Economia

Re: Economia

Messaggioda Berto » ven mar 13, 2015 10:51 am

IL BAZOOKA DI MARIO DRAGHI E LA LEZIONE DI ADAM SMITH di GERARDO COCO

http://www.miglioverde.eu/il-bazooka-di ... adam-smith

La Banca Centrale Europea ha varato il quantitative easing, lunedì 9 marzo, per una curiosa coincidenza, lo stesso giorno del 239esimo anniversario della pubblicazione della Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith. Qual è il nesso? Il nesso è che le pratiche di espansione monetaria non convenzionali risalgono addirittura ai secoli XVI-XVII e furono screditate proprio dal grande economista scozzese come concezione miracolistica dello sviluppo. La sua famosa opera può essere interpretata come una critica al Mercantilismo, ossia quella dottrina dell’interventismo economico che si tradusse in un sistema di sussidi, divieti, restrizioni, pratiche redistributive, legislazione farraginosa e il cui corollario fu un apparato pianificatore il cui sostentamento richiedeva una tassazione oppressiva e un’espansione monetaria inflazionista. Ma questo è anche il mondo attuale, una riedizione del mercantilismo in forma estrema o “neo mercantilismo” che solo gli ignoranti scambiano per neoliberismo.

Nell’arsenale programmatico mercantilista la politica monetaria era il motore principale del progresso economico. Le espansioni monetarie sbrigliate però, segnarono l’inizio delle grandi speculazioni di cui il banchiere John Law (1671-1729) fu uno dei famosi rappresentanti. Law escogitò un piano per risanare il debito pubblico della Francia basato su un istituto di emissione che doveva finanziare nel Mississippi, allora territorio francese, un progetto grandioso di sfruttamento commerciale e i cui proventi avrebbero ripagato il debito pubblico.

Scrive Smith: «L’idea di moltiplicare denaro senza limite era la vera base di quello che veniva chiamato il piano del Mississippi, forse il più stravagante progetto riguardante le attività bancarie». Si trattava di un piano di quantitative easing ante litteram: La liquidità della banca di stato, erogata in cambio di titoli del debito pubblico, fu impiegata per acquistare le azioni dell’iniziativa facendone lievitare prezzo: insomma la tipica operazione moderna bancaria di cash for trash.
L’esperimento si concluse con dei più disastrosi boom inflazionistici e collassi valutari della storia, centinaia di migliaia di persone si rovinarono e Law per salvare la pelle dovette riparare all’estero.
Law è il precursore dei banchieri centrali moderni. Supponiamo che il mondo di allora fosse stato globalizzato e interconnesso come l’attuale e impregnato della stessa cultura monetarista: le banche di altri paesi comprando i titoli tossici e monetizzandoli avrebbero avvelenato l’economia mondiale. Per fortuna in Inghilterra prevalse la cultura di Smith e quella dei successivi economisti classici rendendo il loro paese il più avanzato del mondo e, Londra, il mercato monetario e finanziario più efficiente mai esistito.
Alla base dell’universo di errori del monetarismo c’è per Smith la confusione fra denaro e capitale. «Il denaro che circola in un paese, scrive Smith, si può paragonare a una strada maestra che, pur essendo il mezzo per far circolare e trasportare al mercato tutti i prodotti, non ne produce nessuno»… «il denaro è il mezzo attraverso il quale l’intero reddito della società viene regolarmente distribuito tra tutti i suoi diversi membri… Il grande meccanismo della circolazione è completamente diverso dai beni che per suo mezzo vengono fatti circolare. Il reddito della società consiste interamente in quei beni e non dal meccanismo che li fa circolare». Ciò che crea la produzione, cioè i beni, non è il denaro ma il capitale. Per qualsiasi individuo é una verità di immediata evidenza che ciò che risparmia aggiunge al suo capitale che gli permetterà investimenti e quindi reddito per maggior consumo futuro. Ciò che vale per l’individuo vale per la società nel suo insieme. Smith scrive: «come il capitale di un individuo può essere accresciuto soltanto mediante quello che egli risparmia del suo reddito annuale, così il capitale di una collettività, che si identifica con quello di tutti gli individui che la compongono».

