Poledega

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Messaggioda Berto » dom gen 05, 2014 9:05 pm

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L’Europa dei Trattati ha sempre creato disgrazie
http://www.lindipendenza.com/leuropa-de ... -disgrazie


di ENZO TRENTIN

Gli errori commessi nel 1919-20, l’incapacità della Società delle Nazioni di correggerli, il tracciato spesso arbitrario delle frontiere e le tensioni che ne conseguono, la creazione di Stati in cui nazionalità con differenti tradizioni e culture devono vivere insieme, costituiscono elementi sufficienti a individuare il “brodo di coltura” che agevolò lo scoppio del secondo conflitto mondiale.

La crisi del 1929 che colpisce duramente la Germania e tutti i paesi dell’Europa centrale, il nazionalismo economico crescente e lo sfruttamento politico che ne viene fatto, portano all’ascesa di Hitler in Germania. Negli stati beneficiari dei trattati il nazionalismo diventa il leitmotiv della politica governativa.

Le principali vittime di questa situazione diventano le minoranze nazionali, nei cui confronti si pratica una assimilazione forzata. I trattati di protezione delle minoranze imposti dalla Società delle Nazioni dovevano garantire alle minoranze il libero uso della loro lingua, l’uguaglianza civile e il diritto di beneficiare di un insegnamento nella loro lingua materna. Gli Stati, di fatto opereranno nel senso di limitare al massimo l’esercizio di tali diritti, fino a renderli praticamente impossibili.

È una fotografia sbiadita di circa un secolo fa, che tuttavia illustra una analoga situazione odierna.
Gli scenari di disintegrazione dell’Ue e del sistema dell’euro diventano sempre più inquietanti.

Attualmente le leggi europee sono racchiuse in quattro trattati: quelli di Roma, di Maastricht, di Amsterdam e di Nizza.
Si dà il via ad un lungo processo di ratifica di un testo costituzionale da parte dei 25 paesi dell’Unione europea (oggi 27), ratifica che avviene o per via parlamentare – come nel caso italiano – o tramite referendum popolari. In quest’ultimo caso, hanno risposto favorevolmente alle urne i cittadini di Spagna (20 febbraio 2005) e Lussemburgo (10 luglio 2005), mentre i cittadini di Francia (29 maggio 2005) e Paesi Bassi (1 giugno 2005) hanno votato in maggioranza no.

Quest’ultimo risultato ha praticamente congelato l’iter di ratifica, che doveva concludersi entro la fine del 2006: alcuni paesi (tra cui Danimarca e Regno Unito) che ancora non hanno ratificato la Costituzione non hanno ancora fissato date per eventuali referendum.
Si ripiega allora sull’ennesimo trattato, quello di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007.
Se i popoli non vogliono questa UE, si impongono i trattati che, come è noto, grazie all’articolo 75 della Costituzione gli italiani non possono accettare o rifiutare. In altre parole: gli italiani (più degli altri europei) sono sotto la tutela delle élite economico-politiche.

Sempre più spesso sentiamo prese di posizione contro l’UE e l’Euro.
C’è chi, come il M5* vorrebbe indire un referendum per l’uscita dalla moneta comune. Ma molti non afferrano che per uscire dall’Euro, è prima necessario uscire dall’UE.
Ed in ogni caso tale uscita non può avvenire prima di due anni dalla denuncia dei Trattati.

È una fatica di Sisifo aggirarsi tra le norme e la burocrazia dell‘UE.
Tanto che la stessa ha sentito la necessità di mettere in rete la VERSIONE CONSOLIDATA DEL TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA. Vedasi la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
La questione riguardante la recessione dall’UE è prevista dall’Articolo 50:

1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione.

2. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione. L’accordo è negoziato conformemente all’articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Esso è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.

3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d’intesa con lo Stato membro interessato, decida all’unanimità di prorogare tale termine.

4. Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano.

Per maggioranza qualificata s’intende quella definita conformemente all’articolo 238, paragrafo 3, lettera b) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

5. Se lo Stato che ha receduto dall’Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto della procedura di cui all’articolo 49.

In attesa che i vari soggetti politici decidano cosa fare della propria presenza nell’UE, ai Paesi cosiddetti PIIGS, (si tratta di un acronimo dispregiativo utilizzato dai giornalisti economici, per lo più di lingua inglese, per riferirsi a diversi paesi dell’Unione europea, in particolare Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna le cui iniziali formano l’acronimo in questione) si contrappongono i Paesi BRICS.
Questi ultimi si sono recentemente ritrovati a Durban in Sud Africa, per lavorare alacremente e unitariamente al fine di “creare un nuovo asse di sviluppo globale”, ipotizzando profondi cambiamenti dell’ordine economico e dei poteri mondiali.
Nella logica di un mondo multilaterale e multipolare i BRICS affermano che l’attuale architettura della governance globale dominante è obsoleta, per cui essi “esplorano nuovi modelli di sviluppo più equo”.
È da ricordare che i Brics ormai rappresentano il 20% del Pil mondiale. La Cina è il primo esportatore mondiale e nel 2020 diventerà la prima economia del globo. Il Brasile è l’”azienda agricola più grande del mondo”.
La Russia, come noto, è ricchissima di petrolio e gas. L’India è diventata la “centrale” della tecnologia informatica. Il Sud Africa è la miniera di tutte le risorse: le sue materie prime sono oggi stimate intorno a 2,5 trilioni di dollari. Ma la loro principale ricchezza ovviamente sta in una popolazione di circa 3 miliardi di cittadini, in maggioranza giovani.

È giunto il tempo che gli indipendentisti dello stivale individuino una intellighenzia in grado di prefigurare nuovi assetti istituzionali ed economici all’insegna del “piccolo è bello”. Come affermava Don Lorenzo Milani (Profeta in Barbiana, 31 luglio 1966): «Gli imperialismi? Ci vorrebbero ventimila sammarini per eliminarli. Il mondo cambierebbe radicalmente in meglio, sarebbero protette le culture e le identità. Sostanzialmente sarebbe protetta anche la pace, perché le guerre diverebbero guerricciole.»

Finora gli indipendentisti hanno lasciato spazio ai politici, anziché ad una intellighenzia indipendente e progressista. Hanno rincorso elezioni politiche o amministrative senza alcun risultato degno di nota.
Si sono delegittimati ed insultati vicendevolmente.
Stanno ancora rincorrendo istituzioni internazionali e nazionali per l’indizione di referendum consultivi (Tsz!), e non fanno quasi nulla per “educare” e soprattutto informare la vasta platea degli elettori che dovrebbero legittimare con un democratico voto le loro aspettative.
E non a caso usiamo il termine aspettative, perché di progetti concreti non ce ne sono.
Al contrario si lasciano circolare senza smetirle, giustificazioni bizzarre come questa tratta da un commento in calce ad un articolo di questo quotidiano: «In questa fase, e fino ad indipendenza raggiunta (o almeno fino a referendum fissato) occorre mettere insieme “cani e porci”. Poi ci sarà tempo per decidere, consapevoli che qualunque forma di governo, politica economica, energetica e altro che ci troveremo ad avere in un Veneto indipendente, non potrà mai essere peggiore di quello che subiamo oggi.».
È un singolare modo di ragionare se si constata che lo Scottish National Party ha già pronta, da molto prima che venisse programmato il referendum per la sua indipendenza, una bozza di nuova Costituzione per la Scozia indipendente.

Gli attuali assetti europei ci sembrano poco adeguati rispetto alle grandi sfide.
C’è troppa pigrizia che cozza con la intelligenza, e gli indipendentisti dello stivale non brillano per soluzioni adeguate. Hitler riuscì a sfruttare le diverse incoerenze dei trattati del 1919-20. Con il colpo di forza contro Danzica nel settembre 1939 istituì il nuovo ordine europeo, che fortunatamente cadde definitivamente in pezzi. Ma a prezzo di quali immani sacrifici.
Oggi il novello Hitler è il sistema finanziario internazionale, i suoi prodotti tossici, le sue banche e i partiti politici felloni (1). Per costituire le prime cellule del federalismo, è sufficiente la volontà e la determinazione di pochi individui capaci e determinati che ignori la civiltà costruita sulla base delle idee di potere, di dominio e di onnipotenza per affidarsi all’innata socialità che è presente in tutti gli uomini di buona volontà orientata verso la cooperazione, e la consapevolezza del reciproco interesse.

