza il nutfah specificamente si riferisce allo sperma perché eiaculato. Il Corano dice: “Già non fu che una goccia di sperma eiaculata, quindi un’aderenza, poi [Allah] lo creò e gli diede forma armoniosa; poi ne trasse una coppia, il maschio e la femmina. “ [ Corano 75:37-39 ]
Qui è accennato ancora che una piccola quantità (goccia) di sperma (indicato dalla parola nutfatan min maniyyin) che viene dall’uomo e che è responsabile del sesso del feto.
Le suocere nel subcontinente indiano, generalmente preferiscono avere nipoti maschi e spesso incolpano le loro nuore se il bambino non è del sesso voluto. Se soltanto sapessero che il fattore di determinazione è la natura dello sperma maschio e non dell’ovulo femminile! Se dovessero incolpare qualcuno, dovrebbero incolpare i loro figli e non le loro nuore sia il Corano che la scienza sostengono che è il liquido maschile responsabile del sesso del bambino!

FETO PROTETTO DA TRE VELI SCURI
“Vi ha creati da un solo essere, da cui ha tratto la sua sposa. Del bestiame vi diede otto coppie . Vi crea nel ventre delle vostre madri, creazione dopo creazione , in tre tenebre [successive]. Questi è Allah, il vostro Signore! [Appartiene] a Lui la sovranità. Non c’è altro dio all’infuori di Lui. Come potete allontanarvi [da Lui]? .” [ Corano 39:6 ]
Secondo il prof. Keith Moore questi tre veli scuri ( o tre tenebre [successive] ) nel Corano si riferiscono a:
(i) parete addominale anteriore della madre
(ii) la parete uterina
(iii) la membrana amnio-chorionic.

FASI EMBRIONALI
” In verità creammo l’uomo da un estratto.di.argilla. Poi ne facemmo una goccia di sperma [posta] in un sicuro ricettacolo,poi di questa goccia facemmo un’aderenza e dell’aderenza un embrione; dall’embrione creammo le ossa e rivestimmo le ossa di carne. E quindi ne facemmo un’altra creatura . Sia benedetto Allah, il Migliore dei creatori! !” [ Corano 23:12-14 ]
In questo versetto Allah dichiara che l’uomo è generato da una piccola quantità di liquido che è disposto in un posto di riposo, saldamente fisso per cui la parola araba usata è qarârin makîn.
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L’utero è protetto bene dal retro dalla colonna spinale sostenuta saldamente dai muscoli dorsali. L’embrione ulteriormente è più protetto dal sacco amniotico che contiene il liquido amniotico. Così il feto è ben protetto in un posto. Questa piccola quantità di liquido è trasformata alaqah, che significa che qualcosa aderisce. Inoltre significa come una sostanza sanguisuga. Entrambe le descrizioni sono scientificamente accettabili come nelle fasi iniziali il feto aderisce alla parete ed inoltre sembra assomigliare alla sanguisuga. Inoltre si comporta come una sanguisuga ed acquisisce il sangue dalla madre attraverso la placenta. Il terzo significato della parola alaqah è un grumo di sangue. Durante questa fase dell’ alaqah, fra la terza e quarta settimana della gravidanza, i grumi di sangue all’interno dei vasi chiusi. Quindi l’embrione acquista l’apparenza di un grumo di sangue oltre che ad acquisire l’apparenza di una sanguisuga. Nel 1677, Hamm e Leeuwenhoek erano i primi scienziati ad osservare le cellule umane dello sperma (spermatozoi) per mezzo di un microscopio. Hanno pensato che una cellula dello sperma contenesse un umano in miniatura che si è sviluppato nell’utero per formare un neonato. Ciò è stata conosciuta come la teoria di perforazione. Quando gli scienziati hanno scoperto che l’ovulo era più grande dello sperma, era il pensiero di De Graf e di altri che il feto esistesse in una forma piccola nell’ovulo. Più successivamente, nel diciottesimo secolo Maupertuis ha propagato la teoria dell’eredità biparentale. L’ alaqah è trasformato in mudghah che significa ‘qualcosa che sia masticata (avendo contrassegni dei denti) ‘ed anche qualcosa che sia viscosa e piccola che può essere messo nella bocca come la gomma. Entrambe queste spiegazioni sono scientificamente corrette. Il prof. Keith Moore ha preso una parte della guarnizione dell’intonaco e l’ha trasformata nella forma della fase iniziale del feto e l’ha masticata fra i denti per trasformarla in ‘Mudgha’.
Ha paragonato questo alle fotografie della fase iniziale del feto. I contrassegni dei denti assomigliano a ‘somites’ che è la formazione iniziale della colonna spinale.
Questo mudghah è trasformato nelle ossa (izâm). Le ossa sono coperte con carne o muscoli intatti (lahm). Allora Allah lo trasforma in un’altra creatura.
Il prof. Marshall Johnson è uno degli scienziati principali negli Stati Uniti ed è il responsabile del reparto dell’anatomia e direttore del Daniel Institute al Thomas Jefferson University in Filadelfia negli Stati Uniti. Gli è stato chiesto di commentare i versetti del Corano che si occupa dell’embriologia. Ha detto che i versetti del Corano che descrive le fasi embriologiche non possono essere una coincidenza. Ha detto che era probabile che Muhammad (pace e benedizione su di lui) aveva un microscopio potente. Ricordando che il Corano è stato rivelato 1400 anni fa e i microscopi sono stati inventati secoli dopo al periodo del Profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui), il prof. Johnson rise ed ammise che il primo microscopio inventato non potrebbe ingrandire più di 10 volte e non potrebbero mostrare un’immagine chiara. Successivamente disse: “non vedo niente qui in conflitto con il concetto che l’intervento Divino era implicato quando Muhammad (pace e benedizione su di lui) recitò il Corano.”
Secondo il Dott. Keith Moore, la classificazione moderna delle fasi embrionali di sviluppo che è adottata nel mondo intero, non è facilmente comprensibile, poiché identifica le fasi su una fase numerica I di base cioè, sulla fase II, ecc. Le divisioni rivelate nel Corano sono basate sulle forme o sulle figure distinte e facilmente identificabili, che l’embrione attraversa. Questi sono basati sulle fasi differenti di sviluppo prenatale e forniscono le descrizioni scientifiche eleganti che sono comprensibili e pratiche.
Le fasi embriologiche simili di sviluppo umano sono state descritte nei seguenti versetti:
” Già non fu che una goccia di sperma eiaculata, quindi un’aderenza, poi [Allah] lo creò e gli diede forma.armoniosa; poi ne trasse una coppia, il maschio e la femmina. “ [ Corano 75:37-39 ]
” Che ti ha creato, plasmato e t’ha dato armonia e Che ti ha formato nel modo che ha voluto? “ [ Corano 82:7-8 ]

EMBRIONE PARZIALMENTE FORMATO E NON FORMATO
Nella fase del mugdhah, se un’incisione è fatta nell’embrione e l’organo interno è dissecato, sarà visto che la maggior parte di loro sono formate mentre le altre ancora completamente non sono formate. Secondo il prof. Johnson, se descriviamo l’embrione come creazione completa, allora stiamo descrivendo soltanto quella parte che già è generata. Se la descriviamo come creazione incompleta, quindi stiamo descrivendo soltanto quella parte che ancora non è generata. Così, è una creazione completa o una creazione incompleta? Non ci è descrizione migliore di questa fase dell’embriogenesi che la descrizione del Corano, “formato parzialmente e non formato”, come nel seguente versetto: ” O uomini, se dubitate della Resurrezione, sappiate che vi creammo da polvere e poi da sperma e poi da un’aderenza e quindi da pezzetto di carne, formata e non formata – così Noi vi spieghiamo – e poniamo nell’utero quello che vogliamo fino a un termine stabilito . “ [ Corano 22:5 ]
Sappiamo scientificamente che in questa fase iniziale di sviluppo ci sono alcune cellule che sono differenziate e ci sono alcune cellule che sono indifferenziate – alcuni organi sono formati ma altri non formati.

SENSO DELLA VISTA E DELL’UDITO
Il primo senso può svilupparsi in un embrione umano che sviluppa l’udito. Il feto può sentire i suoni dopo la ventiquattresima settimana. Successivamente, il senso della vista è sviluppato ed entro la ventottesima settimana, la retina diventa sensibile alla luce. Prendiamo in considerazione i seguenti versetti Coranici relativi allo sviluppo dei sensi nell’embrione: ” quindi gli ha dato forma e ha insufflato in lui del Suo Spirito. Vi ha dato l’udito, gli occhi e i cuori. Quanto poco riconoscenti! .” [ Corano 32:9 ]
” Invero creammo l’uomo, per metterlo alla prova, da una goccia di sperma eterogenea e abbiamo fatto sì che sentisse e vedesse .” [ Corano 76:2 ]
“ Egli è Colui che ha creato l’udito, la vista e i cuori. Eppure ben raramente Gli siete riconoscenti!” [ Corano 23:78 ]
In tutti questi versetti il senso dell’udito è accennato prima della vista. Così la descrizione Coranica si abbina con le scoperte in embriologia moderna.

Risposta:
Si veda anche questo articolo.

Abbiamo fatto delle ricerche sul Dr. Moore e da quel che abbiamo trovato pare che egli non sia un Musulmano, il che ci sembra strano. Ancora più strano è che la ricerca a cui l’autore del testo al quale stiamo rispondendo fa cenno non è stata pubblicata in alcun paper medico, in alcuna rivista, né divulgata in università od altro, crediamo sia apparsa unicamente in qualche giornale islamico o similia. Non abbiamo neppure trovato un suo libro.
E’ quindi chiaro che la tesi sopra riportata non trovi riscontro presso i colleghi ed ancora più chiaro come la tendenza ad usare questo esempio sia finalizzato ad impressionare il lettore inesperto con la citazione di un fantomatico studioso che avvalora la tesi.
Abbiamo già contestato che l’autore nel corso del suo testo abbia scelto selettivamente le esegesi che specificatamente supportano le sue affermazioni di accuratezza scientifica; questo naturalmente è molto arbitrario, e il motivo è molto semplice: perché si parte già dal presupposto che il Corano non possa essere sbagliato. Ma questo è precisamente quello che si vorrebbe dimostrare, quindi la questione di quale esegesi sia corretta rimane aperta.

Ad esempio, l’autore Arabo Ibn Sina (Avicenna in italiano) ha provato a riconciliare le idee Aristoteliche con il Corano, mentre Bucaille o Moore, tanto per fare due nomi, hanno cercato di riconciliarlo con la scienza moderna. Ibn Sina ha interpretato il Corano come perfettamente in armonia con le ipotesi embriologiche di Galeno, mentre Moore ha interpretato il Corano come perfettamente in armonia con l’embriologia moderna. Perché dunque bisognerebbe accettare l’interpretazione del nostro “autore moderano” e non quella di Ibn Sina? Dal momento che questi significati sono scelti per farsi tornare i conti, sulla base di cosa si afferma che le altre interpretazioni sono erronee?

Da quello che abbiamo appurato, il Corano non afferma mai che il genitore di sesso femminile contribuisca con del materiale genetico, non vediamo riferimenti al gamete femminile, si parla solodi goccia mista o sperma mischiato.

