Fino a quando non si ammetterà che la radice del male è l'islam, il terrorismo islamico prevarrà e l'Occidente capitolerà
ANDREA TEDESCO
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Abd al-Rahman al-Rashed, Asharq al-Awsat, 4 settembre 2004
"La triste verità è che la maggior parte dei terroristi sono musulmani...Non dovremmo forse riflettere su noi stessi, sulle nostre società, sulla nostra cultura? Queste immagini crudeli, orripilanti, che ci umiliano quando le raccogliamo e le mettiamo in fila una dopo l’altra, invece di negarle e giustificarle, dobbiamo innanzitutto ammetterne la veridicità invece di tessere discorsi e scrivere articoli che proclamano la nostra innocenza. Dopo avere ammesso la malattia sarà più facile guarirne. Il primo passo verso la guarigione è l’ammissione. Dopodiché dobbiamo dare la caccia ai nostri figli terroristi perché sono la naturale conseguenza di una cultura deformata..."
Chi in Occidente non dice la verità sull’islam sta forse facendo, suo malgrado, il gioco degli islamici radicali?
Perché non dire la verità sull'islam, e in particolare la verità storica? Perché non responsabilizzare i musulmani? Perché non raccontare che cosa è stato fatto in nome dell’islam nell’arco dei suoi 1400 anni di storia ed evidenziare il ruolo chiave giocato dall’islam nelle disgrazie, nei fallimenti, nelle sofferenze anche e anzitutto del mondo islamico?
Perché non sfatare il pericoloso mito diffuso con il contributo di intellettuali occidentali disonesti intellettualmente, secondo cui tutti i problemi dei paesi islamici sarebbero colpa dell’Occidente?
Per evitare forse di urtare la suscettibilità di quei musulmani già impegnati nel genocidio dei cristiani in tutto il mondo, nonostante decenni di rispettosi silenzi sull'islam rotti solo dalle parole di Benedetto XVI a Ratisbona?
E cosa potrebbero costoro attuare di peggio di un genocidio se la verità li offendesse?
Per evitare forse di urtare la suscettibilità dei musulmani moderati e diminuire le probabilità che costoro, offesi dalla verità, possano "fraintendere e corrompere" l'islam aderendo alla causa della versione di islam militante prevalsa nell'arco di 1400 anni?
Eppure i musulmani moderati, spesso coraggiose persone di buona volontà alla ricerca della verità, come ad esempio Magdi Allam prima della conversione, o Salman Rushdie, il presidente egiziano Al-Sisi, sono di solito già a conoscenza della verità sull'islam ed anzi, a rischio della vita, sono i primi a gridarla a gran voce nella speranza di essere ascoltati dagli occidentali.
I musulmani moderati, in particolare quelli impegnati nel tentativo di riformare l’islam, sono, cioè, le prime vittime dei musulmani radicali. Costoro sperano di vedere riconosciuta pubblicamente la verità sull'islam anche dall'Occidente e dalla comunità internazionale, e che i musulmani radicali siano repressi e sconfitti. Costoro non si offenderebbero se sentissero finalmente proclamare la verità sull'islam anche dai leader religiosi e politici di tutto il mondo, ed anzi si disperano e vedono minati i propri sforzi di riforma dell’islam, quando devono sentire il Presidente Obama e altri leader occidentali affermare che l’Isis non è islamico.
A giudicare dalla scelta attuata da questi coraggiosi musulmani genuinamente moderati, chi in Occidente non dice la verità sull’islam fa in realtà il gioco degli islamici radicali.
Esiste, però, probabilmente anche una categoria di musulmani moderati che non hanno il coraggio di denunciare l'islam radicale e che a maggior ragione si aspettano di vederlo denunciato, isolato, represso e sconfitto da qualcun altro. Costoro, proprio perché sopraffatti dalla comprensibile paura, con ogni probabilità, potrebbero sposare la causa dell'islam radicale se lo percepissero come il cavallo vincente destinato a conquistare il mondo, se non altro per essere risparmiati.
