Evasione, elusione, sopravvivenza e legittima difesa

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Messaggioda Berto » dom gen 12, 2014 4:10 pm

Evasione, elusione, sopravvivenza e legittima difesa
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... f=94&t=366



I primati dello stato italiano e dell'Italia in Europa e nel mondo
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =22&t=2587

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è il paese occidentale dove vi è l'evasione più alta: quella buona da necessità e per sottrarre alla voracità predatoria de l fisco italico parassita; e quella cattiva da elusione e avidità;




L’imprenditore in crisi che non paga le tasse non è un evasore. Parola di giudice

http://www.lintraprendente.it/2014/01/l ... di-giudice

«Un imprenditore che paga i dipendenti ma non le tasse non è un evasore».
Storica sentenza della Corte d’Appello di Venezia che salva dal fallimento una storica segheria di Imprenditori crisi Longarone. Il giudice riconosce per la prima volta la possibilità di chiedere allo Stato la rinuncia a parte del proprio credito nei confronti dell’imprenditore in crisi.
La Cgia di Mestre: «Speriamo faccia giurispurdenza, finalmente si ratifica che gli imprenditori non sono delinquenti».

I titolari della ditta bellunese hanno dichiarato al Corriere del Veneto, ovviamente, di essere «contenti di questa decisione», mentre l’avvocato spiega che il fallimento (ora revocato) era stato «causato dai numerosissimi fallimenti dei propri debitori».
Si tratta di una segheria storica fondata subito dopo la prima guerra mondiale. Molte anche le disavventure, come la sciagura del Vajont che la rase al suolo.

Il principio riconosciuto è che se lo Stato rinuncia a una parte del credito, quel denaro può essere destinato dall’azienda al pagamento dei creditori e quindi contribuendo a tenere in vita l’impresa e perciò anche i posti di lavoro.
Sbalchiero di Confartigianato ha dichiarato sempre al Corriere del Veneto: «Non credo verrà giù tutto perché non credo che il giudice concederà a chiunque la possibilità di chiedere uno sconto sulle tasse allo Stato.
È un buon segno, semmai, perché finalmente si capisce che gli imprenditori non sono delinquenti».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » dom gen 12, 2014 7:25 pm

Contro l’Italia, ogni azienda dovrebbe diventare un centro di resistenza


http://www.lindipendenza.com/contro-lit ... resistenza

di DANIELE QUAGLIA

Italia, tasse, ancora tasse finché… La luce in fondo al tunnel, abbiamo salvato l’Italia… sono slogan che assomigliano pericolosamente ai più datati credere, obbedire, combattere… vincere e vinceremo! Il fatto è che, al di là dell’aspetto comico di questa campagna di propaganda di regime, ce n’è uno tragico, i cui effetti negativi si ripercuotono giorno dopo giorno sulla vita di un sempre maggior numero di cittadini che non arrivano a fine mese. Gli effetti mirabolanti della cura Monti sembrano gli stessi di una cura a base di arsenico; chi resiste ha infinitesime probabilità di sopravvivenza!

Il premier dichiara oggi che il sistema sanitario è a rischio ed è necessario individuare nuove modalità di finanziamento, mentre l’OCSE mette in guardia l’Italia rivedendo in negativo l’andamento del PIL nel biennio 2013-2014 e prevedendo per il 2014 un’altra finanziaria. In modi diversi entrambi annunciano che il sistema Italia ha bisogno di nuove tasse per sopravvivere o quantomeno per rinviare il momento fatidico del collasso; nessuno dei due si chiede, però, chi pagherà.

Le aziende che all’inizio della crisi non avevano una solida struttura economica e commerciale hanno già chiuso, quelle che invece l’avevano si trovano estremamente indebolite da un mercato che rigetta i nostri prodotti per i loro prezzi non competitivi, zavorrati da una tassazione e adempimenti burocratici che non hanno eguali al mondo.

Parte di queste aziende ancora attive sarà costretta a soccombere e chiudere i battenti, altra parte nell’estremo tentativo di sopravvivere delocalizzerà la produzione, pur fuori termine massimo, in Paesi dove costi e adempimenti sono minimi; le poche che resisteranno saranno soggette ad una tassazione che dovrebbe colmare anche i mancati introiti delle aziende defunte.

Se siamo ora ad una tassazione reale del 70%, quanto arriveranno a pagare coloro che caparbiamente avranno mantenuto in piedi la loro attività? Sembra che al peggio non ci sia mai limite a meno che il limite non lo decidiamo noi. Siamo noi imprenditori, tanto vituperati e rei di ogni nefandezza, che inconsapevolmente permettiamo a questo regime di sopravvivere e siamo solo noi a poter decidere quando porre fine a questo sistema autodistruttivo.

Ogni azienda dovrebbe diventare un centro di resistenza contro il sistema, dove organizzare e mettere in atto disobbedienza civile e fiscale, allargata a tutti i collaboratori la cui sorte dipende da quella dell’azienda perché la posta in gioco è grande: affondare con la nave Italia e con essa morire o, salvarsi sulla piccola ma inaffondabile scialuppa dell’indipendenza?
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Messaggioda Berto » dom gen 12, 2014 8:54 pm

Ecco come fregare il fisco tirannico: i sei 6 modi più usati

http://www.lindipendenza.com/ecco-i-6-m ... o-italiano

di LEONARDO FACCO

Se le tasse sono un furto – e in Italia lo sono – non pagarle è legittima difesa. Guai a dirlo, però, passereste per i soliti criminali, che non vogliono dare allo Stato (ladro per antonomasia) il frutto del loro lavoro, indispensabile per mantenere milioni di parassiti, che quando non pasteggiano a ostriche e champagne, si fanno rimborsare anche i 50 cents che spendono per andare al cesso.

Nel frattempo, la pressione fiscale sta stracciando ogni record, le spese delle zecche di cui sopra (e delle loro clientele) crescono e quel poco che rimane della classe di produttori di ricchezza muore. Per ovviare a cotanto furto legalizzato, c’è chi se ne va o se ne è andato. Chi, invece, ha scelto di scendere per le strade (accadrà il 9 dicembre) per cacciarli, chi evade quel che riesce ad evadere e chi adotta altre strategie elusive. Di seguito, ne elenchiamo sei, che per “l’Unità di Informazione Finanziaria” sono definite le più diffuse “piaghe che affliggono l’Italia”, veri e propri “schemi di evasione”, i più utilizzati.

1. Conti correnti personali per aziende - Uno degli schemi che ha ricevuto più segnalazioni (oltre 5mila delazioni nel 2012) è quello che prevede l’utilizzo di conti correnti privati per operazioni svolte da una società. Il meccanismo è il seguente: un’azienda versa su conti correnti intestati ad amici e parenti parte dei propri ricavi, evitando così di fatturarli all’interno del bilancio. La mancata inclusione nel bilancio determina quindi che le tasse a carico della società si frazionino tra più soggetti, diminuendo quindi l’ammontare delle tasse da pagare al Fisco. La parte deviata sui conti correnti dei privati diventa quindi la somma che l’azienda elude.

2. Carte elettroniche – Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom. Secondo il Rapporto dell’Unità di Informazione Finanziaria, queste carte vengono utilizzate spesso in modo illecito, grazie ad una loro caratteristica di base e cioè la scarsa tracciabilità. Il che dimostra che la demogocica battaglia sull’eliminazione del contante (lo confermano loro stessi) è solo una pagliacciata, una misura che sottintende per altre cattive intenzioni da parte dello Stato. Questa tecnica delle carte elettroniche permette infatti di mettere in atto scambi meno controllati, soprattutto quando esse vengono collocate per via telematica. Internet rende molto più difficile l’identificazione degli intestatari, il che permette ai soggetti che intendono eseguire operazioni illecite di utilizzare più facilmente prestanome ignoti al Fisco.

