Marcie siłensioxe o mute (łe sfiłà dei bentratà)

Marcie siłensioxe o mute (łe sfiłà dei bentratà)

Messaggioda Berto » sab gen 18, 2014 10:32 pm

Marcie siłensioxe o mute (łe sfiłà dei bentratà)
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Verona, i veneti marciano silenziosi per arrivare all’indipendenza

http://www.lindipendenza.com/verona-i-v ... dipendenza

I Veneti evolvono ed il comitato Marce Silenziose per il 2014 si impone nuovi e ambiziosi obiettivi: vista l’ineluttabilità del futuro che ci aspetta, non ci muoviamo più con in testa il ”se” ci sarà l’Indipendenza, ma ragionando sul “quando” saremo Indipendenti. Le idee non mancano sui percorsi verso l’indipendenza, tutte concorrono al nostro unico obbiettivo e tutte si avvantaggeranno del consenso che vogliamo e stiamo creando, ora è giunto tempo di Testimoniare per coinvolgere sempre più i Veneti!

Dobbiamo prepararci a cambiamenti epocali che attendono il nostro popolo e questo lo potremo fare solo se saremo tutti coscienti di Essere Veneti.
Si è pensato di fare delle sfilate in assoluto silenzio, in righe ordinate ed allineate, con solo il gonfalone di San Marco, abbigliamento sobrio, normale: niente maglie con scritte o simboli o gadget vari.

Perchè camminare in silenzio e ordinati?
Per imparare l’umiltà e la collaborazione dello star tutti assieme, lavorando per lo stesso obiettivo.
Ciascuno al proprio posto senza questioni di precedenza, camminando tutti nella stessa direzione senza inutili chiacchiere, senza comizi, senza grida.


Sappiamo che spesso la gente è diffidente, ha paura di quello che non conosce e che potrebbe sembrare “estremista”: le Marce Silenziose vogliono essere un modo per avvicinare e coinvolgere tutti, soprattutto le persone semplici, i “miti” che potenzialmente concordano col nostro pensiero e non lo sanno ancora.
Al Veneto distratto che finora si è tenuto un po’ in disparte vogliamo far vedere che i Veneti ci sono e che ci si puo’ fidare di noi , incuriosirlo, dimostrargli che siamo come lui.

Camminare con la Bandiera del popolo Veneto nel centro di tutte le nostre città significa avere il coraggio di mostrarsi, la volontà di far capire che i tempi sono cambiati, che i Veneti vogliono e stanno riprendendosi ciò che è loro e che da tempo è illegittimamente occupato. Il centro delle città, le piazze, i luoghi di particolare valore rappresentano il cuore di una società (non per niente gli occupanti vi fanno sventolare il tricolore).

La lingua (?), la storia, la scienza e la cultura Veneta hanno dato ai Veneti la forza per fare miracoli. Ovunque e in tutti i Tempi i Veneti si son fatti onore, han saputo reagire trovando in sé stessi la forza per risorgere e stupire! Non è protestando contro lo Stato Italiano che si supera la crisi (?), ne sicuramente chiedendo aiuto a chi ne è la causa (?). Il Veneto e chi onestamente vi vive potrà andare oltre alla attuale condizione economica, sociale e politica ad una condizione: A PATTO CHE SI RIMANGA VENETI, CHE SI RAFFORZI LO SPIRITO SECOLARE CHE E’ IN NOI .

Solo rimanendo Veneti possiamo farcela. Ragionando e parlando in Veneto, sentendoci fratelli, amando la nostra famiglia e la nostra storia, la nostra società e le nostre terre ed acque, rispettando ma non subendo il prossimo, credendo in noi stessi, da Veneti vinceremo anche questa volta. Non per protesta, non per richieste ma per ritrovare noi Veneti, per il bene comune, organizziamo le “MARCE SILENZIOSE“, per trasmettere la grande forza positiva dei Veneti.

Con l’appuntamento di Verona il prossimo 19 gennaio si apre il ciclo di Marce Silenziose per il 2014. Tenendo come caposaldo il silenzio, porteremo, in aggiunta, un altro chiaro messaggio: mostreremo la nostra convinzione, attraverso l’esempio, nel nostro sguardo, nei nostri occhi.

Vi aspettiamo dunque numerosi tutti per testimoniare l’Orgoglio di Essere Veneti e la voglia di riscattarci dai tempi bui , dalle nubi che all’orizzonte si addensano. Facciamo finalmente risplendere il sole sul nostro Veneto e su tutti i Veneti! W.S.M.

Andrea Arman, Mary Helen Balbinot, Giorgio Burin, Silvio Fracasso, Anna Iseppon



Alessandro Storti
18 Gennaio 2014 at 10:51 am #
Segnalo in tema il pezzo di Alessandro Zerbinato:
http://www.dirittodivoto.org/dblog/arti ... ticolo=381
Un caro saluto, Alex
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Re: Marcie silensioxe

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 12:47 pm

Ben vegna anca le marcie,
ma co xe ora de darghe na man a coeli ke conbate al fronte en prima linea, cogna darghela e no metarse da la parte de i nemighi o de li falbi amighi e falbi fradeli ke li xe col fuxil o el mitra puntà so la skena, pronti a coparte.

