Reddito di cittadinanza e d'intorni

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Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:00 pm

Reddito di cittadinanza e d'intorni
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:01 pm

???

Reddito garantito: 1.300 euro al mese in Danimarca, 460 in Francia. La mappa
di Marco Quarantelli
24 ottobre 2013

https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/1 ... ppa/673894

Mentre in Italia giacciono in Parlamento proposte di legge mai discusse, nel resto d'Europa sono in vigore forme di sostegno e sussidi non destinati solo ai disoccupati. Dal modello scandinavo all'esperimento francese, ecco come funzionano e quanto valgono. Ma il primato va all'Alaska (grazie al petrolio). In Brasile povertà dimezzata con il piano di Lula

L’ultima ad entrare nel club è stata l’Ungheria, nel 2009. Tutti gli altri paesi dell’Europa a 28 (tranne Italia e Grecia) hanno adottato da tempo forme di reddito minimo garantito per consentire ai loro cittadini più deboli di vivere una vita dignitosa, così come l’Europa chiede fin dal 1992. Strumento pensato per alleviare la condizione di insicurezza di chi vive al di sotto della soglia di povertà, in caso di perdita del lavoro il reddito minimo scatta quando è scaduta l’indennità di disoccupazione (che in Italia è l’ultima tutela disponibile) e il disoccupato non ha ancora trovato un nuovo impiego. Ma nell’Ue ne beneficia anche chi non riesce a riemergere dallo stato di bisogno nonostante abbia un lavoro. Negli ultimi anni la tendenza generalizzata, secondo il rapporto The role of minimum income for social inclusion in the European Union 2007-2010 stilato dal Direttorato generale per le politiche interne del Parlamento Ue, è stata quella di razionalizzare i vari sistemi, cercando di legare più che in passato il sostegno a misure per rafforzare il mercato del lavoro in modo da creare occupazione e ridurre il numero dei beneficiari. Ma il reddito minimo continua ad assolvere alla sua funzione: quella di ultimo baluardo garantito dagli Stati contro l’indigenza.

DANIMARCA – Il modello scandinavo. Informato ai principi dell’universalismo, il sistema danese è tra i più avanzati del continente ed è basato su un pilastro principale: il Kontanthjælp, l’assistenza sociale. Il sussidio è tra i più ricchi: la base per un singolo over 25 è di 1.325 euro (escluso l’aiuto per l’affitto, che viene elargito a parte), che arrivano a 1.760 per chi ha figli. I beneficiari che non hanno inabilità al lavoro sono obbligati a cercare attivamente un’occupazione e ad accettare offerte appropriate al loro curriculum, pena la sospensione del diritto. A differenza della maggior parte degli altri paesi, il sussidio è tassabile. E se ci si assenta dal lavoro senza giustificati motivi, viene ridotto in base alle ore di assenza. Fino al febbraio 2012, poi, esisteva lo Starthjælp, letteralmente “l’indennità di avviamento ad una vita autonoma”, il cui contributo minimo era di 853 euro: il beneficio è stato abolito in un tentativo di riorganizzazione e razionalizzazione del sistema.

GERMANIA – Il modello centroeuropeo. In Germania lo schema di reddito minimo è basato su 3 pilastri: l’Hilfe zum Lebensunterhalt, letteralmente un “aiuto per il sostentamento“, un assegno sociale per i pensionati in condizioni di bisogno (Grundsicherung im Alter) e un sostegno ai disoccupati con ridotte capacità lavorative (Erwerbsminderung). Dal 1° gennaio 2013 il contributo di primo livello (il più alto) è di 382 euro per un singolo senza reddito. Sussidi per l’affitto e il riscaldamento vengono elargiti a parte, come le indennità integrative per i disabili, i genitori soli e le donne in gravidanza. Lo Stato pensa anche alla prole: 289 euro per ogni figlio tra i 14 e i 18 anni, 255 euro tra i 6 e i 14 anni, 224 euro da 0 a 5 anni. La durata è illimitata, con accertamenti ogni 6 mesi sui requisiti dei beneficiari, a patto che chi è abile al lavoro segua programmi di reinserimento e accetti offerte congrue alla sua formazione. Ne hanno diritto i cittadini tedeschi, gli stranieri provenienti da paesi Ue che hanno firmato il Social Security agreement e i rifugiati politici.

REGNO UNITO – Il modello anglosassone. Oltremanica il reddito minimo è garantito da un complesso sistema di sussidi basati sulla “prova dei mezzi”, la misura del reddito dei richiedenti. L’Income Support è uno schema che fornisce aiuto a chi non ha un lavoro full time (16 ore o più a settimana per il richiedente, 24 per il partner) e vive al di sotto della soglia di povertà. Il sostegno ha durata illimitata finché sussistono le condizioni per averlo e varia in base ad età, struttura della famiglia, eventuali disabilità, risorse che i beneficiari hanno a disposizione: chi ha in banca più di 16mila sterline non può accedervi e depositi superiori alle 6mila riducono l’importo del sostegno. Le cifre: i single tra i 16 e i 24 anni percepiscono 56,80 pound a settimana, gli over 24 arrivano a 71,70 (per un totale di circa 300 sterline al mese, pari a 330 euro, contro le 370 del 2007). Un aiuto dello stesso importo garantisce la Jobseeker Allowance, riservata agli iscritti nelle liste di disoccupazione: “Per riceverlo il candidato deve recarsi ogni due settimane in un Jobcenter e dimostrare che sta attivamente cercando lavoro”. Lo Stato aiuta chi ha bisogno anche a pagare l’affitto e garantisce alle famiglie assegni per il mantenimento dei figli.

FRANCIA – Esperimento di reddito modulare. A due diversi tipi di sostegno rivolti ai disoccupati, si è aggiunto nel 1988 il Revenu Minimun d’Insertion, sostituito nel giugno 2009 dal Revenu de Solidarité Active. Ne ha diritto chi risiede nel paese da più di 5 anni, ha più di 25 anni, chi è più giovane ma ha un figlio a carico o 2 anni di lavoro sul curriculum. Un singolo percepisce 460 euro mensili (in aumento dai 441 del 2007), una coppia con 2 figli 966 euro. E il sussidio, che dura 3 mesi e può essere rinnovato, aumenta con l’aumentare della prole. Perché il sostegno non si trasformi in un disincentivo al lavoro, il beneficiario deve dimostrare di cercare attivamente un’occupazione, partecipare a programmi di formazione e l’importo del beneficio è modulare: man mano che cresce il reddito da lavoro, diminuisce il sussidio, ma in questo modo il reddito disponibile aumenta.

BUONE PRATICHE

Belgio. Quello belga è un sistema rigido, ma generoso: 725 euro il contributo mensile per un singolo. Con l’inizio della crisi Bruxelles ha, inoltre, aumentato le tutele, adottando nel luglio 2008 per gli anni 2009-2011 l’Anti-Poverty Plan, un’ulteriore serie di misure per garantire il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, all’energia, ai servizi pubblici. Inoltre il Belgio è tra i paesi che, con Germania e Danimarca, consentono di rifiutare un lavoro perché non congruo al proprio livello professionale senza vedersi sospeso il sussidio (idea affine a quella proposta in Italia da M5S e Sel): un meccanismo studiato per contrastare quella fascia di lavori a bassa qualificazione che prolifera in conseguenza dell’obbligo di accettare un impiego per non perdere il sostegno.

Irlanda. Anche quello irlandese figura tra i sistemi più generosi: 849 euro il contributo massimo per un singolo. E grazie al Back to Work Allowance nell’isola un disoccupato che intraprende un’attività lavorativa continua ad usufruire dei sussidi per diversi mesi dopo l’avvio del lavoro. Anche se si riprendono gli studi si può richiedere un sostegno al reddito grazie al Back to study Allowance.

Olanda. I Paesi Bassi, invece, oltre ad avere un sistema di manica larga con singoli (617 euro il contributo mensile massimo) e famiglie (1.234 euro, sia che si tratti di coppie sposate che di coppie di fatto, con figli e senza) hanno messo a punto il Wik, una misura specifica per gli artisti, studiata per garantire una base economica a chi si dedica alla creazione artistica.

RISULTATI. Secondo uno studio commissionato dalla Commissione Europea basato sui report nazionali dello Eu Network of National Independent Experts on Social Inclusion, sono rari i casi in cui il reddito minimo “riduce sensibilmente i livelli aggregati di povertà”: “i paesi che meglio riescono ad elevare le condizioni dei loro cittadini più deboli verso la soglia di povertà sono Irlanda, Svezia, Paesi Bassi e Danimarca”. Svolge, invece, un ruolo importante “nel ridurre l’intensità della povertà”.

