Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » sab giu 09, 2018 8:07 pm

???
Guerra dei dazi: ha ragione Trump (e noialtri europei non siamo affatto innocenti)
di Stefano Cingolani
La guerra dei dazi è solo l’ultimo capitolo di un liberalismo mondiale che è sempre andato a singhiozzo. Trump ha le sue ragioni per chiudere al libero commercio. E non è detto che l’Europa (molto meno innocente di quanto sembra) non possa avvantaggiarsene
12 Marzo Mar 2018

http://www.linkiesta.it/it/article/2018 ... tto-/37402

“La minaccia al commercio mondiale”. Sotto, il faccione minaccioso di Donald Trump trasformato in una bomba a mano. The Economist ha lanciato in copertina l’allarme e individuato il colpevole. E se le cose non stessero proprio così? Il presidente francese Emmanuel Macron ha telefonato al presidente americano per metterlo in guardia da una possibile rappresaglia che porterebbe a una escalation pericolosissima. A fronte di tariffe del 25% sull’acciaio importato e del 10% sull’alluminio, gli europei vogliono colpire il bourbon, le Harley Davidson e i mirtilli rossi; la Casa Bianca ha già detto che in tal caso taglierebbe le importazioni di auto europee (un mercato da 36 miliardi di dollari). E così via.

Ma il fatto è che i francesi non sono esattamente le mammolette del libero scambio e lo stesso si può dire a buona parte dei paesi europei. La Ue, con i sussidi ai suoi agricoltori, ha creato una delle più barocche e coriacee barriere ai commerci internazionali colpendo non solo gli americani, ma gli africani e gran parte dei paesi in via di sviluppo. L’industria e i servizi non sono da meno. Una società non europea non può possedere la maggioranza di una linea area, per esempio. Per non parlare delle tasse sui colossi high tech e sui campioni della economia digitale, brandite come spade della giustizia distributiva. Insomma, ci sono tante belle rogne da grattare e prima di rispondere con minaccia a minaccia sarebbe bene tenere i nervi saldi.

Gli Stati Uniti nel secondo dopoguerra hanno fatto della libertà dei commerci la loro bandiera, memori della catastrofe provocata negli anni ’30 quando pensarono di rispondere alla grande depressione con il protezionismo, però molto spesso hanno predicato bene e razzolato male. Ronald Reagan, il campionissimo della rivoluzione liberista, ha praticato dazi e tariffe protezionistiche provocando non pochi guai; Bush padre volle difendere le Big Three dell’industria automobilistica insidiate dai giapponesi; e per venire a giorni a noi più vicini è stato Barack Obama ad aver già innalzato le tariffe sull’alluminio. Nessuna di queste misure è servita allo scopo. L’auto made in Usa è declinata sotto l’offensiva nipponica prima e tedesca poi. Quanto all’industria pesante, il conto è presto fatto: l’aumento dei prezzi dell’acciaio e dell’alluminio (rispettivamente 25 e 10%) crea circa 33 mila posti di lavoro nella metallurgia, ma ne distrugge 179 mila nelle industrie utilizzatrici. Un bel boomerang, secondo i calcoli della società di consulenza Trade Partnership citata dall’Economist.

Gli Stati Uniti nel secondo dopoguerra hanno fatto della libertà dei commerci la loro bandiera, memori della catastrofe provocata negli anni ’30 quando pensarono di rispondere alla grande depressione con il protezionismo, però molto spesso hanno predicato bene e razzolato male

La mossa di Trump in realtà è molto insidiosa. Mentre i suoi predecessori concepivano le misure protezionistiche come temporanee e in ogni caso negoziabili negli organismi internazionali (il GATT prima e ora il WTO), The Donald non crede né al libero scambio né alle trattative multilaterali, e per di più ha evocato la sicurezza nazionale proprio per sfuggire a questa eventualità. Del resto, anche negli accordi della Organizzazione mondiale per il commercio esiste una clausola che consente di sfuggire alle regole comuni proprio in caso di minaccia alla sicurezza. Insomma c’è da far arricchire legioni di avvocati e consulenti. Il paradosso è che la maggior parte dell’acciaio importato dagli Usa proviene dall’Europa, dal Canada, dal Messico, dalla Corea del Sud, tutti alleati strategici degli Usa. Un altro boomerang. E non è nemmeno vero che, come ha detto Trump, dall’estero viene acciaio cattivo, al contrario l’Europa fornisce proprio gli acciai speciali, quelli utilizzati nelle industrie di punta, comprese quelle della difesa, tanto che il Vecchio Continente è il numero uno non per quantità esportata, ma per valore aggiunto.

Eppure nella follia di Trump c’è del metodo che va soppesato attentamente. Il presidente agisce per ragioni di politica interna: il 6 novembre ci sono le elezioni di medio termine che rinnovano una parte del Senato e della Camera dei rappresentanti, un test decisivo per valutare la prima metà della presidenza Trump e capire se l’amministrazione riuscirà ad avere dalla sua il Congresso. L’appuntamento è delicato e la Casa Bianca, subissata di critiche, in pieno caos organizzativo (proprio contro i dazi si è appena dimesso il consigliere economico Gary Cohn), sotto schiaffo per le relazioni pericolose con la Russia di Putin durante le elezioni, vanta una congiuntura economica eccellente: crescita del 3%, disoccupazione al 4%, aumento dei salari operai, una borsa ancora bella gonfia dopo nove anni di corsa del toro. It’s the economy stupid, Trump può rovesciare a suo favore lo slogan clintoniano.

L’Organizzazione per il commercio non funziona; come l’Onu, non riesce a evitare che scoppino sempre nuovi conflitti. La mossa di Trump può essere l’occasione per cambiare

La rappresaglia minacciata dagli europei andrebbe a colpire interessi forti legati ad alcuni pezzi grossi del Congresso: il Bourbon arriva dal Kentucky lo stato che elegge Mitch McConnell, il leader repubblicano del Senato; le Harley-Davidson sono fabbricate in Wisconsin, la patria di Paul Ryan speaker (cioè presidente) della Camera, che è anche uno dei maggiori produttori di mirtilli. Insomma, il boomerang si ritorce in questo caso contro gli europei, con il risultato di rafforzare Trump. Ultima notazione, e non la meno importante, riguarda la Cina. Il presidente americano ha innalzato la bandiera del protezionismo contro Pechino, ma in realtà questa volta l’Impero di Mezzo riceve un danno minore dai dazi su acciaio e alluminio. E non è un caso. La Cina è determinante per disinnescare la mina nord coreana; Kim (il rocket man) non muove foglia che Xi (il nuovo Mao), non voglia. Sorprendendo tutti, Trump ha deciso di incontrare a maggio l’autocrate nordcoreano. Può darsi che il negoziato non cominci neppure, ma se parte, allora tutti avranno bisogno della Cina, gli Stati Uniti per primi, e poi anche l’Europa.

In conclusione, dazi e tariffe sono nocivi, ha ragione in questo l’Economist. Il commercio mondiale non si ferma, sia chiaro, per qualche balzello in più, ma andare avanti con minacce e scossoni seguiti da negoziati bilaterali, rende inutile la camera di compensazione rappresentata dal Wto. Detto questo, parafrasando l’aforisma shakespeariano, ci sono sempre più cose in cielo e in terra di quanti ne sogni ogni ideologia; e prima di compiere delle scelte bisogna valutarle tutte. L’Organizzazione per il commercio non funziona; come l’Onu, non riesce a evitare che scoppino sempre nuovi conflitti. La mossa di Trump può essere l’occasione per cambiare. Soprattutto, prima di lanciarsi in reazioni scomposte, è bene valutare tutta la catena di conseguenze su ogni scacchiere, economico e politico.
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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » sab giu 09, 2018 8:08 pm

Dazi Usa sulle auto Ue: ecco perché sono corretti

OFCS Report
a cura di Marco Rocco

https://ofcs.report/economia/dazi-usa-s ... e-corretti

Trump, oltre ai dazi generalisti su alluminio e acciaio, vuole imporre tariffe specifiche sulle auto Ue, ovvero principalmente tedesche e francesi (visto che FCA ha il suo cuore negli States, sarà in gran parte immune da dette tariffe in entrata). Sta dunque emergendo la realtà delle cose: le aziende Usa fanno molta più fatica di quelle cinesi ed europee, ad esempio, ad esportare i propri beni all’estero per il solo fatto che ci sono molte più tariffe all’entrata in Ue e Cina di quanto recipricamente succede in Usa. La fonte di codesta valutazione è nientepopodimeno che il WTO. In maggior dettaglio, i dazi per le auto importate in Usa sono il 2.5% del valore, mentre quelli in entrata nell’Ue ammontano al 10% (quelle importate in Cina scontano invece il dazio del 25%!!!).