“Invero creammo l’uomo, per metterlo alla prova, da una goccia di sperma eterogenea e abbiamo fatto sì che sentisse e vedesse”

Questo termine potrebbe benissimo riferirsi all’unione dello sperma con il sangue mestruale menzionato da Aristotele o dagli antichi embriologi Indiani, o all’ipotesi dei due spermi di Ippocrate e Galeno, o anche dall’osservazione diretta del mischiarsi di seme e fluidi vaginali li che avviene durante un rapporto sessuale. In altre parole il fatto che il Corano non menziona esplicitamente l’ovulo, insieme alla presenza di altre possibili e ben più probabili interpretazioni del testo, non rende logico l’assumere il primo e non i secondi.

Si potrebbe anche affermare che il Corano non riconosce all’ovulo nessun ruolo, o addirittura ignora la sua esistenza.
In sintesi, gli stadi del processo embriologico coranico dovrebbero essere questi:
1. Polvere (secondo alcuni)/terra bagnata (secondo altri)/argilla (secondo lei, poco cambia)
2. Nutfah (ritenuto essere sperma)
3. Alaqa (sanguisuga, sangue raggrumato, aderenza)
4. Mudgha (carne masticata, parzialmente formato e parzialmente non formato)
5. Izhaam/Aitham (ossa)
6. Izhaam coperto con Lahm (muscoli e carne)
7. Un’altra creazione (feto?)
A cosa corrisponde nella moderna Embriologia il primo stadio?
Inoltre il verso 40:67 asserisce che il nascituro è formato direttamente dopo lo stadio di alaqa e gli altri stati non ci sono… abbiamo l’impressione che l’argomento sia tutt’altro che chiaro.
In ogni caso:
1. Il Corano stesso omette di menzionare l’ovulo nella riproduzione umana, con evidenza dottrinale riguardo al fatto che il nascituro è ritenuto essere il risultato dell’unione tra il seme del genitore maschile e dal genitore femminile come “campo” (2:223). Dal momento che il suolo non fornisce materiale genetico al seme, è abbondantemente chiaro che il Corano considera il nuftah (sperma) come seme diploide.
2. Il Corano include uno stadio iniziale di polvere/argilla che non può essere riconciliato con l’embriologia moderna.
3. Gli stadi mancanti del verso 40:67 contraddicono gli altri versi embriologici
Ma andiamo avanti nella valutazione di ciò che Lei scrive.
L’autore cita Corano 32:8, li si dice: “ha tratto la sua discendenza da una goccia insignificante di liquido”… non troviamo riferimenti al singolo spermatozoo.
Ritenere che una delle “tre tenebre” sia il grembo materno è pleonastico.
Ritenere che le ossa nascano prima della carne è un errore, il feto si sviluppa armonicamente e le ossa non sorgono “prima” della carne.
Sottoponiamo poi una questione di interpretazione del versetto 23:78 citato dall’autore.
Il passo dice: “ha creato l’udito, la vista e i cuori”.
L’autore effettua un’interessante ricostruzione dei fatti, e giunge a ritenere una prova delle origini divine del Corano il fatto che venga identificato l’udito prima della vista, in quanto recenti studi hanno comprovato che il senso dell’udito si sviluppa nel feto prima della vista.
Perfetto, prendiamo per buono l’argomento e le rivolgiamo la questione in questi termini, dopo l’udito e la vista si sviluppano… i cuori? Quindi abbiamo più di un cuore e questi si sviluppano DOPO il senso dell’udito e della vista?
Si sa che il diavolo sta nei dettagli, ma se si deve interpretare tutto in una chiave precisa e scientifica quello che leggiamo è errato.
Oppure nella realtà il passo elenca semplicemente dei fattori e, quindi, non vi è alcun riferimento scientifico da riportare, il che ci sembra meglio per tutti.

Scienza generale

Argomentazione:
SCIENZA GENERALE IMPRONTE DIGITALI
” Crede forse l’uomo che mai riuniremo le sue.ossa? Invece sì, possiamo persino riordinare le sue falangi. ” [ Corano 75:3-4 ]
I miscredenti discutono riguardo la resurrezione che avviene dopo che le ossa dei morti si siano disintegrate nella terra e ciò accade per ognuno di noi nel Giorno del Giudizio. Allah L’Onnipotente risponde che non può solo riunire le nostre ossa ma anche ricostruire perfettamente le nostre punte delle dita.
Perchè il Corano, mentre parla della determinazione dell’identità dell’individuo, parla specificamente delle punte delle dita? Nel 1880, l’impronta digitale si trasformò nel metodo scientifico di identificazione, dopo che Francis Golt fece le ricerche. Nessuna delle due persone nel mondo possono mai avere esattamente lo stesso modello dell’impronta digitale. Quella è la ragione per la quale la polizia vuole le impronte digitali in tutto il mondo per identificare il criminale. 1400 anni fa, chi potrebbe conoscere l’unicità dell’impronta digitale di ogni essere umano? Certamente nessuno potrebbe tranne il Creatore Stesso!

Risposta:
Si assume poi che il Corano avrebbe identificato l’esistenza delle impronte digitali, ma il versetto che si cita non lo dice affatto. In quel versetto si dice che Allah saprà riordinare dei corpi persino le falangi, che tra l’altro sono anch’esse ossa della mano e non qualcosa che ha a che fare con lo strato superficiale della pelle umana.
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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2016 3:59 pm

El divieto coranego e beblego de magnar mascio nol ga gnente de sentefego, lè na sc-eta souperstision o falba credensa,na tradision ke ła vien da ła pristoria:

El mascio par łi muxlim
viewtopic.php?f=188&t=1461
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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2016 4:02 pm

La prescrizione coranica di mettersi il velo non ha nulla di scientifico e di spirituale, è solo una superstizione e una falsa credenza religiosa, una tradizione/costume antico e preistorico superato da secoli in molte aree del mondo che non ha più alcuna giustificazione funzionale tecnologica-climatico-ambientale

Velo e Islam - Veło e Ixlam
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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » dom apr 10, 2016 3:28 pm

Gran parte delle innovazioni scientifiche e tecnologiche sono di origine non araba e non islamica,
come molti studiosi erano ebrei, cristiani, persiani, spagnoli, egiziani, berberi e non arabi che vivevano nei territori conquistati dall'imperialismo islamico arabo, omayyade, berbero, ottomano, ecc.. L'Islam di suo ha portato soltanto la teocrazia, la sottomissione, la mancanza di libertà del pensiero e in generale un regresso scientifico connesso al fatto che i mussulmani secondo l'Islam hanno già tutta la sapienza possibile e immaginabile contenuta nel Corano e quindi non sono stimolati alla ricerca scientifica e allo sviluppo del pensiero; il Corano basta e avanza perché è parola di di Allah che conterrebbe già tutta la scienza e la sapienza.



Alberto Pento
Di questi dementi e ignoranti ce n'e più di qualcuno; e non rappresentano affatto la cattiva coscienza dell'occidente, in parte cristiano, ma una profonda ignoranza storica. Farsi complice dei criminali islamici, in questi termini, giustificando i crimini come se fossero un diritto di faida o di ritorsione o di rappresaglia o una forma di giustizia storica meriterebbe l'arresto immediato.
L'espansione imperiale islamica da Maometto in poi è stata un crimine continuo (Asia e Terra Santa ebrea e cristiana, Africa cristiana e non; in Europa: Spagna, Francia, Italia, Balcani da dove poi è stato in gran parte respinto ed espulso) e se anche l'occidente europeo, americano laico e cristiano ha fatto le sue, il conto comunque non torna e a prescindere da questi calcoli, i criminali islamici non si trasformano in santi ma restano criminali e vanno perseguiti e uccisi tutti e i loro complici irresponsabili occidentali laici e cristiani vanno perseguiti condannati e incarcerati (anche se fosse il Papa romano che li santifica, difende, promuove e importa in Europa) dimodoché non possano più nuocere nemmeno in futuro. L'Islam come dottrina-ideologia e pratica politico-religiosa va bandito dall'occidente e dal mondo intero come e più del nazismo perché è la negazione dei Diritti Umani Universali e del bene dell'umanità. Questi assassini terroristi islamici o assassini islamici terroristi che in giro per il mondo uccidono cristiani ed ebrei al grido di Allahu Akbar; che bruciano chiese cristiane e sinagoghe, che distruggono templi e archivi preistorici patrimonio dell'umanità, che si fanno esplodere per sterminare decine o centinaia di innocenti nei parchi, nelle chiese, nelle sinagoche, nei negozi, negli areoporti, nelle stazioni della metropolitana, nei teatri, nei mercati e negli aerei dei cieli, in Asia, Africa, Australia, America, Europa uccidendo uomini, donne e bambini, giovani e vecchi, mussulmani, ebrei, cristiani e genti di tutto il mondo tra cui buddisti, induisti, yazidi, atei, bianchi, gialli e neri ... questi non sono angeli o santi o giusti vendicatori o giustizzieri, questi sono mostri umani, umanità fattasi virus disumana e la loro dottrina religiosa e il loro D-o abberrazioni da disinfestare come tutti loro. A cominciare da quelli arabo islamico palestinesi che da Gaza lanciano razzi su Israele e che assaltano con coltelli donne, bambini, uomini, soldati e chiunque sia ebreo in Cisgiordania e Israele. Via dall'Europa e dall'America tutti coloro che li sostengono e giustificano, mandiamoli tutti alla Mecca città santa della libertà e paradiso in terra.


Mohamed Bene
La nostra uma ha bisognio di khalifa islamica perché la nostra umá ha visutto periodI come una delle civiltá piu avanzate dell mondo forsse la migliore con studi sulla sciense...... astronomia.... educazione.... e aiuti umanitari ........poi ha iniziato a cadere perché se stava aluntando dalla strada di alah poi se e indebolita poi e statta ucupatta era il sognio di tutti prendersi una fetta del bottino e stata presa le miro dal paesi ocidentali per la sua terra e suoi risorse naturali ..........
Ok adesso quello ke sto per dire non lo crederrano tutti ......e statta preza di miro supratutto dalle forsse ciaytaniche I nostri antichi nemici come iluminati massonerie e aziende globali de marche ...... di tutto il mondo non vogliono ke la vera religione islam ke portta la pace sulla terra e non vogliono ke viene aplicatta la vera religione e legge di alah ... cosi piano piano hanno iniziato a ucidere cambiare tutti I presedenti e re dell epoca e hanno messo quelli ke lavorano per I loro interesse cambiando la nostra Shariya islamica in falssa democrazia dove la gentte moure di fame e hanno creatto odio tra di noi costrengedosi a imigrare in paesi ocidentali per avere un futuro e per poter lavorare io mi chiedo sempre e sa la gente un giorno si svegliasei apressi gli ochhi perche la nostra uma ha tocatto il fondo ormaie e comenciase pensare di ritornare quelli di una volta veri muslomani non con le parole ma con I fatti sarebbe il terorre di tuttI capi di stati e le forsse ciaytaniche e le grande marrche le marche perche noi muslumani siamo il 20 per 100 della poplazione glubale un vero muslumano non comprerebe maie una lamborghini ke costa centinaia di migliaya di euro quando sa ke ce gente ke muore di fame ..... ve sieti acorti ke non fanno altro ke cosperare contro di noi muslomani con falsi atentatti guerre ci atakano con tutte le loro forsse con I media giornali tv enternet e persino con con desegni dell nostro profetta come un cartone animato.... vi chiedo di aprirre gli ochi e iniziare a pensare alla khalifa islamica ce salvera sulla terra e dopo la morte abiamo tocatto il fondo ormaie .