Una Intellighenzia indipendentista non dovrebbe – secondo noi – nemmeno fare grandi sforzi di creatività. Nella Collana: ARCANA IMPERII – COLLANA DI SCIENZE DELLA POLITICA DIRETTA da Gianfranco Miglio, c’è già tutto, o quasi, quello che serve per rendersi indipendenti.
C’è solo da prendere atto che – oltre a quelli già schierati – esiste una fascia di popolazione rappresentata da circa 11.750.000 italiani che non ha votato il 24/25 febbraio 2013, ai quali vanno aggiunti i circa 2 milioni di schede bianche e nulle.
Tutta gente evidentemente insoddisfatta dello Stato italiano. Persone che andrebbero informate opportunamente, poiché come sosteneva il Prof. Miglio: «Con il consenso della gente si può fare di tutto, cambiare i governi, sostituire la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo.»

NOTE:

(1) Nella common law in uso negli Stati Uniti (ed in precedenza anche nel Regno Unito), la fellonia (felony) è un raggruppamento dottrinale di talune categorie di delitti di particolare gravità e riprovazione sociale, che vanno (per citare solo alcuni esempi) dall’aggressione all’evasione fiscale, dalla violazione di domicilio allo spionaggio, ma anche omicidio, stupro, sequestro di persona, truffa e molti altri.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2014 9:06 pm

Par na Confederasion Ouropea

http://www.lindipendenza.com/per-una-co ... ne-europea


di MARCELLO CAROTI

Sta nascendo un nuovo partito in Germania, Alternativa per la Germania, che viene definito “euroscettico” dai benpensanti anche se i suoi fondatori non sono affatto scettici, sono convintissimi che la nostra unione monetaria non funziona. Nel loro messaggio e nelle loro argomentazioni non c’è la più pallida ombra di scetticismo, sono sicurissimi. Purtroppo, per quel che ci è dato sapere, le loro proposte non danno la stessa impressione di sicurezza. In altri termini, la diagnosi è certa ma la cura proposta è imprecisa o confusa. In effetti non mi sembra che abbiano adottato una piattaforma politica con una proposta ufficiale per ristrutturare o dissolvere questa unione monetaria. Questo è molto strano se si considera che questo partito è nato esclusivamente per opporsi all’Unione Monetaria Europea, all’Euro.

Chi vi scrive è sempre stato un europeista entusiasta. Quando avevo 16 anni ho fatto il giro d’Europa in autostop e al mio ritorno a casa avevo un sacchetto pesantissimo pieno di tutte le monete europee perché alla frontiera cambiano solamente le banconote e non le monete, quindi dovevo tenermi tutte le monete del paese che stavo lasciando. In quel sacchetto c’erano scellini austriaci, franchi svizzeri, marchi tedeschi, franchi belgi, sterline inglesi, franchi francesi e peseta spagnole oltre, naturalmente, alle monete italiane. Dopo aver fatto il conto di quanto mi erano costati tutti i cambi che avevo dovuto fare, nessuno più di me poteva essere convinto della necessità di un’unione monetaria.

Oggi potete immaginare con quanta tristezza stia osservando il disastro che è sotto ai nostri occhi. Una qualunque persona che abbia un po’ di cervello non può non chiedersi come si sia potuto arrivare a questo punto: è ovvio che qualcosa è andato male, molto male. Sia la stampa che la televisione sono piene di accuse ove tutti puntano il dito su qualcun altro ma noi non abbiamo visto nessuna analisi ove si indichi con chiarezza gli errori commessi nel progettare e disegnare questa unione. Questo nostro articolo vuole esaminare cosa c’è di geneticamente sbagliato nell’unione ma, soprattutto, vogliamo dire cosa altro si sarebbe dovuto fare per avere un’unione funzionante. Noi non vogliamo puntare il dito contro nessuno, noi vogliamo spiegare perché questo Euro è un’idiozia. Vogliamo spiegare perché cercare di farlo funzionare è una guerra persa.

Quando si iniziò a parlare dell’Euro, oltre agli entusiasti (come me), vi erano non pochi commenti nella stampa che esprimevano seri dubbi circa la fattibilità del progetto. L’argomento principale era che una sola moneta non avrebbe consentito di gestire una politica monetaria adatta a tutti i membri del club. Secondo questi economisti, la banca centrale europea non avrebbe potuto fissare il tasso di sconto a un livello adatto sia ai paesi con una economia e una situazione finanziaria solida, che avrebbero richiesto una politica monetaria più restrittiva con tassi di interesse più alti, sia ai paesi con economia debole e uno stato oberato da alti livelli di debito pubblico che invece avrebbero richiesto una politica monetaria più espansiva con tassi di interesse più bassi.

Questi dubbi erano sensati ma furono ignorati dalle autorità europee e non impedirono che si proseguisse nel progetto dell’unione. Io penso con ragione. Infatti è facile osservare che tutti i grandi paesi, Stati Uniti, Cina, Brasile, Russia, eccetera, hanno al loro interno regioni con situazioni economico-sociali molto diverse e questo non gli ha impedito di stare assieme. Nessuno stato americano ha mai espresso dubbi sulla moneta unica americana chiedendo di uscire dall’unione per poter fare una politica monetaria diversa. Queste differenze nella situazione economica dei vari stati sono sicuramente un problema, ma questo è gestibile ed è compensato dal notevole vantaggio di appartenere ad una grande zona economica servita da una sola moneta. Non era questo il problema. I veri problemi furono completamente ignorati, chi vi scrive non ne ha mai sentito parlare ed è per questo che si è deciso a scrivere questo articolo.

Nell’esaminare quali sono i veri problemi che pesano tra il successo e il fallimento di una unione monetaria dobbiamo distinguere tra i problemi genetici dell’Euro, che lo renderanno un fallimento a prescindere dalla buona o cattiva volontà dei paesi aderenti, e i problemi specifici dell’Italia che ha portato nell’unione una situazione particolarmente difficile che è specifica del nostro paese.

Quando hanno pensato all’Euro le autorità europee non hanno previsto il fallimento (default) degli enti pubblici europei: stati, regioni, provincie, comuni, eccetera. Non mondo ove vive che vi scrive, c’è una sola entità che non va mai fallita: il Padreterno. La realtà (su questo pianeta) è che tutte le entità che possono fare debiti possono andare fallite e inoltre, sempre su questo pianeta, tutto ciò che può succedere prima o poi succederà.

Lo stato federale americano ha previsto una legislazione per gestire queste situazioni che richiedono leggi molto diverse rispetto al fallimento delle società private: il Capitolo 9. E’ normale in America che stati, contee o città facciano ricorso al Capitolo 9 per essere protette dai loro creditori.

L’approccio mentale degli europei a questi problemi è stupefacente. E’ una facile osservazione notare che nei loro 150 anni di vita la Grecia è fallita 8 volte e l’Italia 3 (o 4 non ricordo); cioè si sono trovate, più volte, in tali difficoltà finanziarie che non hanno pagato i loro debiti. Noi non sappiamo degli altri paesi ma ci sembra che quasi tutti, nelle loro storia secolare, abbiano fatto default una o più volte. Questa amnesia degli europei è ancor più sbalorditiva se si considera che entrando nell’Euro si aumentava a dismisura la probabilità di un fallimento di quei paesi che erano abituati a svalutare le proprie monete.

