Evasione, elusione, sopravvivenza e legittima difesa

Evasione, elusione, sopravvivenza e legittima difesa

Messaggioda Berto » sab mag 03, 2014 10:14 pm

Tempi di crisi: minacce e insulti agli ispettori del lavoro in nero

Funzionari dell'ufficio provinciale denunciano sempre più casi di tensione da parte delle aziende controllate. E scattano perfino esposti in procura

http://www.ilgiornaledivicenza.it/stori ... ro_in_nero

03/05/2014

VICENZA. Tentare un blitz per scovare camerieri assunti in nero ed essere aggrediti dai locali della pizzeria.
Urla, spintoni, insulti e perfino il sequestro di due ispettori donna e la telefonata ai carabinieri che hanno riportato la calma.
Succede anche questo nell'epoca in cui a verificare irregolarità nelle micro aziende e locali pubblici, si passa dalla parte del torto, dalla parte di chi non capisce «che in tempi di crisi tutto è possibile», come si sono difesi i titolari di una pizzeria nel thienese qualche mese fa, quando nel loro locale sono entrati tre ispettori del lavoro dell'ufficio provinciale.
Alla fine il titolare ha pagato la multa, salata, ma nessuno ha sporto denuncia.
«Può bastare così», avrebbero detto i dipendenti dell'ispettorato.
È uno dei tanti racconti che filtrano dalla sede di via Torino dove dalla Direzione provinciale del lavoro, vengono inviati sul territorio una ventina di ispettori che si muovono su segnalazioni, denunce e su obiettivi del ministero.
Nel 2013 ad esempio, su mille controlli, circa il 70% ha rivelato una qualche irregolarità. (...)

Eugenio Marzotto
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » lun mag 19, 2014 7:44 pm

http://www.life.it

Il fisco che uccide
Pubblicato 19 maggio 2014 | Da daniele

In questo video Luciano Dissegna spiega perchè in Italia il Fisco è assassino

https://www.youtube.com/watch?v=46PFFFQ ... e=youtu.be

L’Agenzia delle entrate manda in rovina l’Italia
Pubblicato 19 maggio 2014 | Da daniele

Il funzionario pentito (Luciano Dissegna socio di LIFE Padova - Dissegna el parla come talian):
“Spara accertamenti a caso, perde il 50% delle cause e uccide l’economia per ingrassare i tributaristi”.

di Stefano Lorenzetto da “Il Giornale” di Dom, 18/05/2014

Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle entrate, 304.000 euro di stipendio annuo, ha annunciato che entro fine mese andrà in pensione. Avrei qui pronto il sostituto (non d’imposta, bensì umano): Luciano Dissegna. Costo per i contribuenti: zero euro. Sì, lo farebbe gratis. Il curriculum è ragguardevole.
Per 30 anni leale servitore dello Stato, che lo assunse per concorso nel 1977, Dissegna ha lavorato negli uffici del registro di Montebelluna e Borgo Valsugana, nell’ufficio Iva di Trento, nell’ufficio imposte dirette di Bassano del Grappa, all’ispettorato compartimentale imposte dirette di Venezia, all’ispettorato dell’Agenzia delle entrate di Trieste.

Infine è stato dirigente in Friuli Venezia Giulia e direttore a Thiene, Montebelluna e Schio della medesima agenzia.

C’è un solo problema: Dissegna si è dimesso nel 2009 per protesta, accettando il prepensionamento con otto anni di anticipo, perché ritiene d’aver constatato di persona come l’Agenzia delle entrate sia un carrozzone pachidermico e inefficiente, in una parola inutile. «Procura più danni che vantaggi alla nazione. Peggio: arriva a comportamenti che rasentano il falso, la minaccia, la violenza, la ritorsione e persino l’estorsione, come documentato in un esposto indirizzato da un mio assistito alle autorità preposte e rimasto lettera morta. Più che quella delle entrate, se fossi Matteo Renzi io istituirei l’Agenzia delle uscite per mettere sotto controllo la spesa pubblica, il vero cancro di questo Paese».

Dissegna, 64 anni, vicentino, è un tributarista, una via di mezzo fra l’avvocato e il commercialista. «Ma non posso dire d’essere passato dall’altra parte della barricata. Semplicemente resto sempre dalla stessa: quella dei più deboli, i contribuenti. Contro le vessazioni dell’erario e contro gli esperti a gettone che lucrano sulle disgrazie di chi non sa come difendersi dallo Stato sanguisuga». Con il primo dei suoi quattro figli, penalista a Milano, assiste aziende e privati nei contenziosi con l’Agenzia delle entrate. Lo fa da novello Robin Hood, cioè gratis nel 95 per cento dei casi. Per esempio con un rimborso di 700 euro per una consulenza che uno studio professionale voleva farsi pagare 130 volte tanto.

