Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

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Messaggioda Berto » ven dic 20, 2013 9:15 am

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Skei e besi

Messaggioda Berto » ven dic 20, 2013 2:37 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

Messaggioda Berto » ven dic 20, 2013 9:05 pm

Monta la protesta anti-Europa. E in Austria l’Fpo diventa maggioritario

http://www.lindipendenza.com/monta-la-p ... gioritario

Diventano tre i Paesi dove il fronte anti-euro è maggioritario. Dopo Francia e Olanda anche in Austria la formazione che si oppone alla moneta unica è ora il primo partito. L’ultimo sondaggio ATV Austria Trend pone l’Fpo di Heinz Christian Strache (erede diretto di Jorg Heider) in testa alla classifica del consenso con una percentuale del 26%. Rispetto alle politiche di tre mesi fa registra un aumento del 5%. Calano, invece i Popolari e i Socialdemocratici che si sono alleati dando vita ad una Grande Coalizione in salsa viennese. In base agli ultimi dati i due partiti, insieme, non hanno più la maggioranza assoluta.

Una perdita di consenso che si aggiunge a quanto accade altrove. Risultano essere il primo partito il Front National di Marine Le Pen in Francia e il Freedom Party di Geert Wilders in Olanda con percentuali che variano fra il 20 e il 26%. In crescita il Vlaams Belang belga, l’Ukip in Gran Bretagna e l’Afd in Germania. Anche in Italia il blocco composto da Grillo e dalla Lega si pone in testa alle classifiche.
Ovviamente sono estrapolazioni basate sui risultati delle ultime politiche quando i due partiti, insieme avevano raggiunto la soglia del 30%. Non ci sono ancora sondaggi per le Europee dal momento che mancano più di cinque mesi alle elezioni. In ogni caso è facile immaginare un largo consenso anche da noi.

La rivolta dei Forconi, per quanto male organizzata e peggio guidata, ha dato voce ad un disagio sociale molto diffuso.
All’inizio della settimana, infatti, l’Istat ha diffuso una statistica molto allarmante. Ha certificato che nel 2012, il 29,9% degli italiani è a rischio di povertà o esclusione sociale. Significa che circa una persona su tre sta precipitando verso la soglia della povertà. Una percentuale di quattro punti più alta rispetto alla media europea (24%). Una situazione direttamente figlia delle politiche di austerità imposte dall’euro. Una situazione insostenibile che ha portato anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi a usare parole dure nei confronti del governo. Se anche gli industriali passano all’opposizione per il presidente del consiglio si mette proprio male. Tuttavia non si vedono all’orizzonte cambi di strategia.
Tutto sembra destinato a continuare come prima.
Fra cinque mesi, al momento del voto, i popoli d’Europa, stanchi di austerità e oppressione fiscale, presenteranno il conto.

TRATTO DA: http://unasceltadiversa.it
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Re: Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

Messaggioda Berto » mar dic 24, 2013 8:44 am

Al presidio del 9 deçenbare de Thiene, xbandonà a li toxati e toxateli pieni de bona volontà ma co na vista orba, li dava fora sto volantin o boletin:

Immagine

Cogna starghe drio e tendarli se no li se perde!

Banke robarie e depredasion taleghe
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... RFSTA/edit

Anda de i costi de l’ Aministrasion Piovega:
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... poR1k/edit
Pertanto, se la spesa della P.A. italiana fosse pari a quella tedesca, in rapporto al PIL,
si potrebbero risparmiare circa 60 miliardi di euro ogni anno.

Euro si, euro no
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... pmaVU/edit

Paghe e costo de la vida en Xermagna
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... ZxdEE/edit

Dati sol lavoro ente la Talia e la Xermagna
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... htaDA/edit
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Re: Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

Messaggioda Berto » mar dic 24, 2013 8:55 am

Banke robarie e depredasion taleghe
viewtopic.php?f=165&t=224
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... RFSTA/edit


Sta kive no la me par na bona tratasion sol signorajo e so coelo ke goadagna co l’emision de li skei le Banke Çentrali

Marco De La Luna sol so livro "Eurosciavi" el ga scrito pì de coalke robeta xbajà.
http://www.youtube.com/watch?v=RixHcElZCy0
http://www.youtube.com/watch?v=FBQeBDG5wV8

Immagine
Immagine

"Euroschiavi" I segreti del signoraggio.
http://www.youtube.com/watch?v=a16_MgvB7dQ
Ke ensemense kel conta Miclavez!

http://fraternity.it/sites/default/file ... chiavi.pdf

BCE
http://www.ecb.int/ecb/html/index.it.html
http://tallonedachille.blogspot.it/p/post-spot.html

======================================================================================================================================

Sta kive la me par na bona tratasion sol signorajo e so coelo ke goadagna co l’emision de li skei le Banke Çentrali

http://digilander.libero.it/togiga/signoraggio.pdf

CARO SIGNORAGGISTA, IL VERO TRUFFATORE RESTA LO STATO

http://www.lindipendenza.com/caro-signo ... a-lo-stato

Caro signoraggista, io non ti voglio male.
So che ti sei convinto di essere vittima di una gigantesca truffa.
E in gran parte ti do ragione. Ma ti voglio solo dire una cosa: tu sbagli bersaglio.
Te la prendi con le banche, in particolar modo con le banche centrali.
Ma possibile che non riesci a vedere che il vero truffatore è e resta lo Stato?

Il signoraggio, da definizione enciclopedica, è il reddito che il governo ottiene tramite la creazione di nuova base monetaria in condizione di monopolio. Si chiama così, perché furono i signori feudali nel Medioevo ad arrogarsi il diritto di essere gli unici possibili coniatori di monete. Allora si parlava di monete d’oro e d’argento, la carta non c’era ancora. I signorotti di allora, dunque, si tenevano una parte dell’oro e dell’argento usato per coniare le monete.

Oggi non si usa più né l’oro né l’argento. Ma il reddito da signoraggio si calcola nello stesso modo, con metodi riattualizzati: è la differenza fra i costi della stampa e gli interessi ricavati dai titoli acquistati in contropartita all’emissione di moneta. Chi ci guadagna è la versione moderna del signorotto feudale: il governo.

E qui sarai tentato di rispondermi: è la banca che ci guadagna.
No, caro mio.
La banca centrale è solo uno strumento burocratico dello Stato.
Niente altro.
Non vuol dire niente il fatto che sia organizzata come una società privata.
Anche le Fs sono teoricamente una Spa, ma sono e restano un ente statale. Anche negli Usa, la Federal Reserve è un ente solo teoricamente privato e indipendente. Ma è, a tutti gli effetti, una burocrazia pubblica. In Europa ci siamo fatti l’illusione che esista una banca (centrale europea) indipendente dai governi nazionali. Ma la sostanza non cambia: è un ente politico. Come credi che sia diventato Mario Draghi il suo presidente? Per carriera? Per merito? O per nomina politica? Forse non ti ricordi le battute al vetriolo nella lite a distanza fra il presidente francese (ormai ex) Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi: litigavano sulla nomina del nuovo presidente della Bce, sui suoi vice e sui voti di scambio. Il reddito da signoraggio sul conio delle monete metalliche va ai singoli Stati membri europei. Quello sulle banconote di carta viene ripartito fra le banche centrali proprietarie della Bce. Ciascuna di queste, essendo un ente statale a tutti gli effetti, gira la stragrande maggioranza di questo reddito (nel caso della Banca d’Inghilterra, il 100%) al proprio Stato.