ESPERIMENTI NEL MONDO: IL REDDITO DI CITTADINANZA IN ALASKA E BRASILE.
A differenza del reddito minimo, il reddito di cittadinanza, in inglese basic income, è una forma universalistica di sostegno del reddito garantita dallo Stato a tutti i cittadini maggiorenni a prescindere dai loro averi e dalla loro disponibilità a lavorare. Secondo la Global Basic Income Foundation, l’unico paese al mondo in cui esiste un reddito di cittadinanza è l’Alaska. Dal 1982 l’Alaska Permanent Fund, nel quale confluisce almeno il 25% dei proventi dei giacimenti di petrolio e gas dello Stato, garantisce un dividendo a tutti i cittadini residenti da almeno un anno. L’importo varia in base a proventi annui del settore minerario: nel 2011 è stato di 1.174 dollari, nel 2008 aveva toccato i 2.100. E si tratta di un sostegno individuale, quindi una famiglia composta da 5 persone riceverà 5 sussidi. Il Brasile, invece, si è dotato di un basic income, la Bolsa Familia, con la legge n. 10.835/2004 promulgata dal presidente Lula l’8 gennaio 2004. In base ai dati della Banca Mondiale, in questi anni la percentuale di persone che vivevano sotto la soglia della povertà (fissata nelle parti più ricche del mondo emergente a 4 dollari al giorno) è scesa dal 42.84%, del 2003 al 27.60% del 2011. E, secondo il Ministero per lo Sviluppo Sociale, il budget per il programma sarà portato dai 10,7 miliardi di dollari del 2012 a 12,7 nel 2013.
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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:01 pm

Nel 1601 la Regina Elisabetta sancì il diritto del cittadino britannico caduto in povertà, ad essere mantenuto dallo Stato.
di Alessio Cotroneo

https://www.facebook.com/individualista ... 3260724424

Nel 1834 si abolirono questi soccorsi, siccome erano distribuiti con così larga ampiezza che erano divenuti un'integrazione al salario, il quale non necessitava più d'essere sufficiente al mantenimento della famiglia, siccome al resto ci pensava lo Stato.

Cerchiamo di contestualizzare storicamente quanto sopra: prima dell'atto di Elisabetta, assolvevano l'assistenza ai poveri i conventi e le fondazioni religiose; tuttavia suo padre, Enrico VIII, aveva fatto confisca di numerose proprietà ecclesiastiche, sancendo per implicito che da quel punto in avanti sarebbe stato un diritto dei poveri il porsi a carico dello Stato.

Tali soccorsi elemosinieri venivano distribuiti a domicilio a tutti i proletari, divenendo a poco a poco un gravame per le casse del Regno.

Con l'abolizione dei soccorsi, vennero immediatamente cancellate le imposte locali a carico dell'industria, la quale non più doverosa nei confronti dello Stato reagì con una osservabile crescita, che sarebbe sfociata successivamente in concomitanza alla Seconda Rivoluzione Industriale.

Gli operai, che per la maggiore ritenevano indegno cadere a carico delle work-house (ricordate quei luoghi tanto tipici nella storia di Oliver Twist?), iniziarono feroci proteste richiedendo salari sufficienti a mantenere la famiglia.

Con l'ingresso dei socialisti in politica ed il loro sopravvento sul liberalismo classico (parliamo degli anni situati fra il 1897 e il 1909, con protagonisti Lord Passfield e la moglie Beatrice Webb, socialisti fabiani) vennero portate avanti nuove riforme sull'aiuto ai poveri, riportando in auge le work-house e le relative figure dei guardiani dei poveri.

A poco a poco, crearono leggi sparse, sovrapposte, non coordinate che decretarono la nascita di un regime burocratico dissoltosi solamente quattro decenni dopo, con il Rapporto Beveridge e la nascita del Welfare State.

Alcuni esempi della contorta burocrazia: per richiedere il sussidio assicurativo di disoccupazione bisognava rivolgersi a taluni funzionari del ministero del lavoro, una volta scaduto bisognava fare richieste del sussidio assistenziale semplice agli uffici locali di pubblica assistenza, mentre per malattia e invalidità ci si poteva rivolgere alle associazioni sottostanti al ministero della pubblica sanità, per la cecità alle contee, per richiedere la pensione dopo gli anni di lavoro dovuti bisognava nuovamente rivolgersi al ministero della pubblica sanità, per il supplemento di pensione la richiesta andava posta ai funzionari locali.

Ritorniamo ai soccorsi elemosinieri per gli operai: i coniugi Webb e Beveridge sostenevano che un reddito minimo garantito rappresenti la sicurezza del vivere e dunque l'incitamento a lavorare per migliorare la propria posizione.

Sorge spontanea la domanda: se già si ha un reddito minimo garantito, dunque si è provveduti del necessario per vivere nell'ozio, cosa si può chiedere di più dalla vita?

La domanda è retorica, perché la risposta è: niente.

Ammetto che se mi pagassero per non lavorare, indubbiamente non lavorerei più. Come me, molti. Questo gli inglesi lo hanno capito con un immenso ritardo; lo hanno compreso dopo aver perso le colonie più prospere a causa delle elevate tassazioni, dopo aver fatto crollare il proprio Impero per l'esorbitante costo degli ammortizzatori sociali, della burocrazia e dell'esercito.

L'Impero Britannico si reggeva sul monopolio commerciale in mezzo globo, potendosi così permettere il mantenimento dei poveri in patria. Man mano che l'Inghilterra perdeva colonie e potere commerciale ed al contempo dilagavano sempre più nuove riforme assistenziali, le casse dello Stato iniziavano a ridursi, raggiungendo una obbligata revisione (Beveridge, Churchill, Welfare State) che ha placato temporaneamente la discesa verso il baratro, per poi accentuarla.

La salvezza inglese è stata l'applicazione di una dottrina unilaterale di cui non farò il nome, ma ne esporrò l'esponente: Margaret Thatcher.

Sì, siamo ben lontani da una visione più moderna dello Stato Minimo, ma è stato un incipit. Una revisione organica e semplicizzata della società: impresa, iniziativa privata, Individuo, deregulation, privatizzazione, rilancio dell'economia di mercato, concorrenza, diffusione dell'azionariato delle ex aziende pubbliche, riduzione del potere sindacale. Dopo dieci anni di lungo lavoro, sono arrivati i risultati: l'inversione di rotta.

Lei stessa disse: "La storia mi darà ragione".
E noi posteri, manzonianamente, possiamo sentenziare finalmente che avesse avuto ragione.
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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:02 pm

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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:02 pm

Il pacco demagogico statalista fascio-comunista dei 5 stelle, le scimmie irresponsabili dell'ignorante e presuntuoso orango genovese, il salvatore della provvidenza, il comico della patacca sull'idrogeno, lo sciamano della chiacchera a cui non è mai riuscito nemmeno un miracolo.

viewtopic.php?f=129&t=2740
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8790654040


Grillo il fanfarone pataccaro demagogo e demente, il reddito di cittadinanza e le tasse
https://www.facebook.com/18718718515878 ... 4586584706

Grillo e Renzi, Berlusconi e la mafia, Di Battista e il reddito di cittadinanza
https://www.facebook.com/Governoa5stell ... 8241795480



Un terzo degli italiani ha votato il Movimento 5 Stelle ingannati dall'offerta del «reddito di cittadinanza», un fiume di denaro pubblico che verrebbe regalato a chi non lavora. Ma si tratta di una truffa perché non è praticabile sul piano finanziario, è sbagliato sul piano economico ed è deleterio sul piano etico

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 3332893581

Buongiorno amici. L'Italia dei circa 18 milioni cittadini poveri, di cui circa 7 milioni per sfamarsi fanno la fila alle mense dei poveri e 4 milioni non hanno alcun reddito, l'Italia dei 40% dei giovani disoccupati o inoccupati, ha votato in massa per il Movimento 5 Stelle. Ad attrarre questo 30% di italiani in grave difficoltà economica è il «reddito di cittadinanza».
Secondo la proposta di legge depositata dal Movimento 5 Stelle (Ddl n. 1148/2013), il reddito di cittadinanza consiste in un sussidio mensile massimo erogato alle famiglie senza reddito pari a 780 euro per un singolo, a 1.014 euro per un genitore solo con un figlio minore e 1.638 euro per una coppia con due figli minori. La spesa per lo Stato sarebbe di circa 15 miliardi di euro all'anno. Il disegno di legge prevede la possibilità di concedere il reddito di cittadinanza anche ai lavoratori autonomi e i pensionati. In campagna elettorale il Movimento 5 Stelle ha detto che il reddito di cittadinanza spetterebbe anche agli immigrati, il che farebbe crescere notevolmente la spesa.
Il reddito di cittadinanza è rivolto ai maggiorenni che risultano disoccupati o inoccupati, oppure ai lavoratori il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà. Sulla carta per beneficiarne bisogna fornire la disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego territorialmente competenti; iniziare un percorso per essere accompagnato nella ricerca del lavoro dimostrando la reale volontà di trovare un impiego; offrire la propria disponibilità per progetti comunali utili alla collettività (8 ore settimanali); frequentare percorsi per la qualifica o la riqualificazione professionale; effettuare ricerca attiva del lavoro per almeno 2 ore al giorno; comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito; accettare uno dei primi tre lavori offerti.
Secondo il Movimento 5 Stelle i potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza, individuati tra i disoccupati, inoccupati, occupati sottopagati e pensionati, sarebbero circa 9 milioni di italiani. La spesa, vidimata dalla Ragioneria dello Stato, sarebbe di quasi 16 miliardi di euro. Ma per il presidente dell’INPS Tito Boeri, in un’audizione in Commissione Lavoro al Senato, il costo del reddito di cittadinanza sarebbe di 30 miliardi. Il Movimento 5 Stelle sostiene che i soldi verrebbero garantiti dallo stop a pensioni d’oro, vitalizi, privilegi, opere inutili e spending review. Ammesso che si riuscisse a farlo, la copertura sarebbe garantita per il primo anno. Pensiamo inoltre alle conseguenze per l'esercito di italiani che lavora ma sono sottopagati e a cui lo Stato darebbe una retribuzione addirittura superiore a quella che percepiscono ma senza lavorare.

