La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Re: La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Messaggioda Berto » sab feb 19, 2022 2:03 pm

12)
L'ndipendentismo veneto padano che sta demenzialmente con la Russia di Putin contro l'Ucraina, l'Europa e gli USA e per la secessione della Crimea e di altre aree dell'Ucraina





In queste pagine una serie di prese di posizione nel giornale indipendentista "Indipendenza" a partire dal 2014
Alcune a favore dell'Ucraina, altre a favore della Crimea secessionista e della Russia di Putin


Ucraina, Crimea e Donbass
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =143&t=464



L’Ucraina è esplosa! Ma non per essere governata dagli Eurocrati

http://www.lindipendenza.com/lucraina-e ... -eurocrati

di ALESSANDRO VITALE

L’esplosione della situazione politica in Ucraina è diventata oggetto in pochi giorni di una martellante quanto nauseabonda propaganda dell’Europa di Bruxelles e dei suoi più fidati ideologi a tempo pieno.
Si sono schierati in prima fila, non a caso, i giornalisti italiani.
Nella fantasmagorica fiera dell’ipocrisia che ne è scaturita, si sono sentite e lette unanimi espressione ridicole quali: “oppositori filo-europeisti” del governo ucraino, “a Kiev si muore per l’Europa” o “la lotta di martiri dell’Europa” – come se UE e Europa fossero la stessa cosa.
Alla faccia di bronzo non c’è limite. Non solo ricercatori seri che nell’Europa occidentale, negli ultimi quindici anni, avevano previsto l’esplosione di quella pentola a pressione portata a un grado di ebollizione intollerabile e senza sbocchi, soprattutto a causa delle politiche UE, sono stati sbeffeggiati ed emarginati, ma ai danni irreparabili si sono volute aggiungere anche le beffe.

L’UE rimane figlia della guerra fredda.
È nata dalla più antieuropea delle condizioni (la spaccatura bipolare fra Europa Occidentale e Europa Orientale, che è stata la sua stessa ragion d’essere), è proliferata su quella e ha cercato, all’atto del crollo dell’URSS, di mantenerla in vita con tutti i mezzi, facendosi passare per la più fulgida espressione dell’Europa storica, per autolegittimarsi e per non mandare a casa uno sterminato esercito di costosissimi eurocrati.
All’Ucraina è stato sbattuto in faccia un confine eurocomunitario trincerato, sorvegliato da radar e cani, che ha paralizzato i processi spontanei transfrontalieri, iniziati negli anni Novanta, di passaggio di uomini, merci e capitali.
L’ex Presidente Viktor Yushenko ha abolito unilateralmente i visti per i cittadini UE e a distanza di dieci anni non è mai stata rispettata la più elementare regola internazionale della reciprocità.

Anzi: sono peggiorate le condizioni di attraversamento del confine.
L’agricoltura ucraina, che prima della Rivoluzione del ’17 consentiva all’Impero di esportare grano in Canada e negli USA (le fertilissime e immense “terre nere” potrebbero nutrire tre quarti del mondo intero), a vent’anni dalla fine della guerra fredda è ancora paralizzata dall’impossibilità di riprendersi, a causa del protezionismo UE di eurocrati e lobbisti, spaventosamente costoso per i consumatori dell’Europa Occidentale e distruttivo per gli Ucraini.
Quella barriera confinaria inoltre ha favorito, nella fascia occidentale delle Repubbliche ex sovietiche, la permanenza di nomenklature corrotte, padrone dell’economia, la stagnazione politica-economica, la restaurazione del dominio di strutture (come i servizi segreti) che per quasi un secolo hanno devastato l’Ucraina. I rivoltosi ucraini pretendono accordi con l’UE, non certo per finire sotto le mire pianificatorie e socialiste degli eurocrati, ma per vedere finalmente calare quella vergognosa e antistorica barriera (alla quale aveva cercato di opporsi il Parlamento polacco, ricattato da Bruxelles con la minaccia di “non far entrarela Poloniain Europa”) che provoca un disastro nella regione e che sottopone l’Ucraina ai ricatti della nomenklatura russa, favoriti dai legami interrepubblicani creati a tavolino a suo tempo da Stalin, per impedire che le Repubbliche un giorno potessero diventare indipendenti.

La lotta degli Ucraini è contro un governo aberrante, erede del sistema sovietico, favorito da quelle chiusure comunitarie, che emana leggi liberticide e uccide gli oppositori senza pensarci due volte. Nessuno di loro pretende l’associazione all’UE, ma l’abbattimento, mediante accordi elementari, di quel confine-barriera che sta portando l’Ucraina a un ennesimo genocidio per immiserimento.
L’abbattimento di quelle barriere – anche economiche – possibile da un giorno all’altro, non danneggerebbe affatto l’economia russa, come va raccontando il protezionista Putin, con argomenti risibili nel campo della teoria economica, già distrutti nella prima parte del Novecento.

Il solo fine di quest’ultimo, di mentalità fascista (“numero-potenza” e autarchia) è infatti quello di impedire la formazione anche in Russia di piccole e medie imprese e di uno strato medio che sarebbe pericoloso per il regime.

La realtà è invece che l’abbattimento di quelle barriere volute da Bruxelles depotenzierebbe i dittatori che prosperano al loro oriente. I morti di Kiev ricadono sulla coscienza sporca degli eurocrati di Bruxelles. Così come i metodi dilaganti di squadracce fasciste protette dalla bestialità legale che con stile sovietico prelevano gli oppositori dagli ospedali e li massacrano nei boschi ucraini.
Un regime di tipo bielorusso anche in Ucraina (con persino infiltrazioni dei servizi nelle file degli oppositori) è il bel risultato, il capolavoro, il miracolo di politiche eurocomunitarie demenziali e interessate, protrattesi per vent’anni, che hanno portato l’Ucraina al collasso e alla tragedia. Quella degli oppositori ucraini non è affatto una rivolta “controla Russia”.

È una rivoluzione contro la permanenza di un mondo che sarebbe dovuto scomparire con il 1989-91 e che burocrati interessati ai loro posti e alle loro prebende hanno cercato di mantenere in vita con una propaganda martellante, finanziata dai loro cittadini, scandalosa e parassitaria, occultandone le vere ragioni.

La responsabilità di quello che sta accadendo in Ucraina non ricade affatto solo sul governo autoritario di una cricca di mezze figure sopravvissute al collasso dell’Impero sovietico, che ne stano utilizzando l’eredità più violenta.
Ricade invece, in pieno, su coloro che dalla permanenza di un’Europa spaccata in due, nonostante i legami storici e la ricchezza etnoculturale intrecciata, che si estende fino alla Russia, hanno continuato a prosperare mantenendo privilegi, istituzioni decrepite, barriere confinarie distruttive, coltivando un’ideologia che non corrisponde più alla realtà dei cambiamenti mondiali avvenuti alla fine degli anni Ottanta.
Il danno è già stato fatto e peggiorerà in futuro.
Ci risparmino almeno la loro insopportabile ipocrisia.




La secessione dell’Ucraina ridurrebbe le tensioni tra Occidente e Russia


http://www.lindipendenza.com/margolis-u ... nte-russia


di REDAZIONE

Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo Don’t let Kiev become another Sarajevo da parte di Eric S. Margolis, saggista ed editorialista per varie testate giornalistiche statunitensi. (Traduzione di Luca Fusari)

Con la violenza e l’aumento del caos a Kiev, capitale dell’Ucraina, cresce la paura che l’Europa, gli Stati Uniti e la Russia possano entrare in rotta di collisione. L’attuale crisi ucraina è iniziata lo scorso Novembre, dopo che il primo ministro Viktor Yanukovich ha rifiutato di firmare un patto economico di cooperazione/integrazione con l’Unione europea.

Prossima alla bancarotta, Kiev ha invece accettato l’offerta russa riguardante la fornitura di gas naturale a prezzi fortemente scontati e un impegno ad acquistare le sue traballanti obbligazioni per vari miliardi. Varie dimostrazioni di piazza sono scoppiate a Kiev e successivamente a Leopoli. Il governo filo-russo di Yanukovich ha reagito con una brutale repressione poliziesca. La violenza è montata nei giorni scorsi, con almeno due manifestanti uccisi e con feriti su entrambi i fronti.

Mosca sta mandando degli avvertimenti. Questa crisi è della massima importanza geopolitica, essa determinerà il destino di 46 milioni di ucraini, il futuro della Russia, e la stabilità dell’Europa dell’Est. Gli ucraini sono aspramente divisi: l’Ucraina occidentale che parla per lo più ucraino guarda ad Ovest e alla confinante Polonia già membro dell’Unione Europea; l’Ucraina orientale prevalentemente di lingua russa guarda ad Est alla vicina Russia.

La Crimea era russa fino al 1954, quando Nikita Krusciov a seguito di un suo capriccio (alcuni dicono causato dalla vodka) la diede all’Ucraina. La vasta popolazione musulmana della Crimea fu sterminata o esiliata da Stalin. Ucraini e russi capiscono l’un l’altra lingua, il problema più che sul linguaggio, l’etnia o la religione, è di tipo economico e di mentalità.

L’Ucraina occidentale ha sostenuto l’accordo europeista che avrebbe iniziato il processo di integrazione della loro nazione con la ricca Ue ripudiando la pesante influenza politica ed economica russa. La crescita della Polonia, membro dell’Ue, è un esempio che ha ispirato i partigiani occidentali dell’Ucraina. Gli ardenti nazionalisti ucraini anelavano ad una rottura definitiva con la Russia, la quale sin dagli anni ’20 del XX° secolo ha combattuto i nazionalisti ucraini, e che dal 1991 non ha mai veramente accettato la loro indipendenza nazionale da Mosca.

L’Ue vedeva il patto commerciale con l’Ucraina come parte della sua grande strategia per continuare a spingere i suoi confini ad est, una campagna che allarma profondamente la Russia. Ma l’Ucraina orientale, in particolare il suo bacino industriale di Donetsk, temeva che la crescente integrazione con l’Ue spazzasse via l’antiquata industria produttiva della loro regione, basata su miniere, imprese siderurgiche, aziende di materie prime ed impianti chimici, causando alti tassi di disoccupazione.

Le inefficienti aziende post-sovietiche dell’Ucraina non potrebbero competere con i produttori di energia integrati nell’Ue. Lo stesso fenomeno è stato visto nell’ex Germania dell’Est, dove il ricongiungimento con la Germania dell’Ovest ha comportato la fine della maggior parte delle industrie arrugginite del’Est. Gli ucraini orientali tradizionalmente guardano alla Russia come il loro fondamento culturale.

La maggior parte dei russi considerano l’Ucraina come il loro cuore storico, la culla della civiltà e dell’ethos russo. Quando il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che la caduta dell’Unione Sovietica è stata la più grande tragedia della storia contemporanea, stava chiaramente pensando alla perdita del cuore ucraino, del granaio della Russia e della porta verso l’Occidente. Per molti russi, la soleggiata e meridionale Ucraina è la loro versione regionale dell’Italia.

Attori esterni stanno versando benzina sul fuoco ucraino. I politici europei ed americani puntano su Kiev, denunciando il governo di Yanukovich, il quale ha preso il potere nel 2004-2005 attraverso elezioni fraudolente. Il senatore statunitense John McCain ed alti funzionari degli Stati Uniti sono andati a Kiev a chiedere la cacciata del governo. E’ interessante notare che tali personaggi non vanno al Cairo a denunciare la sempre più brutale dittatura fascista della giunta militare egiziana finanziata dagli Stati Uniti e dall’Arabia saudita.

I servizi d’Intelligence occidentali stanno rimescolando il calderone ucraino utilizzando finanziamenti segreti e le tecniche avanzate dei social media per mobilitare l’opposizione al governo. I servizi segreti russi anche loro son attivi, ma in forma più discreta. Gli oppositori del governo sono stati avvelenati, rapiti, torturati e anche uccisi dai teppisti filo-Yanukovich.

L’Ucraina ribolle, gli Stati Uniti stanno riversando tale calore anche sulla Russia e sul suo leader Putin, il quale viene vilipeso e attaccato dai media occidentali al loro guinzaglio. I giochi invernali di Sochi sono diventati un bersaglio. Come osano i russi utilizzare il denaro e il gas per corrompere l’Ucraina affinché rimanga nell’orbita di Mosca? L’Occidente dovrebbe avere il monopolio di tali maniere forti!.

Se la violenza continuerà a lacerare l’Ucraina si porrà la domanda inevitabile di una sua divisione. Proprio come cechi e slovacchi, gli ucraini potrebbero decidere di andare per strade separate. A meno che le teste calde ucraine raggiungano un compromesso stabile, il divorzio può essere la loro unica opzione. L’opzione è ovviamente drammatica, ma non come uno scontro veramente spaventoso tra la Nato e la Russia sull’Ucraina.
Inimmaginabile?
Beh, in pochi lo pensavano possibile per Sarajevo e la Bosnia nel 1914.



Gli Usa collaborano coi neonazisti e l’estrema destra anche in Ucraina?

http://www.lindipendenza.com/draitser-u ... overnative


Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo Ukraine and the Rebirth of Fascism in Europe tratto dal Global Research Centre (organizzazione canadese indipendente d’analisi geopolitica, strategica, e socio-economica ambientale con sede nella provincia del Quebec), da parte di Eric Draitser, analista geopolitico indipendente. (Traduzione di Luca Fusari)

La violenza per le strade dell’Ucraina è molto più di un’espressione di rabbia popolare contro un governo. Invece è solo l’ultimo esempio della crescita della forma più insidiosa di fascismo che l’Europa abbia visto dopo la caduta del Terzo Reich.

Gli ultimi mesi hanno visto le proteste regolari dell’opposizione politica ucraina e dei suoi sostenitori, proteste apparentemente in risposta al rifiuto del presidente ucraino Yanukovich di firmare un accordo commerciale con l’Unione europea, il quale accordo è stato visto da molti osservatori politici come il primo passo verso l’integrazione europea.

Le proteste sono rimaste in gran parte pacifiche fino allo scorso 17 Gennaio, quando i manifestanti armati di bastoni, caschi e bombe improvvisate hanno scatenato la violenza brutale della polizia, l’assalto di edifici governativi, colpendo chiunque fosse sospettato di simpatie filo-governative, e in generale scatenando il caos per le strade di Kiev.

Ma chi sono questi estremisti violenti e qual è la loro ideologia?. La formazione politica conosciuta come ‘Pravý Sektor’ (Settore Destra) è essenzialmente un’organizzazione ombrello per una serie di sigle ultra-nazionaliste (leggasi fasciste) di gruppi dell’estrema destra, tra cui i sostenitori dell’Unione Pan-Ucraina Libertà (o Svoboda), i Patrioti d’Ucraina, l’Assemblea Nazionale Ucraina-Popolo Ucraino d’Autodifesa (Una-Unso), e il ‘Tridente’.

Tutte queste organizzazioni condividono un’ideologia comune violentemente anti-russa, anti-immigrati ed anti-ebraica. Inoltre condividono una comune venerazione per la cosiddetta ‘Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini’, guidata da Stepan Bandera, i famigerati collaborazionisti nazisti che attivamente combatterono contro l’Unione sovietica e che furono impegnati in alcune delle peggiori atrocità commesse nella seconda guerra mondiale.

Mentre le forze politiche ucraine d’opposizione e di governo continuano a negoziare, una battaglia molto diversa si combatte nelle strade. L’utilizzo dell’intimidazione e della forza bruta era tipico delle ‘camicie brune’ di Hitler o delle ‘camicie nere’ di Mussolini piuttosto che di un movimento politico contemporaneo, questi gruppi sono però riusciti a trasformare un conflitto sulla politica economica e le alleanze politiche del Paese in una lotta esistenziale per la sopravvivenza di una nazione che questi cosiddetti “nazionalisti” amano così tanto.


Le immagini di Kiev in fiamme, delle strade di Leopoli piene di delinquenti, ed altri esempi agghiaccianti di caos nel Paese, mostrano senza ombra di dubbio che il negoziato politico con l’opposizione di Maidan (la piazza centrale di Kiev e il centro delle proteste) non è più il problema centrale. Piuttosto la questione è il fascismo ucraino se sostenerlo o rifiutarlo.

Da parte loro, gli Stati Uniti sono fortemente scesi a fianco dell’opposizione a prescindere dal suo carattere politico. Ai primi di Dicembre, membri dell’establishment statunitense come John McCain (nelle due foto in alto a sinistra a Kiev assieme a Oleh Tyahnybok, leader del partito ucraino Svoboda, n.d.t.) e Victoria Nuland sono stati visti a Maidan dare il loro appoggio ai manifestanti.

Tuttavia poiché negli ultimi giorni il carattere dell’opposizione è diventato evidente, gli Stati Uniti, l’establishment occidentale e la loro macchina mediatica hanno fatto poco per condannare la recrudescenza fascista. Invece i loro rappresentanti si sono incontrati con quelli del Settore Destra ritenendo che esso «non fosse una minaccia».

In altre parole, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno dato la loro tacita approvazione per il proseguimento e la proliferazione della violenza in nome del loro obiettivo finale: il cambio di regime. Nel tentativo di sottrarre l’Ucraina dalla sfera d’influenza russa, l’alleanza Usa-Ue-Nato si è alleata con i fascisti, e non è la prima volta.

