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Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: sab gen 25, 2014 8:23 am
da Berto
Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa
viewtopic.php?f=92&t=449


Contro l'Europa o una certa Europa


MERKEL, CAPRO ESPIATORIO DELLE RUBERIE ALTRUI

http://www.lindipendenza.com/merkel-zucchi-ruberie


di CARLO ZUCCHI*

Il 3 gennaio di quest’anno scrissi che l’euro compiva dieci anni, ma era già pronto per la pensione. Per fortuna, la fine della moneta unica è ancora un’ipotesi che si farà di tutto per scongiurare, ma il fatto che da tempo si prendano in considerazione scenari post-euro la dice lunga sulla fragilità monetaria europea.

Oggi si dà la colpa alla Germania “rigorista” o alla Grecia “truffaldina”. Eppure, trovo non solo ingiusto, ma persino immorale fare di Angela Merkel il capro espiatorio per le ruberie altrui. Inoltre, va ricordato che l’euro è stato “ideato” all’inizio degli anni Novanta proprio per imbrigliare lo “strapotere economico e politico tedesco”, in seguito alla riunificazione, avvenuta nel 1989, dell’allora Germania Est con il resto del paese. Fu così che la dirigenza europea di quegli anni, sviata dai ricordi della seconda guerra mondiale e dagli incubi della “bestia bionda” di hitleriana memoria, si prodigò per ingabbiare la Germania. Chi oggi disegna Angela Merkel con i baffetti di Hitler lo tenga presente. In ogni modo, tra il 1995 e il 2005, la Germania ha fatto i “compiti a casa” senza che nessuno glielo ordinasse, riformando welfare e mercato del lavoro, così da aumentare la produttività con il consenso del sindacato. Ma ve la immaginate la Cgil che accetta, seppure momentaneamente, l’aumento dell’orario di lavoro a parità di stipendio? Chi invoca solidarietà incolpando la Germania di opporsi a una Bce che stampa moneta per soccorrere gli stati ladri, dovrebbe osservare quanto è accaduto in Italia, dove la classe politica meridionale è riuscita a soggiogare politicamente il nord produttivo, che a forza di mantenere un Mezzogiorno parassitario si sta economicamente dissanguando. Cattivi i tedeschi se non vogliono fare la stessa fine?

E poi, basta con la scusa che questa crisi viene dall’America. Certo, il bubbone è esploso lì, ma poiché le crisi non sono altro che la manifestazione di errori accumulati nel tempo, ciò che conta non è da dove prendono il via (è normale che scoppino nei paesi più dinamici dove girano più soldi e si fanno più investimenti), ma dove fanno più danni. Come con la roulette, non è importante tanto dove il croupier lancia la pallina, ma il numero in cui questa si posa. Il fatto che la “pallina” si sia posata sull’Europa, significa che qui si sono accumulati più errori ed è più urgente la necessità di riformare il sistema. E basta anche con la lagna che la crisi ha origini nella finanza. È vero che lì si è manifestata, ma bisogna chiedersi il perché. La verità è che solo attraverso un sufficiente accumulo di risparmio reale la crescita economica è sostenibile nel lungo periodo, mentre una crescita basata sull’emissione di moneta creata dal nulla dalla banca centrale e sull’espansione creditizia da essa stimolata non può che risolversi in una recessione. E se da decenni cresciamo a debito, è perché il mantenimento di moloch statali sempre più debordanti rende di fatto impossibile accumulare il risparmio sufficiente per una crescita solida. Non è un caso che, pur essendoci maggior risparmio privato rispetto ai paesi anglosassoni, proprio in Europa la crisi sia più acuta. Ciò è dovuto alla presenza di un welfare troppo generoso e finanziariamente insostenibile, attorno al quale si è formata una base di consenso talmente forte da renderlo politicamente non riformabile. Insomma, benché si sbraiti contro l’austerity, in Europa la spesa pubblica è da anni in continuo aumento, poiché l’eccesso di dipendenza creato dalla politica rende difficilmente riformabile il sistema. E gli speculatori, intuendo questo, disinvestono dai paesi più inefficienti dell’Eurozona acuendo, ma non causando, la loro crisi.

Purtroppo, oggi l’Europa paga le conseguenze di un’ideologia dirigista in nome della quale si è preteso di far convivere sotto la stessa moneta paesi troppo differenti tra loro. Ci è stato raccontato che l’euro sarebbe stato una garanzia per tutti i paesi aderenti alla moneta unica: al contrario, si è rivelato il più efficace veicolo di contagio. Inoltre, l’opacità della struttura della moneta unica ha fatto sì che i prezzi venissero distorti per troppo tempo impedendo al mercato di correggere gli errori che invece sono andati accumulandosi. Tra il 1994 e il 1998, per l’Irlanda e i paesi latini fortemente indebitati, il solo sostegno politico in favore dell’entrata nell’euro fu sufficiente a spingere i tassi di interesse verso la convergenza, cosi che, man mano che le attese di un ingresso nell’Eurozona crescevano i loro tassi di interesse diminuivano, incentivando politiche che favorivano i consumi a discapito degli investimenti, mentre i tassi dei paesi virtuosi (Germania) aumentavano, poiché adottando l’euro assumevano parte dei rischi dei paesi meno virtuosi. Ma con l’introduzione dell’euro il bluff si è scoperto e la competitività tedesca è iniziata ad aumentare, mentre quella delle “cicale” latine è scesa senza che potessero usare il paracadute della svalutazione monetaria.

Del resto, dar vita a un’unione monetaria costruita a tavolino, estendendola a un numero di paesi più ampio possibile senza preoccuparsi troppo delle loro differenze, denota una mentalità dirigista e persino totalitaria. E proprio la pretesa di omogeneizzare paesi diversi è indicativa di come questi eurocrati confidino nella loro capacità di plasmare uomini e popoli, senza preoccuparsi troppo se il paradiso in cui pretendono di farli vivere finirà per essere il peggiore degli inferni.