Cogna ke li "moderà" ke fa le sfilàde silensioxe li gapie cosiensa de li so lemeti, gran creansa, ben o amor par coeli ke conbate xugandose e risciando la lebartà e la vita e ke li vien ciamà "estremisti o fanateghi".

Cogna ke sta xente ke no se la sente de risciar gnente no li ghe daga contro cofà kapò a coeli ke va al fronte par neçesetà (par la desperasion o la mexeria), o volontari par amor de Pàrea, de Lebartà e Degnetà.

Cogna ke coeli ke sfila e ke paciola no li se daga tante arie de soransa e ke no li creda de esar mejo de coeli ke serca de tor el toro e el diavolo par li corni.

Li ga da ver gran amor anca par coeli ke xe fenesti en galera pa ver fato sesti da la desperasion.
No tuti ga la pansa piena e sta cusìta ben da poder paciolar e sfilar co calma e en paxe ... ghè tanti fradei veneti ke li pol lomè ke sigar e criar o ke li xe cusì desperà da far sesti tristi e doloroxi!
Ente sti caxi darghe contro vol dir tradir, renegar, metarse contro la purpia xente e li prurpi fradei e pol vegner el sospeto ke ono el lo fasa par 30 o pì denari e par coalke carega ofertaghe da li nemighi, cogna star tenti a no confondar la moderasion co la viltà o col tradimento ... senpre drio el canton par temansia o tornaconto ...

Anca li radicali, co le so bataje noviolente e forti, ke li xe ognor par la legaletà, a 'olte li dexobedise e li viola la legaletà del stado par creansa verso na legaletà ke xe sorana a le leji del stado.
Sovegnemose ke i primi obiettori de cosiensa militar li ga fato ani de galera e gràsie a coesti tuti staltri li ga podesto no far pì el militar sensa ndar on jorno en prexon.
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Re: Marcie silensioxe

Messaggioda Berto » mar gen 21, 2014 7:36 pm

Verona, sotto la pioggia la marcia silenziosa per l’indipendenza

http://www.lindipendenza.com/verona-sot ... dipendenza

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Sono stati 250 i partecipanti alla seconda “Marcia Silenziosa” che si è tenuta domenica pomeriggio nel centro storico di Verona. Sfidando il maltempo, i manifestanti, muniti di Gonfalone di San Marco, hanno sfilato in modo ordinato e silenzioso per le vie della città, determinati a testimoniare la propria identità Veneta oltre che a sensibilizzare i cittadini sul percorso, già tracciato, che porterà il Veneto a poter decidere in ordine al diritto dei popoli all’autodeterminazione.

Questo ciclo di marce, inaugurato lo scorso novembre a Treviso, toccherà nei prossimi mesi diverse città venete. “Non per protesta, non per richieste, ma per noi Veneti organizziamo le “Marce Silenziose”. Sfilare in ordine ed in silenzio, senza arrecare disturbo, per ritrovare l’armonia nello stare insieme, per trasmettere la grande forza positiva dei Veneti.” dichiara in un suo scritto l’avvocato Andrea Arman, ideatore della manifestazione.

Molto soddisfatti anche gli organizzatori, i blogger di VivereVeneto, che dichiarano: “ La pioggia non ha scoraggiato queste centinaia di Veneti che hanno sfilato oggi fianco a fianco, decisi a gridare col loro silenzio che i Veneti ci sono e che vogliono un futuro migliore per la propria gente e per la propria terra. Ci ha fatto molto piacere vedere molti giovani e persone al di fuori del solito mondo indipendentista partecipare al corteo. Vi diamo appuntamento, ancora più numerosi, alla prossima marcia, che si terrà ad Este il prossimo 23 febbraio.”

Vivere Veneto
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Re: Marcie siłensioxe o mute (łe sfiłà dei bentratà)

Messaggioda Berto » mar feb 18, 2014 3:59 pm

Per quale motivo il Veneto non si ribella?

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http://www.lindipendenza.com/per-quale- ... si-ribella


di ANDREA ARMAN

Domenica 23 febbraio 2014 si terrà a Montagnana (PD) la terza “marcia silenziosa”. Una iniziativa che vuole ridare un senso alla vita di piazza e alla realtà vera nella quale ci si conosce e si comunica di persona, con il proprio viso ed i propri occhi. Con lo sfilare ordinati e silenziosi si impara a stare vicini senza litigare, a parlare poco e a bassa voce perché non c’è molto da dire.