L'errore di fondo della proposta del reddito di cittadinanza è di concepire l'erogazione di un compenso statale svincolato dalla prestazione lavorativa. Questa proposta è frutto dell'ideologia statalista del Movimento 5 Stelle, che considera lo Stato come il principale imprenditore che dovrebbe provvedere alla creazione dei posti di lavoro. Si tratta di un'ideologia che è clamorosamente fallita ed è stata bocciata dalla Storia. Il lavoro deve invece essere affidato alle imprese e gli stipendi devono essere frutto del lavoro svolto che si traduce nella produzione di beni e di servizi. Lo Stato deve limitarsi a garantire la disponibilità del denaro e delle risorse necessarie per l'attività delle imprese, a definire delle regole che garantiscano la sana concorrenza e gli obiettivi strategici atti a perseguire lo sviluppo virtuoso e il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini.
Ma è assolutamente e profondamente errato dare soldi ai cittadini senza avere in cambio una prestazione lavorativa.
Il reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle è innanzitutto economicamente insostenibile in un'Italia che oltretutto ha perso la sovranità monetaria ed è sottomessa al rigoroso rispetto di parametri finanziari imposti dall'Unione Europea iscritti addirittura in Costituzione (l'obbligo del pareggio di bilancio).
È concettualmente sbagliato perché l'eventuale disponibilità di risorse pubbliche devono essere messe a disposizione delle imprese, affinché siano le imprese a creare dei nuovi posti di lavoro e a corrispondere ai cittadini dei compensi avvalorati dal lavoro svolto, che si traducono nella produzione di beni e di servizi, che alimentano il circolo virtuoso della produzione e dei consumi. È comunque eticamente sbagliato accreditare la cultura del parassitismo dando soldi ai cittadini senza chiedere loro in cambio una prestazione lavorativa. Anche se sulla carta ciò avverrebbe per un periodolimitato, sappiamo bene che questi periodi potrebbe venire prolungati a dismisura. Con l'ovvia eccezione dei casi di chi è effettivamente impossibilitato a lavorare, ma si tratta di casi per cui lo Stato già riconosce il diritto a percepire dei compensi.

Ecco perché il reddito di cittadinanza è impraticabile sul piano finanziario, è sbagliato sul piano economico, è deleterio sul piano etico. Considerando che si tratta della ragione principale che ha indotto un terzo degli elettori italiani a votare per il Movimento 5 Stelle, prendiamo atto che il reddito di cittadinanza è la più grande presa in giro degli italiani bisognosi e che presto scopriranno di essere stati nuovamente strumentalizzati e ingannati.



Cosa prevede e quanto costerebbe il reddito di cittadinanza del M5S
06 marzo 2018

https://www.agi.it/economia/reddito_di_ ... 2018-03-06

Il reddito di cittadinanza sarebbe stato il primo atto di un governo a 5 stelle, aveva promesso Luigi Di Maio. Ed è stato il reddito di cittadinanza tra i punti programmatici che maggiormente hanno trainato i consensi elettorali del Movimento 5 stelle, soprattutto al Sud, dove l'esclusione sociale morde di più.

In attesa che, con le trattative per il nuovo esecutivo, il tema torni al centro del dibattito, proviamo a fare un po' d'ordine prima che si scateni la prevedibile guerra di cifre su un'agevolazione della quale beneficerebbero i 9 milioni di italiani sotto la soglia di povertà, ovvero con un reddito inferiore ai 780 euro al mese.

Ai quattro milioni di poveri assoluti senza alcun reddito andrebbero 780 euro, laddove chi ha un reddito ma sotto i 780 euro verrà data un’integrazione in cambio di corsi di formazione e lavori di pubblica utilità.

Negli ultimi 7 giorni nelle regioni del Sud c'è stata un'impennata della ricerca delle parole "reddito di cittadinanza" su Google.

Il costo per le casse dello Stato era stato stimato in 14,9 miliardi di euro dal capogruppo del Movimento alla Camera, Roberto Fico, che aveva citato in proposito uno studio dell'Istat in polemica con Anzaldi del Pd, il quale sosteneva che la proposta del M5s sarebbe costata 62 miliardi. Una stima che, alla prova del nostro fact-checking, era risultata corretta.

L'Istat dà ragione al Movimento

Eravamo andati a leggere il documento Istat a cui fece riferimento Fico. Si tratta di un contributo conoscitivo elaborato nel 2015 dall’Istituto di statistica, in vista di un’audizione parlamentare, per meglio valutare il possibile impatto di due disegni di legge, quello sul reddito di cittadinanza del M5S (n. 1148) e quello sul reddito minimo garantito di SEL (n.1670). Per quanto riguarda il primo, l’Istat certifica in effetti un costo di 14,9 miliardi di euro scarsi (14,857) per il 2015.

I conti dell’Istat riguardano una misura che si applichi a 2 milioni e 760mila famiglie, cioè il totale di quelle che avevano un reddito inferiore alla linea della povertà relativa secondo gli ultimi dati allora disponibili. Equivalgono all’incirca a 8,3 milioni di persone, un poco meno dei 9 milioni citati da Di Maio in un'intervista ad Avvenire dello scorso novembre. La cifra più alta, di 9 milioni, potrebbe venire da un rapporto recente del centro studi di Unimpresa, che però parla di soggetti “a rischio povertà” e non di soggetti “sotto la soglia di povertà”.

Un sussidio decrescente

Precisiamo che, indipendentemente dal numero di componenti, la famiglia riceve una sola misura di “reddito di cittadinanza” per ciascuna. Questa, tra l’altro, varia anche in base alla composizione del nucleo familiare: ad esempio il beneficio medio per un single under 35 sarebbe di 5.175 euro all’anno, per una coppia con figli minorenni 7.023 euro, con figli maggiorenni 4.472 euro e, senza figli ma con donna under 35, 7.084 euro.

Insomma, il calcolo dell’Istat non si basa su un sussidio di 780 euro a testa, ma su un sussidio decrescente – come dice Di Maio – da dare a circa 2,8 milioni di famiglie e in totale a circa 8,3 milioni di persone. Il costo di questa misura, secondo l’Istat, era stimato a 14,9 miliardi circa per il 2015.

Su un punto Di Maio, nell'intervista, non fu preciso: quando disse che ai “quattro milioni di poveri assoluti senza alcun reddito andrebbero 780 euro”. I poveri assoluti sono in effetti circa 4,6 milioni in Italia, ma fortunatamente non tutti sono “a zero reddito”. L’Istat scrive infatti che l’ammontare massimo del sussidio (circa 12.000 euro l’anno) andrebbe alle 390 mila famiglie in condizioni di povertà più grave, con un reddito inferiore al 20 per cento della linea di povertà.



Reddito di Cittadinanza: cosa è, a chi spetta e come funziona. 4 cose da sapere

http://www.huffingtonpost.it/2018/03/06 ... a_23378284

"Il reddito di cittadinanza non darà soldi a chi vuol stare seduto sul divano: dovrà, per il breve periodo in cui avrà il contributo, formarsi e dare 8 ore di lavoro gratuito allo Stato. Dal secondo anno il reddito di cittadinanza inizia a scalare, perché la persona viene reinserita nel mondo del lavoro", queste erano state le parole usate dal leader M5S Luigi Di Maio durante la campagna elettorale per descrivere una delle misure più interessanti e discusse del programma pentastellato.