A questo punto dobbiamo chiarire ai nostri lettori che il “default”, fallimento, non è semplicemente “uno che non paga”. E’ una procedura giudiziaria, regolata da leggi e normative, amministrata da tribunali e giudici appositamente nominati ed eseguita da professionisti appositamente addestrati. Si chiude con una sentenza che vincola tutti gli attori (creditori e debitori) e, molto importante nel nostro caso, viene riconosciuta da accordi bilaterali tra gli stati nel caso alcuni di questi attori siano entità di un altro stato. E’ una cosa molto complessa. Altro elemento da tenere presente è che non esiste una procedura di fallimento di stati sovrani perché non esiste un ente sovrannazionale che la regoli con sue leggi e la faccia rispettare con suoi tribunali; in altri termini il fallimento degli stati sovrani avviene senza che sia regolata dalla legge, per forza di cose.

Se il lettore pensa che questo consente allo stato italiano di fare quello che gli pare (tanto non possono pignorarci il Colosseo) se lo tolga dalla testa. E’ successo poco tempo fa, che un giudice americano ha pignorato il rimborso di debito argentino, consolidato dal fallimento dell’Argentina, che veniva accreditato a cittadini americani e questo pignoramento doveva essere eseguito appena la banca corrispondente americana riceveva la somma dall’Argentina. Questo ha innescato una serie di problemi che non so come si sia concluso, ma ha messo in evidenza che la mancanza di leggi provoca il caos e che non è facile farla franca.

Il fallimento di stati sovrani provoca un contenzioso che va avanti per anni a costi molto elevati e nella più completa mancanza di “certezza del diritto”. Ci sono degli hedge fund (squali) che acquistano il debito di stati falliti a prezzi irrisori e iniziano una serie di cause contro lo stato fallito fino a farsi pagare cifre importanti. Quanto sopra è per mandare un avviso agli europei: non fate i pazzi, può costare molto caro. Ma il problema è che la pazzia oramai è stata fatta. Perché? Come è possibile che gli europei abbiano fatto una tale follia? Prima di rispondere dobbiamo affondare ulteriormente il coltello nella piaga.

Quando vari soggetti si costituiscono in una associazione ove mettono assieme tutti i loro averi e tutti i loro debiti, è pratica corrente (a meno che gli attori non siano completamente pazzi) che alcuni professionisti che godono della fiducia di questi attori, facciano l’inventario dei loro averi e, soprattutto, dei loro debiti. Anche questo gli europei non l’hanno fatto. Non è stato costituito, iniziando qualche anno prima dell’euro, un ente e una procedura che controlli e certifichi i debiti di tutte le amministrazioni pubbliche europee consolidandole a livello nazionale; ci si è fidati di quello che “si sapeva” e questo ha consentito all’Italia e alla Grecia di mentire, imbrogliare, nascondere con manovre finanziarie oscure e pericolose la loro pessima situazione finanziaria. Così sono riusciti a entrare: tutti questi imbrogli per arrivare a vincere … una colossale fregatura!

Questo è il prezzo della vanità. Ma la fregatura se l’è presa tutta l’Europa e se l’è meritata. Un piccolo tocco di grottesco è stato aggiunto a questo quadretto quando gli europei hanno denunciato le agenzie di rating per non averli avvisati. Dopo di questo gli europei hanno raggiunto un picco di idiozia quando hanno proposto di costituire un’agenzia di rating europea sotto il controllo di Bruxelles. Questa proposta è idiota perché non c’è alcun bisogno di agenzie di rating per sapere il rischio che si corre ad acquistare debito europeo. Se l’Europa avesse questo ente di certificazione che tenesse costantemente aggiornata la situazione debitoria di tutti gli enti pubblici europei consolidandola a livello nazionale e pubblicandola, un qualunque risparmiatore potrebbe sapere il rischio che corre semplicemente guardando il tasso di interesse effettivo di ciascun titolo perché nessuna entità umana può dare un giudizio migliore dei mercati ben informati. Meglio dei mercati ben informati c’è solo il Padreterno.

L’ultima mancanza degli europei è stata non aver centralizzato presso la banca centrale europea tutte le funzioni di sorveglianza di tutte le banche europee prima di lanciare l’Euro. E’ semplicemente logico che in presenza di una moneta comune tutte le funzioni di sorveglianza delle banche devono essere eseguite da un solo ente europeo e in base a una sola normativa europea. Infatti è successa una cosa prevedibile e cioè gli stati in crisi hanno cercato di scaricare sulle banche i loro problemi finanziari obbligandole a comprare i loro titoli, in questo modo hanno messo in pericolo la solidità delle banche e hanno drenato i finanziamenti dall’economia produttiva aggravando la crisi. C’era da aspettarselo, i governi disperati fanno cose disperate: questa è una ricetta per un disastro finanziario di dimensioni storiche. Oggi l’Europa sta cercando, molto in ritardo, di accordarsi per affidare alla BCE queste funzioni di sorveglianza ma è molto improbabile che l’Europa riesca a mettere in piedi questo ente con relativa normativa nel bel mezzo di questa crisi. La nostra previsione è che faranno un qualcosa che faccia contenti un po’ tutti, che aumenterà la confusione e il malgoverno; o forse produrrà la paralisi.

Se la genesi dell’Euro è stata idiota, la reazione degli europei ai problemi che ne sono seguiti non è stata migliore. A nessuno è venuto in mente di analizzare le origini dell’euro per tentare di comprendere le cause del disastro: evidentemente i nostri eurocrati non vogliono neanche contemplare la possibilità che loro si possano sbagliare. Tutti hanno dato la colpa a qualcun altro e spesso con ragione ma è inutile dare la colpa a qualcuno quando si usa uno strumento strutturalmente viziato. E’ impossibile e inutile elencare tutte le idiozie che sono state fatte o dette a seguito di questa crisi, noi vogliamo illustrare solamente una certa evoluzione di pensiero che si sta affermando in Europa.

Ogni tanto sentite dire che “c’è bisogno di più Europa!”. Questi slogan servono a nascondere l’incapacità degli europei di comprendere il problema che dovrebbero risolvere e a mascherare un progetto demente che vorrebbe costringere i paesi finanziariamente solidi a finanziare i paesi finanziariamente deboli. Vorrebbero mettere in piedi una struttura che possa forzare un sistematico trasferimento di ricchezza verso i paesi ladri e spreconi. Questo è chiamato “solidarietà” e, incredibile ma vero, gli eurocrati pretendono essere questo il “federalismo”. In poche parole, il modello verso il quale l’Europa vorrebbe avviarsi è il Modello Italia, perché questa è la struttura della repubblica italiana. Per le persone sane di mente questa non è solidarietà, questo è un sistema per allevare popoli di parassiti cronici. Nonostante il disastro prodotto dal “modello Italia” in Italia (gli psichiatri dicono che è proprio per questo) gli eurocrati pretendono essere questa la giustificazione profonda dell’Unione Europea, questo è il vero scopo del federalismo: aiutare i più “deboli”! Per le persone sane di mente questa è l’etica dei pervertiti. Questo (la cosiddetta “solidarietà”) è un problema culturale ed etico che è stato prodotto da duemila anni di cristianesimo e quindi non è facile da affrontare e molto difficile da curare, comunque, come potete vedere non è una patologia specifica degli italiani. Non ho parole per esprimere il senso di angoscia nel vedere che l’Europa, non solo non spinge l’Italia sulla strada del buon governo ma, addirittura, la vuole imitare. Se questi sono gli amici, a cosa servono i nemici?