Alberto Pento
Niente di più falso. Gran parte delle innovazioni scientifiche e tecnologiche sono di origine non araba e non islamica, come molti studiosi erano ebrei, cristiani, persiani, spagnoli, egiziani, berberi e non arabi che vivevano nei territori conquistati dall'imperialismo islamico arabo, omayyade, berbero, ottomano, ecc.. L'Islam di suo ha portato soltanto la teocrazia, la sottomissione, la mancanza di libertà del pensiero e in generale un regresso scientifico connesso al fatto che i mussulmani secondo l'Islam hanno già tutta la sapienza possibile e immaginabile contenuta nel Corano e quindi non sono stimolati alla ricerca scientifica e allo sviluppo del pensiero; il Corano basta e avanza perché è parola di di Allah che conterrebbe già tutta la scienza e la sapienza.

Il Califfo assassino e sterminatore lo stanno per prendere, non manca molto. L'Islam è una dottrina idolatra e disumana che semina orrore e terrore. I più grandi possessori di auto di lusso e di marca sono gli sheicchi islamici; possiedono grattaceli e ville faraoniche, arei di lusso a reazione e yacht miliardari.

Chi non rispetta gli altri non merita rispetto e i criminali che seminano orrore e terrore vanno eliminati. Le dottrine politico religiose che seminano morte e odio e che non rispettano i Diritti Umani Universali vanno bandite.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » dom apr 10, 2016 3:28 pm

Myriam Anav Ali Hakim ti spiegherò cosa ti brucia veramente: ci sono 1.800.000.000 di musulmani nel mondo e solo 13.000.000 di ebrei.

Però, guarda caso, 194 premi Nobel (pari al 26% dei premi nobel totali) sono stati presi da ebrei. Lo sai quanti musulmani hanno preso il premio Nobel? Sono 13 in tutto. Un po' pochini direi, soprattutto se calcoliamo che uno di questi premi Nobel è Arafat. Ma lasciamotelo per farti contento. E lo sai perché avete risultati così fallimentari? Per gli atteggiamenti ottusi e sfottentini come quelli di cui dai mostra. Del resto Israele che è un paese piccolo piccolo ha 12 premi Nobel. E il tuo paese? (Tunisia? Palestina? Fa lo stesso) Neanche mezzo! E lo sai perché, caro Ali? Perché le persone intelligenti imparano, non sfottono come fai tu. Né passano il tempo a riempire le pagine internet di idiozie, come fai tu.


I numeri non sono arabi ma indiani e ci arrivano via terra per conduzione attraverso l'area mesopotamica e mediorientale che nel medioevo era sotto il dominio islamico, ma gli studiosi che hanno fatto da tramite potevano essere persiani, ebrei o cristiani e non arabi. E' un'inesattezza chiamarli arabi poiché non sono né un'invenzione-innovazione islamica e meno che meno araba.
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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » dom apr 10, 2016 3:29 pm

Il saggio (di Franco Cardini). Islam e mondo afro-asiatico-mediterraneo
Pubblicato il 9 aprile 2016 da Franco Cardini

http://www.barbadillo.it/55145-il-saggi ... diterraneo

Pubblichiamo un saggio di Franco Cardini sulle influenze dell’Islam nell’are afro-asiatica e nel Mediterraneo, fino all’avvento del mondo ottomano che pose fine a medioevo

Per cominciare

L’avvento dell’Islam ha modificato il volto del mondo afro-asiatico-mediterraneo. Nel giro di un venticinquennio, fra l’Egira e la metà del secolo VII, l’impero persiano era stato assimilato e quello bizantino costretto a rivedere tutta la sua politica territoriale e difensiva, mentre la potenza marinara dell’Islam lo obbligava ad abbandonare la costa africana e spartire con essa una talassocrazia fino ad allora indiscussa.
Per molto tempo si è sostenuto, sulla base della tesi del grande storico belga Henri Pirenne, che il repentino insorgere della potenza navale musulmana comportò la rottura dell’unità mediterranea che fin lì aveva consentito, sia pure in toni più modesti a causa della crisi demografica e socioeconomica dei secoli VI-VII, il mantenimento delle strutture economiche e dell’omogeneità culturale di tutti i popoli che si affacciavano sul mare: ciò avrebbe determinato un ripiegamento delle aree della vecchia pars Occidentis dell’impero su se stesse, un aggravarsi dei processi di recessione che al loro interno erano già in atto e una decisa avanzata della sua ruralizzazione. In altri termini, i caratteri di quello che per definizione indichiamo come “medioevo” si sarebbero presentati tra VII e VIII secolo, con l’affermarsi dell’egemonia musulmana nel Mediterraneo, piuttosto che non nel V secolo in seguito alla cancellazione istituzionale dell’impero d’Occidente.
In realtà, la crisi economica e commerciale del VI-VII secolo, che proseguì sia pure con alterne vicende e momenti di ripresa fino al X, corrispondeva a un processo lento e profondo ed era dovuta a una serie di concause che non consentono di ricondurla al solo effetto della pressione esercitata dalla marineria corsara saracena. Il che non significa affatto che l’attività corsara dei musulmani non abbia avuto un peso notevole; ma allo stesso tempo la vivacità economica del mondo islamico sarà anche a partire dai primi anni dell’XI secolo una forza trainante per lo stesso Occidente europeo in ripresa.

Gli assetti instabili del Mediterraneo

Con l’avvento al potere dei califfi umayyadi (661-750) la corte di Damasco (una città dalle tradizioni culturali greche) andò sempre più assomigliando a quella bizantina che ne era in effetti l’ammirato modello. Si andarono anche creando un’arte e una letteratura musulmana molto vicina alle grandi tradizioni eclettiche della cultura bizantina, il che comportò un certo lassismo nelle cose relative alla fede. Sotto gli Umayyadi, l’Islam si diffuse in Oriente fino all’Indo Kush e al lago di Aral, a Kabul, all’Uzbekistan.

Per quanto concerne l’Occidente, dopo che Siria e Palestina erano state conquistate dagli arabi tra 633 e 640 e l’Egitto tra 639 e 646, i marinai siriaci ed egiziani avevano abbracciato la nuova fede o si erano comunque messi presumibilmente non senza piacere – loro, cristiani in maggioranza monofisiti e quindi perseguitati e discriminati dall’amministrazione imperiale bizantina – al servizio dei seguaci del Profeta. L’antica provincia romana d’Africa, che gli arabi chiamavano Ifriqiya (comprendente la Tripolitania, la Tunisia e l’Algeria attuali), era stata invasa dai musulmani nel 647: ma solo dal 663 la resistenza bizantina e soprattutto berbera cominciò a cedere. Anche qui, l’apporto di siriani e di egiziani consentì comunque presto ai musulmani d’Ifriqiya di guardar al Mediterraneo.

Nel mondo visigoto di Spagna ci si era allarmati per tempo dinanzi alle notizie dell’avanzata araba lungo le coste dell’Africa settentrionale. Nel concilio di Toledo del 694 il re Egica aveva lanciato l’allarme. Si andava spargendo la voce che gli ebrei, esasperati a causa delle misure vessatorie assunte nei loro confronti, si apprestassero a dar man forte ai “nuovi barbari” che stavano avanzando dall’Oriente; imperversava intanto la guerra civile tra Achila e Roderico per la successione all’ultimo re di Toledo, Witiza; e sembra che Achila – il quale, avuta la peggio, si era rifugiato in Marocco – si rivolgesse per aiuto ai Mauri, (così detti in quanto provenienti dall’antica Mauretania, cioè dal Maghreb) agli arabi conquistatori ma anche ai berberi arabizzati e islamizzati che vivevano con loro:. Los Moros. È stato d’altronde proposto che anche in Spagna e nella Settimania, com’era accaduto in gran parte delle regioni ex-bizantine conquistate dai musulmani, i nuovi arrivati sarebbero stati tutt’altro che malvisti da una parte almeno della popolazione e il loro giogo preferito – perché ben meno pesante e vessatorio – a quello dei dispotici principi cristiani.

Fu probabilmente alla fine del luglio del 711 che una grossa flotta musulmana, al comando del berbero Tariq ibn Ziyàd, prese terra nella baia di Algesiras, che già l’anno prima era stata razziata. Le forze arabo-berbere ascendevano forse a 10.000 uomini circa. Entro il 720, anche la Catalogna e la Settimania, vale a dire tutti i territori della monarchia visigota a sud e a nord dei Pirenei, erano occupate dai musulmani. Ma la conquista saracena della penisola iberica non era totale; fra le asperità dei Pirenei e dei Cantabrici, sopravvivevano dei focolai di resistenza cristiana.

Dalla Spagna e dalla Settimania (la Gallia meridionale), dove i franchi nominalmente dominavano dall’inizio del VI secolo ma le istituzioni erano fragili e le strutture sociali labili, il passo poteva esser breve. Dopo aver occupato Narbona nel 718, gli arabi si presentarono dinanzi a Tolosa nel 721 e conquistarono Nîmes e Carcassonne nel 725. Ormai, l’intera Provenza col bacino del Rodano era teatro delle loro gesta. Secondo una tradizione radicata, i musulmani vennero fermati a Poitiers dal “Maestro di Palazzo” del regno merovingio d’Austrasia, Carlo Martello: tale battaglia, combattuta nel 732 o, come altri sostengono, nel 733, è in sé meno importante del mito cui ha dato origine.

Le scorrerie arabo-berbere provocarono diverse reazioni nel mondo franco, proprio a partire dalle continue campagne di Carlo Martello contro i musulmani del sud della Gallia fra 736 e 739: ma il doppio gioco e il tradimento imperavano, per cui è impossibile parlare, per quegli anni, di vere e proprie spedizioni “dei franchi contro l’Islam”. I musulmani, con i loro raids, facevano parte di una lotta per il potere molto complessa e alla quale solo molti decenni più tardi sarebbe stato possibile – nella memoria collettiva, nutrita e magari condizionata dall’epica – attribuire motivi anche religiosi.

Al “pericolo” costituito dai “mori” di Spagna, la dinastia dei discendenti di Carlo Martello doveva la sua fama e la sua gloria. D’altro canto, anche il rischio d’un’invasione islamica proveniente dai Pirenei era, tra VIII e IX secolo, in pratica nullo. Tuttavia Carlo aveva già tentato nel 776 d’inserirsi nelle lotte fra i piccoli emirati aragonesi con l’intento se non altro di venir riconosciuto come mediatore tra essi. Quell’impresa si era però conclusa male, anche se sarebbe stata destinata ad entrare nella leggenda: difatti appartiene ad essa il celebre episodio dell’imboscata di Roncisvalle, durante la quale sarebbe caduto un collaboratore e parente di Carlo, il comes Rolando. L’episodio avrebbe dato luogo alla più tarda, celebre Chanson de Roland, uno dei testi epici fondamentali del nostro medioevo: ma i guerrieri franchi vennero battuti in quell’occasione non già da musulmani, bensì da montanari baschi ostili alla marcia di un esercito straniero attraverso le loro terre.

