Ma Odifreddi il negazionista ci è o ci fa?Le cavillose spiegazioni del matematico mascherano altre gaffe antisemite
di Luciano Capone | 16 Ottobre 2015
http://www.ilfoglio.it/cultura/2015/10/ ... e_c348.htmMa Odifreddi ci è o ci fa? Antisemita s’intende. Il Foglio ha ricordato le sue parole di qualche anno fa su Israele “dieci volte peggio dei nazisti” comparse (e poi censurate) sul suo blog su Repubblica e l’autodefinito “matematico impertinente”, che ha assunto il ruolo di Michel Onfray o Christopher Hitchens della penisola (ognuno ha gli ateisti che si merita, d’altronde siamo il paese il cui David Letterman è Fabio Fazio), ha risposto che questo giornale è un “Foglio da stracciare”. Odifreddi scrive che il suo blog non è stato chiuso, “è attivo e in ottima salute”, si lancia in cavillose precisazioni sul fatto che è su Repubblica.it e non su Repubblica e che è stato solo censurato ma non chiuso, nessuna parola sul contenuto delle affermazioni.
Ma d’altra parte c’è poco da spiegare, certe uscite del matematico filosovietico sono inequivocabili e ripetute. “In questi giorni si sta compiendo in Israele l’ennesima replica della logica nazista delle Fosse Ardeatine”, scriveva nel 2012, ricordando che gli israeliani si erano già resi colpevoli di un crimine “dieci volte superiore” con l’operazione Piombo Fuso. Per Repubblica quel post risultò talmente osceno da richiederne l’immediata cancellazione, scelta a cui Odifreddi rispose chiudendo il blog dopo “809 giorni di libertà” per poi ripensarci. Quando non ha paragonato lo stato ebraico ai nazisti, Odifreddi lo ha accostato ad altre ideologie razziste: “Israele è come il Sudafrica di una volta, c'è l'apartheid. È uno stato fascista, imperialista, che pretende di occupare territori non suoi”. A chi gli dà dell’antisemita, Odifreddi risponde che la sua è una critica al governo non al popolo ebraico. Figurarsi, lui ha anche amici ebrei.
Sberle a Odifreddi Va bene criticare Israele, ma almeno non si neghi il suo diritto all’esistenza. Anche di questo Odifreddi non è proprio convinto. Riferendosi all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, secondo cui bisognava combattere “ogni rigurgito di antisemitismo anche quando si traveste da antisionismo, perché antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello stato ebraico, delle ragioni della sua nascita”, il nostro diceva che è sbagliato questo “pensiero unico” che non distingue “l’odioso antisemitismo e il legittimo antisionismo”. Per lui il governo israeliano è peggio dei nazisti, è fascista, è razzista come il Sudafrica, non ha pieno diritto di esistere, ma rifiuta l’etichetta di antisemita. Odifreddi non ce l’ha con gli ebrei, non con tutti, ma con qualcuno in particolare sì, come il compianto prof Giorgio Israel - che ha sempre criticato il suo razionalismo e ateismo da macchietta - da lui definito “un virulento, un intellettuale di nicchia, una testa calda. In più esercita il vittimismo dell’ebreo” (dichiarazioni che secondo Odifreddi sarebbero state inventate dal giornalista Sabelli Fioretti, che però ha detto di avere la registrazione dell’intervista).
Qualche anno dopo il “matematico impenitente” non si è fatto mancare un’uscita negazionista (ancora visibile sul blog su Repubblica), scrivendo che le camere a gas sono solo “un’opinione”: “Di esse so soltanto ciò che mi è stato fornito dal ministero della propaganda alleato nel dopoguerra e non avendo mai fatto ricerche al proposito, e non essendo comunque uno storico, non posso far altro che uniformarmi all'opinione comune. Ma almeno sono cosciente del fatto che di opinione si tratti, e che le cose possano stare molto diversamente da come mi è stato insegnato”. Oltre a mettere in discussione l’esistenza delle camere a gas, con i neonazisti Odifreddi ha in comune anche posizioni eugeniste come quando chiese, sempre sul blog, l’aborto forzoso per una minore: “In mancanza di adeguate prospettive che rendano l'adempimento di queste condizioni [salute, istruzione, lavoro] se non certe almeno probabili e prevedibili, i tribunali dovrebbero intervenire per impedire la procreazione. Anzitutto, in maniera preventiva, forzando all'uso di anticoncezionali. E poi, quando la prevenzione avesse fallito, imponendo la cessazione della gravidanza" (poi dirà che era solo una provocazione).
