Massimino il trace, il dio Beleno e Aquileiahttp://www.romaspqr.it/roma/Imperatori/ ... _trace.htm http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /02/29.jpgIl culto di Beleno ad AquileiaVi sono da aggiungere alcune testimonianze letterarie, cito dall'opera "Origini della cultura europea" del filologo Giovanni Semerano:Erodiano (VIII, 3,8-9), a proposito dell’assedio di Aquileia da parte di
Massiminio, informa che
Belen era il nome tutelare della città, identificato con Apollo, e i soldati di Massimino asserivano di aver visto l’immagine del dio, il quale dall’alto partecipava alla difesa della città.
Belinius come è attestato per lo più dalle iscrizioni,
Balenius da
Tertulliano (Apol., 24 e Ad Nat., II,8), è definito in effetti divinità del Norico. Oltre all’accenno di Erodiano che parla di έπιχορίον (...)εοũ, alcune iscrizioni danno
Appolloni Belino, Appolloni Beleno Augusto. A tale assimilazione apollinea si riferisce l’interpretazione che dette del nome d’
Arbois de Jubanville: ‘brillant, resplendissant’. Ma il
Fons Beleni (in C.I.L., V, 754, add. 755, cfr. 8250) attesta gli originari attributi di Beleno, divinità di acqua, di fonte salutifera (‘als Gott einer Heilsquelle’, in Pauly Wissowa, s.v.).
Aquileia, capitale del culto di Beleno, conferma con il radicale del suo nome questa interpretazione.
A conferma è l’attributo di
Ateроmаrus in cui a torto fu scorto l’eterno epo- cavallo, ed è invece una voce antica corrispondente ad accadico
аtаррu (canale, ‘Canal’) accompagnato da base di accadico
ammāru (vigilante, ‘overseer’).
La religione dei Celti Da:
Le origini della cultura europea, di Giovanni Semerano;
(da pag 292 a pag 298)
Queste voci del lessico quotidiano e comune echeggiamo nell’onomasiologia mitologica
(nomi della divinità, legati alla loro funzione rispetto all’uomo).
Il termine generico per indicare la divinità presso i Celti, rappresentato dal gallico
dеvо, irlandese
dia, gen.
dē, gallese
dowе, corrisponde al latino
dīvus; ed ha come antecedente remoto accadico
zīwu (
zīmu : apparizione, lucentezza, ‘said оf gods: with ref. to light’), antico tedesco
Zīо.
In un passo celeberrimo Cesare (De B. Gall., Vi, 17-18) annota сhe « i galli dichiarano di essere discendenti del
Padre Dite e di avere avuto dai druidi questa tradizione ».
L’equivalenza romana dei nomi divini ci impedisce di scorgere più a fondo nel pantheon celtico. Nоn sappiamo, cioè, in quali precisi rapporti si colloca l’antica divinità latina del mondo sotterraneo, dei tesori che la terra nasconde, rispetto alla divinità celtica.
Dite è in origine una divinità ctonia, come
Proserpina sua paredra, è il dio dell’abbondanza e della floridezza della terra primaverile: la base del nome Dis [Nota: l’etimologia di Dis (v.) mostra che la forme
dives è ampliamento di
divus (v.);
infatti
Dis è il corrispondente di
πλοũτος e ha per base la voce corrispondente ad accadico
deššû (‘abundant’),
dešû (‘to be abundant’)] si trova in accadico
dīšu (‘spring, spring grass, spring pasture’).
L’assimilazione di
Dite col greco
Plutone, dio dell’oltretomba, sembra passata attraverso l’influsso della base corrispondente al neo assiro
di’ātu, antico babilonese
dimtu (pianto ‘weeping’).
Esus e Teutates, oltre a Taranis, feroci divinità che si compiacciono di sacrifici umani, risultano da un passo di
Lucano, (I, 444 sg.) e dai
Commenta Bernensia.
Una volta sono dati come corrispondenti rispettivamente a
Mercurio e
Marte e altra volta di Marte e Mercurio.