Ad ogni modo, Carlo riuscì ad organizzare subito a sud dei Pirenei una marca di confine, la marca di Catalogna, con il ruolo specifico di costituire una testa di ponte per una possibile espansione nella penisola iberica. Grazie ad essa, comunque, l’intera linea dei Pirenei passava sotto il controllo franco. Tuttavia, su una scala più ampia, bisogna dire che nel corso del terzo decennio del sec. VIII la spinta dell’Islam sembrò esaurirsi, trovando i suoi confini tra l’Indo e l’Atlantico, tra il Caucaso e la penisola arabica.

Nel 749 l’ultimo califfo omayyade uscì sconfitto e il califfato di Damasco fu rovesciato a favore di una nuova dinastia: quella degli Abbasidi. Rispetto al passato, gli Abbasidi basavano il nuovo califfato nella loro area di riferimento e in una nuova città appositamente fondata nel 762 dal califfo al-Mansur (754-775), Baghdad sul fiume Tigri. Il luogo da essi scelto per la nuova capitale indicava che ormai il baricentro della nuova dinastia non sarebbe stato più nell’area mediterranea e prossima a Costantinopoli, bensì nell’area mesopotamico-persiana: era in ciò sottinteso un programma di asiatizzazione del califfato, dopo che i califfi di Damasco avevano seguito per un secolo il modello bizantino.

Ma un membro della famiglia califfale ummayade riuscì a raggiungere la penisola iberica e a fondarvi in Córdoba un emirato (dall’arabo amir, “principe”) che riuscì gradualmente a imporre la sua egemonia al punto che nel 929 l’emiro Abd ar-Rahman (912-961) poté assumere il titolo di califfo.Lo spostamento a Oriente del potere centrale islamico condusse a un progressivo indebolimento dell’influenza sulla compagine occidentale del Mediterraneo, che è importante considerare se si vuol comprendere la successiva ripresa della compagine europea.

La più potente fra le dinastie che si affermarono nel Maghreb è quella degli Aghlabiti di Kairuan, in teoria un governatorato per conto degli Abbasidi, di fatto autonoma e a capo di un territorio che copriva Tunisia e Algeria orientale dai primi del IX secolo. La conquista della Sicilia fu tra le principali imprese della dinastia aghlabita. La grande invasione dell’isola partì infatti nell’827 dall’emirato di Tunisi, ma solo ai primi del secolo successivo i musulmani completarono la conquista: se Palermo era già presa nell’831, Siracusa non cadde che nell’878. Secondo la leggenda suddetta, era stata una guerra civile scoppiata tra le fazioni dei governanti bizantini a provocarla. Nell’829 i tunisini assalirono il porto di Roma, Centumcellae, conquistato il quale le bande di predatori colpirono la Tuscia, la Maremma, la Sabina, giungendo fino a saccheggiare le mura delle basiliche suburbane di San Paolo e di San Pietro, subito fuori delle mura dell’Urbe. Due nuove imprese contro Roma, organizzate da Kairuan e da Palermo, si ebbero nell’846 e poi nell’849, sebbene senza grandi risultati. Fu in occasione dell’ultimo assalto che papa Leone IV fece circondare da mura – le “città leonina” – l’area del santuario vaticano di San Pietro. Le scorrerie in Italia meridionale e poi anche verso l’intero Tirreno si susseguivano. Di solito l’obiettivo degli incursori era la razzìa rapida, il prelievo di gente prevalentemente giovane con cui alimentare il commercio degli schiavi, l’occasionale imposizione di tributi e di riscatti: più di rado il raid aveva come esito l’impianto di un “nido” corsaro, che potremmo considerare una piccola colonia commerciale-militare. Ma spesso si trattò anche di veri e propri, duraturi insediamenti: come nel caso delle isole mediterranee di Creta, Malta, Sicilia e dell’arcipelago delle Baleari, tutte conquistate nel corso dei secoli IX-X e mantenute più o meno a lungo.

Intanto, nel corso del X secolo l’emiro Abd ar-Rahman III (912-961), che aveva guidato la dinastia neo-omayyade di Cordoba al massimo splendore e che nel 929 si era arrogato la dignità di califfo, era riuscito a estendere il suo potere anche su una parte del Maghreb occidentale. La penisola iberica si presenta con le sue comunità urbane dinamiche in espansione alla ricerca di intense relazioni commerciali marittime con i paesi sotto il controllo musulmano, dalla Sicilia al Nordafrica, includendo in questa ampia circolazione anche il mondo occidentale che diventa partecipe dei ricercati prodotti d’Oriente. Le città della penisola iberica, cristiane e musulmane, ebbero intorno al Mille rapporti diversi con il mare. Da Barcellona a Siviglia fino ai centri urbani atlantici le città svolsero ruoli diversi nel risveglio del commercio occidentale. La coesistenza dei due mondi cristiano latino e musulmano rappresenta una duplicità di mondi e civilizzazione che con la loro progressiva integrazione avrebbe portato notevoli contributi nella trasformazione del commercio e nel progresso dell’intero bacino del Mediterraneo. Cordoba, la capitale, sede del governo, superava nel X secolo tutte le altre città della penisola: era la regina delle città di Al-Andalus e la sua reggia una meraviglia da Mille e una notte. Protetta dalle flotte armate nei cantieri delle città di Tortosa, Almeria, fino a Lisbona era collegata da una rete di strade con un rapido sistema di corrieri prelevati dal Sudan e appositamente addestrati. Un esercito permamente di 30.000 uomini che probabilmente raggiunse sotto Almanzor il numero di 50.000 uomini completava il quadro difensivo.

Nonostante lo splendore raggiunto nel corso del X secolo, i problemi non mancavano nel califfato umayyade. Arabi e berberi non si erano mai propriamente fusi tra loro: la fiera aristocrazia di coloro che si consideravano i soli autentici eredi del Profeta disprezzava i parvenus africani. Tuttavia era ben presto prevalsa una moderata ma progressiva integrazione fra arabo-berberi da una parte e discendenti dei latini, dei celti e dei germani. La vera distinzione qualificante restava quella tra i musulmani discendenti dei conquistatori, i locali guadagnati in tempi diversi alla fede coranica (i muwalladun) e i cristiani rimasti fedeli alla loro religione ma arabizzati nella lingua e nei costumi, per quanto sovente non dimentichi del latino o meglio dell’idioma volgare che da esso si era sviluppato (i musta’riba, che gli occidentali conoscono meglio col termine di “mozarabi”).

La circolazione di merci e di culture

L’importanza assunta dal commercio arabo nel Mediterraneo si riscontra in primo luogo dalla diffusione delle monete musulmane, che ben presto affiancarono e in molte aree sostituirono o comunque in parte soppiantarono l’egemonia del denarius bizantino, il celebre “iperpero” o “bisante”. A somiglianza del resto del denarius, il dinar arabo – conosciamo bene le coniazioni arabo-sicule – pesava grammi 4,25 d’oro: ma più diffuso di esso era il quarto di dinar, il ruba’i, che si diffuse rapidamente non solo in Sicilia ma anche nell’Italia meridionale peninsulare dove assunse il nome di tari (“fresco”: quindi, moneta appena coniata), un nome che resterà poi tradizionale nella monetazione di quell’area fino a tempi recenti. Le specie argentee erano essenzialmente rappresentate dal dirahm (il nome, passato attraverso il persiano, deriva da “dracma”) di grammi 2,90 e dalla piccola kharruba di 2 decigrammi. I tari erano talmente richiesti e diffusi che nel X secolo amalfitani e salernitani ne producevano imitazioni che tuttavia si riconoscono bene in quanto caratterizzate da iscrizioni in caratteri cosiddetti pseudocufici, che richiamano l’alfabeto arabo ma sono, in realtà, privi di senso. Anche nella Rus’ circolava la moneta araba: meno l’aurea, che probabilmente veniva tesaurizzata con molta cura – anche per la cronica penuria di metalli nobili in quell’area -, molto però l’argentea. Attraverso il mondo musulmano giungevano in Europa le merci preziose provenienti dall’Africa e soprattutto, lungo la via delle spezie e la via della seta, dal continente asiatico. Il commercio arabo-musulmano tra IX e X secolo era meno interessato né al mondo europeo occidentale. Oltre alla Spagna, Ibn Hawqal descrisse la Palermo musulmana, ma si addentrò anche nel Meridione peninsulare italico allora longobardo e bizantino: visitò Salerno, Melfi, la stessa Napoli dove afferma di aver apprezzato personalmente la qualità dei lini, uno dei più pregiati articoli d’importazione della città. Ma, fra i non troppi articoli d’esportazione che il mondo “franco” poteva offrire a quello musulmano, il più ambìto era il ferro. Soprattutto se sotto forma di quelle “spade franche” le quali per le loro doti di solidità e di bellezza erano paragonabili solo al gauhar, l’acciaio bianco yemenita: bello, si diceva, come una stoffa preziosa. Altra merce che poteva provenire dal “paese dei franchi” o dal mondo bizantino attraverso i fiumi russi e il Mar Nero nel dar al-Islam, era il legname essenziale per le marinerie musulmane.

Se il mondo islamico si presenta al proscenio del II millennio della nostra era come molto frazionato sotto il profilo politico, e tale caratteristica ha senza dubbio influito sul declinare della sua potenza, straordinario è stato invece il suo ruolo di mediazione, di originale rielaborazione e di sintesi sotto il profilo scientifico e culturale. “Cercate la scienza dovunque si trovi, fino in Cina”. Questa, secondo un celebre hadith, sarebbe stata una viva raccomandazione del Profeta ai suoi fedeli. È stato grazie anche alla sua straordinaria capacità di sintetizzare e di metabolizzare le culture con le quali esso è venuto successivamente in contatto dall’Arabia fino alle Colonne d’Ercole al bacino dell’Indo e oltre, e dal Caucaso al Corno d’Africa, che l’Islam ha potuto sviluppare tra VII e XVI secolo una civiltà straordinariamente flessibile e multiforme, entrando in vario modo in contatto anche con quelle circostanti: segnatamente con quella euromediterranea “latina”, che ha contratto con esso uno straordinario debito di riconoscenza: non solo perché è stato grazie alle culture musulmana e anche ebraica ch’essa ha potuto rientrare in contatto col patrimonio filosofico-scientifico ellenistico, che in gran parte aveva perduto con l’allontanarsi, dal V secolo, della pars Orientis dalla pars Occidentis dell’impero e con la rottura dell’unità mediterranea dovuta allo stesso rapido insorgere della potenza talassocratica musulmana, ma altresì perché per il tramite musulmano sono pervenuti in Europa molti tesori delle culture persiana, indiana e cinese, fino ad allora inattinti nel mondo mediterraneo. Non si deve pensare al riguardo soltanto ai tre califfati di Baghdad, di Córdoba e del Cairo, centri prestigiosi di studio e di ricerche con le loro “madrase” e le loro immense biblioteche: si deve tener presente altresì che esistevano molti principati musulmani che, pur prestando formale ossequio a uno di essi, vivevano in realtà in maniera autonoma, e che essi erano a loro volta promotori e protettori di centri di elaborazione culturale, da Buchara e Samarcanda fino a Kairuan e a Marrakesh.