Ovviamente per decenni milioni di persone in America Latina sono scomparse o sono state assassinate da forze paramilitari fasciste armate e sostenute dagli Stati Uniti. I mujaheddin dell’Afghanistan che più tardi magicamente si sono trasformati in Al Qaeda (anche loro dei reazionari ideologici estremisti) furono creati e finanziati dagli Stati Uniti con lo scopo di destabilizzare l’Urss. Naturalmente c’è anche la dolorosa realtà della Libia e più di recente della Siria, dove gli Stati Uniti e i loro alleati finanziano e sostengono jihadisti estremisti contro un governo che ha rifiutato di allinearsi con loro ed Israele.

C’è qui un modello inquietante che non è mai sfuggito agli osservatori politici più acuti: gli Stati Uniti fanno sempre causa comune con i fascisti e gli estremisti di destra per finalità geopolitiche. La situazione in Ucraina è profondamente preoccupante perché rappresenta una conflagrazione politica che potrebbe dividere facilmente il Paese meno di 25 anni dopo aver ottenuto l’indipendenza dall’Unione sovietica. Tuttavia vi è un altro aspetto altrettanto inquietante: l’ascesa del fascismo non avviene solamente in quel Paese.

LA MINACCIA FASCISTA IN TUTTO IL CONTINENTE
L’Ucraina e l’ascesa dell’estremismo di destra non possono essere visti, figuriamoci intesi, separatamente. Piuttosto occorre esaminarlo come parte di una tendenza in crescita in tutta Europa (e nel mondo), una tendenza che minaccia le basi stesse della democrazia.

In Grecia, l’austerità selvaggia imposta dalla troika (Fmi, Bce e Commissione europea) ha paralizzato l’economia del Paese, portando ad una brutta depressione peggiore della Grande Depressione negli Stati Uniti. E’ in questo contesto di collasso economico che il partito Lega Popolare-Aurora Dorata (detta comunemente ‘Alba Dorata’) è cresciuta fino a diventare il terzo più popolare partito politico nel Paese.


Sposando un’ideologia dell’odio (è in effetti un partito nazista che promuove una visione anti-ebraica, anti-immigrati, anti-sciovinismo femminile) è una forza politica che il governo di Atene ha capito essere una seria minaccia per il tessuto della società.

Questa minaccia ha indotto il governo ad arrestare la leadership del partito, dopo che un membro di Alba Dorata ha accoltellato a morte un rapper anti-fascista. Atene ha avviato un’indagine sul partito, anche se i risultati di questa indagine e il processo rimangono poco chiari.

Ciò che rende Alba Dorata una minaccia insidiosa è il fatto che, nonostante la sua preminente ideologia sia il nazismo, è anti-Ue e con una retorica anti-austerità quale appello rivolto ad una Grecia economicamente devastata. Come molti movimenti fascisti del XX° secolo, Alba Dorata adotta come capri espiatori gli immigrati (in primo luogo i musulmani e gli africani) per molti dei problemi che affliggono i greci.

In circostanze economiche disastrose l’odio irrazionale diventa accattivante quale risposta alla domanda su come risolvere i problemi della società. Infatti, nonostante i leader di Alba Dorata siano stati incarcerati, altri membri del partito sono ancora in parlamento e ancora in corsa per uffici importanti, tra cui il sindaco di Atene. Anche se una vittoria elettorale appare improbabile, un’altra dimostrazione di forza alle urne renderebbe lo sradicamento del fascismo in Grecia molto più difficile.

Se questo fenomeno fosse confinato solo in Grecia ed Ucraina non costituirebbe una tendenza continentale. Purtroppo però vediamo il sorgere di simili partiti politici (anche se leggermente meno apertamente fascisti) in tutta Europa. In Spagna, le leggi pro-austerity del Partito Popolare hanno prodotto provvedimenti draconiani che limitano la protesta e la libertà di parola, potenziando le sanzioni e le tattiche repressive della polizia.

In Francia il Front National di Marine Le Pen usa con veemenza gli immigrati musulmani ed africani quali capri espiatori, ha così vinto quasi il 20% dei voti al primo turno delle elezioni presidenziali. Allo stesso modo, il Partito per la Libertà dei Paesi Bassi, promuovente politiche anti-islamiche ed anti-immigrati, è cresciuto fino a diventare il terzo più grande soggetto in parlamento. In tutta la Scandinavia i partiti ultra-nazionalisti, che una volta faticavano nella più completa irrilevanza ed oscurità, ora sono attori importanti alle elezioni. Queste tendenze sono a dir poco preoccupanti.


Va notato anche che, oltre all’Europa, ci sono una serie di formazioni politiche quasi fasciste che sono, in un modo o nell’altro, sostenute dagli Stati Uniti. I golpi d’estrema destra che hanno rovesciato i governi di Paraguay e Honduras sono stati tacitamente e/o apertamente sostenuti da Washington nella loro ricerca infinita di soppressione della sinistra in America Latina.

Naturalmente bisogna anche ricordare che il movimento di protesta russo guidato da Alexei Navalny (nella foto a sinistra), coi suoi seguaci nazionalisti sposa una visione anti-musulmana ed una violenta ideologia razzista che vede negli immigrati del Caucaso russo e nelle ex repubbliche sovietiche come inferiori ‘russi europei’.

Questi ed altri esempi iniziano a dipingere un ritratto molto brutto della politica estera degli Stati Uniti, la quale tenta di utilizzare il disagio economico e gli sconvolgimenti politici per estendere la sua egemonia in tutto il mondo. In Ucraina il Settore Destra ha spostato la lotta dal tavolo delle trattative nelle strade, nel tentativo di realizzare il sogno di Stepan Bandera: una Ucraina libera dalla Russia, dagli ebrei e da tutti gli altri cosiddetti “indesiderabili”.

Incoraggiati dal continuo sostegno a loro dato da parte degli Stati Uniti e dall’Europa, questi fanatici rappresentano più di Yanukovich e del suo governo filo-russo una seria minaccia per la democrazia. Se l’Europa e gli Stati Uniti non riconoscono questa minaccia al suo esordio, nel momento in cui finalmente lo faranno potrebbe essere troppo tardi.


Ucraina sull’orlo della disgregazione: Leopoli “secede” dal governo centrale

http://www.lindipendenza.com/ucraina-su ... o-centrale

d i SALVATORE ANTONACI

Si aggrava di ora in ora il quadro della crisi ucraina.
Mentre nella capitale Kiev continua il braccio di ferro tra gli insorti contro il Presidente Viktor Yanukovych e le forze di polizia governative (costato ,solo nella giornata di ieri, più di venti vittime fra le opposte fazioni), la regione occidentale di Lviv (Leopoli) si è quest’oggi dichiarata “autonoma” dal governo centrale innescando, de facto, una possibile disintegrazione della compagine territoriale unitaria.

A confermare quest’informazione è la portavoce del Presidente del parlamento regionale che, intervenendo in una radio nazionale, ha specificato come un comitato esecutivo da poco costituito ha rilevato le funzioni del governo regionale in carica “dichiarando l’indipendenza dal governo del Presidente Yanukovych”.

La svolta odierna fa seguito ai disordini di martedì durante i quali una folla di migliaia di oppositori ha dato l’assalto ai palazzi del potere incendiando la sede del tribunale e “conquistando”il locale comando delle forze speciali. I poliziotti non hanno opposto la minima resistenza consegnando spontaneamente le armi in segno di solidarietà alla manifestazione. La regione di Leopoli, quinta città più importante del paese, conta oltre due milioni e mezzo di abitanti e confina con la Polonia. Il contagio della rivolta si sta estendendo anche ad altri capoluoghi dell’ovest ucraino primi tra tutti Tarnopol, Khmelnitsky e Ivano-Frankivsk



Ucraina: i russofoni ora rischiano violenze, la Russia interverrà?

http://www.lindipendenza.com/ischenko-u ... nto-russia

Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione in italiano dell’articolo ‘Civil war has already broken out in Ukraine’, discorso pronunciato da Rostislav Ischenko, Presidente del Centre for Analysis and Forecasting con sede a Kiev, presso l’Institut de la Democratie et de la Cooperation con sede a Parigi. (Traduzione di Luca Fusari)

A mio parere l’Ucraina ha già varcato il confine della guerra civile. La domanda da porsi è se sarà limitata a un breve periodo di tempo, con un paio di vite perdute, o se si tradurrà in spargimenti di sangue violenti e in numerose perdite. Esprimo questo parere non solo perché si sono perse vite su entrambi i fronti del conflitto, lo dico soprattutto perché il confronto, iniziato con scontri tra militanti radicali neo-nazisti e le forze di sicurezza, ha portato a un conflitto tra due parti dell’Ucraina e tra i cittadini ucraini.

L’opposizione radicale ha catturato degli edifici amministrativi del governo. Diversi edifici sono stati presi nell’Ucraina occidentale. Dopo di che, un gruppo di 2-3 mila militanti dell’Ucraina occidentale ha cominciato un “tour” nella parte orientale del Paese, cercando di occupare i municipi sulla riva orientale del Dnepr. In risposta, le autorità hanno dispiegato le forze dell’ordine ed invitato la popolazione a difendere gli edifici dell’amministrazione regionale.

Unità d’autodifesa sono state formate nelle grandi città dell’Ucraina orientale. In diverse grandi città come Zaporozhye, Dnepropetrovsk, Nikolaev, Odessa e Kherson sono stati in grado di respingere l’opposizione ad ovest del Paese. Come sapete, quando dei conflitti emergono tra i diversi gruppi di cittadini di un Paese, anche se non sono utilizzate armi da fuoco, è segno dell’inizio di una guerra civile.

Diversi consigli regionali nell’Ucraina occidentale avevano dichiarato il loro rifiuto ad obbedire al governo federale di Kiev di Yanukovich. Allo stesso modo, diverse agenzie governative nell’Ucraina orientale e in Crimea avevano dichiarato che se l’opposizione arriverà al governo non lo riconosceranno. Sono convinto che il governo legale, avente circa 300 mila agenti di polizia sarebbe stato in grado di reprimere le rivolte, le quali consistono in circa 15-20 mila combattenti (non più di 10 mila gli attivisti a Kiev di cui circa 4 mila costantemente presenti a Maidan).

La spiegazione del perché questo non sia avvenuto ricade su fattori esterni che influenzano l’opposizione interna in Ucraina. Per fattori esterni, non intendo solo i rappresentanti dell’Unione europea che continuano a influenzare la situazione, ma anche e soprattutto dagli interessi degli Stati Uniti, rispetto al quale l’Ue e l’Ucraina sono spettatori passivi.

Particolarmente significativo, l’Unione europea e l’opposizione legale si erano dichiarati disponibili a negoziare con le autorità ucraine, dopo recenti discussioni di Putin con Bruxelles. Tuttavia gli Stati Uniti e i suoi alleati orientali, tra cui il ministro degli esteri polacco, hanno espresso sostegno alle azioni dei militanti del cosiddetto Settore Destra (i combattenti neo-nazisti), esortandoli a continuare la loro opposizione attiva.

Questa situazione mi ricorda gli amari eventi avvenuti l’8 Agosto 2008 in Georgia. La situazione militare ha poi avuto una escalation nel Caucaso con il sostegno degli Stati Uniti. Il conflitto provocò uno scontro armato diretto, e la leadership russa fu stretta in una trappola. Da un lato, la Russia dovette intervenire per la propria credibilità davanti ai suoi cittadini e per non perdere stabilità all’interno del Paese. Dall’altra parte, in caso di intervento, la Russia avrebbe rischiato di essere responsabile del sangue versato.

Credo che né l’Ue né la Russia siano interessate alla destabilizzazione completa della situazione in Ucraina, o all’inizio di una lunga guerra civile, poiché un certo numero di gasdotti passanti attraverso l’Ucraina continueranno a fornire gas all’Europa. E’ molto probabile che in caso di guerra civile prolungata il transito del gas verrebbe interrotto.

Nel frattempo i militanti neonazisti del Settore Destra hanno dichiarato che non saranno soddisfatti né dalle sole dimissioni di Yanukovich né con nessuno dei politici delle esistenti opposizioni al potere. Quei militanti hanno dichiarato che intendono prendere il potere al fine di costruire uno Stato totalitario mono-etnico basato sulla dottrina neo-nazista.

Nonostante il fatto che questi militanti abbiano ripetutamente dichiarato che sono ben armati e pronti ad uccidere i loro nemici (e i loro nemici sono tutti coloro che sono in disaccordo con loro), gli Stati Uniti con insistenza continuano a caratterizzarli come manifestanti pacifici ed insistono sul fatto che non si debba usare la forza contro di loro. Questo però rafforza la loro mano.

La posizione degli Stati Uniti è comprensibile nel contesto di un grande gioco politico, poiché perdendo l’Ucraina gli Stati Uniti rischiano di perdere nel lungo termine il controllo sull’Europa occidentale. D’altra parte, la difficile situazione in Ucraina e il rovesciamento del suo governo influenzeranno la reputazione della Russia. L’autorità di Putin rischia di essere gravemente compromessa e tale destabilizzazione si trasferirebbe automaticamente sul territorio della Federazione Russa.

Se la Russia non interviene nel conflitto ucraino, i possibili esiti sono:

una guerra civile su vasta scala in prossimità dei suoi confini (e questo è molto probabile che accada);
un massacro di 7 milioni di russi in Ucraina o una strage di massa della popolazione di lingua russa che comprende il 60% della popolazione totale dell’Ucraina;

Tenendo conto del numero enorme di legami personali e familiari, come pure il fatto che molti credono che il popolo russo e ucraino siano tra loro legati, sarà difficile per la leadership russa rimanere a lungo in stand-by e in disparte a guardare l’Ucraina piombare nel caos. Le autorità russe saranno prima o poi costrette ad intervenire o a dimettersi.

Pertanto gli eventi Maidan rappresentano una trappola geopolitica per la Russia, in quanto entrambe le soluzioni di cui sopra si tradurranno in una sconfitta.
La Russia poteva legittimamente intervenire nel conflitto se le perveniva una richiesta legale di aiuto da parte del governo di Yanukovich. Se interverrà dopo che l’Ucraina avrà vissuto una grave catastrofe umanitaria e dopo il crollo del governo ucraino, questo intervento risulterà troppo tardivo.

In conclusione vorrei dire che per la prima volta nella mia vita sto sperimentando una situazione in cui ho capito gli obiettivi politici ma non capisco come possano essere raggiunti senza un importante scontro militare. E’ evidente che l’attuale situazione in Ucraina (indipendentemente dalla causa, e da chi sarà il vincitore) rappresenti un’interferenza offensiva negli affari sovrani dell’Ucraina. Il confronto militare è praticamente inevitabile dato che Yanukovich si è dimostrato incapace di risolvere il conflitto da solo.

Oggi l’Ucraina occidentale ed orientale sono d’accordo solo su una cosa: il Paese non sarà in grado di esistere sotto forma di un unico Stato in un prossimo futuro. Il dibattito non è più su quando verrà divisa, ma su dove verranno posti i confini tra le due aree. Capisco che né la Russia né l’Unione europea siano interessate alla divisione dell’Ucraina in due o più Stati, tuttavia non mi è chiaro in questo momento come saranno in grado di prevenire questa situazione anche laddove dovessero unire le loro forze.



Ucraina: manovre militari, iperinflazione e la polveriera Crimea

http://www.lindipendenza.com/ucraina-ma ... era-crimea

Di SALVATORE ANTONACI

Una giornata a dir poco convulsa, quella di oggi, nel calderone ucraino: tanti avvenimenti tutti ovviamente tra di loro interconnessi e gravidi di sviluppi inquietanti.

Prima notizia, non esattamente una novità si direbbe:la Russia non ha affatto gradito il cambio al timone di Kiev con la defenestrazione del fedele Yanukovych in favore di un’eteroclita coalizione nazionalista che spazia da posizioni filo europeiste e moderate ad altre decisamente più estremiste ancorché minoritarie. La conferma, quanto mai plateale, della bocciatura giunge, addirittura, dal ministero della Difesa russo che ha iniziato a muovere i pezzi sulla scacchiera di quella che sembra davvero una guerra di nervi se non ancora un conflitto armato vero e proprio. Oltre ai rinforzi spediti a presidiare la Crimea con l’importante base navale di Sebastopoli ,sede della flotta del Mar Nero, è arrivato anche l’annuncio, volutamente intimidatorio, di imprecisate manovre militari che dovrebbero svolgersi assai vicino al confine russo-ucraino. Ufficialmente, questo dispiegamento non avrebbe nulla a che fare con la presente situazione dell’ ex-pupilla occidentale dell’impero, ma si sa che, alle volte, le negazioni sono inserite in un discorso solo per accentuarne la plausibilità. E questo pare proprio uno di questi casi.

Il nuovo Premier ucraino, che dovrebbe essere il delfino della Signora Tymoshenko, Arseniy Yatsenyuk, leader del partito “Patria” (Batkivshchyna), avrà, dunque, le sue belle gatte da pelare. Il ruggito dell’orso non è passato di certo inosservato tra la novissima ed ancora incompleta compagine governativa ucraina. Ma a fare davvero tremare i polsi all’élite forgiata in Piazza Maidan è il baratro che si apre nei conti economici del paese: una vertigine quantificabile in circa 35 miliardi di Euro. Questi i primi numeri, di sicuro non definitivi, quantificati dal fresco responsabile delle finanze per venire incontro alle esigenze primarie di uno stato semi-fallito ovvero per impedirne il fragoroso e colossale default immediato, questa sì una bomba atomica nel cuore d’Europa. Il tempo incalza, si diceva, e prova oltremodo eloquente di questo timor panico è la svalutazione galoppante della valuta locale , la hrivnya, che ha perso la bellezza del 28% del proprio valore dagli inizi dei tumulti, meno di tre mesi fa.

