La crisi economico finanziaria della Grecia

Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » mar giu 30, 2015 9:51 pm

Tsipras cerca l'accordo: "2 anni di supporto e ristrutturazione del debito". Fredda la Germania

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... -117983647

Il premier greco risponde a Juncker che chiedeva un passo entro oggi. Convocato e aggiornato di 12 ore un Eurogruppo d'emergenza per evitare il default di Atene. Il governo chiede due anni di supporto del fondo salva-Stati e la ristrutturazione del debito. Scadono il programma di aiuti e il rimborso da 1,6 miliardi al Fmi. Merkel: "No terzo salvataggio prima del referendum". Voci di annullamento della consultazione
di GIULIANO BALESTRERI e RAFFAELE RICCIARDI

30 giugno 2015

MILANO - Alexis Tsipras risponde all'ultima chiamata di Jean Claude Juncker e chiede un nuovo piano di salvataggio, il terzo, per la Grecia, insieme alla ristrutturazione del debito al 180% del Pil che strozza ogni possibilità di ripresa del Paese. La proposta finisce sul tavolo dell'Eurogruppo, che si riunisce in teleconferenza in serata, per poi aggiornarsi alla mattina dopo, forse in attesa di altre proposte elleniche. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel dice no: "Prima il risultato del referendum". E se Juncker dichiara possibili "risultati insperati", fonti Ue spiegano che la proroga del piano è impossibile, l'Fmi attacca: "In nessun modo l'Eurogruppo può evitare il default di Atene". Sul piatto -secondo voci che arrivano da Malta - un possibiloe annullamento del referendum. Il presidente americano, Barack Obama, chiede, però, di continuare a trattare per raggiungere una soluzione. In piazza Syntagma, è il giorno dei favorevoli all'accordo. Sono circa ventimila, forse più di quelli che il giorno prima hanno manifestato per il no.

Il primo a muovere è stato il presidente della Commissione Ue: ha fatto un tentativo in extremis per far rientrare la crisi che si è improvvisamente aggravata quando Tsipras, il premier greco, ha indetto un referendum per il 5 luglio, chiamando il suo popolo ad esprimersi sulle proposte d'accordo tra Atene e i creditori internazionali. Juncker, dopo l'accorata conferenza stampa nella quale ha difeso l'operato delle istituzioni comunitarie e invitato i greci a votare 'sì', ha fatto un'offerta dell'ultimo minuto ad Atene per arrivare ad un accordo entro la mezzanotte di oggi, quando scade il piano di aiuti. Quest'ultimo a fine febbraio era stato prorogato di quattro mesi e oggi la scadenza è giunta: passata la mezzanotte, Atene non può più accedere a circa 16 miliardi di fondi. Per altro, la data corrisponde anche con l'ultimo giorno utile perché Atene rimborsi gli 1,6 miliardi di rate che deve - per il mese di giugno - al Fmi: la Grecia, ha confermato il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, non pagherà, quindi è possibile la messa in mora da parte del Fondo, anche se il default vero e proprio scatterebbe tra un mese circa. "Spero in un accordo coi creditori", ha aggiunto Varoufakis. Standard & Poor's, però, ha deciso di tagliare il rating di Alpha Bank, Eurobank, National Bank of Greece e Piraeus (le maggiori banche greche) a selective default: secondo l'agenzia di rating, senza ulteriore sostegno esterno il fallimento delle banche è "praticamente una certezza". A ruota potrebbe seguire un decisione sul paese.

La telefonata di Juncker, le contro-proposte di Tsipras. Del piano ultim'ora di Juncker hanno parlato fonti europee ed elleniche, secondo la ricostruzione del quotidiano Kathimerini online. Il portavoce del presidente della Commissione ha poi confermato che l'offerta da ultim'ora è arrivata con una telefonata al premier nella serata di ieri, specificando che la Commissione ha indicato ai greci che "metterà a disposizione tutte le risorse disponibili" per sostenere la crescita economica. Nel bilancio comunitario, sono previsti 35 miliardi. In un primo momento, il quotidiano riportava il rifiuto ellenico alla nuova mediazione, tanto che un portavoce del governo riferiva che "Alexis Tsipras voterà 'no' domenica". Ma in seguito è emerso un ripensamento dello stesso Tsipras, che ha valutato l'offerta e replicato con una contro-proposta.

Nella lettera ai vertici Ue, Tsipras ha chiesto un accordo di due anni con l'Esm (European Stability Mechanism, il fondo salva-Stati che si è attivato per Cipro o la ristrutturazione delle banche spagnole) per coprire le necessità finanziarie elleniche e nel frattempo ristrutturare il debito. Si tratterebbe di coprire una trentina di miliardi di scadenze tra il 2015 e il 2017; in attesa di definire il nuovo meccanismo, inoltre, andrebbe esteso di qualche giorno l'attuale programma. "Il governo greco", ha specificato Atene in un comunicato, "resta al tavolo delle trattative e continua a ricercare una soluzione percorribile per rimanere nell'euro". Attivare l'Esm, però, significa sottoscrivere clausole stringenti per avere in cambio i fondi. Resta da capire quali riforme economiche, del pacchetto dei creditori, Tsipras sia disposto ad accettare: in pratica, la sua controproposta potrebbe risolversi in un 'niente di nuovo'.

Fredda comunque Angela Merkel: "Stanotte a mezzanotte scade il programma, io non conosco altri segnali concreti". Da Berlino considerano sia "troppo tardi" per un'estensione degli aiuti, e in ogni caso bisogna aspettare il referendum per dare luogo al terzo salvataggio. Riferendo ai Parlamentari, la cancelliera ha detto di "non aspettarsi alcuna novità" nel corso della giornata; per il falco Wolfgang Schaeuble, "Atene resterà nell'euro anche con un 'no' al referendum".

L'offerta: subito un Eurogruppo, soluzioni sul debito. Secondo le ricostruzioni che sono filtrate dalle agenzie internazionali, l'offerta di Juncker non prevedeva un cambiamento di fondo nelle proposte - rispetto alle ultime, pubblicate nel fine settimana - ma la promessa di convocare un Eurogruppo d'emergenza per approvare l'intesa e sbloccare un pagamento immediato ad Atene, in modo da permetterle di rimborsare il Fmi con gli 1,6 miliardi da ripagare entro oggi. Per ricevere i fondi, Tsipras avrebbe dovuto inviare un'accettazione scritta della proposta e impegnarsi a fare campagna per il 'sì' nel referendum, come d'altra parte hanno iniziato a fare - con toni a dir poco insoliti - tutti i massimi rappresentanti di Bruxelles e delle cancellerie del Vecchio continente. Lo sblocco della situazione eviterebbe anche lo scadere del piano d'aiuti internazionali, che termina appunto oggi.
Un crowdfunding europeo per pagare la rata Fmi della Grecia

L'offerta di Juncker prevede l'Iva al 13% per gli alberghi e le strutture turistiche - tetto presente anche nella versione delle proposte dei creditori datate 26 giugno e pubblicate dallo stesso Juncker domenica scorsa -. Sempre se l'offerta fosse accettata, ha ricostruito Kathimerini, i ministri delle Finanze dell'Eurozona si sarebbero resi disponibili a ri-adottare una dichiarazione che rimanda a un impegno già preso nel 2012, con il quale prendere in considerazione una dilazione nel pagamento delle scadenze del debito, l'abbassamento dei tassi di interesse e l'estensione di una moratoria sui pagamenti verso la zona euro a partire dal prossimo ottobre.

Eurogruppo-lampo. L'Eurogruppo finisce dopo poco più di un'ora e viene riconvocato. "Non è possibile estendere l'attuale piano", scrive in un tweet il ministro finlandese Alexander Stubb.

Le reazioni all'estero. Sull'esito del voto si è espresso anche il ministro Pier Carlo Padoan, che ha "massimo rispetto per le decisioni del governo e popolo greci". L'esito della consultazione non preoccupa il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che al Sole 24 Ore ha chiarito: "L'Italia è fuori dalla linea del fuoco". Dal premier è partito anche un avvertimento a Tsipras, al quale ha ricordato: "Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole. Un'altra è pensare di essere il più furbo di tutti, essere cioè quello che le regole non le rispetta". Duro anche lo spagnolo Mariano Rajoy, che ha chiesto le dimissioni del leader greco.