Un altro elemento particolarmente offensivo è il pretendere che questa struttura sia la realizzazione del federalismo. E’ esattamente il contrario. Il federalismo è una struttura politico-amministrativa, uno sviluppo culturale, una convinzione etica che consente a popoli simili ma con alcune differenze esistenziali di associarsi in una struttura statale senza perdere la propria individualità e senza rinunciare alla ricerca e sperimentazione di formule proprie di buon governo. Per fare questo è indispensabile che ognuno sopporti le conseguenze delle proprie azioni. In una struttura federale ogni livello politico-amministrativo deve avere una capacità impositiva compatibile con le funzioni che deve servire e deve avere una certa autonomia nella ricerca dei metodi di governo in modo che ognuno possa sperimentare politiche diverse. E’ ovvio che questo comporta che alcune di queste entità possano andare fallite, cioè si trovino nella impossibilità di rimborsare i debiti contratti. E’ quindi indispensabile che sia costituita una procedura per gestire queste evenienze in modo che il costo di questo fallimento cada interamente sull’entità che è andata fallita e sui suoi creditori, non sui contribuenti delle altre entità. Sono necessarie leggi e tribunali che regolino queste procedure, ma è innanzitutto indispensabile che l’Unione Europea si dia delle regole ferree e inequivocabili che proibiscano di scaricare i problemi finanziari di una qualunque entità politico-amministrativa sulla comunità o sugli altri stati. In altre parole, l’Europa deve abolire quella schifezza che chiamano “solidarietà”. L’Europa questo non lo ha fatto prima di lanciare l’Euro. Sembra che, in un delirio di onnipotenza, gli eurocrati abbiano deciso che con l’Euro nessun paese europeo potrà più fallire perché loro farebbero intervenire la “solidarietà” e questo paese sarebbe salvo. Di fatto la Grecia è andata fallita e lo ha fatto malamente attraverso decisioni “politiche” al di fuori della legge perché non c’è alcuna legge; e così gli eurocrati pensano si possa andare avanti. Velleitario, irresponsabile, idiota. In effetti la Merkel avrebbe suggerito che tutti i paesi Euro debbano sottoporre i propri bilanci a un qualche sciamano europeo che, essendo dotato di poteri magici, dovrebbe approvare o meno i bilanci in modo che nessuno andrebbe più fallito. Questa proposta è umiliante per quanto è stupida; avete mai visto un paese di 400 milioni di abitanti gestito in questo modo? Noi ci vergogniamo a commentarla, anche perché non sappiamo quali punizioni verrebbero inflitte ai paesi lazzaroni, bacchettate sulle dita o dietro la lavagna con la faccia al muro? Questo è quello che ci si può aspettare da una brava signora allevata nella Germania comunista. Sembra che l’Europa sia avviata verso un neo-statalismo ottuso, arrogante e ignorante solamente per salvare l’Euro.

Noi pensiamo che questo neo-statalismo non salverà comunque l’Euro perché questa cosiddetta “solidarietà” non può durare a lungo in Europa. In Italia è durata così tanto per due caratteristiche tipiche dell’animo italiano: un feroce nazionalismo e una cultura catto-comunista fradicia. In Europa non esiste un nazionalismo europeo e la cultura dominante in Europa, che si potrebbe definire cristiano- progressista, è molto meno opprimente e paralizzante del catto-comunismo. Non pensiamo che i paesi nordici siano disposti a dissanguarsi né che i paesi meridionali siano disposti a sopportare il degrado delle loro economie e ridursi a fare i terroni dell’Europa tirando a campare con la “solidarietà” dei nordici. I paesi meridionali sono fortemente nazionalisti e orgogliosi e i nordici sono molto attenti al denaro e ai propri diritti: entrambi non accetteranno questa situazione per molto tempo. Il dramma che vediamo in questa evoluzione del pensiero europeo è che non solo non salverà l’Unione Monetaria ma distruggerà l’Unione Europea.

Abbiamo esaminato i problemi “tecnici” che hanno provocato questo disastro, ora dobbiamo analizzare le cause profonde, che risiedono nell’animo degli europei, per capire come è stato possibile che un popolo sicuramente intelligente e progredito abbia potuto fare una simile idiozia. Il problema di fondo è l’ostilità degli europei verso il federalismo. Uno dei problemi è che gli europei sono gli eredi di Napoleone e del Kaiser, loro adorano comandare, ordinare, progettare, decidere. Detestano e diffidano nel loro intimo di un sistema che lascia alle realtà locali l’iniziativa e la possibilità di cercare per conto proprio una migliore formula di governo: “dove andremo a finire con tutta questa libbertà!” Un altro problema è che gli europei sono vittime di una cultura cristiano-progressista che considera anatema un sistema che automaticamente premia i migliori e penalizza i peggiori fino al fallimento. E’ una cultura che aborrisce le differenze e ha un culto religioso per un governo che faccia diventare tutti uguali. In fondo loro disprezzano la ricerca del benessere e del successo economico, loro detestano il danaro: “lo sterco del demonio!”.

A questa ostilità emotiva va aggiunta l’incapacità intellettuale di capire che un sistema federale, mettendo in competizione i vari stati consente di imitare i migliori con enorme vantaggio per tutti. I paesi falliti si possono riprendere e conquistare anche loro un posto al sole. E’ una cultura sostanzialmente pessimista perché, di fronte a un’occasione per competere con gli altri, ha paura di finire dalla parte del perdente anziché essere entusiasta di cimentarsi perché gli piace competere e spera nel successo. In poche parole: hanno paura della libertà. Noi qui non vogliamo negare che sistemi dirigisti o statalisti hanno avuto, in certe circostanze, dei notevoli successi. Ma in questa circostanza, una Unione Europea, solo una struttura confederale può funzionare. Decine di paesi che sono stati indipendenti e sovrani da secoli non possono essere impacchettati in una struttura dirigista o statalista: non può funzionare.

Questa Unione Europea sfugge a qualunque definizione, non è una confederazione, non è una federazione, non è un’alleanza, non è una libera associazione, ma cos’è? Purtroppo è iniziata malamente senza un progetto di confederazione perché i paesi aderenti non avrebbero accettato un programma che avesse previsto una sostanziale perdita di sovranità e così, alla fine dopo 50 anni, hanno messo assieme un’unione talmente impicciona, oppressiva e liberticida che nessuna confederazione avrebbe mai prodotto. L’Euro è una follia che questa Unione Europea non si poteva permettere perché non è partito da una struttura confederale già costituita e collaudata. L’Unione Europea è iniziata perché gli europei vi hanno contribuito con un enorme capitale politico di “buona volontà”. Di fronte alla tragedia delle due guerre mondiali hanno trovato la forza per iniziare un percorso verso un’unione che eliminasse per sempre la possibilità di una guerra. Per avere un’idea di quanta “buona volontà” fosse necessaria considerate che questo non è mai stato fatto in tutta la storia dell’umanità. Pensate, nessuno lo ha mai fatto prima di noi! Purtroppo la buona volontà non è sufficiente, è indispensabile anche un poco di cervello e gli europei questo cervello non ce l’hanno e non sono riusciti a selezionare una classe politica sufficientemente evoluta da comprendere il federalismo.

Quello che sta succedendo è che questi eurocrati stanno distruggendo l’enorme capitale politico di “buona volontà” degli europei e non sarà facile ricostruirlo se non ci avviamo sulla strada giusta. Oggi gli europei temono per il proprio futuro perché iniziano a percepire che questa unione non funziona anche se non hanno la più pallida idea del perché. La delusione e la sfiducia che stanno penetrando nell’opinione pubblica è più che comprensibile: sognavamo un robusto cavallo da lavoro e quello che oggi abbiamo sotto i nostri occhi è una balena spiaggiata. E’ evidente che l’unione scricchiola e sta perdendo consensi: un fatto tristissimo. Purtroppo nessuno in Europa ha riflettuto su quanto successo per analizzare le cause del disastro e quindi non esiste alcuna voce che reclami un federalismo. Eppure nel bel mezzo dell’Europa c’è un paese ove la confederazione è stata sperimentata con un notevole successo: la Svizzera. Pensate che funziona da mille anni nonostante si trovi nel centro dell’Europa, una posizione decisamente pericolosa.