E’ sotto gli occhi di tutti la drammatica realtà che affligge il Veneto e l’intera Italia. E’ ormai risaputo e non contestato che la Lombardia, il Vento e l’Emilia Romagna mantengono il resto dell’Italia. I dati ufficiali sono quelli relativi al 2009, ma da allora la situazione non è cambiata, anzi dovrebbe essere addirittura peggiorata per le citate regioni. La colpa di tale sciagurata situazione non è solo della classe dirigente meridionale ma anche di quella nordista che in questi ultimi 10/15 anni ha amministrato il potere. I vari governi Berlusconi e poi Monti e poi Letta hanno avuto una presenza maggioritaria di ministri di nascita o lunga residenza nel nord, e niente hanno fatto per cambiare il grave sbilanciamento fra nord pagatore e tartassato e resto del paese. Uno squilibrio che non trova eguali in nessuna parte del mondo. Si pensi che il residuo fiscale del Veneto è del 10,3% del PIL, quello della Lombardia ( che ha in Milano la sede di molte aziende che lombarde non sono) è del 11,5% e la “comunista” Emilia Romagna è al 10,3%. La produttiva ed indipendentista Catalogna paga alla Spagna un residuo fiscale dell’8%, la Baviera alla Germania del 3,5%.

Uno studio dell’Agenzia delle Entrate dice che Lombardia, Emilia Romagna e Veneto sono le regioni in cui l’evasione fiscale è meno intensa, ma è qui che si accanisce la repressione fiscale con livelli di efficienza ignoti nelle altre parti del paese. Mediamente nelle regioni del sud l’evasione fiscale è pari a circa 67 Euro ogni 100 prodotti. Nelle tre regioni del nord è di 17/18 Euro ogni 100 prodotti. E dunque, ancora maggiore è il contributo effettivo che le tre regioni del nord danno all’Italia.

Ma non basta la disuguaglianza fiscale a rendere l’Italia uno stato del tutto anomalo, c’è anche la profonda diseguaglianza e iniquità sociale. Roger Abravanel, già consulente aziendale per McKinsey ed oggi editorialista del “Il Corriere della Sera” e saggista, scrive: “l’Italia è il Paese più iniquo d’Europa e uno dei più iniqui al mondo”. I dati ISTAT gli danno ragione dimostrando che la meritocrazia non esiste e si perpetuano successioni al potere ed ai posti di responsabilità e guadagno per appartenenza a ristretti gruppi di potere economico e politico.

Di queste tre regioni, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, la vera Cenerentola è il Veneto. La Lombardia, con Milano è stata e forse lo è ancora, la capitale economica e, ai noi, morale dell’Italia. Ne ha tratto vantaggi in termini di finanziamento e potere economico e politico. L’Emilia Romagna ha goduto di concreti vantaggi, mai comunque paragonabili a quelli del sud Italia, abilmente organizzandosi in forma cooperativistica. Il Veneto, ha solo pagato. Senza passare in rassegna le varie “espropriazioni” italiane cominciate con l’annessione nel 1866, cito solo le vicende della “ Banca Cattolica del Veneto”, e di “Antonveneta”, ma cento altri sono gli scandali noti e meno noti nei quali a pagare i debiti Italiani sono stati i cittadini Veneti.

Non solo i Veneti strapagano l’appartenenza all’Italia, anche i cittadini del centro e del sud soffrono corruzione e inefficienze e spesso sono costretti alla grande umiliazione dell’emigrazione pur di sopravvivere.

Eppure, non succede niente.

In Francia, in Spagna, in Ucraina perfino nella Bosnia Mussulmana il popolo è insorto per questioni che se confrontate con quelle Italiche paiono risibili. In Italia la piazza è vuota. Qualche anacronistica iniziativa dei sindacati dei lavoratori che chiedono soldi e lavoro, ben sapendo che sono finiti entrambi; gruppi di persone di buona volontà che manifestano per istanze sociali etc.. Nessuno che affronti il nocciolo del problema.

Anche gli osservatori stranieri se lo stanno chiedendo: perché gli Italiani non si ribellano?

Non è facile rispondere. Alcuni ritengono che il carattere degli Italiani sia mite, ma la storia è fin troppo ricca di aspri scontri fra fazioni dalle più varie autorità dipendenti. Altri, più sensibili ai tempi moderni, credono che le scie lasciate dagli aerei contengano calmanti che il “potere” distribuisce. Poi, ci sono quelli che pensano ci sia ancora troppo benessere per una protesta. A mio avviso la ragione per la quale i Veneti ed anche gli Italiani non fanno quello che qualsiasi altro popolo del mondo farebbe è un’altra, e cercherò di spiegarla:

- La disastrosa amministrazione della Stato, in Italia, ha creato una situazione del tutto singolare, dove una massa enorme di cittadini sono fuori della legge. Chi poco chi tanto ma milioni, anzi, quasi tutti gli Italiani sono fuorilegge. Per l’abuso edilizio, per le tasse, per i bolli auto, perché è destinatario di favori non proprio dovuti, perché non ha fatto il militare, perché tiene famiglia …. .