Se gli chiedi ragione di questo comportamento, Dissegna ti spiega che i 3.200 euro netti di pensione e l’attività della moglie bastano e avanzano e ti mette con noncuranza sotto gli occhi la foto a colori, stinta dal tempo, di un ragazzo vestito da chierico: «Dagli 11 ai 18 anni sono stato in seminario dai Fatebenefratelli. Volevo diventare prete e lavorare negli ospedali. Poi mi sono accorto che esistevano le donne e ho avuto una crisi religiosa. L’inclinazione ad aiutare il prossimo ce l’ho nel sangue. Di quattro fratelli, sono l’unico che ha potuto studiare e laurearsi. Di giorno costruivo blocchi di cemento con mio padre, un ex contadino; di sera rimanevo curvo sui libri fino a quando non crollavo dal sonno. Ciò non toglie che mi senta un privilegiato. Qualcosa devo restituire».

Dissegna è arbitro della Consob, uno dei 600 in Italia ammessi per titoli ed esami a dirimere le controversie in materia societaria e borsistica. Di concorsi pubblici ne ha vinti ben 10 nella sua vita. È stato advisor societario e fiscale della Bastogi. Dal 1995 al 1999, dopo la bufera di Tangentopoli, i concittadini gli hanno messo in mano la scopa, eleggendolo sindaco di Romano d’Ezzelino, il paese della provincia di Vicenza dove abita, e lui s’è distinto per aver varato l’unica giunta comunale d’Italia che andava da Forza Italia a Rifondazione comunista.

Che cosa non funziona nella lotta all’evasione fiscale?
«Dati alla mano, è una delle principali cause del crollo dell’economia nazionale. Tutto parte dal fatto che l’Agenzia delle entrate accerta ogni anno 30 miliardi di maggiori imposte, che con l’aggiunta di sanzioni, interessi e aggi esattoriali salgono a 70. Circa due terzi di essi, diventano oggetto di contenzioso. Per difendersi, i ricorrenti devono farsi assistere da tributaristi, avvocati e commercialisti, tutta gente che costa un occhio della testa. Nei primi due gradi di giudizio, quindi senza tenere conto del terzo in Cassazione, imprese e cittadini sopportano costi pari al 10 per cento dell’accertato: miliardi di euro. Se invece “definiscono”, come si dice in gergo, cioè pagano subito per evitare sanzioni e rischi del contenzioso, devono comunque rassegnarsi a grosse parcelle calcolate sul “risparmiato”. In pratica i professionisti si fanno dare almeno un 10 per cento».

Vediamo se ho capito bene. L’erario pretende da me 100.000 euro senza motivo.
Il mio tributarista lo convince ad accontentarsi di 10.000 e poi mi chiede 9.000 euro di parcella per avermene fatti risparmiare 90.000?
«Esatto. È come se lo Stato pagasse una pletora di dipendenti che vanno in giro con una mazza a fracassare le gambe della gente per dare lavoro agli ortopedici. L’Agenzia delle entrate conta più di 33.000 dipendenti, il 7-8 per cento sono addetti al contenzioso. Uno spreco inaudito. Aggiunga gli incalcolabili costi in termini di giornate lavorative perse, malattie, stress. Un’azienda su tre chiude a seguito di una verifica. Quando non si arriva al suicidio del titolare. E non basta».

Il suicidio non basta? Che altro c’è?
«I contribuenti sospettati di evasione vincono il ricorso nel 50 per cento dei casi. Risultato: dei 70 miliardi accertati, l’Agenzia ne incassa appena 7 l’anno. Quindi i costi sostenuti da cittadini e imprese per tutelarsi superano di gran lunga gli introiti della lotta all’evasione. Una follia. Così va a picco il Paese. È in corso un mastodontico trasferimento di risorse dall’economia reale, rappresentata dalle aziende, a quella virtuale, rappresentata dai professionisti che assistono la gente trascinata in giudizio».

Un momento, mi perdoni, ma studi legali e commercialisti non danno forse da mangiare a tante famiglie?
«Ah, perché lei pensa che questo fiume di denaro venga utilizzato nell’acquisto di beni strumentali o nell’assunzione di nuovi dipendenti? Andiamo! Non crederà che i vari Giulio Tremonti, Victor Uckmar, Vittorio Emanuele Falsitta – per citare alcuni tributaristi di grido – comprino un computer al giorno o arruolino un’impiegata a settimana? È già tanto se lo fanno ogni 10 anni. Ergo, i soldi finiscono soprattutto nei loro conti correnti. Ma, dico io, siete tutti bravissimi, perché non vi date all’imprenditoria? Diventereste di botto altrettanti Armani, Ferrero, Barilla, Caprotti, Squinzi».