La personalità di maggior rilievo nel mondo culturale musulmano di questo tempo è soprattutto Avicenna, filosofo e medico. Abu ‘Ali al-Husayn Ibn Sina, che gli occidentali conoscono come Avicenna, nacque nel 980 presso Buchara e morì a Hamadan nel 1037. Si dice che fu allievo molto precoce, tanto da aver già perfettamente assimilato, appena diciottenne, tutte le opere che il grande centro culturale di Buchara aveva a disposizione. Tuttavia, per una serie di traversie a carattere familiare e politico, egli poté dedicarsi solo in parte allo studio: per il resto, fu costretto ad accettare gravosi incarichi pubblici e ad esercitare, per vivere, la professione di medico. Il corpus degli scritti avicenniani è immenso (si parla di oltre 130 opere) e in gran parte perduto. Anche quel che ci rimane, ci offre soltanto un saggio delle sue conoscenze (egli era difatti obbligato a scrivere in condizioni disagiate, spesso in viaggio, senza i necessari testi di riscontro) ma basta a far individuare in lui uno dei più grandi uomini di pensiero di tutti i tempi. Fedele ai principi pedagogico-culturali islamici – anche se molti studiosi occidentali ne hanno voluto sottolineare la “laicità” – Avicenna radicava il suo pensiero nella teologia: e da essa le sue conoscenze si espandevano verso la matematica, la geometria, le scienze naturali, la musica, l’astronomia.

La letteratura musulmana di questo periodo fu soprattutto scientifica: trattati di storia, di geografia, di astronomia, di medicina, di architettura, ne sono gli esempi più importanti. I geografi arabi del X-XI secolo conoscevano bene la terra e viaggiavano dalla Cina al Circolo Polare all’Africa equatoriale trascrivendo le loro osservazioni in testi che restano classici nella storia delle esplorazioni. Altri importanti protagonisti della cultura scientifica musulmana, che rielaborò il sapere greco antico aggiungendovi i portati di quelli persiano, indiano e cinese, e che sta alla base della scienza moderna, sono ad esempio Geber (Giabir ibn Hayyan), fondatore dell’alchimia del medioevo; il matematico al-Kawarizmi, da cui l’Occidente ha tratto la parola “algorismo”, nel senso di operazione aritmetica; il filosofo al-Farabi. A questa letteratura scientifica di elevatissimo valore si accompagnava tutta una costellazione di poeti e di romanzieri, spesso a carattere anche popolare, che facevano di quella musulmana la civiltà più colta e più avanzata di tutto il mondo eurasiatico e mediterraneo del tempo.

Attraverso questa sostanziale unità mediterranea fu possibile per l’Occidente europeo cominciare ad attingere a patrimoni di sapienza che, con la decadenza dei secoli altomedievali, erano andati perduti. E’ l’inizio di un processo che culminerà nei secoli XII e XIII, ma che ha le sue origini nel X secolo, e che ebbe come epicentri le città della Penisola Iberica nelle quali musulmani, ebrei e cristiani entravano sovente in contatto, senza dimenticare però il ruolo delle città commerciali (soprattutto italiche) che si affacciavano sul mare.

In arabo erano stati tradotti i tesori della sapienza degli antichi greci; e, per quanto essi potessero esser accessibili anche attraverso versioni dal greco – per le quali però al momento erano a disposizione degli occidentali, ad esempio nel mondo bizantino, opportunità ben minori di quelle che il mondo iberico metteva alla portata degli studiosi per l’arabo –, le versioni da quest’ultima lingua si rivelavano di gran lunga preferibili sia per l’eccellenza dei commenti che traduttori e studiosi arabi avevano redatto, sia per l’abbondanza di studi nuovi da essi intrapresi, sia infine perché ci si andava accorgendo che attraverso l’arabo l’Occidente poteva accedere – magari per via indiretta, riflessa – al sapere e ad alcune tecnologie proprie anche a paesi e a civiltà ancora più lontani, dalla Persia all’India alla stessa Cina.

Anche sul piano della diffusione del sapere scientifico veicolato nel mondo musulmano attraverso la lingua del Libro sacro, la penisola iberica aveva procurato uno splendido avvio grazie a un precursore: Gerberto d’Aurillac, che giovanissimo aveva viaggiato in Catalogna e appreso fra il 967 e il 970 rudimenti di aritmetica e di astronomia arabe e forse anche greche, grazie alla familiarità con la curia vescovile di Vich e con il monastero di Ripoll. Divenuto in seguito capo della scuola episcopale di Reims e quindi abate di Bobbio, Gerberto poté diffondere le sue conoscenze, in attesa di ascendere al soglio pontificio col nome di Silvestro II. Infine, due opere di Avicenna, Qanun (in latino Canon) e Qitab al-Shifa(in latino Liber sufficientiae), furono conosciute, tradotte e studiatissime in Occidente dove a lungo rimasero alla base delle scienze mediche. Egli operò infatti una sintesi geniale delle teorie di Aristotele con quelle mediche di Ippocrate. Grazie ad Avicenna, noi disponiamo anche di un primo manuale pratico della scienza aristotelica, contenuto appunto nel Liber sufficientiae. L’Aristotele che egli conobbe e approfondì era tuttavia misto di elementi neoplatonici, e questo fu in effetti l’Aristotele che giunse in Occidente prima della “rivoluzione scolastica” del XIII secolo e che influenzò profondamente la stessa filosofia cristiana.

Man mano che le condizioni di vita in Europa miglioravano, cresceva anche la capacità di ricezione di tale patrimonio culturale, al pari della curiosità per la religione islamica. Nel XII secolo, i tempi erano ormai maturi perché una delle personalità più autorevoli della Chiesa del tempo, Pietro il Venerabile abate di Cluny, si facesse protagonista d’una straordinaria iniziativa che ebbe come centro Toledo, da poco più di mezzo secolo restituita alla Cristianità, e quale garante l’arcivescovo stesso della città, Raimondo di Sauvêtat. L’”imperatore” Alfonso VII di Castiglia appoggiò l’esperienza dell’abate di Cluny, che da un lato lavorava con convinzione alla maggiore e miglior conoscenza dell’Islam mentre dall’altro sosteneva con forza l’ideale della Reconquista. Dall’iniziativa di Pietro nacque l’attività di un’équipe che, con la consulenza di musulmani e di ebrei, provvide a una prima traduzione del Corano che porta il nome di Roberto di Ketton nel Rutlandshire: essa, a quel che pare ottenuta attraverso una serie di versioni – dall’arabo in ebraico e in castigliano, quindi in latino -, per quanto risultasse piuttosto confusa, lacunosa e incompleta, fu tanto importante da restar fondamentale per i quattro secoli successivi. Naturalmente non si deve pensare a un gruppo organico e strutturato di traduttori: si trattò piuttosto di una costellazione di personaggi che agivano sulla base di una rete di relazioni. La fatica del gruppo coordinato dal Venerabile non si fermò al Corano. Per quanto si possano individuare almeno tre nuclei fondamentali di questa densa attività: uno spagnolo, uno inglese, uno italo-meridionale – il ruolo della penisola iberica resta centrale e fondamentale. I testi islamici redatti in versione latina per cura di traduttori come Giovanni di Siviglia, Domenico Gundisalvi, Ermanno il Dalmata, Platone di Tivoli, Gerardo di Cremona, e quelli islamologici redatti sulla base di quel rinnovato approccio rimasero a lungo la base della forma migliore di conoscenza dell’Islam di cui l’Europa medievale disponesse.

La ripresa dell’Europa

Nel corso dell’XI secolo l’Europa occidentale mostrò chiari segni di ripresa economica che subito si trasformarono in progetti di espansione sul mare e per terra. Andava profilandosi, dalla Spagna alla Sicilia alla Terrasanta, il secolo della controffensiva cristiano-occidentale. In particolar modo nella penisola iberica ebbe inizio la lunga fase che viene definita Reconquista, e che sarebbe durata sino alla fine del XV secolo.

Il complesso fronte delle lotte cristiano-musulmane nel Mediterraneo si andava spostando nel quadrante di nord-ovest, dove protagonista attivo di esso era l’emiro di Denia e delle Baleari, il cui nome onorifico musulmano era al-Mujahid (“il Combattente del jihad”), graziosamente corretto dai cronisti latinofoni in “Musettus”. Nel 1005, mentre i pisani erano impegnati a dar man forte ai cristiani di Calabria contro i musulmani, al-Mujahid assalì Pisa e ne incendiò una parte. Seguì una lunga guerra di pisani e genovesi contro l’emiro arabo-spagnolo, che dominava anche i litorali di Corsica e di Sardegna. Nel medesimo anno 1016, fatidico per Salerno e per tutto il Meridione peninsulare, Musettus dava l’assalto alla città di Luni in Garfagnana, la distruggeva e costringeva gli abitanti a fuggire per le montagna apuane. Ma tempestiva giungeva la risposta congiunta di genovesi e pisani, che distrugevano le truppe degli assalitori e obbligavano il capo-predone a rientrare nel suo covo in Sardegna. La sola Pisa nel 1063 assaltò il porto di Palermo e nel 1087 Mahdiya, di nuovo a fianco dei genovesi e anche degli amalfitani. Da allora, prese l’avvìo la congiunta controffensiva delle due città altotirreniche che per quasi tra secoli si sarebbero contese l’egemonia del Mediterraneo centro-occidentale e, più tardi, dopo la prima crociata, anche del litorale siro-libano-palestinese.

Secondo una leggenda, l’arrivo in forze dei Normanni nel Meridione peninsulare d’Italia fu determinato dalla presenza nel 1016, in una Salerno assediata dai saraceni di Sicilia, di una quarantina di cavalieri normanni reduci da un pellegrinaggio in Terrasanta, che rimasero affascinati dall’ospitalità dei cittadini e dalle prospettive di combattimento contro gli infedeli. E’ invece certo che, inserendosi come mercenari nel complesso scenario politico della regione, i Normanni guidati dalla famiglia degli Altavilla e dal suo leader Roberto il Guiscardo, si impossessarono in pochi decenni della regione. Fra 1061 e 1094 Ruggero, poi detto “il Granconte”, fratello di Roberto, condusse a termine la conquista della Sicilia. I territori italo-meridionali vennero poi uniti in un regno unitario a partire dal 1130, sotto Ruggero II. La conquista normanna della Sicilia fu resa possibile dal destrutturarsi del potere emirale palermitano, dall’instaurarsi d’un pullulare disordinato di piccoli potentati e dall’invito rivolto al Normanno da parte di uno di essi, Ibn al-Thummah, che controllava l’area tra Catania, Noto e Siracusa. All’atto della conquista l’isola era abitata quasi totalmente da arabo-berberi e da indigeni arabizzati e islamizzati. Solo a Palermo e in alcune ristrette aree del nordest v’erano comunità greco-cristiane d’una certa consistenza. Durante la campagna militare Ruggero aveva assicurato a tutti libertà di culto; immise molti musulmani nel suo esercito. Al tempo stesso però lavorò a un ripopolamento di cristiani latini nell’isola e, quando si sentì un po’ più sicuro, mutò il suo atteggiamento nei confronti dei musulmani rendendolo più severo. Certo comunque funzionari arabi continuarono a lavorare per tutto il periodo del regno normanno e anche oltre nel diwan, l’ufficio addetto all’organizzazione tributaria.