Ma
Esus, a torto fu derivato da indoeuropeo
*esu, greco
èύς (buono) o da iranico
ahu- (signore).
Mercurio celtico è un’originaria divinità delle acque, come emerge anche dal raffronto con la sua paredra
Rosmerta ‘la vergine della fonte’:
Ros- corrsiponde ad accadico
rāšu (latino caput, ‘source’): e perciò
Esus richiama accadico
āṣû (sorgente, ‘going out’),
āsṣītu (‘exit, canal’).
L’avervi scorto
Marte fu dato dall’incrocio con l’altra base : accadico
ezzu, ēzu (terribile), detto di demoni e di divinità del fuoco (VS, s. v.); per
Teutates nelle iscrizioni si ritrova
Marti Toutati etc. (C.I.L. III. 5320);
Marti L. H. Toutati etc., etc. Del passo di Lucano, I 441 sgg. «immitis placatur sanguine diro Teutates» etc. è una parafrasi di Lattanzio (Inst. Div. I, 21, 3).
L’identificazione con Mercurius fu accolta dal vecchio Bochard (Geogr., 622, 662) che accostò
Teutates al di egizio Thoth, sulla fede di Sanconiatone (Filone di Biblo):
Thoth, noto dio-luna, in lingua fonetica è detto
Ṣḥôwte che si interpreta chiaro,
ṣḥwtj.
Ma Teutates, che non è un dio visibile, ha finito per essere ipostasi e simbolo della nazione celtica: il suo nome che significa “della comunità”, è alla base corrispondente ad accadico
tappā’uttum, tappûtum (comunità, ‘Gemeinschaft’, vS. 1322) col significato che ricorda l’etimologia di Enialio (v.).
Elementi del simbolismo arcaico della religione dei Celti furono scorti nella ruota che rappresenta il Giove celtico e nelle colonne dette del «Giove nascente» studiate da Werner Müller.
La ruota a quattro raggi sviluppa il significato dell’anno col suo ciclo di quattro stagioni ed è noto che i Celti usano un termine unico per indicare la «ruota» e l’«anno» come i romani per dire «asse» e «cielo». La colonna è
l’axis mundi, perciò l’attributo
Taranis (ciclo del cielo) del loro Giove va inteso come accadico
târu (giro, ‘Rückwendung’) e
Anu (dio Cielo, ‘Himmelsgott’); «il più grande fra gli dei del cielo» come chiosa l’autore dei Commenta Bernensia è proprio quel Giove dei cicli al cui compiersi, come usa al nostra fine d’anno, viene bruciato il fantoccio di legno imbottito di uomini vivi, proprio come i fantocci, gli Argei (v.) che i Romani lasciavano cadere nel fiume: l’abusato raffronto fra Taranis e il germanico Donar è da escludere.
Erodiano (VIII, 3,8-9), a proposito dell’assedio di Aquileia da parte di Massiminio, informa che Belen era il nome tutelare della città, identificato con Apollo, e i soldati di Massimino asserivano di aver visto l’immagine del dio, il quale dall’alto partecipava alla difesa della città.Belinius come è attestato per lo più dalle iscrizioni,
Balenius da Tertulliano (Apol., 24 e Ad Nat., II,8), è definito in effetti divinità del Norico.
Oltre all’accenno di Erodiano che parla di
έπιχορίον (.)εοũ, alcune iscrizioni danno
Appolloni Belino, Appolloni Beleno Augusto.
A tale assimilazione apollinea si riferisce l’interpretazione che dette del nome d’Arbois de Jubanville: ‘brillant, resplendissant’.
Ma il Fons Beleni (in C.I.L., V, 754, add. 755, cfr. 8250) attesta gli originari attributi di
Beleno,
divinità di acqua, di fonte salutifera (‘als Gott einer Heilsquelle’, in Pauly Wissowa, s.v.).