All'indomani del successo ottenuto dal Movimento 5 Stelle alle urne, il dibattito sul reddito di cittadinanza torna caldo, come tornano ad aprirsi gli interrogativi sulle coperture che una misura del genere potrebbe richiedere. "Prenderemo 17 miliardi dalla spesa improduttiva e dalla tassazione sul gioco d'azzardo e sui concessionari autostradali", aveva spiegato Di Maio.

A ogni modo, i vertici pentastellati hanno sempre tenuto a sottolineare che il reddito di cittadinanza non sarà concepito come una misura assistenzialista. A ribadirlo era stato finanche Beppe Grillo con un post sul suo blog datato 10 febbraio 2018: "Il reddito di cittadinanza [...] è previsto solo per chi è in un momento di bisogno e solo a condizione di accettare un lavoro proposto dai centri per l'impiego. Dopo un massimo di 3 proposte rifiutate, il reddito non viene più erogato. Il reddito di cittadinanza esiste già nella maggior parte dei Paesi Europei e non ha senso chiedersi se possa funzionare. Già funziona."

Insomma, una misura tanto attesa quanto controversa per cui, in attesa che si possa passare dal programma elettorale ai fatti, è utile approfondire cosa sia nel dettaglio e come funzioni, quali siano i requisiti e le modalità per ottenerlo, quando e quanto spetti ad ogni famiglia/cittadino richiedente.

Cos'è il reddito di cittadinanza?

Come abbiamo già detto, si tratta dell'aiuto economico che il M5S intenderebbe destinare a 9 milioni di italiani che si trovano privi di reddito o che hanno redditi troppo bassi, in modo da combattere povertà, disuguaglianza ed esclusione sociale. Si tratterebbe altresì di una misura mirata alla promozione del diritto al lavoro e della formazione professionale.

Come funziona il reddito di cittadinanza?

Secondo l'ISTAT, qualunque cittadino viva da solo con meno di 780 euro al mese si trova sotto la soglia di povertà. Tale soglia varia a seconda del numero dei componenti del nucleo famigliare. Il reddito di cittadinanza prevederebbe un'integrazione/erogazione economica mirata a far in modo che chiunque possa raggiungere la soglia dei 780 euro mensili (per esempio: se abbiamo un nucleo famigliare formato da due persone con una pensione da 400 euro ciascuno, il reddito di cittadinanza interverrà affinché vengano raggiunti i 780 euro mensili con un'integrazione pari a 370 euro). Stando alle promesse dei pentastellati, anche i lavoratori full-time sottopagati avranno diritto ad un'integrazione: è stata progettata l'introduzione del salario minimo contrattuale con pagamento base di 9 euro l'ora. In caso di lavoro part time, invece, è prevista l'integrazione salariale per giungere ai 780 euro mensili.

Quali sono i requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza?

Per ottenere il reddito di cittadinanza occorrerà essere in possesso di determinati requisiti e per non perdere il sussidio bisognerà attenersi a determinate regole.

Tra i requisiti:

- Avere più di 18 anni;

- Essere disoccupati o inoccupati;

- Possedere un reddito lavorativo inferiore alla soglia di povertà italiana stabilita dall'ISTAT;

- Percepire una pensione inferiore alla soglia di povertà.ì

Quali sono le regole da rispettare per continuare a beneficiare della misura?

- Iscriversi al Centro per l'Impiego e rendersi immediatamente disponibile al lavoro;

- Intraprendere un percorso di ricerca lavorativa che impegni almeno 2 ore giornaliere;

- Offrire la disponibilità per progetti utili alla collettività per 8 ore settimanali;

- Frequentare corsi di qualifica/riqualifica professionale;

- Comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito;

- Accettare obbligatoriamente uno dei primi tre lavori che vengono offerti.

A proposito del reinserimento lavorativo e della riqualificazione professionale, saranno previste agevolazioni per chi assume i beneficiari del reddito di cittadinanza, per chi organizza laboratori per la creazione di nuove imprese. Inoltre, nel programma del M5S ci sarebbero anche concessioni di beni demaniali per le start-up innovative e per il recupero agricolo.
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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:03 pm

Reddito di cittadinanza, mito e realtà
Luca Ricolfi

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... fresh_ce=1

Di che cosa si parlerà nella prossima campagna elettorale? La mia sensazione è che, dal momento che le idee (e le parole) veramente nuove stanno a zero, finiremo per parlare molto di una cosa che nuova non è, ma nuova finirà per apparire: il reddito di cittadinanza. Fino a ieri presa sul serio solo dal M5S (che ha presentato un disegno di legge più di 3 anni fa), ora l’idea di un reddito di cittadinanza pare interessare anche a destra (è di pochi giorni fa l’apertura di Berlusconi), e crea qualche imbarazzo a sinistra, visto che Renzi non ha perso occasione per prenderne le distanze.

La ragione per cui il reddito di cittadinanza potrebbe diventare una parola-chiave del dibattito pubblico nel 2017 è la facilità con cui i politici e i media possono manipolarne il significato.

Facendo credere all’opinione pubblica di proporre una cosa mentre ne stanno proponendo un’altra. Questa è una differenza cruciale fra l’uso delle parole da parte degli studiosi, che è relativamente preciso e stabile, e il loro uso nel dibattito pubblico, che è spesso arbitrario, elastico ed ingannevole.


Le due facce dei 1000 giorni

Il caso del reddito di cittadinanza è perfetto per mostrare che cosa può succedere quando si gioca con le parole. Per la comunità scientifica reddito di cittadinanza (talora denominato reddito di base) indica un trasferimento universale e permanente a ogni individuo che rispetti certi requisiti minimi di appartenenza a una comunità (o “cittadinanza”), senza alcuna limitazione connessa alla condizione economica, e senza alcun obbligo da assolvere per non perdere il beneficio. Il reddito di cittadinanza, in altre parole, è dovuto anche ai “surfisti della baia di Malibù”, per usare il classico esempio di John Rawls, per parte sua convinto che la “società giusta” non debba farsi carico di essi. Giusto per avere un’idea degli ordini di grandezza, un trasferimento di questo tipo, anche se limitato alla popolazione in età lavorativa, e anche se fissato ad un valore pari alla soglia di povertà assoluta, in un paese come l’Italia costerebbe oltre 350 miliardi l’anno, una cifra che vale circa il doppio dei costi totali della sanità, della scuola e dell’università messe insieme. E non è un caso che, inteso in senso proprio, il reddito di cittadinanza esista solo in Alaska, dove poggia sui proventi del petrolio e negli ultimi anni ha oscillato fra i 100 e i 200 dollari al mese per individuo. In Europa un esperimento di reddito di cittadinanza del tutto incondizionato è previsto in Finlandia nel biennio 2017-2018, ma limitatamente a un campione di 2.000 persone.

“Si fa confusione fra reddito di cittadinanza, che è universale e incondizionato, e reddito minimo, che è selettivo e condizionato”

La musica cambia completamente quando, dal mondo della ricerca, si passa a quello della politica, e spesso anche dei media. Quando si dice e si scrive che, nell’Unione Europea, solo l’Italia e la Grecia non hanno un reddito di cittadinanza si fa confusione fra reddito di cittadinanza, che è universale e incondizionato, e reddito minimo, che è selettivo e condizionato. Quello che hanno quasi tutti i paesi europei (ma non l’Italia) è un reddito minimo, o reddito minimo garantito, che assicuri a chiunque è in età lavorativa, e indipendentemente dal fatto che lavori oppure no, un’integrazione di reddito che lo porti a un livello minimo accettabile. L’idea del reddito minimo, in altre parole, è di non permettere a nessuno di scendere al di sotto di una determinata soglia di reddito, o linea della povertà. Qui le legislazioni nazionali differiscono moltissimo, a seconda delle condizioni di accesso, a seconda che la misura sia individuale o familiare, a seconda degli obblighi che può comportare (formazione, ricerca del lavoro). Una misura di questo genere è contenuta nel disegno di legge dei Cinque Stelle (n. 1148, ottobre 2013), assai impropriamente intitolato “istituzione del reddito di cittadinanza”, che garantisce a qualsiasi famiglia in condizione di povertà assoluta di uscire da tale condizione, purché rispetti una serie abbastanza impegnativa di obblighi e adempimenti. Il costo del reddito minimo in versione Cinque Stelle è di circa 16 miliardi di euro, ovvero il 4,4% di quel che costerebbe un vero “reddito di cittadinanza”, universale, incondizionato, e agganciato a una soglia di povertà di circa 800 euro al mese.