Da qui la posizione di Trump: una tassa di reciprocità sulle auto importate in Usa, stessi dazi in entrata, reciproci. Tutti sanno quanto sia difficile importare un’auto Usa in Europa; viceversa le auto europee fluiscono negli States con pochissimi aggravi anche burocratici. Fra poco ci sarà un netto correttivo, egalitario di principio.

Quanto esposto dovrebbe convincere del fatto che l’Europa semplicemente preferiva “i disastri fatti da Obama”, citando Fiamma Nirenstein, ossia un presidente incredibilmente attento agli interessi più globali che statunitensi. Alcuni ritengono addirittura che Obama sia stato in qualche modo diciamo “assunto” dall’Europa per fare non propriamente gli interessi del proprio paese, ossia per avvantaggiare nel caso i prodotti stranieri e tedeschi in particolare rispetto a quelli americani. La casualità che mezzo establishment Dem che conta, Chelsea Clinton, gli Obama (marito e moglie), anche l’ex direttore dell’Fbi Comey, siano tutti stati “assunti” per scrivere un libro – e pagati letteralmente a peso d’oro – proprio da editori tedeschi, sembra davvero troppo casuale.

Questi sono i fatti, che sembrano dare completa ragione a Trump (non vi dico cosa potrebbe succedere se gli Usa mettessero in discussione gli innegabili aiuti di stato concessi dall’Ue ad Airbus vs. Boeing, …).

Vi sembra corretto detto ragionamento? Vi sembra ammissibile che gli Usa da 25 anni accumulino deficit commerciali che stanno mandando sul lastrico le omologhe imprese Usa, a botte di 600-800 miliardi di dollari annui? E soprattutto, vi sembra sostenibile che gli Usa possano continuare a fare lo stesso anche in futuro? Semplicemente no, è insostenibile. A meno che gli Usa decidano di fallire.

Appunto, Trump è stato eletto per evitare il fallimento economico di Washington. Il problema è che se gli Usa, anche solo dimezzassero il loro deficit commerciale, ci sarebbero centinaia di miliardi di beni soprattutto cinesi e tedeschi invenduti nel mondo. Ossia, ben si capisce perché esiste un asse Pechino-Berlino contrario agli Usa di Trump.

Solo questione di soldi ed interessi

Certo, il problema sta nel fatto che proprio la Germania non vuole accettare una svalutazione del dollaro contro euro, che risolverebbe il problema in ambito di libero mercato. La verità è che la Germania può anche aver ragione in quanto una forte discesa del dollaro farebbe sì male all’economia tedesca, ma letteralmente ucciderebbe quella dei paesi euro periferici, l’economia italiana in particolare, costringendola o a fare crack o ad uscire dalla moneta unica.

Il problema non è solo strutturale, peggio, è irrisolvibile: l’euro è troppo forte per i periferici ma è troppo debole per la Germania, che approfitta della mera presenza dei paesi euro deboli nella compagine della moneta unica per accumulare enormi surplus commerciali a danno anche dei competitori americani. Forse ora si capisce il motivo della decisione strategica degli ultimi 15 anni di ampliare il più possibile la partecipazione all’euro autorizzando l’adesione al maggior numero di paesi europei, anche secondari. Appunto, ad esempio oggi l’Albania fuori dalla moneta unica cresce molto di più dell’Italia, solo un’apparente assurdità.

Da qui la reazione – razionale – di Trump. Purtroppo oltregottardo ritengono dovuto il privilegio dell’euro, fregandosene del fatto che lo status quo eurico stia mettendo alla fame la Grecia e a breve anche l’Italia, in perseveranza dell’austerità euroimposta.

È solo questione di tempo prima che Trump si scagli direttamente contro l’euro come istituzione, ovvero contro la radice dei problemi che il presidente Usa sta cercando di combattere in modo poco ortodosso con i dazi. In tale contesto va considerato che la Penisola resta cruciale per l’apparato militare Usa in chiave Europa, Nordafrica e Medio Oriente. Dunque, si ritiene che gli States non potranno accettare un fallimento italico o, peggio, un allinemento di Roma agli interessi tedeschi e francesi invece che a quelli americani. Da qui la necessita di azioni specifiche in loco (…).

Visto che sembra ormai certo che Trump non mollerà l’osso, vedremo se Berlino assieme a Parigi farà mosse conclamate finalizzate a difesa del proprio lebensraum incentrato nell’euro, confrontandosi non solo con gli Usa ma anche intervenendo direttamente in paesi terzi con il fine di evitare la fine dell’Ue (ovvero l’uscita di qualche paese dall’euro, ad es. l’Italia). Mezza Europa sta aspettando che ciò accada, per passare alla pagina successiva.
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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » dom giu 10, 2018 5:12 am

Trump annuncia nuovi tagli alle tasse. E' pronto ad alzare i dazi all'Ue
Dopo i tagli di dicembre, il presidente Usa ha anticipato altri sconti fiscali, "qualcosa di molto speciale" entro le elezioni di Midterm. Intanto pare che non prolungherà il primo giugno l'esenzione dei dazi su acciaio e alluminio Ue, ha avvertito la commissaria, Cecilia Malmstrom
di Elena Dal Maso

https://www.milanofinanza.it/news/trump ... 0856502029

In attesa delle elezioni di Midterm, che si terranno in novembre, il presidente americano Donald Trump mette sul tavolo un altro asso. E promette altri tagli alle tasse dopo la sforbiciata da 1,5 miliardi firmata lo scorso dicembre. Lo riporta Marketwatch (gruppo Wall Street Journal), secondo cui ieri sera Trump ha detto che la sua amministrazione "presenterà ulteriori tagli alle tasse prima di novembre", aggiungendo poi: "Sarà qualcosa di molto speciale".

Ieri il presidente non ha fornito dettagli sui nuovi tagli alle tasse, ma ha detto di aver programmato di incontrare il repubblicano Kevin Brady, presidente del House Ways and Means Committee, il gruppo che ha il compito di redigere la legislazione fiscale. La mossa non giunge a caso perché nella prima settimana di novembre sono previste le elezioni di metà mandato, il Midterm, col il rinnovo di parte delle cariche.

Dal punto di vista storico (alternanza Repubblicani-Democratici) e in base ai recenti sondaggi sull'apprezzamento di Trump da parte degli americani, la Camera Usa rischia di passare ai democratici. E il Senato può trovarsi in bilico, mentre oggi entrambi gli organi sono in mano ai Repubblicani, fatto non usuale. Marketwatch ricorda che un sondaggio realizzato lo scorso mese ha rilevato che i tagli fiscali già entrati in vigore rimangono impopolari, con solo il 27% degli intervistati che afferma di essere una buona idea.

Giovanna Mossetti, economista di Intesa Sanpaolo , in un focus appena pubblicato sugli Stati Uniti, riporta i dati del Congressional Budget Office sulla riforma tributaria e la recente legge di spesa, che hanno peggiorato il quadro fiscale dell'economia americana. Hanno determinato un allargamento del deficit e un rialzo del debito, senza modificare in modo permanente la crescita potenziale. Lo scenario prevede un’accelerazione della crescita Usa nel 2018-19 (intorno al 2,8% medio) ma un successivo rallentamento, particolarmente significativo alla scadenza delle misure transitorie delle nuove leggi fiscali, con un’attesa della crescita media nel 2021-22 all’1,5% e nel quinquennio 2023-28 all’1,7%.