La situazione in Grecia. Nel frattempo, la situazione per i cittadini si prospetta sempre più complessa. La disoccupazione resta sempre oltre il 25%, la stampa ellenica parla della possibilità di abbassare da 60 a 20 euro il limite giornaliero di prelievi allo sportello, mentre i pensionati, ai quali in un primo tempo era stato detto che avrebbero potuto ritirare 240 euro a settimana, sono stati informati adesso che potranno prelevare solo 120 ogni sette giorni: la nuova misura è stata adottata al termine di una riunione svoltasi la scorsa notte fra responsabili del ministero delle Finanze e rappresentanti degli istituti di credito. A tal fine, sarà aperto un migliaio di sportelli. Nel frattempo, i reportage internazionali raccontano che molti pensionati, che attendevano l'accredito dei loro assegni, sono rimasti oggi a bocca asciutta. Alla situazione delle banche guarda anche la Bce, che riunisce di nuovo il direttivo per aggiornarsi sul programma di liquidità d'emergenza, che non dovrebbe essere 'staccato' fino al referendum.

Le reazioni in Italia. Sel e Beppe Grillo annunciano il loro arrivo ad Atene in occasione del referendum. "Domenica e lunedì sarò ad Atene insieme ad alcuni nostri portavoce del Parlamento italiano ed europeo per esprimere la solidarietà e vicinanza di tutto il M5S ai cittadini greci in questo momento di democrazia", ha fatto sapere Grillo, "Il potere al popolo, non alle banche. Ci vediamo ad Atene in piazza Syntagma!".

Sabato sera partirà per la Grecia anche una delegazione di Sel guidata dal coordinatore Nicola Fratoianni e dal capogruppo alla Camera Arturo Scotto.: l'obiettivo è "sostenere il governo Tsipras e il popolo greco" in occasione del referendum.

Secondo il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, la decisione di Tsipras di ricorrere alla consultazione popolare è pienamente leggittima. "Al referendum greco voterei no. Politicamente sono all'opposto di Tsipras ma condivido questa sua iniziativa".

"L'Italia non è la Grecia, ma non vorrei che facendo finta di niente, andando avanti con le chiacchiere renziane arrivassimo a quei livelli. Sono convinto che l'Italia ce la possa fare ma deve avere coraggio". Lo ha detto il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini questa sera a Genova durante una festa del Carroccio.
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » mar giu 30, 2015 10:05 pm

Grecia, l’intesa era davvero impossibile?

In pensione a 67 anni, tagli alla Difesa e Iva con nuove aliquote: i punti a cui la Grecia ha detto no. Ma Tsipras non ha aperto neppure sul salario minimo. Ecco le posizioni di Atene e Bruxelles

http://www.lastampa.it/2015/06/30/econo ... agina.html


marco zatterin
corrispondente da bruxelles

«Eravamo a un passo da chiudere», dicono sul fronte dei creditori di Tsipras, ripensando a venerdì sera. «Ci volevano strangolare», ripetono i greci puntando il dito contro le istituzioni creditrici. Nei loro confronti Atene ha contratto un debito corposo: 73,6 miliardi col programma di salvataggio del 2010-2012; altri 142,5 con il secondo piano. Il denaro è stato pagato per salvare le banche che si sono allegramente scoperte quando la crisi finanziaria è esplosa in America nel 2007. Il baratto comportava «misure di riequilibrio strutturale e finanziario contro liquido anticrisi». A ottobre si poteva firmare col cristiano-democratico Samaras, ma hanno frenato i falchi. Appena arrivato, Tsipras ha ottenuto una proroga del secondo piano, fino a stasera. L’intesa non è mai stata raggiunta. Ora nelle casse elleniche non c’è più un cent.

Per quattro mesi si è trattato inutilmente. Ecco cosa chiedeva l’ultimo progetto di compromesso. E come avrebbe cambiato la terra di Platone, e adesso, anche di Syriza.

La riforma dell’Iva

La proposta chiedeva tre aliquote: il 23% già esistente per i consumi ordinari, allegato a ristoranti e il catering; il 13% di imposta «ridotta» per alimentari, energia, alberghi e l’acqua; un 6% di «super-ridotta» sui farmaci, i libri e i teatri. Si auspicava inoltre l’eliminazione degli sconti sulle isole e si prospettava la possibilità di rivedere le aliquote a fine 2016, a patto che il gettito rimanesse invariato a 1,8 miliardi l’anno. Lo schema non modificava la struttura della tassazione del valore aggiunto, quanto la ripartizione. I greci intendevano fra le altre cose mantenere i ristoranti al 13% insieme con gli alberghi. Sono stati accontentati a metà.


L’età della pensione

«Sistema insostenibile», valuta l’ex Troika. Rappresenta un costo da 13 miliardi l’anno, il 16% della spesa pubblica. La proposta centrale dei creditori era di elevare l’età dell’accesso al vitalizio a 67 anni, oppure a 62 con 40 anni di contribuzione, a partire dal 2022. Un limite, questo da applicare a tutti, con l’eccezione dei lavori usuranti e alle madri con figli disabili. Necessario? In effetti, circa un greco su sei di età compresa fra i 50 e i 59 è in pensione, dato che vale quattro volte la media Ue. I cinquantenni che hanno lasciato il lavoro costano 300 milioni al mese e sono il gruppo di pensionati più corposo. Fra le componenti del riequilibrio invocato dai «Tre» l’aumento dal 4 al 6% in media del contributo per la salute dei pensionati.


La difesa

Per recuperare margini di spesa si suggeriva di tagliare di 400 milioni il bilancio militare che, secondo le stime Nato, è il secondo più alto dell’Alleanza insieme con quello britannico (vale oltre il 2 per cento del pil). Atene lo mantiene florido per l’arcano timore di una guerra con la Turchia, ma anche per una forma di sostegno all’economia e all’occupazione.


Le imprese

«Alzare la tassa societaria dal 26 al 28 per cento» e introdurre una imposta sulla pubblicità televisiva. Semplice, a volere.


Le navi

L’idea dell’ex Troika era di colpire i ricchi, o comunque i benestanti, che in Grecia hanno a che fare col mare e tutto ciò che lo attraversa. «Estendere il campo di applicazione della tassa di lusso alle imbarcazioni di almeno dieci metri». E alzarla dal 10 al 13% a partire dall’anno fiscale 2014.


I controlli

Uno dei punti deboli dell’amministrazione greca, sinora, è stata l’Agenzia delle Entrate, sostanzialmente inesistente, come il catasto. I creditori: «Dovete adottare un quadro legislativo che crei un’agenzia autonoma».


Il salario minimo

Qui si auspicava il lancio di una consultazione sulla remunerazione minima che, in Grecia, è di 683 euro, il doppio dei Baltici e dell’Ungheria, più elevato di Portogallo e Polonia, il che spiega molte ritrosie. L’obiettivo era quella di valutare la fattibilità di una sua riduzione, anche temporanea. Tsipras e i suoi non erano d’accordo.
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » mer lug 01, 2015 5:42 pm

Finalmente, tutto quello che avreste voluto sapere sulle pensioni greche scritto da Alberto Annicchiarico il 24 Giugno 2015

http://www.econopoly.ilsole24ore.com/20 ... oni-greche

L’ALTRA VERITA’ SULLE PENSIONI IN GRECIA
di Manos Schizas

Si è fatto e si fa un gran parlare del ruolo della riforma delle pensioni nel rettilineo finale dei nostri negoziati con le istituzioni-che-non-si-chiamano-più-troika. Ma la cosa sorprendente è che la discussione si è concentrata sulle tattiche negoziali invece che sulla sostanza, vale a dire la praticabilità del sistema pensionistico greco. In questo post cercherò di fare un po’ di chiarezza sugli aspetti meno trasparenti di questo dibattito.

È necessario cominciare dal grafico interattivo (che si può vedere nella versione originale), basato su dati Eurostat, che raffigura tutte le fonti di entrata degli istituti previdenziali greci dal 2006 al 2014. Ogni area rettangolare è proporzionale alla quantità di denaro che rappresenta e offre una panoramica intuitiva delle dipendenze del nostro sistema di pensioni e indennità.

L’indicazione fondamentale che si ricava da questo grafico è l’enorme dipendenza degli istituti previdenziali dai sussidi, sia sotto forma di introiti fiscali specificamente destinati alle pensioni, sia sotto forma di «rabbocchi» diretti dalle casse dello Stato. Come si vede, la somma dei contributi versati da lavoratori e datori di lavoro agli istituti previdenziali, e il reddito derivante dagli investimenti effettuati dagli istituti (che include plusvalenze, interessi sulle obbligazioni e sui depositi e rendite fondiarie), nel 2014 ammontava ad appena il 57 per cento delle entrate.