Aquileia, capitale del culto di Beleno, conferma con il radicale del suo nome questa interpretazione. A conferma è l’attributo di
Ateроmаrus in cui a torto fu scorto l’eterno
epo- cavallo, ed è invece una voce antica corrispondente ad accadico
аtаррu (canale, ‘Canal’) accompagnato da base di accad.
ammāru (vigilante, ‘overseer’).
Beleno pare anche col nome i Borvo che richiama l’attributo
Pora della divinità venetica : accadico
būrum (‘well, hole, pit, pool’), e a
Beleno stesso è attribuita la guarigione, specie in virtù delle sorgenti di acque calde.
Il nome divino si chiarisce con accadico
bēl-ēni, bël-īni cioè “signore dеllе acque salutari”
bēlu (signore, detto di divinità, ‘ruler, lord : referrin to gоds’) e accadico
-īnu (sorgente, fonte, ‘spring’).
L’assimilazione con Apollo è successiva per la confusione in
Beleno, Belino, dei due valori della base corrispondente ad accadico
ēnu, īnu, semitico ’
ain (vista, occhio, quindi luce, e fonte, corrente, ‘eye’, ‘spring’).
Ma occorre ammettere che
Bormo nella Francia centrale,
Bormanus in Provenza,
Bormanicus in Spagna, evocanti il teonimo
Borvo, attestano l’incrocio con la base del latino
formus.
Si ricordano le
aquae Bormiae, citate da Cassiodoro (Varice, X, 29),
Bormio, Bormida che richiamano alla stessa base di latino
formus (caldo): sumero
bar (ardere, ' to burn '), ebraico
bā’ar, accadico
bаḫru (‘hot’), bаrāqum (‘to flash’) : si spiega che l’effetto delle acque calde fosse attribuito al dio del sole : si pensa ad
Aquae Calidae o Solis Bath, in Britannia.
Dаgdа,
il dio buono che elargisce i beni, corrisponde аd accadico
taḫdu, dаḫdu (abbondante, ‘überreichlich, strоtzеnd’).
Albiorix, attributo divino, deriva dalla base corrispondente ad accadico
ḫalbu- (foresta, ‘Wald’), mentre corrisponde al solito accadico
rēšum (саро, ‘Vorsteher’), incrociatosi con la base corrispondente a
rē’û (capo, pastore di popoli).
Sucellus, attributo di Taranis, che appare in un altare i Sаrrеbоurg, corrisponde ad accadico
šukallu (capo, Visir, ‘Vezier’).
Tuâtha, Dē Dаnаnn, inteso come schiera lucente di divinità stabilitasi nel paese, si chiarisce con l’attributo accadico che significa рotentissimo:
dаndаnnu (‘almighty: said of gоds, said of kings’), reduplicazione della base di antico accadico
dannu (‘strong, mighty, great’).
Perciò
Tuâtha, Dē Dаnаnn è da intendere la “popolazione della potente”, riportando
Tuâtha alla sua base originaria, corrispondente ad accadico
tаррā’uttum, tаррûtu (comuntà, società, ‘Gemeinschaft, Gеsеllsсhаft’).
La voce Dôn, identificata con irlandese
dаnu, madre dei
Tuâtha, è dalla base corrispondente ad accadico
dаnnu (potente).
Math corrisponde ad accadico
mātu (terra, Erde’). Beli, che fu identificata con
Belenos, è dalla base suaccennata di accadico
bēlu (‘lord’, detto di dio e di re) :
Cassivelaunus, figlio di Beli, inteso come il dio della guerra, significa comandante in capo accadico
kaššu (potente, ‘mighty; a high oficial in Anatolia’) e
elānu, eliānu(sopra, al di sopra, ‘above’).
Lug è divinità degli antichi Celti, figlio di
Cian e di
Ethne, figlia di
Balor.
Erede delle due divine stirpi
Fomori e
Tuâtha,
Dē Dаnаnn, il fulgente guerriero. Identificato con
Lleu dei
Celti Britanni, fu ritenuto un dio solare.