- Questo stato di criminalità diffusa espone il cittadino al concreto rischio di essere facilmente e dolorosamente colpito dal potere che vorrebbe contrastare. Il cittadino si scopre debole sul piano morale e ricattabile. Il disvalore di una condanna penale o di una pubblica brutta figura, a cui si somma il pericolo di pesanti sanzioni economiche e infinite persecuzioni, sono un fortissimo deterrente alla voglia di protesta.

- Pochi riescono a buttare il cuore oltre l’ostacolo e sono regolarmente massacrati.

- Il cittadino si sente costantemente osservato, braccato dal potere multiforme che agisce sotto mille sigle ( comuni, province, regioni, agenzia delle entrate, consorzi di bonifica, polizia, carabinieri, polizia locale…). Ogni giorno cartelle da pagare, contestazioni cui fare fronte, domande da presentare… . Una nuvola di pagamenti ed adempimenti che tolgono il fiato, la forza, che annientano. Il cittadino è sfiduciato, è stato tradito da tutti. Il senso di impotenza e la frustrazione si impadroniscono delle persone, il rifiuto della politica sembra la scappatoia per dare un senso ad una situazione che senso non ha.

Non è così. Non deve essere così!

La chiusura in se stessi non fa superare i problemi anzi, li aggrava, e fa gioco ad un sistema di potere che vive della nostra debolezza.

E’ necessario tanto coraggio per alzare la testa dopo anni di umiliazioni. E’ necessario impegno ed umiltà per imparare a stare insieme, per riconoscersi nella bandiera di un popolo e non in quella di un partito. E’ necessario un grande amore per la vita per camminare con una bandiera che ha mille anni di storia.

Per secoli il Gonfalone di San Marco ha rappresentato giustizia, libertà e benessere, e molti sono stati i non Veneti che hanno trovato rifugio dalla ingiusta persecuzione nelle terre di S. Marco. Possa il Gonfalone Marciano ridare gioia e speranza.

In collaborazione con http://vivereveneto.com


Comenti================================================================================================================================


Alberto Pento
18 Febbraio 2014 at 3:03 pm #
Beh a so tenpo ła LIFE ła ga scuminsià a ribełàrse,
i Serenisimi ani endrio łi se ga rebełà,
coełi de 9 diçenbre łi gheva scuminsià a ribełarse,
tanti łi se ga rebełà e łi se ribeła łaorando come ke łi pol en nero o migrando o portando fora ła sede de ła dita o tuta ła dita ente altri paexi de l’Ouropa e del mondo,
altri łi se ga copà;
altri łi xe łi ke łi speta on segnal …,
mi a go scuminsià co jero xovane e so sta renitente a ła leva miłitar e me so fato 7 mexi de prexon a Peskiera del Garda e dapò par fortuna łi me ga łasà caxa come parsona no adata al servisio miłitar … ,
mi se se fese sol serio e se se fuse organexà e determenà come ke xe stà łi endiani co Gandhi a scuminsiaria anca suito ma cogna far sol serio e ris’ciar de finir en prexon, de perdar skei, magari ła salude e ła vida.
Co łe ciacołe e co łe marcie, co łi sigamenti e łe fanfaronade o nando xo a Roma a protestar en 50 o 5000 o 50000 o 500000 o alsando el tricolor e xbasando ła bandera ouropea no se conbina gnente.

Cogna far sol serio, organixarse par ben metendo tuto al servisio de ła caouxa: beni e vita, se no no se va da gnaona parte e se ghe darà lomè spago a połedeganti e fanfaroni.
E soradetuto gnente parteçepar a elesion poledeghe, gnanca a coełe rejonałi e comounałi.
El Veneto no lè na Rejon a statudo speçal e prasiò no ghè spàsi par far gnente; e ndar a łe ełesion łè lomè on ris.cio de finir senpre en man a połedeganti e fanfaroni.


Alberto Pento
18 Febbraio 2014 at 3:52 pm #
Cogna anca ver el corajo de dirse e de dir al mondo ke mi, ti e naltri veneti no semo tałiani, ma veneti;
ke łe nostre raixe storeghe, coulturałi, lengoesteghe e etneghe łe xe ouropee e no łomè tałeghe
e ke no semo latini e fiołi de romani ma de l’Ouropa entiera.

Cogna ver el corajo de respenxar łi sinbołi tałiani come roba ke no ła xe nostra a scuminsiar dal tricołor a ła canta mamełega e prategar l’obiesion de cosiensa familiar a sti sinbołi, manifestandoghe drio tuto el nostro oror.

Anca ła rexistensa łengoestega ła xe enportante a partir dal doparar ła nostra łengoa veneta renonçando a darghe preferensa e soranetà coultural e metega al tałian e al latin, speçalmente par coełi ke vive de paciołe en talian e en łatin.

Cogna xbandonar el mito clasego grego-roman e i prejudiçi contro łi çelti, łi xermani e łi xlavi.
Cogna enparar a separar ła Roma cristiana da ła Roma pagana e capital de ła Tałia e no farse ciapar dal paltan ke łe tien xmisià.