Per l’uomo della strada ciò che è risparmiato non è consumato.
Egli pensa che risparmiare significhi tenere per sé, mentre spendere significa distribuire agli altri. La parola risparmio, invece, non implica che ciò che è risparmiato non è consumato e nemmeno che il consumo ne sia differito ma soltanto che non viene consumato dalle stesse persone che lo risparmiano. Risparmio significa non spendere per il consumo ma spendere per i mezzi di produzione (materie prime, beni strumentali durevoli e salari) perché chi risparmia cede i propri fondi a chi li impiega come capitale nel processo produttivo trasferendo il potere di consumo a quei lavoratori che producono i nuovi mezzi di produzione. Il risparmio è dunque spesa di risorse consumate per fini di riproduzione.

Il suo mezzo di trasferimento è, ovviamente, il credito la cui funzione monetaria non è creare capitale ma di renderlo disponibile, mettendolo, per così dire, in condizione di completa attività in tutto il sistema economico. In nessun caso la sua espansione può accrescere lo stock di capitale esistente che presuppone il risparmio. E’, infine, l’aumento dello stock di capitale che aumenta la produttività e il tenore di vita.

Questa, in sintesi, la lezione “antimercantilistica” di Smith.

Le recessioni e depressioni sono quindi la conseguenza del tentativo di creare o «anticipare» capitale sulla base dell’espansione monetaria, invece che su quella del risparmio. Crea euforia, ottimismo e illusione di crescita ma alla fine si traduce sempre in investimenti rovinosi che minano l’accumulazione di capitale, la capacità di produrre, di consumare e rimborsare il credito.

La forma “eterna” dell’economia è, in fondo, quella dell’agricoltore che coltiva il campo grazie alla semente (il capitale) per ottenere il grano (la ricchezza) la cui vendita gli consente di ricostituire la semente e ottenere ogni altro bene che gli è necessario. Non si può ottenere grano senza aver prima accantonato la semente. Semente e grano sono espressi in moneta che è solo il titolo rappresentativo per farli circolare.

Ma è folle pensare di accrescere semente e grano aumentando la circolazione dei titoli che li rappresentano. Altrimenti a cosa servirebbe lavorare, produrre e risparmiare? Eppure a scorno della logica, la concezione miracolistica dello sviluppo neomercantilista ha acquistato dignità scientifica.
Finché si continuerà a credere alle assurdità, diceva Voltaire, si continueranno a commettere atrocità.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Economia

Messaggioda Berto » dom lug 03, 2016 9:18 pm

McCloskey: "Gli intellettuali? Odiano la borghesia e la libertà"

L'economista autrice di una storia della classe media: "Troppi uomini di cultura disprezzano chi produce ricchezza. Che errore"
Eleonora Barbieri - Dom, 03/07/2016

http://www.ilgiornale.it/news/mccloskey ... 78615.html

Autrice di "17 libri e circa 400 articoli", economista della scuola di Chicago, Deirdre McCloskey (oggi professore emerito di economia, storia, inglese e comunicazione all'Università dell'Illinois di Chicago) ha una passione: la borghesia. Alla tanto bistrattata middle-class ha dedicato una trilogia di oltre duemila pagine, The Bourgeois Era, cominciata nel 2006 con The Bourgeois Virtues, proseguita con The Bourgeois Dignity (2010) e terminata, ora, con la pubblicazione di The Bourgeois Equality: How ideas, Not Capital or Institutions, Enriched the World (University of Chicago Press).