Sempre per restare nel campo del negazionismo, il suo anti-cristianesimo lo ha portato persino a negare l’esistenza storica di Gesù Cristo, ma su questo è stato messo a cuccia da Benedetto XVI che in una lettera gli ha scritto: "Ciò che Lei dice sulla figura di Gesù non è degno del Suo rango scientifico. Se Lei pone la questione come se di Gesù, in fondo, non si sapesse niente e di Lui, come figura storica, nulla fosse accertabile, allora posso soltanto invitarLa in modo deciso a rendersi un po' più competente da un punto di vista storico". Un cazziatone di cui tra l’altro Odifreddi va orgoglioso: “Pochissime persone al mondo possono comprendere la sorpresa e l'emozione che si provano nel ricevere un'inaspettata lettera di un Papa.
Sarà impertinente e impenitente, ma Odifreddi nonostante la sua tetragona ottusità non ha il pregio di essere coerente. Quando Repubblica gli censurò il famigerato nazipost, il matematico scrisse che avrebbe chiuso il blog: “Il problema è che se continuassi a tenere il blog, d’ora in poi dovrei ogni volta domandarmi se ciò che penso o scrivo può non essere gradito a coloro che lo leggono. Preferisco fermarmi qui”. E invece poi ha ricominciato. Da qui la naturale sensazione che Odifreddi sia antisemita anche quando parla d’altro. Che ci è anche se non ci fa più.
Non capire Israele significa non capire l’occidenteAppunti sul caso Boldrini-imam. Ci si può girare attorno, ma la sostanziale indifferenza che accompagna la notizia dell’invito in Parlamento di un imam che auspica la fine di Israele corrisponde a un’indifferenza più grande, che porta a osservare in modo pigro e quasi svogliato la violenza improvvisa di matrice terroristica con cui Israele si ritrova a fare i conti da due settimane
di Claudio Cerasa | 18 Ottobre 2015
http://www.ilfoglio.it/cultura/2015/10/ ... e_c205.htm Ci piacerebbe molto dire che il problema riguarda solo Laura Boldrini e che il caso del presidente della Camera – e il suo invito a Montecitorio rivolto a un imam che professa la necessaria distruzione di Israele – sia un caso isolato, unico, raro e persino inimitabile. Ci piacerebbe molto dire che a parte Laura Boldrini esiste, in Italia, una sensibilità profonda, nella classe dirigente e nella classe politica, rispetto alla difesa dello stato ebraico; in un passaggio storico in cui il disimpegno dell’occidente nell’intero Medio Oriente ha coinciso con due fenomeni che solo apparentemente possono essere considerati separati l’uno dall’altro: il rafforzamento politico dell’Iran e l’isolamento politico di Israele.
Ci si può girare attorno quanto si vuole ma la sostanziale indifferenza che accompagna la notizia dell’invito in Parlamento di un imam che auspica la fine di Israele, che giustifica gli attacchi suicidi dei terroristi palestinesi e che rifiuta il dialogo con il cristianesimo – invito che è venuto meno sabato scorso, anche dopo gli articoli del nostro giornale, che per primo è intervenuto sul tema, ma che è venuto meno in una forma surreale, con il presidente della Camera che ha fatto sapere non di aver ritirato l’invito ma semplicemente di aver ricevuto dall’imam la comunicazione del ritiro della sua presenza – questa sostanziale indifferenza, si diceva, corrisponde a un’indifferenza più grande, che porta a osservare in modo pigro e quasi svogliato la violenza improvvisa di matrice terroristica con cui Israele si ritrova a fare i conti da due settimane.