Si potrebbe considerare il dato semplicemente come un’aberrazione provocata dalla crisi (dopo tutto l’occupazione è quasi ai minimi storici). Ma anche negli anni della crescita (il 2007) questa percentuale aveva raggiunto al massimo il 65 per cento. Per dirla in parole semplici, gli istituti previdenziali greci non sono mai stati in grado di finanziarsi da soli, e la previdenza così come la conosciamo (perfino nell’epoca dell’austerità) cesserebbe di esistere senza i trasferimenti integrativi del Governo.

Questo «sussidio di sopravvivenza» ammonta a 13 miliardi di euro l’anno, una cifra equivalente al 14-15 per cento delle entrate complessive del Governo di Atene. Alla data del 2014 questi trasferimenti superavano del 6 per cento la media 2006-2008, per compensare il calo del 23 per cento dei contributi, il calo del 74 per cento degli introiti fiscali destinati alla previdenza e il calo dell’81 per cento del reddito da investimenti degli istituti previdenziali. Complessivamente, gli afflussi di denaro verso gli istituti previdenziali sono scesi del 18 per cento.

LA PREVIDENZA E’ SOSTENIBILE?
Potrà sembrare un po’ ridondante porre una domanda del genere quando gli istituti previdenziali per quasi metà delle loro entrate dipendono dai trasferimenti integrativi dello Stato, ma margini di dibattito esistono. Il nuovo Governo recentemente ha sconfessato tutti gli studi attuariali degli ultimi anni, sostenendo che non hanno tenuto conto delle disponibilità (non finanziarie) degli istituti. Per una volta hanno ragione: la metodologia di questi rapporti non prevede di fare ipotesi di alcun genere sulla redditività delle attività (non finanziarie). Si limita a mettere a confronto il valore attualizzato degli afflussi e deflussi previsti. Ma come dimostrerò, anche mettendo nel conto queste attività non cambia praticamente nulla.

In giro esistono dati piuttosto attendibili sul patrimonio degli istituti previdenziali, perciò lo si può verificare facilmente.

Il bilancio finanziario degli istituti lo trovate qui. Queste attività, che ammontano complessivamente a circa 21 miliardi di euro, coprirebbero appena nove mesi di pensioni e indennità, anche nell’ipotesi inverosimile che fosse possibile liquidarle tutte insieme a prezzi non da saldo. Anche se gli istituti non avessero subito perdite per circa 10 miliardi di euro nel 2012, come conseguenza del coinvolgimento del settore privato nel salvataggio della Grecia (maggiori dettagli al riguardo li trovate qui), il totale ammonterebbe comunque soltanto a un anno di esborsi. Gli istituti previdenziali non potrebbero mai sperare di campare sui rendimenti di queste attività.

Le stime del valore delle attività finanziarie non sono ancora disponibili, anche se nel 2013 è stato effettuato un primo censimento nel quadro dell’implementazione della banca dati «Hestia», i cui risultati si possono consultare qui. Sfortunatamente, non si tratta di valori di mercato, ma di valori calcolati sulla base di un algoritmo, il sistema greco dei «valori oggettivi», che tutto sono fuorché oggettivi. In ogni caso, la base di calcolo dell’algoritmo dei valori oggettivi è stata da poco rivista – quando è stato intrapreso il censimento Hestia, nel luglio 2013 – per avvicinarsi maggiormente ai valori di mercato, e la stima delle attività non finanziarie degli istituti effettuata dal censimento ammonta ad appena 1,4 miliardi di euro. Questo significa che il valore dell’intero portafoglio di proprietà immobiliari degli istituti coprirebbe poco più di due settimane di esborsi per pensioni e indennità. E nemmeno sarebbe possibile coprire l’ammanco spremendo al massimo le attività e incrementando i rendimenti.

A metà 2013, soltanto il 31 per cento (per valore) delle proprietà che compongono l’impero immobiliare degli enti previdenziali era locato, e fruttava appena il 3,3 per cento del valore «oggettivo». Un decimo (sempre per valore) era sfitto e il resto (il 58 per cento) era utilizzato direttamente dagli istituti e più in generale dalle amministrazioni pubbliche. Il reddito da locazioni ammontava ad appena 20 milioni di euro, neanche un millesimo delle spese annue degli istituti.

Quanto alle attività finanziarie, qui si può vedere chiaramente che per tre quarti sono composte da titoli di Stato, liquidità e depositi, che rendono praticamente nulla. Questa distribuzione degli investimenti è dettata dalla legge e costa agli enti previdenziali 2-3 punti percentuali in meno di rendimento nei periodi di congiuntura positiva. Un sesto del bilancio finanziario degli enti è composto da crediti: contributi arretrati il cui rendimento, una volta che il debitore dichiara lo stato di insolvenza, sarà presumibilmente negativo.

Per farla breve, l’intero patrimonio degli enti previdenziali greci non basterebbe a pagare pensioni e indennità per dieci mesi, nemmeno se fosse possibile liquidarlo tutto senza trovarsi costretti a svenderlo. Io ho il massimo rispetto per i matematici che eseguono i calcoli attuariali, ma il loro lavoro in questo momento non dovrebbe essere discutere quale livello di pensioni sia sostenibile o quale dovrebbe essere l’età pensionabile, bensì quanta parte del bilancio dello Stato vada iniettata nelle casse degli istituti previdenziali per renderli passabilmente sostenibili, con risultati peraltro modesti.

NON SI POTREBBE FARE PAGARE DI PIU’ I DATORI DI LAVORO?
Uno dei miei lettori obbietta che la previdenza greca potrebbe essere più sostenibile se i datori di lavoro versassero contributi più alti (in effetti il governo Tsipras ha proposto una soluzione in questo senso, bocciata nelle controproposte dei creditori, ndr). Dopo tutto, la loro contribuzione previdenziale (il 4-5 per cento del Pil) è sempre leggermente più bassa di quella dei lavoratori, e molto più bassa (quasi la metà) della media Ue.

Migliorare il livello di contribuzione obbligatoria a carico dei datori di lavoro è un’ottima idea in linea di principio: tuttavia, come spiego qui, è molto meno frequente che i greci abbiano un datore di lavoro, rispetto agli altri europei: abbiamo il doppio dei lavoratori autonomi e il triplo dei «collaboratori familiari», in alcuni casi non retribuiti. Tenendo conto di questo, e dei fatto che i contributi a carico del datore di lavoro in Grecia sono in proporzione più bassi che in Europa, il problema attiene alla struttura del mercato del lavoro, più che alla mancanza di scrupoli dei datori di lavoro. I dati disponibili più recenti (2008 e 2012) sembrano indicare che i contributi previdenziali in Grecia non sono bassi in percentuale del costo complessivo della busta paga per il datore di lavoro rispetto ai parametri Ue (per esempio sono più alti che in Germania), e durante la crisi la loro incidenza sul costo del lavoro è cresciuta.

Insomma, aumentare la percentuale nominale o effettiva dei contributi a carico del datore di lavoro dal punto di vista finanziario farebbe poca differenza, a meno di non riuscire anche a) a incrementare i salari reali senza ridurre l’occupazione, e/o b) ristrutturare l’economia greca riducendo il peso delle piccole imprese e delle imprese a conduzione familiare in favore di aziende di più grandi dimensioni.

IL PARASTATO SOCIALE
Quando ho pubblicato inizialmente questo articolo, su Facebook ho ricevuto una risposta molto acuta, che riporto qui di seguito:

Si potrebbe dire che questi «rabbocchi» in favore degli enti previdenziali servano a compensare il livello tradizionalmente insufficiente o inesistente dei sussidi per l’alloggio, dei sussidi di disoccupazione, delle indennità di sussistenza per familiari a carico (di primo, secondo o terzo grado, forse addirittura amici). Questa spesa sociale viene invece delegata ai pensionati, che con la saggezza dell’età la distribuiscono come meglio credono all’interno della loro famiglia allargata: è un mezzo, per quanto inusuale, per sostenere la famiglia.

È verissimo. Come spiego qui, in Grecia il reddito familiare viene messo in comune più che in qualsiasi altro Paese d’Europa. Negli anni di congiuntura positiva, la gente cercava, e il Governo concedeva, indennità pensionistiche per compensare le carenze dello Stato sociale in altri ambiti: in pratica, il welfare veniva esternalizzato ai pensionati. Nella Grecia dell’austerity, lo stereotipo straziante è quello del nonno che abbassa lo sguardo pieno di vergogna perché non può permettersi neppure di comprare al nipotino una barretta di cioccolato. Ma in realtà il reddito da pensioni supportava un ventaglio più ampio di necessità di base, dall’istruzione fino alla spesa alimentare.