*Tratto da “La Voce di Romagna”

Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: lun feb 17, 2014 12:26 am
da Berto
Parké ła Xermagna ła ga xbandonà el Marco

https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... V4NVE/edit

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Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: sab mar 08, 2014 8:49 am
da Berto
Albert Salon: Contro l’Europa etnica germano-americana/2 de Giampiero Marano

on April 13, 2013 — 1 Comment

http://www.appelloalpopolo.it/?p=8679


Poco dopo la loro nascita, gli Stati Uniti d'America hanno cominciato a nutrire grandi ambizioni imperiali e a sviluppare un messianismo che assegnava al popolo eletto dei wasp (white anglo-saxon protestants) la missione divina di guidare l'umanità (…) Fin dal XIX secolo gli Stati Uniti si sono considerati come l'”Israele dei nostri tempi”. Guidare l'umanità significa innanzitutto dominare il Vecchio Continente, con l'aiuto di alleati europei.

E gli Stati Uniti non si sono mai sbagliati nella scelta del loro partner privilegiato nell'Europa continentale. Fin dall'inizio degli anni Venti hanno voluto riarmare la Germania col sostegno degli inglesi. Poi ancora verso la fine degli anni Quaranta, fino alla proposta di “partnership in leadership” lanciata da Bush padre a Kohl dopo il crollo del Muro (…)

I movimenti europeisti sono in parte finanziati dalle grandi fondazioni americane e dalla Cia. ???
Gruppi e organizzazioni che da più di 67 anni tendono a favorire la formazione in Europa di un insieme, di per sé impotente, di popoli vassalli degli Stati Uniti, pronti a seguire Washington nella sua strategia di dominio del mondo e nelle sue guerre. L'Unione Europea (cavallo di Troia della globalizzazione selvaggia) appare sempre più per quel che è: una subdola connivenza di fatto fra internazionalisti e capitalisti. I quali, certi di poter imporre più sovranazionalità a popolazioni disperate e imbavagliate, disprezzano i popoli, distruggono le nazioni e neutralizzano l'efficienza degli Stati.

Oggi i greci e domani molti altri – fra cui i francesi, lobotomizzati da ormai quasi tre quarti di secolo da ideologie internazionaliste e capitaliste convergenti – dovranno riapprendere due verità: la sovranità e l'indipendenza nobilitano e responsabilizzano.

L'attuale costruzione europea ha luogo, di fatto, attorno a un piccolo nucleo di Stati che proteggono e rafforzano attentamente i loro interessi politici, economici, culturali e territoriali: gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna e la Germania. Intorno a questi pochi eletti ruota un nuovo popolo europeo, indistinto, di iloti o dhimmi, un insieme di consumatori, vassalli di questi nuovi signori che mirano al dominio ovvero al “governo” del mondo annunciato da molti intellettuali americani e dai boss delle multinazionali, preparato in diversi laboratori di idee e da potenti organizzazioni internazionali come la Commissione Trilaterale, il Gruppo Bilderberg, gli incontri di Davos o il G8.

La missione delle istituzioni europee, già formulata a suo tempo da Jean Monnet, è quella di legare a poco a poco i giganti nazionali per impedire loro di rialzarsi. Una politica da lillipuziani che, durante il sonno di Gulliver, ne annodano i capelli intorno a un picchetto.

Non siamo più al sogno di una potenza europea che fa da contrappeso agli Stati Uniti e ad altre grandi potenze, come immaginava ingenuamente soprattutto la Francia, ma siamo di fronte alla realtà di un'Europa atomizzata, dipendente e vassalla dell'America in alcune sfere di vitale importanza: militare, monetaria, economica, culturale. E' un'Europa dettata, quasi ricalcata sul modello della Nato.

[dai “Quaderni speciali di Limes”, n. 3/2012]

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Li novi comounisti nasionalisti, statalisti, anticapitalisti, antimeregani, ...

Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: sab mar 08, 2014 9:02 am
da Berto
L’indipendenza scalare, riflessioni sul nostro futuro

http://www.lindipendenza.com/l%E2%80%99 ... tro-futuro

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di PAOLO BERNARDINI

Confesso che ho sofferto molto leggendo della sconfitta di Michela Murgia. In effetti, un 10% non e’ quanto ci si aspettasse. Eravamo al primo appuntamento di questo ricco 2014, il primo in cui ci fosse come posta in giuoco, davvero, l’indipendenza, come progetto di lungo termine, certamente. Forse si puo’ vedere il bicchiere, di bel vermentino paglierino, di bel monica rosso rubino, splendidi vini di una mirabile terra, e di terre altre a lei affini, mezzo vuoto piuttosto che mezzo pieno, ma la triste realta’ e’ che il bicchiere e’ pieno al dieci per cento, poco per dare veramente da bere agli assetati di liberta’.

Il secondo appuntamento, con la Crimea, si avvicina inaspettatamente, ma ricordiamoci che in Ucraina vi sono due territori-citta’ a statuto speciale, e un regione o repubblica gia’ autonoma, la Crimea appunto. Il referendum del 16 marzo probabilmente decretera’ la creazione di una nuova repubblica della Federazione russa, non una Crimea indipendente, come ci si aspetterebbe, e le cose potrebbero dunque mettersi male per quel 12% di popolazione tatara sopravvissuta, e chissa’ anche per quei valorosi 300 italiani di origini pugliesi che popolano Kerch. Ma alla fine, anche no.

A questo punto, e mentre sto scrivendo NON la Costituzione della III Repubblica Veneta (sono ambizioso ma non a tal punto), ma un “progetto di costituzione” cui spero si affianchino altri – sono infinite le costituzioni mai approvate, si pensi solo ai progetti italiani ottocenteschi, a partire da quelli siculi degli esordi risorgimentali, dove si parlava di “Stati Uniti d’Italia”, se non ricordo male – penso che occorra porsi sistematicamente, e francamente, una serie di domande.