Quindi, caro signoraggista, non capisco proprio quando tu mi parli di “governo delle banche”.
Le banche sono parte integrante del governo.
E sono sempre i governi gli unici che ci guadagnano dalla stampa di nuova moneta.

E ora arriviamo all’aspetto che più di fa infuriare: la truffa.
La truffa consiste nello stampare più moneta, in modo da aumentare i redditi da signoraggio.
Ci perdono i cittadini, che si ritrovano in mano pezzi di carta il cui valore è sempre inferiore (come sai, più moneta circola, meno ha valore).
Ma ci guadagna lo Stato, che incamera maggiori redditi dalla stampa delle banconote.
Questo simpatico trucchetto, fortunatamente, non dura molto tutte le volte che è stato tentato. Perché alla fine, la moneta perde talmente tanto valore da far collassare il sistema.
-Ci provò la Russia nella Prima Guerra Mondiale, per pagare le immense spese militari che doveva sostenere. Il sistema implose e l’esito fu drammatico: la rivoluzione russa.
-Ci provò la Repubblica di Weimar subito dopo la Grande Guerra. E il risultato fu altrettanto drammatico: collasso economico, instabilità politica e, infine, l’ascesa di Hitler.
-Ci provarono, con conseguenze meno drammatiche, tutti i governi italiani degli anni ’70 e ’80. I cui reduci, oggi, pontificano contro le banche e il potere dei banchieri. I governi sono abilissimi a truffare e a dar la colpa a qualcun altro.

Oggi la truffa si può ripetere. Il problema è che non c’è alcun limite all’emissione di moneta, soprattutto da quando è stata sganciata dall’oro.
Gli euroburocrati credono che basti creare una banca indipendente, guidata da tecnici, per contenere l’emissione di moneta.
Ma non esistono tecnici “indipendenti”.
Come ti ho detto prima, Draghi è un politico, a tutti gli effetti.
Ora inizia a pensare, pressato dai governi, che emettere più moneta è un bene.
Dunque può ricominciare la solita vecchia truffa in ogni momento, sempre che non sia già iniziata.

Ma per evitarla, per non farti fare fesso, per favore, non invocare l’intervento dello Stato.
Se gli chiedi di riprendere la “sovranità” sull’emissione di moneta, non fai altro che affidarti alle mani del tuo rapinatore.


La purpietà de le banke:

http://digilander.libero.it/togiga/signoraggio.pdf

7.3 Banca Centrale, potere effettivo, conflitto di interessi e proprietà delle banche

I partecipanti al capitale della Banca d'Italia non sono azionisti qualsiasi. La legge bancaria del 1936 art. 2012 riserva le quote a banche, assicurazioni e istituti di previdenza rimasti fino al 1992 di proprietà pubblica.
Oggi tra i principali azionisti delle banche, trasformate in spa o banche di credito cooperativo dalla legge Amato-Ciampi (o Amato-Carli del 1990 ?) del 1992 (o del 1998 ?), ci sono le fondazioni bancarie, i cui consigli di amministrazione sono nominati dagli enti locali e dalle organizzazioni professionali.
Anche se trasformata in spa, la proprietà di molte banche resta sotto il controllo pubblico sotto forma di fondazione bancaria.

Perciò se dovessimo applicare la logica di chi dice che la Banca d'Italia è privata perché sono privati i suoi azionisti, dovremmo concludere che la Banca non è affatto privata e, paradossalmente, non sarebbe privata neppure se fosse organizzata come una società per azioni.
Infatti le banche -seguendo tale logica- sono da considerarsi pubbliche, visto che le fondazioni che le controllano non appartengono ad azionisti privati né seguono interessi privati.
Ma se le banche che possiedono quote del capitale della Banca d'Italia non sono private, neanche la Banca lo è e non lo sarebbe neanche se fosse organizzata sotto forma di spa.

Il potere effettivo degli azionisti è di fatto nullo.
Lo disse nel 1926 J.M.Keynes che riferendosi alla Banca d'Inghilterra ha scritto: è un “caso di istituzione che teoricamente è di proprietà assoluta di alcune persone private” ma che “non vi è classe di persone nel Regno quanto i suoi azionisti cui il governatore della Banca d'Inghilterra pensi di meno quando decide circa la sua politica”.

Senza potere, scompare il conflitto di interessi, in nome del quale, peraltro, già nel 1936 lo Statuto della Banca esclude dal Consiglio superiore della Banca gli amministratori delle banche. Ce lo ricorda lo storico De Rosa14 che racconta di come il presidente dell'Associazione delle casse di risparmio italiane, De Cataldo, dopo aver chiesto alle banche associate di convertire le 140.000 azioni possedute e di incrementare il numero delle quote di Bankitalia, puntasse a far valere il peso degli associati nella nuova Banca d'Italia.
Attesa delusa. Il governatore Azzolini spiegò che era stato Mussolini a volere l'esclusione degli amministratori delle banche dal Consiglio superiore “sulla base del principio che gli Istituti vigilati non potevano diventare nello stesso tempo organi vigilanti”15.



Fondasion bancara
http://it.wikipedia.org/wiki/Fondazione_bancaria
Una fondazione bancaria è una persona giuridica mista pubblico-privata senza fini di lucro.
Le fondazioni bancarie sono state introdotte per la prima volta nell'ordinamento italiano con la legge n. 218 del 1990, la cosiddetta "legge-delega Amato-Carli", con lo scopo di perseguire valori collettivi e finalità di utilità generale.


Boldrin vs. politici italiani e fondazioni bancarie (Agorà, 25/1/2013)
http://www.youtube.com/watch?v=9dlowhlr9vg
Boldrin e le Fondazioni Bancarie
http://www.youtube.com/watch?v=h43tV-h8miI
http://tallonedachille.blogspot.it/p/post-spot.html
I partiti in lotta per le fondazioni bancarie -L'odore dei soldi orienta la lotta politica

http://www.leftcom.org/it/articles/2005 ... i-bancarie (2005)

Nel patto segreto firmato a suo tempo fra Berlusconi e Bossi, assieme alle altre clausole che "verranno rese note al momento opportuno" (così diceva il Senatur), si trova anche la riforma delle Fondazioni bancarie, con l'intenzione di rivedere le regole del gioco, fissate ai tempi della DC nel settore economico e finanziario del paese.
Le Fondazioni sono proprietarie di importanti quote di capitale di banche di rilevanti dimensioni.
Dichiarate oggetto di diritto privato, il tentativo di ripubblicizzarle per dare alle attuali consorterie governative il controllo della nomina degli organi collegiali, dei settori di intervento, ecc., è stato ed è uno degli obiettivi politico-economici più interessanti per alcune fazioni borghesi, presenti nel governo di centro-destra.