Sempre che nel frattempo non si sia concretizzata una vera guerra commerciale fra Usa e Cina. Oggi, secondo i dati del Wto, i dazi medi sono del 3,5% negli Usa, del 9,9% in Cina e del 4,4% nell'Ue. In caso di barriere all'entrata come annunciate da Trump, i dazi sarebbero in aumento del 27% per gli esportatori americani, del 36% per quelli cinesi, del 32% per quelli europei. Il Wto stima che un aumento delle barriere del 10% su tutte le importazioni americane abbia una ritorsione analoga dai partner commerciali che ridurrebbe la crescita Usa del 2,5% e quella mondiale dell’1% secco.

Sul fronte fiscale, spiega Mossetti, "il deficit è visto a 800 miliardi di dollari, ovvero il 4,2% del pil nel 2018 e in rialzo costante con un picco in percentuale del prodotto interno lordo a toccare il 5,1% nel 2022”. Il rapporto debito/pil degli Usa allo stato attuale (quindi senza altri tagli fiscali) dovrebbe crescere costantemente, avvicinandosi al 96% nel 2028 dal 76% previsto per fine 2018, sui massimi dal 1946. Nel caso in cui gran parte delle misure transitorie fosse estesa alla scadenza, il deficit/Pil sarebbe in media al 6% nel 2018-28 e il debito/Pil arriverebbe a 105% nel 2028.

E sempre il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sta ragionando in queste ore su alcune misure per tagliare le esportazioni di acciaio e di alluminio dell'Unione europea verso gli Stati Uniti di circa il 10%, segnale del fatto che le concessioni del Vecchio Continente per assicurarsi l'esenzione dai dazi non soddisfano le richieste della Casa Bianca.

È quanto hanno detto funzionari dell'Ue a conoscenza dei colloqui. "Abbiamo l'impressione che in qualche modo vogliano limitare le importazioni di acciaio verso gli Stati Uniti" e anche quelle di alluminio, ha affermato la Commissaria europea per il Commercio, Cecilia Malmstrom, secondo la quale l'esenzione per i dazi concessa dall'amministrazione Trump all'Ue non dovrebbe essere prolungata alla sua scadenza il primo giugno. Inoltre, sempre in tema commerciale, il presidente americano ha puntualizzato che un accordo tra Stati Uniti e Cina ancora "non è stato raggiunto" su Zte, che potrebbe subire una multa "di oltre un miliardo di dollari", magari "fino a 1,3 miliardi".Occhio, arrivano i dazi usa sull’Europa. l’Italia preferirà l’Iran a Trump?
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
31/05/2018

http://m.dagospia.com/maglie-occhio-arr ... ump-175056

Se invece di preoccuparsi tanto e far salire spread per le sorti italiche, ai Paesi padroni dell'Unione Europea toccasse preoccuparsi urgentemente della fregatura che sta arrivando da oltreoceano? L'amministrazione Trump si accinge già oggi ad annunciare che non si rinviano più le misure di dazi perché le concessioni richieste all'Unione Europea non sono arrivate, non c'è alcun tipo di accordo di compromesso, e siamo alla deadline, il primo giugno, venerdì, perciò arrivano le tariffe sull'acciaio e l'alluminio, 10 e 25%. L'Unione Europea risponderà presumibilmente con tariffe di ritorsione su prodotti americani di largo consumo, come i jeans, motociclette e bourbon.

Succede davvero? Certo che sì, a meno di un accordo dell'ultima ora che, anche se non viene detto esplicitamente, dovrebbe comprendere anche la rinuncia esplicita dell'Unione Europea a commerciare con l'Iran, dopo che Trump ha stracciato l'accordo firmato da Obama nel 2015 insieme alle nazioni europee, alla Cina e alla Russia.

Fonti della Casa Bianca ricordano di aver a lungo atteso, di aver dato un altro mese di tempo all'Europa perché è un Paese alleato, senza ottenere nulla, e che a questo punto le tariffe partono ma le trattative potranno lo stesso continuare. Che è poi quel che ha lasciato intendere il segretario al Commercio, Wilbur Ross, ieri a Parigi per un forum dell' Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo.

“ Non è che si interrompe il dialogo solo perché ti hanno imposto delle tariffe -ha detto Ross - Dio sa quante tariffe l’Unione Europea ha imposto a noi”’ Niente di cui stupirsi, è linguaggio trumpiano, semplice e un po' brutale.

Che cosa c'è in ballo? A Bruxelles si parla di tariffe per 2 miliardi 800 milioni di euro su esportazioni americane e si cita la regola della Organizzazione per il commercio mondiale, che consente ai Paesi membri di punire una nazione che applichi formule di salvaguardia inappropriate contro le loro esportazioni.

Che cosa c'è di inappropriato?

Che per cambiare le regole e imporre tariffe gli Stati Uniti citino ragioni di sicurezza nazionale. “Non ho avuto il piacere di vedere studi e analisi a riguardo, non vediamo come queste esportazioni pongano un problema la sicurezza americana”, dice infatti David O’Sullivan, ambasciatore a Washington dell'Unione Europea.

Anche Canada e Messico hanno avuto un rinvio della decisione, ma lì la situazione è diversa, e mentre si ridiscutono i termini del Nafta, l'accordo per il libero commercio stipulato nel ‘95 da Bill Clinton, è probabile che non se ne faccia niente, troppo forti I legami tra le industrie statunitensi dell'acciaio e quelle canadesi.

Ieri però lo scontro è stato grosso anche con loro perché il premier Justin Teudeau ha dichiarato che è meglio stracciare l'accordo sul libero commercio del Nord America invece che essere costretti a farne uno cattivo; il presidente messicano ha risposto male alla richiesta perentoria di Trump che il Messico contribuisca alla costruzione del muro di confine che dovrebbe servire a tenere fuori le masse di immigrati clandestini che ogni giorno tentano di entrare negli Stati Uniti.

La reazione europea è invece abbastanza misteriosa al momento, il ruolo italiano marginale, nonostante i nostri interessi enormi e i rischi che corriamo. Dopo la Germania, perché in caso di ritorsioni americane alle nostre ritorsioni in pericolo è l'esportazione di automobili dall'Europa agli Stati Uniti.

Non sorprendentemente, i più moderati sul tono delle risposte da dare sono i più colpiti ed esposti, ovvero la Germania, mentre a parole almeno il più aggressivo e’ proprio quel Macron che un mese fa è andato a fare il bacio della pantofola a Trump a Washington.

Prima dell'incontro con Wilbur Ross, la commissaria Ue, Cecilia Malmström, aveva dichiarato all’Europarlamento di aspettarsi, nell’ipotesi migliore, la definizione di quote sull’import dalla Ue . L’incognita, ha spiegato, è se si tratterà di quote al di sopra delle quali l’export dall’Europa sarà bloccato, oppure di quote al di sopra delle quali scatteranno solo dei dazi. Un po' confusa.

Il mese di maggio insomma non è servito assolutamente a nulla, Eppure che Donald Trump non solo faccia sul serio nella guerra dei dazi, ma che usi questa leva per strappare accordi di altro tipo, politici, internazionale, più importanti, è stato chiaro anche dall'approccio con la Cina.

Il 19 maggio era stata infatti siglata una tregua commerciale in cambio di un impegno enorme di Pechino ad importare dagli Stati Uniti, ma due giorni fa all'improvviso l'accordo è stato dichiarato non più valido e Washington ha dato tempo fino al 15 giugno a Pechino prima di rendere pubblica la lista definitiva dei prodotti cinesi che verranno colpiti da dazi del 25%, che saranno applicati su 50 miliardi di dollari di merci.