Lo spettro dell’iperinflazione ucraina agita, a maggior ragione, le capitali occidentali timorose, però, di muoversi su un terreno cedevole propizio a nuovi smottamenti politico-istituzionali e di sfidare troppo apertamente il potente vicino. Potenziale risultato: uno stallo pericolosissimo con la via aperta ad ogni demagogia e a una rovinosa guerra civile.

I primi bagliori dell’incendio divampano già a sud, in quella succitata Crimea, enclave a stragrande maggioranza russofona figlia della spietata ingegneria etnica staliniana. Violenti scontri hanno accompagnato il dispiegarsi di due opposte manifestazioni nella città che ospita l’amministrazione di questa provincia autonoma incorporata nell’Ucraina dal 1954. A Simferopol, infatti, due folle composte da diverse migliaia di persone, si sono scontrate e menate di santa ragione: una ventina i feriti ed anche un morto (anche se per cause “naturali”). I russi chiedevano a gran voce al governo regionale un plebiscito per ricongiungersi alla madrepatria russa ed abbandonare la “repubblica dei traditori”. A contrapporsi a costoro la minoranza dei tatari che appoggiavano, invece, la rivoluzione di Kiev. Un’altra bomba ad orologeria pronta alla detonazione
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Messaggioda Berto » lun feb 21, 2022 11:01 pm

Il punto di vista dei vari venetisti del venetismo e dei leghisti che stanno con la Russia di Putin



Al Presidente Wladimir Putin, al Governo della Federazione Russa e al suo popolo.
VENETO SERENISSIMO GOVERNO
Ufficio di Presidenza

Auguro a nome del Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica, e mio personale, buone feste; e che nel nuovo anno possiate raggiungere gli obiettivi che vi siete prefissi.

Il Veneto Serenissimo Governo, come ha ampiamente dimostrato, lotta ed è a fianco di tutti i popoli che si battono per la pace, l'autodeterminazione e la propria dignità; considera la Federazione Russa e il suo Presidente Wladimir Putin un baluardo imprescindibile di questo vasto fronte. Ricordiamo al mondo il destino di Napoleone, Hitler, Mussolini.

Fraterni saluti
Venezia-Longarone, 0 dicembre 2018

Per il Veneto Serenissimo Governo
Il Presidente Luca Peroni
Veneto Serenissimo Governo
segreteriadistato@serenissimogoverno.org, – kancelliere@katamail.com,
Tel. +39 349 1847544 - +39 340 6613027
http://www.serenissimogoverno.eu
http://www.radionazionaleveneta.org



Ucraina: venti di guerra
VENETO SERENISSIMO GOVERNO
Ufficio di Presidenza
27 gennaio 2022
Continuano le provocazioni e le sanzioni della NATO e dell'amministrazione Biden contro la Federazione Russa; tutto questo potrebbe sfociare in scontri armati non facilmente controllabili (vedi 1a e 2a guerra mondiale). Non bisogna dimenticare che l'Europa (24/03/1999) manovrata da Clinton assieme al suo zerbino D'Alema ha già aggredito e bombardato un paese europeo: la Serbia e la sua capitale, Belgrado, con migliaia di morti e ingenti distruzioni materiali senza precedenti dal 1946. In questo contesto le nazioni europee si stanno muovendo; il Presidente croato Zoran Milanovic ha affermato che in caso di conflitto ritirerà tutti i soldati croati facenti parte del contingente NATO, in quanto l'Ucraina è un problema di Biden (diciamo noi, e anche di suo figlio) e dei suoi piani espansivi. La stessa Repubblica Federale di Germania ha dichiarato che non invierà nessuno dei suoi soldati in difesa dell'Ucraina. Lo stesso governo ucraino ha affermato che non esiste, in questo momento, nessun pericolo d'invasione da parte della Federazione Russa.

Che fanno i fantasmi di Roma? Sono impegnati a dividersi il governo e il sottogoverno, onde poter spartirsi il bottino accumulato sul sangue e sul sudore dei lavoratori. Nessuno di questi si preoccupa della gravità della situazione e dei pericoli di guerra che minacciano l'Europa. (Tanto sarà Biden che deciderà cosa fare). In compenso hanno schierato le tre Armi ai confini della Federazione Russa e della Bielorussia.

Elenchiamo le forze militari italiane di aggressione già schierate:

in Romania - Costanza- Aeronautica Militare con 4 caccia Typhoon e 140 uomini, in attesa di ricevere altri 12 aerei e 260 uomini, con un costo, nel 2021 di 33 milioni di euro;

nel Mar Nero Marina Militare con fregata Fremm Carlo Margottini e con il cacciamine Viareggio e 200 marinai, con un costo, nel 2021 di 17 milioni di euro;

nel Mediterraneo orientale la portaerei Cavour con i costosissimi e inaffidabili F 35, assieme alla portaerei americana Truman e quella francese Clemenceau;

in Lituania l'Esercito: 200 uomini della Brigata Taurinense, con decine di carri armati ruotanti, in un gruppo di 1200 uomini agli ordini del comando canadese, con un costo per il 2021 di 27 milioni di euro.

Queste sono, a oggi, le forze schierate ai confini della Federazione Russa, a imitazione del C.S.I.R. di mussoliniana memoria.

Il Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica consiglia, responsabilmente di ritirare tutti i militari schierati ai confini della Federazione Russa, ricordando che la Russia non ha mai minacciato l'Italia, e quando l'Italia l'ha aggredita ne ha subito le tragiche conseguenze.

In tutti i casi il Veneto Serenissimo Governo invita i soldati veneti e non solo, inseriti nelle fila dell'Esercito italiano a non essere ostili ai nostri fratelli russi, ma a fraternizzare e costruire un clima di pace e di serenità tra i popoli d'Europa contro i guerrafondai imperialisti e gli approfittatori.

W la pace W la libertàW l'indipendenza

Venezia-Longarone 27 Gennaio 2022
Per il Veneto Serenissimo Governo
Il Vicepresidente Valerio Serraglia

Veneto Serenissimo Governo
segreteriadistato@serenissimogoverno.org, – kancelliere@katamail.com,
Tel. +39 349 1847544 - +39 340 6613027
http://www.serenissimogoverno.eu
http://www.radionazionaleveneta.org



Embargo alla Russia, il Veneto si ribella: «Zaia tratti con Putin»
Alda Vanzan
6 ottobre 2014

https://www.ilgazzettino.it/nordest/pri ... 26943.html

VENEZIA - La Regione Veneto dichiara "guerra" alle sanzioni che l’Unione europea - e quindi l’Italia - ha inflitto alla Russia di Vladimir Putin. E, autonomamente, si dice pronta a trattare con Mosca per far cessare l’embargo nei confronti dei prodotti veneti. «Per il Veneto l’embargo è una autentica tragedia - dice il governatore Luca Zaia - L’Italia in questo momento guida il semestre europeo ma è completamente assente. Io ho il dovere di difendere i veneti».

Cosa possa produrre l’azione diplomatica di Zaia è tutto da vedere. Il dato di fatto, però, è che la giunta regionale nella seduta di ieri mattina ha approvato all’unanimità una delibera che dà mandato al governatore di "attivare ogni utile azione politico diplomatica" per riaprire le frontiere russe e, dunque, riprendere a esportare a Mosca e dintorni i nostri ortaggi, i nostri formaggi, tutti i prodotti made in Veneto. Va ricordato che il consiglio regionale del Veneto, nella seduta del 17 settembre, aveva approvato un documento - fatto proprio due giorni dopo dalla Conferenza dei presidenti dei consigli regionali d’Italia - in cui si chiedeva di “attivare ogni utile, necessaria azione politico-diplomatica per rimuovere e superare le cause e lo stato di sanzioni e di embargo tra Europa e Russia”. L’appello, però, era rivolto al Governo nazionale, alla Commissione Ue e al Parlamento europeo. Non a Zaia. Ma dall’altra parte del Canal Grande, la giunta ha deciso di affidarsi al governatore.

Ma cosa può fare Zaia? E, soprattutto, può un presidente di Regione dedicarsi alla politica estera? Più specificatamente, questa delibera di giunta è un atto politica estera? «Sì», risponde Zaia. E Federica Mogherrini, che è ministro degli Esteri dell’Italia e Alto rappresentante per la politica estera Ure in pectore, che dice? «Abbiamo il semestre europeo e non se ne è accorto nessuno», è la secca risposta di Zaia. Peraltro, acqua fresca rispetto a quanto dirà più tardi l’assessore Elena Donazzan: «L’inutile Mogherini». Tant’è, il governatore specifica: «Non ho velleità di fare il ministro italiano degli Esteri o il commissario Ue, ma io devo difendere i veneti. la politica estera a una Regione non è vietata. Le sanzioni alla Russia le potevamo evitare». E cita la «sindrome del chihuahua»: «La conoscete: "piccolo piccolo, abbaia tanto, el primo can che passa se eo magna". Ecco, non si dovevano rompere le scatole alla Russia».

Ma mentre l’Avvocatura regionale valuterà di impugnare l’impugnabile (la delibera dà mandato di "esplorare ogni utile percorso finalizzato alla presentazione di un possibile ricorso, sia in sede europea che nazionale, per rimuovere il regime delle sanzioni applicato dall’Ue"), cosa farà Zaia? «Ho ampia delega a trattare anche con l’Ambasciata e il Governo russo per dire che non condividiamo le sanzioni». Ci sono stati contatti, almeno ufficiosi? «Sì, ma non dico con chi». È la prima forma di "indipendenza" del Veneto? Zaia non risponde ma sorride. E comunque, osservano a Palazzo Balbi, se anche non si riuscisse a far togliere l’embargo, questa delibera di giunta equivarrebbe a un credito da vantare nei confronti dei russi.

L’opposizione ci crede poco. «Se Zaia va avanti così saranno lui e soprattutto il Veneto a fare la fine del chihuahua, sbranati dal dobermann tedesco», dice il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Lucio Tiozzo. Che rincara: «Quelle del presidente sono dichiarazioni inaudite: si tratta di una fuga in avanti dal sapore indipendentista ed elettoralistico ma che, in barba al ruolo del governo italiano, dell’Ue, degli accordi e delle relazioni diplomatiche, rischia di isolarci e di far saltare ogni rapporto commerciale con gli altri Paesi. Provocando così un danno pesante all’economia veneta. Penso solo alla reazione negativa della Germania, con la quale intratteniamo rapporti commerciali di importanza cruciale, di fronte a questa mossa folle».


La Regione: «No all’embargo
Il Veneto tratterà con Putin»
Zaia ha avuto il mandato formale da parte della giunta e il sostegno del consiglio Il governo: «Si tratta di pura propaganda, i territori non hanno questo potere»
ottobre 2014

https://corrieredelveneto.corriere.it/r ... 0729.shtml

Zaia ha avuto il mandato formale da parte della giunta e il sostegno del consiglio Il governo: «Si tratta di pura propaganda, i territori non hanno questo potere»

VENEZIA Luca Zaia dice e ripete che diplomazia e indipendenza sono affari molto diversi. Ma, a tutti gli effetti, la decisione assunta (con tanto di documento ufficiale approvato all’unanimità dal governo di palazzo Balbi) di convocare l’avvocatura per ricorrere contro le sanzioni europee alla Russia e provare ad andare a trattare direttamente con il presidente Vladimir Putin per allargare le maglie dell’embargo è un po’ un segnale della voglia della giunta regionale di svincolarsi dalle decisioni di politica estera prese da Roma. «L’embargo russo (deciso in risposta alle sanzioni europee per l’intervento di Mosca in Ucraina, ndr) per noi è una tragedia - è intervenuto Zaia -. E visto che Roma e Bruxelles non fanno niente ho chiesto agli avvocati se ci sono gli estremi per fare ricorso contro l’Europa e sono pronto a trattare con tutti i canali diplomatici possibili direttamente con Putin». E del fatto che la politica estera sia una prerogativa degli Stati Nazione e dell’Unione europea «chissenefrega ».

«L’agroalimentare in Veneto vale sei miliardi di euro e non faccio fatica a quantificare nel cinque-dieci per cento di questa cifra il valore delle merci che vanno in Russia - continua Zaia - Roma e Bruxelles non ci hanno chiesto nulla quando hanno deciso questo embargo inutile che sta riducendo sul lastrico decine di aziende, quindi noi non dobbiamo chiedere nulla a nessuno. Questo è il semestre europeo dell’Italia ma evidentemente Renzi ha barattato l’interesse delle aziende italiane con il posto della Mogherini (Federica, responsabile della politica estera europea, ndr). Siamo di fronte alla sindrome del chihuahua che è piccolo, abbaia tanto, ma, nel confronto fisico, viene subito sbranato ». E anche se in fin dei conti Zaia ha semplicemente adottato la risoluzione del consiglio regionale di qualche giorno fa (il presidente dell’Aula Valdo Ruffato e il presidente della commissione esteri Nereo Laroni hanno dato mandato alla giunta regionale di fare pressioni sugli organi competenti per limitare i danni dell’embargo subiti dal settore agroalimentare veneto), la dichiarazione di voler tentare l’approccio diretto con il governo russo ha fatto saltare sulla sedia i consiglieri regionali dell’opposizione. «Se Zaia va avanti così saranno lui e soprattutto la nostra regione a fare la fine del chihuahua, sbranati dal dobermann tedesco», sbotta il capogruppo del Pd a palazzo Ferro Fini Lucio Tiozzo.

«Sono dichiarazioni inaudite - continua Tiozzo -: si tratta di una fuga in avanti dal sapore indipendentista ed elettoralistico, ma che in barba al ruolo del governo, dell’Ue e degli accordi e delle relazioni diplomatiche, rischia di isolarci e di far saltare ogni rapporto commerciale con gli altri Paesi provocando un danno ben maggiore all’economia veneta ». Ancora più tranciante è la reazione del governo nelle parole del sottosegretario agli affari regionali Gianclaudio Bressa: «Finché Zaia si limita a dire boiate propagandistiche intervenendo su cose che non competono ai presidenti di Regione invece che occuparsi del Veneto non succede nulla. Al massimo possiamo farci due risate amare perché purtroppo Zaia non sta facendo quello di cui il Veneto avrebbe veramente bisogno». Fatto sta che i danni della reazione russa alle sanzioni europee si fanno sentire pesantemente sul settore primario e iniziano a toccare anche le altre aziende trascinate dai risultati dell’agroalimentare. Al momento in appena un mese di blocco delle esportazioni, il solo consorzio del Grana Padano ha perso due milioni di euro a cui si devono aggiungere un’altra decina di milioni dell’ortofrutta. «Zaia fa benissimo a voler trattare con la Federazione russa - conclude il capogruppo della Lega a palazzo Ferro Fini Federico Caner - Visto che Renzi cala le braghe davanti alla Germania, qualcuno deve pur intervenire a difesa dei nostri imprenditori e dei nostri lavoratori ».



Il Veneto ha finalmente dato il suo 'ok' all'annessione della Crimea alla Russia
Giulia Saudelli

https://www.vice.com/it/article/8xjxek/ ... sia-crimea

Il Consigliere Regionale del Veneto Stefano Valdegamberi in posa davanti a un ritratto di Vladimir Putin. (Foto via Facebook)

Da tempo i legami tra il Veneto e la Russia di Putin risultano abbastanza stretti: dalla leggenda che vede il Presidente russo nato in provincia di Vicenza, ai legami con la Federazione rivendicati da una schiera di indipendentisti veneti, dal Veneto Serenissimo Governo alla stessa Lega Nord.

Ma il punto più alto dell'amicizia tra il Veneto e la Russia potrebbe essere stato raggiunto oggi: la regione è infatti la prima in Europa a spingere per il riconoscimento della Crimea come stato autonomo e annesso alla Federazione Russa, seguendo le orme di altri paesi come la Corea del Nord, la Siria e il Venezuela.

Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato mercoledì pomeriggio una risoluzione per spingere la Regione a promuovere "il diritto di autodeterminazione della Crimea" e "la costituzione di un comitato contro le sanzioni alla Federazione Russa."

Nel dettaglio, il provvedimento - che vede come primo firmatario il consigliere Stefano Valdegamberi, eletto con la lista Zaia - invita il Governo italiano a condannare le politiche dell'Unione Europea nei confronti della Crimea.

Allo stesso tempo, la mozione chiede di riconoscere il risultato del referendum del 16 marzo 2014 — con cui la popolazione della Crimea ha espresso la volontà di costituirsi come soggetto federale della Federazione Russia, ma il cui esito è considerato illegittimo, tra gli altri, dall'OSCE e dagli stati del G7.

Il voto in Veneto ha suscitato l'attenzione di diverse testate giornalistiche russe, come l'agenzia governativa Tass, e secondo alcuni giornalisti presenti sul posto, alcune troupe televisive russe hanno addirittura assistito al dibattito del Consiglio Regionale sulla risoluzione.

Prima troupe russa in consiglio regionale del — Angela Pederiva (@AngelaPederiva)17 maggio 2016

Secondo quanto si legge nel documento, i promotori sostengono che l'Italia e l'Unione Europea abbiano violato il diritto all'autodeterminazione della Crimea, e che abbiano adottato "due pesi e due misure" tra la Crimea e altre nazioni che hanno portato avanti istanze simili, a seconda dei loro interessi geopolitici.

Di conseguenza, il Consiglio Regionale del Veneto chiede anche che siano rivisti i rapporti tra l'Unione Europea e la Russia, soprattutto per quanto riguarda le sanzioni economiche applicate dai paesi occidentali alla Federazione Russa in seguito all'annessione della Crimea.