Come fa l’erario a perdere il 50 per cento delle cause? È assurdo.
«Per forza: spara accertamenti iperbolici a casaccio. L’aggravante è che martella le piccole imprese, andando in cerca di quattrini dove non ci sono. Perfino Befera è stato costretto ad ammettere che “esiste l’evasione di sopravvivenza”. Quindi, anche quando l’accertamento va a buon fine, i soldi che cerca di riscuotere non li trova: l’evasore li ha già spesi per campare. Insomma, l’Agenzia tartassa i contribuenti sbagliati e così porta a casa solo 1 euro su 10. E questo nonostante disponga di strumenti da regime poliziesco. Ti blocca tutti i beni al sole: casa, terreni, conti correnti, auto, barche, quadri, tappeti, mobili. Può persino, grazie a recenti sentenze della Cassazione, spremere i soci di una Srl, obbligandoli a rispondere in solido di un’evasione compiuta dalla società. Non se n’è accorto nessuno, ma di fatto la responsabilità limitata è stata abolita».

Lei ha denunciato pratiche estorsive da parte dell’Agenzia delle entrate. Mi pare un’accusa gravissima.
«Stia a sentire che cos’è accaduto. Un mio assistito di Treviso ha un’azienda che produce insaccati. Gli intimano, a capoccia, di pagare 2,3 milioni. Presento ricorso alla commissione tributaria provinciale: vinto. Il mio cliente non ha evaso alcunché, quindi al fisco non deve niente. A quel punto, se non fosse mio amico, potrei chiedergli il 10 per cento su quanto ha risparmiato: quindi 230.000 euro. Invece se la cava con 3.000, le spese vive. Ebbene: lei non crede che, pur di sottrarsi all’incubo di dover sborsare 2,3 milioni di euro, egli non sarebbe stato disposto a versarne senza motivo almeno 800.000, come l’Agenzia era arrivata a proporgli dopo una spossante trattativa? E questa che cosa sarebbe stata se non un’estorsione? Nell’esposto il mio assistito ha documentato una quarantina tra falsi, abusi, violenze, minacce».

Documentati come?
«Registrando di nascosto tutti i suoi colloqui con i funzionari del fisco. I quali hanno riconosciuto che il loro accertamento era “spannometrico”. In un dialogo, il capo dell’ispezione, avendo fallito nel suo intento vessatorio, ha ringhiato che sarebbe scoppiato “un casino della madonna”. E infatti due giorni dopo è stato aperto un secondo accertamento su un’attività marginale, di tipo filantropico, che il mio assistito ha in corso».

Una ritorsione.
«Già. Non bastava che gli avessero contestato 1,19 milioni di ricavi in più. Al che il malcapitato ha obiettato: scusate, stiamo parlando di prodotti a base di carne, estremamente delicati, perché non avete allertato i Nas, denunciando che la mia azienda starebbe smerciando in nero il 95 per cento degli insaccati? E i veterinari che vengono due volte a settimana a controllare e che hanno libero accesso alle celle frigorifere che cosa sono, miei complici? Risposta, testuale, del funzionario dell’Agenzia delle entrate: “Io mi ricordo di aver visto certi filmati di Striscia la notizia dove se ne vedevano di cotte e di crude sui bovini”».

Ma non c’è un direttore provinciale che sorvegli questo funzionario?
«Certo che c’è. E sa che cos’ha risposto per iscritto costui quando gli abbiamo contestato i comportamenti del suo sottoposto? “Normale rapporto fisco-contribuente”. Come dire che minacce e abusi rientrano fra i metodi usuali dell’Agenzia delle entrate. Non basta: il professor Aldo Rossi, ordinario di tecnica e gestione dei sistemi industriali dell’Università di Padova, ha riscontrato “grossolani errori, logici e di calcolo, finalizzati a gonfiare, in modo approssimativo, maldestro, arbitrario e perfino assurdo i ricavi della società verificata”».

Lei che rimedi consiglierebbe?
«L’Agenzia dovrebbe “accertare” solo se è sicura al 100 per cento, applicando il principio “In dubio pro reo”. Quando fui nominato direttore, dissi ai miei impiegati: guai a voi se mi presentate un accertamento che non sia sostenibile in giudizio al 101 per cento. Sa quanti ne stracciai per manifesta infondatezza?».

Perché lo faceva?
«Per impedire che le imprese foraggiassero i professionisti del nulla. E per non dare troppo potere a me stesso e agli accertatori. In ogni contenzioso privo di fondamento la corruzione è in agguato: ti chiedo tanto, trattiamo, ti faccio pagare poco, adesso sgancia qualcosa per averti aiutato. Mi sono spiegato?».

Perfettamente.
«Da quel momento crollò il contenzioso. Eppure, si tenga forte, fra il 2003 e il 2008 gli uffici diretti da me furono quelli che incassarono di più in tutto il Veneto in proporzione al numero di contribuenti. Semplice: chiedevamo 10 anziché 100 e tutti preferivano versare le tasse anziché stipendiare i tributaristi».