Ma questo «welfare delegato» ha mai funzionato? Questo post (e il grafico in alto) ne sintetizza gli esiti facendo ricorso a un’ampia gamma di statistiche sulla disuguaglianza per i greci in età lavorativa e in età pensionabile. Quanto a ridurre o contenere la disuguaglianza, lo Stato sociale greco pare aver sempre funzionato solo per i pensionati; ed è stato così anche nei primi anni della crisi.

Come ripeto continuamente, i dati più recenti, e anche quelli più vecchi, dimostrano che da anni il welfare greco, fra i paesi dell’Ocse, è quello meno efficace nel combattere la povertà (il parametro adottato è la riduzione del rischio povertà per ogni euro speso). E i «rabbocchi» per coprire il buco degli istituti previdenziali sono l’elemento centrale di questa inefficienza.

GENEROSO O INSIDIOSO?
È noto che le pensioni greche non sono particolarmente munifiche, quantomeno a livello pro capite. La Grecia ha molte più persone in età pensionabile (cioè oltre i 65 anni, secondo il parametro adottato dal Wall Street Journal) e dunque una spesa più alta a cui far fronte. Il Financial Times ha riportato recentemente le dichiarazioni del Governo di Atene secondo cui la pensione media è di 750 euro al mese, il che è più o meno vero per la pensione principale, ma trascura il fatto che un pensionato su due riceve più di una pensione (Si veda a pagina 6 di questo documento).

Come ho spiegato qui, in media i greci non vanno in pensione molto prima degli altri europei, ma di solito la loro vita lavorativa è più breve. Peggio ancora: una fetta considerevole della nostra forza lavoro, nelle grandi organizzazioni controllate dallo Stato, storicamente andava effettivamente in pensione molto presto, lasciando ai lavoratori autonomi l’onere di alzare l’età media di pensionamento.

Per verificare questa affermazione basta guardare (qui) le stime dettagliate della quota di popolazione inattiva in pensione per sesso e fascia d’età nei Paesi Ue, fornite da Eurostat. Qui Eurostat fornisce anche stime sulla quantità di popolazione inattiva. Moltiplicando le due cifre, si può ricavare la percentuale di pensionati che hanno diritto a un’indennità previdenziale di qualche genere, per fascia d’età.

Il risultato lascia a bocca aperta: poco meno di un greco su sei fra i 50 e i 59 anni percepisce una pensione, un rapporto quattro volte più alto della media Ue e inferiore solo a quello di Turchia, Croazia e Slovenia. Il valore totale delle pensioni destinate a persone fra i 50 e i 60 anni ammonta a quasi 300 milioni al mese, e gli assegni percepiti sono fra i più alti di tutte le fasce d’età (si veda a pagina 7 di questo documento).

Il problema non è solo che questi uomini (e molto spesso donne) percepiranno per anni e anni pensioni che non possono essersi guadagnati. È anche che sono intrappolati nell’inattività: una persona che lascia un lavoro impiegatizio per andare in pensione a 50 o 55 anni, quasi sicuramente non rientrerà nel mondo del lavoro, neanche se lo desidera.

E’ DAVVERO UNA PRIORITA’?
Il nostro ministro delle Finanze (Yanis Varoufakis, ndr) ha dichiarato pubblicamente che le pensioni non sono una priorità per le riforme; sostiene che spenderemmo meglio le nostre energie combattendo la corruzione, per esempio negli appalti pubblici. C’è un problema, però: la somma che lo Stato trasferisce agli enti previdenziali per rimpinguare le loro casse (13 miliardi di euro all’anno, come già appurato), è molto, molto più alta di tutti i soldi (appena 8 miliardi di euro nel 2014) che vengono spesi in appalti e forniture per la pubblica amministrazione, fino all’ultima graffetta.

La cifra, prima (fin dove sono disponibili i dati), era più alta. E mentre non tutti i soldi spesi per appalti e forniture sono spesi inutilmente o finiscono in tangenti, i soldi spesi per coprire il buco degli enti previdenziali vanno tutti alle persone sbagliate, visto che per esempio non possono accedervi i giovani disoccupati. Il risultato è che la Grecia, usando la spesa sociale, potrebbe tirar fuori dalla povertà più persone di quelle che tira fuori attualmente, ma sceglie di non farlo. Perché un Governo di sinistra non si preoccupa di questo?

COSA SUCCEDERA’ ORA?
È evidente che questo sistema necessita di una riforma radicale, di quelle che richiederebbero anni. A mio parere, le pensioni devono essere tagliate fino a livelli che gli enti previdenziali siano in grado di sostenere senza ulteriori trasferimenti (in altre parole, devono quasi essere dimezzate). Le funzioni di politica sociale che svolgono dovrebbero essere trasferite al loro ambito naturale, il bilancio dello Stato, sotto forma di un meccanismo di reddito minimo garantito tarato sull’effettiva disponibilità economica del ricevente. La Grecia aveva sperimentato un meccanismo di questo tipo, su insistenza della Troika, nel 2014. Il Fmi lo aveva proposto nel marzo del 2012 e Syriza, che oggi è al Governo, nel giugno di quello stesso anno aveva appoggiato la proposta sostenendo che si trattava di un problema urgentissimo, salvo poi liquidare con disprezzo il meccanismo sperimentale introdotto nel 2014 definendolo «briciole di carità pubblica», salvo dopo ancora reintrodurre nella sua retorica un riferimento nominale a un «reddito di base», nel febbraio di quest’anno.

La seconda parte della riforma che sarebbe necessaria consiste nel garantire agli enti previdenziali una fonte adeguata di reddito da investimenti. Il «programma di Salonicco» di Syriza proponeva di trasferire una parte delle proprietà immobiliari dello Stato agli istituti previdenziali. È un’idea più che benvenuta, ma con un valore di circa 100 miliardi di euro secondo le stime più recenti (2012), e anche ipotizzando che tutte le proprietà, fino all’ultima, possano essere locate allo stesso rendimento nominale del 3,3 per cento a cui sono locate le proprietà già nella disponibilità degli istituti, l’intero patrimonio non finanziario dello Stato greco garantirebbe agli enti previdenziali un’ancora di salvezza di appena 3,3 miliardi di euro l’anno, un quinto di quello che serve per sostituire i trasferimenti integrativi attualmente erogati dallo Stato.

Pertanto, con i tassi di interesse che si prevede resteranno bassi per un po’, è assolutamente necessario prendere in considerazione l’idea di consentire agli istituti di investire una quota maggiore del loro patrimonio in attività che non siano obbligazioni e depositi. Il mercato azionario greco è volatile e gli investimenti degli enti previdenziali provocherebbero spostamenti eccessivi; ma le azioni dei mercati esteri e le obbligazioni dei mercati emergenti potrebbero garantire rendimenti e contemporaneamente spezzare l’anello di retroazione fra lo stato dell’economia greca e il rendimento delle attività detenute dagli enti previdenziali, che in un mondo perfetto dovrebbe essere anticiclico.

La terza parte della riforma, di cui nessuno ha mai parlato in tutti questi anni, è riconfigurare lo Stato sociale greco per dare riconoscimento formale al fatto che da noi l’unità di riferimento per la gestione di patrimoni e bilanci è la famiglia (allargata), e dunque applicare soglie di esenzione fiscale al reddito familiare e non al reddito individuale, o tenere conto dell’uso comune di un immobile e del debito comune nella tassazione della ricchezza. Questo potrebbe consentire alle famiglie, per esempio, di detrarre le pendenze verso banche e aziende di erogazione di servizi pubblici dalle tasse immobiliari.

L’ultima parte consiste nel garantire assistenza alle persone intrappolate nell’inattività per effetto di un pensionamento anticipato. Anche se non ritengo che queste persone siano realmente vittime del sistema, va detto che spesso sono state invogliate ad andare in pensione con incentivi, come politica deliberata dello Stato; e in ogni caso non sono comunque più in grado di guadagnarsi da vivere, perciò, a meno di non ammazzarle a pistolettate, sono a carico dello Stato. Un reddito minimo garantito tarato sull’effettiva disponibilità economica del ricevente affronterebbe in parte il problema finanziario di questi individui, ma non è detto che sia l’unico problema sul tappeto.