Questo è proprio quanto accaduto in Iraq, dove, all'arrivo dei musulmani dell'Isis, buona parte dei musulmani locali si sono uniti ai ranghi degli invasori tradendo i vicini cristiani e yazidi e partecipando al loro sterminio.
Un'altra possibile categoria di musulmani moderati sono coloro che non conoscono l'islam, perché laici che non frequentano la moschea e non leggono il Corano, proprio come tanti cristiani “moderati” che non frequentano la chiesa e non leggono la Bibbia. Costoro non avrebbero ragioni particolari per offendersi se dovessero scoprire la verità sull'islam, ed anzi potrebbero vedere ampiamente confermata la scelta personale di starne lontano, una volta venuti a conoscenza della cruda realtà.
A parte la categoria dei coraggiosi musulmani che dichiarano pubblicamente la verità sull'islam rischiando la propria incolumità, gli altri moderati sono tutti a rischio di sposare l'islam radicale, se l'islam radicale non venisse esplicitamente condannato, represso, sconfitto, e fossero costretti dalla presenza di islamici radicali e di moschee nel loro quartiere a frequentare la moschea e a leggere ed approfondire la conoscenza del Corano sotto la supervisione di fondamentalisti islamici.
Per quanto poi riguarda tutti quei musulmani moderati, in particolare giovani immigrati di seconda generazione, che potrebbero essere persuasi a sposare la causa del Jihad per fare giustizia, traviati dall'opinione dominante che le potenze occidentali siano responsabili, attraverso la colonizzazione e l'imperialismo, dello sfruttamento e quindi della povertà e delle sofferenze del mondo islamico, nessuno più di loro avrebbe bisogno di sentire la verità sull'islam per comprendere che è proprio l'islam la causa principale dei fallimenti, dei drammi e delle tragedie del mondo islamico.
A questo punto, gli apologeti dell’islam ci ricorderanno che l’Occidente e i cristiani si sono resi responsabili di nefandezze, ma in realtà non ci racconteranno nulla di nuovo. Sono, infatti, anni che nelle università e nelle scuole occidentali non si parla d’altro che degli errori commessi dall’Occidente, dalla Chiesa e dai cristiani. È ormai pratica consolidata utilizzare un approccio etnocentrico allo studio della storia e concentrarsi quindi sulla storia dell’Occidente. Come risultato della presenza di una percentuale elevata di professionisti della critica, perfezionisti, eccessivamente pignoli, ipercritici, pessimisti propensi a sottolineare gli aspetti negativi della propria civiltà, tra i docenti e i giornalisti, cioè i detentori della cultura e responsabili della formazione dell’opinione pubblica, la demonizzazione della civiltà occidentale e delle sue radici giudaico-cristiane è diventata di moda. L’Occidente e la sua storia, visti attraverso il filtro a maglie finissime dei suoi intellettuali etnocentrici e pessimisti, vengono inevitabilmente percepiti esclusivamente in una luce negativa che enfatizza le tendenze all’imperialismo e al colonialismo.
Se invece venisse eseguita un’analisi più bilanciata e comparata, che tenesse conto anche dei contributi positivi ai progressi dell’umanità, e paragonasse la civiltà occidentale alle altre civiltà da tutti i punti di vista, emergerebbe un quadro molto diverso, in cui la civiltà occidentale si collocherebbe in una posizione di dominio non solo scientifico e tecnologico, ma anche culturale e di promozione della libertà e della dignità umana.
E soprattutto, e con un auspicabile impatto positivo di portata critica per il futuro dell’umanità, l’Occidente e Israele cesserebbero di rappresentare il capro espiatorio d’elezione utilizzato sia dai leader arabi “laici” del mondo islamico (quelli sopravvissuti alle “esplosioni” delle Primavere Arabe…), sia dai musulmani radicali, per deresponsabilizzarsi e giustificare la miseria e il degrado che affliggono i propri paesi. Questa attribuzione di responsabilità all’Occidente, infatti, fornisce combustibile all’incitamento delle popolazioni islamiche all’odio nei confronti degli occidentali o al reclutamento di combattenti al Jihad.