Invece altrove che accade?
«Lo Stato bussa alla porta dei poveracci. Tartassa l’idraulico con tre figli da crescere anziché il ginecologo con un Rolex d’oro per polso. La pesca a strascico costa meno fatica e qualcosa consente sempre di tirar su. Mentre quella selettiva richiede pescatori professionisti».

L’Agenzia delle entrate non ne ha?
«Ne ha. Ma le nomine nella pubblica amministrazione sono quasi sempre connotate da metodi clientelari, mafiosi. E l’erario non mi pare un’isola felice».

Gli accertatori riscuotono provvigioni in busta paga?
«Altroché. I dirigenti sono premiati con soldi e promozioni in ragione del gettito conseguito. E gli accertatori si mettono sulla loro scia per progredire nella carriera pure loro. L’80 per cento degli incarichi interni all’Agenzia delle entrate non sono conferiti per concorso, bensì assegnati in forma totalmente discrezionale».

Come se ne esce?
«Bisognerebbe tassare i redditi in misura inversamente proporzionale al rischio di perderli. Basta schiacciare un bottone: vediamo subito quanti perdono l’impiego nel pubblico e quanti nel privato. Dopodiché il primo lo tassiamo il doppio del secondo. Sarebbe una riforma epocale: frotte di nullafacenti aprirebbero all’istante una partita Iva, si dedicherebbero a lavori umili, andrebbero a sgobbare nei campi per pagare meno tasse, e addio pubblica amministrazione faraonica. Ma lei crede che Matteo Renzi possa metter mano a una roba del genere? Campa cavallo».
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » ven giu 06, 2014 8:43 pm

La Gabbia - Ecco i metodi di Agenzia Delle Entrate (04/06/2014)

Se ascoltate bene, i funzionari coinvolti in questa vicenda, non hanno accenti esotici ma la loro cadenza linguistica è indubbiamente nostrana. I nostri aguzzini abitano tra di noi, parlano come noi, sono Veneti come noi ma, diversamente da noi, nutrono un odio nei confronti di chi ha scelto un lavoro autonomo, che diventa razzismo. Un razzismo nuovo, fratricida, non più contro chi è diverso di colore, di fede politica, di religione, di lingua ma contro chi ti è simile al 99,9% ma ha la sola colpa di aver scelto un lavoro autonomo e per questo è un criminale da torturare. Lo Stato italjano, da 150 anni, punta sull’ indottrinamento ideologico, sui falsi miti, quali fonti di garanzia per la sua sopravvivenza.

Per quanto ancora, i Veneti, potranno rispettare istituzioni che alimentano il fuoco del terrore tributario e del razzismo contro di loro?

E cosa potrà accadere a questi kapò veneti, aguzzini dei loro consanguinei, quando i Veneti si saranno liberati dal giogo italjano?

Chi semina il vento dell’odio e del razzismo non potrà che raccogliere tempesta, la vendetta dei miti, la vendetta dei Veneti.

http://www.life.it

https://www.youtube.com/watch?v=_41jx3R ... e=youtu.be
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » gio lug 24, 2014 2:26 pm

Partite Iva "sta per scoppiare una bomba sociale"

https://www.youtube.com/watch?v=isKk7GIjc2E
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » mar dic 02, 2014 6:24 am

"Appena i cittadini capiranno i vostri inganni, vi impiccheranno".

https://www.facebook.com/video.php?v=882046445161601
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » sab feb 21, 2015 9:42 pm

Istat, povertà al Sud. Ma il presidente Inps scrive: servirebbero salari più alti del 48% per vivere al Nord
20 Feb 2015

http://www.lindipendenzanuova.com/istat ... re-al-nord

di BRUNO DETASSIS

Dossier sulla povertà. Sei famiglie su dieci sono sotto il reddito medio e il record spetta al Sud, spiegano i dati Istat. Poveri secondo il reddito, ma sono sempre e comunque poveri rispetto al costo della vita? Questo capitolo non viene mai affrontato. Affitti, alimentazione, spese quotidiane… Mai vengono parametrati per offrire una visione più ampia del fenomeno. Il Nord resta ricco, il Sud resta povero. Dicono.

Vediamo intanto i dati. Nel 2012 circa il 62% delle famiglie residenti in Italia ha conseguito un reddito netto inferiore all’importo medio annuo pari 29.426 euro, circa 2.452 euro al mese). Il rapporto “Noi Italia” dice anche che in Campania si osserva la più elevata diseguaglianza nella distribuzione del reddito, mentre in Sicilia si registra il reddito medio annuo più basso (circa il 29% in meno del dato medio italiano).

La Sicilia, dunque, presenta il reddito medio annuo più basso (20.897 euro, il 29% in meno del dato medio italiano); inoltre, in tale regione, in base al reddito mediano il 50 per cento delle famiglie si colloca al di sotto di 17.690 euro annui (circa 1.474 euro al mese). All’opposto, la provincia autonoma di Bolzano presenta il più alto reddito familiare medio annuo (36.410 euro), seguita dalla Lombardia (34.097 euro) e dalla provincia autonoma di Trento (32.562 euro).