Nessuna di queste cose può essere fatta in tempi rapidi o in modo indolore. Le istituzioni devono essere disposte ad aspettare, e possibilmente anche a sostenere alcuni dei costi di transizione, inclusi gli studi attuariali, la progettazione dei sistemi e la loro implementazione. Ma la situazione in cui ci troviamo è tale che nessuno si fida di concedere al Governo greco tempo o denaro, a meno di non vincolarlo alle condizioni di un programma di salvataggio. Neanch’io mi fido di loro. Un programma a lungo termine, con in prospettiva la carota di un alleggerimento del debito, potrebbe fare allo scopo; ma le cose non stanno andando in questa direzione.

In un modo o nell’altro, le pensioni rimarranno sempre tossiche, perché comportano un sussidio dagli attivi agli inattivi, e a volte da giovani più poveri ad anziani più benestanti. All’interno di uno Stato-nazione, giustifichiamo cose del genere facendo appello all’interesse egoistico delle persone e ai valori della famiglia (allargata), ed enfatizzando gli sforzi delle generazioni passate. Varcato il confine nazionale, nessuna di queste cose può funzionare.

(Traduzione di Fabio Galimberti)
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » gio lug 02, 2015 7:29 am

L'Europa chiude a Tsipras: "Stop ai contatti con Atene fino al voto"

Duro anche il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble: "Non può tornare allo status quo, siamo in una situazione completamente nuova". Juncker: "Ho dato mandato perché nessun commissario parli di Grecia". Bce mantiene invariato il tetto per l'erogazione d'emergenza alle banche elleniche. Moody's taglia il rating
di GIULIANO BALESTRERI e RAFFAELE RICCIARDI
01 luglio 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... -118073395

MILANO - La Grecia apre all'Europa, ma Eurogruppo e Commissione Ue - almeno per il momento - chiudono la porta a un'intesa dell'ultimo minuto. La lettera firmata da Alexis Tsipras con le ultime controproposte ai creditori internazionali per chiudere un accordo in extremis sul salvataggio di Atene è arrivata a Bruxelles questa notte: per la prima volta il premier greco dichiara di accettare la proposta degli europei, il testo pubblicato domenica scorsa dal presidente della Commissione Jean Claude Juncker, ma aggiunge cinque punti.
Dopo una timida apertura ("sono in costante contatto con le autorità di Atene"), Juncker gela ogni speranza: "La Commissione non avrà alcun contatto con il governo di Atene prima del referendum. Ho dato mandato che nessun Commissario intervenga su quesiti, che riguardino la politica greca. E' mancata la volontà di chiudere, la distanza era di soli 60 milioni". Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk gli fa eco: "L'Europa vuole aiutare la Grecia ma non può aiutare nessuno contro il suo volere. Aspettiamo i risultati del referendum greco".
Sulla stessa linea l'Eurogruppo, riunito oggi in teleconferenza. Il presidente Jeroen Dijsselbloem ha spiegato: "Data la situazione politica greca non c'è terreno per ulteriori discussioni. Aspettiamo semplicemente il risultato del referendum di domenica. Non c'è margine per estendere il piano di aiuti". "Abbiamo preso nota delle ultime proposte greche - ha aggiunto - ma data la situazione politica e dato l'invito a votare 'no' del governo greco al referendum, non vediamo terreno per altre discussioni".

Una presa di posizione che Tsipras ha immediatamente cavalcato parlando alla televisione, in un discorso alla nazione: "La Grecia resta al tavolo negoziale, ma il voto di domenica non è contro l'euro. Siamo contro l'austerity. Votate no, i creditori stanno ricattando i greci, ma questa situazione non durerà per molto. Salari e pensioni non andranno persi".

Immediata la replica del Fmi: "La nostra priorità è aiutare il popolo greco". E non lo si fa concedendo una proroga ai pagamenti, come richiesto dalla Grecia, perché un rinvio "non aiuta" i Paesi che hanno necessità "immediate" di finanziamento e problemi economici "fondamentali".

E sui rapporti tra Ue e Atene è intervenuta anche la direttrice del Fondo Monetario internazionale, Christine Lagarde: la Grecia deve riformare la propria economia, prima che i creditori europei concedano un taglio del debito. "Abbiamo ricevuto cosi tante 'ultime' offerte che sono state convalidate, invalidate, cambiate, emendate nel corso degli ultimi giorni", ha aggiunto Lagarde, "penso che ci sia un processo democratico in corso e che dovrebbe auspicabilmente portare a piu' chiarezza e meno incertezza sulla determinazione del popolo greco e l'autorita' del governo"

La giornata si chiude con la decisione della Bce di lasciare invariato il livello massimo stabilito per l'erogazione di liquidità di emergenza (Ela) alle banche greche, che era fissato a 89 miliardi. E con Moody's che taglia il rating di Atene a 'Caa3' da 'Caa2': comunicando che il giudizio resta sotto osservazione per un ulteriore possibile downgrade, l'agenzia sottolinea che "senza il sostegno dei creditori ufficiali, la Grecia farà default sul debito" detenuto dai privati.

Il documento. La lettera di Tsipras (in inglese)
http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... -118059479

In mattinata era stata la Germania ad attaccare la Grecia. Secondo Berlino, infatti, il negoziato non può tornare allo "status quo: siamo in una situazione completamente nuova" ha detto il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, aggiungendo che la lettera di Tsipras "non è una base per parlare di misure serie". Sulla stessa lunghezza d'onda anche il cancelliere Angela Merkel che dopo aver giocato il ruolo della colomba a lungo ha detto che parlare prima del referendum indetto dalla Grecia "non ha senso". Gli aiuti alla Grecia sono quindi sospesi dopo che Atene ha unilateralmente abbandonato il negoziato. "La Grecia - ha proseguito Merkel - il diritto di fare il suo referendum sulle proposte europee, ma i partner europei hanno egualmente il diritto di rispondere a quello che sarà il suo esito".
Il passo indietro di Tsipras e la disponibilità ad accettare le condizioni dei creditori rischia quindi di essere arrivato troppo tardi. Da Berlino, il premier italiano Matteo Renzi dice che Atene non "può essere il paradigma dell'Europa" e pur criticando l'eccesso di burocrazia di Bruxelles attacca la Grecia: "Il referendum è un errore". Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, spiega: "Siamo in una diversa procedura, il programma è scaduto, ora bisogna negoziare un nuovo programma ma prima serve l'ok dell'Eurogruppo a fare un nuovo programma. La situazione è complicata, ma le porte dell'Europa sono aperte". Alla questione si appassiona anche Papa Francesco, che il portavoce padre Lombardi definisce "preoccupato: desidera far sentire la propria vicinanza a tutto il popolo ellenico", in specie alle famiglie. Chiede che "la dignità della persona" rimanga al centro di ogni "dibattito politico e tecnico" e della "assunzione di scelte responsabili".
Di come è stata affrontata l'intera questione e del ruolo italiano ha parlato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in un questione time alla Camera: "L'Italia ha mantenuto in tutto negoziato posizione di grande apertura, sottolineando la necessità continuare a portare avanti un dialogo in un quadro in cui è le priorità della politica europea e nazionale siano crescita e occupazione", ha spiegato sottolineando che "l'uscita dall'euro della Grecia non è mai stata un'opzione".
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » gio lug 02, 2015 12:17 pm

Grecia furbetta: prima paghino i loro debiti, poi escano pure dall'euro

http://www.liberoquotidiano.it/news/edi ... ino-i.html

Caro Mollicone, mi dispiace deluderla, ma io non vedo alcuna contraddizione nel criticare Tsipras e allo stesso tempo giudicare stupide le regole di Bruxelles. Io ho ritenuto e ritengo sbagliati gli atteggiamenti della Germania e la rigida politica economica imposta da Angela Merkel a tutta l’Unione. Ma questo non significa che si debba sostenere un tipo che si rifiuta di onorare gli impegni presi e che pretende di avere la libertà di non pagare i creditori. Se passasse questa logica, e cioè che chiunque si può indebitare fino a che gli fa comodo per poi fare marameo a chi gli ha prestato i soldi, che cosa resterebbe del diritto a far valere un credito? Nulla, perché trionferebbe la legge del più furbo.