Chiunque abbia degli amici tra Tel Aviv e Gerusalemme sa perfettamente che l’ondata di violenza che sta colpendo da giorni Israele è qualcosa in più di una semplice nuova intifada: è qualcosa che riguarda da vicino un fenomeno più grande e più corposo in cui il terrorismo è più simile a quello degli anni Trenta che a quello degli anni Novanta, e in cui l’odio per gli ebrei deriva non dalla spinta legata a un progetto politico (la Palestina libera) ma da una dimensione religiosa in cui al centro di tutto vi è l’islam radicale e il suo profondo e viscerale antisemitismo, unico grande collante tra tutti i fondamentalismi islamici, sia di matrice sciita sia di matrice sunnita. Ci piacerebbe dunque dire che la superficialità con cui si osservano gli accoltellamenti e i segnali di terrorismo a bassa intensità che colpiscono da giorni Israele riguardino solo Laura Boldrini e i suoi compagni che scambiano merende con gli imam radicali.
Ma il disinteresse verso Israele – rafforzato anche dal fatto che a differenza delle ultime intifade quella di oggi è un’intifada praticamente senza immagini e senza icone, che colpendo il corpo dell’ebreo con un pugnale è come se riuscisse a circoscrivere il raggio del terrore solo dentro i confini di Israele – è un disinteresse più profondo e radicale che è maturato in un contesto politico in cui le grandi potenze occidentali hanno scelto in modo deliberato di allontanarsi da Israele nello stesso momento in cui hanno deciso di trasformare nel grande stabilizzatore del Medio Oriente l’Iran, ovvero uno stato le cui massime autorità religiose professano ancora oggi, e con estrema convinzione, la necessaria distruzione di Israele. L’accordo sul nucleare iraniano non sappiamo ancora se impedirà la costruzione di una bomba atomica per il regime degli ayatollah ma sappiamo già oggi che ha avuto l’effetto di lasciare detonare un’altra bomba che ha fatto saltare in aria quel piccolo schermo protettivo che l’occidente aveva costruito intorno a Israele per difendere lo stato ebraico da tutti i suoi vicini di casa che sognano la sua fine (Hamas, Hezbollah, l’Iran). E l’indifferenza che si registra oggi nell’osservare quotidianamente ebrei feriti o uccisi nelle città di Israele è la spia di un’indifferenza più grande che riguarda naturalmente una più grande disattenzione e una conseguente inazione dell’occidente di fronte alla minaccia del terrorismo islamico.
Pochi giorni fa, come ha ricordato la scorsa settimana il nostro Giulio Meotti sul Foglio, un imam di Gaza ha brandito un coltello durante un sermone e ha invitato i fedeli dell’islam a seguire l’esempio di Khaybar, quando Maometto nel 627 partecipò di persona allo sgozzamento di ottocento ebrei della tribù Banu Qurayza. E’ anche uno degli slogan più usati nelle strade palestinesi: “Khaybar, Khaybar, oh ebreo, l’esercito di Maometto tornerà”. Laura Boldrini e Piergiorgio Odifreddi non saranno d’accordo ma mai come in questo momento per capire la superficialità con cui l’occidente osserva e combatte il fondamentalismo islamico – “le operazioni di martirio in cui i palestinesi si fanno esplodere sono permesse al cento per cento secondo la legge islamica”, ha spiegato in modo illuminato l’imam Tayyeb – bisogna osservare lo spirito con cui l’occidente descrive le lame dei palestinesi come se fossero ogni giorno meno affilate e tutto sommato giustificabili, di fronte a questi signori che non hanno altra colpa se non quella di essere ebrei. E non capire oggi il dramma di Israele, e il suo oggettivo stato di assedio, significa non capire il dramma dell’occidente, e i rischi che si corrono ogni giorno nel rimandare nel tempo la nostra azione, militare e culturale, contro i fondamentalismi islamisti.