In Italia sono oltre 10 milioni le persone in condizioni di povertà relativa, che presentano una spesa per consumi inferiore alla soglia di riferimento. Si tratta del 16,6% della popolazione.

Le statistiche si basano sull’indicatore di deprivazione, che scatta quando si presentano almeno tre sintomi (dopo i quattro si parla di seria deprivazione) su un set di nove. La lista del fattori di rischio va dal non poter sostenere spese impreviste, ad accumulare arretrati nei pagamenti (mutui, affitti, bollette).

Finisce qui? No.

Ci spiace dover riesumare cose anche già scritte, ma se ogni volta che leggiamo le statistiche, non troviamo anche il raffronto col costo della vita, il dossier è fuorviante e miope. Scrivevamo che….

Secondo gli economisti Tito Boeri (Bocconi,ora presidente Inps), Andrea Ichino (European University Institute) ed Enrico Moretti (Berkeley), il Sud sta a volte meglio. Nel loro libro “Costo della casa e differenze salariali in Italia”, emerge con gravità la diversa velocità di spesa in particolare per la prima voce nel bilancio delle famiglie, la casa, che influenza e cambia radicalmente il costo della vita in una specifica area geografica, generando un “effetto trascinamento” per tutti gli altri acquisti (sia di beni che di servizi).

A parità di salari, alcune province del Sud hanno più potere d’acquisto. E chissà che dire con le pensioni.

I salari reali di Ragusa sono più alti di quelli di Milano del 38%, per via del minore costo della vita. Se volessimo metterci al pari, spiegano i professori, per avere lo stesso potere d’acquisto, le retribuzioni a Milano dovrebbero crescere del 37% per un bancario e del 48% per un insegnante.

Fatti due conti, dove si guadagna di più in termini di potere d’acquisto? Dove vivere costa meno. Ovvero Caltanissetta, Crotone, Enna; mentre le ultime si concentrano al Nord: Sassari, Aosta e Milano.

“L’uguaglianza dei salari nominali – ha commentato Andrea Ichino – anche se è preferibile, vista la preferenza collettiva per l’equità, genera di fatto ineguaglianze, rendite, sconfitti e vincitori”.

Che ne pensa l’Istat di un prossimo dossier sul costo della vita e le ineguaglianze che genera?
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » gio feb 18, 2016 10:50 pm

Evasione Fiscale: stima del livello di ogni Regione Italiana e degli Stati Europei

http://www.rischiocalcolato.it/2014/12/ ... ropei.html

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... fiscal.jpg
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » mar apr 05, 2016 2:14 pm

Magari fossimo a Panama - L'intraprendente
Gianluca Veneziani

http://www.lintraprendente.it/2016/04/m ... o-a-panama

Mentre monta lo scandalo delle società offshore centroamericane, si scopre che in Italia la tassazione media ha toccato il 43,5%. Molto meglio i paradisi fiscali che l'inferno fiscale in cui viviamo...


Ma ditemi la verità: voi preferireste vivere in Paradiso o all’Inferno? No, perché a leggere i commenti degli indignati di professione oggi sui giornali, sembrano tutti scandalizzati per la storia dei Panama Papers, cioè per quei ricconi, big del mondo, vip, campioni, attori e capi di Stato, che avrebbero occultato i loro soldi, destinandoli a società offshore panamensi ed eludendo così il fisco per decine o centinaia di milioni. “Ladri”, “evasori”, “ricchi” (ché la ricchezza, per alcuni, è già di per sé motivo di insulto), è il grido unanime, rivolto a tutti i grandi che figurerebbero nella lista nera, dal calciatore Messi a Luca Cordero di Montezemolo, dal presidente ucraino Poroshenko al presidente russo Putin (sì, anche il fiero avversario dell’Occidente capitalista, quando può, coglie tutte le opportunità del liberismo. Ma questo è un altro discorso…).

Ebbene poi capita che lo stesso giorno vengano fuori gli ultimi dati Istat sulla pressione fiscale media in Italia e si scopra che nel 2015 ha toccato la quota quasi record del 43,5%, superando i livelli del 2014 e del 2013 (quando si era attestata rispettivamente al 43,1 e al 43,4), oltre le più rosee stime del governo, che come sempre non ci ha azzeccato. E questo senza considerare il carico fiscale sulle sole imprese, il cosiddetto total tax rate che nel nostro Paese raggiunge la cifra folle del 64,8%, numeri enormi se paragonati a quelli di altri Stati europei, dalla Spagna dove tocca il 58, alla Germania dove sfiora il 50 alla Gran Bretagna, in cui è appena del 34%. In sostanza, nel nostro Paese, due terzi dei guadagni le imprese devono versarli allo Stato. E le aziende, fino ad agosto, lavorano solo per foraggiare la Bestia dell’apparato pubblico, riservandosi di poter pensare al proprio utile (quando e se ci riescono) solo gli ultimi quattro mesi. Be’, in un Paese così, è impossibile non solo vivere ma anche lavorare e pagare le tasse. E da un Paese così viene tanta voglia di fuggire, non solo per cercare lavoro ma soprattutto per cercare un po’ di ossigeno rispetto all’oppressione fiscale. Altro che rientro dei cervelli (e dei portafogli) in fuga…