La presa di coscienza delle responsabilità storiche dell’islam è una premessa indispensabile per qualsiasi genuino tentativo di riforma dell’islam in senso moderato o, qualora non fosse possibile, per l’eventuale decisione di affidarlo al cestino della storia, come ha ben compreso un autorevole islamico genuinamente moderato come il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi:
"Mi rivolgo agli studiosi della religione e alle autorità religiose. Dobbiamo rivolgere uno sguardo attento e lucido alla situazione attuale. E' inconcepibile che l'ideologia che noi santifichiamo faccia della nostra intera nazione una fonte di preoccupazione, pericolo, morte e distruzione nel mondo intero. Non mi riferisco alla "religione" bensì alla "ideologia" - il corpo di idee e di testi che abbiamo santificato nel corso di secoli, al punto che rimetterli in discussione diventa difficile. Abbiamo raggiunto il punto in cui questa ideologia è ostile al mondo intero. È concepibile che 1,6 miliardi di musulmani uccidano il resto della popolazione mondiale, per vivere da soli ? E' inconcepibile. Io dico queste cose qui ad Al-Azhar davanti ad autorità religiose e studiosi. Che Allah possa testimoniare nel Giorno del Giudizio della sincerità delle vostre intenzioni, riguardo a quello che vi dico oggi. Non potete vedere le cose con chiarezza quando siete imprigionati in questa ideologia. Dovete uscirne e guardare le cose da fuori, per avvicinarvi a una visione illuminata. Dovete opporvi a questa ideologia con determinazione. Abbiamo bisogno di rivoluzionare la nostra religione... Onorevole Imam (Gran Sceicco di Al-Azhar), voi siete responsabile davanti ad Allah. Il mondo intero aspetta le vostre parole, perché la nazione islamica è lacerata, distrutta, avviata alla rovina. Noi stessi la stiamo conducendo alla rovina". (Abdel Fattah al-Sisi, Università di Al-Azhar, 01/01/2015).
Allora perché non dire la verità sull'islam se ai musulmani moderati potrebbe risultare "estremamente" utile sentirla finalmente proclamare e se i musulmani radicali non potrebbero arrabbiarsi ulteriormente e perpetrare crimini contro l'umanità peggiori di quelli di cui si stanno già rendendo responsabili?
È possibile che la ragione del silenzio abbia qualcosa a che fare con la profonda convinzione che la violenza islamica sia in realtà una responsabilità dell’Occidente, e quindi con l’illusione di aver trovato l’interruttore magico per spegnerla?
La stragrande maggioranza dei leader politici e religiosi ed intellettuali occidentali sembrano accomunati non solo dal fatto di non dire la verità sull'islam, ma anche da quello di sottoscrivere la teoria del “Jihad reattivo”, secondo cui gli Jihadisti avrebbero sì corrotto il presunto messaggio di pace e tolleranza del Corano, ma in qualche modo in risposta alle ingiustizie subite dal Terzo Mondo, come reazione appunto all’imperialismo e all’egoismo occidentali, alla povertà e disperazione conseguenti alla colonizzazione, allo sfruttamento etc.
Per esempio, la scelta del Papa di enfatizzare le armi, il petrolio, i finanziamenti agli Jihadisti, come cause della Jihad globale, se da una parte sottolinea aspetti tutti degni di considerazione per un approccio olistico alla risoluzione del problema, tende anche, però, a creare l'impressione che sia proprio l'Occidente, ricco venditore di armi, assetato di guadagni, di petrolio, il vero e unico responsabile.