Le attuali 89 Fondazioni del settore bancario sono nate dalla trasformazione delle casse di risparmio e degli istituti di diritto pubblico in società per azioni controllate da banche.

Dovrebbero, tendenzialmente, contribuire al cosiddetto "progresso sociale ed economico", liberandosi da ogni condizionamento politico. I forzieri custodiscono un patrimonio di circa 36 miliardi di euro, sul quale, indubbiamente, la "tradizione popolare e religiosa degli italiani" ha fino a ieri - attraverso la mano indisturbata dei suoi rappresentanti politici democristiani e socialisti, nonché nazional-comunisti - proficuamente operato.

Su questi forzieri vorrebbero mettere le mani quelle Regioni nelle quali ciascuna Fondazione ha sede e limitando così le aree geografiche del suo intervento.
Si parla inoltre di almeno 19 miliardi di euro immobilizzati in partecipazioni bancarie (Unicredito, San Paolo IMI, Banca di Roma, Monte dei Paschi di Siena, Intesa BCI).

Il grosso del malloppo - che la Lega in particolare guarda con interesse - è detenuto dalle Fondazioni del Nord.
Per tutte non vi è alcun obbligo di trasparenza e di rendimento, né sugli utili complessivi annuali di 2/3 miliardi né sui “contributi” erogati per centinaia e centinaia di miliardi di euro ad una clientela ufficialmente operante nel campo artistico e culturale, volontariato, istruzione, assistenza sociale, sanità e, naturalmente, partiti. ???

Dopo le sue trascorse esperienze quale Studio Tremonti e Associati (poi Vitali Romagnoli Piccardi e associati) in qualità di commercialista fiscalista, l'ex ministro Tremonti aveva tentato di consegnare al Tesoro le suddette Fondazioni col proposito di trasformarle in una cassaforte degli enti locali, nettamente separata dalle banche e trasferendo così l'accaparramento di soldi e poteri non più formalmente alla "società civile" dei privati borghesi ma a Regioni, Province e Comuni.

Alle fazioni borghesi oggi al potere converrebbe infatti imporre alle Fondazioni (fino a ieri soggetti di diritto privato) una maggioranza di nomine politiche, stabilendo fra l'altro che nella raccolta di soldi per i vari progetti governativi un minimo di fondi venga reinvestito per la realizzazione di infrastrutture regionali.
Limitando la loro autonomia e accresciuti i poteri del ministro del Tesoro e della Economia, le Fondazioni sarebbero messe in buona parte al servizio degli interventi pubblici in perenne crisi di fondi, con indicazioni e paletti posti ai loro fin qui "privati" interventi.

Oltre 1500 le poltrone in gioco (consigli amministrativi e società operative): il 66% dei Consiglieri d'Amministrazione verrebbe nominato dagli Enti Locali mentre alla "società civile" rimane una presenza molto più limitata che nel passato. Tremonti avrebbe voluto far propria anche la scelta delle Società di Gestione del Risparmio incaricate di gestire i pacchetti azionari delle Fondazioni e diventando quindi le loro nuove casseforti. Di "gare europee", secondo le richieste di Bruxelles, non se ne è mai parlato.
Prima ancora delle sue dimissioni forzate, Tremonti si vedeva negato il suo tanto desiderato potere discrezionale che, sia pure indirettamente, mirava a disturbare i maggiori gruppi creditizi del paese.
La Corte Costituzionale sgambettava Tremonti sancendo la parziale incostituzionalità della sua riforma.
In cambio concedeva l'ingresso delle Fondazioni nella nuova Cassa Depositi e Prestiti per finanziare le infrastrutture.
Rimane aperto il contenzioso di fondo: le Fondazioni hanno carattere di organo di diritto pubblico (che oggi fa comodo al centro-destra) oppure mantengono la natura e autonomia privatistica?
In tutti i casi continua la lotta "democratica" - tutta interna ai gruppi di interessi privati e pubblici, di destra e di sinistra - per accaparrarsi quote di potere ed occupare poltrone ai vertici delle Fondazioni.
In nome dell'interesse nazionale, sia chiaro.
Nel frattempo, il proletariato continua a frugare nelle proprie tasche trovandole sempre più vuote.



Fondazioni bancarie: la casta inamovibile dei politici trombati e ottuagenari
http://www.lindipendenza.com/fondazioni ... ttuagenari

Sono considerate indispensabili per la stabilità delle banche. Ma anche un freno per il rinnovamento, soprattutto in termini generazionali. Le Fondazioni restano al centro del sistema finanziario e continuano a dividere esperti e politici, quando e’ in corso una stagione di rinnovi all’insegna della continuità nei ruoli di vertice.

Il primo marzo Antonio Finotti (foto in alto), 84 anni, ha ricevuto un’investitura fino al 2018 alla presidenza di Cariparo, ente di Padova e Rovigo.
...
Pochi mesi prima, a Treviso, Dino De Poli, sempre (foto in mezzo) 84 anni, è stato confermato alla guida di Cassamarca fino al 2018.
...
E tra poco Giuseppe Guzzetti (foto sotto), 78 anni, presidente dell’Acri e di Cariplo, incasserà un nuovo mandato scadenza 2019.
...
Facile per molti parlare di casta, quando in Parlamento è sbarcata una nutrita pattuglia di Grillini e anche i vertici delle banche, una volta impermeabili, si sono aperti alla logica di un avvicendamento fisiologico, legato ai risultati e al gradimento degli azionisti.
Ebbene, le Fondazioni sembrano da questo punto di vista inespugnabili.
Quando invece, come sostiene Andrea Resti, professore di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari alla Bocconi, servirebbe linfa nuova. Più che di ricambio ai vertici, spiega “preferirei parlare di un ricambio culturale: mercati finanziari sempre più instabili e strumenti finanziari sempre piu’ complessi e opachi, proposti da banche d’investimento non proprio disinteressate, rendono necessarie competenze che vent’anni fa non erano così cruciali”.

Forse, ragiona l’economista, “sono finiti i tempi in cui anche un politico trombato poteva fare un buon lavoro, purché avesse intuito e conoscenza del territorio”. Le parole di Resti si inseriscono in un’analisi piu’ ampia.

In materia di fondazioni bancarie, dice, “ci sono certamente passi avanti da fare. Una maggiore trasparenza dei bilanci per esempio non guasterebbe: viene da chiedersi per quale motivo le banche siano assoggettate a complessi e approfonditi schemi di bilancio obbligatori (con allegati e prospetti di dettaglio predefiniti) e il soggetto che sta al piano di sopra (e che pure è un investitore professionale che può acquistare derivati e in qualche caso addirittura investire a leva) abbia vincoli informativi cosi’ poco stringenti”.