3. Fondi - Altro tipo di schema volto ad evadere le tasse, implica l’utilizzo di fondi che, soggetti allo scudo fiscale, vengono poi re-investiti mediante operazioni in conto corrente. Anche in questo caso, la somma viene frazionata tra più intermediari, rendendo difficile il controllo da parte del Fisco.

4. Denaro contante - Le care vecchie banconote non tramontano mai a precindere. Secondo la UIF, l’utilizzo di contante, soprattutto per operazioni riguardanti grosse somme di denaro, è uno dei maggiori indicatori di evasione. Quando circola troppo denaro cash, spesso dietro si nasconde il “sommerso”. Nel rapporto si sottolinea inoltre la pericolosità di: «contesti di operatività bancaria presumibilmente riconducibili al settore degli appalti». Corruzione insomma.

5. Fatture - Altro classico intramontabile sono le fatture false emesse per operazioni inesistenti. In altre parole, io faccio una fattura per certificare una prestazione che non ho mai eseguito. Caso limite, ma parecchio diffuso. Ma per evadere il Fisco, non c’è bisogno di inventarsi niente. Molto spesso infatti viene utilizzata una via di mezzo che consiste nella sovra-fatturazione o nella sotto-fatturazione. Un esempio su tutti può essere l’aumento della cifra indicata (da 50 a 100 euro e così via). Questo aumento permette infatti non solo di dedurre maggiormente i costi, ma anche di accedere a detrazioni più cospicue.

6. Paradisi fiscali – Ultimo schema di evasione segnalato dalla UIF è l’utilizzo da parte di molti imprenditori dei cosiddetti paradisi fiscali, di quei luoghi che garantiscono un prelievo di tasse quasi nullo e che proteggono i loro “clienti” mediante il segreto bancario. È la stessa UIF a spiegare come funziona: i ricavi vengono cumulati nel Paese d’origini e poi trasferiti in società di comodo situate alle isole Cayman, Bermuda, Barbados, ecc.

Come ha scritto il primo ministro di Singapore, Lee Hsien Loong, “l’obiettivo del governo deve essere di rendere l’evasione fiscale non conveniente, non tanto tramite la repressione quanto attraverso l’abbassamento dei tributi a livelli tali da rendere non convenienti economicamente gli artifici contabili”.Pensate che quei poco di buono che stanno al governo comprendano un ragionamento tanto semplice quanto di buon senso? Vi rispondo io: no! Alfano, in tv, ha detto: “Ogni volta che prendo una decisione di governo penso ai miei due figli”. Anche io lo faccio, ogni volta che evado. Avanti tutta con la rivolta, non c’è alternativa!

Forsa evaxori:
http://www.teatrodellamemoria.it/eventi ... ssima.html


Evasione fiscale: l’Italia è conciata come l’Unione Sovietica
http://www.lindipendenza.com/evasione-f ... -sovietica


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MEGLIO ESSERE PEDOFILO CHE EVASORE FISCALE


http://www.lindipendenza.com/evasori-pedofili

di LEONARDO FACCO

So che avete una certa abitudine alle mie provocazioni, ma oggi vi consiglio di tenervi più forte del solito. Cos’hanno in comune queste due frasi?

1- “Sentimento di astio, ostilità e rammarico per la felicità, il benessere, la fortuna altrui”.

2- “In Italia i 10 individui più ricchi posseggono una quantità di ricchezza più o meno equivalente ai 3 milioni di italiani più poveri”.

Non arrovellatevi, ve lo dico io: esse sono la pietra angolare su cui è costruita la campagna mediatica in corso contro l’evasione fiscale, iniziata ufficialmente con quello spot – voluto dall’inutile e dannoso ministro Tremonti, coi soldi dei contribuenti – che ritrae un babbeo che presta la sua faccia per interpretare il “parassita della società”.

La prima citazione è la definizione di “invidia”, tratta dal vocabolario del “democraticissimo” Tullio de Mauro, già ministro della repubblica. La seconda, è una delle ultime notizie pescate a caso in quel postribolo mediatico che è l’informazione di regime. La lettura di entrambe mostra, invece, quanto l’invidia sia la molla per mettere tutti contro tutti, in primis i ricchi (cattivi) contro i poveri (sfruttati).

L’altro ieri, l’ineffabile Corrado Passera, ha distratto l’attenzione dalla legnata sulle bollette di luce e gas, affermando che “contro gli evasori serve una sanzione sociale”. Frustate? Pubblico ludibrio? Lapidazione in pubblica piazza? Cosa abbia in mente “il ministro evasore che vuol far pagare le tasse agli altri” non è dato sapersi. Sempre due giorni fa, quel fenomeno dell’analfabetismo di ritorno che è Di Pietro ha suggerito al governo quanto segue: “L’evasione la dovete contrastare con misure emergenziali vere. Bisogna decidere che la grande evasione fiscale merita la stessa urgenza e la stessa determinazione con cui si combatté a suo tempo il terrorismo, perché al Paese fa tanti danni quanti ne faceva il terrorismo e forse anche di più”. Il suo collega Bruno Tinti, durante la trasmissione “Robinson”, ha sostenuto che “gli evasori devono essere equiparati ai mafiosi”.

Ora, che il garante della privacy abbia attestato che l’attuale sistema fiscale nostrano ha trasformato i cittadini in sudditi è una bazzecola, l’elenco di puttanate demagogiche e biliose contro l’evasione fiscale potrebbe occupare un volume d’enciclopedia, con tanto di indice dei nomi di conduttori e giornalisti che fanno a gara a spararla più grossa. Il mio amico Paolo Rebuffo ha sintetizzato assai bene il clima venutosi a creare: “Siamo passati dai 30 secondi quotidiani ai 5 minuti buoni per TG. Ormai si parla più di evasione fiscale che di calcio”. Confermo.

A questo punto, tocca a me pungolare le vostre sensibilità. Sapete di cosa mi son convinto? Che è meglio essere pedofilo che evasore fiscale! Fermi lì. Vi pongo una domanda: avete mai assistito ad una campagna mediatica contro i porno-pedofili simile a quella che da sei mesi almeno è condotta quotidianamente contro chi non paga le tasse? Qui sotto aspetto le vostre risposte. Nel frattempo vi riporto alcune notizie:

1- “Nel 40% dei casi le immagini sono di bambini sotto i 4 anni. Italia sesta al mondo per richiesta di materiale pedopornografico”. (fonte: Viva.it)

2- “In Vaticano le vittime della pedofilia: Insabbiarono e fecero male ad altri bimbi. All’università gregoriana una riunione senza precedenti, presieduta dal cardinale americano Levada: vescovi, preti, religiosi e le testimonianze choc di chi è stato oggetto di molestie e abusi”. (Fonte: Repubblica.it)

3- “Scotland Yard arriva in Italia. Da Treviglio parte la lotta alla pedofilia”. (Fonte: Affaritaliani.it).

4- “Da una analisi dei numeri, comparata con i dati forniti dal Ministero di Giustizia e dal Dipartimento Anticrimine emerge che in Italia c’è stato un aumento esponenziale di atti di violenza nei confronti delle donne e che si sono registrati ben il 30% dei casi di abuso sessuali sui bambini in più, rispetto agli anni precedenti”. (Fonte: Associazione Prometeo).

Volete che continui? No, non serve. Eppure, per la genìa dipietrista & travagliata gli evasori avrebbero fatto più danni (morti?) del terrorismo! Per Tinti, invece, un evasore è un mafioso, il che avrebbe come conseguenza che al mondo ve ne sarebbero alcuni miliardi. Per un cospicuo numero di idioti del bispensiero – pagati coi soldi che lo Stato ci estorce con le gabelle – “l’evasore ruberebbe a chi le tasse le paga”. Mi chiedo: ma costoro hanno qualche idea di cosa siano diritti, principi e logica?