Vede, lei accosta il caso italiano a quello greco, ma Roma e Atene non hanno nulla da spartire e non solo perché il debito pubblico dei due Paesi è di cifre molto diverse, ma perché noi non ci siamo mai rifiutati di onorare una sola scadenza del nostro debito. L’Italia non solo ha un’economia solida, che fa concorrenza a quella della Germania, mentre la Grecia ne ha una fragile che fa concorrenza al massimo ai Paesi in via di sviluppo, ma oltre a ciò non ha mai chiesto aiuti al Fondo monetario, assoggettandosi ai voleri della troika. Al momento di entrare nell’euro forse avremo anche noi abbellito un po’ i conti per renderli un po’ più presentabili, ma lo hanno fatto un po’ tutti, Germania compresa. Abbellire i risultati economici comunque è una cosa, fare bilanci falsi come ha fatto la Grecia un’altra.
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » gio lug 02, 2015 9:15 pm

Tsipras giura fedeltà all’euro: che errore pensare che ci avrebbe liberato dall’euro

https://www.youtube.com/watch?v=9LYnSS- ... e=youtu.be

Buongiorno amici. È incredibile come tanti a sinistra, a destra e al centro si siano lasciati raggirare dal capo del governo greco Alexis Tsipras, elevandolo ad eroe popolare e immaginandolo come colui che ci libererà dalla dittatura dell’euro.

Ebbene proprio ieri Tsipras ha giurato fedeltà all’euro assicurando che “la Grecia resta al tavolo negoziale e nella moneta unica”; che un voto negativo al referendum “non significherebbe dire no all'Europa, ma tornare a un'Europa di valori”; “mente chi dice che abbiamo piani per una Grexit (ovvero l’uscita della Grecia dall’euro), mente chi sostiene che io abbia pronta la dracma: la democrazia non è un colpo di stato”. Insomma per Tsipras l’abbandono dell’euro e il ritorno alla dracma costituirebbe non un riscatto della sovranità monetaria ma un colpo di stato.
Sempre Tsipras in una lettera inviara ai creditori rassicura che la Grecia “accetterà tutte le condizioni dei creditori che erano sul tavolo nel weekend con solo alcuni cambiamenti minori”.

Cari amici, Tsipras ha voluto un referendum non per offrire ai greci un’alternativa alla dittatura dell’euro ma per essere incoronato come monarca assoluto di un Paese precipitato nel baratro. È un vetero-comunista ed un demagogo che sta ingannando il suo popolo continuando a illudere che ci possa essere una salvezza restando nell’euro e nell’eurocrazia. A questo punto è preferibile che il governo passi nelle mani di quelli che sono più esplicitamente euristi ed eurocratici, in modo che il popolo greco possa scegliere una vera alternativa. Solo liberandoci dall’euro, solo riscattando la sovranità monetaria potremo salvarci dal baratro in cui siamo precipitati.
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » ven lug 03, 2015 1:34 pm

L’esito del referendum: perderà comunque il popolo greco

http://www.ioamolitalia.it/blogs/vivere ... greco.html

L’approssimarsi del referendum greco in merito all’accettazione del piano proposto dai creditori al Governo Tsipras, sta rendendo i mercati piuttosto instabili.
Nelle trasmissioni televisive, nei dibattiti si sentono esperti, economisti, analisti, esprimere di volta il volta la loro vicinanza al dramma del popolo greco basato sulla retorica della “civiltà millenaria” che viene umiliata dalle pretese della Troika e dall’altra parte, si sentono invece coloro che accusano i greci di aver vissuto al di sopra delle loro possibilità, di essere un popolo di fannulloni e perditempo.
Il governo Tsipras, votato in maggioranza dal popolo greco (non come Renzi che nessuno ha né candidato alla guida del Paese, né successivamente votato) ha cercato di mantenere ciò che aveva promesso in campagna elettorale ai suoi elettori: una Grecia stabile nell’euro ma senza i vincoli dettati dall’Austerity che tanta sofferenza han prodotto alla popolazione greca.
Si trattava e si tratta di una promessa impossibile da mantenere, buona solo per fare propaganda ma che chiaramente ha illuso tutti coloro che non conoscono il meccanismo di funzionamento dell’Euro ed il sistema di pagamenti TARGET2.
In termini di risultati economici, il Governo Tsipras è stato miserevole, basta guardare alcuni dati: il PIL è passato dal +1,2% a +0,2% (ha perso un punto percentuale); gli occupati sono diminuiti, rispetto alla data d’insediamento del Governo di 50.000 unità; la spesa per consumi si è ridotta del 10% .
Un unico merito va riconosciuto al dilettantesco governo Tsipras; l’aver condotto una trattativa (a tratti persino comica) così lunga ed estenuante, che ha permesso a tanti greci di avere il tempo di svuotare i loro depositi bancari e metterli al sicuro dalle pretese della Troika.

Dunque riassumendo: il governo Tsipras ha fallito sul piano economico e sta fallendo sul piano strategico, poiché ha di fatto portato la Grecia sull’orlo del baratro decidendo di indire un referendum, che in realtà, chiama i cittadini ad esprimersi non già su un piano di rimborso del debito pubblico (peraltro scaduto il giorno 30 giugno), ma sulla permanenza o meno nella moneta comune.
Non c’è che dire: un vero e proprio capolavoro autolesionista; comunque andrà l’esito del referendum, per la Grecia si apriranno scenari a dir poco preoccupanti. Forse solo il nostro Presidente Renzi, se ne avrà il tempo, riuscirà ad emulare le gesta infauste del giovanotto greco.
Vediamo di analizzare i possibili esiti e scenari del voto di domenica.
Partiamo da quella che ritengo l’ipotesi più probabile; la vittoria di coloro che credono ancora nell’Euro e che vogliono accettare il piano proposto dai creditori. Per paura, instillando panico nella popolazione greca, la macchina da guerra della propaganda della UE sta lavorando a pieno regime. Intimidire i risparmiatori, minacciare i loro depositi, paventare un peggioramento delle loro già precarie condizioni di vita, basterà perché al referendum il popolo greco voterà a favore dell’Euro e dell’Europa.
Questo però determinerà una sfiducia diretta al governo Tsipras, ponendolo dinanzi al suo fallimento, incapace come è stato di impedire la prosecuzione delle misure di Austerity e decretandone infine le dimissioni. (non lo rimpiangeremo certamente!)
Supponiamo invece, che vinca l’orgoglio greco, la retorica della “culla della civiltà” umiliata dalla UE e che quindi si rifiuti il piano proposto dai creditori. Questo equivale sostanzialmente a dichiarare un “default non concordato” sul debito greco. Questo risultato, sembra essere la soluzione ottimale per il popolo greco vessato e maltrattato, rafforzato anche da pareri di illustri economisti come il prof. Giavazzi.
Sbagliato. Un voto contro il piano di rimborso proposto dai creditori aprirebbe scenari pericolosi. Per capire di cosa stiamo parlando, è bene partire dal dato secondo il quale, i greci, negli ultimi 4 anni han tolto 110 miliardi di euro di depositi dalle banche del paese (il 44% del totale). Ad una tale fuga di denaro, le banche avrebbero dovuto reagire ridimensionando il lato delle loro attività (prestiti, mutui e finanziamenti), ma ciò è di fatto impossibile. Dunque, il sistema bancario greco è stato mantenuto in vita dal trasferimento di moneta, l’ELA (emergency liquidity assistance), per complessivi 89 miliardi di euro, dietro la presentazione di opportune garanzie (ovvero attività bancarie ed all’inizio, anche titoli del debito greco).
Di seguito il punto specifico in cui si tratta delle garanzie da porre in essere per accedere ai fondi ELA : “le garanzie reali/personali a fronte delle quali l’ELA è stata/sarà conferita, inclusa la valutazione delle attività stanziate in garanzia e l’applicazione di eventuali scarti e, se del caso, informazioni dettagliate circa le garanzie personali e i termini di eventuali salvaguardie contrattuali “ (fonte BCE, Procedure per l’erogazione di liquidità di emergenza).