Altri 15 giorni per annunciare le misure che limiteranno gli investimenti cinesi negli Stati Uniti e mettere sotto controllo le esportazioni di tecnologie. Con queste premesse Wilbur Ross direttamente dall'Europa arriva in Cina Il 2 giugno.

Che cosa è successo? Io sono pronta a scommettere che le minacce sono collegate all'atteggiamento di Pechino sulla Corea del nord. C'è un vertice fra Trump e Kim jong-un in bilico il 12 giugno, Pechino ha come sempre svolto un ruolo di straordinaria ambiguità e stava cercando di annacquare a puro uso e consumo di Kim quel vertice. Trump ha detto “ bene non se ne fa niente”, gli ha scoperto il giochino, ora manda a dire probabilmente che sta alla Cina salvare quel vertice e trasformarlo in una cosa seria.

Anche perché contro Pechino il Congresso in larga maggioranza, non solo il partito repubblicano del presidente, è incline a posizioni durissime, e aveva criticato la decisione a favore del colosso delle telecomunicazioni cinese Zte . Colpita dal divieto di operare con società Usa per 7 anni per aver violato le sanzioni Usa contro Iran e Corea del Nord, Zte aveva sospeso le attività e rischiava di chiudere, rischio ora di nuovo fortissimo.

L'Europa? Tralasciando le solite dichiarazioni sprezzanti di Claude Juncker ,accompagnato da Margrethe Vestager, Commissario europeo per la concorrenza, che si dicono pronti a rispondere con dei contro-dazi sui 2.8 miliardi di dollari di prodotti che ogni anno varcano il mercato unico, Angela Merkel fa sapere di essere pronta a sondare tutti i possibili compromessi. La Germania, infatti, con 950 milioni di euro, rappresenta il primo esportatore di acciaio e alluminio negli States, su un totale di 6.4 miliardi di prodotti europei, e i dazi agli Stati Uniti sui suoi prodotti li ha sempre fatti pagare, eccome.

Seguendo lo schema Usa con Cina-Corea del Nord, arriviamo alla trattativa sull'Iran che è strettamente legata alla questione dei dazi all'Europa, e riguarda molto da vicino l'Italia, i suoi imprenditori, illusioni che rischiano di trasformarsi rapidamente in delusioni cocenti.

Qualche numero. Noi viviamo di esportazione e gli Stati Uniti rappresentano la prima destinazione dei nostri prodotti fuori dall'Europa, per un valore superiore ai 40 miliardi di dollari. Con l'Iran l'export non raggiunge i 2 miliardi di euro. Dunque non c'è paragone, dunque c'è da tremare all'idea che vengano dagli Stati Uniti applicate non solo le sanzioni all'Iran, se non ci sarà un nuovo accordo e cambieranno le condizioni di quel Paese rispetto all’ imbroglio nucleare, ma le già minacciate secondary sanctions, sanzioni indirette per colpire soggetti non americani che fanno affari con la Repubblica Islamica.

In pochi sanno che, non lo saprei neanche io se non lo avessi letto su Atlantico Quotidiano di Federico Punzi e Daniele Capezzone, la Cassa Depositi e Prestiti aveva rigettato la richiesta dei Governi Renzi e Gentiloni di assicurare il business italiano in Iran.

La CDP è all’80 per cento posseduta da fondazioni bancarie che non hanno alcuna intenzione di rischiare i loro interessi negli Stati Uniti per le ritorsioni finanziarie del Dipartimento del Tesoro americano. Ma il Governo Gentiloni ha fatto orecchie da mercante e ha aggirato il diniego trasferendo all’agenzia pubblica Invitalia questa responsabilità, insieme all'approvazione di una linea di credito di 5 miliardi verso Teheran.

La cifra non è significativa per grandi aziende come l’ENI o le Ferrovie dello Stato, e anche piccole e medie aziende del settore della meccanica dovranno scegliere visto che gli Stati Uniti sono il loro mercato principale.

Non dovrebbe esserci alcun esitazione dunque nello scegliere di contrastare Federica Mogherini che sembra avere a cuore solo l'accordo con l'Iran, nel decidere invece che il nostro partner tra I due sono gli Stati Uniti. È una questione di sicurezza nazionale, come direbbero dalle parti di Washington. Intanto il tempo stringe.
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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » dom giu 10, 2018 7:43 am

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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » dom giu 10, 2018 7:55 am

G7, Trump sui dazi: «Gli Usa non sono un salvadanaio da cui tutti possono rubare»
Giuseppe Sarcina, inviato a Charlevoix (Canada)
o9 giugno 2018

https://www.corriere.it/esteri/18_giugn ... dc85.shtml

Il G7 ufficiale si è concluso con un passaggio minimalista sul commercio e un riferimento al confronto sulle regole del Wto, la World trade organization. Il G7 di Donald Trump termina fuori tempo massimo in nottata, con un attacco durissimo al padrone di casa Justin Trudeau: «Offende le nostre scelte e quindi ritiriamo la firma dal comunicato congiunto». Già nel pomeriggio il presidente americano aveva lasciato il vertice in anticipo, con un’altra sparata: «Per molti anni e per colpa dei nostri leader noi siamo diventati come il classico salvadanaio a forma di porcellino, saccheggiato da tutti, e questa cosa deve finire». E, ancora, parlando di dazi e barriere doganali: «Se gli altri Paesi pensano di rispondere, stanno facendo un errore. Le nostre imprese, i nostri agricoltori sono danneggiati dalle tariffe e da altri vincoli. Se questo modo di fare proseguirà, vorrà dire che smetteremo di commerciare con loro».

Sono bastate queste parole per strappare la scenografia di un accordo, costruito con grande sforzo di Justin Trudeau e condensato nella prosa necessariamente generica del comunicato finale. Sei pagine più diversi allegati con un peso specifico tutto da stabilire. Il presidente francese Emmanuel Macron riconosce che «la dichiarazione congiunta è importante, tuttavia è solo un passaggio e non risolve tutto, dobbiamo continuare il nostro lavoro nei prossimi mesi».

Anche nell’ultima giornata Trump è rimasto l’epicentro dell’attenzione. Persino quando non c’era, come è successo nella colazione di lavoro dedicata alla «parità di genere». «The Donald» è arrivato in ritardo al tavolo circolare, accolto da un’occhiata severa di Angela Merkel e della direttrice del Fondo monetario, Christine Lagarde.

La tessitura delle ultime ore, comunque, prima e dopo che Trump lasciasse con largo anticipo il vertice, è servita solo a contenere il danno. A evitare che la rottura tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi diventasse il segno distintivo del summit. A un certo punto, raccontano, la cancelliera Angela Merkel si è rivolta agli altri partner e in particolare al leader americano dicendo: la cosa migliore sarebbe dire che qui non riusciamo a trovare alcun accordo. Ma la logica, si potrebbe dire l’inerzia del G7 impone di cercare un compromesso fino all’ultimo.

È la stessa leader tedesca a mettersi in moto per trovare una pedina di scambio da offrire a Trump. Eccola, con le sue parole: «Le regole del Wto non sono scolpite nella pietra». Macron sonda ancora il presidente americano. La delegazione della Commissione, guidata da Jean-Claude Juncker, si occupa di armonizzare le spinte dei capi di Stato e di governo.

Dalla squadra di Trump filtra poco: le note della Casa Bianca riflettono solo le uscite del presidente sulle «relazioni da voto dieci con gli altri partner», «il salvadanaio» e poi Iran, Corea del Nord. Un tweet dedicato a Conte, con invito: «Bel tipo, farà un gran lavoro, riceverà gli onori alla Casa Bianca a breve». Dietro le quinte, risulta che uno dei consiglieri di Trump, Everett Eissenstat, abbia elencato nel merito le richieste rivolte agli esperti degli altri Paesi: maggiore apertura dei mercati per le merci made in Usa; cooperazione sulle regole e fronte comune nei confronti della Cina. Tedeschi, francesi e Commissione hanno pescato nell’elenco il tema delle «regole», concordando una via di fuga dallo stallo: d’accordo, inseriamo nel documento finale che si può discutere sul funzionamento concreto del Wto. Per la squadra di Trump può andare, l’Organizzazione mondiale del commercio è uno dei bersagli preferiti : «Molto scorretti con noi».