In particolare, vengono contestati i danni economici riportati dall'Italia a causa delle sanzioni contro la Russia e il conseguente embargo russo sui prodotti occidentali. Citando i dati della CGIA di Mestre, la risoluzione parla di una riduzione dell'export italiano da 10,7 miliardi di euro nel 2013 a 7,1 miliardi nel 2015, un calo del 34 per cento.

"È giunto il momento di dire basta alle assurde, ingiuste e inefficaci sanzioni a cui Mosca ha reagito con un embargo che sta provocando danni gravissimi all'economia veneta," ha detto il promotore della risoluzione Stefano Valdegamberi.

"La questione della Crimea, poi, è paradossale: l'Europa per la prima volta nega il diritto di autodeterminazione a un Paese la cui storia e cultura è da sempre legata alla Russia."

Di diverso avviso ovviamente è l'Ucraina, che tramite il suo ambasciatore in Italia Yevhen Perelygin ha espresso il suo disappunto. "Dovrei ricordare all'autore della Risoluzione che la Crimea è parte integrante del territorio dell'Ucraina, occupata e annessa due anni fa alla Federazione Russa in violazione dei principi fondamentali del diritto internazionale e degli accordi bilaterali," ha scritto in una lettera indirizzata ai Consiglieri della regione Veneto e pubblicata dal Corriere del Veneto.

"Comprendo le ragioni legittime dei rappresentanti del popolo del Veneto di accrescere gli scambi commerciali della regione, ma, a mio parere personale, una tale Risoluzione provocatoria non contribuirà certo ad aumentare le capacita d'esportazioni delle imprese venete," aggiunge l'ambasciatore.


Il Veneto riconosce la Crimea: è la prima Regione Ue a farlo
Storica risoluzione della maggioranza guidata da Zaia. Viene riconosciuta l'annessione della Crimea alla Russia. Una mossa che rompe le sanzioni europee
Sergio Rame
18 Maggio 2016 - 09:20

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 60209.html

Ha provocato un immediato scalpore in Russia. I consiglieri di maggioranza della Regione Veneto hanno firmato una risoluzione per chiedere al governo italiano un impegno per il riconoscimento della Crimea come parte della Federazione Russa e la fine delle sanzioni. Sul piano formale l'atto (primo firmatario Stefano Valdegamberi, consigliere della lista Zaia e reduce da un forum a Yalta) ha di fatto il carattere di un auspicio. Ma è importante sul piano politico. Perché, in quesdto modo, il Veneto fa da apripista in Europa per il riconoscimento dell'annessimo della Crimea alla Russia.

Nel 2014, in seguito alla crisi ucraina e all'intervento più o meno esplicito della Russia, che ha sostenuto le frange separatiste della regione, la Crimea si è staccata dal resto dell'Ucraina, separazione confermata dall'esito di un referendum che non è stato riconosciuto legittimo dall'Unione Europea, dagli Stati Uniti e da un terzo degli Stati membri dell'Onu. La Russia, invece, considera valido il risultato. "La risoluzione - spiega Valdegamberi - vuole che a voce alta sia riconosciuta la possibilità al popolo della Crimea di scegliere il proprio destino, e la Crimea vuole stare con la Russia. Inoltre chiede che venga posto fine alle sanzioni e che vengano ripristinati i rapporti con la Russia. Certo, non ha un valore di politica estera, esprime un auspicio, ma ha un valore molto forte perchè il Veneto subisce la conseguenza di una politica europea sbagliata".

L'iniziativa dell' assemblea regionale veneta è seguita con molta attenzione anche dalla stampa russa. Il primo a scriverne è stato il quotidiano Izvestia, ma presto la storia è finita su Sputnik, testata vicinissima al Cremlino, e sulle televisioni. "Se la votazione avrà esito positivo - rileva Izvestia - il Veneto sarà la prima regione in Europa a riconoscere la Crimea come parte della Russia". Proprio ieri il presidente ucraino Petro Poroshenko ha chiesto di prolungare le sanzioni contro la Russia in un incontro a Kiev con gli ambasciatori dei paesi del G7. A muovere l'iniziativa dei 24 consiglieri veneti, al di là della questione politica, c'è il tema economico, legato alle penalizzazioni sul fronte dell'export con la Russa per le attività produttive venete, in particolare il settore primario. "L'Italia, l'Europa, si fa del male - dice il consigliere veneto - per negare il diritto a una popolazione di decidere del suo destino. Cosa ci importa con chi sta la Crimea? Se vuole stare con la Russia ci stia".

La risoluzione "impegna il presidente del Consiglio regionale del Veneto e il presidente della giunta regionale ad attivarsi presso il governo e il parlamento nazionale e le istituzioni europee per la revisione dei rapporti tra l'Unione europea e la Federazione Russa, evidenziando i danni irreversibili alla nostra economia provocati dalle loro scelte scellerate ed irresponsabili anche alla luce della sicurezza internazionale". "A promuovere - è detto ancora - la costituzione di un comitato allo scopo di raccogliere le sottoscrizioni al fine di revocare le sanzioni alla Russia". La risoluzione invita, poi, il governo Renzi "a condannare la politica internazionale dell'Unione Europea nei confronti della Crimea, fortemente discriminante e ingiusta sotto il profilo dei principi del Diritto Internazionale, chiedendo di riconoscere la volontà espressa dal Parlamento di Crimea e dal popolo mediante un referendum". Si invita poi il governo a chiedere il ritiro delle sanzioni ed esprimere "forte preoccupazione" per alcune dichiarazioni sul tema del capo della diplomazia dell'Ue Federica Mogherini.





Lega con Trump, M5S in Russia. Così il governo sfida l'Unione europea
Lorenzo Vita
7 marzo 2019

http://www.occhidellaguerra.it/lega-m5s-russia-usa

Con la Russia o con gli Stati Uniti? Oppure con entrambi? L’Italia giallo-verde sembra divisa fra Mosca e Washington, specialmente se si osservano i movimenti delle due anime che compongono l’esecutivo. E anche in questo caso, Matteo Salvini appare in vantaggi, essendo riuscito prima a presentarsi come leader favorevole ad aperture nei confronti della Russia e poi come alleato perfetto alleato dell’amministrazione Trump.

Un percorso riconoscibile quello del leader della Lega, confermato anche dagli ultimi viaggi dei suoi “diplomatici”: prima del sottosegretario Guglielmo Picchi, poi del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Due viaggi che hanno ricucito i rapporti con l’America ma che hanno soprattutto mostrato la volontà del Carroccio di presentarsi come partito-garante della partnership fra Italia e Stati Uniti.

Missione non estremamente semplice quella della Lega, perché se l’amministrazione Trump è molto aperta nei confronti delle idee del partito, dall’altro lato fonti interne al Carroccio testimoniano la volontà Usa di chiedere garanzie al partito di Salvini proprio sui rapporti con la Russia. Dall’altra parte dell’Atlantico accusano costantemente i partiti sovranisti di avere legami con il Cremlino. E in un momento di russo-fobia imperante nel deep State americano, anche una sola voce non avversa alla Federazione russa diventa un problema.

E proprio per questo, la Lega si trova a dover gestire una diplomazia che guarda a Washington senza però negare una certa predisposizione ad ascoltare anche i tradizionali vincoli strategici fra Italia e Russia. Tanto che anche Salvini, in questa fase, ha mitigato le dichiarazioni a sostegno della Russia cercando di sembrare molto più affine, anche in politica estera, alla strategia di Washington (come dimostrato con il Venezuela). E sul blocco alle trivelle, la rete 5G a Huawei e la questione gas, Washington ha già chiesto rassicurazioni. Altrimenti l’amministrazione Usa e i grandi investitori americani potrebbero negare il loro sostegno anche in un futuro governo a guida Lega.

Mentre Salvini blinda, l’asse con Trump, il Movimento 5 Stelle rincorre la Lega sui due fronti: quello atlantico e quello orientale. Secondo le prime indiscrezioni, Luigi Di Maio pare abbia incassato l’ok di Washington per un viaggio in territorio americano in cui dovrebbe incontrare anche il vicepresidente Mike Pence. Un modo per i Cinque Stelle di ribadire il loro interesse a non contraddire troppo l’amministrazione americana dopo i tentennamenti sul Venezuela, la contrapposizione al Tap, e tutte le dichiarazione dell’ala “movimentista”.

Ma è proprio dall’ala a sinistra del Movimento che arriva una svolta non di poco conto. Roberto Fico è andato a Mosca per incontrare il presidente della Duma. Il presidente della Camera è intervenuto di fronte ai parlamentari russi con un’apertura molto importante nei confronti della Federazione, in particolare sul tema delle sanzioni.

Il presidente della Camera, intervenendo nella capitale russa, ha dichiarato: “L’Italia ritiene che il dialogo interparlamentare sia una condizione fondamentale per risolvere i problemi che dobbiamo affrontare e per questo vi è un ampio consenso tra le forze politiche rappresentate alla Camera dei deputati italiana per operare attivamente con gli altri partner del Consiglio d’Europa affinché sia superato il regime di sanzioni adottato nel 2014 con la sospensione del diritto di voto e delle altre prerogative della delegazione parlamentare russa”.

E il presidente della Camera ha poi sottolineato: “Sono un convinto sostenitore del senso storico, culturale e politico dell’Unione europea e della necessità che essa, unita, continui il suo percorso di dialogo e di cooperazione con la Federazione russa”. E ha ribadito che “Italia e Unione europea contano in particolare sul determinante contributo della Russia per la risoluzione delle più gravi crisi in atto” come “i conflitti aperti nel Mediterraneo e nel Medio-Oriente”.

Un segnale di apertura nei confronti di Vladimir Putin che non è passato inosservato. E che rende ancora più evidente la volontà del governo giallo-verde di porsi in un rapporto di collaborazione con le due grandi potenze che “sfidano” l’Unione europea: Russia e Stati Uniti. Una doppia anima che però può avere due tipi di conseguenze: da un lato aiutare l’Italia in un momento di isolamento in Europa; dall’altro lato creare un’ulteriore spaccatura all’interno della maggioranza. Perché prima o poi, specialmente negli Stati Uniti, qualcuno chiede il conto.


Analisi. La rete fra la Lega e Putin dietro l'Italia «giallo-verde»
Eugenio Fatigante
31 maggio 2018

https://www.avvenire.it/economia/pagine ... ialloverde

Molto si è detto e scritto, in questi giorni, sul no di Mattarella a Savona come ministro dell’Economia di un eventuale governo Lega-M5s per le sue tesi fortemente euroscettiche. Ma ad agitare ancor più i pensieri delle cancellerie di tutta Europa (e anche del Quirinale) è un altro scenario, noto da tempo eppure stranamente rimasto sotto traccia nel dibattito nazionale: il legame di Matteo Salvini con Russia Unita, il partito nato nel 2001 per sostenere Vladimir Putin.

L’ultimo allarme l’ha lanciato, domenica scorsa, Armin Schuster, il presidente (della Cdu) della commissione Servizi del Bundestag, il Parlamento tedesco: un governo giallo-verde non sarebbe motivo di «interrompere» la cooperazione nell’intelligencecon Roma, ma nelle vicende che coinvolgono Mosca i contatti potrebbero essere condotti «diversamente» da come avviene ora. Alla base di questa 'relazione pericolosa' c’è persino un testo ufficiale, una sorta di altro contratto (come quello siglato con i pentastellati): un «Accordo sulla cooperazione e collaborazione» fra i due partiti. Il testo, in 10 punti, è riportato dal libro 'Da Pontida a Mosca', scritto da Fabio Sapettini e Andrea Tabacchini.

Era poco più di un anno fa: ai primi di marzo del 2017, Salvini era nella capitale russa. Da una parte del tavolo c’era lui, dall’altra Sergey Zheleznyak, 48enne vicesegretario per le relazioni internazionali del partito putiniano, per firmare questo documento: un impegno a promuovere le relazioni fra le due parti, con seminari, convegni, viaggi, basato su un «partenariato paritario e confidenziale», termine, quest’ultimo, quanto mai singolare per la diplomazia internazionale.

Uno scambio quanto mai ampio, che comprende anche le «esperienze in attività legislative». Una rete fitta che ha anche alimentato il sospetto, sempre seccamente smentito da Salvini, di finanziamenti diretti di Putin alla Lega, partito peraltro in difficoltà economica. Qual è, allora, lo scopo di questa alleanza? Interessante è l’opinione di Nona Mikhelidze, analista dello Iai (Istituto affari internazionali), riportata lo scorso gennaio dal sito Formiche: «Il Cremlino sa che l’Italia non può uscire da un giorno all’altro dall’Ue. L’obiettivo per il momento è creare caos, ingovernabilità, aiutare quelle forze sovraniste che, per costituzione, chiedono meno Europa».

Guarda caso, esattamente lo scenario che si sta realizzando in queste settimane in Italia. In effetti, la drammatizzata ipotesi di uscita dall’euro sarebbe comunque un processo complesso da portare avanti. Molto più agevole 'creare' disordine. Come il primo tempo di una partita. Mettere in crisi la moneta unica resta infatti la via migliore per indebolire l’Europa. Per minarla dalle fondamenta. Un interesse prioritario per la Russia, penalizzata dalle sanzioni Ue in vigore da marzo 2014 e per ora prorogate fino a fine luglio.

Senza un Paese 'forte' come l’Italia, le sanzioni non potrebbero essere rinnovate (sono votate all’unanimità). Non a caso il «ritiro immediato delle sanzioni» è previsto nello scarno capitolo 'Esteri' del contratto gialloverde. In questo filone, la figura di Paolo Savona, economista d’esperienza e stimato (anche e proprio per la sua linea sull’Unione Europea), non è casuale, ma può acquisire un ruolo funzionale nello scacchiere predisposto da Salvini. D’altronde Savona non è noto solo per i suoi riferimenti storici al nazismo dei tedeschi (non graditi sul Colle). Sulla Russia, in un’intervista a Libero, ecco cosa diceva: «Putin è realista. È contrario a un’Europa che lo danneggi. E questa lo danneggia».

Anche l’ex ministro del governo Ciampi ha legami storici col mondo russo, coltivati durante la presidenza di Impregilo negli anni Duemila. Ecco che dietro l’opposizione alla figura di Savona – e all’esecutivo leghista-grillino – si può leggere in filigrana la volontà di contrastare un disegno geopolitico orientato a mutare gli equilibri in Europa. Il tramite dell’infatuazione filo-russa del Carroccio è il giornalista Gianluca Savoini, già collaboratore di Salvini e presidente dell’associazione 'Lombardia Russia'. Prende le mosse nel 2013: da allora, ogni passo politico del Matteo in camicia verde ha ricevuto una qualche 'benedizione' russa.

Quando, a dicembre 2013, è eletto segretario nel congresso di Torino fra i presenti c’è Viktor Zubarev, parlamentare russo. Da lì cominciano i contatti diretti fra Salvini e Putin. Il 17 ottobre 2014 il leader russo è a Milano per il vertice Asem e, a costo di far aspettare l’amico Berlusconi, incontra per 20 minuti in un hotel il capo lumbard: «Certo, bere un caffè con Putin...», commenta un emozionato Salvini. Segue una lunga serie di 'pellegrinaggi' a Mosca. Una ragnatela di contatti. Una settimana fa Savoini era a San Pietroburgo, al forum internazionale, assieme a Paolo Grimoldi, altro deputato leghista che funge da trait-d’union sull’asse Milano-Mosca. Non coinvolto in questa rete, ma molto attivo è poi Luigi Scordamaglia, dinamico presidente di Federalimentare e sorta di 'ufficiale di collegamento' fra il mondo imprenditoriale del Nord e la Lega per la sua attenzione al tema sanzioni, che penalizzano soprattutto l’agroalimentare.

I timori non sono legati solo agli assetti economici, però. Molto forti sono anche quelli per le 'bufale' mediatiche che influenzano le elezioni e i sommovimenti occidentali. Nei 'Palazzi' della politica si ricorda a esempio che, secondo inchieste giornalistiche, l’80% dei tweet a favore dell’indipendenza della Catalogna sono arrivati da account russi o venezuelani. E c’è chi ricorda che, in ogni caso, il nostro 'ancoraggio' agli Stati Uniti deve prevalere. Per una ragione semplice: l’interscambio commerciale fra Usa e Italia prima delle sanzioni era 10 volte più grande di quello con Mosca. Grandezze profondamente diverse che fanno riflettere davanti al rischio di uno spostamento degli equilibri.



Quante demenzialità che scrivono questi veneti sinistrati e scriteriati pro Putin e antiamericani.