Il pericolo “più grave”, secondo Resti, è tuttavia quello di “un passo indietro”. È vero, argomenta, che con la crisi finanziaria “alcune fondazioni hanno conosciuto risultati deludenti, ma si tratta proprio di quelle fondazioni che sono state maggiormente restie a seguire il percorso di sviluppo tracciato dalle leggi Amato e Ciampi (che chiedevano di ridurre l’influenza sulla banca conferitaria e di diversificare il portafoglio anziché restare appesi al settore finanziario come babbuini a un banano)”.

Il caso Mps e le responsabilità emerse per la gestione della fondazione senese, del resto, rendono il dibattito particolarmente attuale. A caldo, nei giorni successivi all’emergere dello scandalo senese, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, rendeva bene l’idea di un’esigenza di rinnovamento che secondo molti osservatori riguarda tutto il sistema delle Fondazioni. Primo, diceva Fassina, “nel riformare la legge Ciampi si potrebbe qualificare la composizione delle nomine di provenienza politica”. In sostanza, “per evitare ossificazioni si potrebbero imporre regole sul ricambio ai vertici delle Fondazioni, garanzie sulle competenze dei nominati”. Perche’ “regole diverse e nuove, senza spirito punitivo, sarebbero nell’interesse di tutti”.
Resta comunque nutrita la schiera dei ‘difensori d’ufficio’ delle Fondazioni. “Sono totalmente scettico rispetto all’idea di un rinnovo generazionale a prescindere. Deve continuare a prevalere l’idea di una societa’ meritocratica. E vale in Parlamento come nelle fondazioni bancarie”, premette Giorgio La Malfa. L’ex ministro, esperto di temi finanziari, interpellato dall’Adnkronos, riconosce agli Enti il merito di aver “assicurato stabilita’” al sistema in un momento particolarmente difficile. Le Fondazioni, tiene a sottolineare, “sono invece tutte gestite abbastanza bene. Non si puo’ dire che ci sia stata una cattiva gestione e non ci sono effetti negativi sulla governance delle banche”.

Fonte originale: Adn Kronos
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Re: Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

Messaggioda Berto » mar gen 07, 2014 9:44 am

I Napoleoni… della moneta e il diritto di incazzarsi

http://www.lindipendenza.com/i-napoleon ... incazzarsi

di COSTANTINO de BLASI

Loretta Napoleoni, già nota per essere considerata dalle tv nostrane una economista, sul Il Fatto del 5 gennaio ci ricorda che una sciagura sta per abbattersi sulle nostre povere tasche: il Fiscal Compact.

Per terrorizzarci meglio si affida al più autorevole testo di economia che si possa trovare in giro, wikipedia, dal quale trae la anche la definizione. Peccato che si prenda la licenza di tradurre “compact” in “riduzione” mentre l’enciclopedia on line dia un meno letterale ma più adeguato “patto”.
Certo “riduzione fiscale” è più funzionale al ragionamento che intende svolgere.

Secondo la Napoleoni l’obiettivo del Fiscal Compact è ridurre il rapporto debito/pil al 60%. Parzialmente vero, ossia sbagliato perché all’art.4 del trattato si dice letteralmente “Quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo di una parte contraente supera il valore di riferimento del 60% di cui all’articolo 1 del protocollo (n. 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato ai trattati dell’Unione europea, tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all’anno.”

Dunque il valore 60% è un parametro che serve ad individuare quei Paesi che devono attuare una correzione pari ad 1/20 annuo e non invece un punto di arrivo.

L’altro errore è meramente numerico. Secondo la Napoleoni il debito pubblico è pari a 2080 miliardi, prendendo per buono in valore espresso dal contatore dell’Istituto Bruno Leoni. Nel momento in cui scriviamo questo contatore esprime un valore di 2052 miliardi, 28 in meno. Quisquilie, pinzillacchere si dirà ma quasi 30 miliardi in meno sono un discreto vantaggio nelle condizioni in cui le nostre finanze versano.

Di conseguenza anche il successivo conteggio dell’ammontare delle manovre che per un ventennio dovremo fare risulta fallace. La Napoleoni parla di 45 miliardi ( a valori correnti i miliardi per il 2014 sarebbero 42,5), una cifra che gira nei talk show sin da quando il trattato è stato ratificato, ma sulla quale nessuno si è mai preso la briga di verificare.

Poiché debito e pil non sono costanti, ma invece cambiano di minuto in minuto, sostenere che dovremo fare manovre da 45 miliardi l’anno è semplicemente falso. L’entità della correzione dipende dal disavanzo corrente rispetto al prodotto interno lordo. In caso di crescita del pil a ritmi maggiori rispetto al debito l’importo sarebbe minore.

La successiva affermazione riguarda il modo in cui rispettare la correzione, aumento delle tasse o contrazione della spesa pubblica, che per la Napoleoni ovviamente si traduce in riduzione dell’occupazione e dei salari. Per confutare l’equazione spesa-salari rimandiamo alle fassineidi di Sandro Brusco http://noisefromamerika.org/articolo/fa ... arte-terza in cui il professore della Stony Brook University smentisce punto per punto le analoghe affermazioni di Fassina. Per quanto riguarda l’aumento delle tasse è vero che in Italia niente è più semplice dell’aumentare le imposte, ma bisogna aggiungere che il Fiscal Compact non ne fa cenno, parlando genericamente di “riforme strutturali da definire e attuare per una correzione effettiva e duratura del suo disavanzo eccessivo” (art. 5).

Ma veniamo al clou dell’articolo, quella parte nella quale attraverso uno spericolato gioco di equilibrio logico la Napoleoni vuole far passare i concetti a lei più cari: creazione di moneta e ruolo della BCE.

La correzione di bilancio andrebbe a favore dei detentori del debito pubblico, ovvero banche straniere e italiane, fra cui la famigerata MPS.
Prima di tutto bisogna dire ancora una volta che questa approssimazione è stretta parente della menzogna perché il debito pubblico è detenuto solo per il 23% da banche italiane e per il 30% da soggetti esteri del quale le banche sono solo una parte.
La gran parte dello stock di debito è detenuto da assicurazioni e fondi riconducibili a risparmiatori italiani, e un non poco significativo 10% è direttamente detenuto dalle famiglie. (fonte Banca d’Italia)

Un altro 10,6% è in mano a Bankitalia e BCE, che secondo la nostra è privata. Clamorosa bugia.
Il capitale della BCE è sottoscritto interamente dalle banche centrali nazionali degli stati membri, il cui statuto prevede che siano istituti di diritto pubblico http://www.bancaditalia.it/bancaditalia ... ov/statuto

La domanda che tormenta la povera Napoleoni arriva poco dopo: perché la Bce e non lo Stato o l’Ue ha il diritto di produrre dal nulla il bene denaro?