Gli Usa, invece, non concedono nulla di concreto. Si continuerà a litigare sui dazi imposti all’import europeo di acciaio e di alluminio. E sulla lotta al cambiamento climatico, come già al vertice di Taormina nel 2017, gli Stati Uniti si dissociano.



I disinformatori seriali antiamericani del Fatto Quotidiano

G7, Trump: "Sul commercio Ue brutale con Usa". Merkel: "Avremo testo comune, ma non risolve i problemi"
9 giugno 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... le/4415507

Il presidente Usa si è presentato a colazione di lavoro già iniziata. E ha lasciato il vertice poco dopo, saltando la sessione sui cambiamenti climatici. Nelle relazioni commerciali, ha detto, gli Stati Uniti "sono stati trattati ingiustamente". Ci sono comunque gli spazi per un'intesa, anticipati dal premier Conte, sulla necessità di "adeguare l'Organizzazione mondiale del commercio". Macron: "Cerchiamo un accordo ambizioso"

“La Ue è brutale nei confronti degli Stati Uniti e i suoi leader lo sanno. Le cose cambieranno nei rapporti commerciali, siamo come il salvadanaio da cui chiunque può rubare“. Donald Trump ha chiuso così, poco dopo le 10 del mattino ora locale, la sua breve partecipazione al G7 del Canada. Arrivato in ritardo alla seconda e ultima giornata di lavori del vertice, il tycoon come preannunciato se n’è andato in anticipo – saltando la sessione su ambiente e cambiamenti climatici – per volare a Singapore dove martedì incontrerà il dittatore nordcoreano Kim Jong-un. Dal presidente francese Emmanuel Macron è arrivato comunque un tweet ottimista verso una possibile intesa sui dazi: “Cerchiamo attivamente un accordo ambizioso“. Ancor più esplicito il premier italiano Giuseppe Conte: “Abbiamo raggiunto un accordo: adeguare l’Organizzazione mondiale del commercio”, ha detto a margine dei lavori. Più tiepida la cancelliera tedesca Angela Merkel: “Parto dal presupposto che avremo un testo comune sul commercio”, ha detto parlando ai giornalisti. “Ma questo non risolve i problemi in dettaglio, abbiamo concezioni diverse con gli Stati Uniti“, ha aggiunto. La cancelliera ha annunciato che verrà rilasciata una dichiarazione congiunta, che sottolineerà anche le differenti posizioni degli Usa sulle questioni ambientali e climatiche.

Trump: “Rappresaglie? Un errore” – Prima di partire Trump ha tenuto una dura conferenza stampa in cui ha ribadito che “gli Usa sono stati trattati ingiustamente sul commercio: io non do la colpa agli altri, do la colpa ai nostri leader passati. Mi sono congratulato con i leader degli altri paesi, che sono stati capaci di concludere accordi incredibilmente vantaggiosi per loro. Abbiamo perso 817 miliardi di dollari sul commercio, è ridicolo e inaccettabile”. Per questo secondo l’inquilino della Casa Bianca sono giustificati i dazi che Washington ha deciso di imporre sulle importazioni di acciaio e alluminio dalla Ue. “Se pensano a rappresaglie stanno compiendo un errore”, è il monito di Trump agli alleati.

“Ue brutale, questo cambierà” – L’Unione europea è “brutale nei confronti degli Stati Uniti” e i leader Ue “lo sanno”, ha aggiunto. “Quando glielo dico loro sorridono, non hanno nulla da dire. Anche il Canada e anche il Messico, con cui abbiamo un deficit di miliardi, senza contare le droghe. Molti di loro mi sorridono, ma tutto questo cambierà“. “Il commercio dovrebbe essere libero da tariffe, barriere e sussidi“, ha sostenuto, ma solo se i dazi cadono per tutti. Trump ha poi ribadito che “riportare la Russia nel G7 è nell’interesse di tutti”, come già detto venerdì, e ha sostenuto che “l’invasione della Crimea da parte della Russia è colpa di Barack Obama, di come ha gestito i rapporti con Mosca”. Sull’argomento è arrivato anche il commento dei diretti interessati: la Russia “non ha mai chiesto di essere riammessa”, ha detto il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov. “Quando i nostri partner occidentali hanno deciso di tornare al format del G7 – ha spiegato Lavrov – noi abbiamo accettato la loro decisione e da allora abbiamo lavorato su altre piattaforme. I membri della Shanghai Cooperation Organization, i BRICS e il G20 condividono i nostri approcci”.

Il tweet di Macron e le parole di Conte – Dopo la conferenza stampa di Trump è arrivato il tweet del presidente francese: “Dopo una lunga giornata di lavoro e di dialogo molto diretto, cerchiamo attivamente un accordo ambizioso”, ha scritto postando una foto dei leader del G7 mentre discutono insieme. A margine dei lavori ha parlato invece Conte: “Abbiamo raggiunto, lo posso anticipare, un accordo” sul commercio. “Abbiamo tutti convenuto, dopo un proficuo scambio con tutti i partner, che il sistema del commercio internazionale basato sull’Organizzazione mondiale del commercio è un po’ datato. Richiede un suo adeguamento alle mutate realtà sociali ed economiche. Basti pensare che la Cina fino a pochi anni fa era un Paese emergente e invece oggi è una potenza mondiale particolarmente invasiva sul piano commerciale. Abbiamo tutti convenuto che lavoreremo in questa direzione”. Sulla Russia ha concluso: “Abbiamo una posizione di dialogo che non significa abbandonare dall’oggi al domani il sistema delle sanzioni“.

G7 Canada, Conte: "Russia seduta al tavolo del G8 quanto prima. Ma stop alle sanzioni non dall'oggi al domani"

Il precedente bilaterale Usa-Francia – Macron, che si era scontrato duramente a distanza via social con Trump, dopo averlo incontrato aveva assicurato che sul tema dazi “c’è la volontà da tutte le parti di trovare un accordo e di avere un approccio che sia vantaggioso per tutti”. Dalle parole del presidente Usa sembrava che un accordo non fosse stato trovato. “Non possiamo perdere”, ha detto il presidente Usa a chi gli chiedeva se temesse rappresaglie per i dazi e una guerra commerciale a livello mondiale. “Non possiamo andare avanti con una situazione in cui gli Stati Uniti sono il salvadanaio da cui tutti rubano”, ha concluso riferendosi agli squilibri commerciali degli Usa anche verso i Paesi alleati.
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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » dom giu 10, 2018 7:55 am

La provocazione di Trump: "Aboliamo tutti i dazi e le barriere"
Raffaello Binelli - Sab, 09/06/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/pro ... 38709.html

Secondo quanto riferito da alcune fonti americane presenti alla discussione, Trump avrebbe detto agli altri leader del G7 che "dovremmo almeno considerare di cancellare tutti i dazi e le barriere". Ha lasciato il summit prima della fine per prepararsi all'incontro con Kim Jong-un

Il presidente Usa Donald Trump ha lasciato in anticipo il vertice del G7 in corso in Canada, saltando la seconda giornata di discussione su ambiente e clima.

Trump rientra negli Usa per prepararsi allo storico faccia a faccia di Singapore con il leader nordcoreano Kim Jong-un, in programma il 12 giugno. "Penso sia un'occasione molto importante per le Coree, il Giappone, gli Usa e il mondo. Entriamo in un territorio inesplorato, ma mi sento fiducioso. Credo che Kim Jong un voglia fare il meglio per il suo popolo: è un'opportunità unica, che non sappiamo se si ripeterà, un'opportunità che pochi hanno avuto nella storia". Ed ha aggiunto: "Staremo in guardia, così come la Corea del Sud e il Giappone, molti paesi vogliono vedere cosa accadrà. È un momento molto positivo, non accadeva da anni, andrò in missione per una pace duratura e per prosperità".