C’è poi un terzo tipo di sostegno del reddito, che è in sostanza quello in vigore in paesi come l’Italia e la Grecia. Non c’è un nome per designarle, e mi permetterò quindi trovarglielo io: è il reddito-Arlecchino. Il reddito Arlecchino è una sorta di reddito minimo per pochi, perché del reddito minimo ha tutti gli obblighi tipici, ma non viene concesso a tutti coloro che si trovano al di sotto della soglia di povertà. È il governo nazionale che decide quali famiglie sono degne dell’aiuto e quali no, mentre ai governi locali (regioni e comuni) si lascia libertà di intervenire con ulteriori sussidi, a loro volta soggetti a ulteriori regole, vincoli, adempimenti che ogni Amministrazione regionale o comunale è libera di introdurre per proprio conto.


Austerità, la lezione della crisi

Il reddito-Arlecchino è abbastanza facile da quantificare solo nella sua componente nazionale, dove varia di nome e di importo ad ogni cambio di governo, mentre è difficilissimo da quantificare nella componente locale, che varia enormemente da luogo a luogo, contribuendo non poco a generare diseguaglianze ingiustificate (un vero capolavoro per una misura di perequazione dei redditi). A livello nazionale rientrano nel reddito-Arlecchino le misure più o meno automatiche per chi perde un lavoro (come la NASPI e la cassa integrazione) nonché il cosiddetto Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA), una misura di contrasto alla povertà per beneficiare della quale non basta la povertà stessa ma occorre che essa sia accompagnata da qualche aggravante (un disabile, un figlio minorenne, una donna in stato di “gravidanza accertata”). Ebbene l’ordine di grandezza del costo di queste misure statali non universalistiche, o reddito-Arlecchino, è di qualche miliardo all’anno, ovvero sensibilmente inferiore al costo del finto reddito di cittadinanza proposto dai Cinque Stelle (16 miliardi), e smisuratamente più basso del costo di un vero reddito di cittadinanza (350 miliardi).

Il difetto del reddito di cittadinanza è che è ingiusto (surfista di Malibù), e diventa insostenibile appena la cifra erogata sale fino alla soglia di povertà o oltre. Il difetto del reddito minimo è che, per gestirlo, comporta un apparato efficiente, complesso e costoso e, nella versione Cinque Stelle, autorizza comportamenti opportunistici (lavorare diventa conveniente solo se si guadagna di più della soglia di povertà, al di sotto tanto vale incassare il sussidio e fare altro). Il reddito-Arlecchino, quale quello previsto attualmente in Italia, ha gli stessi difetti del reddito minimo in versione Cinque Stelle, senza condividerne il pregio maggiore, ossia la sua capacità di eliminare la povertà assoluta senza discriminare fra poveri aiutabili e poveri non degni di aiuto.

“L’imposta negativa ha due vantaggi: non distrugge l’incentivo a lavorare quando il reddito è sotto la soglia di povertà, e può funzionare abbastanza bene anche senza un apparato burocratico di gestione del mercato del lavor”

Ci sarebbe poi un quarto tipo di sostegno al reddito, di cui poco si parla ma che, forse, funzionerebbe meno peggio degli altri tre: l’imposta negativa. Pensata già alla fine dell’Ottocento e riproposta ciclicamente nel corso del secolo scorso, caldeggiata da economisti liberali come Milton Friedman e Friedrich von Hayek, l’imposta negativa ha due vantaggi: non distrugge l’incentivo a lavorare quando il reddito è sotto la soglia di povertà, e può funzionare abbastanza bene anche senza un apparato burocratico di gestione del mercato del lavoro.

In breve l’idea è questa. Per quanti guadagnano abbastanza da essere soggetti a tassazione (in Italia più di 8000 euro annui, per il lavoro dipendente) nulla cambia. Per coloro che non guadagnano nulla o guadagnano di meno della soglia che individua la no-tax area, e dunque sono “incapienti” (non hanno capacità fiscale), il fisco applica una aliquota negativa (ad esempio il 70%), ovvero colma in parte il gap fra quel che il soggetto guadagna effettivamente e la soglia della no-tax area.

Esempio: io guadagno solo 3.000 euro l’anno; per arrivare a 8.000 mi mancano 5.000 euro; a questi 5.000 euro il fisco applica un’aliquota negativa del 70%, il che fa 3.500 euro (5.000 x 0,70), ovvero mi trasferisce 3.500 euro. Alla fine avrò in tasca 3.000 + 3.500 = 6.500 euro, ossia di più di quel che ho guadagnato per conto mio, ma di meno di quel che servirebbe a raggiungere la no-tax area. E se guadagno zero? Stesso meccanismo: lo scarto fra 8.000 e zero è 8.000, il fisco mi trasferisce il solito 70% dello scarto, che in questo caso fa 5.600 euro. Il grande pregio di questo meccanismo è che, se ben calibrato, garantisce che al benficiario del sussidio non convenga mai lavorare di meno (perché in quel caso i suoi introiti complessivi scenderebbero verso il limite inferiore dei 5.600 euro), e convenga sempre lavorare di più (perché l’imposta negativa non colma mai completamente il divario fra reddito effettivo e soglia della no-tax area). Il difetto, condiviso con il reddito minimo ma non con il reddito di cittadinanza, è che resta la convenienza a lavorare in nero, il che richiederebbe un fisco vigile.



Marco Travaglio spiega come il reddito di cittadinanza non sia praticabile
06.03.2018

https://www.giornalettismo.com/archives ... anza-video

Marco Travaglio ha spiegato come il reddito di cittadinanza non sia praticabile. Durante il suo intervento a Otto e Mezzo il direttore del Fatto Quotidiano ha ribadito come «è chiaro che la proposta del M5s sul reddito di cittadinanza e quella della Lega sull’abolizione totale della legge Fornero sono impraticabili, perché costerebbero troppo. Ma qualcosa per queste categorie, che sono le uniche sulle quali si è scaricato tutto il peso della crisi da parte dei governi che l’hanno gestita così male, Lega e M5s dicono di volerlo fare».

Marco Travaglio spiega come il reddito di cittadinanza non sia praticabile

Le parole di Marco Travaglio sono particolarmente nette e condivisibili, e hanno un particolare rilievo visto che il direttore del Fatto Quotidiano è una delle figure più importanti del dibattito pubblico italiano che ha espresso posizioni di vicinanza verso i Cinque Stelle. Travaglio, correttamente, individua nell’inquietudine provocata da un diffuso disagio sociale il motivo principale dell’esplosione elettorale di M5S e anche Lega Nord.

Secondo Travaglio, e qui diventa un po’ più difficile condividere la sua opinione, per il successo di Matteo Salvini ha contato più la proposta di abolizione della legge Fornero rispetto al contrasto all’immigrazione. Secondo il direttore del Fatto Quotidiano la riduzione degli sbarchi impressa dal ministro degli Interni Minniti ha reso meno centrale il tema dell’arrivo degli stranieri in Italia.

Il sito del Fatto Quotidiano ha poi modificato leggermente il titolo dell’articolo a supporto del video, se i lettori noteranno una differenza tra la nostra foto, presa dal profilo Facebook del giornalista Davide Piacenza, e il collegamento al pezzo pubblicato sul sito diretto da Peter Gomez.



La follia del reddito di cittadinanza M5s: al lavoro solo se piace ed è vicino a casa
Paolo Bracalini - Sab, 10/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 03314.html

La DiMaionomics, l'economia pubblica secondo Luigi Di Maio. È ormai evidente, anche dalle pressanti richieste ai Caf nel Sud e dal picco di ricerche su Google subito dopo la vittoria del M5s, che il reddito d cittadinanza è stato uno dei motori principali, se non il primo, del consenso elettorale dei grillini.

Peccato che la misura partorita dai parlamentari Cinque stelle non sia solo insostenibile economicamente, ma sia a tratti demenziale. Nel magico mondo del sussidio pubblico grillino, infatti, ad ogni disoccupato verranno offerti ben tre posti di lavoro, pena la decadenza del reddito di cittadinanza se il percettore di sussidio li rifiutasse tutti. I disoccupati in Italia però sono 2,8 milioni (dato Istat 2017), significa che Di Maio promette 2,8 milioni di posti di lavoro, e garantisce quasi 9 milioni di offerte di lavoro, in un paese in cui il lavoro è diventato un miraggio. E da quale cilindro magico uscirebbero queste miriadi di offerte di lavoro? Dai «centri per l'impiego», carrozzoni pubblici eredi dei vecchi uffici di collocamento gestiti dalle amministrazioni provinciali che però dovrebbero - nelle fantasie dei grillini - sfornare posti di lavoro a ritmi cinesi. La realtà invece dice che meno di quattro occupati su 100 (il 3,4%), secondo la ricerca Isfol del 2015, ha trovato un lavoro grazie ai Centri per l'impiego. L'unico lavoro è quello dei dipendenti degli stessi centri per l'impiego, il 48% concentrati al Sud, bacino elettorale del M5s. Tant'è vero che Di Maio promette, per poter poi far funzionare il reddito di cittadinanza, di riformare i centri per l'impiego, nientemeno che con una «spesa di 2,1 miliardi di euro a questo scopo». Soldi, soldi, soldi pubblici ovunque, non si capisce presi da dove.