Lе saghe lo fanno abile nell’esercizio di molte arti e di intonare sull’arpa i canti di tutti i sentimenti dell’uomo: del dolore, del riso, del sonno, del lutto.
Il suo attributo
samildánach “uomo di ogni arte” e l’interpretatio romana lo assimila ben a ragione a Mercurio.
In realtà il nome
Lleu dei Celti della Britannia si avvicina al suo originario che corrisponde ad accadico
lā’ium, antico accadico (l
āḫium: ‘able, capable, skilled : sаid of gods’):
per Lug. v. Lugdunum.
Cocidius, attributo di arte in Britannia, secondo una etimologia di
Glück significherebbe
bellator.
In realtà
Cocidius è aggettivo che denota l’arma di mano divina ed è composto di basi corrispondenti аd accadico
kakku.idu:
kakku (arma, weapon, as weapon of gods’) e
idu (braccio, potenza, ‘arm, strength’).
Veraudunus, divinità delle fonti, appare accanto a
Inciona (H. Finke, «Neue Inschriften», XVII, 1927, n. 69), nome che deriva da basi
īku (fiume, canale) con base che appare in
Bodincus il Po e molti toponimi sardi, calcata su base come accadico
ḫinqu (stretta di un fiume, ‘narrows: of a river’ CAD, 6, 195).
Il nome
Vеrаudunus deriva da basi corrispondenti ad accadico
bēru,
būru (‘hole, pond, well pool’), calcato su base come
bīru (‘region between water-course’) e la base che ritroviamo in -
dūnum (potenza, fortezza, ‘power, strenght’).
I sîde, i demoni, “geni protettori della fecondità che si svelano come “gli abitanti della collina” ma anche come spiriti aleggianti sui tumuli o nelle anfrattuosità, sono in realtà gli eredi diretti dello
šīdum accadico, antico babilonese
šēdu, spesso associato al
lаmаssu (protective spirit’, CAD, 9, 63).
Mentre il
síd che è la montagna fatata o incantata”, chiarito con
sêd (“dimora”) e in realtà corrispondente ad accadico
šadû (montagna, ‘mountain’; ‘Berg’).
Lenus.Divinità celtica, anch’essa identificata con
Marte (« Leno Marti », CIL, XIII, nr. 3654; ecc. ), greco
Ληνῷ . Il nome che è calcato su accadico
lānu (immagine, figura, statura, ‘body, figure of human beings and deities’), in realtà originariamente corrisponde ad accadico
lеmnu (il terribile, il temibile, ‘ evildoer, evil; dangerous’).
Da connettere alla voce latina
lemure (.....).
RosmertaIl nome di Rosmerta, la divinità femminile di origine celtica, che ebbe culto in Gallia, paredra di Mercurio, fu aggredito con impegno rigoroso dai linguisti, ma con risultati deludenti. Fu escogitata una radice
*smer che significherebbe lucido, brillante, oppure, abbondanza, oppure destino, con riferimento al greco
moira.
Мercurio e Rоsmеrtа ripetono la coppia Mercurio-Maia еvосаtа da molte iscrizioni del territorio del Reno e della Mosella. È notevole l’osservazione che Rоsmеrtа e Maia nella iconografia sono intercambiabili.
Abbiamo mostrato che Mercurio è originariamente una divinità delle fonti l’antico sacello del dio, in Roma, presso porta Capena, sorgeva presso una fоntе alle cui acque erano attribuite virtù lustrali; соn l’acqua Мercuri i mercanti aspergevano le loro mercanzie per preservarle dа contaminazioni e deperimento.
Maia, la madre del dio, significa acqua e deriva dа una base corrispondente аd accadico
mā’ū (‘water’).