Prima di lasciare il Canada Trump ha ribadito il concetto espresso venerdì, poco dopo il suo arrivo al summit: "Avere la Russia di nuovo nel G8 sarebbe una cosa positiva, noi cerchiamo la pace, non siamo qui per fare giochi". Il presidente americano insiste nel dire che considera che un ritorno della Russia nel gruppo dei Grandi "una cosa positiva per la Russia, per gli Stati Uniti e per il mondo intero". Riguardo poi alle posizioni degli altri leader, il presidente ha detto che "si è discusso, non c'è stato un voto, ad alcuni piace l'idea". L'Europa, però, tramite la cancelliera Merkel aveva fatto sapere di essere contraria.

Su un altro tema molto caldo, quello dei dazi e del commercio, Trump ha tenuto ferma la propria posizione: "Vogliamo un’area libera da dazi, nessun sussidio e nessuna barriera: è così che vorrei il mondo, questo è l’obiettivo finale, quindi sì, l’ho suggerito e ci stanno pensando. È stato forte il linguaggio utilizzato perché le cose non possono andare avanti così, perché i leader del passato negli Usa non hanno fatto un buon lavoro sul commercio. Questo deve cambiare, i dazi devono abbassarsi, non possono continuare a sfruttarci". Ha poi ricordato che gli Usa "hanno perso 817 miliardi di dollari sul commercio, è ridicolo e inaccettabile".
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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » dom giu 10, 2018 2:55 pm

G7, nella notte Trump fa saltare tutto e attacca il premier canadese: "Debole e disonesto"
Tweet del presidente Usa: "Non appoggiamo più il comunicato finale. Ora pensiamo a dazi sulle auto importate negli Usa". Fonti Ue e Merkel: "Per noi vale l'intesa siglata". Il Canada: "Trudeau non ha detto nulla di diverso rispetto ai colloqui con Trump"
ALBERTO D'ARGENIO
10 giugno 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/06 ... -198607758

CHARLEVOIX - Due giorni e una notte di negoziati, bilaterali, plenarie e conferenze stampa: tutto cancellato con un tweet mandato nel pieno della notte da Donald Trump direttamente dall’Air Force One diretto a Singapore.

È del tutto inaspettata la coda che cambia il senso del G7 terminato sabato sera a Charlevoix, nel Quebec. Merkel, Macron e gli altri europei avevano lavorato il presidente Usa ai fianchi per arrivare quanto meno a un comunicato finale congiunto per tenere aperto il dialogo sui dazi ed evitare quella spirale capace di gettare il mondo nella temuta guerra commerciale temuta dall’Europa. E invece no, quando tutti gli arei di Stato stavano volando verso le rispettive capitali, Trump ha mandato tutto all’aria definendo il padrone di casa, il premier canadese Justin Trudeau, un "debole e disonesto", aggiungendo di avere dato ordine ai suoi di levare la firma dalla dichiarazione finale dei leader del G7. Con postilla velenosa: «Ora valutiamo dazi sulle auto che invadono il mercato americano». La minaccia più temuta da Merkel così come da Macron e Conte, i cui paesi importano auto negli States.

Reazione diplomatica da parte della cancelliera tedesca Angela Merkel: "La Germania sostiene la dichiarazione finale concordata", ha affermato il portavoce del governo Steffen Seibert. Più duro il commento di Macron: "La cooperazione internazionale non può dipendere dagli umori o dai tweet", fa sapere la presidenza francese, che definisce "incoerente" e "inconsistente" il voltafaccia del capo della Casa Bianca. "Abbiamo trascorso due giorni per ottenere un testo e degli impegni", si legge ancora nella dichiarazione.

Riavvolgendo il nastro, da venerdì i grandi della terra erano riuniti al maniero di La Malbaie, in riva al fiume San Lorenzo, per cercare di ricucire gli strappi consumati da Trump sul commercio, sulla Russia e sull’Iran. L’inquilino della Casa Bianca aveva minacciato di non presentarsi, poi di non firmare la dichiarazione finale alla quale invece gli europei tenevano almeno per salvare le apparenze, per tenere la porta aperta a negoziati che potessero quanto meno evitare l’escalation nella guerra commerciale scatenata da Trump il primo giugno con i dazi su alluminio e acciaio Ue (oltre che di Canada e Messico dopo che aveva già colpito la Cina) e la risposta equivalente europea.

A Charlevoix Macron e Merkel si sono divisi il lavoro per smuovere Trump dalla linea di totale chiusura e con un’inversione di ruoli il presidente francese (forte del rapporto costruito con The Donald) questa volta ha fatto il poliziotto cattivo mentre la Cancelliera (che con Trump ha relazioni gelide) ha negoziato con pazienza. La parte tecnica è stata lasciata a Juncker, che a suon di numeri e dati ha dimostrato che i dazi non sono giustificati. Gli europei hanno attaccato e blandito Trump, arrivando a dirgli nel chiuso del vertice di capire che i suoi attacchi sul commercio sono dettati solo da esigenze di consenso interno, non dalla sua ignoranza in materia.

Uno spiraglio sabato si è aperto, Trump alla fine ha accettato la dichiarazione comune che bocciava il protezionismo e impegnava i leader a riformare il più presto possibile le regole del Wto. Un pannicello per salvare il vertice ed evitare il peggio, come successo lo scorso anno a Taormina. Tanto che Merkel e Macron riconoscevano che non era la fine delle dispute. Ma pur sempre un segnale che lascia aperta la porta al dialogo politico e tecnico che partirà tra due settimana tra Bruxelles e Washington.

Trump sabato mattina per rimarcare comunque la distanza dagli europei ha abbandonato in anticipo il vertice diretto a Singapore per lo storico incontro con Kim Jong-un. E in una conferenza stampa a sorpresa ha riassunto la furia e la speranza vissuta nell’altalentante G7 canadese. «Non possiamo accettare che gli Stati Uniti siano usati come il salvadanaio a forma di porcellino da quale tutti rubano». Ma anche l’auspicio di «un commercio libero da tariffe, barriere e sussidi».

Così nel pomeriggio i leader si sono presentati in conferenza stampa tirando comunque un sospiro di sollievo ma Trudeau da presidente di turno del G7 ha criticato Trump di fronte ai media di tutto il mondo. Furiosa la reazione di The Donald, che da 10mila metri di altezza ha imbracciato il cellulare e a suon di tweet ha smontato tutto. E ora la partita si sposta sull’auto.

Le reazioni non si sono fatte attendere. "Ci atteniamo al comunicato, come approvato da tutti i partecipanti" al G7. È questa, secondo quanto si apprende da fonti europee, la reazione di Bruxelles al tweet di Trump. Anche il governo canadese smorza la polemica. "Ci stiamo concentrando su tutto ciò che abbiamo fatto qui al summit del G7", ha detto l'ufficio di Justin Trudeau in una nota. "Il primo ministro non ha detto nulla che non abbia detto prima, sia pubblicamente che privatamente con il presidente Trump".


Trump: "Non appoggiamo più il comunicato finale del G7" | Francia e Germania contro gli Stati Uniti
2-3 minuti
10 giugno 2018

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/tr ... 802a.shtml

II presidente americano si scaglia contro il premier canadese Justin Trudeau. La Merkel: "Noi sosteniamo la dichiarazione finale". La Francia: "Trump incoerente e inconsistente"

"La cooperazione internazionale non può dipendere da attacchi di rabbia e piccole parole", ha denunciato l'Eliseo senza mezzi termini. "Abbiamo trascorso due giorni lavorando sul testo e sugli accordi. Noi ci impegniamo a rispettarlo e chi ci ha voltato le spalle mostra incoerenza e inconsistenza. La Francia e l'Europa continuano a sostenere questa dichiarazione", ha sottolineatola delegazione francese.