Il fallimento (parziale, e provvisorio) della Murgia, ad esempio, e’ dovuto al fatto che i Sardi non sono ancora preparati all’indipendenza di cui parlano da secoli, e al fatto che il sistema clientelare dei partiti italiani assicura, vieppiu’ in una regione autonoma a statuto speciale (potenzialmente indipendente per Statuto, si veda l’art. 9 sulle entrate fiscali) sussidi a molti, moltissimi, che sono contemporaneamente parte degli apparati partitici, e dipendenti o funzionari pubblici, oppure e’ dovuto ad altro? E cosa potrebbe essere questo “altro”? Potrebbe essere il fatto che, nel progetto benemerito di Sardegna Possibile, ben articolato e di spessore, vi e’ presente un forte elemento di statalismo, welfarismo e di ecologismo “politically correct”, e, temo, anche un europeismo di fondo, che al primo elemento si associa. Insomma, Michela Murgia e’ di sinistra, abbastanza statalista, di una sinistra che e’ rimasta l’unica peraltro presentabile nel paese di Pulcimerda, l’ultima palingenesi di Pulcinella ora che siamo nel degrado estremo, declinati all’ablativo, all’omega assoluto.

Salmond avra’ successo? Glielo auguro di cuore. La Catalogna avra’ successo? Sperem. Ma attenzione. Non ne sono del tutto sicuro, senza volermi associare alla moda deleteria del disfattismo e dell’avevo-dettismo-mi. Nel momento in cui si omaggia una parola come indipendenza, che e’ sinonimo di liberta’ in quasi tutte le lingue del mondo, il non-dipendere, appunto (in Russo, ad esempio, Не-зави́симость), siamo in una dimensione diversa rispetto ad ogni possibile compromesso. Detto chiaramente, un elettore sensibile, avvertito, conscio che sa che da una scelta radicale (come definirla altrimenti?) dipende il proprio futuro, e il futuro dei propri figli, potra’ veramente votare per un movimento indipendentistico che alla dipendenza dalla sovranita’ statuale sostituisca la dipendenza da una sovranita’ centralistico-imperialistica come quella dell’UE?

In buona sostanza, mi vado sempre piu’ convincendo che la resistenza verso i movimenti indipendentistici, quel successo risicato del 10% di una brillante e appassionata Michela Murgia, non sia da ricercarsi solo nell’ignoranza, ignavia, spirito di servitu’ dell’elettore medio. Ma sia da ricercarsi nei limiti del progetto indipendentistico nella misura in cui si contraddice, sostituendo la dipendenza da un ente ormai esso stesso dimidiato, mutilato del tutto nella sovranita’ (come l’Italia: Frau Merkel ha detto “fate presto!” quando Letta e’ stato cacciato, ma nessuno che sia uscito a dire all’Onorevole Cancelliera “Si faccia i cazzi suoi!”, perche’ appunto ormai i cazzi suoi sono i cazzi nostri, l’identita’ fallica e’ perfettamente confusa), con la dipendenza dal IV Reich europeo. Istintivamente, perfino un anti-italiano come me ha alzato la penne patriottiche nel sentire che oramai siamo, manifestamente, eteroguidati.

Proviamo a ripensare l’indipendenza come indipendenza di scala. Il Veneto dall’Italia, l’Italia dall’EU. Forse cambierebbe la dimensione progettuale. Ci si sentirebbe fratelli davvero con gli altri italiani che per varie ragioni non vogliono o (per ora) non possono creare i loro piccoli stati federali e indipendenti. Il tentativo di scala riesce all’EU. Facendo dell’Italia cio’ che l’Italia – tra mille sofferenze, non sono tutti cattivi o delinquenti i politici, diciamo in gran parte – ha fatto del Meridione: ovvero creando un paese di derelitti assistiti la cui parte produttiva si assottiglia sempre di piu’, e la cui parte assistita diviene sempre piu’ dipendente dall’entita’ statuale, nel paradosso dei regimi di comunismo realizzato, e con le stesse schifose elite economico-politiche al potere, in una forbice sempre piu’ grande tra i pochi ricchissimi e le masse di miserabili diseredati (letteralmente: i padri non potranno piu’ lasciare nulla ai figli, mentre i nonni moribondi con le loro pensioni divenute rimesse alimentari badano solo ai figli: ma i nipoti, sono perduti).

Rispondiamo alla scalarita’ europea con la scalarita’ italiana. Al contrario, tuttavia. Per questo il mio progetto prevede un Veneto monetariamente sovrano, libero se mai di aderire all’Europa di Schengen, ma neanche quello sarebbe auspicabile. I nuovi sviluppi della Svizzera pongono in serio dubbio la sua appartenenza a Schengen, e credo che essa sara’ presto ripensata.

Proviamo a pensare ad un’Italia senza Veneto, senza Lombardia, senza Sardegna, e senza EU. Andrebbe veramente in rovina? Andrebbe incontro ad un profondo, salutare riassestamento. Ma chissa’ che alla fine non risulti positivo. Perche’ di fatto siamo commissariati, ma allora tutto sommato preferisco che la Prof. Giannini sia il mio ministro con il suo sorriso da pubblicita’ come le fossette della barista nella canzone di Guccini, piuttosto che nominino direttamente da Bruxelles un clone delle SS che mi dica che cosa devo insegnare a Como: “Come e’ umano Lei, posso continuare ad insegnare in italiano o inglese, o devo farlo in tedesco…? E la prego, sii ancora piu’ umano, tenghi lontano il cane a lupo dalla mia cattedra…”). Ridiamo, si, ma per non piangere.

Se il Movimento 5Stelle, e mi rivolgo al mio collega ed amico Paolo Becchi, di cui ho stima profonda dai tempi dei miei anni felici di gioventu’ in via Balbi a Genova, concertasse una bella azione collettiva con tutti i movimenti indipendentistici italiani, se ci si sedesse ad un tavolo tutti insieme, come Guccini, Dalla, Vecchioni e soci nel lontano 1977, con un’ombra di quello buono, e si pensasse bene come sciogliere i legami del Veneto con l’Italia, dell’Italia con la UE, in un sistema di secessioni armonico, forse questa sarebbe la carta vincente.

Prevengo le obiezioni dei lettori: il Movimento 5Stelle e’ fatto di statalisti coi fiocchi, di welfaristi demagoghi, etc. Mah… Siano messi alla prova non in un parlamento commissariato, imbelle e triste, ma in una vera arena di governo indipendente. E allora anche i cari amici che sognano il federalismo, sarebbero sicuramente accontentati. Un Veneto libero, una Lombardia libera, con chi avrebbero maggiore interesse a trovare accordi economici (prodromo di eventuali politici) se non col resto d’Italia? Un federalismo leggero e a posteriori (ovvero ottenuta l’indipendenza veneta e lombarda etc. dall’Italia, e ottenuta l’indipendenza dell’Italia dall’UE), sarebbe eventualmente possibile, e allora anche una Padania (leggerissima), una Napolitania, e cosi’ via.