Se avesse voglia di informarsi scoprirebbe che i proventi derivanti dalla creazione di moneta vanno proprio allo Stato, al netto dei soli costi di funzionamento della banca centrale, quindi non avrebbe motivo di porsi l’angoscioso dilemma. Il sistema che lei sogna è già in piedi e tutta la sua retorica antieuropea è fondata sul nulla.

Alla fine di tanto ardimentoso costrutto la Napoleoni ci propone la soluzione a tutti i nostri problemi: azzerare il debito e ripartire da zero.
Quindi a tutti i possessori di debito pubblico, fra cui famiglie, piccoli investitori, fondi pensione dei lavoratori, bisognerebbe fare un bel marameo e azzerare loro i risparmi.

Come titolare di una modesta polizza vita, alimentata col sudore della mia fronte, penso di avere il diritto di incazzarmi.
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Re: Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

Messaggioda Berto » lun gen 13, 2014 12:06 pm

Tutti a casa, governo costituente e si torni a una nuova moneta

http://www.lindipendenza.com/tutti-a-ca ... ova-moneta

di FABRIZIO DAL COL

Da troppo tempo opinionisti e media ci dicono che in Italia il rischio di default è dietro l’angolo e che, per evitare di morire di fame, bisogna evitarlo a tutti i costi. Quello però che non ci dicono mai è che un eventuale default non necessariamente provocherebbe una catastrofe di tale dimensione, anzi, nei Paesi dove si è verificato, c’è stata poi una importante ripresa economica. Di più, nei momenti di profonda crisi economica, in alcuni stati si è perfino scelto di adottare la via del default pilotato. Ma veniamo a quello che più ci interessa, ovvero alla situazione economica dell’Italia e alle sue scelte poste in essere dal 2008 ad oggi per superare una crisi economica che, lungi dall’essere sconfitta, continua invece a mordere.

Tuttavia, prima va fatta una precisazione: in Europa è dal 2001 che si parla di alcuni parametri finanziari, ovvero di Rapporto Debito/PIL al 60% e Rapporto Deficit/PIL al 3% che sono parametri ai quali gli stati guardano con attenzione per non finire in una black list o vittime di procedure di infrazione. Ma che senso hanno tali parametri? Nessuno. Infatti, tra i PIIGS sotto attacco nel 2007 c’era più di uno Stato ben al di sotto di tali parametri, ma loro sono stati attaccati dal sistema finanziario, mentre gli Stati che stavano al di sopra, non li ha attaccati nessuno. Ecco che, guardando al caso Italia, si può capire come i sacrifici imposti agli italiani dal governo Monti non fossero poi così urgenti e determinanti come si è invece voluto far intendere. In sostanza, i sacrifici si sarebbero potuti spalmare in tempi e modi diversi, ma invece, per dimostrare di avere una certa solidità, si è preferito non forzare la mano contro l’ Europa ( Monti infatti lo ha evitato ) pur di fermare l’attacco finanziario che era in corso.

Detto ciò, nonostante il rapporto Deficit/PIL al 3% sembrerebbe essere oggi un obbiettivo già raggiunto, checché ne dica il premier Letta, l’Italia di oggi sta peggio di quel periodo. Quindi non si capisce il motivo per cui gli attacchi finanziari di allora si siano volatizzati, tanto meno si capisce il motivo per cui lo spread rimane stabile. L’aumento dell’IVA, che sarebbe dovuto servire a ripianare una parte del bilancio, ha prodotto invece un minor gettito pari a 4 MLD di euro. Con l’inizio del 2014, alla voce entrate dello Stato mancano ora fior di risorse conseguenti alle chiusure delle attività, poi mancano quelle risorse dovute ai maggiori esborsi per la CIG, e quelle derivate per la disoccupazione che è aumentata al 23 %. Continuando, potremo scrivere un libro sulle minori risorse economiche incassate, e visto che l’aumento della spesa pubblica è stato di 29,5 MLD, potremo scriverne un altro sulle maggiori risorse spese nel corso del 2013.

Concludendo, l’Italia ha ancora dati negativi contro, e non può essere un caso se già si parla di ripresa per il 2015. Alla luce di ciò che è accaduto dal 2007 ad oggi, e il tempo che continua a trascorrere inesorabile, senza che la “luce in fondo al tunnel “ ( ma quale ?) ci abbia fatto capire di essere sulla strada giusta, una soluzione definitiva andrebbe trovata in fretta. La sensazione che pervade oggi i cittadini è che non ci siano ancora le volontà politiche necessarie a risanare il Paese, quando invece dovrebbero essere proprio i politici, e non solo, a dimostrare di voler mettere in campo tutto il possibile per garantire la risoluzione della crisi in via definitiva.

“Il Default va evitato in tutti i modi“ continuano a dirci, ma sappiamo che il periodo che precede i default per un Paese è quello più devastante, spesso un’agonia che distrugge ampie risorse impegnate per difendere uno squilibrio non correggibile o un deflusso di capitali cui non si può far fronte ne’ con la cassa disponibile, ne’ con svalutazioni, ne’ con altri strumenti. Ecco che allora, nel caso l’agonia sia eccessivamente lunga, diventa interesse di una nazione agire e fare default. Ovviamente l’Italia dovrebbe fare le riforme, ma non per rimanere in un sistema che necessariamente esploderà.
Pensare infatti che tutti e 17 i paesi dell’euro diventino identici alla Germania è una totale idiozia, (ve li vedete 17 paesi tutti con bilancia dei pagamenti attiva del 6% sul PIL ?) e conseguentemente è naturale che ci sia’ sempre qualcuno più debole, come è altrettanto naturale che quest’ultimo sia sempre attaccato. Quindi, sarebbe forse il caso di pensare a eliminare i vincoli di rigidità sui cambi, e di tornare ad una valuta nazionale senza inserimento in sistema di cambi fissi.


Comenti===============================================================================================================================