Un minuto dopo il voto del referendum contrario alla proposta dei creditori, i titoli greci e tutti gli asset finanziari greci perderanno di valore a causa del timore di un ritorno alla dracma, compresi quelli posti a garanzia dell’ELA.
A quel punto, la BCE avrà il DIRITTO di mettere direttamente le mani nelle tasche dei cittadini greci, chiedendo il rimborso dei prestiti ottenuti attraverso l’ELA e lo può fare in virtù della legge sulla Unione Bancaria che dal 2010 ha introdotto un sistema di salvataggio per le banche in difficoltà in cui non saranno più gli Stati a farsi carico delle perdite degli istituti di credito. (“gli oneri connessi alle crisi bancarie saranno posti a carico, nell’ordine, degli azionisti, degli obbligazionisti e dei depositanti per le giacenze superiori a 100 mila euro. Nel complesso i privati dovranno necessariamente coprire le perdite della banca in default per un ammontare almeno pari all’8% degli attivi dell’istituto. Oltre tale soglia, interverrà in seconda battuta il SRF per un ammontare del 5% degli attivi della banca, qualora dovessero necessitare di ulteriori risorse i Governi potranno intervenire attraverso il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).”
Sulla base di questa normativa, che sovrasta anche gli Stati nazionali che non hanno potere di opporvisi fintanto che restano legati al sistema bancario europeo, la BCE può mettere le mani nei depositi dei greci.
La giusta obiezione è: ma il governo greco non può impedirlo, nazionalizzando ad esempio la Bank of Greece e dandole ordine di non eseguire gli ordini della BCE?
Sì, lo può fare a patto di rompere completamente con l'eurozona e con le sue banche centrali. Il che è assai pericoloso nel mondo globalizzato attuale, specialmente nel caso dei greci che hanno solo 2 miliardi di riserve valutarie e devono far fronte ad importazioni che eccedono di 20 miliardi le esportazioni (mancano 18 miliardi di riserve).
La chicca finale: i soldi su cui potrà eventualmente rivalersi la BCE, non saranno con estrema probabilità i depositi dei ricchi e benestanti greci, perché quelli i soldi li hanno già dirottati altrove, comprando case a Londra, mettendoli in cassette di sicurezza in Svizzera, investendoli in oro ed argento, ma saranno i risparmi dei pensionati, dei lavoratori, delle persone comuni, che oltre al danno subirebbero anche la beffa.
In conclusione, il referendum greco, fuor di retorica è un clamoroso atto di follia politica, autolesionista e senza prospettiva. Tanti interrogativi sarebbero da porsi su Tsipras ed il suo governo: ad esempio, perché indire un referendum addirittura dopo la scadenza del termine per il pagamento della rata? Non lo si poteva fare prima? Perché non lo si è fatto? Qual è la strategia del governo greco? Quali sono i passi successivi all’esito referendario?
La soluzione per la Grecia c’è ma non saranno certo degli ex comunisti, europeisti convinti come Tsipras ed i suoi dilettanti allo sbaraglio a poterla realizzare; purtroppo, ancora una volta, il popolo greco finirà per doverne pagare ingiustamente il conto.
di Stefano Di Francesco 02/07/2015
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » lun lug 06, 2015 8:39 pm

Grecia, Varoufakis si dimette. Tsipras: "Domani le proposte di Atene". Merkel-Hollande: "Rispettiamo la Grecia, ma anche gli altri Paesi"
Il ministro delle Finanze sul suo blog: "Porterò con orgoglio il disgusto dei creditori nei miei confronti". Al suo posto Tsakalotos. Domani Eurogruppo e summit Ue, telefonata tra il premier e la cancelliera. Merkel e Hollande: "Ora tocca alla Grecia". Banche chiuse fino a mercoledì. Fmi pronto a intervenire. La Bce garantisce la liquidità, ma congela il 27% dei depositi
di G. BALESTRERI e R. RICCIARDI

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... refresh_ce

MILANO - La testa di Yanis Varoufakis per far ripartire la trattative: il giorno dopo la vittoria del no al referendum greco sulla proposta di accordo da parte dei creditori, il ministro delle Finanze di Atene annuncia a sorpresa le sue dimissioni: verrà sostituito dal capo dei negoziatori greci, Euclid Tsakalotos (il ritratto). "Me ne vado - scrive Varoufakis sul suo blog - per aiutare Tsipras nella trattativa". Un negoziato che domani vivrà l'ennesima giornata calda, con Alexis Tsipras che, in una telefonata, ha assicurato alla cancelliera tedesca Angela Merkel la presentazione di una proposta greca su possibili aiuti ad Atene. In serata, intanto, si è riunito in teleconferenza il consiglio direttivo della Bce che ha confermato la liquidità (Ela) per le banche greche, confermandola a 89 miliardi di euro, a fronte però di maggiori garanzie. Di fatto viene congelato il 27% di tutti i depositi delle banche greche, con il rischio che possano essere i correntisti a farne le spese. L'orientamento della Bce è di aspettare l'esito del Consiglio europeo e dell'Eurogruppo in agenda domani, mentre le banche greche resteranno comunque chiuse fino a mercoledì.

La Merkel e il presidente francese Francois Hollande, invece, hanno avviato un bilaterale pre summit. "Tocca a Tsipras fare proposte serie e credibili", ha affermato il parigino al termine dell'incontro. Hollande sottolinea che "non c'è più molto tempo. Prendiamo atto del risultato e rispettiamo il voto dei greci perché l'Europa è la democrazia". Sulla stessa linea la Merkel: "C'è urgenza", le proposte di Tsipras devono arrivare "entro questa settimana". "Rispettiamo l'esito del referendum greco - dice Merkel - ma dobbiamo tenere conto anche di ciò che pensano gli altri 18 Paesi dell'Eurogruppo. Anche questa è democrazia".


Le trattative e i summit
Il dialogo riparte dunque a fatica dopo il radicalizzarsi della posizione ellenica, anche se il premier greco ha subito detto di interpretare la vittoria alle urne come un mandato rafforzato a stringere un accordo con i creditori. Un messaggio colto positivamente dal direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, che dopo "aver preso atto del risultato" ha annunciato di essere pronta ad aiutare le Grecia, "se il governo ne facesse richiesta". Il lavoro ferve in tutte le cancellerie, con i vertici delle istituzioni europee in contatto e il fiato sospeso per le decisioni della Bce, che deve scegliere se confermare o meno la liquidità d'emergenza alle banche greche: senza il cordone con l'Eurotower, sono praticamente spacciate.

Domani è previsto un vertice Ue, convocato dal presidente del Consiglio, Donald Tusk, alle 18. Un Eurogruppo dei ministri finanziari è in agenda alle 13 di domani e attende "nuove proposte da parte delle autorità greche", mentre in Italia si è tenuto un incontro tra Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan per fare il punto sulla situazione. Renzi chiede che gli incontri di domani "indichino una via definitiva per la soluzione". Per il portavoce del presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, dopo il referendum "le riforme sono ancora necessarie", ma certo l'esito "non avvicina una soluzione".

Aperture e chiusure
Il clima di allerta è grande: i mercati hanno riavviato le contrattazioni in rosso, con lo spread in ampliamento, ma non si sta per ora registrando il panico che alcuni paventavano. Le banche d'affari hanno rilasciato report nei quali assumono l'uscita della Grecia dall'Eurozona come scenario di base per i prossimi giorni, ma il filo delle trattative non si è interrotto. Parigi ha indossato sempre più i panni della 'colomba': il debito della Grecia "è troppo alto per consentire una ripresa" e discuterne una ristrutturazione "non è un tabù", sostiene il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin, che tende una mano ad Atene: "Ci sono le basi per un dialogo sul tavolo, ora spetta alla Grecia fare proposte". La stessa Syriza si è fatta forte di un report del Fmi sull'insostenibilità del debito per tornare a chiederne una sforbiciata, nell'ordine del 30%. Un'apertura arriva anche dalla Spagna, fin qui piuttosto rigida nelle sue posizioni: il ministro delle Finanze, Luis De Guindos, dice che Madrid è aperta ai negoziati per un terzo piano di salvataggio e Atene deve restare nell'euro.

Diverse le posizioni che filtrano da Berlino, dove il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, rimarca che "la porta resta sempre aperta", ma visto il risultato del referendum "al momento non ci sono i presupporsi per nuove trattative su altri programmi di aiuto". Anche l'uscita di scena di Varoufakis non basterebbe: "La questione non è sulle persone, ma sulle posizioni". Per il ministro dell'economia, Sigmar Gabriel, da una parte il "referendum è il rifiuto delle regole dell'Eurozona" e dall'altra "tutti i Paesi si devono preparare a mandare aiuti umanitari alla Grecia". Paletti a una eventuale ristrutturazione del debito arrivano dal membro del board Bce, Christian Noyer, per il quale "per definizione il debito greco alla Bce (una ventina di miliardi, ndr) non può essere ristrutturato perché ciò costituirebbe un finanziamento monetario" di uno Stato. Per Wolfgang Schaeuble, il tema non è comunque sul tavolo, mentre per il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, "non c'è una via d'uscita facile e il referendum ha ampliato le distanze".