Proviamo a pensare ad una indipendenza scalare! Se il mondo e’ fatto a scale, chi le scende siamo noi tutti (Veneto, ma anche Sicilia, Lombardia, ma anche Campania…), chi le sale sono gli eurocrati alleati con banchieri e finanzieri, e i politici italiani che danno loro il culo poiche’ il cervello, o il cuore, non li hanno mai avuti dalla nascita. Leggete Karl Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850. Davvero. Come nella tristissima canzone di Cocciante, “era gia’ tutto previsto”. Nella Francia di Luigi Filippo d’Orleans. “D’ora innanzi regneranno i banchieri.” Siamo nel 1830. Facciamola finita!

Comenti================================================================================================================================

Alberto Pento
8 Marzo 2014 at 7:55 am #
Morandini el scrive:

Si faccia i cazzi suoi!”, perche’ appunto ormai i cazzi suoi sono i cazzi nostri, l’identita’ fallica e’ perfettamente confusa), con la dipendenza dal IV Reich europeo. Istintivamente, perfino un anti-italiano come me ha alzato la penne patriottiche nel sentire che oramai siamo, manifestamente, eteroguidati.


A mi no me capita parké no so antitałian par fora e tałian par drento, mi no so par gnente tałian e prasiò no podarà mai capitarme de provar on sentimento pareotego (pare = padre=patre) pa ła Tałia e el so stado.
Par mi ła Tałia e el stato tałian łi pol ndar a remengo anca suito e kel diavolo el se łi toga presto.
Se gavese da sernir on stado a cu anetarme, prima a sernaria ła Xvisara e dapò ła Xermagna.
Mi no so antixerman e ai ladri e buxiari taliani a prefariso sento olte łi pì coerenti e manco ladri e buxiari todeski.

Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: mer mar 12, 2014 11:07 am
da Berto
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http://www.lindipendenza.com/crisi-in-e ... n-germania

Crisi in Europa, e in molti vogliono trasferirsi in Germania

Boom di immigrati in Germania lo scorso anno, sulla spinta delle difficoltà economiche dovute alla crisi nei Paesi di origine. Dei 518.800 stranieri che si sono trasferiti in Germania nel 2013, tre quarti provengono da altri Paesi europei. Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, su una popolazione di 80 milioni di abitanti a fine 2013, 7,6 milioni sono stranieri, il numero più alto da quando, nel 1967, sono iniziate le rilevazioni. Rispetto al 2012, inoltre, i cittadini provenienti da Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, sono aumentati di 63.700 unità.

Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: ven mar 14, 2014 8:30 pm
da Berto

Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: mar mar 18, 2014 5:48 pm
da Berto
Euroscettici sì, ma per costruire un’Europa dei popoli

http://www.lindipendenza.com/euroscetti ... dei-popoli

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di GIUSEPPE ISIDORO VIO

L’Eurozona è un club di paesi indipendenti i cui cittadini, tramite i loro governi, solo in apparenza hanno aderito volontariamente alla moneta unica, tranne i casi in cui si è svolto un referendum popolare. Francia e Germania non avrebbero costituito l’Eurozona senza la partecipazione dell’Italia, per cui nel 1999 l’ex-presidente del Consiglio Prodi (uomo di Bilderberg e Commissione trilaterale) forte sostenitore dei vantaggi per l’Italia dati dalla moneta unica, obbligò gli italiani a grossi sacrifici per aderire all’euro e non bastando, falsificò anche i bilanci pur di conseguire l’obiettivo, ingannando i cittadini italiani oltre che i tedeschi, i francesi e tutti gli altri che vi hanno poi aderito. Ciò nonostante, grazie a dieci anni di spread insignificanti (che all’Italia consentirono interessi minimi sul consistente debito pubblico che già aveva quando aderì all’euro) i politici italiani e degli altri PIGS si trovarono nella condizione di sistemare almeno in parte i conti dei loro paesi e invece hanno fatto le cicale. Pertanto, i risentimenti e le tensioni che i cittadini europei possono nutrire gli uni contro gli altri, sono conseguenza di scelte sbagliate delle rispettive classi dirigenti e degli eurocrati.

C’è quindi bisogno di un rinnovamento profondo della politica europea e delle sue classi dirigenti che porti a una nuova visione e costruzione dell’Europa, ossia all’Europa Confederale e Democratica dei Popoli invece che quella antidemocratica degli Stati Nazionali, controllata dagli eurocrati al servizio dei banchieri. La crisi economica dei PIGS è un circolo vizioso da cui non se ne esce, a tutto vantaggio della speculazione borsistica internazionale, un cavallo a briglia sciolta drogato da un micidiale mix fatto di globalizzazione e d’informatizzazione spinta dei mercati che fa uso di mega server superveloci e programmi di calcolo sempre più sofisticati.

Le colpe della crisi dei PIGS non sono state dei paesi nordici virtuosi, ma vanno ripartite tra gli stessi PIGS (i cui Governi non hanno mantenuto i conti in ordine o hanno barato su di essi) l’Eurozona, in quanto unione monetaria senza unione politica e la speculazione finanziaria fuori dal controllo della politica. La BCE (detenuta da banche private, comprese quelle dei paesi dell’UE che non aderiscono all’euro) è un’istituzione di proprietà privata che svolge una funzione pubblica. E’ palese la sua incapacità di contrastare la speculazione con la stessa tempestività con cui questa opera nei mercati né avrebbe utilità a farlo. Per quanto minimi, infatti, essa lucra interessi dalle banche private europee che sostiene concedendo a esse dei prestiti. Direttamente o attraverso l’acquisto di titoli sovrani, a loro volta queste banche girano tali interessi (ben accresciuti) ai cittadini europei, soprattutto dei paesi più indebitati.