pippogigi
13 Gennaio 2014 at 10:07 am #
L’italia è già fallita nel 2011.
Due decenni di micidiale politica economica basata su spesa pubblica improduttiva sempre crescente, finanziata con aumenti di tasse e di debito pubblico che a sua volta vuol dire maggiore spesa per interessi, bassi salari e prezzi più elevati che negli altri paesi europei non potevano che portare al crollo dei consumi, la sparizione del risparmio e l’impossibilità di finanziare la spesa pubblica, il fallimento per l’appunto. Una Società che fallisce si vede nominare un curatore fallimentare ed i suoi beni vengono messi all’asta per soddisfare i creditori. Questo non può essere fatto con uno Stato che fallisce, non si può mettere all’asta. Ecco che i nostri principali creditori, le banche tedesche e francesi, che detenevano il 50% del nostro debito pubblico, di fronte alla minaccia di default e quindi di loro fallimento, quindi i contribuenti tedeschi e francesi avrebbero pagato il salvataggio delle loro banche, ci hanno imposto i curatori fallimentari a salvaguardia dei loro crediti: Mario Monti e Enrico Letta.
L’unico scopo di questi due curatori fallimentari è evitare che il fallimento, default, arrivi prima del totale rimborso della banche estere. Se andate a vedere tutti i provvedimenti presi da questi due figuri, al di là della propaganda, vedrete che:
- nessun provvedimento è stato preso per risanare l’economia, tanto sanno che è impossibile
- tutti i provvedimenti sono stati fatti per evitare l’ufficializzazione del default, quindi pensioni e stipendi pubblici devono essere pagati
- il debito pubblico in mano alle banche estere è sceso al 35%
- tutti i provvedimenti annunciati vanno in direzione del trovare risorse a qualunque costo (aumento tasse al di la della logica), dell’evitare il taglio della spesa pubblica, della diminuzione del debito pubblico in mano a stranieri (MES che ci obbliga a diminuirlo del 5% del PIl ogni anno, banche italiane che usano i soldi invece che per fare credito per comperare titoli di Stato italiani.
Quando le banche estere saranno in sicurezza ecco che i curatori fallimentari ufficializzeranno il fallimento: il debito pubblico sarà ristrutturato o annullato, le nostre banche inzuppate di titoli di Stato dovranno essere salvate o regalate a banche straniere, gli stipendi pubblici e le pensioni non saranno più pagate o ridotte di parecchio.
Non c’è volontà di risanare, solo di tirare a campare, a a costo di fare un deserto economico, fino a che i creditori esteri saranno soddisfatti. Non dimentichiamo che le banche estere erano piene di titoli greci, spagnoli, portoghesi, un incubo finanziario per la Germania.


Alberto Pento
13 Gennaio 2014 at 9:03 am #
Dal Col
parkè te parli de nasion taliana co tanto sentimento?
Te ghè istituio ente la to Jexolo : el Viale Padania e dapò a te ghe sigà su on mucio par l’endependensa del Veneto …
No capiso sto to esar devegnesto on “nasionaleista talian”.
Mi se el stado talian el falise a saria pì ke contento.
Tornar a na valuda taliana, par mi lè n’oror!
Pitosto o manco pexo o mejo saria agregarse come Land Veneto a li Länder de la Xermagna o cofà cantoni de la Xvisara col so franco, vuto metar.
Ma deso a Jexolo xe riva Miss Talia vero?
Valtri de Jexolo a si come coeli de Cortina: Talia sì, Talia no a seconda de le convegnese.


Marco Mercanzin
13 Gennaio 2014 at 8:45 am #
L’euro esploderà. Ma prima ci spolperanno ben bene, alla faccia di chi ritiene la moneta unica il moralizzatore della politica. Non ha moralizzato nulla, in compenso ci ha massacrati, e come nel 92, prima di uscire dal cambio semirigido dello SME, prima si regaleranno mld di € alle élite finanziarie in interessi, e poi si uscirà.
E il bello e’ che proprio per nn fare default si dovrebbe uscire dal’€ : un ritorno a una valuta nazionale infatti, porrebbe in essere la Lex Monetae, che permette allo stato di ripagare i suoi debiti in nuova valuta.


Alberto Pento
13 Gennaio 2014 at 9:45 am #
Ma se paga col laoro, el sparagno e col paremogno ke se gà o se paga stanpando skei (o monea)?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

Messaggioda Berto » mer gen 15, 2014 8:52 am

Farage: “L’unione Europea è il nuovo comunismo. Sta creando miseria”

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http://www.lindipendenza.com/lunione-eu ... ria-farage

http://www.youtube.com/watch?v=ooWH3qaYS60

Trascrizione

“Anni fa la signora Thatcher ha capito che cosa si nascondesse dietro il progetto europeo. Ha capito che l’intento era quello di togliere la democrazia agli Stati nazionali per mettere quel potere in mano a persone che non possono essere chiamate a rispondere di ciò che fanno. Sapendo, come lei sapeva, che l’Euro non avrebbe funzionato. Ha capito che questo era un progetto molto pericoloso. Noi nel Regno Unito la pensiamo allo stesso modo. Io ho cercato, nel corso degli anni, di anticipare in questo Parlamento quali sarebbero state le varie mosse man mano che il disastro dell’Euro prendeva forma. Ma nemmeno io, nel più pessimistico dei miei discorsi, avrei mai immaginato signor Rehn, che lei e gli altri della troika sareste scesi al livello di comuni criminali rubando soldi dai conti correnti della gente pur di tenere in piedi questo totale fallimento che è l’Euro. Avete persino provato a prendere i soldi dei piccoli investitori. In diretta violazione della promessa che avevate fatto nel 2008.

Adesso il precedente è stato stabilito. E se guardiamo a paesi come la Spagna dove la bancarotta delle imprese aumenta del 45 per cento ogni anno possiamo vedere qual’è il vostro piano per affrontare i prossimi salvataggi quando si presenteranno. Devo dire che questo manda un messaggio molto forte e chiaro agli investitori: “togliete i soldi dall’eurozona prima che vengano a cercarvi.” Quello che avete fatto a Cipro è stato di suonare la campana a morte dell’Euro. Nessuno della comunità internazionale si fiderà più a lasciare là i propri soldi. Il colmo dell’ironia è stato vedere il primo ministro russo, Dimitri Medvedev paragonare le vosttre azioni dicendo: “Posso soltanto paragonarle alle decisioni prese dalle autorità sovietiche.” E adesso c’è una nuova proposta tedesca che dice che ciò che dovremmo fare è confiscare una parte del valore delle proprietà della gente negli stati del sud Mediterraneo dell’eurozona. Questa unione europea è il nuovo comunismo.

È potere illimitato. Sta creando una marea di miseria umana e prima verrà spazzato via meglio sarà. E questo posto? Questo parlamento? Questo parlamento ha la possibilità di chiedere conto alla commissione. Ho chiesto un dibattito su una mozione di censura e mi domando quanti di voi avranno il coraggio di accoglierla e di supportarla. Io lo dubito decisamente. E mi viene in mente che c’è una nuova signora Thatcher in Europa. Il suo nome è Frits Bolkestein. Lui ha detto di questo parlamento – ricordate che è un ex-commissario – che non è più rappresentativo. Per il cittadino olandese o europeo, il Parlamento europeo sta vivendo in una fantasia federalistica che non è più sostenibile. E come ha ragione!”

TRATTO DA: http://www.youtube.com/user/PressNewsWeb
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Re: Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

Messaggioda Berto » ven gen 17, 2014 10:23 am

???

Stare in Europa: di vincoli si può anche morire

http://www.lindipendenza.com/stare-in-e ... che-morire

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di OSCAR STRANO

Come ho più volte voluto dimostrare con i miei scritti, l’euro – così come concepito- ha come scopo il profitto tramite la libera circolazione dei capitali senza controlli. Il dominio della finanza. Un profitto effimero, che si traduce in cifre impronunciabili che, a loro volta, corrispondono a ricchezza solo virtuale, preda dei mercati e dei loro umori. Ho anche fatto esplicito riferimento al ritorno alla Glass Steagall Act, così da permettere alla finanza di giocare d’azzardo quanto vuole, liberando il settore produttivo dalla speculazione. E non sono il solo ad auspicare la separazione delle attività bancarie, e a criticare la struttura monetaria europea. Eppure la sordità della classe dirigente va aumentando di giorno in giorno.