Anche sul fronte spagnolo le cose andavano mutando. Quando, nel 996-997, al-Mansur (977-1002) diede l’assalto alla città di Compostela, egli compì un gesto dimostrativo di grande intelligenza e di straordinario valore simbolico: per quanto sortisse con ogni probabilità effetti opposti a quelli voluti. Il vizir si rendeva perfettamente conto dell’importanza d’un fenomeno nuovo, che si andava affermando appunto in quegli anni. Alla tomba dell’apostolo di Compostela stava convenendo un numero di anno in anno più folto di pellegrini dalle regioni poste al di là dei Pirenei. Quel che non poteva comprendere è come quel culto si fosse ormai radicato in tutta Europa: la notizia della profanazione del santuario, lungi dal seminar paura e sconcerto o dal determinare una disaffezione e un oblìo, fu seme d’indignazione e d’entusiasmo. La causa dell’apostolo Giacomo diventava, ora, quella della Cristianità intera: alla dimensione del pellegrinaggio si associava quella della difesa della santa tomba minacciata dai “pagani”. Pellegrinaggio alla tomba dell’Apostolo e Reconquista furono in un certo senso i due aspetti d’uno stesso fenomeno storico. Il pellegrinaggio di Santiago, la strada del quale – il Camino – correva almeno in un primo tempo lungo una fascia non sempre troppo lontana dalla “terra di nessuno” che divideva i cristiani dai musulmani, rivestì ben presto anche un ruolo guerriero. Si diceva che durante la battaglia di Clavijo dell’844 l’Apostolo fosse apparso in una veste abbagliante, montato su un candido destriero, e avesse guidato i cristiani all’assalto contro i nemici (come san Giorgio a Cerami): da allora in poi, egli avrebbe ricevuto il titolo di Matamoros. Per la verità, non sappiamo con certezza quando questa funzione guerriera dell’Apostolo si sia andata a sovrapporre alla sua immagine di pellegrino e taumaturgo: le rappresentazioni iconiche ad essa relative sono abbastanza recenti e la leggenda non è narrata per iscritto prima del Duecento. Anzi, della stessa battaglia non si ha memoria certa prima di questa data. Visioni di questo genere facevano parte di una sacralizzazione del conflitto contro i saraceni che si può facilmente collegare alla propaganda eccllesiastica, ma che si radicava in un diffuso entusiamo, in una sensibilità collettiva eccitata, in una disposizione nuova al combattimento e al martirio.

La Spagna musulmana, dopo la liquidazione del califfato di Córdoba, era divisa tra i vari reinos de taifa.s La situazione rimase per un certo periodo in uno stato d’instabile equilibrio perché anche i regni cristiani, a nord, erano percorsi da rivalità e da inimicizie. Le cose cambiarono comunque verso il 1055, quando Ferdinando I – dal 1037 acclamato re di Castiglia e di León – si sentì in grado di scatenare un’offensiva che mise in suo potere la bassa valle del Duero. Frattanto, il fronte aragonese rischiava un tracollo per la morte del re Ramiro I durante l’assedio alla fortezza saracena di Graus. Poiché l’infante Sancho era ancor minorenne, spettò a papa Alessandro II prender l’iniziativa che condusse alla conquista della piazzaforte di Barbastro, non lungi da Saragozza, grazie a una spedizione che si avvalse del contributo di molti cavalieri francesi e che provocò una forte ondata di entusiasmo guerriero e religioso. Al movimento del pellegrinaggio a Santiago partecipavano difatti parecchi aristocratici, che magari si proponevano con le armi di scortare e difendere i viandanti inermi. In questi ceti superiori, il pellegrinaggio poteva anche essere espressione di un certo disagio sociale. In gran parte d’Europa, per i figli cadetti della nobiltà non si prevedevano assegnazioni ereditarie, per cui essi avevano soltanto la scelta fra carriera ecclesiastica o avventura guerriera. Questo aiuta a spiegare l’afflusso di cavalieri venuti un po’ da ogni parte della Cristianità occidentale, ma soprattutto dalla Francia, in quelle guerre combattute contro i musulmani nella penisola iberica e che vanno nel loro complesso sotto il nome di reconquista.L’impresa di Barbastro è considerata, anche sul piano del diritto ecclesiastico, il modello e il precedente della cosiddetta “prima crociata”. In seguito alla sconfitta gli emiri di Saragozza, di Badajoz, di Toledo e di Siviglia furono costretti a pagar un tributo a Ferdinando di Castiglia che, in un’orgogliosa cavalcata compiuta a scopo dimostrativo, giungeva fino a Valencia. Ma nel 1065 egli spirava a León, poco dopo aver potuto venerare nella nuova cattedrale da lui fondata le reliquie di sant’Isidoro di Siviglia cedutegli dai mori.

La scomparsa di Ferdinando I provocò una nuova battuta d’arresto. Oltre le Colonne d’Ercole si era affermato il potere della rigorosa confraternita degli al-Murabitun (da cui “Almoravidi”), “uomini dei ribat“, gli austeri abitanti dei conventi-fortezze formatisi lontano, oltre il deserto, sulle rive del Senegal e del Niger e impadronitisi di Marocco e Algeria a scapito delle dinastie che vi si erano affermate nel X secolo. Lo scontro avvenne presso la Guadiana, a Zallaqa (oggi Sagrajas), il 23 ottobre del 1086: e fu una grande sconfitta per i cristiani. Lo stesso re Alfonso si salvò a stento, con poche centinaia di cavalieri, riparando a Coria. Le teste recise dei vinti furono accatastate in macabri mucchi trionfali. Il prezzo pagato per questa vittoria dalla gioiosa società di al-Andalus non fu per nulla lieve. Yusuf obbligò tutti i reyes de taifas a sottomettersi alla sua autorità: chi cercò di resistere, naturalmente alleandosi con i castigliani fu inesorabilmente piegato. Toledo restava ai cristiani, ma a sud del Tago non rimaneva più nulla dei tentativi di conquista degli anni precedenti.

Tuttavia il potere almoravide andò presto deteriorandosi a causa tanto della riscossa militare dei regni cristiani di Spagna (soprattutto di quello d’Aragona), quanto d’una nuova corrente mistico-teologica sviluppatasi nel Maghreb a partire dal secondo quarto del XII secolo. Gli al-Muwahiddun (detti “Almohadi”) i “fedeli dell’unità divina”, erano sorti nel pieno del Marocco berbero come movimento politico-religioso a carattare rigoristico guidato dal mahdi Muhammad ibn Tumart, il quale era insorto contro le concessioni all’antropomorfismo letterale del Corano in qualche modo accettati dai teologi almoravidi. Nel 1162 un’armata almohade sbarcò nella penisola iberica, dove il collasso degli Almoravidi aveva ricondotto l’Islam locale a una nuova frammentazione, e occupò Siviglia mentre i Castigliani approfittavano della situazione per impadronirsi della ricca Almeria e i portoghesi di Lisbona.

Il califfo almohade Abu Yusuf Ya’kub al-Mansur (1184-1199) sconfisse clamorosamente Alfonso VIII re di Castiglia nella battaglia di Alarcos, il 10 luglio 1195. Il potere almohade fu molto più duro e restrittivo di quello almoravide: furono perseguitati e costretti all’esilio o al confino anche i due più grandi pensatori del tempo, l’ebreo Moshe ben Maimun (Maimonide) e il musulmano Ibn Rush (Averroè). Maimonide finì in Egitto dove sarebbe divenuto nel 1172 naghid – cioè capo della locale comunità ebraica – e quindi medico del sultano Saladino e dei suoi successori fino alla sua scomparsa, nel 1204. La fase intollerantistica almohade, tuttavia, terminò presto: la dinastia berbera permise l’impiantarsi in Marocco di culti simili a quelli santorali cristiani, mentre una rinnovata libertà di ricerca dava luogo al fiorire di pensatori come Ibn Tufayl e – dopo i primi sospetti nei suoi confronti – Averroè. Anche l’economia ebbe un forte rilancio sotto la nuova dinastia, attenta allo sviluppo agricolo, realizzato grazie a un massiccio impegno nel miglioramento delle opere d’irrigazione; senza dimenticare i commerci, per i quali si stipularono alleanze con le città italiane del Mediterraneo occidentale anche quest’ultimo un segno della duttilità della dinastia almohade.

La presa da parte degli almohadi del castello di Salvatierra, nel 1210, indusse il papa a una nuova crociata predicata anche in Francia. Alla campagna parteciparono i re Alfonso di Castiglia e Pietro d’Aragona, agli Ordini cavallereschi di Santiago, di Alcantara e di Calatrava, sorti in Spagna per la lotta contro i musulmani, molti cavalieri spagnoli, portoghesi e franco-meridionali, e in un secondo momento anche Sancho di Navarra. Le forze in campo erano soverchianti, e il 17 luglio del 1212 la spedizione si concluse con la grande vittoria di Las Navas de Tolosa, immediatamente a valle dei passi della Sierra Morena tra Castiglia e Andalusia.

La vittoria di Las Navas apriva ai cristiani le porte del sud, la ricca e splendida regione dell’Andalusia, e preludeva alla caduta della stessa capitale del califfato almohade, Cordoba, che difatti veniva conquistata nel 1236 dal re Ferdinando III il Santo (1217-52. Nel 1260, buona parte della Reconquista poteva dirsi compiuta: mentre il regno del Portogallo (riconosciuto dal papa nel 1179) tendeva alla colonizzazione del sud-ovest della penisola iberica, la zona del cosiddetto Algarve, ed entrava per questo in conflitto con la Castiglia, il regno castigliano da parte sua si impadroniva dell’area a sud del Guadalquivir, escluso il civilissimo ma piccolo emirato di Granada, che sarebbe rimasto musulmano fino al 1492. I lunghi anni della lotta contro i musulmani segnarono profondamente i caratteri culturali della Castiglia, conferendole un’impronta di austera e guerriera religiosità.