Tre parole chiave - virtù, dignità, uguaglianza - che definiscono appunto l'era della borghesia, gli ultimi due secoli della nostra storia. I tre volumi non sono tradotti in italiano, ma alcuni dei temi affrontati si possono ritrovare in un libro pubblicato da Ibl nel 2014, I vizi degli economisti, le virtù della borghesia. Deirdre McCloskey è appena stata in Italia, ospite proprio dell'Istituto Bruno Leoni.

Perché ha deciso di scrivere una trilogia sulla borghesia?

"Da socialista, quando ero giovane mi entusiasmavo per gli scritti contro la borghesia. È un entusiasmo comune fra i giovani membri della borghesia stessa... Da lungo tempo. Quando Balzac scrisse Papà Goriot, nel 1834, trovò divertente che il suo patetico protagonista fosse un fabbricante di vermicelli in pensione. E così via, fino ai film stile Wall Street".

Lei come ha cambiato idea?

"Quando ho imparato di più sull'economia ho capito che il mercante, l'imprenditore, il banchiere e l'inventore sono essenziali per la produzione di ricchezza, anche a vantaggio dei più poveri. Ho sempre voluto aiutare i poveri, che è il motivo per cui da giovane ero socialista e sono diventata un'economista professionista. Ma ho capito che una economia ricca aiuta i poveri. Così, a metà degli anni '90, a circa 50 anni, ero in aereo e stavo leggendo un libro di John Casey intitolato Pagan Virtues e mi venne in mente che avrei dovuto scrivere un libro intitolato The Bourgeois Virtues".

Qual è la forza della borghesia?

"La creazione del mondo moderno. Una società di aristocratici o di funzionari e di contadini o di spettatori di quiz della Rai non ha la capacità di creare i beni quotidiani e i servizi per una esistenza dignitosa per la massa della popolazione".

La borghesia sì?

"Si è scoperto che lasciare la borghesia agire liberamente ci ha arricchito tutti enormemente. È il contratto borghese: Tu consenti a me, un borghese, di provare a migliorare il modo in cui si fanno auto, tubature o ascensori e di sottoporre il risultato alla prova dello scambio, senza protezionismi o sussidi o regolamentazioni o licenze o socialismo e, nel terzo atto di questo dramma sociale, io vi renderò tutti ricchi. Ha funzionato".

Perché parla di Great enrichment, grande arricchimento?

"Dal 1800, l'ammontare reale di ciò che gli italiani o gli americani producono e consumano è aumentato di trenta volte. Credo che un cambiamento del genere possa essere definito grande senza violare le regole del linguaggio".

Non era mai successo?

"In epoche precedenti, per esempio nel Quattrocento, o nella Cina del dodicesimo secolo, o nella Grecia antica si è assistito al raddoppio del reddito, per un certo periodo; per poi però tornare indietro. Ma parliamo comunque del 100 per cento; dal 1800 parliamo di quasi il tremila per cento, cioè da tre dollari al giorno a una media oggi, nei paesi membri dell'Ocse, che va dagli 80 ai 140 dollari al giorno".

Ma nel mondo ci sono ancora milioni di persone in povertà.

"Sì, su sette miliardi c'è ancora l'ultimo miliardo, come ci ricorda l'economista Paul Collier. Dobbiamo aiutarli ad aiutare se stessi. Il risultato della beneficenza, così come dei soldi trasferiti dal nord al sud dell'Italia, sono solo corruzione e un eccesso di impiegati statali. D'altra parte, come spiega anche Collier, trenta o quarant'anni fa i poveri più poveri del mondo erano gli ultimi quattro miliardi, su una popolazione di cinque miliardi. Il che significa che il livello assoluto di povertà è crollato drasticamente".

Come siamo diventati così ricchi?