Una ventina d’anni fa dalla Tunisia arrivarono queste parole: <<l’Europa per noi nella migliore delle ipotesi sarà un limbo, nella peggiore sarà un inferno (…) Richiedere e pretendere la rinegoziazione dei parametri di Maastricht.>> Ed è proprio da Maastricht che occorre ripartire.

L’Europa, nella sua fase senile, è incappata in quella malattia detta “sindrome da vincoli quantitativi” che, se non curata, porta a morte certa. Cosa sono i vincoli quantitativi? Vincoli procedurali nella definizione di politiche fiscali. Di preciso: (per quanto riguarda gli Stati) vincolo del 3% del deficit; vincolo del 60% rapporto debito/PIL; (per quanto riguarda le banche) vincolo sul risparmio dell’8% di capitale a fronte delle attività finanziarie; (per gli enti locali) vincoli del patto di stabilità. Questi parametri ingessano la società europea, la soffocano e ne rallentano la crescita. Bloccando di fatto economie produttive come Italia, Francia e Spagna a vantaggio di economie che un tempo erano meno competitive (Germania, Paesi del Nord). L’aspetto curioso è che non si comprende perché la scelta di tali cifre. Pensiamo al vincolo del 3%. Perché esso è stato posto sul disavanzo delle partite correnti (include, indi, le spese per interessi) e non sul saldo primario? Quest’ultimo rappresenta un vincolo più preciso, sotto controllo pubblico e non soggetto ai mercati. Così facendo, si è scelto di lasciare alla finanza il giudizio sulla lealtà ai vincoli. Un primo cappio al collo. Veniamo all’altro vincolo su cui poggia il patto di stabilità europeo: quello sul rapporto debito/PIL, fissato al 60%. Riporto un esempio fatto da Umberto Cherubini, sul suo blog in Linkiesta: “ Prendete due paesi uguali in tutto, se non per due numeri. Primo numero: uno ha un debito pari al 120% del PIL, l’altro ha il 60%. Secondo numero: uno ha investimenti nell’economia per il 60% del PIL e l’altro zero. E infine, siccome siamo in un’economia da libro di testo, i mercati finanziari sono efficienti. (…) entrambi i paesi hanno lo stesso rischio di fallimento. Poiché sono uguali, il primo avrà una somma di surplus primari attesi che sono il doppio del secondo, e la metà di questi surplus sarà data dai dividendi attesi sulle partecipazioni nell’economia. (…) il primo paese potrebbe rientrare nel vincolo del 60% semplicemente “privatizzando”, cioè vendendo i titoli di capitale in proprio possesso.”

Ecco dunque chiarito cosa significa quel 60%: limitare gli interventi pubblici in economia, favorire le privatizzazioni, e, perché no?, le svendite. Ed è altresì ribaltata la menzogna tanto cara alla coppia di fatto Alesina-Giavazzi: le privatizzazioni, anche se fatte senza svendere, non migliorano la sostenibilità del debito, ma servono solo a rientrare nei limiti imposti dall’Europa.

Quel “richiedere e pretendere la rinegoziazione dei parametri di Maastricht”, oggi, è vitale per l’esistenza stessa del Sistema-Italia, così fatalmente compromesso. Tuttavia nulla possiamo sperare dall’attuale classe dirigente, la stessa che ha accettato, oltreché i vincoli già detti, anche un piano di rientro nei parametri abbondantemente idiota. Infatti questo piano di rientro è congegnato in modo da non consentire il raggiungimento del 60%. Ecco perché: si taglia ogni anno il debito/PIL di un ventesimo dello sforamento misurato in quell’anno. Come a dire che le manovre correttive non avranno mai fine. Sembra che in venti anni, con questo metodo, riporteremo il valore dello sforamento all’80% anziché al 60%. Se non è imbecillità questa.

Un appunto di metodo. Anzitutto, se è corretto dire che venir meno a questi parametri è impossibile, perché si incorrerebbe in sanzioni comunitarie che, ovviamente, non ci possiamo permettere, è tuttavia lecito domandarsi i termini della regolamentazione europea. Essa, infatti, lascia grandi margini di dubbio in tema, perché non si definisce se le sanzioni applicabili sono proporzionali alle percentuali di sforamento dei parametri o sono ammende già stabilite. Nell’ultimo caso significherebbe che, se sei un pelo sopra il 3% e sei fuori dalle regole, tanto vale “sbracare”, sforare del 4, del 5 e non dello 0,01%!

I numeri su cui si fonda l’Europa sono sbagliati, la classe dirigente che li ha accettati è o stupida o in malafede (ma l’uno non esclude l’altra), e la situazione è sempre più prossima al “the end”: cosa aspettiamo a rinegoziare il nostro “stare in Europa”?
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Re: Skei - besi e la soranetà de batar skei o moneda

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 5:00 am

Lo Stato è la causa della povertà che falsamente dichiara di combattere

http://www.lindipendenza.com/marquart-s ... o-cartaceo

Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo The State Causes the Poverty It Later Claims to Solve da parte di Andreas Marquart, ex consulente finanziario indipendente per più di 15 anni, attualmente è direttore esecutivo del Ludwig von Mises Institut Deutschland. (Traduzione di Luca Fusari)

Se si guarda all’attuale sistema della carta moneta e ai suoi effetti sociali e politico-sociali negativi, la domanda che deve sorgere è la seguente: dove sono le proteste da parte dei sostenitori e difensori della giustizia sociale? Perché non sentiamo appelli alla protesta da parte dei politici e dai commentatori sociali, dai responsabili delle agenzie d’assistenza sociale e dai principali leader religiosi, i quali tutti quanti affermano di promuovere il benessere generale quale loro missione?

Presumibilmente, la risposta è che molti di loro hanno solo una scarsa comprensione del ruolo della moneta in un’economia con divisione del lavoro, e per questo motivo le conseguenze dell’attuale sistema monetario vengono ampiamente trascurate. L’attuale sistema a riserva frazionaria e la banca centrale si trovano in netto contrasto con un sistema monetario ad economia di mercato nel quale gli attori del mercato possano decidere loro stessi, senza pressione o coercizione statale, quale denaro vogliono utilizzare, e nel quale non sarebbe possibile per nessuno attuare l’espansione dell’offerta di moneta solo perché a qualcuno conviene.

L’espansione della massa monetaria, resa possibile attraverso le banche centrali e la riserva frazionaria, è in realtà ciò che permette l’inflazione, quindi il calo del reddito in termini reali. In The Theory of Money and Credit, Ludwig von Mises ha scritto:

«La più importante delle cause di una diminuzione del valore del denaro, di cui dobbiamo tenere conto è l’aumento della quantità di denaro, mentre la domanda rimane la stessa o scende, se aumenta, aumenta meno della quantità. (…) Una inferiore valutazione soggettiva del denaro viene poi trasmessa da persona a persona, poiché coloro i quali entrano in possesso di una quantità supplementare di denaro sono inclini ad acconsentire a pagare prezzi più elevati rispetto a prima».