Possibile che a nessuno sia venuto in mente di studiarla e imparare? Le uniche voci che si levano contro l’Unione Monetaria lo fanno per chiedere di uscire (o far uscire qualcun altro). Questa è una follia, uscire per fare cosa? Se non si è compresa la causa del disastro, a cosa serve uscire? Si pensa forse di tornare a vent’anni fa e riprendere il serpentone monetario? O addirittura tornare a cinquant’anni fa per ritrovarci tutti da soli? Chi propone di uscire dovrebbe dirci quale nuova forma di Unione si dovrebbe costruire dopo essere “usciti”. Il fior fiore della intellighenzia economica mondiale sta versando fiumi d’inchiostro per proporre il metodo migliore per uscire o far uscire gli indesiderati, ma nessuno ci dice per poi fare cosa. Una situazione particolarmente dolorosa per un europeista è quella che si è creata in Inghilterra. Un partito anti-europeista, UKIP, si sta battendo da anni per far uscire il paese dall’Unione Europea e il suo obbiettivo dichiarato è di ritornare a essere un paese indipendente e sovrano senza alcun legame istituzionale con altri paesi europei. Dopo aver constatato che queste idee stanno penetrando nell’opinione pubblica inglese, il governo conservatore ha deciso un referendum popolare se uscire o meno dall’Unione ma, prima di questo referendum, il governo inglese conta di ottenere da Bruxelles di pagare meno tasse (una cifra comunque irrilevante) e di essere alleggerito da alcune normative europee che opprimono le aziende. Ammesso che Bruxelles accetti, cosa avrebbero risolto con questo? E’ solo un trucco politico per bloccare l’avanzata di UKIP. Questo è lo stato dell’arte del dibattito politico in Inghilterra che è molto triste se consideriamo che il Federalismo è un’invenzione della civiltà anglosassone e quindi non possiamo non chiederci perché nessuno in Inghilterra non proponga di lanciare una nuova unione basata su principi federalisti piuttosto che andarsene e tornare da soli. Ci rendiamo conto che è molto poco probabile che l’Europa accetti una Confederazione Europea e a quel punto all’Inghilterra non resterebbe altro da fare che andarsene perché è meglio tornare a stare da soli che restare nel ventre di una balena spiaggiata. Ma questo è un tentativo che deve essere fatto perché la posta in gioco è talmente alta che vale la pena di fare un qualunque tentativo. Purtroppo questo dibattito è viziato dal fatto che oggi la sola forza che tiene assieme questa unione è la paura di uscire. Infatti il dramma di questa unione è che lasciarla è complicato e comunque molto traumatico: un salto nel buio che fa paura perché l’Euro è una trappola gigantesca da dove è molto difficile uscire. A questo punto a noi non resta che suggerire come uscire da questa impasse nel modo meno traumatico possibile ma non per ritrovarci da soli, l’uscita deve essere finalizzata a realizzare una nuova unione. Immaginiamo per un attimo l’Utopia, cioè che gli europei siano diventati svizzeri, abbiano recepito i principi etici che sono alla base di un’organizzazione confederata e abbiano buttato nel cesso la loro “solidarietà” (non è proibito sognare). I paesi tripla A escono da questa unione e iniziano un nucleo di Confederazione Europea con un’altra valuta, l’Euro 2.0. Sono i paesi solidi che devono lasciare questa unione, non i deboli. L’uscita dei paesi forti non provoca l’effetto domino e loro possono permettersi il costo del cambio di valuta e possono affrontare l’inevitabile rivalutazione con relativa perdita di competitività: è gestibile, se l’ha fatto la Svizzera possono farlo anche loro. L’Euro si svaluta sensibilmente e consente ai paesi lazzaroni di rimettere in sesto le proprie finanze; col tempo, quando saranno maturi, potranno entrare nella Confederazione Europea che sarà pur sempre una decisione politica ma sarà fatta nella completa trasparenza e sarà inutile imbrogliare. Se la Confederazione funziona con i principi esposti in questo articolo, un eventuale imbroglio sarebbe immediatamente avvertito dai mercati e questo paese andrebbe fallito velocemente. L’utilità di una struttura confederata è che elimina l’arbitrio delle decisioni “politiche” e obbliga i lazzaroni a imitare i buoni. Non esiste altro metodo o altra struttura che possa obbligare paesi con una finanza allegra come l’Italia o la Grecia a cambiare vita, è una evoluzione che avviene nello spazio di una o più generazioni e deve essere forzata da una struttura che non consenta di deviare dalla retta via. La situazione dell’Italia è così speciale che necessita di un discorso a parte. Un anno fa, un bell’articolo su Der Spiegel ci ha informato di come il governo Prodi abbia imbrogliato falsificando i dati di bilancio italiani per “convincere” il cancelliere Kohl che l’Italia si stava avviando sulla retta via. Nonostante l’imbroglio fosse palese, per dei motivi che non conosciamo, il cancelliere decise comunque di far entrare l’Italia nell’Euro regalandoci così una colossale fregatura. Il problema dell’ingresso dell’Italia era comunque impostato male perché non solo la situazione finanziaria del paese non consentiva di entrare nell’Euro ma la stessa struttura del paese era, ed è, incompatibile con una moneta comune. E’ un fatto che al momento di entrare nell’Euro l’Italia era arrivata a essere l’ottavo paese esportatore al mondo, un successo strabiliante che è stato ottenuto con la sistematica svalutazione della lira. Il punto è che questo successo non sarebbe stato possibile altrimenti. Questo è dovuto essenzialmente a due problemi strutturali dell’Italia: una cultura catto-comunista grottesca e un meridione rapace. La repubblica italiana è riuscita a mantenere il paese unito, sia da un punto di vista sociale che geografico, grazie a un sistematico trasferimento di ricchezza tra le classi sociali e le regioni; interrompere questo trasferimento avrebbe implicato la frattura del paese. Con l’entrata nell’Euro il declino dell’Italia era inevitabile. Il problema dell’Italia è che, a prescindere dal fatto che l’Euro sia più o meno un’idiozia, questo paese non può partecipare a nessuna unione monetaria. Anche in questo caso, se l’Europa avesse avuto una struttura confederale, sarebbe stato possibile far entrare l’Italia, o meglio, due o tre macroregioni italiane, in un’unione monetaria. Ci rendiamo conto che tutto questo è utopistico, gli europei non riusciranno a liberarsi dalla loro lurida “solidarietà”. Noi comunque speriamo che gli europei riflettano su quanto scritto perché non c’è un’altra soluzione ai nostri problemi.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » ven mar 14, 2014 8:34 am

BENTORNATA “LADY DI FERRO”, INDIMENTICABILE PREMIER

http://www.lindipendenza.com/lady-ferro

di GIANCARLO PAGLIARINI

Premessa

Venerdì prossimo, 27 gennaio, la signora Thatcher tornerà protagonista grazie al grande schermo, dove verrà proiettato “The Iron Lady”, film biografico sulla “Lady di ferro”, interpretato da Maryl Streep. E’ una buona occasione per rilanciare questo mio articolo e ricordare:

1) cosa ha fatto;

2) perché lei e Winston Churchill sono sicuramente i premier inglesi più conosciuti al mondo;

3) perché io ho dichiarato spesso che Berlusconi sul comodino avrebbe dovuto mettere anche la fotografia della signora Thatcher.

Una breve storia

Margaret Roberts nasce nel 1925 a Grantham una cittadina che oggi ha circa 40.000 abitanti (per la cronaca, poco meno di 300 anni prima, vicino a Grantham era nato Newton), su a Nord, nel Lincolnshire. I suoi genitori gestiscono una drogheria. E’ una ragazza in gamba e a 18 anni vince una borsa di studio e va a Oxford per studiare chimica. Dopo pochi mesi viene eletta presidente della associazione degli studenti simpatizzati del partito Conservatore. Nel 1951 sposa Denis Thatcher e nel 1953 dà alla luce due gemelli, Mark e Carol. Nel 1959 viene eletta per la prima volta al Parlamento. All’inizio degli anni 70 è ministro dell’istruzione. Nel Febbraio del 1975 viene eletta presidente del partito Conservatore superando contro ogni pronostico Edward Heat, e fino al 1979 è il capo dell’opposizione in Parlamento. Poi vince per tre volte consecutive le elezioni e per tre volte consecutive è capo del governo: dal 79 all’83, dall’83 all’87 e dall’87 al 22 Novembre 1990.