Di Pietro, dopo la frase di cui ho riportato poco sopra, ha concluso le sue invettive con queste parole: “Cosa aspettate a ratificare anche voi come la Germania e l’Inghilterra la convenzione con la Svizzera che permette di recuperare subito i contributi non pagati dai ladroni che hanno rapinato l’Italia portando i loro capitali all’estero? […] Non è demagogia. E’ buon senso”. Buon senso?

Non serve ricordare a questo signore che il Nobel per l’economia Milton Friedman, in visita in Italia nel 2001, dichiarò “che se il nostro paese si regge ancora è grazie al mercato nero ed all’evasione fiscale che sono in grado di sottrarre ricchezze alla macchina parassitaria ed improduttiva dello Stato per indirizzarle invece verso attività produttive”. Macchina della quale fan parte quasi tutti coloro che si ergono a Torquemada al servizio di Equitalia ed Agenzia delle Entrate. Così come non serve ricordare a all’improbabile caudillo molisano che il 31 marzo scorso l’Agi ha battuto questa notizia: “La Svizzera ha emesso un mandato di cattura contro tre funzionari dell’Agenzia delle Entrate del Nordreno-Westfalia, accusati di ‘spionaggio economico’ per aver acquistato nel 2010 per 2,5 milioni di euro un dischetto con i dati bancari di correntisti tedeschi del ‘Credit Suisse’. Lo rivela Bild am Sonntag, secondo il quale i tre funzionari sono accusati di aver condotto le trattative per ottenere il cd destinato a scovare gli evasori fiscali tedeschi”. Gli svizzeri son gente seria, di buon senso, niente a che fare con l’Italia dei valori (immobiliari).

Concludo e tiro le somme: la propaganda che forgia la psico-polizia montiana pretende di far credere ai prolet invidiosi che l’evasore fiscale è più pericoloso di un pedofilo. Voglio tranquillizzare gli evasori però, perché un idolo della sinistra, Woody Allen, ci ha fatto sapere che c’è qualcuno ancora più pericoloso: il politico. Come ha detto il grande maestro tanto caro a Veltroni, “la moralità di un politico è un gradino sotto quella di un pedofilo”.

Siamo salvi, ma ora pretendiamo qualche spot in tv sponsorizzato dal ministero delle “Pari opportunità”!
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » lun gen 13, 2014 9:26 pm

Fassina: "Si evade per non morire". Epifani sbotta: "L'evasione si combatte"

http://www.ilgiornale.it/news/interni/f ... 38754.html

Il viceministro Stefano Fassina rompe uno dei tabù storici della sinistra: la condanna, senza se e senza mai dell'evasione fiscale.

E apriti cielo. A un convegno della Confcommercio, l’allievo di Vincenzo Visco ha parlato di "un’evasione di sopravvivenza", espressione che lo accosta più all'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti o al leader del Pdl Silvio Berlusconi che non all’antico maestro. E se elogi sono giunti da Lega e Pdl, da sinistra sono piovute le reprimende. "La linea del Pd è che l’evasione si combatte punto e basta", ha sbottato il segretario piddì Guglielmo Epifani tentando di smentire una frase che il responsabile delle politiche economiche del Pd ha pronunciato con estrema chiarezza.

La sinistra non vuole proprio ammettere che in Italia, dove la pressione fiscale è arrivata al 54%, a partire da quella di Susanna Camusso a quella del suo partito, per bocca di Matteo Colaninno, responsabile economia del Pd. "Senza voler strizzare l’occhio a nessuno - ha detto Fassina - senza ambiguità nel contrastare l’evasione, ci sono ragioni profonde e strutturali che spingono molti a comportamenti di cui farebbero volentieri a meno". Insomma questa evasione da sopravvivenza "non è una questione di carattere prevalentemente morale", come vorrebbero certi stereotipi di sinistra. Piuttosto dipende da una "pressione fiscale insostenibile" perché "c'è una relazione stretta tra la pressione fiscale, la spesa e l’evasione". Il tutto detto il giorno dopo che il premier Enrico Letta aveva ribadito che la lotta all’evasione sarà condotta senza sconti. "Se Fassina sull’evasione fiscale la pensa come Berlusconi siamo all’allarme rosso", ha detto allarmata la vicepresidente dei senatori di Scelta Civica, Linda Lanzillotta. Massimo Bitonci, capogruppo del Carroccio in Senato, quasi non crede alle proprie orecchie: "Fassina è diventato leghista? se vuole gli mandiamo una tessera onoraria". E apprezzamenti giungono pure dal Pdl, con Stefania Prestigiacomo e Osvaldo Napoli ("Fassina non è diventato berlusconiano o eretico. Semplicemente è atterrato nella realtà italiana").

Fuori dal mondo politico Giuseppe Bortolussi, leader della Cgia di Mestre, dà ragione al viceministro: "C'è anche una evasione di sopravvivenza legata alla difficile situazione economica, ma essa è anche dovuta ad un carico fiscale che ha raggiunto un livello non più sopportabile". Proprio da sinitra si alzano le critiche: Colaninno, che ha sostituito Fassina come responsabile economico del Pd, pur senza nominare il viceministro, mette i puntini sulle "i": "Se si pagano troppe tasse - spiega - se mancano le risorse per fare investimenti e sostenere l’occupazione bisogna ricordare che la colpa è anche, per larga parte, di decenni di assuefazione a nero e sommerso che hanno prodotto danni incalcolabili a cittadini, imprenditori onesti". "Questa non è una battuta infelice, ma è un drammatico errore politico", ha detto seccamente il segretario della Cgil Susanna Camusso. E anche il segretario dell’Ugl, Giovanni Centrella, ha sottolineto come "c’è una gran parte della popolazione che non può evadere neanche per sopravvivere ed è da sempre costretta a pagare le tasse, fino ad indebitarsi". I dipendenti, appunto. Corre in difesa, invece, il vice ministro Antonio Catricalà. Nessun incoraggiamento all’evasione, dice. "Nelle stesse parole del viceministro si diceva rafforziamo il contrasto all’evasione". E aggiunge: la storia stessa di Fassino parla per lui.


http://www.lastampa.it/2013/07/25/itali ... agina.html

http://www.ilfoglio.it/soloqui/19187

Per la leader della Cgil, Susanna Camusso, l'affermazione del vice ministro dell'Economia, Stefano Fassina, secondo cui "si evade per sopravvivere" "non si può neanche definire solo una battuta infelice, è un drammatico errore politico". "Abbiamo accolto molto positivamente che ieri il presidente del Consiglio - ha aggiunto Camusso rispondendo ai giornalisti a margine del congresso nazionale degli ordini degli ingegneri in svolgimento a Brescia - sia andato da Equitalia tra i lavoratori che sono stati ampiamente attaccati in questo periodo, soprattutto perche' cosi' c'e' il messaggio contro l'evasione e si ribadisce la necessita' di continuare una lotta senza quartiere" all'evasione fiscale.