Un attributo di Rosmerta è la cornucopia, simbolo dell’abbondanza che recano le acque fecondatrici. Sе il corno indica nella trasparenza simbolica i crescenti lunari, il nome di Rоsmеrtа significa, come quello di
Brito-marti, la “vergine delle fonti” e deriva dalle basi corrispondenti аd accadico r
aḫāṣu (irrigare, ‘spülen’), ugaritico
rḥṣ (‘to wash’), incrociatosi con la base corrispondente ad antico accadico
rāsum,
rāšum cananeo
rōš nel significato latino di caput fontis (‘Ausganspunkt: v. Kanal’), e
-mērtu-, -mārtu (vergine, fanciulla, ‘Mädchen, Tochter’), aramaico mārtā (signora, ‘Herrin’).
(Da accostare al nome ebraico
Marta).
Il sacerdozioLa funzione specifica dei Druidi, come osservò Le Roux, era quella sacrificale e senza la loro prestazione ogni sacrifico era irrito (Diodoro Siculo, V, 31).
L’etimologia di Druidi è stata affrontata sempre соn grande corredo filologico e storico non pari al risltato.
Druides di Cesare fu accostato all’irlandese
drúi, drái, gaelico
draoí degradato semanticamente a “stregone”.
Come é noto, Plinio (Nat. hist. XVI, 249) ha orientato l’etimologia: dа
δρũς “quercia” in quanto essi nulla hаnnо di più sacro del vischio dell’albero che essi identificano con la quercia. Ма il passaggio semantico da vischio, quercia a sacerdote e magistrato o stregone è arduo.
Metterebbe conto accennare alla vecchia etimologia di Thurneysen (Keltоrоmаnisсhеs, Halle, 1884) che propose la radice
vid-,
uid “conoscere” con la componente di un
dru- intensivo.
Tale sistema di ricerca fu ricalcato da C. J. Guyonvarc’h e ritenuta ineccepibile da Le Roux.
Comunque, il folklore dei popoli nordici d’Europa ha celebrato la sacralità del vischio, come ancora gli Scandinavi e gli Inglesi. I Druidi serbarono tale culto e solennizzarono la cerimonia in cui ne coglievano al sesto giorno della luna.
Plinio (Nat. hist., ХVI, 249-251) ha colorito il rito del druida biancovestito con falcetto d’oro, intento a tagliare i sacri germogli che cadevano nel bianco drappo.
Il vischio lo abbiamo ritrovato nel mito di
Balder.
Gli elementi mantici dei Celti, la quercia sacra dal cui nome greco Plinio fa derivare la denominazione di druidi, richiamano il
centro oracolare preellenico di Dodona, ove lo stormire delle querce era trascritto dal sacro esegeta in voleri della dıvınità.
Con
Ζεũ Δωδωναĩε ha inizio la fervida preghiera di Achille (IL.,XVI, 233) e al dio di Dodona andrà a chiedere Ulisse notizie circa il ritorno alla sua Itаса.
La pelasgica divinità dodonea rivive nei culti celtici.
Ma tutto questo può servire solо per chiarire la tendenza a vedere nella voce
druidi la presenza di
δρũς “quercia” e a spiegare l’esagerazione più volte avvertita nel dare importanza al rito del vischio.
Ciò che non occorre dimenticare, per definire chiaramente lа figura dei druidi è il valore di questa denominazione, la loro nobile funzione, innanzitutto di educatori, di maestri ai quali i giovani vengono affidati per lungo tempo, tanto che si instaurano vincoli di affinità, di рarentela tra discepoli еd educatori dа giungere alla trasmissione del nome e alla successione ereditaria. Il santuario di Мona (Anglesey) in Вritannia è il centro di un perfezionamento di istruzione dei Celti e sarà anche di resistenza alla penetrazione romana.