Gli undici anni dell’era Thatcher

Negli anni 70 la Gran Bretagna era tecnicamente fallita. Si era ridotta nella situazione di dover chiedere prestiti al Fondo Monetario Internazionale, come un paese africano in via di sviluppo. Il paese era nelle mani di “un sindacato becero, ignorante e irresponsabile, supportato da leggi che davano alla Trade Union un potere distruttivo” (Marco Vitale sul “Sole 24 Ore” del 23 Novembre 1990 nell’articolo “Europa in piedi. Esce la Lady”). Mi dicono che a quei tempi la situazione in Gran Bretagna era addirittura peggiore della nostra. Il potere dei sindacati era immenso. Un potere da fare impallidire i nostri patronati sindacali, i nostri CAF, il quasi-monopolio che i nostri sindacati hanno per la formazione oppure la discussione di questi giorni sui fondi chiusi per la gestione delle pensioni e del TFR. La Thatcher adotta una terapia d’urto che all’inizio sembra addirittura destinata a generare una guerra civile. Ma lavorando con irruenza, testardaggine, grande coraggio, onestà e serietà riesce a fare due autentici miracoli: lo strapotere sindacale viene piegato e la destra, sull’onda degli eventi, è costretta (per fortuna dico io) a cambiare pelle, prassi e cultura.

Fino ad allora quello dei Conservatori era un partito che difendeva privilegi e, se vogliamo chiamarli così, i “poteri forti”. La Thatcher riesce a trasformarlo in un partito liberale, lungimirante e dinamico. Le aziende inefficienti e fino ad allora “aiutate” non hanno avuto scelta: o investivano e diventavano competitive o chiudevano. Concorrenza durissima a tutti i livelli.

Ha sempre lavorato, con successo, per un processo di deregulation e di riscoperta dell’iniziativa privata contro i guasti dello statalismo e del garantismo infinito.

La Thatcher non lo ha fatto, ma sono sicuro che, se avesse potuto, le sarebbe piaciuta una legge che considerasse “penale” ogni tipo di raccomandazione. In galera quelli che chiedono raccomandazioni e quelli che le danno. Ma, a differenza che da noi, forse in Gran Bretagna durante l’era Thatcher una legge del genere sarebbe stata inutile, perché il buono o il cattivo esempio viene sempre dall’alto e i partiti a quei tempi in Gran Bretagna non erano “uffici di collocamento” e nemmeno, come ha scritto di recente (Novembre 2004) il Presidente Vaclav Havel “organizzazioni il cui scopo principale non è più il servizio del pubblico ma la protezione di specifiche clientele ed interessi”.

Con la Thatcher se il Governo doveva fare delle nomine si dava l’incarico a cacciatori di teste professionisti e tra le caratteristiche che dovevano avere i candidati non veniva certo inserita l’appartenenza a qualche partito o la fedeltà a qualcuno. Perché se c’è concorrenza vera e i risultati sono costantemente misurati non c’è spazio per l’inefficienza che per forza di cose viene molto spesso generata dalle persone, magari oneste e in buona fede ma che vengono selezionate per “meriti poliici” e che sovente hanno la sola qualità di essere “tuoi uomini”, o “fedeli” o “raccomandati dall’alto”.

Per farvi capire di che pasta era la Thatcher, sappiate che un giorno un collaboratore provò a farle notare che una certa decisione avrebbe potuto farle perdere consenso. La Thatcher lo incenerì con lo sguardo. Reagì come se avesse sentito una parolaccia. “Consenso?! Consenso?! Io non sono qui per il consenso, sono qui per il bene del mio Paese!”

C’è un altro episodio che la dice lunga sul suo carattere e la sua franchezza. Gorbaciov era stato appena eletto segretario generale del PCUS. A uno dei primi incontri formali e ufficiali, la Thatcher comincia subito così: “Buongiorno. Io odio il comunismo! Però se a lei piace può tenerselo, purchè resti dentro i confini del suo paese”.

Non finisce qui. In Europa ha bloccato l’adesione della Gran Bretagna alla moneta unica e ha chiuso l’argomento prevedendo eventualmente un referendum, comunque da tenersi molti anni dopo la sua uscita di scena: “La nostra valuta nazionale rimarrà a meno che una decisione di abolirla venga presa liberamente da future generazioni di parlamentari e di cittadini”.

Era contro la moneta unica e, come De Gaulle, era al massimo per una “Europa delle Patrie” (su questo punto la Thatcher ed io non siamo sulla stessa lunghezza d’onda). Era molto critica anche per la politica finanziaria dissennata dell’Europa, mantenuta dai contribuenti senza nessuna logica di mercato, e per l’assistenzialismo agricolo a go-go. Eppure, nonostante tutto, dobbiamo proprio a lei e al suo straordinario processo di liberalizzazione valutaria sia l’ Atto Unico che la successiva, formidabile accelerazione del processo di integrazione europea. Anche sulle privatizzazioni è stata formidabile; le ha fatte sul serio e ci ha insegnato come farle (anche se, ahinoi, non abbiamo imparato nulla). Dopo di lei le privatizzazioni sono diventate una terapia economica copiata in tutto il mondo. Potrei continuare a lungo, ma credo che questo sia sufficiente per far capire cosa ha fatto questa straordinaria signora nei suoi 11 anni di governo. Il contributo che ha dato non solo al suo Paese ma all’ Europa in generale e alla politica mondiale è stato di enorme importanza.

Con tanti saluti a quelli che vivono di cariche, di potere e di poltrone

Vale la pena ricordare come ha lasciato il posto di capo del governo.

Il 20 Novembre 1990 si svolgono le elezioni per la guida del partito Conservatore. La signora Thatcher ottiene, come sempre, il maggior numero di preferenze, ben 204. Allo sfidante, Michael Heseltine, vanno 152 voti, per la maggior parte di deputati conservatori più europeisti della Thatcher. La differenza di 52 voti è molto alta, ma non è sufficiente, perché lo statuto del partito Conservatore prevede che in prima votazione nella circostanza era necessaria una maggioranza qualificata di almeno 56 voti, mentre al secondo turno sarebbe stata sufficiente la maggioranza. Ma la signora Thatcher, fedele all’unità del partito Conservatore e per non creare problemi, saluta tutti e si dimette anche da capo del Governo.

Finisce così un’era. Dopo 15 anni di presidenza del partito e 11 anni capo del governo la signora se ne va perché le mancano 4 voti su 372 e non ritiene corretto aspettare una seconda votazione. Un gran bell’esempio anche questo di politica fatta secondo principi e con totale dedizione e integrità.

Comenti================================================================================================================================

maxx
12 Ottobre 2012 at 11:20 am #
E’ allucinante veder elogiare la Thatcher su questo sito.
Non vi ricordate nulla di Bobby Sands e degli altri MARTIRI Irlandese?
Non vi ricordate nulla della ghetizzazzione forzata del Nord Irlanda?
Non vi ricordate di come la Lady di Ferro elogiò le truppe paracadutiste britanniche che operavano in Irlanda dle Nord?
E’ vergognoso il modo in cui venga presa come esempio.
Guardate il nuovo Film di Steve Mcqueen
“The Hunter”!!!!

Ferdinando Biano
26 Gennaio 2012 at 8:46 am #
Concordo con Farina.
Il popolo Irlandese sicuramente non la pensa come Giancarlo Pagliarini.
Sarà stata una grande statista ma per la libertà dei popoli è stata solo un oppressore.

Enrico Sarnek
26 Gennaio 2012 at 6:11 pm #
Pagliarini mi aveva già deluso aderendo a La Destra di Storace, con questo articolo di plauso ad un personaggio come la Thatcher mi fa cadere le braccia…

Giuseppe Farina
25 Gennaio 2012 at 9:53 pm #
Tante belle cose , ma grande Paglia non ti ricorda nulla Bobby Sands ?