"Siamo ricchi grazie al liberalismo, definito come uguaglianza di fronte alla legge e uguaglianza di dignità sociale. Basta rileggere la Dichiarazione dei diritti dell'uomo... e della donna... Oggi il liberalismo può arricchire il mondo, laddove non sia minato da una corruzione incontrollata, da una regolamentazione eccessiva e da un socialismo conclamato. Sarebbe a dire la condizione e le politiche dell'Italia di oggi, sostenute dalla mentalità tipica della maggior parte degli intellettuali italiani".

Perché funziona?

"Quello che ha fatto il liberalismo è stato, come dicono i britannici, lasciare che le persone qualunque ci potessero provare. E l'hanno fatto in maniera massiccia".

Qual è il potere delle idee, di cui parla nel suo ultimo libro?

"Ci sono due livelli di idee. E sono le idee, non gli investimenti nel capitale che seguono dalle idee, che ci hanno reso ricchi. Uno è il livello dei progressi messi alla prova dello scambio, come il cemento rinforzato e le zanzariere e gli antibiotici. Bene. Ma ciò che incoraggia le persone in massa ad avere queste idee è il liberalismo".

Perché le teorie economiche usuali non possono spiegare questo arricchimento?

"L'economia classica presuppone che sia il capitale a renderci ricchi. Non è così, come hanno dimostrato i disastri degli aiuti stranieri ai Paesi poveri. Il capitale ovviamente è necessario: non puoi costruire edifici senza mattoni e cemento. Ma anche l'ossigeno nell'aria è necessario. Queste non sono cause originarie. Non abbiamo bisogno di una accumulazione originaria di capitale. Quello che ci servono sono le idee per un progresso messo alla prova del commercio, espressione che preferisco rispetto al termine fuorviante capitalismo. Se le abbiamo, il capitale seguirà".

Quando parla di uguaglianza, a che cosa pensa?

"A un sinonimo di liberalismo. Intendo l'uguaglianza delle opportunità, misurata su quanto è facile aprire un negozio o una fabbrica, o come sono spesi i soldi dell'istruzione, o quanto le persone snobbano quelli che ritengono inferiori. Non è un'uguaglianza francese, come potremmo chiamarla in onore di Rousseau e Thomas Piketty, bensì un'uguaglianza scozzese, in onore di Adam Smith e Milton Friedman. Come diceva Smith, quello che ci serve è un progetto liberale di uguaglianza, libertà e giustizia".

Liberalismo e borghesia sono legati?

"Sì. È un vecchio, e corretto, cliché della storia europea che le rivoluzioni del 1789 e del 1848 fossero borghesi. Ma, liberando se stessa, la borghesia ha liberato tutti".

Hanno gli stessi nemici?

"Sì. L'intellighenzia, come la chiamo io, gli intellettuali, gli artisti e i giornalisti... che vengono dalla borghesia, ma odiano i loro padri".

Chi sono i peggiori?

"Quelli come Lenin, Mussolini e Hitler, assassini di milioni di persone nel nome della Rivoluzione contro la borghesia, contro la proprietà, contro l'ordine spontaneo del mercato che ha reso i più poveri fra noi trenta volte più abbienti".

Oggi ha ancora molti nemici?

"Sì. Dopo ogni crisi sorgono nuove versioni di socialismo, come il sindacalismo o l'ambientalismo. Le persone crescono in famiglie amorevoli, per lo più. E così pensano che un Paese di 80 milioni di persone possa essere governato come una famiglia affettuosa. Non può. Molto meglio avere cooperazione e competizione su larga scala, come accade nelle economie liberali".

Parla con grande passione della "gente comune"...

"Sono una democratica, e una libertaria cristiana. Non sono una conservatrice, se ciò significa guardare dall'alto in basso le persone comuni. Non lo faccio, o almeno ci provo. I miei amici statisti di sinistra e di destra lo fanno, e sperano di governare i poveri. Io spero di liberarli dalle loro catene".

Pensa che la borghesia europea, italiana e americana siano diverse oggi? E in che cosa?

"In Europa i borghesi, ancora più che in America, sono istruiti a detestare la borghesia...".
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