In serata è infine arrivato infine un chiarimento da parte di Fassina alle polemiche che la sua frase aveva acceso. "Non c'è nessun problema, non c'è stato bisogno di nessun chiarimento con Letta. Sono cose che ho sempre detto, le ho anche scritte in un libro e in un articolo sull'Unita'". Quel che Fassina auspica, al di là del titolo ad effetto, è che si capisca la ratio del suo ragionamento. "L'importante - spiega a palazzo Madama - era la premessa: l'evasione è da combattere. Detto questo si deve sapere che esiste l'evasione egoista dei ricchi ed esiste però anche l'evasione di chi evade per sopravvivere. Quest'ultima non si può combattere solo con la Guardia di Finanza perché si tratta di milioni di persone. Bisogna anche prevenire. Non é un caso - ha poi aggiunto - che Italia e Grecia abbiano il doppio di infedeltà fiscale rispetto alla media Ue: evidentemente i problemi sono strutturali".
"Il messaggio - ha infine spiegato il viceministro dell'Economia - è diverso se queste cose vengono dette da chi ha approvato il condono fiscale o se vengono dette da chi premette che è necessario combattere l'evasione fiscale e propone strumenti per questa battaglia". A chi gli faceva notare che Susanna Camusso non ha apprezzato le sue parole Fassina ha risposto: "Ho letto. E' strano che un giorno mi diano del comunista trinariciuto e un giorno mi vogliano dare la tessera del Pdl".
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » lun gen 13, 2014 9:29 pm

A cosa serve la caccia all’evasore? A mantenere i “barbieri statali”

http://www.lindipendenza.com/evasori-lotta-cerri-tasse

di GIAN LUIGI LOMBARDI CERRI

Per distrarre l’attenzione dei cittadini dai reali problemi del paese (e non solo, come vedremo più avanti) si scatena la caccia all’evasore. Ad ogni piè sospinto la colpa dei nostri guai è degli evasori. Quanto è fondata questa teoria? Vediamolo attraverso un piccolo, ma significativo, esempio. Vado dal barbiere e mi faccio fare shampoo, barba e capelli. Alla fine pago il conto. Il barbiere mi chiede X. Se avessi pagato in nero avrei, come minimo, risparmiato il 21 %, il che significa che il rientro dall’evasione lo pago io, modesto cittadino di serie B.
Completiamo l’esempio. Immaginiamo che il servizio di cui sopra venga reso dallo Stato, invece che dal privato. Questo porta subito a vedere che nel negozio del barbiere, invece di esserci una sola persona gli addetti diventano due (come succede in tutti gli uffici pubblici). I due sostituti del singolo privato, immediatamente, prevedono che il sottoscritto debba compilare una serie di moduli di domanda; uno per lo shampoo, uno per il taglio barba, uno per il taglio capelli corredando questi moduli con un certificato di nascita, un certificato antimafia (tra parentesi mi piacerebbe vedere un certificato antimafia compilato da un mafioso in cui il “correttissimo cittadino” dichiara di appartenere all’onorata società) e, come minimo, anche un certificato di residenza, il tutto a sportelli diversi, con impiegati diversi e in tempi diversi.
Tutto questo con abbondanti perdite di tempo e di denaro. (ecco uno dei punti fondamentali dove tagliare i costi). Questo farebbe sì che il conto passerebbe dai 20-30 € a 250-300 €, come regolarmente avviene per tutti i servizi pubblici. A che cosa serve, quindi, il recupero dall’evasione? Semplice: a pagare e mantenere un numero crescente di “barbieri statali”. Perché? Perché i casi sono solamente due. O l’obbiettivo è quello di fare gli interessi dei cittadini “pagatori di tasse” , oppure quello di mantenere un’ampia casta di fancazzisti, oltretutto incapaci. Riteniamo che l’obbiettivo vigente sia il secondo. Il tutto funziona oggi secondo il seguente meccanismo:
1.- La casta ha in mano le armi (non solo metaforiche) e provvede, nel frattempo, a cercar di privare i pagatori di tasse anche del più piccolo temperino (non si sa mai).
2.- La casta ha la stessa convinzione di Luigi XVI quando chiese al suo ministro Neckar: “Aumentando le tasse i cittadini fanno la rivoluzione?”. E dopo una risposta incerta del Ministro rispose: “Allora aumenti”.
3.- La casta sa che, una volta aumentate le tasse, non tornerà più indietro per ridurle, ma solo a cambiarne la denominazione (vedasi la tassa sulla guerra di Etiopia).
4.- La casta sa che tra riorganizzare sé stessa riducendo i costi ed aumentare le tasse per mantenere le proprie crescenti spese, la seconda opzione le risulta infinitamente la più comoda.
5.- La casta, come diceva Longanesi , è “buona a nulla, ma capace di tutto” e, quindi mette in moto continuamente la sua fervida fantasia per inventare promesse (che non manterrà mai in base al dettame che si è preoccupata di inserire subito nella “più bella costituzione del mondo”) e giustificazioni fasulle.
6.- La casta, salvo poche eccezioni, è incapace di installare e gestire un accettabile livello di organizzazione (se non per beccare soldi), anche ( e soprattutto) perché non è mai stata istruita adeguatamente al proposito (posto che abbia la capacità di imparare).
Abbiamo più sopra detto che una delle giustificazioni ricorrenti, in questo periodo, è quella degli evasori, onde risolvere i problemi italici. Ed è una bella invenzione, poiché le possibilità di impiego del recupero dell’evasione sono solo:
a.- Se il maggior recupero viene utilizzato per ridurre le tasse vigenti, il bilancio generale dello Stato rimane immutato, quindi decolla l’economia, ma il debito rimane alto.
b.- Se il maggior recupero va a coprire le maggiori spese allora aumenta ulteriormente la già elevatissima pressione fiscale, evitando però alla casta il taglio delle spese superflue, cosa che la danneggerebbe non poco.
E’ stato quindi doveroso (ahimè data la situazione semi fallimentare in cui si trova da decenni l’Italia) aumentare il carico fiscale, ma ancora più doveroso (nonché utile) sarebbe il taglio delle spese inutili e insieme, di grandissimo rilievo, la totale riorganizzazione dello Stato, fatta tuttavia non dai burocrati, a causa della loro già più volte provata incapacità culturale. Vogliamo un esempio (scelto tra migliaia) della costosissima disorganizzazione dello Stato? Eccola!
Quando il ministro Fornero ha chiesto all’INPS quanti pensionati (futuri esodati) sarebbero stati interessati dal suo provvedimento, gli è stata fornita una cifra. Il ministro sostiene che la cifra ammontava a 50.000 mentre il presidente INPS sostiene di aver comunicato 150.000. In entrambi i casi uno dei due personaggi (non essendo stato in gradi di fornire o di interpretare i dati) dovrebbe essere inviato all’agricoltura a spalare letame (e perché non tutti e due?). Guardate leggi e regolamenti. Sono il frutto di una mentalità a cavatappi dove le cose semplici vengono rese complicatissime, per cui non solo non riescono ad evitare le frodi, (anzi in molti casi le favoriscono), ma rendono impossibile e costosa la vita di chi le leggi vorrebbe rispettare. Questo perché?
Semplicemente perché non vi è travaso di persone (e di esperienze) tra impiego pubblico ed impiego privato, e quindi i burocrati sono privi di un bagaglio di esperienza fondamentale: quello di dover quotidianamente (pena il licenziamento) rispondere delle conseguenze del proprio operare.
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » lun gen 13, 2014 9:29 pm

Leo Messi è un lurido evasore, il dottor Mazzoleni un martire di Equitalia

http://www.lindipendenza.com/leo-messi- ... -equitalia

di LEONARDO FACCO

Giovedì, tutti i giornali – compreso “Topolino” forse – riportavano in prima pagina, e con grande evidenza, questa notizia: “Evasione, Leo Messi nei guai col fisco”. Sbattere il “mostro-vip” in copertina fa sempre il gioco dell’Erario (e ancor di più dei parassiti che di tasse si nutrono), che per legittimarsi ha la necessità di alimentare l’odio e l’invidia del “poppolino” che si barcamena in tempi di crisi e austerity a senso unico e che, obtorto collo, deve continuare a credere in maniera indefessa che la colpa del marciume che ci circonda sia sempre, e solo, colpa dell’evasore fiscale, specialmente se ricco.

Mercoledì, invece, con meno evidenza e su un giornale locale e online, avreste potuto leggere quest’altra notizia: “Accusato di evasione ‘per errore’. Risarcito da Equitalia”. Nel sommario del pezzo ci sta scritto: “Medico chiede i danni per condotta persecutoria da parte dell’agenzia delle entrate”. Ed ora qualche passaggio tratto dall’articolo: “Il giudice di Pace di Treviso, Gianfranco Vettorel, ha condannato Equitalia a risarcire a un professionista i danni non patrimoniali e le spese sostenute all’azione illegittima che la società aveva promosso nonostante fosse stata per due volte diffidata a procedere al pignoramento dello stipendio prima, e della pensione dell’uomo dopo”. Per la cronaca, il risarcimento per il dottore ammonta a meno di 4000 miseri euro. L’estorsione tentata da Equitalia, viceversa, riguardava una cartella di 12 mila euro, con tanto di accusa di evasione fiscale, arrivata a 18 mila con i soliti interessi da usuraio puntualmente applicati. Il tutto relativo al periodo tra il 2006 e il 2008.