Quando ci sono aumenti di prezzo derivanti da un’espansione dell’offerta di moneta, i prezzi dei vari beni e servizi non aumentano nella stessa misura, e non aumentano allo stesso tempo. Mises spiega gli effetti:

«Mentre il processo è in corso, alcune persone hanno il vantaggio dei prezzi più elevati per i prodotti o servizi che vendono, mentre i prezzi delle cose che acquistano non sono ancora aumentati, o non sono aumentati nella stessa misura. D’altra parte, ci sono persone che si trovano nell’infelice situazione di vendere beni e servizi i cui prezzi non sono ancora aumentati o non lo sono nella stessa misura dei prezzi dei beni che devono acquistare per il loro consumo quotidiano» .

Infatti, nel caso del prezzo del lavoro di un lavoratore (ad esempio il suo salario) esso aumenta ad un ritmo più lento rispetto al prezzo dell’affitto o del pane; vediamo come questo cambiamento nel rapporto tra reddito e patrimonio possa impoverire molti lavoratori e consumatori. L’offerta di moneta inflazionistica può causare impoverimento e la disuguaglianza di reddito in una varietà di modi:

1) L’EFFETTO CANTILLON

La distribuzione ineguale dell’inflazione dei prezzi è noto come effetto Cantillon. Coloro che ricevono per primi il denaro appena creato (soprattutto lo Stato e le banche, ma anche alcune grandi aziende) sono i beneficiari di soldi facili. Possono fare acquisti con la nuova moneta con buoni prezzi dei beni, dato che essi sono ancora immutati. Coloro che ottengono solo in seguito il denaro appena creato, o non lo ricevono affatto, sono danneggiati (i salariati e i lavoratori dipendenti, i pensionati), possono acquistare solo prodotti a prezzi che, nel frattempo, sono aumentati.

2) INFLAZIONE DEI PREZZI DEGLI ASSETS

Gli investitori con molti assets, possono meglio estendere i loro investimenti ed attività e sono quindi in grado di investire in beni tangibili come azioni, immobili e metalli preziosi. Quando i prezzi di tali assets aumentano a causa di un’espansione dell’offerta di moneta, i titolari di tali assets possono beneficiare del guadagno in valore dei loro beni. Tali assets detenuti diventano più ricchi, mentre le persone con minori o nessun assets hanno poco o nessun profitto dall’aumento dei prezzi.

3) IL MERCATO DEL CREDITO AMPLIFICA GLI EFFETTI

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Gli effetti dell’inflazione dei prezzi degli assets possono essere amplificati dal mercato del credito. Coloro che hanno un reddito più elevato avranno un maggior credito a differenza di quelli con reddito più basso, per l’acquisizione ad esempio di beni immobili o di altri assets. Se i prezzi degli immobili salgono a causa di un’espansione dell’offerta di moneta, possono trarre profitto da tali aumenti di prezzo e il divario tra ricchi e poveri cresce ancora più velocemente.4

4) I CICLI DI BOOM AND BUST CREANO DISOCCUPAZIONE

La causa diretta della disoccupazione è la rigidità del mercato del lavoro, causato da interferenze statali e pressioni sindacali. Una causa indiretta della disoccupazione è l’espansione dell’offerta di moneta cartacea, che può portare a boom economici illusori che a loro volta portano a cattivi investimenti. Soprattutto nei mercati del lavoro rigidi, quando questi cattivi investimenti diventano evidenti in una economia in calo, alla fine ciò porta ad una disoccupazione più elevata e più duratura, la quale è spesso più gravemente sentita tra le famiglie a più basso reddito.5

LO STATO CONTINUA AD ESPANDERSI

Una volta che il divario nella distribuzione del reddito e nella distribuzione dei patrimoni si è realizzato, i sostenitori e i difensori della giustizia sociale parleranno sempre più, senza sapere (o non dicendo) che è lo Stato stesso con il suo monopolio sul sistema monetario il responsabile per le condizioni descritte.

Si tratta di un perfido “modello di business”, in cui lo Stato crea disuguaglianza sociale attraverso il suo sistema monetario monopolistico, divide la società in ricchi e poveri, e rende le persone dipendenti dal welfare. In seguito interviene in maniera regolatrice e redistributiva, al fine di giustificare la sua esistenza. L’economista Roland Baader ha osservato:

«La casta politica deve dimostrare il suo diritto ad esistere facendo qualcosa. Tuttavia, poiché tutto ciò che fa lo fa molto peggio, deve realizzare costantemente delle riforme, cioè deve fare qualcosa perché ha già fatto qualcosa in precedenza. Essa non avrebbe dovuto fare qualcosa, se non avesse già fatto qualcosa in precedenza. Se solo si sapesse come fare per fermarli dal compiere tali altre cose».6

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Lo Stato sfrutta anche l’incertezza nella popolazione sui veri motivi del crescente divario nella distribuzione del reddito e nella distribuzione dei patrimoni. Ad esempio, il Quarto Rapporto sulla Povertà e la Ricchezza del governo federale tedesco afferma che dal 2002 vi è una netta maggioranza nel popolo tedesco in favore della realizzazione di misure volte a ridurre le differenze di reddito.

CONCLUSIONE

L’attuale sistema della moneta cartacea è al centro dei crescenti tassi di disparità di reddito e nell’espansione della povertà che troviamo oggi in molti Paesi. Tuttavia gli Stati continuano ad accrescere il loro potere asserendo di domare un sistema di mercato che avrebbe presumibilmente causato l’impoverimento, in realtà ciò è effettivamente causato dallo Stato e dai suoi alleati.

Se coloro i quali pretendono di parlare di giustizia sociale non fanno nulla per protestare contro tutto questo, il loro silenzio può avere solo due possibili ragioni: non capiscono come funziona il sistema monetario (e in questo caso dovrebbero fare delle ricerche per saperne di più) o lo capiscano ma cinicamente ignorano la principale causa della povertà, in quanto possono essere essi stessi dei soggetti beneficiari del sistema monetario cartaceo.

NOTE
1) Ludwig von Mises, The Theory of Money and Credit, pag. 208.
2) Ludwig von Mises, Human Action, Scholar’s Edition (Auburn, Ala.: Mises Institute, 1998), pagg. 409-410.
3) Thorsten Polleit, Cantillons Erkenntnisse.
4) Jörg Guido Hülsmann, “Vermögend auf Kredit,” eigentümlich frei (Aprile 2013).
5) Jésus Huerta de Soto, Geld, Bankkredit und Konjunkturzyklen (Stuttgart: Lucius & Lucius, 2001), pag. 294.
6) Roland Baader, Freiheitsfunken II (Düsseldorf: Lichtschlag Medien, 2012), pag. 62.
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