Il nemico più sinuoso di Israele è la disinformazione
Oltre ai coltelli. Cancellate le vittime ebraiche del terrore
di Giulio Meotti | 12 Ottobre 2015
http://www.ilfoglio.it/esteri/2015/10/1 ... e_c276.htm Trentatré anni fa Bruno Zevi, esule in America durante le leggi razziali, salì in Campidoglio dopo l’attentato alla sinagoga costato la vita a Stefano Gay Taché: “Noi accusiamo. In un mondo sconvolto dalla violenza, i nostri mezzi di informazione hanno dato il massimo rilievo solo alle azioni dell’esercito israeliano. E i terroristi palestinesi sono considerati mansueti, pacifici…”. Chissà cosa direbbe quell’antifascista di rango se vedesse quel che scrivono oggi i giornali su Israele. Perché lo stato ebraico, oltre ai coltelli della Terza Intifada, deve affrontare anche un nemico più sinuoso: la disinformazione. La Stampa: “Sette palestinesi uccisi”. Il Fatto: “Venerdì d’Intifada con sette palestinesi uccisi”. Il Messaggero: “L’esercito uccide sette palestinesi”. Gli israeliani feriti e assassinati sono scomparsi, mentre i palestinesi non sono morti, ma “uccisi”. “Polizia e giovani palestinesi si scontrano” e non si sa perché. E la stampa pedissequa accetta la storia delle moschee minacciate.
E cosa c’è di meglio di una mostra al Museo di arte contemporanea di Roma? E’ “Wallonwall” della fotografa tedesca Kai Wiedenhöfer, dove la barriera di Israele, che sta limitando la conta di morti e feriti del terrorismo, è paragonata al Muro di Berlino. Non poco scandalo ha generato in Germania, tanto da spingere i socialdemocratici a chiederne la sospensione. Un graffito sul fence israeliano reca la scritta “Varsavia 1943”, accompagnato da una svastica e dalla stella di Davide. Clemens Heni, politologo studioso di antisemitismo, ha detto che le foto di Wiedenhöfer sono “la tipica espressione del nuovo antisemitismo”. A differenza delle barriere fra Stati Uniti e Messico o le due Coree, che servono per fermare i movimenti di popolazione, quella d’Israele è l’unica al mondo che deve impedire che inermi cittadini vengano pugnalati e fatti saltare in aria. L’inversione dei ruoli prevede anche che Israele diventi l’aggressore. Mercoledì, alla benemerita Fondazione Einaudi in largo dei Fiorentini a Roma, sarà presentato un libro dal titolo sinistro: “Israele, il killer che piange”. E in Francia ha fatto scandalo la decisione del colosso editoriale Larousse, in un libro per bambini, di definire l’antica “terra promessa” come la “moderna Palestina”. In questo modo il terrorismo contro Israele viene accettato come se fosse una risposta naturale contro coloro che “occupano” una terra altrui. Lunedì il Guardian, giornale simbolo delle élite pacifiste inglesi, ha ospitato un editoriale a favore dell’Intifada firmato niente meno che da Marwan Barghouti, che sconta cinque ergastoli in un carcere israeliano non perché sogni “la pace”, ma perché ha ordinato l’uccisione di tanti israeliani. Palermo, la città delle stragi di mafia, gli ha anche concesso la cittadinanza onoraria.
Per tornare a trentatré anni fa, il grande Arnaldo Momigliano disse che “sarebbe una follia concludere su una nota di ottimismo quando un bambino ebreo può essere assassinato nella sinagoga di Roma senza che si manifesti un sollevamento dell’opinione pubblica”. Oggi l’opinione pubblica è stata direttamente anestetizzata sull’uccisione degli ebrei. Soltanto lunedì sono stati quattro gli attentati a Gerusalemme. Papa Francesco ha aperto i lavori del Sinodo con una preghiera per “Siria, Iraq, Gerusalemme e Cisgiordania”. Non manca il nome di uno stato nella lista?