Perché vi racconto questi due episodi, affiancandoli l’uno all’altro? Per diversi motivi:

1- La Stampa italiana è il manganello del potere (anziché il cane da guardia è l’immarcescibile cane da lecca). Sempre pronta a dare clamore ai “presunti reati” (trasformandoli in sentenze passate in giudicato a priori), ma molto meno attenta ad evidenziare la verità, che arriva sempre – soprattutto in materia tributaria – anni dopo i misfatti.

2- Oltre il 60% delle vertenze di carattere fiscale, quando l’accusato decide di difendersi dall’aguzzino, finiscono per dare ragione al primo. E l’aguzzino, dipendente pubblico intoccabile, non paga dazio!

3- Non esistono solo evasione ed elisione fiscale, c’è anche l’elusione che, fino a prova contraria, non è un reato. L’ingarbugliatissima legislazione che si occupa di gabelle, prevede che il contribuente (e solitamente sono le grosse società o le multinazionali che ne approfittano, per via dei costi che comporta) possa sottrarsi, ad esempio, alla doppia tassazione, oppure ancora possa scegliere di usare una società estera alla quale far svolgere la parte preponderante della propria attività. In casi come questo, chi deve pagare le tasse opterà – come chiunque al mondo – per il regime fiscale meno oneroso. Si chiama concorrenza fiscale, per la gente normale e di buon senso. Per la Guardia di Finanza, contrariamente, è quasi sempre “esterovestizione”. Del resto, che gliene frega a questi signori di dover dimostrare le proprie ragioni? Il loro lavoro è elevare contravvenzioni, saranno problemi del “presunto evasore” sostenere il contrario.

4- Due anni fa, a proposito di vip da mettere alla gogna, toccò al signor Bikkembergs finire esposto al pubblico ludibrio come “evasore fiscale”. All’imprenditore belga – il cui marchio è notissimo nel mondo della moda – venne chiesto di pagare 120 milioni di euro tra imposte, Iva, sanzioni e interessi vari per dichiarazioni mendaci risalenti agli anni 2002-2006. Lui si oppose, vinse la causa e decise che le sue aziende, che producevano in Italia (a Fossombrone per l’esattezza), avrebbero smobilitato da questo paese di beferoidi. Prendendone esempio, si sta moltiplicando tra gli impresari nostrani la fuga a gambe levate dall’inferno fiscale italiano.

Che morale possiamo trarre da quanto fin qui raccontato? Ve la faccio fare da Charles Adams, che nel suo libro “For Good and Evil” racconta questo episodio: “Wu Ti governò per quarant’anni la Cina, dal 141 al 87 a.C. In breve la sua tesoreria rimase vuota , e quindi fece quello che qualsiasi governatore avido è costretto a fare: aumentò le imposte e creò nuove tasse e trovò altri modi per prosciugare le tasche della gente. Wu Ti quintuplicò le imposte ai mercanti, mentre a coloro che lavoravano nel settore manifatturiero le aumentò di due volte e mezza. Introdusse imposte sul trasporto marittimo e addirittura sui carretti a mano. Quando si rese conto che l’evasione fiscale imperversava, istituì un sistema di spionaggio e di informatori in cui l’informatore riceveva una parte delle imposte recuperate…”.

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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » mar gen 14, 2014 4:05 pm

L’Italia ha dichiarato guerra a chi produce. Difendersi è legittimo

http://www.lindipendenza.com/litalia-ha ... -legittimo

di GUGLIELMO PIOMBINI

Le analisi sociologiche del compianto professor Gianfranco Miglio possono ancora offrire un’importante chiave di lettura degli avvenimenti italiani degli ultimi decenni. «Dove c’è ricchezza – spiegava Miglio – gli uomini cercano d’impadronirsene ad ogni costo e creano giustificazioni ad hoc per la propria rapacità. È questo l’arcano dello “Stato sociale” e di tutte le sue forme degenerative: una parte dell’umanità preferisce organizzarsi (o utilizzare le strutture statali esistenti) per vivere alle spalle degli altri».

Ogni sistema fiscale, infatti, divide la società in due classi contrapposte. Da una parte vi sono coloro che producono le ricchezze (i lavoratori autonomi e dipendenti del settore privato), dall’altra coloro che vivono sui proventi derivanti dalla tassazione di queste ricchezze (la casta politico-burocratica e le clientele assistite). Questa contrapposizione può anche assumere un carattere territoriale, quando gli appartenenti alle due classi sono concentrati prevalentemente in due aree distinte del paese, come in Italia, divisa tra il nord produttivo e il sud maggiormente assistito, o il Belgio, dove i fiamminghi si lamentano degli eccessivi trasferimenti a favore dei valloni.

Quando la tassazione viene portata all’eccesso, l’intero sistema produttivo entra in crisi e si crea una situazione di conflitto tra queste due classi sociali. «In ogni momento storico – osservava Miglio – gli individui di una Comunità politica si dividono naturalmente in produttori e consumatori di tasse. Quando i consumatori di tasse prendono il sopravvento tramite le assemblee politiche e considerano i produttori i propri schiavi fiscali, la struttura parassitaria mette in crisi tutta la Comunità politica. A quel punto o si riforma totalmente il sistema, o ci si rassegna alla rivoluzione che, per definizione, non è pilotabile» (G. Miglio, Federalismo e secessione, Mondadori, 1997, p. 34 e 73).

La crisi in cui si dibatte attualmente l’Italia ha dunque origine nella persecuzione fiscale scatenata dalla casta politico-burocratica contro la classe dei produttori privati, che in pochi anni ha portato a un aumento della pressione tributaria e a un inasprimento dei controlli sulla vita privata dei contribuenti senza eguali nel mondo.

Una guerra immotivata

Ogni aumento delle imposte e della spesa pubblica ha l’effetto di far arricchire e rendere più potente una parte, e di impoverire e indebolire l’altra. Ebbene, dai dati del Fondo Monetario Internazionale risulta che negli ultimi anni in Italia si è verificato un colossale trasferimento di ricchezze dal settore privato al settore statale. Nel 1996 le entrate dello Stato italiano ammontavano a più di 450 miliardi di euro, nel 2003 hanno raggiunto i 600 miliardi, e nel 2013 i 760 miliardi. L’aumento della spesa è stato ancora più rapido di quello delle entrate. La spesa pubblica, che nel 1996 superava di poco i 500 miliardi di euro, ha raggiunto i 600 miliardi nel2001, haquasi toccato i 700 miliardi nel 2005, per poi superare gli 800 miliardi nel 2013.

Questi numeri rivelano che nell’arco di soli quindici-vent’anni, caratterizzati da una bassissima crescita economica, i privati sono stati costretti a suon di minacce, insulti e pesanti intimidazioni a versare nelle mani dei membri dell’apparato statale 300 miliardi aggiuntivi, oltre ai 500 miliardi che già pagavano!
Se escludiamo le esperienze storiche delle rivoluzioni comuniste, probabilmente non si è mai verificata un’espropriazione di ricchezze private così rapida e imponente. Questa guerra scatenata dallo Stato contro l’apparato produttivo del paese, tuttora in corso di svolgimento, non sembra aver alcuna giustificazione razionale, né dal punto di vista economico, né dal punto di vista politico. La decisione delle classi governanti di dare il via all’escalation di tasse e spesa pubblica non ha migliorato il livello qualitativo di nessun servizio pubblico rispetto a vent’anni fa, ma ha aumentato a dismisura le occasioni di spreco e di corruzione, la corsa ai privilegi odiosi e ingiustificati, ha distrutto una larga fetta del tessuto produttivo privato costringendo alla chiusura centinaia di migliaia di piccole imprese, ha provocato l’aumento della disoccupazione e più in generale l’abbassamento del tenore di vita delle famiglie.