Cogna saver ke par conbatar on stado fondà so ła viołensa, ła menxogna, ła trufa, łe robarie, łe estorsion, łi ricati, el spionixmo o dełasion, łi viłi kapò e łe clientełe famełeghe, ła maja nera dei media col concorso de łe cexe, dei pulpiti e dei połedeganti fanfaroni se ga na ndar contro łe so łej e prategar la dexobediensa çevil, połedega, coultural eomana co tuti łi so ris.ci.

Se no se xe cosienti e boni de far ste robe kì vol dir ke sta edea de l’endependensa lè lomè na tara, on małan ke cogna curar co doxi ancor pì forti de tałianetà, magari co trapianti meołari o co enpirołe de staminałi.
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Re: Marcie siłensioxe o mute (łe sfiłà dei bentratà)

Messaggioda Berto » mer feb 26, 2014 8:40 am

Veneto indipendente, conquistare la mente e il cuore della gente

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http://www.lindipendenza.com/veneto-ind ... ella-gente

di ENZO TRENTIN

Alla marcia silenziosa di Montagnana (PD) di domenica 23 febbraio, hanno partecipato poco più di un centinaio di persone, quasi tutte sbandieranti il gonfalone di San Marco. Di contro sono apparsi anacronistici i circa 50 poliziotti in servizio d’ordine pubblico, tutti inappuntabilmente in assetto antisommossa.
I marciatori silenziosi affermano di non appartenere a nessun partito politico.

Di converso gli indipendentisti veneti, con le loro sette formazioni partitico politiche, ognuna delle quali impossibilitata a vantare un seguito documentabilmente numeroso, non impensieriscono i tutori dell’ordine. Lo Stato può ben dimostrarsi “forte”. Verrà il giorno in cui gli indipendentisti veneti diverranno una realtà consistente, determinata e determinante ed allora i poteri reali metteranno in campo altre strategie. Appariranno come d’incanto formazioni antagoniste ed oggi “in sonno”. Si chiamino essi centri sociali, Black Bloc (Blocco Nero in italiano o Schwarzer Block in tedesco) o altro, tutti si caratterizzeranno per una tattica prevalentemente di stampo anarchico, dediti ad azioni di protesta spesso caratterizzate da atti vandalici, disordini e scontri con le forze dell’ordine per incolpare l’indipendentismo.

Tutto ciò va evitato. Abbiamo visto come sono andate le cosiddette “primavere arabe”. Dietro i rivoltosi quasi sempre ci sono stati i servizi d’intelligence occidentali. Tutti si sono sgolati nel rivendicare una maggiore e migliore democrazia. Quasi sempre dopo la protesta di piazza s’è instaurato un regime che di democratico non ha quasi nulla. Il disordine sociale è prevalso.

È necessario prendere coscienza che la nozione di obbligo predomina su quella di diritto, che le è relativa e subordinata. Un diritto non è efficace di per sé, ma solo attraverso l’obbligo corrispondente; l’adempimento effettivo di un diritto non viene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa. L’obbligo è efficace allorché viene riconosciuto. L’obbligo, anche se non fosse riconosciuto da nessuno, non perderebbe nulla della pienezza del suo essere. Un diritto che non è riconosciuto da nessuno non vale molto. Non ha senso dire che gli uomini abbiano dei diritti e dei doveri a quelli corrispondenti. Queste parole esprimono solo differenti punti di vista. La loro relazione è quella da oggetto a soggetto. Un uomo, considerato di per se stesso, ha solo dei doveri, fra i quali si trovano certi doveri verso se stesso. Gli altri, considerati dal suo punto di vista, hanno solo dei diritti. A sua volta egli ha dei diritti quando è considerato dal punto di vista degli altri, che si riconoscono degli obblighi verso di lui. Un uomo, che fosse solo nell’universo, non avrebbe nessun diritto, ma avrebbe degli obblighi.

Se la storia insegnasse davvero qualcosa dovremmo rivolgere le nostre attenzioni alla nonviolenza.
Sulla nonviolenza Mohandas K. Gandhi disse: «La mia fede nella nonviolenza è una forza estremamente attiva. Non lascia posto alla viltà e neppure alla debolezza. Vi è speranza che il violento diventi un giorno nonviolento, ma per il vile non ve n’è alcuna. Perciò ho detto più volte che se non sappiamo difendere noi stessi, le nostre donne e i nostri luoghi di culto con la forza della sofferenza, vale a dire con la nonviolenza, dobbiamo almeno, se siamo uomini, essere capaci di difendere tutto questo combattendo.
Rischierei mille volte la violenza piuttosto che la distruzione di tutto un popolo.
La mia nonviolenza non ammette che si fugga dal pericolo e si lascino i propri cari privi di protezione. Tra la violenza e una fuga vile, posso soltanto preferire la violenza alla viltà. Non posso predicare la nonviolenza ad un codardo più di quanto non possa indurre un cieco a godere di visioni piacevoli. La nonviolenza è il culmine del coraggio.
Non conoscendo la sostanza di cui è fatta la nonviolenza, molti hanno onestamente creduto che fuggire sempre dal pericolo fosse una virtù paragonabile a quella di opporre resistenza, soprattutto quando questa comportasse pericolo per la vita. Come insegnante di nonviolenza devo, per quanto mi è possibile, mettere in guardia da una credenza così meschina. La forza non viene dal vigore fisico. Viene da una volontà indomabile.»