Il numero uno della Casa Bianca ha attaccato duramente il premier canadese Justin Trudeau, definendolo "molto disonesto e debole" per aver apostrofato, nel corso della sua conferenza stampa finale del G7, le tariffe statunitensi come "un insulto". "Visto che il Canada sta caricando tariffe massicce sugli agricoltori, sui lavoratori e sulle società americane, ho dato istruzione di non sostenere il comunicato finale", ha quindi scritto Trump, affermando anche che i dazi Usa "in risposta al premier canadese saranno del 270% sui latticini".

La frase di Trudeau che ha scatenato l'ira di Trump - "Noi canadesi siamo gentili, siamo ragionevoli, ma non ci faremo maltrattare": questa la frase pronunciata da Trudeau che ha fatto infuriare Trump. Il canadese, durante la sua conferenza stampa a Charlevoix, ha criticato duramente i dazi su acciaio e alluminio decisi dalla Casa Bianca contro Canada, Messico ed Europa. "Ho detto direttamente al presidente americano - ha affermato Trudeau - che i canadesi non lasceranno facilmente che gli Stati Uniti vadano avanti con tariffe significative contro la nostra industria dell'acciaio e dell'alluminio. E non lasceranno che questo avvenga per presunti motivi di sicurezza nazionale dopo che i canadesi dalla prima guerra mondiale in poi si trovano spalla a spalla con i soldati americani in terre lontane dove ci sono conflitti. Per noi - ha concluso Trudeau - questo è un insulto".
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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » mer giu 27, 2018 8:33 pm

Sui dazi Marchionne sta con Trump: “Lo capisco e non è la fine del mondo”
L’amministratore delegato di Fca ha consegnato una speciale Jeep ai carabinieri
2018/06/26
luigi grassia

http://www.lastampa.it/2018/06/26/econo ... agina.html

I nuovi dazi di Trump per l’amministratore delegato di Fca, Sergio Marchionne, sono «una cosa gestibile. Non sono la fine del mondo. Il fatto che si sia scatenato il pandemonio a livello internazionale non è una cosa positiva perché la gente è molto preoccupata». Marchionne, comunque, invita a distinguere tra i produttori italiani e francesi e quelli tedeschi, che più degli altri in questi anni hanno beneficiato delle esportazioni sul mercato nordamericano. Detto ciò, aggiunge, «capisco la posizione di Trump, politicamente la capisco. Capisco che occorre correggere le anomalie che ci sono negli scambi commerciali a livello internazionale. L’estetica del processo impaurisce perché è molto diretto, immediato. Ma credo che poi alla fine il suo obiettivo sarà un altro: si troverà una base su cui ristabilire un equilibrio. Certamente diverso da quello di adesso».

Il numero uno di Fca era a Roma per la cerimonia di consegna all’Arma dei Carabinieri «in comodato d’uso» della prima Jeep attrezzata per utilizzarla sulla sabbia. Una Wrangler, una delle icone del marchio Usa, «destinata ad un servizio di sicurezza unico in Italia, un presidio direttamente sulla spiaggia nella riviera romagnola». Come ha spiegato il comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, verrà utilizzata «in modo prototipale, in una località con un flusso turistico altissimo, un punto nevralgico del turismo estivo ed anche per episodi molto negativi che sono capitati lo scorso anno, un punto nevralgico anche per l’immagine dell’Arma e dello Stato», sia per motivi strettamente operativi sia dimostrativi dell’attenzione posta alla sicurezza.

«Desideriamo ringraziare tutta l’Arma dei Carabinieri per averci dato ancora una volta l’opportunità di essere al suo fianco in una delle tante attività di servizio che svolgete», ha detto Sergio Marchionne, sottolineando che «il sodalizio storico tra la nostra azienda e l’Arma dei Carabinieri oggi si rafforza grazie ad un’iniziativa unica in Italia. Credo - ha aggiunto - che il legame con l’Arma vada oltre le nostre rispettive attività. Riguarda i valori che abbiamo in comune. In Fca esiste una specie di affinità naturale con lo spirito militare, visto che la Fiat, 119 anni fa, fu fondata da un Ufficiale di Cavalleria».
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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » sab lug 07, 2018 6:43 am

Dazi, escalation Usa-Cina, Trump rilancia a 500 miliardi. Pechino: “Bullismo commerciale”
paolo magliocco
2018/07/06

http://www.lastampa.it/2018/07/06/econo ... agina.html

Gli Stati Uniti hanno lanciato «la più grande guerra commerciale della storia economica» con l’introduzione, a partire da mezzogiorno ora Pechino, le 6 in Italia, di nuovi dazi al 25% su 34 miliardi di dollari di merci importate dalla Cina e Pechino ha risposto applicando le annunciate «necessarie contromisure» a quello che definisce un atto di «bullismo commerciale». Per il presidente americano, Donald Trump, è solo l’inizio: ieri a bordo dell’Air Force One, in viaggio verso il Montana, ha dichiarato che prenderà in considerazione l’ipotesi di imporre ulteriori tariffe per 500 miliardi di dollari sui prodotti cinesi, se Pechino dovesse reagire. Cosa che ha peraltro già fatto, con una immediata rappresaglia alla mossa americana. «Prima 34 miliardi, e poi ne avrete altri 16 in due settimane e poi, come sapete, abbiamo 200 miliardi in sospeso e poi dopo i 200 miliardi ne abbiamo altri 300. Ok? Quindi abbiamo 50 più 200 più quasi 300», ha dichiarato Trump, inoltrando il suo ennesimo messaggio di minaccia a quello che finora è stato il primo partner commerciale.

A essere colpiti dai dazi Usa oggi in vigore saranno in particolare macchinari, apparecchiature elettroniche e hi-tech, compresi computer, hard-disc e Led, ma anche il settore automobilistico. Pechino, da parte sua, ha avviato tariffe di rappresaglia nei su oltre ottocento prodotti Usa di importazione cinese. Lo ha reso noto l’amministrazione generale delle Dogane cinese, citata dal quotidiano `China Daily´. Come preannunciato dal governo, i nuovi dazi andranno a colpire 545 categorie di prodotti importati dagli Stati Uniti, che provengono soprattutto dai settori agro-alimentari e automobilistico, per un valore complessivo di 34 miliardi di dollari, lo stesso valore delle merci cinesi colpite dai dazi Usa entrati oggi in vigore. La contromisura è attiva da mezzogiorno di oggi, lo stesso orario in cui sono entrati i vigore i dazi Usa, che hanno dato il via alla «più grande guerra commerciale della storia dell’economia», come ha scritto il ministero del Commercio di Pechino, annunciando un «necessario contrattacco». Il ministro degli Esteri, Wang Yi, ha definito «un comportamento miope» la mossa degli Stati che «va contro le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e il sistema multilaterale del commercio».

In Cina, intanto, sono cominciate anche le prime valutazioni sull’impatto che potrebbe avere una guerra commerciale con gli Stati Uniti. Un adviser della banca centrale cinese ha dichiarato all’agenzia Xinhua che la Cina prenderà in considerazione contromisure per compensare l’impatto sui settori più colpiti dai dazi Usa. Secondo l’adviser, Ma Jun, tariffe statunitensi su 50 miliardi di dollari di import cinese potrebbero comportare una riduzione sulla crescita dello 0,2%, ma l’impatto complessivo sarebbe limitato. L’emittente televisiva statale China Central Television ha riportato le parole di Guo Shuqing, il presidente della nuova China Banking and Insurance Regulatory Commission, l’ente di vigilanza del settore bancario e assicurativo istituita a marzo scorso, secondo cui «la battaglia contro il commercio estero e gli investimenti della Cina è soprattutto un colpo inferto alle imprese multinazionali, incluse quelle statunitensi. La guerra commerciale», per il regolatore cinese, «è destinata a fallire».