Anche dal punto di vista politico questa offensiva fiscale non sembra avere una legittimazione plausibile. La spesa pubblica italiana era considerata eccessiva già negli anni Novanta; pochi ne chiedevano l’ulteriore aumento, nessuno chiedeva di raddoppiarla in meno di vent’anni. Le elezioni politiche, infatti, hanno spesso premiato quei partiti, come Forza Italia o la Lega Nord, che si sono presentati come interpreti di una rivolta antiburocratica e antifiscale. Le loro successive sconfitte elettorali sono state la logica conseguenza della delusione dell’elettorato per il tradimento della “rivoluzione liberale” che era stata promessa. Questo stesso elettorato ha poi condannato senza appello, nelle elezioni politiche del 2008, l’esperienza del governo Prodi, giudicata troppo statalista.
Tutto questo dimostra che in Italia non è mai esistita una domanda di “maggior Stato” tale da giustificare quell’elenco interminabile di nuove tasse introdotte negli ultimi anni, che Leonardo Facco ha riportato nell’articolo Letta fa finta di abbassare le tasse. Voi fate finta di pagarle.

Una guerra unilaterale

L’Italia è stata trasformata in un inferno fiscale per mezzo di una guerra unilaterale, dichiarata e combattuta dalla parte armata e munita del monopolio dei mezzi di costrizione, e subita dalla parte disarmata della società. Ogni guerra fiscale, infatti, è sempre condotta dai potenti e dai privilegiati contro i ceti più indifesi della società. I vincitori di questo scontro finora sono stati i membri della casta (politici e funzionari pubblici), che oggi risultano più numerosi, potenti, ricchi e tutelati. Gli sconfitti sono stati i lavoratori del settore privato, gli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, che hanno perso il lavoro, la casa, l’azienda, e sono stati spinti ad emigrare o a suicidarsi.

Sono questi ultimi, infatti, che sopportano per intero il carico fiscale. L’idea che i membri dello Stato paghino le tasse è dal punto di vista economico completamente priva di senso. Chi lavora nel settore pubblico “paga” le tasse solo in maniera fittizia, attraverso una partita di giro contabile. Nella realtà le cose avvengono molto diversamente: lo Stato preleva le risorse che gli servono dal settore privato, e le utilizza per pagare gli stipendi a tutti i propri dipendenti. L’idea che lo Stato possa ottenere delle entrate “tassando” il settore pubblico, che non produce utili ma solo perdite colossali, è assurda e ridicola. La verità è che se domani ogni azienda privata chiudesse, le entrate fiscali dello Stato si azzererebbero, e non ci sarebbero più risorse per mantenere in piedi l’apparato statale.

Non meno pretestuosa è l’idea che le imposte siano necessarie per la fornitura dei servizi pubblici. In realtà lo Stato offre servizi scadentissimi o inesistenti a costi stratosferici, che nessuna persona sana di mente acquisterebbe mai volontariamente sul mercato. È stato calcolato, ad esempio, che per l’istruzione di un alunno lo Stato spende sei volte più di una scuola privata; che la spesa pubblica pro-capite per la sanità permetterebbe di acquistare sul mercato tre assicurazioni sanitarie onnicomprensive a testa più tre check-up completi all’anno; che versando gli ingenti contributi pensionistici in una polizza o in un fondo, un lavoratore privato potrebbe riscuotere, al termine dell’attività lavorativa, una rendita vitalizia dieci volte più cospicua della pensione da fame che gli darà l’Inps.

Se i lavoratori autonomi e dipendenti del settore privato avessero libertà di scelta, e potessero rinunciare ai servizi pubblici trattenendo per sé le imposte pagate, si verificherebbe una fuga generalizzata dallo Stato. Tutti preferirebbero l’aumento del 70 per cento dei propri redditi alla fruizione degli attuali servizi pubblici di infimo livello. A quel punto la totale inutilità dello Stato italiano diventerebbe evidente a tutti. L’intera impalcatura statale e tutte le ideologie che la giustificano crollerebbero come castelli di carta.


L’evasione fiscale come resistenza civile

Purtroppo le classi produttive private, colte di sorpresa dall’attacco virulento sferrato da una classe politica che per anni aveva nascosto le sue reali intenzioni dietro la retorica liberale della lotta all’invadenza dello Stato, appaiono per ora completamente annichilite. Solo in Veneto sono apparsi alcuni segnali di ribellione, ma la stessa cosa non può dirsi per le altre regioni produttive del nord, come ha notato il direttore de L’Indipendenza Gianluca Marchi nell’articolo Lumbard paga e tas. In Lombardia i ceti produttivi appaiono pesti e confusi come pugili suonati sul ring. Probabilmente è sorta la consapevolezza che non sia più possibile modificare l’attuale situazione con gli strumenti “democratici” che mette a disposizione lo Stato nazionale.

Tutto l’ordinamento politico, amministrativo e giudiziario italiano infatti è congegnato in modo da far prevalere sempre l’interesse dei consumatori di tasse su quello dei pagatori di tasse. Nella giurisprudenza civile, amministrativa e costituzionale anche le forme più ingiuste di privilegio diventano automaticamente intoccabili “diritti acquisiti” se vanno a vantaggio dei tax-consumers (come l’illicenziabilità, i vitalizi, le pensioni d’oro, baby, doppie o triple), ma lo stesso non accade quando i vantaggi sono a favore dei tax-payers. Ad esempio, una riduzione fiscale non diventa mai un “diritto acquisito” per il contribuente, e può essere sempre revocata dal potere politico.

È opinione ormai diffusa che tutti i problemi principali del nostro paese (sperperi, corruzione, privilegi, ingiustizie, parassitismo, distruzione dell’etica del lavoro) nascono dal fatto che lo Stato gestisce troppi soldi, non troppo pochi.
Tutte le proposte di riforma costituzionale dovrebbero quindi concentrarsi sui modi per impedire allo Stato di fagocitare troppe risorse alla società, mentre la lotta all’evasione fiscale che assilla la classe politica dovrebbe costituire l’ultima delle priorità. In un sistema privo di meccanismi politici o giuridici capaci di fermare l’invadenza dello Stato, e di fronte a un Leviatano che ogni giorno s’ingrossa sempre di più, l’evasione fiscale può rappresentare invece una delle pochissime forme di resistenza pacifica rimaste a disposizione della società civile.
Per questa ragione la rivolta fiscale dovrebbe essere applaudita da tutti coloro che ancora conservano un minimo di onestà intellettuale e di amore per la propria terra.


Comenti===============================================================================================================================

Guglielmo Piombini
14 Gennaio 2014 at 5:22 pm #
Grazie Francesco per l’apprezzamento.

La spesa pubblica sanitaria è di circa € 2000 a persona, cioè circa 115 miliardi diviso 59 milioni di abitanti.

Quanto costa una polizza sanitaria onnicomprensiva? Su questo sito (http://www.monetos.it/assicurazioni/pol ... ndennizzo/) ho trovato queste indicazioni:

“Generalmente possiamo dire che il costo di una polizza sottoscritta per una famiglia di quattro persone può essere compreso fra 1.300 e 2000 € l’anno.

Orientativamente è possibile ipotizzare di spendere circa 750 € annui per una polizza di rimborso delle spese sanitarie sottoscritta da un uomo di quaranta anni e 780 € per lo stesso tipo di polizza sottoscritto da una donna di quaranta anni.”

Quindi il rapporto è circa di 3 o 4 contro 1.

Per quanto riguarda la scuola, la spesa per la pubblica istruzione è di circa 70 miliardi, o forse di più. Gli studenti della scuola pubblica sono meno di 8 milioni. Quindi si arriva a una cifra di quasi 9000 euro ad alunno.