VENETO SERENISSIMO GOVERNO
Ufficio di Presidenza
Fermiamo l’aggressione
15 febbraiuo 2022

È evidente a tutti che la situazione nell'est Europa sta precipitando, col pericolo concreto che anche il resto d'Europa possa essere coinvolto in una guerra diversa da quella "fredda".
Le continue provocazioni contro la Federazione Russa e la Bielorussia sono palesi: oltre alle ingiustificate sanzioni economiche l'amministrazione Biden sta addestrando e fornendo armi offensive non solo all'esercito ucraino ma anche a mercenari polacchi, georgiani, milizie neonaziste ucraine, terroristi musulmani di origine cecena e del Daghestan per aggredire le repubbliche di Donetsk e Lugansk, e successivamente accusare la Federazione Russa di aggressione. Tutto questo si è già verificato il 31 agosto 1939: incidente di Gleiwitz, attuale Gliwice, quando forze tedesche delle SS attaccarono una stazione radio tedesca indossando divise polacche; incidente che costituì il "casus belli" per giustificare l'invasione della Polonia.
Il Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica smaschera questa provocazione. Il popolo veneto ha già pagato col sangue di migliaia di nostri giovani, durante la 2a guerra mondiale, dal 1941 al 1943, per colpa dei fascisti italiani, che per volontà e ambizioni di Mussolini hanno proditoriamente attaccato la Russia. Nessun veneto è disposto a morire nelle steppe ucraine, per gli interessi degli speculatori internazionali, guidati dall'amministrazione Biden.
Il Veneto Serenissimo Governo lotta e chiama alla lotta tutti i popoli per un mondo di pace, contro gli interessi dei monopolisti. Il gas e le materie energetiche sono aumentati in maniera esponenziale, non per colpa di Putin e della Federazione Russa ma per colpa dei petrolieri nordamericani, i quali vogliono rifilarci il loro gas (scisto), non a prezzi di mercato ma di monopolio.
Il popolo veneto e tutti gli altri popoli d'Europa non devono versare una sola goccia di sangue per gli interessi di questi predatori.
Lottiamo per fermare la guerra, per un mondo di pace, libertà e autodeterminazione dei popoli.

Queste siano le parole d'ordine di ogni popolo.
Venezia-Longarone,14 febbraio 2022
Ufficio di Presidenza
Veneto Serenissimo Governo

Veneto Serenissimo Governo
segreteriadistato@serenissimogoverno.org, – kancelliere@katamail.com,
Tel. +39 349 1847544 - +39 340 6613027
http://www.serenissimogoverno.eu
http://www.radionazionaleveneta.org


Ucraina: chi ha vinto?
VENETO SERENISSIMO GOVERNO
"Riceviamo e pubblichiamo"
17 febbraio 2022

Oggi, possiamo constatare che l'attacco da parte della Federazione Russa e della Bielorussia all'Ucraina non è avvenuto, smentendo tutte le affermazioni fatte con la massima certezza dal Presidente Biden, dal Primo Ministro Johnson e dal Segretario Generale della NATO Stoltenberg.

La Federazione Russa, per il momento ha ottenuto che la NATO rispettasse quanto si era impegnata, nei primi anni '90, a non allargarsi nell'est Europa.

Questo a dimostrazione che non ci si può fidare degli impegni informali dell'amministrazione americana, quindi è giusto e ragionevole quanto richiesto dal governo russo: di ottenere vincoli formali e garantiti; a tal proposito, dimostrando che la NATO non può agire a suo piacimento e senza ostacoli.

"Se vuoi la pace preparati alla guerra". E questo è stato storicamente dimostrato.

La Serenissima Repubblica ne è un esempio, quando ha scelto la neutralità disarmata alla neutralità armata, con le note conseguenze.

La Federazione Russa ha ottenuto due risultati: affermare che in Europa non solo bisogna tener conto dei suoi interessi, ma non può essere depredata dal capital-imperialismo occidentale.

Credo sia giusto far notare a tutti che non dovrebbe esistere nessuna differenza tra Cuba e l'Ucraina: se l'Ucraina vuole entrare nella NATO e puntare i missili su Mosca, perché Cuba non può avere missili per difendersi? Datevi la risposta.

E inoltre è evidente che anche dal punto di vista informatico la CIA ha subito una cocente sconfitta, con conseguenze non secondarie anche per il futuro.

In conclusione la Federazione Russa e il suo Presidente Wladimir Putin hanno salvato la pace, mostrando i muscoli; hanno in questo contesto impedito all'Ucraina di diventare uno strumento dell'amministrazione Biden, e nel contempo rafforzare il proprio fronte interno. E verificare quali siano i veri amici.

Bassano del Grappa, Vicenza, 17 febbraio 2022

Germano Battilana

Veneto Serenissimo Governo
segreteriadistato@serenissimogoverno.org, – kancelliere@katamail.com,
Tel. +39 349 1847544 - +39 340 6613027
http://www.serenissimogoverno.eu
http://www.radionazionaleveneta.org



Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... etisti.jpg

Alberto Pento
Dementi! E pensare che nel passato li ho anche frequentati!



Il Donbass tra il Rosso ed il Nero.
gennaio 2017

http://www.nuovaalabarda.org/leggi-arti ... _nero..php

Ha suscitato addirittura un’interrogazione parlamentare (presentata da esponenti del PD piemontese, ma sollecitata da alcune associazioni facenti capo ad Acmos, Benvenuti in Italia –derivata da Acmos e da Libera – e dall’associazione radicale Aglietta) l’apertura di una rappresentanza diplomatica (un “consolato informale”, secondo la definizione che essi stessi si danno) della Repubblica indipendente di Donetsk, cioè i separatisti russofoni del Donbass, che hanno dato vita ad una lotta armata di liberazione dopo il golpe arancione ucraino del 2014 (fortemente sostenuto dall’Unione europea, con in testa esponenti del nostro PD come Gianni Pittella in supporto alle manovre di Soros ed al bailamme mediatico offerto alle performances delle pornografiche nonché filonazistoidi Femen).
Premesso che se il diritto all’autodeterminazione andava bene per gli albanesi del Kosovo, che sono stati sostenuti e foraggiati dall’Unione europea in barba al diritto internazionale, non si comprende perché tale diritto non possa essere applicato per il popolo del Donbass, che in seguito alla virata nazistoide del governo di Kiev ed alla discriminazione da esso attivata nei confronti delle minoranze russofone si è trovato in una situazione alquanto problematica, quello che noi troviamo agghiacciante è che l’interrogazione sia stata determinata dal fatto in sé dell’apertura della rappresentanza diplomatica, mentre a parere nostro il problema è invece che a sostenere questa iniziativa siano, contrariamente a quanto si sarebbe potuto pensare dato che i ribelli del Donbass sembravano essere comunisti ed internazionalisti, forze politiche di destra come la Lega Nord e Fratelli d’Italia.
Anche se è un dato di fatto che tra i sostenitori del Donbass indipendente non si sono mobilitati solo i movimenti comunisti (in nome dell’internazionalismo proletario), ma sono andati a combattere nel Donbass dalla parte dei separatisti anche volontari dell’estrema destra come l’ultras lucchese Andrea Palmeri (che, essendo sottoposto a sorveglianza speciale dovendo scontare una pena detentiva, tecnicamente si è reso colpevole di evasione), arruolatosi nella milizia popolare di Lugansk, il quale ha affermato in un’intervista che “comunismo e fascismo sono ormai definizioni vecchie. Il vero nemico, per tutti, è l’imperialismo degli Stati Uniti” (G. Romeo, “La guerra in Ucraina vista da un fascista italiano che combatte con i separatisti”, in http://www.vice.com/it/read/intervista- ... craina-999 ).
In effetti, oggi che la Russia di Putin non è più l’Unione Sovietica comunista, in questa visione geopolitica di opposizione all’imperialismo statunitense (e alle posizioni atlantiste dell’Unione europea) possono trovare spazio le teorie mutuate dal nazionalbolscevismo per una “Europa unita dall’Atlantico agli Urali”, che fu anche una delle parole d’ordine lanciate da Stefano Delle Chiaie quando era a capo di Avanguardia Nazionale.
Tornando ai referenti dell’iniziativa “diplomatica” torinese possiamo considerarli come la naturale evoluzione della visita in Donbass di un gruppo di imprenditori veneti, che si recarono a Donetsk e poi a Lugansk tra il 23 ed il 26 novembre scorsi.
Tra essi spicca il nome di Palmarino Zoccatelli, vice presidente dell’Associazione culturale Veneto-Russia, nonché presidente del Comitato Veneto Indipendente (https://it.sputniknews.com/opinioni/201 ... ti-donbas/) e del Sindacato Libero, ma anche curatore del blog Traditio, sito ufficiale delle associazioni cattoliche tradizionaliste di Verona (tra le quali anche Famiglia e Civiltà, presieduta sempre da Zoccatelli (http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... era-1.8368).
Ma come troviamo tra i solidali con i ribelli del Donbass esponenti di opposti schieramenti politici, anche tra i sostenitori del governo golpista ucraino vi sono personaggi di varie tendenze. Ad esempio troviamo il miliziano Francesco Saverio Fontana (alias François Fontaine e Stan), che si è vantato di essersi trovato ad Odessa il 2/5/14 quando fu data alle fiamme la Casa dei sindacati provocando la morte di un centinaio di persone, anche giovani donne incinte. Fontana avrebbe dichiarato in un’intervista di essere stato in gioventù militante di Avanguardia Nazionale (sembra amico di Stefano Delle Chiaie), e di essere andato in Ucraina per “prendere parte a una vera rivoluzione patriottica. Questa è la mia ultima opportunità per farlo: come potevo lasciarmela sfuggire?”, aggiungendo: “Non c’è spazio per i sentimentalismi. Questa è la guerra. Sono qui per uccidere” (http://megachip.globalist.it/Detail_New ... ?ID=110873)
Fontana è stato gradito ospite di alcune iniziative dell’Associazione Nazionale Italia Ucraina Maidan, fondata dal vigile urbano torinese Mauro Voerzio che ad un certo punto della sua vita, nel 2007, ha deciso di diventare anche tour operator per organizzare viaggi in Ucraina. Ed essendosi trovato a Kiev nei giorni del golpe è diventato, leggiamo, “uno dei punti di riferimento per la comunità ucraina in Italia: invia aiuti umanitari al fronte, s’improvvisa inviato di guerra, pubblica su Internet interviste e reportage” (http://www.lastampa.it/2016/01/30/crona ... agina.html).
Ma c’è chi sostiene che i suoi aiuti non siano solo umanitari, ma destinati anche ai paramilitari del battaglione Azov.
Presidente dell’Associazione è Fabio Prevedello e con lui e Voerzio collabora Matteo Cazzulani (“responsabile per i rapporti del PD metropolitano milanese con i Partiti democratici e progressisti nel Mondo”), che partecipò con Gianni Pittella ad una “missione europea a Kiev alla vigilia del golpe. Tornò con le idee molto chiare: occorre strappare a tutti i costi l’Ucraina dalla sfera d’influenza russa” (http://megachip.globalist.it/Detail_New ... ?ID=110873).
Voerzio, Prevedello e Cazzulani sono stati tra i relatori alla prima “Festa dell’Unità ucraina”, svoltasi a Buscate (MI) il 14/9/14 con il supporto del sindaco Maria Teresa Pisoni ed il patrocinio del Console ucraino di Milano.

Si diceva prima dell’impegno dell’europarlamentare Gianni Pittella, la cui carriera politica è iniziata nel PSI quando era appena ventunenne, nel 1979; passato al PD negli anni ‘90 è europarlamentare da quattro legislature ed è stato vice presidente vicario del parlamento europeo nel 2013-2014 (il suo portavoce era il giornalista Jan Bernas, autore di un libro sull’esodo istriano che servì da base per lo spettacolo teatrale Magazzino 18 di Simone Cristicchi).
Anche il padre Domenico era stato parlamentare del PSI; subì una condanna per favoreggiamento a banda armata avendo curato (era medico) la brigatista Natalia Ligas ferita in un conflitto a fuoco, ma nel 1991 fu tra coloro che firmarono per la fondazione della Lega Italiana assieme ai piduisti Licio Gelli e Bruno Rozzera, l’ex missino Alfredo Esposito e il pubblicista Enrico Viciconte» (V. Vasile, l’Unità, “Le amicizie imbarazzanti di Bossi”, 31/7/01).
Viciconte e Pittella l’anno dopo furono tra i fondatori della Lega delle Leghe, il cui capo carismatico era (toh!) Stefano Delle Chiaie.
Il cerchio si chiude?


Palmarino Zoccatelli
Tra essi spicca il nome di Palmarino Zoccatelli, vice presidente dell’Associazione culturale Veneto-Russia, nonché presidente del Comitato Veneto Indipendente (https://it.sputniknews.com/opinioni/201 ... ti-donbas/) e del Sindacato Libero, ma anche curatore del blog Traditio, sito ufficiale delle associazioni cattoliche tradizionaliste di Verona (tra le quali anche Famiglia e Civiltà, presieduta sempre da Zoccatelli (http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... era-1.8368).
http://www.venetoindipendente.it/2015/d ... onetsk.pdf



Imprenditori veneti nel Donbass

Eliseo Bertolasi
https://it.sputniknews.com/20161128/imp ... 97663.html

Come spesso si usa dire: “L’economia precede la politica”. Tutti sanno che le due autoproclamatesi repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk non possiedono ancora alcun riconoscimento internazionale, tuttavia è logico dedurre che quando il conflitto militare finirà, sulla loro agenda si presenterà tutta una serie di questioni economiche.

Si tratta di tutta una serie di questioni economiche: dai finanziamenti per far ripartire l'economia, agli scambi commerciali non solo con la Russia ma anche verso l'Europa, alla collaborazione con altri paesi.

Queste sono le motivazioni che hanno spinto un gruppo d'imprenditori veneti a recarsi dal 23 al 26 novembre prima a Donetsk, poi a Lugansk.

La missione nasce dalle iniziative messe in campo dall'Associazione culturale Veneto — Russia, la quale, oltre ad organizzare manifestazioni di tipo culturale, nei limiti delle proprie possibilità, mettendo a disposizione i propri contatti, cerca di dare una mano a quegli imprenditori che, condividendo con l'associazione la stessa base valoriale, ambiscano ad affacciarsi sui mercati stranieri dell'area russa — russofona.

Sono ben noti i danni enormi, in Italia, che la politica governativa delle sanzioni alla Russia sta causando all'economia nazionale, soprattutto nei confronti della piccola e media impresa.

Ecco le parole del capo-delegazione Palmarino Zoccatelli, vice presidente dell'Associazione Veneto — Russia e presidente del Comitato Veneto Indipendente.

"Questa è la terza volta che visito la DNR e la prima volta che mi reco nella LNR. Ho visto che la città di Donetsk sta facendo passi da gigante nella ricostruzione e verso una nuova stabilità sociale e politica. Con i nostri imprenditori veneti sono stati individuati alcuni settori di cooperazione che sicuramente, faremo il possibile, potremo sviluppare. Ringrazio le autorità e il governo di Donetsk per l'invito e per l'altissimo livello di ospitalità che ci è stato riservato. Auguriamo alle due Repubbliche di raggiungere quanto prima i propri obiettivi di prosperità e di pace. Non dubito che si arriverà presto al loro raggiungimento".

"Le priorità della visita sono innanzitutto costruire un contatto diretto tra i nostri imprenditori con le autorità locali e gli imprenditori locali, sondare il terreno per individuare progetti di collaborazioni commerciali. Abbiamo ricevuto proposte molto interessanti. Ritengo questa visita sia l'inizio di un percorso di collaborazione comune che porterà benefici ad ambo le parti".

A Donetsk la delegazione è stata ricevuta dal vice ministro degli esteri (DNR) Natalia Mikhailova e dal suo team. A Lugansk da Oleg Akimof, presidente del sindacato della LNR.

All'iniziativa ha aderito anche l'Associazione Lombardia — Russia rappresentata dal suo vice presidente Gianmatteo Ferrari e dal segretario Luca Bertoni.

Ecco le impressioni "a caldo" di Ferrari:

"Posso descrivere questo viaggio come un'esperienza unica ed eccezionale, dal punto di vista umano, culturale e politico.

Ho trovato le popolazioni delle repubbliche di Donetsk e di Lugansk ricche di forza, coraggio, dignità e con un grande cuore. Popolazioni che si sono trovate a fronteggiare un golpe militare violento con forza e coraggio. Siamo stati accolti a braccia aperte sia a Donetsk che a Lugansk. Ringrazio di cuore le rispettive autorità.

L'obiettivo principale ora è aiutare queste popolazioni dal punto di vista economico, politico e culturale. Dal canto nostro come associazione culturale Lombardia-Russia abbia già organizzato alcuni eventi e conferenze su questo argomento, da oggi ci impegneremo per fare ancora di più, per preparare incontri, eventi e manifestazioni culturali che coinvolgano queste popolazioni che tanto hanno dato in termini di sofferenza e che quindi tanto devono ricevere in termini di riconoscenza, degni esempi di chi non vuole sottostare ai dictat mondialisti ed atlantisti".

Ai tempi dell'Ucraina, quella del pre-Maidan, Donetsk e Lugansk rappresentavano due regioni tra le più ricche del paese. Quello che purtroppo è poi successo, è già storia. Appena finirà la guerra, e si auspica molto presto, ripartirà la loro economia. Le potenzialità ci sono. Agli imprenditori stranieri volenterosi di dare una mano in questo cammino di crescita e ricostruzione i governi delle due neo-repubbliche garantiscono, già da ora, totale supporto e allettanti agevolazioni di tipo fiscale e giuridico.

La delegazione è stata la prima di questo genere, presto, com'è stato riferito dalle autorità locali, si recheranno sul posto missioni commerciali da altri paesi europei. Il famoso proverbio: "Chi prima arriva meglio alloggia" può adeguatamente riassumere la questione.




Ambasciata d’Ucraina nella Repubblica Italiana - Corriere del Veneto: Crimea, l’ambasciatore ucraino scrive ai consiglieri regionali veneti
Kitsoft


Il diplomatico: «È parte integrante del nostro Stato»

https://italy.mfa.gov.ua/it/news/47608- ... onu-veneto


ROMA Egregi Consiglieri, L’Europa di oggi sta vivendo tempi difficili. Non aumentano solo i rischi globali per la sicurezza europea; purtroppo assistiamo anche a fenomeni di crisi economica, all’afflusso di migranti e ad altre sfide che continuano a pesare sullo sviluppo dei singoli Stati e delle Comunità. Fenomeni e sfide che possono essere superate solo mantenendo l’unità e la solidarietà europea, nonché il rispetto verso il diritto internazionale e ai valori comuni, propri dell’Europa, che fanno prevalere “la forza del diritto” invece del “diritto della forza”.