E così ti imbatti nel caso-Panama. Che è uno Stato molto ambito per i depositi finanziari di oligarchi, campioni e capi di Stato non solo per le spiagge e il clima, e non solo perché, in un lembo di terra, unisce due sub-continenti e mette in collegamento due oceani. Ma soprattutto perché al suo interno quel mostro chiamato Fisco non ha pressoché alcun peso, perché nel caso peggiore – di grandissimi guadagni – le tasse sul reddito raggiungono il 26%, quelle sulle rendite sono nulle, si può detrarre tutto, dalle tasse universitarie alle spese auto fino alle spese mediche e di farmacia, l’Iva è ferma al 7%, c’è un’esenzione fiscale totale sugli immobili per 20 anni nel caso di nuovo acquisto (altro che abolizione della Tasi sulla prima casa) e non ci sono mai prelievi forzosi sui conti in banca né tanto meno controlli occhiuti da Grande Fratello fiscale…

Be’, in un posto del genere, viene forte la tentazione di viverci, trasferendo oltre che se stessi anche i propri soldi. Ed è una tentazione che viene a tutti, mica solo ai grandi del mondo; viene anche ai comuni mortali i quali, costretti a vivere tra i dannati tartassati, sperano di godere un giorno della luce dei beati senza fisco.

E già, se l’Inferno sono le tasse, il girone degli evasori si trova in Paradiso.
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » mar apr 05, 2016 2:15 pm

Panama Papers, coinvolti anche Jean-Marie e Marine Le Pen. Il "tesoro" di famiglia intestato a maggiordomo - Il Fatto Quotidiano
di F. Q. | 5 aprile 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... me/2608519

Secondo Le Monde, una parte della ricchezza (banconote, lingotti, monete d’oro) del fondatore del Front National è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000. Nella lista anche stretti collaboratori della presidente del Front National. Nelle liste Mossack Fonseca anche presidente di Transparency International in Cile: si dimette. Indagini Gdf Torino per riciclaggio

Gli oltre 11 milioni di documenti riservati denominati “Panama Papers“, pubblicati in contemporanea dai media di mezzo mondo, in Italia dall’Espresso, sta scuotendo i palazzi del potere da un angolo all’altro del globo. Si tratta di file provenienti dagli archivi della studio legale Mossack Fonseca, con sede a Panama, che dettagliano le attività di creazione di oltre 200mila società offshore in paradisi fiscali di centinaia di personaggi famosi.

La lista delle personalità coinvolte include anche la famiglia Le Pen. Non solo Marine, attuale leader del Front National, ma anche il padre Jean-Marie. Secondo Le Monde, una parte della ricchezza nota come “il tesoro” del fondatore del Front National è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000. Banconote, lingotti, monete d’oro, ci sarebbe di tutto nel “tesoro”, intestato al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo di Jean-Marie e della moglie Jany Le Pen. Stretti collaboratori di Marine Le Pen, il “cerchio magico” della presidente del partito della destra transalpina, sono accusati di aver messo in piedi “un sistema offshore sofisticato” nell’ambito di Panama Papers. La giustizia di Parigi ha aperto dall’aprile dello scorso anno un’inchiesta su Marine per “finanziamenti illeciti” e secondo Le Monde gli inquirenti erano alla ricerca dal 2015 del presunto “tesoro” del fondatore del Front National, costituito da “una società nascosta alle Isole vergini britanniche, un conto segreto a Guernesey e 2,2 milioni di euro in biglietti bancari, lingotti e monete d’oro”.

Intanto in Italia partono le prime indagini per riciclaggio sul caso ‘Panama Papers’. Ad avviarle oggi il nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Torino, su delega della Procura della Repubblica del capoluogo piemontese. “Le fiamme gialle sono state delegate – spiega la Gdf – ad acquisire dati e informazioni in ordine ai contenuti della lista ed avviare le procedure necessarie per l’acquisizione della medesima”.

Proteste in Islanda contro il primo ministro Gunnlaugsson – Migliaia di cittadini in piazza per chiedere dimissioni del premier. Più di 26mila persone (quasi l’8% della popolazione residente) hanno firmato una petizione online in cui chiedono le dimissioni del primo ministro del Paese, Sigmundur Gunnlaugsson, dopo che alcuni dettagli sugli affari finanziari della sua famiglia sono stati rivelati nei ‘Panama Papers’. Il premier dell’isola nell’Atlantico, intervistato dalla tv svedese, sbotta: “Domande sul fisco? Sono fuori luogo” (guarda video). Da parte sua, Gunnlaugsson, accusato di nascondere milioni di dollari di investimenti nelle banche del Paese dietro una società offshore, ha affermato che non sono state violate regole e né lui né sua moglie hanno beneficiato finanziariamente. Il premier ha aggiunto che non ha intenzione di dimettersi.