Gandhi parla anche di coraggio.
È la molla della vita, il coraggio. Accendemmo il fuoco perché avemmo coraggio. Uscimmo dalle caverne e piantammo il primo seme perché avemmo coraggio. Ci gettammo in acqua e poi in cielo perché avemmo coraggio. Inventammo le parole e i numeri, affrontammo le fatiche del pensiero, perché avemmo coraggio. La storia dell’uomo è innanzitutto e soprattutto una storia di coraggio: lo prova che senza il coraggio non si fa nulla, che se non si ha coraggio nemmeno l’intelligenza serve. E il coraggio ha molti volti: il volto della generosità, della vanità, della curiosità, della necessità, dell’orgoglio, dell’innocenza, dell’incoscienza, dell’odio, dell’allegria, della disperazione, della rabbia
.

Dobbiamo allora avere il coraggio di riconoscere che coloro che sostengono che i partiti politici sono indice di democrazia mentono spudoratamente. Infatti, mentre i partiti politici hanno bisogno della democrazia, la democrazia non ha alcun bisogno dei partiti. La contrapposizione perennemente rissosa dei partiti non porta in sé alcun bene. Le lotte tra fazioni sono governate dal pensiero che fu ben formulato da un operaio, sindacalista e leader bolscevico, Mikhail Pavlovich Tomskij: «Un partito al potere e tutti gli altri in prigione». Così, anche per i partiti indipendentisti del paese di Arlecchino e Pulcinella, il totalitarismo è il peccato originale.

S’intende che se un gruppo più o meno numeroso di persone intende organizzarsi in partito politico, ciò è lecito. Quello che è inaccettabile che persone disinvoltamente ambiziose utilizzino un’associazione privata (tale è un partito politico) per l’occupazione sic et simpliciter dell’organizzazione sociale o dello Stato che una comunità si è data, per agire a favore di interessi che poco hanno a che fare con l’esercizio della libertà. Il discredito nei confronti dei partiti politici è antico. Non è un frutto di quello che viene folcloristicamente etichettato come antipolitica ma è la conseguenza del comportamento dei partiti che da strumento di partecipazione dei cittadini alla vita politica sono diventati “possessori” della vita politica alla quale i cittadini sono invitati quali spettatori.

Quando si parla di democrazia, spesso è ventilata la possibilità di una dittatura della maggioranza sulla minoranza. Fu Alexis de Tocqueville a coniare questa definizione nella sua opera più importante: «La democrazia in America», pubblicata in due parti, nel 1835 e nel 1840 dopo il suo ritorno in Francia. È quindi necessario fare una piccola ma significativa precisazione. Si è sempre insistito sul fatto di considerare il federalismo sotto il suo aspetto “contrattuale”. Ora tutti sanno che il “contratto” in questione è politico e non sociale. La caratteristica fondamentale del “Contratto politico” è che è limitato ai singoli fatti, ed è stabilito sul procedimento democratico sulla base della mutualità (reciprocità) e della convenienza dei singoli partecipanti al voto. In questo modo la legge viene formata indipendentemente dalle convenienze elettorali dei partiti e delle persone che questi fanno eleggere, i cosiddetti rappresentanti. I cittadini, chiamati a scegliere sui fatti con i referendum, sono così svincolati dal legame ideologico e possono scegliere esclusivamente in base ai loro interessi ed alle loro aspettative di vita. La conseguenza di ciò è duplice: viene meno il potere dei partiti che vengono ridotti a fornitori di informazioni su ciò che è oggetto di volta in volta della singola scelta, e viene realizzata una forma di Stato e di governo sempre aderente alle attese ed agli interessi della maggioranza degli aventi diritto al voto che partecipano. Ora, essendo stabilita ed accettata dalla maggioranza a priori, la garanzia del procedimento democratico e variando in continuazione le persone che formano la maggioranza e la minoranza sui fatti limitati, non è neppure immaginabile l’esclusione della minoranza o il dominio assoluto della maggioranza, semplicemente perché verrebbe meno la garanzia del procedimento democratico che costituisce la base dell’eguaglianza e della libertà sulla quale si è originariamente fondata la società e lo Stato. Al contrario, nel regime difeso dai partiti, tale forma di garanzia non esiste.