Bisogna riconoscere il ruolo che ha avuto la regione Veneto, e che continua ad avere, in questo grande quadro europeo ed italiano, sia dal punto di vista economico sia da quello politico. Possiamo presumere che dall’approccio che potrà assumere una Regione importantissima come il Veneto, su una serie di questioni dell’agenda europea, dipende se assisteremo al rafforzamento di questi valori europei di solidarietà, unità e difesa dei diritti umani o, contrariamente, all’apertura di spiragli agli egoismi locali che trascurano i principi fondamentali del diritto internazionale e la coesistenza pacifica dei popoli. In tale contesto desta stupore l’iniziativa del consigliere regionale Stefano Valdegamberi che intende promuovere una Risoluzione volta a “riconoscere il diritto di autodeterminazione della Crimea”. Vorrei sottolineare che nel testo della bozza di tale Risoluzione, partendo dai gravi errori e dalle manipolazione della storia antica e moderna della Crimea (il principe di Kiev Vladimiro, nel X secolo legò la Crimea all’antico Arciducato di Kiev e non alla Russia che nacque molto più tardi e conquistò la Crimea solamente nell’anno 1783), l’autore giunge poi a concludere sulle gravi perdite per il business italiano. Tutte le persone ragionevoli capiscono benissimo che il calo delle esportazioni verso la Russia non è certo legato alle sanzioni ma alla diminuita capacità d’acquisto dovuta alla drastica caduta dei prezzi del petrolio e alla struttura arretrata dell’economia russa basata sulle materie prime.

Dovrei inoltre ricordare all’autore della Risoluzione che la Crimea è parte integrante del territorio dell’Ucraina, occupata e annessa due anni fa alla Federazione Russa in violazione dei principi fondamentali del diritto internazionale e degli accordi bilaterali. Nel febbraio 2014 la Russia ha proceduto all’annessione della Crimea tramite un “referendum” fasullo avvenuto dopo un’invasione aperta dei militari russi. La legittimità di tale referendum è stata respinta dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti d’America, dall’ONU e da altri principali organismi internazionali. La risoluzione 68/262 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite su «l’integrità territoriale dell’Ucraina» del 27 Marzo 2014, co-sponsorizzata da 41 Paesi tra cui l’Italia, riconosce Crimea e Sebastopoli entro i confini internazionali di Ucraina e respinge la validità del referendum di Crimea.

Per contenere l’espansionismo russo e ristabilire l’ordine mondiale, palesemente violato dalla Russia con l’annessione della Crimea e l’occupazione dei territori orientali dell’Ucraina, le potenze democratiche mondiali, in primis il G7 e l’Unione Europea, hanno deciso di utilizzare lo strumento delle Sanzioni. Queste, imposte dall’UE alla Russia, non riguardano l’interscambio commerciale fra Italia e Russia, ma singole persone, istituzioni e aziende ritenute responsabili della crisi ucraina. Le sanzioni sono un elemento importante per far pressione sul regime di Mosca affinché rispetti gli Accordi di Minsk smettendo di destabilizzare la situazione in Donbas e ritirando tutti gli armamenti pesanti e i suoi soldati dal territorio dell’Ucraina che continuano ad attaccare quotidianamente le nostre posizioni causando la morte di civili e militari. Dovrei anche aggiungere che, se qualcuno in Crimea avesse davvero il diritto di autodeterminazione, quello dovrebbe essere esclusivamente il popolo autoctono della penisola Crimeana – i Tatari di Crimea.

A che cosa invece stiamo assistendo? Come nelle migliori tradizioni staliniste, le autorità di occupazione russa stanno perseguitando il popolo tataro, arrestano e uccidono i loro attivisti, chiudono le scuole e i media nazionali di questo popolo reprimendo qualsiasi loro attività nazionale. A causa di queste tragiche vicende, ormai si sta parlando di sopravvivenza per i tatari di Crimea come popolo, così come riferito anche nell’ultima Risoluzione del Parlamento Europeo. Il mio Paese è stato vittima di una politica aggressiva solo perché difende i valori europei, dichiarando la sua piena adesione al progetto comune europeo, di cui si sente parte integrante. Comprendendo le ragioni legittime dei rappresentanti del popolo del Veneto di accrescere gli scambi commerciali della regione, ma, a mio parere personale, una tale Risoluzione provocatoria non contribuirà certo ad aumentare le capacita d’esportazioni delle imprese venete. Al contrario, il lavoro della Vostra regione con l’Ucraina, nel quadro della Zona di libero scambio tra l’Ucraina e l’UE, potrà veramente promuovere le imprese del Veneto sul mercato ucraino che conta più di 45 milioni di abitanti. Ho avuto più volte l’occasione di far presente al presidente Luca Zaia l’interesse particolare dell’Ucraina di approfondire una cooperazione con gli imprenditori del Veneto, regione molto importante.

Quindi, considerando l’interesse di alcuni consiglieri verso la Crimea, sarebbe auspicabile un eventuale contributo della Vostra regione al processo di restituzione pacifica della Crimea all’Ucraina tale da porre le basi giuridicamente legittime per gli imprenditori veneti, da poter così sviluppare una cooperazione commerciale proprio con questa regione ucraina. Confido che le considerazioni di cui sopra non rimangano senza attenzione da parte Vostra, e auspico altresì che gli onorevoli Consiglieri possano fare le valutazioni obiettive e imparziali sull’aggressione russa contro il mio Paese, una realtà drammatica, non immaginabile nel XXI secolo. Dal canto suo, l’Ucraina cerca e cercherà di compiere ogni sforzo per un ancor miglior sviluppo del partenariato ucraino-italiano per il bene dei nostri popoli, per la pace e la sicurezza in tutta l’Europa. L’occasione mi è particolarmente gradita per inviarVi i miei più cordiali saluti.


La vergogna dei veneti e dei leghisti che stanno con la Russia di Putin e contro l'Ucraina
viewtopic.php?f=143&t=3001
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 9003863100
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Messaggioda Berto » lun feb 21, 2022 11:01 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Messaggioda Berto » lun feb 21, 2022 11:02 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Messaggioda Berto » mar feb 22, 2022 3:57 am

13)
Il demente Putin



L'ORA DELLE DECISIONI IRREVOCABILI
Niram Ferretti
21 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Discorso alla nazione di Putin in cui si evidenzia totalmente la sindrome hitleriana da assedio, il che non promette nulla di buono, perchè è il sintomo di uno scollegamento profondo con la realtà, e quando un leader autoritario si scollega dalla realtà si può solo temere il peggio.
Crollano il rublo e la Borsa di Mosca a seguito delle sue parole infarcite di paranoia anti occidentale.
L'Ucraina sarebbe un paese governato da potenze straniere che ricatta la Russia. Siamo alla versione slava del complotto dem-pluto-giudaico-massonico, in cui, naturalmente, la potenza straniera principale che governa e sobilla l'Ucraina contro la sana e autoctona Russia, sarebbero gli USA (questo Putin non lo dice ma è implicito).
Alla "perfida Albione" fascistissima e proterva si sostituiscono i potentati stranieri.
Il Donbass è parte della Russia, come i Sudeti erano parte della Germania. Non si faranno sconti.
L'Ucraina è uno stato artificiale, come lo era la Cecoslovacchia. L'Ucraina è Russia. Cosa accadde alla Cecoslovacchia lo sappiamo.
Questo è il momento in cui la maschera è stata gettata definitivamente.
La guerra è alle porte, con conseguenze ancora imprevedibili per l'Europa.



Annessione del Donbass, l'ira dell'Ue: «Violazione della sovranità ucraina». Zelensky sente Biden
21 febbraio 2022

https://www.open.online/2022/02/21/cris ... -febbraio/

Il presidente russo Vladimir Putin ha riconosciuto l’indipendenza delle autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk nel Donbass. Secondo quanto riferito dal Cremlino il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz si sono detti «delusi» dal riconoscimento da parte di Putin delle due Repubbliche indipendentiste. Nel corso delle ultime ore diverse istituzioni russe si erano espresse a favore delle richieste avanzate dai leader dei due territori. Durante il suo discorso alla nazione, il presidente russo ha esordito sottolineando che «la situazione in Donbass è diventata critica, e l’Ucraina è parte integrante della nostra storia e cultura, non è solo un Paese confinante: sono parenti, persone con cui abbiamo legami di sangue. L’Ucraina è stata creata dalla Russia: fu Lenin a denominarla così, è una cosa documentata nei nostri archivi». Il presidente russo ha poi aggiunto: «Siamo pronti a mostrarvi cosa significa liberare interamente l’Ucraina dal comunismo». Putin si è poi concentrato sulla questione energetica, dichiarando che «le autorità ucraine hanno continuato a ricattarci sulle forniture energetiche, e «sono questi gli strumenti che hanno utilizzato nelle trattative con l’Occidente». Inoltre, «l’Ucraina ha sempre rifiutato di riconoscere i legami storici con la Russia e non c’è da meravigliarsi quindi per quest’ondata di nazismo e nazionalismo – ha proseguito Putin -. È importante comprendere che l’Ucraina non ha mai avuto una tradizione coerente nel volere essere una vera nazione».

Attualmente, secondo il presidente russo, l’Ucraina «è governata da forze straniere e da oligarchi che hanno cercato di dividerla dalla Russia: l’Ucraina ha già perso la sua sovranità “asservendosi” ai padroni occidentali: gli Stati Uniti e la Nato hanno trasformato l’Ucraina in un teatro di potenziale azione militare contro la Russia». Putin ha poi puntato il dito contro la Nato che, a suo dire, «ci ha ingannato sull’espansione a Est: hanno detto che non lo avrebbero fatto e invece è esattamente ciò che è accaduto e cerca di nuovo di ricattare la Russia con le sanzioni, a prescindere dalla situazione in Ucraina, l’obiettivo è lo stesso, ossia frenare lo sviluppo della Russia». «Perché fare di noi i nemici?», ha domandato il presidente Puti, che ha aggiunto: «Non è una questione di regime, non vogliono che esista un Paese così grande e che sia potente, tutto qua: è da sempre la politica americana». In chiusura del discorso, il presidente russo ha dichiarato: «La Russia è sempre a favore di una soluzione diplomatica e comprendiamo la nostra responsabilità colossale nella regione e comprendiamo le esigenze di sicurezza europea, ma la sicurezza di uno non può essere garantita a spese di un altro». In chiusura del discorso, Vladimir Putin ha dichiarato che «l’Ucraina deve fermare immediatamente le operazioni militari». Il presidente russo, in chiusura del discorso, ha firmato il decreto al fianco dei leader delle autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk nel Donbass, Denis Pushilin e Leonid Pasechnik.



Sale la tensione: truppe russe già entrate in Donbass
Mauro Indelicato
21 febraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/re ... 1645481250

Le prime truppe russe sono già entrate nel Donbass. Testimoni oculari stanno riportando sui social le immagini di colonne militari presenti a Donetsk. Si tratta di mezzi inviati subito dopo il via libera al riconoscimento di Mosca delle Repubbliche separatiste dell'est Ucraina e il successivo disco verde a una missione di peacekeeping. Una situazione in rapida evoluzione.

Le reazioni da Kiev

Non sono tardate ad arrivare le reazioni internazionali al riconoscimento delle regioni separatiste del Donbass da parte del governo di Mosca. Ovviamente la prima capitale direttamente interessata dal discorso tenuto da Vladimir Putin nelle scorse ore è Kiev. Da qui il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiamato l'omologo Usa Joe Biden.

All'inquilino della Casa Bianca, il capo dello Stato ucraino ha riferito l'intenzione di introdurre la legge marziale a Donetsk e a Lugansk. Sarebbe questa la prima risposta di Kiev alla mossa della Russia. Tuttavia, hanno fatto sapere fonti della presidenza ucraina, Biden avrebbe consigliato a Zelensky di ricorrere a vie unicamente diplomatiche.

Il presidente ucraino ha tenuto un consiglio di sicurezza intorno alle 20:00, subito dopo il quale ha sentito anche altri capi di Stato. Da Kiev hanno annunciato colloqui con il premier inglese Boris Johnson, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il presidente del consiglio europeo Charles Michel. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha fatto sapere di aver chiesto una riunione urgente del consiglio di sicurezza dell'Onu.

Le reazioni internazionali

Alle 21:17, come comunicato dallo staff della Casa Bianca, è iniziata una lunga conversazione tra Biden, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Un colloquio in cui il tema predominante è rappresentato dai contenuti del discorso di Putin.

Un primo provvedimento in relazione al riconoscimento di Mosca delle regioni separatiste, ha riguardato l'imposizione di sanzioni economiche. Non verso la Russia, bensì verso le due Repubbliche del Donbass, quelle cioè di Donetsk e Lugansk, riconosciute da Putin. È pronto infatti un ordine esecutivo in cui è previsto il divieto di effettuare investimenti, commerci e finanziamenti da parte dei cittadini Usa nelle regioni separatiste. Il documento, hanno fatto sapere ancora dalla Casa Bianca, verrà firmato da Biden nelle prossime ore.

Da Washington ha parlato anche il Segretario di Stato Blinken. Dal capo della diplomazia Usa sono arrivate parole molte dure contro la Russia e contro Putin. "Dalla Russia - ha dichiarato - una flagrante mancanza di rispetto del diritto e delle norme internazionali". Da parte Usa è stato garantito il "pieno sostegno all'integrità ucraina".

Emmanuel Macron ha invece parlato, subito dopo la notizia del riconoscimento del Donbass, di “sanzioni mirate” contro la Russia da parte dell'Europa. “La decisione di Putin – si legge in una nota dell'Eliseo – costituisce una violazione unilaterale degli impegni internazionali della Russia e un attacco alla sovranità dell'Ucraina”. Parigi promuoverà già domani una riunione di emergenza del consiglio di sicurezza dell'Onu. Non solo, ma l'Eliseo ha anche definito "paranoico" il discorso di Putin.

Stessi toni anche da parte di Berlino. “Putin ha disatteso i suoi impegni”, è stato il primo commento della cancelleria tedesca. Da Londra invece dovrebbero arrivare le prime vere nuove sanzioni contro la federazione russa. “Domani annunceremo nuove sanzioni contro la Russia – ha dichiarato il ministro degli Esteri britannico Liz Truss – in risposta alla violazione del diritto internazionale e all'attacco alla sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina”. Il premier Johnson ha dichiarato che le nuove misure contro Mosca verranno decise in mattinata. Da Ankara il ministero degli Esteri turco, come riferito dall'agenzia Anadolu, ha diramato una nota in cui viene respinta l'azione politica di Mosca sul Donbass.

Da Roma a intervenire è stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Secondo il titolare della Farnesina, la scelta di Putin costituisce un “grave ostacolo alla ricerca di una soluzione diplomatica”. Di Maio si è detto anche pronto a riferire in parlamento sull'attuale situazione. Da Palazzo Chigi hanno fatto sapere intanto che il presidente del Consiglio Mario Draghi sta seguendo da vicino le ultime novità.

Chiesta riunione straordinaria consiglio sicurezza Onu

Dopo la Francia e la stessa Ucraina, anche gli Stati Uniti hanno chiesto un incontro urgente in seno al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Secondo fonti del Palazzo di Vetro, la riunione potrebbe avvenire nella serata newyorkese, ossia in piena notte in orario italiano. Le ultime evoluzioni sulla vicenda ucraina hanno imposto un'accelerazione alla diplomazia e nel giro di poche ore la questione quindi potrebbe essere discussa in ambito Onu.

Mosca dispone l'invio di una missione di peacekeeping nel Donbass

La prima importante decisione in relazione al riconoscimento delle repubbliche separatiste è arrivata quando in Italia erano da poco passate le 22:00. In particolare, il governo russo ha risposto “in seguito alla richiesta del presidente della repubblica popolare di Lugansk al ministero della Difesa della Federazione Russa – si legge in una nota diffusa dalle agenzie russe – l invio delle delle Forze armate della Federazione Russa sul territorio della Repubblica popolare di Lugansk con funzioni di mantenimento della pace”. Analoga decisione è stata presa anche per la Repubblica di Donetsk.

A Donetsk testimoni parlano di colonne di blindati presenti in città

Su Twitter, subito dopo il discorso di Putin, sono apparse immagini dalla città di Donetsk in cui diversi gruppi di cittadini sono scesi in piazza per festeggiare e sventolare le bandiere russe. Scenari di festa sono stati notati in buona parte del territorio dell'autoproclamata repubblica russofona, da poco riconosciuta indipendente da Mosca. Sempre da Donestk sono arrivate immagini di movimenti di truppe che indicherebbero l'inizio della missione russa di peacekeeping voluta dal Cremlino. Uno scenario quindi in evoluzione e che potrebbe portare a importanti conseguenze nelle prossime ore.



"Cinico e punta al restauro dell'impero. Lo zar ha già in mente di usare la forza"
Roberto Fabbri
21 Febbraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1645430436

L'analista: "Ragiona secondo categorie ottocentesche come le zone di influenza e considera la guerra come uno strumento legittimo"
"Cinico e punta al restauro dell'impero. Lo zar ha già in mente di usare la forza"

Professor Parsi, ma come funziona la testa di Vladimir Putin? Come minimo possiamo dire che non ragiona come noi...