Una retta in una scuola privata può costare sui 2500 euro, ma dipende dalla scuola.

Anche qui il rapporto di spesa nella scuola pubblica e nella scuola privata è analogo a quello della sanità.

Il dato “sei volte tanto” riportato nell’articolo forse non è corretto, oppure riguardava gli asili (ma devo rintracciare la fonte).

Per quanto riguarda le pensioni, in realtà ci inoltriamo in un terreno molto complesso perché nessuno ha la minima idea del valore delle pensioni che verranno erogate dall’Inps nei prossimi decenni. Dipende dal bilancio dello Stato, che potrebbe anche fallire. Tutti comunque danno per certo che saranno molto misere, anche per motivi demografici. Mi piacerebbe svolgere un’analisi più approfondita sull’argomento, magari in un prossimo articolo.
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » lun gen 20, 2014 7:30 pm

Disobbedire al fisco senza paura. Ecco spiegato come si fa

https://www.miglioverde.eu/disobbedire- ... come-si-fa

di ROSSELLA FIDANZA*

Ormai in molte famiglie si è a un bivio: pagare, con fatica e neppure tutte, le bollette che ci permettono di sopravvivere, o pagare Imu, tarsu, cippirimerlo e tutti i nomi delle tasse che ci hanno appioppato? Cosa succede se si sceglie uno al posto dell’altro?

Nel primo caso, si riesce a sopravvivere. Nel secondo caso, si perde luce, riscaldamento, gas, acqua, e non si sopravvive più, se non grazie alla Caritas. Allora io non capisco perché noi italiani temiamo così tanto lo sciopero fiscale. Che è uno strumento pacifico che si concretizza in una vera e propria RIVOLUZIONE, per le nostre famiglie. Seguitemi nel ragionamento.

Se non si pagano le tasse, lo Stato non avrà più soldi da sperperare, e dovrà finalmente capire che o le abbassa o le entrate diminuiranno ancora. Si, perchè mentre se non si paga una bolletta ci mettono un mese a tagliarti i fili, la macchina dello Stato prima che si muova per trovare che tu non hai pagato, ci mette minimo due anni, a parte l’Inps che è un po’ più veloce ma di poco. Poi ti manda un cosiddetto avviso bonario, dove ti invita gentilmente a pagare, dandoti la possibilità di farlo a rate pagando solo il 2% di interessi senza sanzioni. E lo possiamo calcolare noi, basta andare sul sito dell’Agenzia delle Entrate, poiché io non ho nulla da nascondere, ed ho sempre dimostrato quanto dichiarato, lo farò anche in questo caso.

Proprio ieri ho ricevuto una raccomandata Inps dove mi venivano chiesti i contributi della Gestione Commercianti per il 2012. In quell’anno, poichè le banche avevano tolto tutto alla mia azienda, ho dovuto scegliere se pagare con i miei soldi gli stipendi dei dipendenti o la mia Inps. Ho scelto la prima soluzione e ne vado fiera, anche se ora non ho più un centesimo. Pazienza, Dio provvederà. Per la richiesta di rateizzazione Inps bisogna recarsi agli sportelli oppure direttamente sul loro sito, ma non esiste un programma che consenta di calcolarle direttamente, e comunque l’Inps è molto propensa alle rateizzazioni, anche lunghe, per potersi garantire il recupero di quanto dovuto.

Per gli avvisi bonari dell’Agenzia delle Entrate invece, è diverso. Vi faccio un esempio (lo metto qui a lato, cancellando per privacy l’intestatario della cartella che non sono io).

Ok. Adesso seguitemi bene. Come vedete NON è una cartella esattoriale, lo diventerà se non si paga nel giro di un anno e mezzo. E siamo già a 3 anni e mezzo. Ogni cartella esattoriale si può rateizzare per 120 rate, e non solo, dopo lo scandalo dei finti funzionari Equitalia, se non è firmata da un vero funzionario è nullo, e quindi si annulla anche il debito.

Andiamo sul sito dell’Agenzia delle Entrate: la stessa ha previsto un’applicazione che consente addirittura di stampare non solo il piano di ammortamento ma anche gli f24 per poter pagare, la trovate qui.

Accedo. Vi si aprirà una schermata che dovrete compilare con i Vostri dati, tenete a portata di mano il Vostro avviso bonario. Dove vi chiedono “tipo di comunicazione” è scritto nell’ultimissima riga in fondo alla pagina, in questo caso trattasi di protocollo telematico. Il codice atto invece è scritto all’inizio della pagina, ricopiate tutti i numeri. L’anno di imposta è scritto nella lettera, nel nostro caso 2012. Anche l’importo da rateizzare è scritto nella lettera: € 4.096,65. La data di elaborazione della comunicazione è scritta in fondo alla lettera, in questo caso il 12/07/2013, la data di ricevimento da inserire è quella in cui avete ritirato la raccomandata e firmato la ricevuta di ritorno.

Ora cliccate calcola, vi si apre una pagina come questa, in cui potete scegliere il nr. di rate che sono TRIMESTRALI con interessi minimi e stampare l’f24 relativo ed il piano di ammortamento (vedi qui a lato l’immagine).

Ma c’è di più. Una volta bastava non pagare una rata per decadere dal beneficio della rateizzazione e quindi passare tutto ad Equitalia. Ora invece, con le nuove normative fiscali, si possono saltare due rate, e regolarizzarne almeno una prima della scadenza della terza. Non vediamo il fisco come un nemico, perchè abbiamo tutti gli strumenti ormai per farcelo “amico”.

Pertanto, di cosa avete paura? Che vi portino via la casa? Non possono più. Ma pensate tre anni e mezzo senza pagare nulla, cosa può significare per lo Stato?

Basterebbe un mese, niente iva, niente irpef, niente mini-rata imu, niente di niente, professionisti che non versano più nulla. Cadrebbe immediatamente il sistema centrale, e i nostri politici dovrebbero correre immediatamente ai ripari. Certo, occorre anche la collaborazione dei dipendenti pubblici che non agiranno più per riscuotere alcuna tassa o tributo dai cittadini: gli atti pubblici saranno fatti gratuitamente, gli agenti di polizia non dovranno più fare contravvenzioni, gli ospedali non dovranno richiedere ticket, i controllori dei mezzi pubblici richiedere biglietti, i casellanti i pedaggi ecc. Ma non è fondamentale, se si comincia possiamo farcela anche senza loro, ma che sappiano che è anche nel loro interesse. Perchè la pacchia sta per finire per tutti.

Certo, inizierebbero le minacce di chissà che ripercussione, ma ricordatevi, questa è la legge italiana e nessuno vi può toccare, salvo che siate evasori, cioè NON DICHIARANTI, e non è questo il caso.

Vi ricordo l’articolo 53 della Costituzione, che io rispetto come la Bibbia: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”

Ditemi, chi ha più capacità contributiva, il cassaintegrato o le banche? Il disoccupato o i concessionari delle slot? E ditemi, chi paga di più, il pensionato o i poteri forti?

L’unico FONDAMENTALE aspetto è l’unione. DOBBIAMO FARLO TUTTI. Senza paura, continuo a ripeterlo, siamo in 60 milioni contro poche migliaia di soggetti. Non diventiamo l’elefante che teme il topolino.

Facciamo la nostra rivoluzione, pacifica, otterremo enormi risultati. Ricordate cosa fece Gandhi in India? La parte sostanziale è il principio di “Non Collaborazione” di “Disobbedienza Civile” e di “Sciopero Fiscale”. Si, lo so che questi tre fattori sono poco pubblicizzati. Per un semplice motivo: perchè funzionano perfettamente per abbattere qualunque governo.