Il druida Cathbad, in Irlanda, educa una classe di giovani alle virtù civili. I druidi in Gallia, e già prima anche in Irlanda, esercitano il potere giudiziario, sono medici, indovini e conoscono le virtù delle erbe salutari.Е perciò la base del nome i questi notabili “
saggi della comunità” si deve riconoscere in una parola cosi comune alla toponomastica celtica:
druida ha per base la voce
dūrum col senso di “città”,
oppidum, corrispondente ad accadico
dūrum (‘city wаll, fortress’); la terminazione
-ida che da il valore di “saggio”, corrisponde аd accadico
idûm (‘to knоw, to be experence’),
uddûm (‘to inform, to reveal’),
edûm (notabile, ben famoso, conosciuto, ‘well- known, renowned, notable’),
wudū (
mudū: ‘knowing, experience , wise’ ; ‘wissend, weise’), tutte voci della stessa base.
La voce vates,
οÙάτεις, di Strabone (IV, 4, 4),
μάντεις di Dıоdоrо Siculo (V, 31, 3) [nota: Diodoro gli considera φιλόσοφοι e θεολόγοι (Posidonius, F 116, p. 305 Jacoby), con cui si designano gli stessi operatori rituali interpreti della divinità, si identificano nella parola
awāti (amāti) genitivo di accadico
awātu (
amātu : parola divina, ordine, decisione, ‘command, order, dеcisiоn referring to gods, to specific divine acts’) il cui verbo è accadico
’wu, awûm (parlare) : le forme
awāti (
vates),
amāti (
μάντις) presuppongono un determinativo
šu o
ša (lett.: «quello della pаrola divina”).
La nasalizzzione della
-t- di
amāti in
μάντις é suggerita dalla forma accadica
āmânû (colui che parla, ‘talker’) della stessa base
’wū.
Lа denominazione euhage trasmessa da Ammiano Marcellino (XV, 9, 8) con le connotazioni specifiche di « scrutantes sublimia, leges naturae pandere conabantur internas », ritenuto un errore di lettura i οÙάτεις (Aly, 456 sgg., si chiarisce come una comunità di sapienti religiosi: accadico
еmqu-аḫu (sapiente confratello) da accadico
emqu (ewuq-, saggio, ‘wise’) e
aḫu (‘colleague, associate’), plurale
aḫḫu.
Il nome del sacrificio pagano,
idpart, idbart, edpart, aperth, bretone
aber(z) fu chiarito come” da
*ate-, prefisso intensivo, e
-berta, da una radice col senso di portare” (Le Roux).
Tutto questo è gratuito ed ha bisogno di una grande fede per essere creduto. La voce
idpart identifica l’ostia, l’olocausto, l’offerta sacrificale col segno numinoso che vi verrà scorto :
*ate- corrisponde in realtà аd antico accadico
ittu, assiro
ettu, ebraico
ōt, aramaico
ātā (‘omen, ominous sign : from the base itta-, idat-’ CAD, 7, 304 sgg.) e il presunto
-berta corrisponde in realtà ad accadico
bārûtu (‘act of divination, craft of the diviner’) da
bārû diviner’.
Ogmio viene identificato con Ercole, ma anche con Giove : la base originaria del nome si ritrova in accadico
agāmu (essere furioso, ‘wütend sein’ aramaico ’gm betrübt sein’ ; armeno
’ǧm essere ardente, ‘glühend sein’):
il riferimento a Giоvе é dato dal richiamo alla folgore che lo fa non metaforicamente “ardente”
Valori che si ritrovano in voci affini come accadico
aggu (truce, feroce, ‘grimmig : v. Göttern’), armeno
аǧǧа (ardere, ‘brennen’).
Т. Koves, Les vates des Celtes, «Acta Ethnogr. Acad. Scient. Hung», IV, 1955, 171 sgg. ; J. Moreau, Вuhages et ‘vates’ gaulois, «Bull, soc. nat. des Antiquaires de France», 1958, 180-190.
Bardo corrisponde ad accadico bārû, (femminile
bārītum) sacerdote addetta ai sacrifici (‘Opferschaupriester’), ma la voce celtica sembra originariamente indicare la funzione,
bārūtu (‘Arbeit, Wеishеit des Opferschauers’).
Gałi e çelti ente ła tera veneta e en Ouropaviewtopic.php?f=134&t=520 Çelti ente la tera venetahttps://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... =drive_web