Giusto per intenderci: nella rinunciataria politica di Charles De Gaulle sull’Algeria francese (1957-1962), c’è una frase che è rimasta nella storia: «Una volta che lo Stato e la Nazione abbiano scelto il loro cammino, il dovere dei militari è tracciato. All’infuori di questo solco, non vi sono, non possono esservi, se non soldati perduti.» Ora noi potremmo parafrasare De Gaulle in questo modo: «Una volta che i cittadini hanno democraticamente scelto il loro cammino, il loro “foedus” dello stare insieme nel comune interesse, il dovere dei politici è tracciato. All’infuori di questo solco, non vi sono, non possono esservi, se non dei politici perduti. E con essi i gabellieri, i poliziotti, i burocrati ed i soldati perduti.»

Proviamo invece ad immaginare dei politici indipendentisti lungimiranti, che spinti da autentico spirito civico, lascino le loro beghe, i loro contrasti, i loro meschini litigi per futili motivi, i loro impicci, fuori della porta, e attraverso una discussione pacata ed approfondita licenzino un progetto della sostanza di quanto viene diffuso da tempo in Scozia a responsabilità dello Scottish National Party. Bisogna farlo subito. Dopo l’auspicata indipendenza, nello scatenamento irresistibile degli appetiti individuali per la conquista del benessere o del potere, sarà assolutamente impossibile cominciare qualcosa. Bisogna farlo immediatamente. E incredibilmente urgente. Mancare questo momento vorrebbe dire incorrere in una responsabilità che è quasi un delitto. La storia della Costituzione del 1948 è lì a dimostrarlo.

Se da un lato dobbiamo prendere atto dell’irriformabilità dello Stato italiano, d’altro canto è necessario prefigurare un’architettura istituzionale che riporti i cittadini ad essere a capo degli ordinamenti. Vale a dire in grado di esercitare la vera democrazia dove il popolo è sovrano perché può deliberare le sue leggi o modificare o abrogare quelle esistenti, compresa la Costituzione. Emarginando la partitocrazia che ha realizzato la repubblica parlamentare, per confinare il potere legislativo e deliberativo nel Parlamento intossicando a tal punto il cervello della stragrande maggioranza dei cittadini, da far rifiutare a priori il principio che il popolo possa avere il Potere Legislativo o Deliberativo.

Una volta in possesso di un progetto istituzionale innovativo, gli indipendentisti dovrebbero assumersi il compito di andarlo ad illustrare sin nelle più remote contrade, poiché solo dopo aver conquistato la mente ed il cuore della popolazione si potrà andare a consultarla con un referendum o un altro strumento deliberante, ed una volta ottenuta la maggioranza dei consensi, la secessione dall’inefficiente Stato italiano potrà essere dichiarata il giorno immediatamente successivo al pronunciamento della cosiddetta sovranità popolare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Marcie siłensioxe o mute (łe sfiłà dei bentratà)

Messaggioda Berto » ven mar 14, 2014 8:24 am

Domenica si marcia a Vicenza per dare senso di una grande nazione

Immagine

http://www.lindipendenza.com/domenica-s ... de-nazione


ANDREA ARMAN

L’esperienza delle marce silenziose ci ha insegnato e fatto capire molte cose. Alcune molto belle, altre assai preoccupanti che ci impongono un serio ragionamento che ora proverò ad accennare. E’ pacifico e provato che il diffuso disagio economico e sociale che affligge il Veneto non abbia ancora trovato un preciso modo di esprimersi ed una possibile soluzione.

La società Veneta è molto frazionata, divisa, spesso ideologicamente schierata e compressa in rigidi schemi estranei alla nostra storia e tradizione (???).
Ne scaturisce una specie di caos che rende difficile lo svilupparsi di nuove idee; si dice che si vuole un cambiamento ma vi è un grosso impegno alla conservazione di una situazione che si contesta. Il Veneto vorrebbe un cambiamento, ma non l’impegno ed il costo che questo comporterebbe. Il cittadino Veneto vorrebbe godere dei vantaggi di appartenere ad un popolo ma non è assolutamente disponibile a comportarsi conseguenzialmente ed abbandonare, o quantomeno riconsiderare, modelli di comportamento obsoleti o viziati e comunque incompatibili con un seria e consapevole appartenenza ad una nazione.

Lo svaccamento tipico della società italiana si è profondamente radicato. Nella società si assiste, inoltre, ad un forte irrigidimento antagonistico “a priori”. Il ventennio leghista, oltre ad aver ucciso molte speranze, ha diviso la società non avendo saputo lavorare a favore dell’interesse comune, sempre anteponendo il partito ed i membri dello stesso. Si è, dunque, creata una situazione peggiore di quelle che gli elettori leghisti volevano demolire votando Lega.

Oggi residuano grossi ostacoli di comunicazione fra ciò che anche lontanamente sa di Lega ed il resto della società. Per ragioni di spazio e di argomento non approfondisco ulteriormente, limitandomi solo ad aggiungere che l’attuale stato di disgregazione e disagio viene anche alimentato, o quantomeno sostenuto, da buona parte dei Veneti che contano, in economia e cultura, i quali non hanno chi forza, chi coraggio, chi idee per sganciarsi da una situazione che ben sanno ci condurrà nel baratro. Sicuramente alcuni di essi passano delle notti travagliate ma al mattino gli manca il cuore.