Ma fossero solo questi i problemi. Il reddito di cittadinanza è contenuto nel disegno di legge 1148 del 2013, prima firmataria la grillina Nunzia Catalfo, nessuna competenza economica, nella vita fa l'impiegata di un centro per l'impiego a Catania. Alla critica che il reddito sia un incentivo alla nullafacenza, i Cinque stelle rispondono che non è così perché, per ottenerlo e mantenerlo, si possono rifiutare solo due lavori, se rifiuti anche il terzo perdi il diritto all'assegno pubblico. Però le offerte di lavoro, si specifica nel ddl, devono essere «congrue». E cosa si intende con congrue? L'articolo 12 spiega che «si considera congrua un'offerta di lavoro quando essa è attinente alle propensioni, agli interessi e alle competenze segnalate dal beneficiario in fase di registrazione presso il centro per l'impiego, la retribuzione oraria è uguale o superiore all'80 per cento rispetto alle mansioni di provenienza, il luogo di lavoro è situato nel raggio di 50 chilometri dal luogo di residenza ed è raggiungibile entro ottanta minuti con i mezzi pubblici». Chiaro? In poche parole se prendi il reddito di cittadinanza e ti offrono tre (tre!) posti di lavoro che però non sono sotto casa, non ritieni attinenti ai tuoi interessi, e non ti offrono abbastanza soldi, puoi considerarle non congrue e quindi continuare a percepire serenamente il sussidio pubblico. Unico limite previsto: dopo un anno non si può più fare gli schizzinosi, sempre che siano arrivate tre offerte di lavoro in dodici mesi, una miraggio in Italia.

Se poi il disoccupato è una donna e ha un figlio, scatta pure «l'esenzione alla ricerca del lavoro» fino al terzo anno di età del figlio. Lavoro che, sempre per la stessa legge, avrà un salario minimo di legge di 9 euro l'ora, quindi 1.440 euro al mese. Più lavoro e più soldi per tutti. Una specie di boom tipo l'Italia degli anni '50, garantiscono Di Maio e Casaleggio. Molti osservatori sono perplessi. «Dare il reddito di cittadinanza nel Sud sarebbe una catastrofe - spiega Edward Luttwak su Italia Oggi -. Ancora più gente rimane a casa con la mamma. È come per le pensioni in Grecia». Mentre il sociologo Luca Ricolfi è convinto che sarebbe un «disincentivo a lavorare», e che «l'enorme massa di funzionari pubblici pagati per gestire questi 9 milioni di beneficiari» non riuscirebbe minimamente nel compito. Come arma elettorale, però, ha funzionato eccome.
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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:04 pm

Reddito minimo di cittadinanza passa al Parlamento Europeo la proposta del M5s
24 ottobre 2017

https://www.fanpage.it/reddito-minimo-d ... ta-del-m5s

Passa al Parlamento Europeo la proposta di Efdd (Europa della libertà e della democrazie diretta) sul reddito minimo di cittadinanza. I voti a favore sono stati 451, 147 contrari e 42 astenuti. La risoluzione non legislativa, sostenuta dal Movimento 5 Stelle, aveva già avuto il primo via libera (con 36 voti favorevoli, 7 contrari e 4 astenuti) in commissione Occupazione e Affari Sociali all’inizio di ottobre.

Con la proposta si vuole istituire un fondo ad hoc per finanziare il reddito minimo. Inoltre si vuole che il reddito minimo venga calcolato sulla base del 60% della media nazionale. Il documento chiede anche di pensare a una direttiva a livello europeo, vincolante per tutti i Paesi membri, con misure concrete per i cittadini sotto la soglia di povertà e in povertà assoluta. C’è infine la volontà di un'analisi accurata del fondo sociale europeo affinché si possa prevedere il suo utilizzo per il reddito minimo.

Nell’intervento alla plenaria di Strasburgo, l’eurodeputata Laura Agea (M5s) ha ricordato che sono 120 milioni i cittadini europei che non riescono ad arrivare alla fine del mese: “La povertà è un problema europeo causato proprio dalle sue politiche scellerate. L'ultima speranza per mettere un freno all'emergenza della povertà è la volontà da parte di tutti i Paesi di adottare un reddito minimo che restituisca vita e dignità ai quasi 120 milioni di cittadini europei che non riescono più ad arrivare alla fine del mese” .

Agea ha anche sottolineato il ritardo dell’Italia, unico Paese in Europa insieme alla Grecia, in cui "non esistono misure di contrasto alla povertà”: “Oggi, secondo l'Osservatorio sociale europeo diverse forme di sostegno al reddito esistono già in 26 Stati membri e non serve aggiungere che il mio Paese non prevede nessun tipo di sostegno. Noi vogliamo che l'Europa intervenga immediatamente con un quadro comune di norme che permetta l'armonizzazione dei diversi regimi vigenti con criteri di accesso comuni e validi per tutti: come ad esempio basare il calcolo del reddito da erogare sulla soglia di povertà che Eurostat fissa al 60% del reddito medio nazionale”.

E ancora: “I cittadini non chiedono elemosina ma politiche di dignità. Se si trovano i soldi per salvare le banche, tanto più pretendo che si trovino risorse per i figli di questa Europa che è vittima troppo spesso di interessi scellerati”.

Per poi concludere: “Questo nostro Continente ritrovi il suo volto umano assicurando assistenza sanitaria, alloggio, istruzione e dignità attraverso politiche economiche espansive che creino occupazione! Questo documento porta la mia firma e quella del MoVimento 5 Stelle e racchiude i nomi di tutti i 120 milioni di cittadini europei per i quali è stato scritto. Il nostro impegno, la nostra dedizione, il nostro lavoro sono stati, sono e saranno sempre rivolti a loro".




M5S, Di Maio, nuovo appello: «Disposti a confronto, non deludere cittadini»
11/ marzo 2018

https://www.ilgazzettino.it/italia/poli ... 99678.html

«In tutta la campagna elettorale e subito dopo il voto ho detto che noi siamo disponibili al confronto con tutti per far nascere il primo governo della Terza Repubblica, la Repubblica dei cittadini. Questa occasione non può essere persa. I cittadini ci guardano e pretendono il massimo dalle persone che hanno eletto in Parlamento. Tutto il Movimento 5 Stelle e io in prima persona, non abbiamo alcuna intenzione di deluderli e faremo tutto il possibile per rispettare il mandato che ci hanno affidato. Mi auguro che tutte le forze politiche abbiano coscienza delle aspettative degli italiani: abbiamo bisogno di un governo al servizio della gente». Lo scrive il leader M5S Luigi Di Maio sul "Blog delle stelle".

Il leader M5S Luigi Di Maio ha lanciato un nuovo appello per la formazione del governo e cita le parole di ieri del presidente della Cei, cardinale Angelo Bassetti. «Faremo tutto il possibile per rispettare il mandato che ci hanno affidato. Mi auguro che tutte le forze politiche abbiano coscienza delle aspettative degli italiani: abbiamo bisogno di un governo al servizio della gente», scrive Di Maio dal blog, sottolineando: «Non abbiamo a cuore le poltrone ma che venga fatto ciò che i cittadini attendono da 30 anni».

«Politica vuol dire realizzare» diceva Alcide De Gasperi, ed è a questo che tutte le forze politiche sono state chiamate dai cittadini con il voto del 4 marzo. Più precisamente a realizzare quello che anche nella dottrina sociale della Chiesa viene chiamato 'bene comunè, che è ciò che noi in tutta la campagna elettorale abbiamo indicato come "interesse dei cittadinì", si legge nel post con cui Di Maio intende così replicare alle parole pronunciate ieri da Assisi dal cardinal Bassetti. Il presidente della Cei infatti aveva auspicato che il prossimo governo sia »al servizio della gente».

«In tutta la campagna elettorale e subito dopo il voto ho detto che noi siamo disponibili al confronto con tutti per far nascere il primo governo della Terza Repubblica, la Repubblica dei cittadini. Questa occasione non può essere persa. I cittadini ci guardano e pretendono il massimo dalle persone che hanno eletto in Parlamento». Scrive ancora Di Maio, «Anche la settimana prossima sarà molto importante per il destino del nostro Paese. La partecipazione non si esaurisce con il voto. Continuate a informarvi e ad appassionarvi».

«Abbiamo messo al primo posto la qualità della vita dei cittadini che vuol dire eliminazione della povertà (con la misura del Reddito di Cittadinanza che è presente in tutta Europa tranne che in Italia e in Grecia), una manovra fiscale shock per creare lavoro, perché le tasse alle imprese sono le più alte del Continente, e finalmente un welfare alle famiglie ricalcando il modello applicato dalla Francia, che non a caso è la nazione europea dove si fanno più figli, per far ripartire la crescita demografica del nostro Paese. La nostra attenzione sarà massima anche su altri fronti come quello della lotta alla corruzione, dell'eliminazione della burocrazia inutile con 400 leggi da abolire, del rispetto dell'ambiente», conclude.