Vi voglio citare le parole dello stesso Gandhi: «Rifiutarsi di pagare le tasse è uno dei metodi più rapidi per sconfiggere un governo.» Ed infatti Gandhi riuscì nel suo intento. Possiamo farlo anche noi, una vera Rivoluzione Pacifica che ci liberi finalmente di tutto il marciume che ci ha portati sul baratro della povertà. E lo racconteremo con orgoglio ai nostri nipoti, ai quali avremo donato un futuro LIBERO.
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » ven gen 24, 2014 3:46 pm

La tassazione è una barbarie, il cittadino è uno schiavo

http://www.lindipendenza.com/la-tassazi ... no-schiavo


di GUGLIELMO PIOMBINI

Molti grandi pensatori liberali dell’Otto-Novecento di scuola francese e italiana avevano messo al centro delle loro riflessioni sociologiche il concetto di spogliazione. Jean-Baptiste Say, Frédéric Bastiat, Vilfredo Pareto o Maffeo Pantaleoni avevano osservato che in ogni società gli individui hanno a disposizione solo due modi per procurarsi le ricchezze che desiderano: lo produzione e lo scambio volontario, oppure la spogliazione. In questa seconda ipotesi si aspetta che qualcuno abbia prodotto qualcosa, per poi sottrarglielo con la forza o con l’inganno. La spogliazione commessa da una persona a danno di un’altra viene di regola condannata dalla legge e dalla morale; al contrario, la spogliazione esercitata da coloro che controllano l’apparato coercitivo dello Stato assume un carattere legale e sistematico, e prende il nome di tassazione.

Questa forma di spogliazione su vasta scala genera spesso oppressione, parassitismo, stagnazione economica, malumori e rivolte. Nel periodo in cui era presidente del consiglio, Mario Monti colse involontariamente questo dato di fatto quando affermò che «sotto il profilo del fisco siamo in uno stato di guerra e non è possibile avere una pace sociale, una pace tra cittadini e Stato, se non viene ruvidamente contrastato il fenomeno dell’evasione».
L’azione fiscale dello Stato, infatti, crea sempre una situazione di conflitto permanente all’interno della società.
Ogni giorno, ininterrottamente e senza sosta, un esercito di consumatori di tasse (politici, burocrati e militari) si attiva freneticamente per controllare, minacciare, braccare, scovare, arrestare, punire ed estorcere fondi ai produttori di tasse, cioè a tutti quegli individui pacifici che svolgono la propria attività nel settore privato dell’economia.

L’introduzione di queste dosi massicce di coercizione nella società rappresenta una vera e vera e propria barbarie, che corrompe e avvelena l’intera vita sociale e dà il segno di quanto siano arretrati gli attuali nostri sistemi politici. Di recente uno dei più noti filosofi tedeschi, Peter Sloterdijk, nel libro La mano che prende e la mano che dà ha denunciato con forza l’inciviltà dei sistemi politici fondati sulla costrizione fiscale, proponendo di passare a forme volontarie di tassazione: l’unico modo, a suo parere, per moralizzare e rivitalizzare le moderne democrazie, ormai trascinate alla bancarotta da sistemi fiscali sempre più esosi e polizieschi, che schiacciano le libertà individuali e umiliano i contribuenti.

I sostenitori dell’imposizione fiscale replicano a questo genere di critiche richiamando la teoria dei beni pubblici, secondo cui solo lo Stato può produrre quei beni di utilità collettiva, come la difesa, la protezione, la giustizia, le strade o l’assistenza ai bisognosi, che gli individui non sarebbero in grado di produrre attraverso le interazioni volontarie nel mercato.
In verità questa teoria è contestabile sul piano teorico e storico, dato che tutti i cosiddetti “beni pubblici” sono stati prodotti efficientemente dal settore privato prima che lo stato se ne attribuisse il monopolio legale.

In ogni caso sarebbe meglio chiedersi se un’astrazione teorica elaborata a tavolino dagli economisti rappresenti una ragione sufficiente a giustificare l’inevitabile carica di violenza sugli individui che da sempre caratterizza tutti i sistemi fiscali. Che cos’è più importante? Che la comunità possa usufruire di un determinato “bene pubblico” (la cui utilità viene spesso stabilita unilateralmente dalla classe politica, senza neanche interpellare i diretti interessati) o che abbia fine, o quantomeno si riduca, quel mare di controlli asfissianti, costrizioni, intimidazioni, irreggimentazioni, confische e persecuzioni fiscali, di cui la storia è piena? Dove sta scritto che il primo sia sempre un bene superiore al secondo?

A dispetto della teoria dei beni pubblici, anche oggi esistono numerosi esempi di realtà basate sulla contribuzione volontaria, come le città private largamente diffuse negli Stati Uniti. Queste gated communities sono dei quartieri urbani o delle vere e proprie cittadine organizzate su base condominiale che forniscono contrattualmente ai residenti tutti i servizi pubblici di cui necessitano: guardie private per la sicurezza, strade, nettezza urbana, scuole, ospedali.

All’interno di queste realtà il cittadino è trattato come un cliente, non come un soggetto passivo da ingiuriare, minacciare e gabellare a piacimento. Qui non esistono corpi permanenti di burocrati e finanzieri dotati di penetranti poteri, spesso intrusivi nella vita privata, alla continua ricerca di sudditi da spremere. Un sistema fondato sulla “tassazione” volontaria sarebbe quindi più umano ed efficace di quanto possano mai essere le attuali procedure fiscali obbligatorie, così ottuse, dissipatrici e soggette a continui abusi.

In anteprima dalla rivista Liberamente, n. 1/2014
http://www.fondazionescoppa.it/la-rivista.html
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Re: Evaxion elouxion, soravivar e lexitema difexa

Messaggioda Berto » lun gen 27, 2014 9:38 am

Greci sempre peggio. Nuove tasse e a chi non paga sequestrano il conto

http://www.lindipendenza.com/greci-semp ... o-il-conto

La situazione economica delle famiglie greche continua a peggiorare a vista d’occhio secondo una ricerca condotta dall’Istituto per le Piccole Imprese della Confederazione Generale Professionisti, Commercianti e Artigiani ellenici (Ime-Gsevee). Si tratta della ricerca annuale della centrale sindacale su un campione di 1.207 nuclei familiari rappresentativi a livello nazionale condotta in collaborazione con la società Marc lo scorso dicembre allo scopo di registrare le ripercussioni della crisi economica sulle famiglie greche. Dalla ricerca è emerso che una famiglia su tre teme di perdere la propria casa a causa dei debiti accumulati, mentre gran parte della popolazione dichiara di non essere in grado di soddisfare i propri impegni finanziari. Nello stesso tempo, 1,4 milioni di famiglie hanno almeno un disoccupato in casa e di loro solo un 9,8% riceve il sussidio di disoccupazione, mentre oltre un milione di greci non hanno alcuna garanzia per il loro lavoro. Il 44,3% dei nuclei familiari risulta indebitato con le banche mentre un greco su 10 si è visto sinora costretto a vendere parte della sua proprietà per riuscire a superare la crisi.

Inoltre si teme che le recenti misure di austerità che riguardano, tra l’altro, la tassa sugli immobili e il sequestro dei depositi bancari in caso di mancato pagamento delle tasse, creeranno ulteriori difficoltà per le famiglie greche.

Il 94,6% delle famiglie, secondo la ricerca, ha subito una riduzione media del 39,47% del proprio reddito dal 2010 sino ad oggi, con la Regione dell’Attica in prima posizione, mentre il principale reddito di gran parte delle famiglie (48,6%) proviene dalle pensioni. La situazione si presenta ancora più drammatica per quanto riguarda il settore dei beni di consumo.

Il 63,7% delle famiglie dichiara di aver ridotto le spese per l’alimentazione, il 90,3% ha tagliato le spese per il vestiario e il 90% ha limitato quelle per i ristoranti, i locali ed il cinema. Il 75% delle famiglie ha ridotto anche le spese per il riscaldamento e il 36,5% ammette che ormai acquista solo prodotti di qualità inferiore. (ANSAmed).


La crixi economega de ła Greça
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