Con le Marce Silenziose abbiamo cercato di diffondere il senso di appartenenza ad una grande nazione, l’unità di un popolo che si riconosce nel glorioso vessillo di S. Marco; la bellezza del silenzio che consente di ascoltare, di leggere, di vedere… di capire; l’importanza dell’ordine per temperare gli inutili eccessi, per rispettare ed essere rispettati, per raggiungere obiettivi che vanno oltre le possibilità del singolo.

Domenica a Vicenza si conclude il primo ciclo di marce, poi a Venezia per San Marco. A Maggio ci saranno le elezioni con ulteriori schieramenti e divisioni. Qualcuno ne trarrà profitto ma sarà effimera vittoria. Nel grande coraggio dell’umiltà che porta ad aprire il cuore e la mente ci può essere prospero e felice futuro.
Vivere solo “par i skej”, gioia e maledizione dei Veneti moderni, lascia spesso l’amaro in bocca.
Urge, ora più che, mai affratellare e condividere, consapevoli di appartenere allo stesso popolo.

Comento================================================================================================================================

Lucia
14 Marzo 2014 at 6:26 pm #
”Grossi ostacoli di comunicazione tra tutto cio’ che anche lontanamente sa di Lega e il resto della societa’ ”Verissimo e non solo in Veneto.Esattamente quello che si voleva: divide et impera.Non serve continuare a dare la colpa alla lega.Ha vinto l’Italia.Con tutto quello che ne segue.”‘Tornate alle vostre superbe ruine,all’opere imbelli dell’arse officine ecc ecc.”Tornate alle inutili marce silenziose,cosi’ commoventi,cosi’appaganti per i sognatori,per chi teorizza,per chi usa le parole invece che le braccia,per chi si e’ venduto al politicamente corretto,per chi ”non si sporca le mani”,per chi in fondo sta bene cosi,ma si indigna e si vergogna,per chi ”la colpa e’ del ventennio leghista e della lega”.Marciare e’ sempre piaciuto a tutti,persino agli indipendentisti della domenica.
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Re: Marcie siłensioxe o mute (łe sfiłà dei bentratà)

Messaggioda Berto » mer gen 28, 2015 1:26 pm

CONTRO I PREFETTI, TUTTI A CITTADELLA COL GONFALONE DI SAN MARCO

http://www.miglioverde.eu/contro-i-pref ... -san-marco

di FIORENZO PIEROBON
L’idea di mettere fine ai prefetti, istituzione Napoleonica e centralista, viene da lontano, da un liberale: Luigi Einaudi. Scrisse Einaudi, in un saggio del 1944: “… il delenda Cathago della democrazia liberale è: Via il prefetto! Via con tutti i suoi uffici e le sue dipendenze e le sue ramificazioni! Nulla deve più essere lasciato in piedi in questa macchina centralizzata; nemmeno lo stambugio del portiere”.
La Lega Nord, dell’abolizione dei prefetti, ne fece una battaglia politica sin dai suoi esordi, ma tutto rimase inalterato. Roberto Maroni, assurto al ruolo di Ministro degli Interni, coccolò i prefetti manco fossero l’avanguardia della democrazia. Nel Padovano, qualche giorno fa, dopo la bocciatura del referendum sulla “legge Fornero” da parte della Consulta, i sindaci lighisti di Cittadella (Giuseppe Pan) e di San Giorgio in Bosco (Renato Miatello) hanno scelto di indossare la fascia con i colori del Veneto (anziché quella tricolore) e abbassare a mezz’asta la bandiera italiana, in segno di protesta. Il prefetto di Padova li ha subito richiamati all’ordine. In altre occasioni, alcuni primi cittadini veneti hanno “avuto l’ardire” di vestire la fascia con le insegne della Repubblica Serenissima, anche per loro la reprimenda non è mancata.
I prefetti continuano ad essere il braccio armato dello Stato italiano. “Fanno rispettare la legge”, direbbe qualcun altro. Comunque sia, gli indipendentisti hanno scelto di manifestare contro questo atteggiamento repressivo: “Per lo Stato Italiano il Popolo Veneto è ancora un nemico, un pericolo; come lo era 150 anni fa quando con l’inganno e la violenza detto Stato Italiano ha occupato militarmente il Veneto”. Quindi?
Quindi, l’Associazione cultural-politica “Vivere Veneto“ ha indetto una marcia silenziosa per domenica prossima, primo febbraio, proprio a Cittadella (Pd). Affermano: “La violenza e l’arbitrio dello Stato Italiano non uccideranno il Veneto ed il grande pensiero di libertà che da millenni in queste terre si è sviluppato”. Tutti i veneti sono chiamati a presenziare ed a portare la loro solidarietà ai sindaci di cui sopra. L’importante – scrivono in un loro comunicato – l’importante è che nessuno sfili con bandiera di partito, ma rigorosamente col gonfalone di San Marco.

Mi a sostegner i leghisti talego-veneto-padani no ghe sarò!
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