Media cinesi oscurano notizie su politici coinvolti – Mentre in tutto il mondo vengono pubblicati i nominativi delle persone coinvolte, in Cina i media locali oscurano le notizie che riguardano i dirigenti politici inseriti nei Panama Papers. Pechino limita la diffusione delle notizie sui i documenti trapelati dallo studio legale centroamericano e rivelati dai media internazionali a proposito di 214mila società offshore. Tra queste ultime, riferiscono i documenti, alcune sono legate alle famiglie del presidente cinese Xi Jinping e ad altri attuali e passati alti esponenti del Partito comunista cinese. Digitando la parola ‘Panama” sui motori di ricerca cinesi si trovano storie sui media sull’argomento, ma molti link sono stati disabilitati oppure si aprono soltanto su articoli che riguardano personaggi sportivi.

In Cile si dimette presidente di Transparency International – Il presidente della filiale cilena di Transparency International è dimesso il 4 aprile dopo che il suo nome è comparso nelle liste dei Panama Papers. I documenti pubblicati hanno mostrato che era legato ad almeno cinque società offshore .

“Gonzalo Delaveau presentato le sue dimissioni da presidente di Transparency Cile , che è stata accettata dal consiglio di amministrazione”, l’organismo nazionale ha scritto su Twitter.

Cugino di Assad sotto sanzioni nell’elenco Mossack Fonseca - Anche Rami Makhlouf, cugino di Bashar al-Assad, inserito nel 2007 dagli Stati Uniti nella black list dei dirigenti del regime siriano sotto sanzioni, utilizzava società offshore con l’ausilio dello studio legale panamense. La Mossack Fonseca non era legalmente tenuta a rispettare le sanzioni degli Stati Uniti, ma aveva comunque l’obbligo di rispettare le misure imposte dall’Unione Europea nel maggio del 2011. I documenti rivelano che grazie alle pressioni della banca britannica Hsbc, Makhlouf era riuscito a mantenere i suoi conti bancari svizzeri durante le fasi iniziali della guerra civile costata la vita ad almeno 250mila persone. E questo nonostante un documento ufficiale stilato da un responsabile della Mossack Fonseca recitasse: “Credo che se un individuo si trova su una lista di sanzioni, allora dobbiamo fare ogni sforzo per dissociarci da questi”. Ma, da quanto emerge, l’istituto di credito britannico avrebbe fatto pressioni per evitare la rottura del rapporti con Makhlouf. L’impero finanziario della famiglia Assad, con un patrimonio di circa cinque miliardi di dollari, comprendeva duty free, centri commerciali, banche e la più grande compagnia di telefonia mobile della Siria, la Syriatel. Le sue compagnie erano registrate alle Isole Vergini Britanniche e non erano soggette alle sanzioni Usa. Queste Isole sono però soggette alle sanzioni imposte dall’Unione Europea in quanto territorio d’oltremare del Regno Unito.

Media tedeschi: “C’è anche contratto tra Rosberg e Mercedes”
Jarno Trulli non è l’unico pilota di Formula 1 che compare nelle liste. E non è neanche il più famoso. Perché, a sentire i media tedeschi, c’è anche il contratto tra Nico Rosberg e la Mercedes all’interno dello scandalo. A rivelare la notizia è stata l’emittente Ard, che in ogni caso precisa che “non è chiaro se del denaro sia transitato tramite questa società” in riferimento alla ‘Ambitious Group Limited’, collegata allo stadio legale panamense e che “non ci sono elementi nei documenti che indichino che Daimler AG (società madre di Mercedes) o Nico Rosberg si siano resi punibili di sanzioni”.

Società calcistiche coinvolte: c’è anche l’Inter
Secondo l’Irish Times, nei documenti ci sarebbero anche i nomi di almeno una ventina di grandi calciatori del passato e del presente appartenenti a top club del calibro di Barcellona, Manchester United e Real Madrid. Fra i nomi quello di Leo Messi e dell’ex interista Ivan Zamorano. Tra i calciatori – a sentire il Corriere della Sera – anche Clarence Seedorf, che secondo il quotidiano olandese Trouw ha siglato un accordo di sponsorizzazione nel 2005 con un gioielliere italiano per la sua squadra corse, il “Team Seedorf Racing”, creata con il terzino brasiliano Roberto Carlos. Ma nei files risulterebbero anche i nomi di proprietari attuali o del passato di almeno 20 grandi club di calcio, fra cui Inter, Boca Juniors e Real Sociedad.