Dopo duri e a volte durissimi avvertimenti agli Usa, anche la stampa più agguerrita sembra prendere coscienza del nuovo scenario. «La guerra commerciale non può arginare il progresso cinese», titola un editoriale pubblicato oggi dal tabloid Global Times, uno dei più influenti e popolari giornali cinesi. «Se gli Stati Uniti sono determinati a un’escalation dei conflitti con la Cina, così sia», scrive il tabloid di Pechino. «Forse l’amministrazione Trump può schiarirsi le idee solo dopo una lotta». Intanto, sul fronte finanziario, l’entrata in vigore dei nuovi dazi non sembra avere sconvolto le piazze azionarie cinesi. Shanghai ha aperto in lieve ribasso questa mattina (-0,09%) prima che i nuovi dazi entrassero ufficialmente in vigore, ed è andata in pausa in ribasso dello 0,34%. Ancora in calo lo yuan, la valuta cinese, sul dollaro, dopo il recupero di ieri. La banca centrale cinese ha fissato la parità sul dollaro a 6,6336, in calo di 156 punti base rispetto al livello fissato ieri.
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Re: Dazi - i giusti dazi del buon Trump che difende gli USA

Messaggioda Berto » ven lug 27, 2018 1:26 pm

La guerra dei dazi non ci sara', juncker si rimangia tutto e trump...
Maria Giovanna Maglie per “Dagospia”
27 luglio 2018

http://m.dagospia.com/america-fatta-a-m ... ump-179575

“Questo è un gran giorno, veramente un gran giorno”. All'inizio sembrava uno scherzo. Ma come, poco più di un'ora di colloquio, ed eccoli nel Giardino delle Rose ad annunciare un accordo che sembrava impossibile, che non significa solamente che non ci sarà la temuta guerra dei dazi tra Europa e Stati Uniti, ma che l'Europa si rimangia la sua politica protezionistica dopo aver promesso ritorsioni tremende per 20 miliardi di dollari l'anno, pur di non rinunciarvi?

Dopo mesi di articoli furibondi dei giornali sull'incompatibilità dei due mondi, sui modi opposti di far politica? Dopo le dichiarazioni di Tajani, come “Trump faccia un passo indietro, il vero nemico è la Cina”, dopo gli altolà di Francia e Germania “Trump si fermi o l'Europa si difenderà?” Dopo il ricorso urgente all'Organizzazione per il Commercio Mondiale?

La verità è che i leader europei hanno tentato di non farlo fino all'ultimo un accordo e solo quando hanno accettato la realtà che l'America faceva sul serio, quando Angela Merkel ha capito che rischiava la testa con i dazi su acciaio e alluminio e il blocco sulle automobili tedesche, si sono decisi ad accettare, un passo dopo l'altro, gradualmente, quel che era stato proposto molti mesi fa.

All'inizio sembrava uno scherzo, anche perché parlava solo Donald Trump e Jean Claude Juncker taceva, ma poi ha gonfiato il petto e ha detto: “Avevo giurato di portare a casa un accordo e l'ho portato. La volontà è di arrivare a zero tariffe sui beni industriali”.

Questo è quel che è stato annunciato nel pomeriggio di ieri, ora di Washington, e nelle parole dei protagonisti.

Trump: Stati Uniti e Unione Europea si sono accordati di lavorare insieme verso zero tariffe, zero barriere, zero sussidi, su tutti i prodotti industriali che non siamo automobili.

L'Europa comincerà quasi immediatamente a comprare più semi di soia dagli Stati Uniti. Vuole anche importare grandi quantità di gas naturale liquido dagli Stati Uniti per diversificare le sue forniture di energia.

Stati Uniti e l'Unione Europea si accordano per avviiare un dialogo intenso sugli standard necessari per facilitare il commercio e ridurre la burocrazia.

Gli Stati Uniti sono d'accordo di rinunciare a imporre nuove tariffe all'Unione Europea su acciaio e alluminio, l'Unione Europea rinuncia a qualsiasi ritorsione su prodotti americani come motociclette, bourbon e altri prodotti alimentari.

Le due parti si impegnano anche a ridurre le barriere nel commercio transatlantico di servizi, prodotti chimici, farmaceutici e medici. Infine collaboreranno per riformare le regole dell' Organizzazione per il Commercio Mondiale.
Chiarisce il presidente Juncker che “fintanto che avrà luogo la negoziazione, a meno che una delle parti non decida di ritirarsi dai negoziati, è bloccata qualunque tariffa ulteriore”’.

I due presidenti hanno ritenuto di evitare di nominare la questione delle tariffe delle automobili nelle loro dichiarazioni, ma sarà al centro del negoziato.

Come verrà raccontato ora un accordo che è in ogni caso definibile storico, anche perché mette fine a un pericoloso braccio di ferro tra un’Europa che si sente intitolata a prendere senza dare in sicurezza difesa e commercio, e un'America che non ne vuole più sapere?

Il mercato unico europeo è uno dei più chiusi e protetti, le barriere non tariffarie, quelle regolatorie, su automotive e altri prodotti, frenano le esportazioni Usa in Europa.

Gli europei si dichiarano amici e alleati dell’America, si lamentano se vengono trattati come avversari e concorrenti, ma non aprono il loro mercato ai prodotti Usa mentre quello americano è aperto ai prodotti Ue.

Sulle auto made in Usa esportate in Europa grava un dazio del 10 per cento, su quelle europee esportate negli Usa del 2,5 per cento.

Trump non ha mai detto di voler alzare le barriere degli Stati Uniti ma solo di cercare un abbassamento reciproco che porti a uno scambio equo. Quando in Quebec ha tirato fuori la proposta di abolire tutte le tariffe, non si capisce perché i giornaloni hanno gridato alla provocazione, termine usato fino a ieri.

Eppure pare che sia proprio quella provocazione la direzione intrapresa alla fine, per decisione sicuramente di Angela Merkel, ma obtorto collo anche di Macron.

L'italia, sulla quale il presidente americano punta, nel senso che crede nella sintonia col nuovo governo, per ora ha taciuto, anche perché gli incarichi importanti sono ancora in mano a rappresentanti dell'opposizione, come Federica Mogherini e Antonio Tajani.

Tra gli esperti e sedicenti tali di finanza e di economia italiani sono stati alti i lamenti su quel che l'Italia per colpa del cattivone Trump avrebbe rischiato di perdere insieme alla Germania.

Intendiamoci, la gran parte del deficit commerciale Usa con l’Europa è dovuta all’eccesso di export tedesco, un terzo dei prodotti siderurgici europei acquistati dagli Stati Uniti proviene dalla Germania.

Trump era pronto a imporre dazi anche sulle auto di lusso europee, anzi a chiudere il mercato Usa ai costruttori tedeschi , lo ha ribadito anche a Juncker e al suo seguito, composto dal decisivo segretario generale, Martin Selmayr, uomo di fiducia della Merkel, e dal commissario al commercio Cecilia Malmstrom, capace in questi mesi solo di fare un improbabile ricorso al WTO.

Su Angela Merkel l'Amministrazione americana è preparatissima, dalla mancata istituzione degli eurobond ad aver tenuto le casse di risparmio tedesche fuori dei controlli europei obbligatori per tutte le banche degli altri Paesi, fino alla concessione di ingresso a immigrati scelti rigorosamente tra siriani laici, di buona educazione e alto livello economico, e all'incredibile arbitrio grazie al quale nonostante sia previsto che non solo i deficit ma anche i surplus dei bilanci nazionali non debbano superare il 3%, la Germania ha continuato a mantenere bassa la spesa pubblica accumulando eccedenze annuali superiori al 7%.

Sicuri, ha detto Trump a Juncker e agli altri, compreso l'attento orecchio tedesco, che in queste condizioni già di esasperazione, con in più la guerra dei dazi, la Germania continuerebbe a ottenere la solidarietà di altre nazioni, che non sarebbe “Unione Europea addio”?

Ecco fatto, ha commentato da Londra il perfido Nigel Farage, “ha ottenuto più in due ore Trump dall'Unione Europea che Theresa May in un anno. E’ che ci vuole un leader”.
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