MauroLIB
25 Gennaio 2012 at 5:56 pm #
Bellissimo omaggio e grande articolo di Giancarlo Pagliarini
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mer mag 28, 2014 3:10 pm

Alle Europee il primo partito è quello degli “Astensionisti”

http://www.lindipendenza.com/alle-europ ... ensionisti

di MARCO ROSSINELLI

Si fa presto a dire 40%! Certo, se ci si dimentica di chi non è corso alle urne (e in Italia lo han fatto più che altrove) il voto in termini percentuali pare mastodontico. Ma in valore assoluto tutto si ridimensiona. Quanti voti prese la Lega Nord alle Europee nel 2009? 3.123.859 voti. Domenica scorsa? 1.686.556. Ancora, quanti voti prese la lega Nord in Piemonte, vinse Cota allora, alle precedenti Regionali? 317.065 voti. Domenica scorsa? 141.741, ovvero meno della metà.

Il 25 maggio scorso, allora, quale è risultato essere il primo partito nella penisola italiana? Quello degli astensionisti. Ecco, a seguire i risultati veri delle elezioni in base al numero degli aventi diritto.

1° Astensione 41.3%
2° Partito Democratico 24,0%
3° Movimento 5 Stelle 12.38%
4° Forza italia 9.86%
5° Lega Nord 3.63%
6° NCD-UDC 2.58%
7° Lista Tsipras 2.34%
8° Fratelli d’italia 2.17%

Immagine
http://www.lindipendenza.com/wp-content ... EE2014.jpg
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » gio mag 29, 2014 8:35 pm

A Strasburgo il partito – tedesco – delle dimissioni

http://www.lindipendenza.com/a-strasbur ... dimissioni

http://www.lindipendenza.com/wp-content ... /Frank.jpg

di STEFANIA PIAZZO

Occorre dire che i tedeschi dicono le cose come stanno. A Strasburgo non si va per fare la guerra all’Europa delle banche, per salvare dalle grinfie dei poteri forti mezzo miliardo di persone, gli esodati, i rifugiati naturalizzati europeizzati, né per costruire le arche delle alleanze con speranze autonomiste. Si va per mangiare, punto e basta, visto che fare l’europarlamentare non è un mestiere che si faccia gratis.

Ed ecco allora “Il partito”, di nome e di fatto, Die partei. Programma politico: oziare, e a rotazione dimettersi, così che tutti i non eletti, dal primo all’ultimo, passino a fine mese alla cassa: uno alla volta, tutti porteranno a casa 33mila euro al mese. Un grande gratta e vinci, a consacrare la politica fine a se stessa. Una genialata o una porcata? Fate voi. Il programma, infatti, è chiaro: dimettersi. Potranno cambiare le sorti dell’Europa? Invertire o sovvertire i danni fatti dall’euro? Cambiare atteggiamento verso gli Usa o la Cina o la Russia? Decidere chi e cosa si fa nella Bce? Chi crede a Cappuccetto e ai sette nani, alla forza di una rivoluzione in atto? Certo, tutto può essere, ma la faccia tosta degli europarlamentari tedeschi eletti in questa lista, come riportava l’altro giorno la Frankfurter Allgemeine, (http://www.faz.net/aktuell/gesellschaft ... 59475.html), è imbattibile. Diciamo così, sovverte i canoni del coraggio. In Italia, nessun partito escluso, nessuno verrà a dirvi che il mestiere dell’europarlamentare è noioso e che non serve a nulla se non a perorare la causa – profumata – della propria bottega.

Emaciati, stanchi, dimagriti, occhiaie ascellari, gli europarlamentari italiani non li senti mai intervenire in cinque anni in un dibattito politico che sia uno. Tranne rare eccezioni, non sempre premiate dal voto, sembra vivano nei sotterranei di una metropoli, nascosti, nel buio dei riflettori. Li rivedi solo nei manifesti, cinque anni dopo.

Die partei, invece, lo dice subito chiaro e tondo: andiamo a Strasburgo per fare un beato c…., ma non siamo così golosi di denaro come gli altri. Un mese a testa, il programma politico è dimettersi. Almeno loro hanno la faccia di farlo. Tutti gli altri, per altri cinque anni, incassano per aiutare i poveri europei a perdere uno dietro l’altro tutti i loro diritti. Dal suo insediamento ad oggi, cos’ha cambiato d’altra parte l’europarlamento nel corso della storia? Quale pietra miliare del diritto e della conoscenza ha lasciato a noi posteri peccatori?

E allora, dimettersi, uno alla volta, è la cosa più civile a cui forse si potesse assistere. Avere il coraggio di dire che si va là e si sgomita solo per i soldi. Die partei, è che lo si voglia o no il paradigma dei partiti, “Il partito”, appunto.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » lun ott 12, 2015 7:35 am

Austria, elezioni Vienna: socialdemocratici in testa
Secondo le prime proiezioni la Spo avrebbe il 39,5% dei voti e la destra xenofoba e anti-europea il 30,9%

di ANDREA TARQUINI

http://www.repubblica.it/esteri/2015/10 ... -124855428

VIENNA - Le prime proiezioni sui risultati delle elezioni comunali a Vienna vedono il Partito socialdemocratico (Spo) in testa con il 39,5% dei voti seguito dai populisti di destra della Fpoe con il 30,9%. Lo riferiscono tweet dei quotidiani Der Standard e Wiener Zeitung. Se questi dati saranno confermati dai risultati, la sinistra si confermerà alla guida della capitale austriaca, che governa dal 1919, malgrado l'avanzata della destra xenofoba e anti-europea di Heinz-Christian Strache. Un'avanzata meno travolgente di quanto auspicato dalla Fpoe e di quanto previsto da alcuni sondaggi che assegnavano un maggior peso agli effetti dell'emergenza profughi.

Da un grafico basato su questa proiezione e diffuso dal canale pubblico Orf, si evince che i socialdemocratici del sindaco del sindaco Michael Haeupl perderebbero il 4,9% rispetto alle precedenti consultazioni, mentre il "Partito della libertà austriaco" (Fpoe) incrementerebbe i consensi di altrettanto (5,1%). Nuovo terzo partito sarebbero i Verdi (11,6%, in calo di poco più

di un punto) che scavalcherebbero il Partito popolare (Ovp, cristiano-conservatore) in calo di 4,5 punti al 9,5%. Infine il partito liberale Neos, che con il 6,2% supererebbe per la prima volta la soglia di sbarramento del 5% ed entrerebbe nell'assemblea cittadina.


A Vienna rivince il “sindaco rosso” ma è boom per gli eredi di Haider 11 ottobre 2015
http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2015/ ... daco.shtml
Vienna - Le speranze si rivelano malintesi, avrebbe detto il più geniale e controverso scrittore austriaco, Thomas Bernhard. Per Vienna, quella di oggi è un’elezione storica. A giudicare dalle proiezioni, Ha vinto il sindaco uscente, Michael Häupl, l’inossidabile «sindaco rosso» che governa la capitale da ventun anni. Ma ha vinto malissimo, registrando un crollo per il suo partito, sceso dal 44% del 2010 al 39% dei voti (molto vicino al minimo storico della metà degli anni Novanta).

La sua sopravvivenza regalerà un sospiro di sollievo al cancelliere socialdemocratico Werner Faymann. Se il suo partito fosse diventato secondo a Vienna, per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, anche la poltrona di Faymann avrebbe ballato. Il dato inquietante è il boom dei populisti di destra della Fpö: incassano il miglior numero di sempre, balzando al 30% dal 25% di cinque anni fa. Anche se i sondaggi avevano sbagliato di grosso, pronosticando un testa a testa tra Häupl e il leader della destra austriaca, Heinz-Christian Strache, queste elezioni sono un campanello d’allarme da non sottovalutare. Per gli eredi di Jörg Haider, è un successo enorme. Se i risultati di stasera saranno confermati, Häupl potrà anche riproporre la coalizione che ha guidato sinora: i Verdi hanno superato l’11%. Ma non è del tutto da escludere una coalizione con i popolari della Oevp, che hanno sfiorato il 10%.