«Cominciamo col dire che c'è in lui una soglia etica del rapporto mezzi-fini diversa dalla nostra. In altri termini, un cinismo molto maggiore. Non dimentichiamo che ha fatto avvelenare il suo principale oppositore Aleksei Navalny, che a suo tempo non ha esitato a usare il polonio radioattivo per uccidere suoi avversari in piena Londra. Ma anche che ai tempi della crisi cecena usò metodi repressivi estremamente brutali, e che non si fece problemi a causare la morte di centinaia di civili chiusi in un teatro moscovita pur di eliminare i terroristi che li tenevano in ostaggio. Il personaggio è questo».

E venendo alle circostanze odierne, secondo lei Putin cosa vuole ottenere o dimostrare?

«Punta al restauro della grande potenza russa e a ribaltare le conseguenze della Guerra Fredda. Di questo non ha mai fatto mistero fin da quando è asceso al potere. Ma vuole anche legittimazione per il suo sistema autoritario, un obiettivo che condivide soprattutto con i cinesi. Il problema per lui è che in questo la Russia è di gran lunga inferiore a una Cina che vanta ben altra performance in termini di logica argomentativa. Il partito comunista cinese funziona, mentre gli argomenti utilizzati da Putin sono modestissimi. Questa pochezza si è dimostrata in quella lettera di 11 pagine inviata agli Stati Uniti per certificare le pretese russe sull'Ucraina. Era messa insieme malamente, imbarazzante direi».

Questa realtà stride con lo status che molti riconoscono a Putin di stratega vincente, di statista brillante. Lei come spiega questo abbaglio?

«Non si comprende che lui è al potere solo perché a suo tempo ha stretto un patto di acciaio con Eltsin e con un gruppo di oligarchi alleati per farne fuori altri. Che è il punto di sintesi di interessi economico-finanziari giganteschi. Senza offendere nessuno, per capire Putin è più utile guardare i padrini di Corleone che un manuale di scienze politiche. Gli uomini politici che tessono le lodi di questo personaggio hanno qualche interesse per farlo. Faccio l'esempio di George W. Bush, che arrivò a dire di aver guardato negli occhi di Putin e di avervi letto l'affidabilità! La verità è che per condurre la lotta al terrorismo islamico ci si è alleati con chiunque, e ora che quella guerra è finita ne paghiamo il prezzo. Le dirò di più: abbiamo sopravvalutato i pericoli della minaccia islamista, mentre sottovalutiamo quella portata da Putin all'Europa».

Che rischi corriamo?

«A differenza dei terroristi, da lì viene un pericolo per la tenuta stessa dei nostri sistemi. Un Paese europeo che usa la forza a livello interstatale per risolvere i suoi problemi non lo si vede dalla seconda guerra mondiale. La civiltà europea si basa su tre principii: la sovranità intangibile degli Stati, la superiorità della legge sulla forza e il ripudio della forza come mezzo di risoluzione dei dissidi internazionali. Putin li sta violando tutti e tre contemporaneamente».

Come giudica la nostra reazione?

«A quelli che dicono che l'Europa ha interessi diversi da quelli americani faccio osservare che tante volte è vero, ma non in questo caso: perfino i francesi si sono allineati con loro davanti alla minaccia ai confini esterni della Nato. Assistiamo a un grande e inatteso risultato: di fronte a una minaccia ai nostri principi base, l'Europa si compatta».

E Draghi cosa dirà a Putin?

«Anche lui gli chiarirà che non ci disallineeremo. Che rischia di mettersi nei guai. Che gli conviene ripensarci».

Ma secondo lei Putin ha già deciso di attaccare?

«Lui ha messo in conto fin dall'inizio di usare la forza se non avesse ottenuto tutto quello che chiedeva. Questo lo distingue da noi: ha in mente categorie ottocentesche come le zone d'influenza e considera la forza come uno strumento legittimo per risolvere i problemi».


Alberto Pento
Con l'Ucraina e il Donbass, Putin pare seguire l'esempio di Xi-Jinping con Hong Kong e con Taiwan.

Le demenzialità menzognere dette da Putin

IL PEGGIO PER L’ECONOMIA E LE BORSE E’ ALLE PORTE

Il discorso di PUTIN al popolo Russo è stato inesorabile: L’Ucraina non è mai stata una nazione, non ne ha l’identità, la cultura politica né la forza. E contando che almeno la metà del paese, la parte a est, fino alle soglie di KIEV, è più vicina alla Russia che alla NATO e all’occidente, ha cominciato col prendersi territori strategicamente importanti col riconoscimento formale delle repubbliche autonome del DONBASS. Assicurando il suo intervento militare in caso di aggressione da parte dell’Ucraina.
Le conseguenze, nell’immediato sono disastrose per l’economia e i mercati finanziari. Per il semplice fatto che se si poteva ancora sperare in qualche scaramuccia fatta solo di minacce o colpi di mano dimostrativi e qualche bluff, con improvvisi ritiri - festeggiati anzitempo e fuori luogo una settimana fa con rialzi di quasi il 3% - tutto questo è definitivamente tracollato.
La crisi adesso durerà non solo mesi, ma molto di più, se non anni. Per questi semplici motivi: L’America e la NATO, e men che meno l’Europa non interverranno con le armi, cosa già dichiarata da Biden per il fatto che l’opinione pubblica occidentale è fortemente contraria, e perché l’Ucraina NON essendo nel patto atlantico non può essere difesa militarmente. Quindi, come abbondantemente dichiarato, per ora si potrà ricorrere solo alla SANZIONI. Con un risultato certo: ci saranno riflessi economici molto gravi, se possibile gravissimi per l’Europa. E quindi per le Borse. Con una situazione che potrà solo peggiorare in progressione per l’aggravarsi delle misure sanzionatorie, e con l'aumento della tensione militare. Ammesso poi che le sanzioni funzionino, provocheranno altrettanti danni all’occidente, oltre che alla Russia e poi, casomai ci fossero ulteriori illusioni, resterebbe solo la via dello scontro più caldo: Cioè la Guerra.
Una cosa è certa. Scenario peggiore non poteva essere immaginato, proprio per il fatto che i mercati finanziari hanno sempre creduto a una situazione ricomponibile, e di breve durata; perciò hanno tardato a prenderne atto, e ora probabilmente sono colti in contropiede. Cosa che provocherà, con quasi certezza, il venir meno di ogni ragione di ottimismo sulle borse, oltre il quadro economico in via di deterioramento e le borse vicine ai massimi dopo un rialzo ininterrotto che dura ormai da 13 ann.



Franco Ornag
PUTIN e` un grandissimo ,STATISTA, non come l` incartapecorito BIDEN manovrato dai veri poteri forti

Alberto Pento
Il tuo intervento conferma il mio assunto. Come tutti i rosso bruni destro sinistrati anche tu sei antiamericano e filorusso come lo erano i sinistri dalla Rivoluzione di Ottobre e i destri dopo la sconfitta dei nazi fascisti.
Io invece sto con gli USA anche se oggi guidati dalla banda democratica di Biden Biden, anche se nel passato hanno commessso degli errori ma che possono sempre rimediare e la cui amministrazione può sempre cambiare essendo grazie a Dio ancora una democrazi,a al contrario della Russia imperiale di Putin che è una dittatura autocratico antidemocratica.


USA ARROGANTI?
Giovanni Bernardini
21 febbraio 2022

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 8537177346

Indipendentemente da come la si può pensare sulla crisi ucraina, mi sembra che in questa occasione siano emersi, in maniera abbastanza trasversale, fortissimi sentimenti anti americani.
Gli USA sono il gendarme del mondo. Ci sono basi americane un po’ ovunque. Gli americani combattono a migliaia di chilometri da casa loro.
Mi è capitato spesso di leggere cose simili in questi giorni. Più o meno le stesse che negli anni 70 dello scorso secolo strillavano i contestatori dell’estrema sinistra, ammiratori di Mao, Guevara e, spesso, di Giuseppe Stalin. Stavolta però capita che a dire cose di questo genere siano persone vicine al centro destra. Le posizioni politiche, specie sui temi internazionali, si sono alquanto rimescolate ultimamente. Alcuni di coloro che strillavano “fuori dalla NATO” oggi si atteggiano a strenui difensori della alleanza atlantica. Sull’altro versante avviene a volte il contrario. Alcune persone di centro destra vedono la NATO come il fumo negli occhi, e non solo la NATO. Vedono male gli USA, gli USA indipendentemente da Trump o da Biden, gli USA in quanto “gendarmi del mondo".
Il discorso potrebbe farsi lunghissimo. Per affrontarlo compiutamente dovremmo parlare della crisi di identità dell’occidente, del diffondersi del cancro del politicamente corretto, delle elezioni americane, di moltissime cose insomma. Non è mia intenzione farlo. Mi limito a commentare una delle tante accuse che si fanno agli USA: quello di essere i “gendarmi del mondo” e di avere basi sparse un po’ ovunque per il pianeta.
Gli USA sono una potenza mondiale e sono il centro di complessi sistemi di alleanze. Una potenza mondiale che ha alleati un po’ ovunque ha basi militari un po’ ovunque. Solo degli ingenui possono stupirsi di una cosa simile o considerarla in quanto tale, indipendentemente da ogni altra considerazione, la prova di una intollerabile “arroganza”.
Davvero qualcuno pensa che ogni paese dovrebbe tenere il proprio esercito rigorosamente dentro i propri confini, senza effettuare mai alcun tipo di intervento esterno? È mai venuto in mente a certi critici degli USA che molto spesso i soldati americani, combattendo a migliaia di chilometri da casa loro, hanno risolto, o cercato di risolvere, bene o male, problemi che noi, stati “pacifici”, non militaristi siamo del tutto incapaci di Affrontare? L’esercito italiano avrebbe mai potuto affrontare l’ISIS? Nel caso in cui una guerra civile riportasse al potere in Egitto i fratelli musulmani esiste un esercito europeo in grado di rintuzzare i pericoli che da questa situazione potrebbero derivare?
Una cosa è criticare o condannare, anche duramente, certi interventi americani chiaramente sbagliati ed arroganti, basti pensare alla Libia, cosa del tutto diversa condannare qualsiasi intervento esterno dei soldati made in USA. In fondo anche coloro che sbarcarono in Sicilia e Normandia combattevano a migliaia di chilometri da casa loro. Per fortuna! Senza quegli sbarchi saremmo caduti nelle mani di baffetto o di baffone.
Val la pena, prima di concludere, di sottolineare un’altra cosa. Chi accusa gli americani di essere troppo presenti nel mondo dimentica stranamente la super presenza nel mondi di altri.
La Russia è vasta oltre 17 milioni di chilometri quadrati, la vecchia URSS superava i 20. Si tratta non di uno stato federale basato su un delicato equilibrio fra potere centrale ed autonomia degli stati ma di un autentico impero, retto per secoli con pugno di ferro. L’impero comunista nel momento della sua massima potenza si estendeva dal mare adriatico all’oceano pacifico. Il paese guida di tale impero non ha esitato un attimo ad intervenire manu militari nel cuore d’Europa.
Alla fine del secondo conflitto mondiale Mosca ha imposto un regime comunista di strettissima osservanza sovietica a tutti i paesi “liberati” dall’armata rossa. Non solo, ha imposto ai partiti comunisti di questi paesi leader di strettissima fede staliniana. Ed ogni volta che l’autocrate del Cremlino dubitava di tale fede i vari leader dei partiti comunisti est europei conoscevano le camere di tortura, spesso i plotoni d’esecuzione.
I carri armati sovietici sono intervenuti in Ungheria nel 1956 ed in Cecoslovacchia nel 1968. Forme meno dirette ma sempre brutali di intervento sovietico ci sono state un po’ in tutti i paesi del “campo socialista”.
Se c’è un paese che che ha effettuato un controllo asfissiante, brutale sui propri “alleati” è stato l’URSS.
Meno male che c’era la NATO si potrebbe dire. Ma allora i filo atlantici di oggi erano violentemente anti atlantici.
Non val la pena di continuare. Mi piacerebbe un po’ più di conoscenza storica ed un po’ meno di emotività anti americana da parte di tutti. Forse si potrebbe ragionare anche della crisi ucraina in maniera più distesa.
Solo questo.




IL RAPACE ZIO SAM, LA BUONA RUSSIA E LA SANA DIPENDENZA
GEO-ENERGETICA
Niram Ferretti
22 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

PREMESSA

Tra le varie tessere della propaganda filorussa, estremamente attiva ed aggressiva c’è un fantasy di Alexander Del Valle spacciato per analisi, che ha lo scopo di spiegare come l’attuale situazione di tensione tra Russia ed Ucraina sia da inquadrare nella prospettiva della “guerra energetica dichiarata dall’America alla Russia“. È una affermazione perentoria che pone in premessa già subito la responsabilità di ciò che sta accadendo sugli Stati Uniti, stendendo una coltre opportuna su come la Russia agisca da decenni per utilizzare il fabbisogno energetico dell’Europa come strumento di condizionamento geopolitico. La Russia, nel pezzo in questione deve apparire come parte lesa e gli Stati Uniti devono sembrare i colpevoli. Attenzione al verbo “sembrare”, perché in realtà si tratta di un gioco di prestigio in cui il trucco appare immediatamente in trasparenza.


CAMPIONARIO
Prendiamo questa frase di Del Valle a proposito del gasdotto South Stream. “Il progetto del gasdotto South Stream ha subito il peso maggiore di quella che abbiamo soprannominato la guerra 'neo-fredda' USA-Russia. Questo gasdotto, lungo 3,600 chilometri, destinato all’esportazione del gas siberiano aggirando l’Ucraina, doveva fornire fino a 63 miliardi di metri cubi all’anno ai paesi europei grazie a due diramazioni, una all’Austria, l’altra ai Balcani e all’Italia. Avviato nel 2007, questo progetto, sostenuto in particolare dall’Italia e da altri paesi dell’Europa meridionale e balcanica, è stato abbandonato nel 2014, a causa dei paesi più antirussi dell’Unione Europa e quindi degli Stati Uniti, che volevano che i loro alleati ucraini restassero nel affare del gas e soprattutto non dipendessero direttamente da Mosca”.
Dunque, il progetto South Stream è stato abbandonato a causa dell’ostilità “dei paesi più antirussi dell’Unione Europea“, che non vengono specificati. Sicuramente non la Germania, sicuramente non l’Italia, sicuramente non la Francia, sicuramente non la Gran Bretagna, ne restano ventiquattro. Forse, Malta, la Grecia, il Portogallo, il Belgio, l’Austria? Paesi che coalizzati contro la Russia, sarebbero sicuramente in grado di mettere in difficoltà i paesi citati, soprattutto la Germania, il cui ruolo secondario nell’Unione Europea è noto. C’è però un fatto che è più eclatante, e che Del Valle non menziona, probabilmente considerandolo a priori una pregiudiziale antirussa, ovvero l’aggressione e annessione illegale della Russia nei confronti della Crimea, guardacaso avvenuta proprio nel 2014. Non è stato questo episodio e le sanzioni internazionali che ne sono conseguite a determinare l’abbandono del progetto South Stream, è stata la russofobia europea e quella americana.
Sul fatto che gli Stati Uniti non desiderino che la Russia possa, attraverso le proprie politiche energetiche, creare una forte dipendenza europea nei suoi confronti è una di quelle ovvietà che non meriterebbero nemmeno di essere specificate. Per Del Valle questo risulta criticabile, lo capiamo, ma fa parte del grande gioco geopolitico in atto dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, e si iscrive nella contrapposizione tra USA e Russia in merito all’estensione dell’influenza politica in occidente.

ANTECEDENTI
Negli anni '60, l'Europa occidentale importava solo il 6% del proprio petrolio dal blocco sovietico. All'epoca venne pianificato un nuovo oleodotto, che, dall'estremo oriente russo avrebbe attraversato diversi paesi europei tra cui l’Ucraina e la Polonia, per terminare in Germania. Era una opportunità per i sovietici di cambiare la situazione a loro vantaggio. Come è comprensibile, agli Stati Uniti questa idea non piacque. Nel 1963, Kennedy tentò di bloccare l’oleodotto con un embargo nei confronti dei paesi allineati ai sovietici, sui tubi di ampio diametro e cercò l’aiuto degli alleati, tra cui la Germania occidentale. L’embargo fu solo parziale e un anno dopo l’oleodotto venne costruito. La stessa cosa accadde nel 1981, quando Ronald Reagan cercò di persuadere gli alleati europei di bloccare il progetto di un gasdotto dalla Siberia all’Europa dell’Est. La Francia e la Germania si opposero e gli Usa applicarono le sanzioni che potevano mettere in atto atte a bloccare il finanziamento del gasdotto. L’azione americana provocò una crisi con i partner europei che, alla fine portò all’eliminazione delle sanzioni da parte americana. Stiamo parlando di un’Europa già disponibile verso la Russia quando era ancora Unione Sovietica. Già allora la vigilanza americana nei confronti dell’Europa in merito ai suoi legami commerciali con la Russia veniva vissuta da quest'ultima come una ingerenza fastidiosa.