Panama Papers, perché è sbagliato parlare di “paradiso fiscale”

“Visti molti paesi di provenienza, quelle persone non temono il loro fisco, ma i loro nemici politici”. Parla Raffaello Lupi, tributarista

http://www.ilfoglio.it/economia/2016/04 ... e_c383.htm

“Nulla fa più notizia di una non notizia. Ora però bisogna stare attenti a non caricare questa vicenda di spirito anti-aziendale”. Raffaello Lupi, professore di Diritto tributario all’università di Roma Tor Vergata, parla con il Foglio del caso Panama Papers. Si tratta dell’enorme mole di documenti trapelati dall’importante studio legale panamense Mossack Fonseca, al centro dell’inchiesta giornalistica partita dalla tedesca Süddeutsche Zeitung e poi condotta dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij). L’enorme mole di dati trafugati contiene informazioni sul lavoro dello studi panamense, quindi sui suoi clienti, le loro società e le attività svolte in vari paradisi fiscali. Tra le persone coinvolte ci sono diversi vip come il calciatore Lionel Messi, il regista Pedro Almodovar, l’attore Jackie Chan (tra gli italiani sono citati il presidente di Alitalia, Luca Cordero di Montezemolo, e l’ex pilota Jarno Trulli), ma la gran parte delle personalità di rilievo appartiene alla categoria dei politici, capi di stato, funzionari, faccendieri e tutto quel sottobosco legato ai rapporti tra politica ed affari.

In questo senso, Lupi dice che non bisogna cadere in un confusionario sensazionalismo che accosta “faccendieri” ed evasori, fenomeni mescolati nello stesso calderone: “C’è una tendenza culturale secondo cui, siccome ci sono dei ricchi criminali, allora tutti i ricchi sono criminali. In questo caso la gran parte dei nomi importanti è di politici e semi-politici o di persone che gravitano nell’attività relazionale e affaristica con la politica. Nei conti riservati c’è il prezzo delle relazioni, il prezzo degli accreditamenti per fare affari in determinati posti”. Insomma, quelli che mettevano al riparo le loro ricchezze a Panama (con i nuovi impegni sulla trasparenza in futuro sarà molto più difficile, almeno in questo paese) non cercavano di pagare meno tasse, cosa che invece cercano di fare le aziende, ma di nascondere del tutto attività illecite o compromettenti: “Gran parte della vicenda non è tributaria – spiega Lupi – e in un certo senso è sbagliato parlare di paradiso fiscale. Quei soldi sono in gran parte provvigioni, tangenti, commissioni, entrature, chiamiamole come vogliamo, che venivano nascoste perché si temevano polemiche o ritorsioni politiche. Visti molti paesi di provenienza, quelle persone non temono il loro fisco, ma i loro nemici politici. Temono che le loro attività possano essere strumentalizzate e di diventare politicamente deboli perché attaccabili da avversari che probabilmente farebbero la stessa cosa”.

In effetti, a parte il primo ministro islandese e il padre del premier britannico David Cameron (che però di professione faceva il banchiere, quindi probabilmente la cosa è legata alla sua attività professionale), tutti i politici coinvolti provengono da paesi in via di sviluppo, con un elevato tasso di corruzione e instabilità politica: Georgia, Iraq, Qatar, Arabia Saudita, Cina, Ucraina, Sudan, Emirati arabi, Russia. Per fare affari in questi paesi c’è sempre bisogno di qualcuno che ti accredita, che faccia da intermediario con i governanti. “Questo non è un riflesso del capitalismo – dice Lupi - ma è una manifestazione di potere tradizionale, in cui la politica chiede un determinato prezzo. È un ibrido delle società precapitalistiche con l’economia finanziaria”. Solo che questo prezzo riscosso dalla classe politica o dal governo è spesso pericoloso, soprattutto se non sei il sovrano assoluto di un paese: “In paesi come la Cina la corruzione è notoriamente diffusa, ma ogni tanto si fa una campagna anti-corruzione contro quelli meno potenti o caduti in disgrazia. Nei paesi in via di sviluppo il torto e la ragione si misurano in una certa misura col potere politico”.

E il tema patrimoniale è usato spesso in queste battaglie, come insegna la vicenda dell’oppositore russo Mikhail Khodorkovsky, eliminato dal governo per reati finanziari. Questo vuol dire che il tema dell’evasione fiscale, in questo caso, non è così rilevante. Soprattutto perché, nei paesi dei leader politici coinvolti, la pressione fiscale è di per sé bassissima e se anche fosse stata zero, i soldi sarebbero stati comunque occultati in posti con tasse più elevate: “Il loro problema non è fiscale – dice Lupi – ma è politico, non farsi accusare dagli avversari. Se si usa l’espressione ‘paradiso fiscale’, va intesa come sinonimo di riservatezza, non rispetto al fisco ma rispetto ai tuoi nemici politici”. Un paradiso politico, insomma.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » mer mag 04, 2016 6:23 am

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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