L'Imam di al Azhar, unità arabi contro nemico sionista. Su sua visita a Roma era scoppiato casoLe parole nel suo discorso di domani anticipato dalla Mena
15 ottobre 2015
http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/m ... caef6.html"Islam, religione di pace". Così è annunciata la 'lectio magistralis' per deputati e senatori che il grande Imam di Al Azhar, Ahmed al Tayyeb, terrà il prossimo 21 ottobre nella Sala della Regina a Montecitorio, affiancato dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, e dal presidente della Commissione Affari Esteri, Fabrizio Cicchitto. Ma, ancora prima che il 44esimo Sheikh del più importante centro teologico sunnita del mondo sbarchi in Italia, già infuriano le polemiche contro chi lo ha invitato. Ad aprire il fuoco sulla Boldrini è stato stamane il quotidiano 'Il Foglio', che accusa il teologo e filosofo egiziano di aver "invocato più volte la distruzione di Israele". "C'è da domandarsi - si chiede il giornale - cosa sia passato per la testa della presidente della Camera che ha invitato Tayyeb" proprio "nelle settimane in cui in Israele gli ebrei sono uccisi a coltellate, asfaltati con le automobili e assassinati a fucilate sotto gli occhi dei loro figli".
A rincarare la dose, in serata, è intervenuto l'ex ambasciatore di Israele in Italia, Avi Pazner, che ha esortato senza troppi giri di parole Laura Boldrini a ripensarci e ad "annullare l'invito". "Penso sia un errore fatale - ha detto il diplomatico - invitare ad una conferenza sulla pace un integralista che non riconosce il diritto all'esistenza di Israele". Roberto Natale, portavoce della presidente della Camera, replica che il grande imam è una figura importante nella lotta al terrorismo fondamentalista dell'Isis e che la sua visita romana "nasce nel segno del contributo alla pace, al dialogo e alla sicurezza internazionale". A riprova di ciò, al Tayyeb sarà ricevuto da "altre cariche istituzionali", tra cui - a quanto si apprende - anche lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "L'invito - precisa poi Natale - è stato formulato dalla presidente Boldrini sulla base di una espressa richiesta della Commissione Affari Esteri di Montecitorio, che ne aveva sollecitato 'l'autorevole contributo' come figura di rilievo nell'indispensabile azione di contrasto al dilagare del terrorismo e alla strumentalizzazione estremista della fede".
Il Grande Imam, dopo la strage di Charlie Hebdo, aveva pronunciato un discorso durissimo ("devono essere crocifissi") contro i terroristi del Califfato e aveva chiamato a raccolta tutto il mondo islamico, denunciando la manipolazione dei testi coranici. "Al Tayyeb è considerato un interlocutore moderato nel mondo occidentale. Non possiamo parlare solo con chi è uguale a noi. Lui esprimerà il suo punto di vista e poi interverremo io e Boldrini e denunceremo, oltre che l'islamofobia, anche l'antisemitismo", ha detto ai giornalisti il presidente della Commissione Esteri Cicchitto. Lo scorso anno, l'Imam ha tenuto un discorso molto apprezzato alla Camera dei Lord britannica e collabora attualmente con la Francia - si ricorda a Montecitorio - per istituire severi meccanismi di controllo sul messaggio diramato dalla galassia di moschee e di associazioni dell'area islamica. "Non vi è autorità istituzionale al più alto livello che oggi, recandosi in Egitto - sottolinea Natale - non incontri il Grande Imam". Al Tayyed intanto, in vista di parlare a Montecitorio e nel pieno della nuova Intifada dei coltelli, ha per il momento già redatto la sua predica di domani, venerdì - anticipata dall'agenzia egiziana Mena - in cui invoca l'unità del mondo arabo e musulmano contro il "comune nemico sionista", accusato di continuare "la sua aggressione contro la moschea di al Aqsa". Parole che, probabilmente, non calmeranno le acque della politica italiana.