“Al Parlamento europeo, a favore di Israele si è presentato un sacerdote in abito talare, alto e maestoso, barba folta, Gabriel Naddaf.”https://www.facebook.com/padregabrielit Con queste parole il coraggioso giornalista e scrittore italiano Giulio Meotti ha voluto presentare Padre Gabriel Naddaf ai lettori del Foglio, in occasione della sessione di dicembre del Parlamento europeo sulla marchiatura dei prodotti israeliani dalla Cisgiordania, marchiatura contro cui il Foglio ha lanciato una campagna che ha raccolto oltre cinquemila firme.
Riportiamo per esteso l’articolo di Meotti raggiungibile a questo link:
http://www.ilfoglio.it/…/scegliete-o-con-isis-o-con-israele…
“Si tratta di antisemitismo”, ha esclamato Naddaf. “La marchiatura dei prodotti israeliani tradisce il nucleo del patrimonio cristiano dell’Europa, ed è un ulteriore segno dell’indebolimento dei valori cristiani in Europa”.
Poi l’accusa di ipocrisia rivolta a Bruxelles: “Mentre l’Europa è occupata nella marchiatura dei prodotti israeliani, le terre in tutto il medio oriente e l’Africa sono inzuppate del sangue dei cristiani. In medio oriente c’è un solo paese dove i cristiani possono vivere in sicurezza, in cui possono prosperare, e dove ci sono la libertà di espressione e quella religiosa. In quel paese i cristiani sono in grado di praticare le loro tradizioni religiose, possono essere eletti al Parlamento e hanno pieni diritti democratici. È l’unico paese del medio oriente, dove la popolazione cristiana cresce e prospera.
Questa è la nazione ebraica, la nazione di Israele. E noi, i cristiani, dobbiamo proteggere questa terra santa, che è la fonte della fede cristiana”.Non si era mai sentito nulla di simile in un’aula del Parlamento europeo. Naddaf è una figura unica in medio oriente. Leader carismatico della chiesa greco-ortodossa in Israele, il sacerdote deve andare in giro con la scorta messagli a disposizione dalle autorità israeliane. La “colpa” di Padre Naddaf è quella di denunciare la sorte dei cristiani nel mondo arabo-islamico e di essere filoisraeliano. Si capisce perché sulla testa di Naddaf pesa oggi una taglia promossa dagli islamisti. La sua vita è in pericolo. È stato definito “un traditore” e “un apostata”.
I suoi pneumatici sono stati trinciati più volte e stracci insanguinati vengono spesso lasciati fuori da casa sua. Il sacerdote viene regolarmente minacciato al telefono e il figlio è stato aggredito fuori casa da un giovane brandendo una mazza di ferro. “Gesù era ebreo, di famiglia ebraica e parlava aramaico, non arabo”, dice al Foglio Padre Naddaf. “Dobbiamo sempre ricordarcelo. Ogni cinque minuti un cristiano viene ucciso in quanto cristiano in medio oriente. In Siria, c’erano due milioni di cristiani, oggi sono solo duecentomila. In Iraq, nel 2000, c’erano quattro milioni di cristiani, mentre ora ce ne sono solo trecentomila. I massacri quotidiani vissuti dai cristiani hanno aperto gli occhi dei loro correligionari in Israele, dove invece c’è una comunità cristiana che cresce ogni anno di più”. Secondo il Central Bureau of Statistics di Gerusalemme, erano 158 mila i cristiani in Israele nel 2012. Alla fine del 2014 erano 163 mila, cinquemila in più. Ma soprattutto, dal 1948 a oggi il loro numero totale è più che quadruplicato.
“Il nostro debito verso la Terra Santa passa attraverso la protezione di Israele e della sua democrazia”, ci spiega Padre Naddaf. “Altrove, i fanatici islamici sono ansiosi di uccidere cristiani. Soltanto in Israele possiamo prosperare. E’ il tempo della chiarezza. Cosa aspettiamo a dire la verità? Israele deve essere forte anche per noi minoranze. Ogni giorno rivolgiamo appelli per salvare i cristiani del medio oriente ma nessuno risponde. Perché?”.
A quanto risulta, il Dipartimento di stato americano intende designare come “genocidio” gli attacchi perpetrati dallo Stato islamico contro gli yazidi, escludendo così i cristiani. “Perché quando il califfo promise di eliminare la cristianità i nostri capi non dissero nulla?”, continua Naddaf. “Io non ho paura, andrò avanti a dire la verità, ovvero che come cristiani non possiamo che stare dalla parte del popolo ebraico e che Israele è l’unico paese che non cerca di buttare fuori i cristiani, costringendoli a cercare rifugio. Coloro che vogliono distruggere lo stato ebraico stanno firmando anche la condanna a morte degli ultimi cristiani liberi in Terra Santa”.
I NEMICI D'ISRAELE HANNO RUBATO IL NOME "PALESTINA"https://www.facebook.com/padregabrielit ... 0018035352 La convinzione errata (ma comune) che gli ebrei colonialisti abbiano invaso un paese chiamato Palestina e ne abbiano sradicato gli abitanti autoctoni è completamente falsa. Innanzitutto, il popolo della Palestina che ha le radici più profonde in quella terra è il popolo ebraico, i cui parenti e antenati vi hanno vissuto (in varia misura) per diverse migliaia di anni. In secondo luogo, la maggior parte degli arabi che fuggirono dalla Palestina tra il 1947 e il 1949 lo fecero perché erano sicuri che i loro compatrioti arabi dell'Egitto, dell'Iraq e di altri paesi sarebbero riusciti a rendere la Palestina Judenrein.
E' giunto il momento di ricordare agli arabi e alla comunità internazionale che gli ebrei sono i veri palestinesi. Altrimenti, come mai esistono un Talmud palestinese e un giornale ebraico chiamato The Palestine Post? Come mai, fino alla creazione d'Israele, gli ebrei erano noti come "i palestinesi"? Come mai Immanuel Kant si riferiva agli ebrei in Europa come ai "palestinesi tra di noi"? Come mai c'è una Stella di Davide sulla bandiera della Palestina del 1939? Come mai la rivista dell'Organizzazione Sionista d'America si chiamava New Palestine? Come mai la Compagnia Elettrica Israeliana si chiamava originariamente Compagnia Elettrica Palestinese? Come mai il principale fondo di finanziamento dell'Organizzazione Sionista Mondiale si chiamava Palestine Foundation Fund?
La risposta è: "Perché la parola Palestina indica la terra che, per migliaia di anni, è stata l'incubatrice dell'identità ebraica".
Il nome Palestina era stato imposto agli ebrei dall'Impero Romano nel 135 d.C., quando l'imperatore Adriano aveva voluto cancellare ogni traccia ebraica da quella terra, che si chiamava Giudea. E' quindi più che comprensibile che nel 1948 i leader dell'Yishuv (la comunità ebraica che già abitava quella terra prima dell'indipendenza) non abbiano voluto mantenere il nome Palestina per lo Stato che finalmente l'ONU aveva deciso di riconoscere, ed abbiano scelto di chiamarlo Israele (anche Giudea era tra i nomi presi in considerazione). Ma non dobbiamo lasciare che gli arabi e i loro sostenitori israelofobici si approprino dei nomi "Palestina" e "palestinese" come parte della loro campagna di delegittimazione. La Palestina era ebraica, non è mai stata araba. Il linguaggio è tutto. Rinunciando all'uso corretto delle parole, e permettendone la rimozione dal contesto storico, la realtà dei fatti è sminuita o persa del tutto.