Il cambio alle Finanze greche
Varoufakis - ringraziato pubblicamente dal portavoce di Tsipras - ha spiegato in un post sul suo blog di aver lasciato l'incarico per consentire al primo ministro di stringere più facilmente un accordo con i creditori. "Subito dopo l'annuncio dei risultati del referendum, sono stato informato di una certa preferenza di alcuni membri dell'Eurogruppo e di 'partner' assortiti per una mia... 'assenza' dai loro vertici, un'idea che il primo ministro ha giudicato potenzialmente utile per consentirgli di raggiungere un'intesa", ha scandito Varoufakis, "per questa ragione oggi lascio il ministero delle Finanze". Ha quindi aggiunto: "Considero mio dovere aiutare Alexis Tsipras a sfruttare come ritiene opportuno il capitale che il popolo greco ci ha garantito con il referendum di ieri e porterò con orgoglio il disgusto dei creditori". Euclid Tsakalotos, il coordinatore dei negoziatori greci al tavolo Ue, è stato incaricato della sostituzione di Varoufakis, che lo ha ostenuto.
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » mar lug 07, 2015 1:19 pm

L’UE E LA GRECIA SONO L’ESEMPIO DI 150 ANNI DI FALLIMENTI DEL SOCIALISMO

http://www.miglioverde.eu/barron-unione ... socialismo

di PATRICK BARRON

La Grecia non potrà pagare i suoi debiti… mai. Né potranno farlo molti altri Stati membri dell’Unione europea. Ecco perché le élite europee sono riluttanti nel mettere la Grecia in default. Se alla Grecia è permesso di abolire i suoi debiti, perché qualsiasi altro membro debitore dell’Ue dovrebbe pagare? Le conseguenze finanziarie di una massiccia inadempienza da parte della maggior parte dei membri della Ue è difficile da prevedere, ma la cosa non sarà graziosa. L’Europa ha costruito un castello finanziario di carta e la minima perdita di fiducia lo porterà al crollo. La tragedia dell’Europa ha al suo centro il socialismo. L’Europa ha flirtato con il socialismo dalla fine del XIX° secolo. Il socialismo ottocentesco bismarckiano ha prodotto due guerre mondiali. Il socialismo leninista ha macellato e ridotto in schiavitù centinaia di milioni di persone fino a quando è crollato, per fortuna senza una terza guerra mondiale. Tuttavia, non essendosi scoraggiati, dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale i socialisti europei hanno…
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Re: La Grecia, Greça, Greghia

Messaggioda Berto » mar lug 07, 2015 10:11 pm

Ke ensemense!

Crisi Grecia, “debito è illegittimo, illegale e insostenibile. E viola diritti umani”

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07 ... i/1847181/

L'economista Özlem Onaran, docente di Politica del lavoro all'università di Greenwich, fa parte della Commissione di verità istituita in aprile dal Parlamento ellenico. Le conclusioni sono che i soldi arrivati dalla troika sono andati per la maggior parte a ripagare i debiti vantati da creditori privati e a ricapitalizzare le banche. Solo un decimo si è trasformato in spesa pubblica. E le condizioni previste dal memorandum hanno causato una crisi umanitaria
di Dario Falcini | 7 luglio 2015

“Il debito greco non è solo illegittimo e non sostenibile, è illegale“. A parlare così è Özlem Onaran, docente di Politica del lavoro all’università di Greenwich. Fa parte della Commissione di verità sul debito pubblico in Grecia, organismo convocato lo scorso aprile dal parlamento ellenico e composto da esperti di undici paesi sotto la guida del belga Eric Tous­saint. I risultati delle loro analisi sono stati resi pubblici negli scorsi giorni e figurano tra i principali argomenti che Alexis Tsipras si è giocato nella vittoriosa campagna per il no. Onaran è una economista, ma nel suo ragionamento cifre e percentuali arrivano solo fino a un certo punto.

“Il nostro rapporto – spiega via Skype da Londra – mostra che le condizioni create dal Memorandum hanno fatto sprofondare la Grecia nella depressione e hanno portato con sé una ingente crisi umanitaria. Negli ultimi anni le istituzioni del Paese non sono state più in grado di dare seguito alle necessità minime dei cittadini. Sto parlando di diritto al lavoro, alla salute e all’educazione“. Una “questione di dignità” che metterebbe fuori legge l’ex troika e le sue politiche. “Tali diritti umani non sono assicurati solo dalla Costituzione greca, ma anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dallo Statuto delle Nazioni Unite. Commissione Europea e Bce assieme al Fondo Monetario Internazionale, con l’imposizione di povertà, disoccupazione e diseguaglianza, hanno dunque violato le loro stesse regole e princìpi”.
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Numerosi indicatori raccontano la crisi che soffoca la società greca: dal 2010, anno in cui i prestiti internazionali hanno cominciato ad affluire nelle casse di Atene, la perdita di salario dei lavoratori è stata del 38%, e allo stesso modo sono calati i redditi delle famiglie. La disoccupazione intanto vola verso il 30%, sussidi e assistenza sanitaria sono sempre meno garantiti. Secondo le stime della Commissione di verità sul debito il collasso delle retribuzioni ha portato a una perdita del 4,5% del Pil nazionale, crollato del 7,8% nel rapporto con il debito pubblico. Oggi il Paese vive un’emergenza umanitaria che la costrizione a ripagare prestiti e relativi interessi non può che peggiorare. “Per tutti questi motivi parliamo di debito odioso e ci rifacciamo a una teoria che risale alla fine dell’Ottocento: dopo la vittoria nella Guerra ispano-americana gli Stati Uniti non riconobbero gli impegni economici contratti da Cuba nei confronti della Spagna perché sostenevano che i crediti non furono messi al servizio dei cittadini. Un esempio più recente proviene dall’Ecuador che nel 2007, per questi motivi, ottenne una riduzione del 30% del debito. In Grecia, come nei casi citati, non è stata la popolazione a trarre benefici dai prestiti internazionali”.

Una tabella illustrata da Özlem Onaran spiega dove sono finiti i soldi. Si legge a pagina 22 della relazione della sua Commissione che il 46,3% degli oltre 243 miliardi che il Paese ha ricevuto negli ultimi cinque anni sono stati utilizzati per ripagare debito precedentemente contratto. Un altro 20% è andato alla ricapitalizzazione del sistema bancario, mentre solo un decimo di quei fondi ha alimentato la spesa pubblica. Insomma quei miliardi, il 60% dei quali prestati dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf) oppure bilateralmente dai Paesi dell’eurozona, sono stati per lo più indirizzati verso creditori privati e istituti di credito greci, tedeschi o francesi.

“In tale modo questi soggetti sono stati sollevati quasi del tutto dai rischi connessi al possesso di titoli di Stato. Oggi l’80% del debito pubblico nazionale è detenuto da creditori pubblici: quattordici Stati membri della zona euro, l’Efsf, il Fmi e la Bce, in pratica la stessa troika. Eppure quando fecero gli investimenti erano a conoscenza, oltre che dei benefici, dei pericoli potenziali”. Secondo la docente il programma di aiuti che ha portato la Grecia all’insolvenza e al trionfo del No al Referendum è basato su assunti “volutamente sbagliati”.

“Già nel 2010 – sostiene Onaran – il Fondo Monetario Internazionale aveva teorizzato l’insostenibilità del debito senza una ristrutturazione, ma Bruxelles impose le sue condizioni. Nel report della Commissione sono menzionati documenti dell’organizzazione che ammettono tale consapevolezza. Secondo Philippe Legrain, che fu advisor del presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso fino al 2014, gli interessi delle banche furono sistematicamente privilegiati rispetto a quelli dei cittadini. Sapevano a cosa saremmo andati incontro, eppure si è voluto che le cose procedessero fino a un braccio di ferro che lascia poco spazio alla razionalità economica e troppo all’ideologia”. Il suo auspicio è che il voto espresso in maniera chiara dal popolo greco riapra i giochi per una discussione onesta e, per una volta, lungimirante. “Nel 1953 – conclude – metà del debito della Germania fu cancellato con l’accordo di Londra. Oggi, come allora, l’Europa necessita di una conferenza sul debito. Coloro che sono usciti vincitori dalla crisi finanziaria non hanno interesse a cambiare le cose, ma le persone hanno diritto di sapere che i propri soldi sono stati usati per salvare le banche. La faccenda non riguarda solo la Grecia: attraverso le stesse dinamiche e con le stesse giustificazioni gli errori dell’austerity sono stati riprodotti negli altri Paesi europei”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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