La versione "deformata e corrotta" dell’islam incarnata dagli Jihadisti dell’Isis sarebbe, quindi, in realtà una creazione dell'Occidente, o in quanto semplice reazione alle ingiustizie, allo sfruttamento perpetrati dall'Occidente ai danni del Terzo Mondo, o in quanto "pilotata" dall'Occidente, che avrebbe "creato" l'Isis per soddisfare le sue ambizioni egemoniche ed economiche.
La scelta di ignorare i fiumi di sangue versato dall’islam nei suoi 1400 anni di storia, così come l’esaltazione dell’islam in quanto religione di pace e tolleranza contro ogni evidenza, ma anche la profusione di mea culpa e scuse sincere, l’accoglienza generosa, i cospicui sussidi, le concessioni, l’apertura di moschee, avrebbero quindi lo scopo di farsi perdonare tutte le presunte colpe occidentali, spegnendo così la violenza islamica.
Sembrerebbe che la scelta di non dire la verità sull’islam non si prefigga di non urtare la suscettibilità dei musulmani moderati, ma quello di tendere una mano proprio ai musulmani radicali, agli Jihadisti reali o potenziali.
Questo è confermato dagli inviti di rappresentanti del Movimento 5 Stelle in Italia a comprendere le ragioni dell'Isis, dai negoziati discreti di Obama con i Talebani in Afghanistan, dal rapporto instaurato dalla Casa Bianca con i Fratelli Musulmani in Egitto, dal dialogo del Vaticano con l’Ucoii, che in Italia si rifà all'ideologia della Fratellanza islamica, che ha accusato un ex-musulmano moderato come Magdi Cristiano Allam di islamofobia per tentare di chiudere la bocca a tutti i critici dell'islam, e anzitutto ai musulmani moderati che aspirano a riformarlo.
I nostri leader sarebbero impegnati a tentare di comprendere le ragioni degli Jihadisti e a convincerli a rinunciare alla violenza, tessendo le lodi dell’islam, guardandosi bene dal proferire qualunque parola che possa minimamente mettere in cattiva luce questa presunta religione di pace e tolleranza.
Contro le intenzioni dei promotori del dialogo fondato sulla "negazione" della verità storica, questa posizione promuove, però, la diffusione dell’islam radicale e il reclutamento di Jihadisti tra i musulmani moderati, e persino tra gli "infedeli", per una serie di ragioni.
Essendo fondata sulla demonizzazione dell’Occidente, riduce la nostra autostima, e mina la nostra volontà di difenderci e la nostra determinazione con i sensi di colpa, e contemporaneamente trasmette al mondo islamico la netta impressione di essere deboli e codardi, e quindi incapaci di fronteggiare e sconfiggere l’islam radicale.
La nostra debolezza lascia spazio in Occidente all'islam radicale accreditandolo come interlocutore agli occhi dei veri moderati, che vengono invece marginalizzati.
Questo aumenta prevedibilmente le probabilità che i moderati possano essere indottrinati grazie all’apertura di nuove moschee e alla presenza di islamici radicali accreditati, invece che isolati ed arrestati, nella società. Ciò, inoltre, suggerisce che l’islam radicale rappresenti il cavallo vincente e possa avere la meglio in futuro, spingendo così i musulmani moderati a sposare la causa della Jihad anche solo per salvarsi la vita.
La demonizzazione dell'Occidente associata alla teoria del Jihad reattivo conferma in modo esplicito l'eroismo dei guerrieri islamici, apparentemente impegnati nelle difesa del mondo islamico dai soprusi e dalle ingiustizie, dall'imperialismo dell'avido e malvagio Occidente, favorendo così il reclutamento di Jihadisti tra i musulmani moderati, tra gli immigrati islamici di prima e soprattutto di seconda generazione, e persino tra giovani non-musulmani di estrema sinistra o estrema destra, alla ricerca, come tutti i giovani, di una nobile causa per cui combattere.
Sembrerebbe proprio che chi si illude di aver trovato l’interruttore magico per spegnere il Jihad abbia, a sua insaputa, scoperto quello per accenderlo…