Dal punto di vista della “qualità della vita”, la Reconquista cristiana non segnò l’avvio di una stagione positiva per la Spagna. I musulmani, nei circa cinque secoli del loro dominio in terra iberica, avevano fatto un giardino di terre per loro natura desertiche, come l’arido altopiano della Meseta: vi avevano condotto le acque per mezzo di ardite opere di irrigazione, vi avevano avviato colture di cereali, canna da zucchero, agrumi. Nelle popolose città governate dai musulmani, vivevano in pace e in armonia anche le comunità cristiane dette “mozarabiche” (che usavano correntemente l’arabo nella loro liturgia) e quelle ebraiche, e si era sviluppata un ceto urbano di mercanti e di artigiani. Anche durante la graduale riconquista della penisola, tra XI e XV secolo, le fasi di guerra si alternarono comunque a lunghi periodi di pace: mentre tanto nei regni cristiani quanto negli emirati musulmani si stabiliva un clima di distensione e di tolleranza tra comunità cristiane, musulmane ed ebraiche le quali vivevano tra loro in pace e in spirito di serena collaborazione. Del resto, anche le guerre della Reconquista, non parlano solo il linguaggio dell’affrontamento militare e nulla sarebbe più errato che leggere crociate e guerre iberiche medievali come “guerre di religione”. Tuttavia, i sovrani di Castiglia, appoggiati a un’aristocrazia feudale di cavalieri i cui interessi economici si legavano con la più primitiva economia pastorale, non avevano interesse a mantenere questi civili livelli di vita. Non incoraggiarono quindi né l’agricoltura, né l’artigianato, né il commercio, che anzi contribuirono a ostacolare perseguitando musulmani ed ebrei che ne erano il nerbo. La Castiglia si avviò a divenire una terra desolata di poveri pastori, di agricoltori miserabili e di un ceto nobiliare privo di mezzi e caratterizzato da un genere di vita ispirato ai valori guerrieri e a una religiosità sentita anzitutto come lotta contro gli “infedeli”.

Le crociate e il Mediterraneo orientale

Nel corso del secolo XI una tribù originariamente turkmena – appartenente cioè a un ramo specifico dell’etnia turca – che, dal nome di un loro khan chiamato Selgiuq, noi denominiamo “selgiuchide”, convertita all’Islam da pochi decenni, giunse dalle steppe dell’Asia centrale a rafforzare con la sua fede giovane e la sua forza militare (i turchi erano cavalieri e arcieri formidabili) il pericolante potere del califfo abbaside di Baghdad. Non solo rapidamente islamizzati, ma anche iranizzati nella lingua e nei costumi – il persiano fu loro sempre più familiare di quanto non fosse l’arabo –, i turchi selgiuchidi fondarono così un impero politico-militare che dall’Anatolia si estendeva alla Persia centrale. I turchi erano divenuti famosi di colpo anche in Europa in seguito a quando, nel 1071, essi avevano battuto clamorosamente l’esercito bizantino nella battaglia di Manzikert fondando in Anatolia il sultanato che fu detto “di Rum” (dal nome arabo con cui si indicava la “Nuova Roma”, Costantinopoli) con capitale nella città di Iconio.

Frattanto, già dalla fine del X secolo, le migliorate condizioni climatiche e un rinnovato slancio demografico avevano determinato tra Europa e Mediterraneo settentrionale una serie di reazioni socioeconomiche a catena che a loro volta erano state accompagnate da un vorticoso movimento di rinascita e di espansione politica. Tra i principali effetti di tale complesso di concause vanno annoverati la rottura di vecchi equilibri nelle strutture fondiarie, vaste campagne di bonifica e di disboscamento, lo stabilirsi di un’economia monetaria che comportò la nascita di nuovi mercati, la crescita delle città e soprattutto di alcuni centri marittimi come Venezia, Genova, Pisa, più tardi Marsiglia e Barcellona, una rinnovata mobilità che dette luogo a viaggi di natura religiosa (pellegrinaggi) ma anche a nuovi orizzonti commerciali. Intanto l’inquietudine di ceti guerrieri minacciati d’iimpoverimento dalla nuova economia monetaria e desiderosi d’ingaggio mercenario o di nuove terre da conquistare determinava una serie di avventure militari, che la Chiesa latina – separata da quella greca a causa di uno scisma prodottosi nel 1054 – provvide a fornire di una giustificazione religiosa quando s’indirizzavano verso i territori dell’impero bizantino o quelli europei sui quali (come nella penisola iberica e nelle isole mediterranee, in particolare la Sicilia) tra VIII e X secolo si era radicata la civiltà musulmana.

Tale complessa situazione dette luogo a quelle spedizioni che la storiografia occidentale ha chiamato “crociate”. Ma la parola “crociata” entrò in realtà abbastanza tardi nel lessico delle lingue occidentali, e sopravvisse a lungo. L’abitudine a contare sette, o otto, o nove spedizioni crociate è stata per molto tempo privilegiata, specie nei manuali scolastici: ma bisogna tener conto che le spedizioni guerriere incoraggiate e legittimate dalla Chiesa che ebbero come scopo iniziale la conquista (quindi il mantenimento o al riconquista) di Gerusalemme e dei “Luoghi Santi” cristiani, e poi più in generale la lotta contro l’espansione dell’Islam, durarono molto più a lungo – giungendo al XVIII secolo – e interessarono non solo l’area siropalestinese, bensì anche quella iberica, oltre a venire più tardi utilizzate anche contro obiettivi diversi da quelli musulmani. Si deve quindi parlare non di singole “crociate” ma di un complesso e articolato “movimento crociato”, che determinò nuove formazioni politico-istituzionali e produsse una sua cultura giuridica e letteraria.

L’Islam dell’XI secolo non aveva familiarità con il mondo latino ed euroccidentale. I musulmani presero quindi a prestito la parola greca con la quale nella cultura bizantina s’indicavano gli europei d’Occidente (francoi, dal latino franci) e la rese con l’arabo faranj. Nel 1097-98, un grande ed eterogeneo esercito di faranj il cui nerbo erano i temibili cavalieri pesantemente armati, e che erano accompagnati da una turba di pellegrini, fece la sua comparsa nella penisola anatolica, l’attraversò, e quindi seguendo la costa siriaca giunse fino a Gerusalemme che conquistò il 15 luglio 1099 con un sanguinoso assalto. Da lì, aiutati dai marinai dei centri costieri italici (genovesi, pisani, quindi veneziani), quei guerrieri – tra i quali v’erano alcuni nobili signori che avevano già partecipato a spedizioni contro i musulmani nella penisola iberica e in Sicilia – intrapresero una serie di campagne militari che in alcuni decenni li condussero a conquistare un’area corrispondente grosso modo all’attuale stato d’Israele, al Libano, a una parte della Siria e della Giordania attuali.

Per governare questa regione da loro sottomessa, che fu presto popolata anche da coloni provenienti dall’Europa e inquadrata nelle istituzioni della Chiesa romana, si dette vita a un “regno franco di Gerusalemme” che si organizzò come una monarchia feudale – con alcuni principati vassalli: la contea di Edessa, il principato di Antiochia, il principato di Tripoli, le contee di Giaffa, di Ascalona e dell’Oltregiordano – e sopravvisse circa due secoli anche grazie all’originale apporto di gruppi di guerrieri che accettarono di rimanere in qualle che epr i cristiani era la Terrasanta e di difenderla costituendo dei veri e propri Ordini religioso-militari (i cavalieri di San Giovanni, i Templari, i cavalieri dei San Lazzaro, più tardi i cavalieri di santa Maria dei Teutoni).

I faranj insediati nel Vicino Oriente riuscirono progressivamente a conquistare l’intera costa del Mar di Levante, dal Golfo di Alessandretta fino all’istmo di Suez; frattanto si organizzavano spedizioni nell’entroterra, in modo da sottomettere i principali centri demici di Galilea, Samaria e Giudea. Verso la fine del primo quarto del XII secolo, l’intera ampia regione dal Tauro al Sinai e dalla costa del Mediterraneo al Giordano, con un’enclave ad est di essa rappresentata dall’area attorno alla fortezza di Kerak, era presidiata dai franchi: anche se le strade restavano insicure e la guerriglia musulmana era endemica.

Nel frattempo, il mondo musulmano circostante si stava riavendo dalla sorpresa e riorganizzando. La riscossa partì dalle città siro-mesopototamiche del nord, cioè da Aleppo e da Mosul, governate nel nome del califfo di Baghdad e del suo consigliere-protettore turco-selgiuchide, il sultano, da una dinastia di atabeg (in turco: “padre dei capi”, cioè governatore generale) fondata da Imad ad-Din Zenqi. La definitiva caduta nel 1146 in mani turche della città armena di Edessa (oggi Urfa in Turchia), ch’era dal 1097 una contea crociata, costituì un segnale d’allarme. Zenqi avrebbe ambito a unificare sotto il suo potere tutti gli emirati della regione tra il Mar di Levante e l’Eufrate; inoltre, musulmano sunnita intransigente come tutti i turchi, guardava con ostilità al califfato sciita del Cairo.

Contro il crescente potere dell’atabeg si organizzò in Europa una grande spedizione (poi detta “seconda crociata”) che partì nel 1147 al comando di Luigi VII re di Francia e di Corrado III re di Germania, ma che fallì anche in quanto i suoi capi non conoscevano al situazione vicino-orientale e si gettarono sulla ricca città di Damasco, il cui emiro arabo era l’unico vero avversario di Zenqi e avrebbe potuto essere un loro alleato prezioso. Il fallimento di quella spedizione causò in Europa una lunga scia di recriminazioni e d’inimicizie che impedirono per più di quarant’anni qualunque aiuto occidentale ai re crociati di Gerusalemme.

L’ atabeg di Aleppo e Mosul si comportava ormai come un principe largamente indipendenti sebbene, sotto il profilo formale, fosse funzionario del sultano selgiuchide. Alla sua morte però il suo dominio fu diviso tra i figli e perse in parte di potenza; ascese al potere Yusuf ibn Ayyub, che nella storia musulmana è conosciuto come al-Malik an-Nasir Salah ad-Din (“il Sovrano Vittorioso, Integrità della Fede”) e in quella occidentale come “il Saladino”(1138-1193). Il califfo egiziano al-Adid nominò il Saladino suo vizir ma, nel 1171, fu da questi deposto: con lui terminò l’esperimento califfale sciita e l’Egitto sciita tornò all’artodossia sunnita. Il paese fu affidato pertanto al governo del Saladino, che si affrancò in tal modo dal servizio agli atabeg turco-siriaci, assunse il titolo di sultano dando avvìo a una dinastia che, dal suo nome di famiglia, fu detta “ayyubide”.

Il Saladino non tardò ad affrancarsi dalla signoria zenqide e a fondare un sultanato distinto in due grandi territori: l’Egitto e la Siria con capitale Damasco, ch’era stata a sua volta da lui sottomessa. In questo modo egli serrava il regno crociato di Gerusalemme da nord e da sud-ovest. Tuttavia, non attaccò subito i faranj, con molti dei quali mantenne anzi amichevoli rapporti. Ma non esitò più all’indomani della morte dell’eroico giovane re Baldovino IV (il “Re Lebbroso”), anche perché gli atti di violenza e di rapina compiuti dall’audace ma violento signore crociato dell’Oltregiordano, Rinaldo di Chatillon, richiedevano una risposta urgente ed esemplare. Difatti le provocazioni di Rinaldo portarono alla guerra contro il regno di Gerusalemme, l’esercito del quale fu sconfitto dal Saladino nel luglio nel 1187 durante al battaglia di Hattin in Galilea; poche settimane più tardi, nell’ottobre, egli entrava pacificamente in Gerusalemme che i crociati avevano sgombrato. Il regno di Gerusalemme trasferì la sua capitale ad Acri e per tutto il XIII secolo, fino al 1291, rimase padrone della costa.