Il reddito di cittadinanza in Germania
https://www.facebook.com/ilprediletto/v ... 3687387970


???
Grecia, al via reddito minimo garantito per 700mila persone (7% della popolazione)
di Francesco De Palo | 16 ottobre 2014

https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/1 ... ne/1157368

Al via ufficialmente in Grecia il reddito minimo garantito, con un’operazione pilota in 13 comuni del paese, mentre nel 2015 sarà estesa a tutte le regioni. L’aiuto finanziario sarà direttamente legato alla situazione economica del beneficiario ed è pari in media a 400 euro al mese per una famiglia con due figli minori e senza altri redditi certificati. I beneficiari saranno 700mila (7% della popolazione) e il fondo va da 850 milioni a un miliardo di euro. La manovra messa in atto dall’esecutivo conservatori-socialisti mira secondo alcuni analisti ad attirare i voti dei delusi verso le forze di larghe intese al governo, in vista di probabili elezioni anticipate a marzo, e togliere terreno al Syriza di Tsipras che i sondaggi danno al 30%, con Nea Dimokratia del premier Samaras solo al 19%.

La Grecia è l’ultimo paese dell’Unione europea ad attuarla. “Oggi stiamo lanciando un moderno strumento di politica sociale che proteggerà i deboli e riabiliterà coloro che rischiano di essere lasciati in disparte” ha detto il primo ministro. Come detto, la misura sarà attuata nelle città di Dramma Edessa, Grevena, Ioannina, Karditsa, Lefkada, Missolungi, Halkida, Kallithea, Tripoli, Samos, Syros e Gazi Creta ed è stato reso possibile grazie alle eccedenze date dagli avanti primari. L’attuazione dell’istituto sarà basata sulla cooperazione con la Chiesa e le autorità governative locali. Per fornire il reddito minimo garantito sarà necessario esibire il reddito disponibile dell’anno in corso intrecciato con la situazione economica complessiva del richiedente. L’importo varierà da un minimo di 100 euro a famiglia, integrato da altri 100 euro per ogni adulto e 50 euro per ogni figlio, il che significa che in media questo reddito sarà compreso tra i 250 e i 500 euro a nucleo familiare.

Tra i pilastri della misura, il reddito reale annuale che deve essere inferiore alla soglia di reddito minima sotto la quale si è considerati poveri. Chi è sposato e senza figli può arrivare ad ottenere 200 euro al mese, 2.400 euro all’anno; una coppia senza figli 300 euro al mese; una coppia con un figlio minorenne 350 uro al mese; una coppia con due figli minori 400 euro; una coppia con bambino 1 adulto 400 euro e così via. Privilegiati i soggetti portatori di handicap, con particolari esigenze nutrizionali, mentre per quanto riguarda i beni posseduti i destinatari ammessi saranno solo quelli che abbiano un valore complessivo imponibile dei beni immobili non superiore a ai 90mila euro per persona. Protestano le opposizioni. Il partito comunista greco del KKE definisce la misura “solo una beffa”, aggiungendo che “sono le briciole che il governo darà a coloro che vivono in estrema povertà”. E propone di contro una serie di misure urgenti per proteggere i disoccupati, con indennità per tutta la durata della disoccupazione, ripristinando la tredicesima e la quattordicesima abrogati dal memorandum della troika.



Grecia, dal governo Tsipras reddito sociale ai migranti: 399 euro al mese
di Penelope Corrado
lunedì 2 gennaio 2017

http://www.secoloditalia.it/2017/01/gre ... ro-al-mese

A partire da marzo, i migranti in Grecia riceveranno una somma di denaro per comprarsi da soli il cibo. Lo ha annunciato il ministro ellenico per i Migranti, Ioanis Mouzalas. Ogni famiglia di migranti residente sulla terra ferma riceverà 399 euro, un euro in meno del reddito minimo garantito alle famiglie greche.

Ai migranti lo stesso sussidio di povertà dei greci

Dalla misura saranno esclusi i 16mila migranti nei campi di accoglienza nelle isole, che continueranno a ricevere aiuti alimentari, ma verranno distribuiti in campi più piccoli. Il ministro del governo di estrema sinistra guidato da Tsipras ha sottolineato che non potranno essere trasferiti sulla terra ferma, in modo da facilitare gli accordi stretti fra Ue e Ankara per il rinvio dei migranti in Turchia.

Tsipras foraggia i migranti con i soldi dell’Ue

Il premier greco Alexis Tsipras sta forzando la mano con Bruxelles sul fronte della spesa pubblica. Nei giorni scorsi la decisione del governo greco di distribuire bonus natalizi ai pensionati greci ha provocato nuove tensioni tra i creditori che dal 2010 garantiscono aiuti finanziari alla Grecia. Anche la Commissione Ue ha criticato la decisione dei ministri delle Finanze di sospendere il previsto alleggerimento del debito pubblico greco. Un surplus che adesso riguarda anche i migranti che arrivano in Grecia. Sovvenzionati a spese dell’Unione europea. Quindi anche dell’Italia.




???

Reddito di cittadinanza e flat tax: ricette economiche impraticabili
di Michele Masneri
2018/04/03

https://www.ilfoglio.it/economia/2018/0 ... ili-187338

San Francisco. “Il reddito minimo di cittadinanza significherebbe un grande trasferimento di ricchezza dal nord al sud”. Lo dice Enrico Moretti, professore dell’Università di Berkeley, uno degli economisti più ascoltati d’America. Che col Foglio commenta, a bocce fredde, l’esito delle elezioni dello scorso 4 marzo e le ricette economiche dei Cinque stelle e della Lega. Secondo Moretti l’aumentata pressione fiscale necessaria a finanziare il reddito di cittadinanza sarebbe pagata sostanzialmente dai ceti produttivi. “C’è una divisione geografica nettissima in Italia, coi Cinque stelle che prevalgono nel sud e la Lega al nord” dice l’economista. “La proposta del reddito garantito minimo tra l’altro è un’idea di destra, col concetto di dare un reddito a tutti, è un trasferimento di ricchezza, che qualcuno deve pagare.
In un’economia sana, senza un debito pubblico altissimo e con una tassazione normale, significherebbe un aumento della pressione sui redditi medio alti. Ma in una situazione come quella italiana è implausibile e ha dei costi non sostenibili. Trenta miliardi, quelli stimati, sono una cifra ottimistica, avrebbe un costo enorme e un beneficio molto limitato. Vorrebbe dire tassare poi le regioni ad alta produttività per premiare quelle a bassa produttività”. “Ci sono altri modi per aiutare il sud” dice Moretti. “Per esempio cambiare la contrattazione, da nazionale a regionale, perché i minimi salariali scoraggiano l’investimento al sud dove il costo della vita è minore. Riavvicinare la contrattazione al territorio sarebbe un modo migliore per aiutare il sud”. E la flat tax proposta dal centrodestra? “In sé non sarebbe una proposta necessariamente negativa, ma dipende da che aliquota. Quella proposta in campagna elettorale al 15 per centro non è sostenibile coi vincoli di bilancio dell’Italia. Ci sono ragioni di equità, su queste si può discutere. Ma una manovra del genere costerebbe 60 miliardi e non ce lo possiamo assolutamente permettere. Altrimenti ritorniamo agli anni Ottanta, quando si spostavano le conseguenze sui figli”. Legge Fornero e riforma del Jobs Act? “Sono due delle riforme strutturali compiute negli ultimi cinque anni e avrebbero dovuto essere l’inizio di un percorso”, dice l’economista. “Cancellarle sarebbe un grave errore, perché da una parte bisogna pensare che la Fornero è passata in un momento in cui lo spread coi titoli tedeschi stava esplodendo. Cancellarla vorrebbe dire tornare alla situazione di prima. Dall’altra parte a livello psicologico vorrebbe dire che in Italia le riforme non possono essere fatte, e quando vengono fatte si cancellano, che è esattamente l’opposto di ciò che significa una riforma strutturale, che deve essere di lungo periodo”. “Eliminando la riforma vorrebbe dire perdere credibilità per il paese perché qualunque riforma futura sarebbe guardata con scetticismo e avrebbe dunque pochi effetti di investimento dall’estero. Stessa cosa per il Jobs Act: vuol dire che non c’è più bisogno di riforme e cancelliamo le uniche due che sono state fatte? Inoltre i costi di queste riforme sono immediati, mentre i benefici sono crescenti nel lungo periodo, per cui abbiamo pagato il costo e sarebbe sensato goderne i benefici, cioè ridurre la dualità del mercato del lavoro, spaccato tra lavori super garantiti e lavori per niente garantiti”. L’esito delle elezioni in generale è pericoloso? “Sono preoccupato per i costi”, dice l’economista, “che sarebbero irreversibili, sia immediati (maggior costo del debito pubblico) che di lungo periodo (ancora più scetticismo di quello che già c’è verso l’Italia)”. “In generale poi l’Italia, per i problemi strutturali che ha, non può permettersi i costi dell’approccio semplicistico a problemi complessi, che è identico nei Cinque stelle e nella Lega così come nella amministrazione Trump in America. Sono populismi molto simili”.