La soluzione a tutto ciò sarebbe abbandonare l’euro. Ipotesi alternative sarebbero quella dell’Euro a due velocità o costituire un nucleo iniziale di vera unione politica europea, oltre che monetaria, tra alcuni paesi con economie compatibili, cui se ne potrebbero aggiungere altri nel tempo, e con una banca centrale totalmente pubblica che possa emette valuta come la FED, missione difficile, se non impossibile, a causa del permanere di forti interessi legati all’esistenza degli Stati Nazionali. Per realizzare l’unione politica europea (unica via di salvezza, prosperità e convivenza pacifica e armoniosa degli europei) non c’è che l’Europa Confederale e Democratica dei Popoli al posto di quella delle Nazioni in mano ai Banchieri (non dimentichiamo che anche la Banca d’Italia è di proprietà privata pur svolgendo una funzione pubblica).

Molto presto tutti i cittadini europei capiranno che a metterli gli uni contro gli altri sono queste élite di potere di eurocrati e banchieri che li impongono leader e sacrifici e li trattano come sudditi da spremere e imbonire. Esse approfittano dello stallo in cui si trova il percorso di unificazione europea, con i popoli europei sospesi e intrappolati in una specie di limbo spazio-temporale, dove non hanno più la loro sovranità nazionale né possono acquisire quella europea a causa di un Parlamento dai poteri ancora molto limitati, per quanto ben rappresentato. Anche troppo rappresentato, considerati i costi necessari per garantire due sedi (Bruxelles e Strasburgo) più le ultra pagate e ambite poltrone di questi ridondanti, ininfluenti ed esautorati europarlamentari, costretti a legiferare sulle dimensioni standard di carote e patate per ammazzare il tempo e meritarsi lo stipendio. Consci che l’euroscetticismo non è la negazione dell’UE ma la ripudia all’UE com’è stata concepita finora, si dovrà pertanto scegliere i prossimi europarlamentari non perché vadano a Bruxelles per determinare la misura ottimale di mele e arance, ma perché dibattano e legiferino con lungimiranza per rifondare in profondità le basi dell’impalcatura europea stessa, opponendosi con forza a quest’Europa lontana e indifferente alle esigenze delle popolazioni.


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1) C’è quindi bisogno di un rinnovamento profondo della politica europea e delle sue classi dirigenti che porti a una nuova visione e costruzione dell’Europa, ossia all’Europa Confederale e Democratica dei Popoli invece che quella antidemocratica degli Stati Nazionali, controllata dagli eurocrati al servizio dei banchieri.

No xe vero ke li eurocrati li xe al servisio dei bankeri, li eurocrati li xe al servisio dei gowerni de li stati ke gowerna l'Ouropa e parké tanti bankeri de ogni stato li xe anca poledeghi e tanti poledeghi li xe anca bankeri.


2) La BCE (detenuta da banche private, comprese quelle dei paesi dell’UE che non aderiscono all’euro) è un’istituzione di proprietà privata che svolge una funzione pubblica. E’ palese la sua incapacità di contrastare la speculazione con la stessa tempestività con cui questa opera nei mercati né avrebbe utilità a farlo. Per quanto minimi, infatti, essa lucra interessi dalle banche private europee che sostiene concedendo a esse dei prestiti. Direttamente o attraverso l’acquisto di titoli sovrani, a loro volta queste banche girano tali interessi (ben accresciuti) ai cittadini europei, soprattutto dei paesi più indebitati.

No xe vero ke la BCE la xe de purpietà de privati, parkè la xe de purpietà de le Banke Centrali de li stati e le Banke Centrali le xe gowernà da li stati anke se le ga al so rento Banke comerçali e Banke pioveghe parké controlà da fondasion ke le xe en man a enti pioveghi.


3) La soluzione a tutto ciò sarebbe abbandonare l’euro. Ipotesi alternative sarebbero quella dell’Euro a due velocità o costituire un nucleo iniziale di vera unione politica europea, oltre che monetaria, tra alcuni paesi con economie compatibili, cui se ne potrebbero aggiungere altri nel tempo, e con una banca centrale totalmente pubblica che possa emette valuta come la FED, missione difficile, se non impossibile, a causa del permanere di forti interessi legati all’esistenza degli Stati Nazionali. Per realizzare l’unione politica europea (unica via di salvezza, prosperità e convivenza pacifica e armoniosa degli europei) non c’è che l’Europa Confederale e Democratica dei Popoli al posto di quella delle Nazioni in mano ai Banchieri (non dimentichiamo che anche la Banca d’Italia è di proprietà privata pur svolgendo una funzione pubblica).

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4) Molto presto tutti i cittadini europei capiranno che a metterli gli uni contro gli altri sono queste élite di potere di eurocrati e banchieri che li impongono leader e sacrifici e li trattano come sudditi da spremere e imbonire. Esse approfittano dello stallo in cui si trova il percorso di unificazione europea, con i popoli europei sospesi e intrappolati in una specie di limbo spazio-temporale, dove non hanno più la loro sovranità nazionale né possono acquisire quella europea a causa di un Parlamento dai poteri ancora molto limitati, per quanto ben rappresentato. Anche troppo rappresentato, considerati i costi necessari per garantire due sedi (Bruxelles e Strasburgo) più le ultra pagate e ambite poltrone di questi ridondanti, ininfluenti ed esautorati europarlamentari, costretti a legiferare sulle dimensioni standard di carote e patate per ammazzare il tempo e meritarsi lo stipendio. Consci che l’euroscetticismo non è la negazione dell’UE ma la ripudia all’UE com’è stata concepita finora, si dovrà pertanto scegliere i prossimi europarlamentari non perché vadano a Bruxelles per determinare la misura ottimale di mele e arance, ma perché dibattano e legiferino con lungimiranza per rifondare in profondità le basi dell’impalcatura europea stessa, opponendosi con forza a quest’Europa lontana e indifferente alle esigenze delle popolazioni.

En parte a so d'acordo ma mi no vago a votar. Dixen ke mi come veneto a so contento de perdar la soranetà taliana,

Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: ven mag 23, 2014 9:14 am
da Berto
Europee, la zavorra non è la Merkel

http://www.lindipendenza.com/europee-la ... -la-merkel

Sarkozy non è nuovo alle uscite del tipo: bisogna rivedere Schengen. Lo ha fatto ancora, a pochi giorni dal voto europeo, inneggiando peraltro ad una zona forte dell’euro, una zona franco-tedesca. Quasi viene da pensare ad un’area per un euro competitivo, una doppia valuta per non perdere in competitività grazie alla zavorra del Mediterraneo, Italia compresa.