In seguito alla conquista musulmana di Gerusalemme fu bandita in Europa una nuova spedizione (che nella tradizione occidentale è rimasta famosa come “terza crociata”), che venne guidata dai più prestigiosi sovrani del tempo: l’imperatore Federico I, il re di Francia Filippo II Augusto, il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone. Tuttavia Federico I morì durante il viaggio e il re di Francia rientrò presto in Europa: il Saladino firmò con quello d’Inghilterra una pace che riconosceva come Gerusalemme fosse ormai tornata in mano musulmana e come i “franchi” fossero attestati sul litorale. Il Saladino autorizzò i cristiani a visitare liberamente il Santo Seplocro e gli altri Luoghi Santi della Cristianità e trattò prigionieri e viaggiatori con umanità e generosità. Ciò gli procurò nel mondo cristiano una fama di lealtà cavalleresca di cui sono testimoni Dante e il Boccaccio; nel XVIII secolo, il Lessing fece di lui il modello della più occidentale delle virtù, la tolleranza.

Ma il grande sultano morì nel 1193, dividendo tra i suoi figli il sultanato. Da allora due distinte dinastie dette “ayyubidi”, reciprocamente ostili, regnarono rispettivamente in Damasco e al Cairo. La dinastia ayyudide d’Egitto aveva vissuto negli ultimi tempi nel suo palazzo cairota quasi prigioniera di onnipotenti primi ministri (i vizir) e di truppe mercenarie d’origine servile (conosciute quindi col nome di “mamelucchi” dall’arabo mamluk, “schiavo”) prevalentemente composte da turchi, da slavi, da circassi, da curdi.

Intanto, il quasi simultaneo frammentarsi, a partire dalla metà circa del Trecento, sia dell’impero bizantino, sia dell’ilkhanato tartaro di Persia e del suo fratello-rivale il khanato dell’Orda d’Oro, liberò una quantità di gruppi turco-mongoli. Tra questi si facevano strada intanto in Anatolia i veri nuovi protagonisti della storia islamica nel Mediterraneo: una tribù turca che nel terzo decennio del XIII secolo, spinta dall’Asia centrale verso ovest dall’espansione mongola, si era posta al servizio del sultano selgiuchide di Konya, il quale le aveva assegnato un piccolo territorio non lontano da Costantinopoli; e che verso la fine del Duecento, dal suo khan Osman o Othman (1291-1326), sarebbe stata appellata degli Ottomani e che a partire dal Quattrocento avrebbe rivoluzionato la situazione del Mediterraneo e dell’Europa orientale.

L’impero ottomano è il vero fato nuovo e dirompente sulla scena eurasiatico-mediterranea. Col suo apparire, si può ben dire che il medioevo finisca.

Bibliografia

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Re: El Coran e ła siensa

Messaggioda Berto » mar set 20, 2016 9:11 pm

???

Il suicidio intellettuale musulmano alla base dell’attuale crisi islamica
20 gennaio 2015

http://www.glistatigenerali.com/filosof ... i-islamica


In un vecchio libro di Paul Bairoch – Lo sviluppo bloccato – si poteva leggere che intorno all’anno Mille le tre grandi civilizzazioni culturali del mondo di allora, l’arabo-islamica, l’europeo-cristiana e la cino-confuciana erano grosso modo allo stesso livello (???). Chiunque sia stato a Cordova, a Granada e nell’Andalusia spagnola non ha difficoltà a riconoscere lo splendore e la raffinatezza a cui erano giunti i musulmani di Spagna. Poi, sempre in quel torno di tempo tra il IX e l’XI secolo successe qualcosa, e da allora le tre civilizzazioni culturali hanno cominciato a marciare secondo propri indirizzi e velocità.

È proprio in quell’epoca che Robert R. Reilly in un suo recente volume The closing of muslim mind – How the intellectual suicide created the modern islamist crisis (ISI Book, 2010) individua le cause mentali-culturali che hanno condotto una splendida civilizzazione culturale verso uno dei più grandi drammi intellettuali nella storia umana.

Non occorre aver letto un solo rigo di Carl Schmitt per arguire che il pensiero politico ha origini teologiche e neanche uno di Max Weber per intuire che dalle grandi opzioni religiose e dai voltaggi mentali-culturali che esse determinano derivano esiti economici inaspettati (qui assumo come feconda la tesi di Weber, ovviamente, anche se c’è chi non la ritiene probante a spiegare i take off o i ristagni dell’economia).

Suicidio intellettuale. Lo storico delle idee sa che è proprio da come sistemi le cose in cielo che organizzi quelle in terra, e che un dibattito teologico può risultare ferale per un’intera civiltà. È proprio a una serrata disputa teologica avvenuta tra il IX e i X secolo dell’era cristiana all’interno dell’Islam che Reilly fa risalire il declino intellettuale del mondo musulmano; è a partire dal rifiuto del pensiero greco (de-ellenizzazione) di una delle fazioni teologiche in lotta risultata alla fine vincente e all’abbandono progressivo della ragione – il dono dei greci- nella maggior parte del mondo sunnita, che si innescherà il processo di involuzione a cui oggi assistiamo. Da allora in poi sarà la teologia non la filosofia a decidere tutto: le cose del cielo e quelle della terra. Reilly cita la frase del più grande studioso musulmano del XX secolo, Fazlur Rahman: “Un popolo che priva se stesso della filosofia necessariamente si espone a un depauperamento di idee fresche – nei fatti commette suicidio intellettuale”.

La chiusura della mente musulmana. Questo dibattito ebbe luogo nei grandi centri della civiltà musulmana – Damasco, Bagdad e Cordova -, e oppose due scuole religiose : i Mu’taziliti e gli Asciariti (Ash’arite Islam). La corrente Mu’tazilita che nel nostro linguaggio potremmo definire “liberale” e “razionalista”, influenzata dal pensiero greco di cui vuole conservare l’eredità filosofica, intende coniugare fede e ragione. Gli esponenti più noti (per noi) sono Al Farhabi, Avicenna e Averroè, mentre dal lato Ash’arita “tradizionalista” e mistico si situeranno Ibn Hanbal (che ancora oggi è una delle figure di riferimento in Arabia Saudita) e soprattutto Al Ghazali (“pivotal figure” e “la seconda persona più importante nell’Islam subito dopo Maometto”, lo definisce Reilly) che sarà il grande trionfatore, colui che starà rispetto al Profeta come Paolo di Tarso a Gesù Cristo.

Il centro del dibattito, galvanizzato dal primo incontro con la filosofia greca, sarà quello tipico di ogni religione monoteista: lo status della ragione in relazione alla rivelazione di Dio e alla sua onnipotenza. In che rapporto sta la ragione nell’incontro dell’uomo con Dio? C’è rapporto tra la ragione e la rivelazione divina? E la cosa più importante: può la ragione conoscere la verità? Deve risultare chiaro, e ciò vale anche per molte questioni che riguardano il cristianesimo, che il Corano, come il Vangelo, non danno delle teologie belle e pronte (né Maometto né Gesù erano teologi) ma è il lavorio incessante proprio della teologia a sviluppare nozioni di Dio allo stesso tempo implicite ed esplicite nei Testi Sacri.

La chiusura avvenne in due modi: uno di negare alla ragione di conoscere alcunché, l’altro di licenziare la realtà come non conoscibile. Tipicamente: la ragione non può conoscere, o, non c’è nulla da conoscere. Entrambi gli approcci saranno sufficienti a ritenere irrilevante la realtà, ed entrambi filtreranno attraverso la corrente vincitrice, quella Asharita, nel mondo Sunnita. Radicale volontarismo (Dio è pura volontà) e occasionalismo (non c’è rapporto di causa ed effetto nell’ordine naturale ) saranno perciò i binari entro cui viene fatta la ricognizione della realtà da questo Islam trionfante. Ciò determinerà la negazione del principio di causalità. Nel mondo sunnita musulmano “la realtà diventa inaccessibile” perché le vedute di certi teologi tra nono e dodicesimo secolo sono prevalse, è in estrema sintesi il tema di questo lavoro.

La chiusura della mente musulmana ha creato quella crisi di cui il moderno terrorismo è solo una manifestazione. Essa è molto più vasta e profonda e fa sì che il mondo Arabo stia in fondo a tutte le classifiche dello sviluppo umano; che lo spirito scientifico vi sia ormai moribondo; che nella sola Spagna siano stati tradotti in un solo anno ciò che nell’intero mondo arabo è stato tradotto in un secolo; che alcune persone in Arabia saudita ritengano che nessun uomo è sbarcato sulla luna (a dire il vero anche qualche grillino da noi); che l’uragano Katrina sia ritenuto un chiaro castigo divino.

A fianco di questa lettura ho rispolverato il vecchio libro di Ernest Renan Averroès et l’Averroïsme (4 ed. 1882) dove si possono leggere alcuni brani in cui la visione di Reilly trova singolare conferma retrospettiva. Leggo in Renan: “lo sviluppo intellettuale rappresentato dai dotti arabi fu fino alla fine del XII secolo superiore a quello del mondo cristiano. Ma non riuscì a passare nelle istituzioni; la teologia oppose a questo riguardo una barriera insuperabile. Il filosofo musulmano restò sempre un dilettante o un funzionario di corte. Il giorno in cui il fanatismo fece paura ai sovrani, la filosofia scomparve, i manoscritti furono distrutti per ordine regio, e solo i cristiani si ricordarono che l’islamismo aveva avuto dei dotti e dei pensatori. La filosofia araba offre l’esempio a un di presso unico di una altissima cultura soppressa quasi istantaneamente senza lasciare traccia, e quasi dimenticata dal popolo che l’ha creata. L’islamismo svelò in questa circostanza ciò che è estremamente consentaneo al suo genio. Anche il cristianesimo è stato poco favorevole allo sviluppo della scienza positiva; è riuscito ad arrestarlo in Spagna e a ostacolarlo in Italia; ma non l’ha soffocato, e anche gli elementi più elevati della famiglia cristiana hanno finito per riconciliarsi con detta scienza. Incapace di trasformarsi e di ammettere alcun elemento di vita civile e profana, l’islamismo strappò dal suo seno ogni germe di cultura razionale. (…) Il mondo musulmano entrò da allora in poi in questo periodo di ignorante brutalità se non per ricadere in una triste agonia dove si dibatte sotto i nostri occhi”.

Aggiungo infine che la tesi forte e ardita di Reilly– far risalire un dramma mondiale ad alcuni eventi teologici accaduti otto nove secoli fa – diventa più difendibile se la si pone in un’ottica di “lunga durata” come ci ha insegnato Fernand Braudel. Riferito alla nostra realtà questo approccio ci ricorda la tesi di David Abulafia che fa risalire la frattura tra Nord e Sud d’Italia non al Risorgimento ma alla fondazione del Regno Normanno al Sud e dell’Italia dei Comuni al Nord, allo stesso modo in cui Robert Putnam fa risalire il maggior rendimento delle istituzioni al Nord alla maggiore “tradizione civica” risalente al Medioevo e ai Comuni. Voglio dire che se ti poni in una logica di studio delle radici profonde, a furia di scavare scopri che esse sono lunghe in maniera insospettabile, e che c’è un momento in cui si biforcano, prendono una direzione piuttosto che un’altra: compito di chi studia è individuare questo “momento originario” in cui la realtà storica prende una piega piuttosto che un’altra.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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