C’è anche una similitudine tra l’Italia e gli Stati Uniti studiati nel suo libro La nuova geografia del lavoro, per cui ci sono due americhe, quella delle coste, che ha votato liberal e che ospita l’innovazione, e quella dell’interno, deindustrializzata e spaurita, e che vota Trump? “Ci sono. L’unico posto in cui il Pd ha tenuto è Milano, praticamente. Si può dire che i luoghi in cui le forze della globalizzazione sono state vissute come un’opportunità, più che un costo, hanno meno penalizzato il Pd e forze politiche connotate dall’esperienza. Milano da sempre poi ha un approccio più equilibrato alla discussione politica, più basato sui fatti”.
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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:05 pm

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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » mar apr 24, 2018 8:06 pm

Finlandia, stop al reddito di cittadinanza: bocciato dopo l'esperimento
La misura del 2017 aveva riguardato duemila disoccupati volontari, selezionati a caso per ricevere un assegno da 560 euro al mese. Alla fine dell'anno non sarà rinnovato
di ANDREA TARQUINI

http://www.repubblica.it/economia/2018/ ... -194548008

BERLINO - Il reddito di cittadinanza viene bocciato proprio dal paese dell'Unione europea che lo aveva introdotto l'anno scorso come progetto pilota, la Finlandia. Il governo liberalconservatore di Helsinki ha deciso di non proseguire con l'esperimento, lanciato appunto nel 2017 e che aveva attirato l'attenzione e l'interesse dell´Europa e del mondo. Lo riferisce Business insider. Il progetto finora ha visto coinvolti duemila disoccupati, che vi hanno aderito tutti su base volontaria.

Dal 2017, i duemila volontari hanno ricevuto dal sistema di welfare finlandese, avanzato ed esteso come tutti quelli dei cinque paesi nordici (Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda) una cifra pari a circa 690 dollari Usa mensili (560 euro). Il pagamento di tale reddito di cittadinanza, contrariamente ad altre forme di sussidi e assistenza pagati in diversi paesi dell'Unione europea, non è stato soggetto ad alcun vincolo. In altre parole il reddito di cittadinanza era pagato senza che il ricevente dovesse in cambio impegnarsi a cercare un lavoro o ad accettare impieghi offerti dall´ufficio di collocamento.

Al momento il governo non ha ancora pubblicato un bilancio dei risultati o di valutazione del progetto, né spiegazioni del perché sarà abbandonato, ma l'esecutivo di Helsinki starebbe valutando altre soluzioni di riforme del welfare per affrontare i problemi sociali causati dalla disoccupazione, che in Finlandia lamenta un tasso piú alto rispetto a quello degli altri quattro paesi nordici. L'economia finlandese è moderna, internettiana, globale e solida ma ha sofferto della crisi dei rapporti economici con Mosca e ancor piú dei danni causati alla domanda di carta (la produzione di legno da carta è un suo importante comparto) causata dal forte calo di vendite di media cartacei ovunque, e dalla crisi di Nokia, il gruppo delle telecomunicazioni mobili lasciato indietro da Apple, Samsung e altri concorrenti. La Finlandia è anche piú debole del resto del nord, e soprattutto rispetto alla Svezia, nell'export di eccellenze industriali e tecnologiche.





Il reddito di cittadinanza fa flop: la Finlandia mette fine alla misura
Sergio Rame - Dom, 22/04/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/red ... 18154.html

L'esperimento è durato solo un anno: erogati 560 euro al mese a 2mila finlandesi. Il ministro delle Finanze: "Serve un nuovo sistema"

Il reddito di cittadinanza, che tanto piace ai Cinque Stelle, è un flop.

Non lo dicono soltanto illustri economisti, ma è provato anche dai fatti. Come racconta il Corriere della Sera, la Finlandia ha infatti deciso di mettere fine all'esperimente perché, appunto, non funziona. Dopo che, per un anno interno, sono stati versati 560 euro al mese a duemila cittadini senza lavoro, il governo si è infatti messo a cercare un nuovo sostegno contro la disoccupazione.

L'esperimento del reddito di cittadinanza è durato un anno soltanto. La Finlandia ha deciso, in questi giorni, non solo di non farlo diventare strutturale ma nemmeno di rinnovarlo. Per dodici mesi duemila cittadini disoccupati, di età compresa tra i 25 e i 58 anni, hanno ricevuto una assegno di 560 euro (esentasse) al posto dei normali sussidi contro la disoccupazione. La somma erogata è leggermente più bassa dai 780 euro al mese proposti dal Movimento 5 Stelle in campagna elettorale. I disoccupati ricevevano i soldi direttamente sul proprio conto corrente e continuavano ad arrivargli anche quando accettavano una lavoro dal centro per l'impiego. "La cosa più strana - ha detto alla Cnbc una dei beneficiari del reddito di cittadinanza, Mika Ruusunen - è che anche se dovessi cominciare a guadagnare un milione di euro all'anno continuerebbero a darmeli".

In Finlandia, come ricorda L'Inkiesta, il reddito di cittadinanza è stato fortemente voluto dal primo ministro Juha Sipilä del Partito di Centro Finlandese. "Per il governo non è tanto o non solo una misura di lotta alla povertà, in un Paese che ha già strumenti di welfare molto robusti (sussidi di disoccupazione, sussidi per la casa, sussidi per i figli eccetera) - si legge - è, piuttosto, un modo per tagliare la burocrazia e per ridurre i disincentivi alla ricerca di lavoro e alla creazione di nuovo lavoro". Ora il passo indietro. Il ministro delle Finanze Petteri Orpo ha fatto sapere che "il Paese andrà verso un percorso più simile al modello inglese" che cerca di mettere insieme i benefici e i crediti d'imposta in un solo sistema.
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Re: Reddito di cittadinanza e d'intorni

Messaggioda Berto » dom mag 13, 2018 8:20 pm

Il premio Nobel Yunus: "Il reddito di cittadinanza rende più poveri e nega la dignità umana"
2018/05/13
https://www.huffingtonpost.it/2018/05/1 ... a_23433473

"Il reddito di cittadinanza rende più poveri, non è utile a chi è povero e a nessun altro, è una tipica idea di assistenzialismo occidentale e nega la dignità umana". Parola di Muhammad Yunus, economista e banchiere bengalese che ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2006 per aver ideato e creato la 'banca dei poveri'. In un'intervista a La Stampa, l'inventore del microcredito boccia tout court il caposaldo del programma M5S: "I salari sganciati dal lavoro rendono l'uomo un essere improduttivo, ne cancellano la vitalità e il potere creativo".

Secondo Yunus l'Europa ha un grande limite.

"L'Asia avrebbe bisogno di molte cose che in Europa ci sono e ci sono da tanto tempo, ma trovo che da voi ci sia un pensiero unico che limita gli slanci. Mi spiego meglio: le società europee sono ossessionate dal lavoro, tutti devono trovare un lavoro, nessuno deve rimanere senza lavoro, le istituzioni si devono preoccupare che i cittadini lavorino... Invece in Asia la famiglia è il luogo più importante e non c'è questo pensiero fisso del lavoro: esiste una sorta di mercato informale, in cui gli uomini esercitano loro stessi come persone. Penso che la lezione positiva che viene dall'Asia sia quella di ridisegnare il sistema finanziario attuale, privilegiando la dignità delle persone e il valore del loro tempo".

Durissimo il giudizio sul reddito di cittadinanza.

"è la negazione dell'essere umano, della sua funzionalità, della vitalità, del potere creativo. L'uomo è chiamato a esplorare, a cercare opportunità, sono queste che vanno create, non i salari sganciati dalla produzione, che per definizione fanno dell'uomo un essere improduttivo, un povero vero".

Male Trump, bene Macron, nelle valutazioni di Yunus.

"Non ho molta fiducia nelle leadership globali in questo momento e penso in particolare a Donald Trump, che vuole un'America più chiusa e concentrata in sè stessa, dove le armi e le bombe sono uno strumento politico considerato efficace. Quello che in questo momento mi dà maggiore speranza è Emmanuel Macron, il presidente francese, mi piace come si pone e come parla. Forse è il primo di una nuova generazione di leader, me lo auguro".
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