In realtà ai tedeschi un’alleanza con la Francia non porterebbe a successi economici. L’idea dell’ex presidente è cosa vecchia e, francamente, non conviene a Berlino.

Però, a differenza dei politici italiani, Sarkozy ha capito che fare la guerra alla Merkel non risolve i problemi di casa. In alcuni manifesti elettorali al Nord abbiamo visto invece frasi comparative del tipo: o voti me (con la foto gigantesca del candidato), o voti lei (con l’immagine della cancelliera). La comparazione è fuori bersaglio. Persino sul circuito di Radio Marconi, fonte cattolica – di sinistra – di informazione – si ironizzava sulla campagna antitedesca durante queste europee. La Germania è più forte? Qualcuno evidentemente glielo permette: 20 anni di Italia senza riforme, un Nord abbandonato ai sogni mancati. Non è colpa di Angela.

Insomma, avercela una Merkel, anche a casa nostra. Abbiamo avuto invece altri governatori regionali, dei grigiocrati che verranno prima o poi spazzati via; abbiamo avuto ministri di una pochezza epocale, riforme annunciate venti volte e sprofondate nella vergogna più nera. Abbiamo dato tutti i treni in mano a chi ha avuto il consenso elettorale. Siamo rimasti fottuti.

Alla Merkel, francamente, dei manifesti italiani e del Nord poco importa. La Germania guarda a est preoccupata, perché, mentre il duello della politica si concentra sui sondaggi no euro, a nessuno viene in mente di dire che la Russia ha appena siglato con la Cina un accordo da 460 milioni di dollari per il gas e il petrolio. L’asse così si rafforza, mentre la Germania continua ad essere con la Merkel un punto di mediazione per gli interessi statunitensi di controllo in Europa. E noi, con le nostre basi, non siamo da meno.

Obama può chiamare quanto vuole Putin il re di una potenza regionale, intanto però i russi sperimentano un missile balistico a testata multipla che arriva a 10mila chilometri.

E noi? Si litiga ancora sugli F35, si pensa che si possa avere più voce attaccando la Merkel. Il sogno di un’Europa diversa, meno nazionalista, difficilmente uscirà dal voto del 25 maggio. Ma più uscirà un voto di rottura del sistema, di interdizione ai poteri forti, più a casa, nei parlamenti regionali, si troverà forza per alimentare la speranza di una indipendenza dai partiti italioti, quelli che la Merkel se la sognano.

Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: mar dic 02, 2014 6:25 am
da Berto
"Appena i cittadini capiranno i vostri inganni, vi impiccheranno".

https://www.facebook.com/video.php?v=882046445161601

Re: Contro l'Ouropa o na çerta Ouropa

MessaggioInviato: mer apr 08, 2015 11:41 am
da Berto
SVIZZERA, UN MODELLO ALTERNATIVO A QUELLO DELL’UNIONE EUROPEA
di ROLAND DESJARDENS

http://www.miglioverde.eu/svizzera-un-m ... ne-europea
http://www.lesobservateurs.ch/2015/03/2 ... de-leurope

Nel momento in cui la sinistra a Ginevra intensifica la sua propaganda pro-UE, in particolare tra i giovani, è importante ricordare le differenze politiche fondamentali tra la Svizzera e l’Unione Europea. I nostri cittadini devono capire che l’adesione alla UE farà perdere alla Svizzera la sua democrazia diretta e la sua identità. Inoltre distruggerà per i popoli europei ogni speranza di alternativa al totalitarismo morbido di Bruxelles.
Il 23 febbraio, in occasione dell’ultima sera delle “Promozioni dei Cittadini” di Ginevra, riservata ai giovani che hanno appena raggiunto la maggiore età, le signore Emery-Torracinta e Esther Alder, insieme al signor Sami Kanaan, sono riusciti a far troneggiare la bandiera dell’Unione europea tra quella svizzera e quella di Ginevra. Queste personalità benpensanti del partito socialista e dei verdi hanno voluto così condizionare il loro giovane pubblico ad accettare l’idea che il destino del nostro Cantone e del nostro paese sia quello di aggregarsi alla UE. Ma che cosa è l’Unione europea, e quali sono le differenze tra UE e Svizzera sul piano politico?

Ideologia contro pragmatismo
L’UE è disciplinata secondo i principi stabiliti da ideologi, tecnocrati e politici imbevuti di utopie. Persuasi di incarnare il Bene, il progresso e della modernità, questi esortano le nazioni europee ad abbracciare il loro modello unico di società perfetta. Gli svizzeri vogliono essere governati da persone con esperienza pratica di relazioni umane che abbiano sia il rispetto dei cittadini, sia senso della realta’, sia il consenso necessari al funzionamento armonioso di una vera democrazia del popolo per il popolo. [confronta il discorso di Gettysburg di Abraham Lincoln, <<… we [must] take increased devotion that the government of the people, by the people, for the people, shall not perish from the earth>>].

Élites contro popolo
Nei circoli dirigenti dei paesi e delle istituzioni della UE regnano la convinzione che la politica è solo una questione di élite ed esperti hanno necessariamente una formazione universitaria. I cittadini comuni non sono considerati in grado di esprimere un parere autorevole e qualificato sugli orientamenti politici, economici e sociali che orientano l’evoluzione della loro societa’. Questa mentalità è particolarmente radicata nella burocrazia dell’UE che aborre la democrazia diretta e non stima i cittadini comuni, che percepisce come mediamente ignoranti, incapaci di riflettere e retrogradi. Molte decisioni della tecnocrazia di Bruxelles sono prese a dispetto dell’opinione pubblica, e anche contro la volontà popolare espressa nei referendum.
L’esempio più lampante di questo approccio è l’adozione nel 2007 da parte della UE e dei suoi Stati membri del Trattato di Lisbona, che comprendeva la maggior parte del Trattato sulla Costituzione europea, bocciato nettamente nel 2005 dai referendum popolari olandesi e francesi. In Svizzera non c’e’ il culto degli studi superiori e di conseguenza non c’e’ alcuna legittimazione trascendentale dei mandarini dalla classe intellettuale. I politici sono eletti sulla base del loro programma e delle loro azioni concrete, e la loro formazione è un elemento secondario.