Il sindaco ha detto poco fa che accetta «con umiltà e rispetto» il risultato, che la sconfitta non gli fa piacere ma che «è accettabile». Per Häupl, che si è sempre mostrato estremamente generoso con i profughi che stanno arrivando da mesi a centinaia di migliaia, quello dei rifugiati «non sarebbe dovuto essere il tema principale» della campagna elettorale. Ma lo è stato per i suoi avversari. Il motto della campagna elettorale del partito di Haider è stato «Rivoluzione d’ottobre» (e qui Bernhard avrebbe commentato, forse, che l’orrore può generare solo risate), ma la violenta propaganda anti profughi ha attecchito, in una città che nel solo mese di settembre ne ha visti passare duecentomila. Vienna ha premiato la xenofobia dei «blu» e ha continuato a bastonare i «rossi» dopo una campagna elettorale troppo pigra, da parte di un sindaco che governa bene dal 1994 ma che ha mostrato di sottovalutare la violenta propaganda xenofoba dei nipotini del padre dell’ultradestra austriaca.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mar ott 27, 2015 9:25 pm

Elezioni in Polonia: vince la destra anti-Ue
Il terzo partito è Kukiz'15 che prende il nome dal cantante rock fondatore
VARSAVIA
26 ottobre 2015
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca ... cb5f7.html

Vince, in Polonia, il partito di destra anti-Ue all'opposizione Diritto e Giustizia (Pis) del leader Jaroslaw Kaczynski con il 39,1% delle preferenze. Candidata premier è Beata Szydlo. Per Piattaforma civica del centro del primo ministro uscente Ewa Kopacz si registra un 23,4% delle preferenze.
La destra anti-Ue di 'Diritto e Giustizia' ha anche i numeri per formare un governo da sola. Se i numeri degli exit poll fossero confermati infatti il Pis avrebbe 242 seggi su 460 alla Camera, e la premier designata Beata Szydlo non dovrebbe cercare alleati per governare. I centristi di Piattaforma civica, attualmente al governo, otterrebbero solo 133 seggi.

Il terzo partito è Kukiz'15 che prende il nome dal cantante rock fondatore e che ha ricevuto il 9% i voti. Gli altri due partiti del Sejm saranno Nowoczesn.pl (Moderna) del liberale Ryszard Petru con il 7,1% dei voti e il Partito dei contadini (Psl) con il 5,2% delle preferenze. Fuori dalla Camera bassa, perché sotto la soglia di sbarramento dell'8%, rimangono il partito Sinistra unita (Zl) che ha avuto il 6,6%, la formazione di Janusz Korwin-Mikke con il 4,9%, e quella di sinistra sociale Razem (Insieme) di Adrian Zandberg con il 3,9%. Secondo lo stesso exit poll l'affluenza è stata del 51,6%.

Nessuna forza di sinistra in parlamento - Per la prima volta nella storia della Polonia post-comunista, nessuna forza di sinistra ha ottenuto abbastanza voti per entrare in parlamento: lo prevede un exit poll "Ipsos" sui risultati delle elezioni polacche svoltesi ieri confermando che ad entrare nel Sejm saranno cinque formazioni definibili di centro o destra.
Mosca, rispettiamo voto ma rapporti non al meglio - La Russia "certamente" rispetta "i risultati delle elezioni in Polonia", ma "allo stesso tempo" si rammarica del fatto che "le relazioni bilaterali" tra i due Paesi "non sono nella forma migliore". Lo ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » mer nov 04, 2015 10:19 pm

???

La Boldrini vuole che l'Italia scompaia e venga fagocitata dagli Stati Uniti d'Europa
di Magdi Cristiano Allam 04/11/2015 09:53:21
http://www.magdicristianoallam.it/buong ... uropa.html

Buongiorno amici. La Presidentessa della Camera Laura Boldrini insiste sul fatto che l'Italia deve scomparire e farsi fagocitare dagli Stati Uniti d'Europa, che altro non sarà che un protettorato tedesco al cui interno ci ridurremo ad essere una colonia economica.
Lo scorso 14 settembre a Roma la Boldrini ha promosso una Dichiarazione congiunta firmata da lei, dal presidente del Bundestag tedesco Norbert Lammert, dal presidente dell'Assemblée nationale francese Claude Bartolone e dal presidente della Chambre des Députés lussemburghese Mars Di Bartolomeo. I quattro presidenti di Parlamento sono stati ricevuti al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nella Dichiarazione si raccomanda un forte impegno a dare nuovo slancio all'integrazione politica europea, che potrebbe condurre a un’unione federale di Stati.
La Boldrini disse: "Oggi siamo qui perché siamo convinti che una maggiore integrazione politica europea sia la strada giusta per dare un futuro migliore ai nostri figli e per rispondere a quanti utilizzano l'Europa come capro espiatorio per alimentare populismo e xenofobia».
Per la Boldrini la Dichiarazione è un primo passo verso gli Stati Uniti d’Europa: "È un primo passo per riprendere un percorso intrapreso alcuni decenni fa dai Padri fondatori, in un momento infinitamente più drammatico di questo. Sarà facile costruire un'Unione federale? No. Ci vorrà tempo? Sì. Dovremo fare qualche rinuncia? Sì. Ma credo che, soprattutto, dobbiamo chiederci: quanto ci costerà e cosa perderemo se non lo faremo? Se vogliamo affrontare le sfide della globalizzazione, trasformare questa crisi epocale in una opportunità, sconfiggere lo scetticismo e infondere un rinnovato entusiasmo, specialmente nelle giovani generazioni, non c'è alternativa ad una maggiore integrazione politica europea. Come è risuonato forte quattro giorni fa qui nell'Aula di Montecitorio, noi dobbiamo riprendere il percorso verso gli Stati Uniti d'Europa».
Lo scorso 3 settembre sul suo blog pubblicato da Huffington Post ha scritto: “I have a dream", I still have a dream. E lo dico da qui, dalla terra in cui 52 anni fa Martin Luther King pronunciò quelle parole che scossero ed emozionarono il mondo. Questo sogno ha un nome, ed è Stati Uniti d'Europa. Le crisi che stanno affliggendo l'Europa ci costringono a vedere il progetto federale come la soluzione, anzi l'unica soluzione possibile. La questione dell'immigrazione, con i suoi quotidiani bollettini di morte, parla dell'impotenza alla quale ci condanna l'incapacità di ragionare come un'unica entità. Gli sconvolgimenti in atto e l'esistenza di regimi autoritari non lontano dalle frontiere dell'Unione - dalla Siria all'Iraq alla Libia, dalla Somalia all'Eritrea - producono migrazioni forzate che nessuno Stato europeo può fronteggiare da solo. Se si continua a procedere in ordine sparso, a guadagnarne sono i fomentatori di rabbia, odio, xenofobia, i professionisti della paura, che in ciascuna nazione soffiano sul fuoco dei problemi per incassarne vantaggi elettorali”.
Lo scorso 12 agosto sul suo Facebook la Boldrini ha scritto: "Stati Uniti d'Europa. Non dobbiamo avere paura di queste parole. Accelerare sul percorso federale, è questa la strada da prendere se il nostro continente vuole ripartire e ricominciare a crescere, anziché condannarsi all'irrilevanza".
Cari amici, nulla accade per caso. La Boldrini è funzionale ad una strategia che ci sta spogliando della nostra sovranità nazionale e della certezza di chi siamo sul piano delle radici, dell'identità, dei valori e delle regole che sostanziano la nostra civiltà laica e liberale. Dobbiamo contrastare questa strategia. Andiamo avanti. Insieme ce la faremo!



Alberto Pento
Mi dispiace ma come veneto, preferirei mille volte essere un protettorato tedesco anzichè essere una colonia italiana e romana. Meglio un'Europa a impronta tedesca che a impronta italica e romana. Io sogno un'Europa come la Svizzera e un Veneto libero dall'Italia e da Roma e federato all'Europa e ai Land tedeschi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Poledega

Messaggioda Berto » lun nov 23, 2015 11:04 pm

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Re: Poledega

Messaggioda Berto » lun nov 23, 2015 11:04 pm

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