Stato contro singoli individui
Le istituzioni della UE, seguendo l’esempio francese, sono fermamente convinte che lo Stato europeo che hanno costruito pietra per pietra per trenta anni deve avere un ruolo centrale nella vita dei cittadini. La fede nella onniscienza e l’infallibilità di quello che è ancora un proto-stato viene continuamente affermata per giustificare la pretesa di gestire ogni aspetto della societa’.
Gli svizzeri rispettano il loro Stato, cui hanno affidato poteri sovrani. Ma consapevoli del rischio di uno Stato eccessivamente intrusivo, hanno messo chiari limiti al potere del governo di intromettersi nella vita dei cittadini e delle imprese. Nel modello politico svizzero l’individuo rimane al centro, non lo Stato.

“Valori” comunitari contro democrazia diretta
L’Unione europea è un’entità post-democratica, che si propone come una comunità di valori. Le popolazioni dell’unione Europea vengono obbligate a condividere i valori stabiliti dalle élite politiche e tecnocratiche della UE. L’espressione democratica della volontà popolare viene rispettata da Bruxelles solo se non è in conflitto con questi valori. La Svizzera, invece, e’ concepita come una democrazia diretta in cui i cittadini devono rimanere padroni del proprio destino. Ai valori specifici delle élite al potere, gli svizzeri preferiscono la saggezza collettiva che si esprime col voto popolare.

Legislatori designati contro legislatori eletti
Il corpo legislativo principale dell’UE, la Commissione europea, è composto esclusivamente da funzionari non eletti. Ventotto commissari di Bruxelles sono nominati dai capi di Stato e di governo dei paesi membri.
In Svizzera sono i deputati che traggono la loro legittimità dal suffragio universale, il governo eletto dall’Assemblea federale e il popolo stesso che elaborano e propongono le leggi.

Politici professionali contro politici di milizia
Nella UE la stragrande maggioranza dei parlamentari eletti sono politici di carriera provenienti dalle amministrazioni statali, che in alcuni casi sono costretti a tornare nell’amministrazione statale quando non sono confermati alle elezioni. Conoscono molto bene i corridoi del potere e dei partiti, nonché il funzionamento dello Stato. Ma di solito ignorano le leggi dell’economia. In Svizzera una frazione significativamente minore di eletti sono professionisti della politica, inoltre chi viene eletto di regola mantiene la propria occupazione durante il mandato elettorale. Questo è il principio della politica come milizia. Molti eletti in Svizzera hanno attività nel settore privato e conoscono le regole base dell’economia.

Differenze nei rapporti tra cittadini e legislatori
Nei paesi europei le democrazie sono rappresentative: gli elettori scelgono i deputati a rappresentarli, ma poi non hanno più alcun controllo sulle leggi votate nel Parlamento europeo e nei parlamenti nazionali.
In Svizzera invece i referendum danno diritto ai cittadini di bocciare le leggi approvate dall’Assemblea federale. Inoltre i cittadini possono anche, attraverso iniziative popolari, proporre nuove leggi all’approvazione del popolo sovrano. Allo stesso modo, al livello comunale e cantonale sono sempre gli elettori, non i politici, che hanno l’ultima parola grazie ai numerosi referendum promossi da cittadini, associazioni e partiti politici.

Centralizzazione contro decentramento.
L’Unione europea, attingendo ancora una volta dal modello politico francese, è diventata negli anni un’organizzazione molto centralizzata.
Non è cosi’ in Svizzera, dove il federalismo consente un’ampia autonomia dei Cantoni e dei Comuni.

Sovranità condivisa contro sovranità indivisibile
L’UE ha organizzato dal 1980 – spesso con la complicità dei capi di Stato e di governo nazionale – un trasferimento crescente di sovranità dagli Stati nazionali alle sue istituzioni. Bruxelles ritiene vantaggioso questo processo di evoluzione verso una sovranità condivisa e vieta a chiunque di vedere un attacco ai diritti democratici fondamentali.
Tuttavia, questo trasferimento ha come conseguenza non solo la perdita del controllo della costruzione europea da parte dei popoli e dei parlamenti dei Paesi che compongono l’Unione europea, ma anche la fine dell’indipendenza delle politiche nazionali, che anzi vengono progressivamente sempre più influenzate dalle direttive di Bruxelles.
La Svizzera è visceralmente attaccata alla sua sovranità nazionale e il potere legislativo deve sempre poter essere controllato direttamente dal popolo. Qualsiasi trasferimento di sovranità a istituzioni sovranazionali suscita molte polemiche nel Paese. Così, il primato della Corte europea dei diritti dell’uomo sui tribunali svizzeri dal 1974 costituisce un problema per un numero sempre maggiore di svizzeri. La supremazia giuridica della CEDH potrebbe presto essere messa in discussione da una iniziativa popolare per ripristinare la superiorità della legge svizzera sul diritto internazionale.

Desiderio di standardizzazione contro desiderio di libertà
La UE sostiene di essere l’unico soggetto politico in grado di rappresentare l’Europa. Per Bruxelles forme alternative di organizzazione sono sospette o illegittime. All’Unione europea non piace la diversità e la concorrenza rappresentati ancora dagli altri sistemi politici rimasti in Europa (Norvegia, Islanda, Svizzera, Liechtenstein). Essa cerca unificazione politica totale del continente, per raggiungore un potere completo. Il modello svizzero è respinto da Bruxelles in quanto prodotto di una storia unica che non può essere applicata in altri Paesi.
Per quanto riguarda la Svizzera, ha modesto successo e non cerca di influenzare i suoi vicini. Vuole solo difendere e preservare le sue caratteristiche che hanno permesso alla sua democrazia di fiorire e alla sua economia di prosperare. La Svizzera vuole commerciare con l’Unione Europea, scambiare studenti e partecipare a progetti scientifici e culturali comuni. Ma non vuole far parte dell’Europa politica e del mercato comune europeo, adottando il corrispondente quadro normativo. Senza complessi nei confronti delle élite del potere di Bruxelles, la Svizzera vuole stare lontana dall’esperienza disfunzionale, ansiogena e deleteria che e’ diventata la UE. La Svizzera vuole solo rimanere libera e sovrana.

Identità orizzontale contro identità verticale
Bruxelles cerca di costruire un’identità post-storico partendo da dogmi globalisti disancorati dall’eredita’ storica europea. La sua ideologia pretende di superare non solo la storia e la personalità di ciascuno dei paesi che compongono l’Unione europea, ma complessivamente tutta la civiltà europea. La pretesa di universalità UE va quindi anche oltre i confini europei. L’Unione europea si propone come un modello di governo per il mondo intero, e ambisce ad accogliere nel suo seno un giorno anche Paesi non europei. Questa visione è percepita con sospetto e apprensione dai popoli degli Stati della UE che restano, contrariamente a quanto pretende Bruxelles, molto attaccati alle loro radici nazionali e alle specificità della civiltà originale che si è sviluppata nel nostro continente.
La Svizzera rivendica invece una forte identità, ancorata al suo territorio e alla sua storia, costruita sui valori della democrazia diretta, della libertà individuale, della responsabilità del cittadino e dell’amor di patria.

Futuro contro passato e presente
L’UE ha solo disprezzo il passato nazionale dei Paesi che compongono il nostro continente, passato nazionale che riduce alle loro guerre. Critica la condizione presente dell’Europa, che tarda a piegarsi al suo destino sublime di completa unificazione statale. Magnifica il futuro meraviglioso che ci prepara senza sosta, un futuro ideale per la sua oligarchia ma visto con angoscia da gran parte della popolazione europea.
La Svizzera si prende cura della sua condizione presente senza rinnegare il suo passato che le dà l’ispirazione e il coraggio per costruire il suo futuro.

Rottura contro eredità
I partigiani esaltati della UE hanno rifiutato di assumere e perpetuare il paradigma nazionale, democratico e liberale dei Paesi europei, prodotto fragile e imperfetto dell’evoluzione, costruito dall’esperienza e il ragionamento delle generazioni precedente. Come i giacobini rivoluzionari francesi del 1793, che si lasciarono abbagliare da una ideologia radicale e semplicistica di rottura con il passato. Purtroppo, hanno fatto la scelta di rifiutare in blocco le culture e la sovranità nazionali che ritengono pericolose. Hanno anche abbandonato gli elementi specificamente europei della nostra civiltà nel respingere la tradizione giudaico-cristiana e indebolendo notevolmente le sue democrazie nazionali, che sono ora soggette a una comunità di valori imposti da una casta tecnocratica. L’utopia degli Stati Uniti d’Europa pretende di liberare il nostro continente dai suoi demoni del passato, ma non fa altro che precipitarlo verso un ordinamento disumanizzante e stile alla libertà.
I concetti di conservazione, continuità, e trasmissione della cultura storica rimangono saldamente radicati in Svizzera. Gli svizzeri rifiutano di abbandonare un modello di società che e’ stato ben sperimentato. Non sono interessati al futuro luminoso di uguaglianza indifferenziata che viene fatto baluginare da Bruxelles. La Svizzera percepisce la modernita’ uniformatrice del procetto UE come come terribile e regressiva dal punto di vista democratico e rifiuta pertanto con fermezza di essere espropriata della propria unicità e autonomia.

Senso di colpa e pentimento contro orgoglio e fiducia
Il “nocciolo del reattore nucleare” dell’ideologia UE è la colpevolizzazione dei popoli europei per la loro storia presentata essenzialmente come storia di guerra, di schiavitù e di colonizzazione. Bruxelles continua a ripetere che l’unico modo per non ricadere nel nostro storico distruttivo è di pentirsi e di unirci politicamente sotto il suo patrocinio benevolo.
La Svizzera non ha mai attaccato nessun paese ed e’ riuscita ad evitare la maggior parte dei conflitti che hanno devastato l’Europa nel corso degli ultimi secoli. Dal momento dello sgombero delle truppe napoleoniche agli inizi del XIX secolo, il paese è in pace. La Svizzera sente questo senso di colpa di essere responsabile di innumerevoli crimini, vergogna su cui l’UE ha costruito la sua ragione di essere. Non si sente preoccupata per l’auto-flagellazione e la mortificazione che Bruxelles impone costantemente agli altri Paesi europei per giustificare il suo dominio. Rimane orgogliosa della sua storia e guarda al futuro con serenità.

Unione europea contro Europa
La fine delle nazioni, e con essa l’uniformità politica e culturale perseguita dalla UE mondialista, suonerebbe la campana a morto per la diversità europea. Ma e’ proprio questa molteplicità, di cui la Svizzera è uno degli eventi più vivi, che hanno reso possibile il pluralismo critico europeo, che ha portato, per l’emulazione tra sistemi di pensiero in competizione tra loro, alle straordinarie produzioni intellettuali occidentali sul piano scientifico, tecnico, culturale, artistico e democratico. Se l’Europa è diventata il continente creativo, ingegnoso e rispettoso dei diritti e delle libertà della persona, è grazie alla sua natura contraddittoria, prodotta dalla sua eterogeneità. Standardizzando i modi di vita e di pensiero, l’Unione europea rischia di annientare la feconda diversità e quindi di degradare la civiltà europea, o addirittura di provocare la sua fine.

Svizzera, modello alternativo della UE e ultima speranza dell’Europa
L’Unione europea è diventata una utopia al contrario che indebolisce l’Europa e minaccia di distruggerla se non lo fa la riforma. La Svizzera invece è molto più di un Paese insolente e di successo nel mezzo di una UE in crisi. Modello alternativo a Bruxelles, incarna un’alternativa al totalitarismo morbido per gli altri Paesi del nostro continente. La Svizzera è la prova vivente che il centralismo burocratico e post-democratico dell’Unione europea non è, contrariamente a quanto sostenuto i suoi governanti, l’orizzonte politico obbligato dell’Europa. Il modello svizzero, nonostante gli attacchi che subisce dalle elite politiche europee e dai loro compari svizzeri rimane una speranza per i nostri vicini. Noi svizzeri abbiamola responsabilità morale di mantenere in vita questa speranza.