TEMPI ATTUALI
Con il dissolvimento dell’Unione Sovietica nel 1991 e il progressivo consolidamento di Vladimir Putin, la Russia ha proseguito in modo scaltro la sua politica di penetrazione dell’Europa e di condizionamento attraverso la dipendenza energetica. Per Putin, come prima di lui, per i leader sovietici, una dipendenza europea sul piano energetico nei confronti della Russia è un mezzo per creare dissidio tra gli alleati, in primis con gli Stati Uniti, al fine di indebolire e idealmente annullare lo stesso principio di Alleanza Atlantica, spostando l’Europa dall’influenza e dipendenza americana per avvicinarla a quella russa. Ad Alexander Del Valle, questo sta benissimo. Lo dice a chiare lettere: “Siamo lontani dalla solidarietà russo-europea e dall’asse geo-energetico Parigi-Berlino-Mosca voluto dal Generale De Gaulle nell’ambito del suo piano Fouchet”. Il piano Fouchet, aveva il fine di allontanare l’Europa dall’influenza americana con la Francia come mosca cocchiera. Già allora la Russia, sotto forma di Unione Sovietica, era vista come un interlocutore possibile. Del Valle rimpiange quel tempo, e quella possibilità sfumata.

Veniamo ai nostri giorni e apprestiamoci a concludere l'analisi di Del Valle.
“Il progetto del gasdotto che collega la Russia e la Germania, e che doveva entrare in funzione all’inizio del 2020 non è alla fine delle sue traversie. L’America, e quindi non solo Trump ma anche il suo successore Joe Biden, continuano a moltiplicare le tattiche di pressione per rimandare o mettere a repentaglio l’avvio del gasdotto, vedendo in Europa uno sbocco naturale per il suo abbondante gas naturale di scisto…Ciò dimostra ancora una volta come la potenza unilaterale americana sfrutti conflitti come quello ucraino (che peraltro ha contribuito a fare esplodere) e argomentazioni moralistiche per perpetuare l’aberrazione internazionale costituita dalle leggi extraterritoriali americane che consentono al Tesoro di congelare i beni di qualsiasi stato e aziende nel mondo (con multe da miliardi di dollari) accusate di fare affari con “stati canaglia” attraverso le sanzioni, in realtà i cui interessi energetici (Russia, Iran), ecc. turbano quelli delle aziende americane e frenano le strategie del Deep State americano”.
Questo condensato surreale di affermazioni dovrebbe aprire gli occhi anche ai più sprovveduti. Il conflitto ucraino sarebbe frutto della pressione americana (vecchio cavallo di battaglia russo, che risale ai tempi dello zarismo, secondo cui, ogni tensione interna nel paese è frutto di influenze esterne), non sarebbe nato dall’esigenza legittima del paese di sottrarsi all’influenza russa. Che gli USA guardino a ogni processo che possa avviare la democrazia in un paese antidemocratico o dalla democrazia precaria come a un fatto positivo e da incoraggiare è, come dire, del tutto naturale, ma per Del Valle deve per forza esserci dietro la zampa di quell’entità metafisica che è il “Deep State” americano, una versione aggiornata degli illuminati di Baviera. Gli Usa metterebbero a repentaglio il gasdotto russo non perché condizionerebbe l’Europa nei confronti della Russia, ma perché vorrebbe che l’Europa dipendesse dal proprio gas. Bene. Anche se così fosse sarebbe poi così terribile pagare più soldi per il gas americano invece di servirsi di un fornitore del tutto inaffidabile il quale ha il potere di erogare o meno il gas in base a come l’Europa si comporta nei suoi confronti in merito alla sua politica di aggressione nei confronti di stati indipendenti?
Sarebbero “argomentazioni moralistiche” per Del Valle quelle che sostengono che uno Stato indipendente non si aggredisce e si annette dopo averlo aggredito in virtù di un referendum farsa? Certamente nel mondo del puro e cinico calcolo politico e della legge del più forte in cui vive Putin, il diritto internazionale non ha alcun valore, è solo un impaccio. Quanto alle leggi extraterritoriali degli Stati Uniti, che risalgono nella loro prima formulazione al 1917, in tempo di guerra e poi riformulate per il tempo di pace, esse sono state istituite per colpire economicamente i paesi le cui attività sono considerate ostili agli Stati Uniti e potenzialmente pericolose per i loro interessi e la loro sicurezza. Per Del Valle sono “aberranti”, meno aberranti sono invece gli interessi energetici dell’Iran e della Russia (non a caso alleati in Siria), soprattutto l’interesse energetico iraniano di cui il nucleare è un legittimo sviluppo, si immagina sia così per l’analista.
Veniamo all’ultima parte della sua analisi, forse la più gustosa. E’ quella in cui l’autore ci spiega che oltre al gas russo, l’Europa si rifornisce di gas proveniente dalla Norvegia, dall’Algeria e potrebbe rimpiazzare la Russia con il Qatar. Ed è qui che casca l’asino. A Doha ci sono i Fratelli Musulmani, e insomma, l’Europa che mette sanzioni alla Russia per l’annessione della Crimea poi si potrebbe approvvigionare dal Qatar dovrebbe pensarci due volte a “demonizzare” la Russia.
A parte che quella qatariota è ancora una ipotesi, che andrebbe vista in termini di eventuali perecentuali di gas erogabile, si tratta del solito trucco di agitare uno spauracchio ipotetico per nascondere un problema reale. L'Europa non ha un legame di dipendenza energetica con il Qatar, lo ha con la Russia.
Ma, torniamo agli americani. I veri villains del pezzo. Sarebbe il gas di scisto la questione fondamentale. Del Valle è molto chiaro in proposito: “Quando Joe Biden promette ai russi ‘sanzioni economiche terribili come quelle contro l’Iran in caso di (fantasiosa) invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il parallelo è più che rivelatore delle reali intenzioni geo-energetiche americane: il regime sanzionatorio statunitense contro l-Iran motivato non solo dalla ‘morale’ ma anche dalla competizione energetica-ha infatti aperto nuovi mercati al petrolio e al gas Americano che ha così in parte sostituito il greggio iraniano esportato in Europa”.
Si è tutto chiaro. L’Europa dovrebbe smarcarsi dagli Stati Uniti, così come voleva De Gaulle nel 1961 con il Progetto Fouchet, non immediatamente in senso geo-politico (questo passo occorrerebbe farlo forse dopo) ma in senso geo-energetico. Un’Europa a trazione energetica russo-iraniana sarebbe, infatti l’ideale, considerazioni ‘morali’ (come le virgoletta il Nostro) a parte. L’importante è disfarsi degli Stati Uniti e, ovviamente della NATO, perché servire gli interessi russi e, perché no, iraniani, è sicuramente molto meglio. Manca solo un ultimo tocco e poi il quadro si completerebbe. Russi e iraniani (per quanto i secondi siano musulmani) condividono con noi antiche radici e parentele (gli iraniani non sono forse "ariani"?) e i russi non sono forse gli eredi della Terza Roma?
Gli americani, in fondo hanno corrotto tutto con il loro mercantilismo e con la diffusione di quella cosa orrenda che si chiama “democrazia”.



Il fine ultimo di Putin è quello di far sembrare Biden stupido?
Daily Caller
22 febbraio 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... n-stupido/


Il presidente russo Vladimir Putin ha giocato per mesi al gatto e al topo con Joe Biden, e finora, Putin sembra uscirne vincitore.

La strategia di Biden per fermare lo schieramento del dispositivo militare di Putin attorno all’Ucraina ed una potenziale invasione è stata quella di pubblicizzare la divulgazione una grande quantità di intelligence degli Stati Uniti, arrivando a dettagliare su come la Russia avrebbe potuto andare avanti con un’invasione e persino arrivando a fornire una data prevista per tale invasione. La data divulgata dall’amministrazione Biden – il 16 febbraio – alla fine non era corretta.

Quando sono stati interrogati sul perché la data sia arrivata e se ne sia andata senza un’invasione, i funzionari statunitensi hanno detto che comunque si rimaneva “nella finestra” di una potenziale invasione, lasciando probabilmente Putin ancora al posto di guida. Alcuni dei critici di Biden sostengono che la sua strategia ignori le agenzie di Putin e la conoscenza che le comunicazioni militari russe sono tutt’altro che sicure.

“Si fa troppo affidamento [sulla questione] se Putin partirà o meno“, ha detto a Vice un funzionario della NATO a Bruxelles, che era stato informato dagli Stati Uniti. “Tutti potevano vedere che era schierato e pronto a partire e l’esercito russo non ha comunicazioni particolarmente sicure, quindi la gente stava ascoltando”.

“Putin ha la possibilità di incolpare un’Occidente isterico e di annunciare che ha ottenuto ciò che voleva senza assumersi nuove sanzioni. E forse lo ha innervosito il fatto che gli americani abbiano rilasciato dell’intelligence su di lui. Oppure non gli importava. Ma è impossibile dire ora che la crisi sia finita“, ha aggiunto il funzionario.

Putin potrebbe aver fatto proprio questo con la sua mossa di riconoscere ufficialmente due regioni separatiste dell’Ucraina orientale come stati indipendenti. Putin ha poi ordinato di inviare le truppe per il “peacekeeping” nei territori controllati dai separatisti lunedì sera.

L’ex direttore della CIA, John McLaughlin, dice che la mossa è stata orchestrata per saggiare se gli Stati Uniti e la NATO abbiano veramente la stessa definizione di ciò che costituisce una “invasione” dell’Ucraina.

“Putin ha coreografato tutto questo con la speranza che noi e gli europei discuteremo se questa sia una ‘invasione’ o meno. E sperando che questo ci butti abbastanza fuori equilibrio da fargli pagare un prezzo minimo per questa prima fetta di salame”, ha scritto.

Mentre la Germania ha già fatto il passo avanti di fermare la certificazione del gasdotto Nord Stream 2 martedì, Biden stesso deve ancora rilasciare la severa raffica di sanzioni che ha minacciato in caso di un’invasione russa.

Sia i Repubblicani che i Democratici a Capitol Hill hanno subissato Joe Biden di richieste di azioni economiche martedì mattina, con il repubblicano Lindsay Graham, senatore della Carolina del Sud, che ha detto che la mossa “dovrebbe essere immediatamente soddisfatta con sanzioni forti per distruggere il rublo e schiacciare il settore russo del petrolio e del gas”.

Anche i colleghi Democratici di Biden hanno invitato Joe Biden ad agire, con il senatore democratico del Delaware Chris Coons che ha detto che il tempo delle sanzioni “inizia ora“.

“Per essere chiari, se ulteriori truppe russe o forze per procura entreranno nel Donbas, l’amministrazione Biden ed i nostri alleati europei non devono esitare a imporre sanzioni schiaccianti“, ha detto il senatore democratico del New Jersey Bob Menendez in una dichiarazione.




Mossa a sorpresa di Orban: schierate le truppe lungo il confine ucraino
Federico Giuliani
22 Febbraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/lu ... 1645546288

L'Ungheria, a conferma del rischio che Mosca possa iniziare a breve un assalto contro Kiev, ha deciso di schierare le sue truppe vicino al confine ucraino
Mossa a sorpresa di Orban: schierate le truppe lungo il confine ucraino

Le ultime mosse di Vladimir Putin in Ucraina hanno provocato un vero e proprio effetto domino. In attesa di capire come si evolverà la situazione, l'Ungheria, a conferma del rischio che Mosca possa iniziare a breve un assalto contro Kiev, ha deciso di schierare le sue truppe vicino al confine ucraino.

Budapest muove le sue truppe

Il Ministero della Difesa di Budapest ha affermato che le truppe saranno impiegate, almeno in parte, per il soddisfacimento di compiti umanitari. Come ha sottolineato Sky News, finora nessuno degli alleato della Nato aveva inviato uomini in Ucraina, limitandosi invece a fornire assistenza militare con la consegna di armi e l'addestramento dell'esercito.

Poco prima della mossa di Budapest, il primo ministro ungherese Viktor Orban aveva assicurato al presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy di sostenere la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina. Nei giorni scorsi Orban, considerato il più stretto alleato dell'UE di Putin, aveva inoltre comuniato a Zelenskiy che l'Ungheria avrebbe sostenuto gli sforzi congiunti per rispondere alle mosse di Mosca contro Kiev.

Il ministro della Difesa ungherese, Tibor Benko, ha spiegato che il dispiegamento dei militari nell'Est del Paese è destinato a "rafforzare il confine ucraino-ungherese per prevenire eventuali incursioni armate nel territorio nazionale". "La situazione in Ucraina potrebbe degenerare e interessare Kiev e la Transcarpazia, nella parte occidentale del Paese, quindi anche i militari ungheresi al confine devono prepararsi a gestire l'arrivo dei rifugiati e ad occuparsi di altri compiti umanitari", ha aggiunto lo stesso Benko.

In ogni caso è stata una mattinata intensa per Orban, subito impegnato in un lungo consiglio di sicurezza nazionale per esaminare la situazione in Ucraina e prendere le decisioni necessarie. Il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto è stato emblematico, sottolineando come l'Ungheria non abbia mai rotto con l'Ue sulla posizione da tenere nella vicenda. "Allo stesso tempo non dobbiamo rinunciare alla nostra ultima speranza di una soluzione diplomatica", aveva quindi aggiunto Szijjarto.


La posizione di Orban

Vale la pena analizzare la posizione di Orban, perennemente in bilico sulle questioni geopolitiche più divisive. Il primo ministro magiaro ha più volte assicurato che il suo Paese condividerà la posizione dell'Unione europea sulla crisi ucraina, anche se l'esecutivo di Budapest non ha subito condannato il riconoscimento dell'indipendenza delle repubbliche di Donetsk e Lugansk da parte di Mosca. Ma è pur vero che tra Orban e Putin i rapporti sono buoni, e bisognerà capire fino a che punto il primo sarà disposto a seguire Bruxelles. Come se non bastasse, tra Ungheria e Ue non c'è mai stato un gran feeling, e dunque c'è da aspettarsi uno scenario in continua evoluzione.

Il governo di Orban, tra l'altro, è tra i paesi comunitari più vicini alla Russia e ha in passato criticato le sanzioni imposte dall'Unione a Mosca per la Crimea. Certo è che il governo ungherese ha ammonito circa il rischio di un massiccio flusso di rifugiati ucraini in caso di guerra. Le relazioni tra Ungheria e Ucraina sono già tese: Budapest accusa Kiev di violare i diritti della minoranza magiara, mentre il governo ucraino critica l'appoggio offerto dagli ungheresi alle politiche russe.



All'Onu l'ultimo atto di accusa contro Mosca: "Hanno liste di ucraini da uccidere o internare"
Daniel Mosseri
22 Febbraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1645525720

La lettera degli Usa all'Alto commissario Bachelet. La Russia smentisce
All'Onu l'ultimo atto di accusa contro Mosca: "Hanno liste di ucraini da uccidere o internare"

La possibile invasione russa dell'Ucraina comporterà «una potenziale catastrofe per i diritti umani in quel paese». L'allarme è contenuto in una lettera che l'ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite a Ginevra, Bathsheba Nell Crocker, ha inviato all'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, Michelle Bachelet.

L'allerta di Nell Crocker parte dalla «profonda preoccupazione» degli Usa per le «continue violazioni dei diritti umani nei distretti ucraini che la Russia già occupa». E, «sulla base di informazioni inquietanti ottenute di recente», spiega come Mosca avrebbe già pianificato nuove violazioni da compiere dopo l'invasione del paese. «Con questi atti si legge nella missiva pubblicata dal New York Times si prenderebbero di mira coloro che si oppongono alle azioni russe, compresi i dissidenti russi e bielorussi in esilio, giornalisti e attivisti anti-corruzione, e popolazioni vulnerabili come le minoranze religiose ed etniche e le persone Lgbtqi+». Nella lettera inviata a Bachelet si legge ancora di come le forze russe starebbero «creando liste di ucraini identificati per essere uccisi o mandati nei campi dopo un'occupazione militare. Abbiamo anche informazioni credibili che le forze russe probabilmente useranno misure letali per disperdere le proteste pacifiche». Il Cremlino ha prontamente smentito la denuncia americana, definendo «una bufala» le informazioni di cui gli Stati Uniti sarebbero a conoscenza. «È una bugia. Si tratta di una finzione assoluta. Non esiste una lista del genere. Questo è un falso», ha affermato il portavoce Dmitri Peskov, ripreso da Interfax.

La notizia fa curiosamente il paio con la ripresa nelle stesse ore del processo contro l'oppositore russo Aleksei Navalny all'interno della colonia penale di Pokrov, nell'oblast di Vladimir a circa 150 km a est di Mosca. Accusato di appropriazione indebita, il leader del partito Russia del Futuro è stato arrestato al suo rientro in patria a gennaio del 2021. Navalny aveva lasciato la Russia l'agosto precedente a seguito di un avvelenamento con l'agente nervino Novichok (già utilizzato da presunti sicari russi per avvelenare l'ex spia russa Sergej Skripal nel 2018 in Gran Bretagna). Navalny aveva trovato rifugio in Germania ed era stato a lungo ricoverato in rianimazione a Berlino, dove era arrivato dalla Siberia in punto di morte. Già nel 2019 la capitale tedesca era stata teatro di un fatto di sangue attribuito a emissari del Cremlino. Il 23 agosto di quell'anno, il 40enne ceceno Zelimkhan Khangoshvili, nemico giurato di Putin, fu assassinato al Tiergarten, centralissimo parco fra lo zoo della capitale e la Porta di Brandeburgo. L'uomo arrestato per l'omicidio, la spia russa Vadim Krasikov, era entrato in Germania con documenti falsi forniti dal ministero degli Interni di Mosca. L'ambasciata russa in Germania ha definito la recente condanna di Krasikov all'ergastolo «una sentenza politica».



Bombe e fake news. La guerra fantasma incendia il Donbass. "Obiettivo è il caos"
Autore Fausto Biloslavo
22 febbraio 2022

https://it.insideover.com/reportage/gue ... -caos.html

“La popolazione del Donbass ha paura di un attacco ucraino e il resto del Paese teme l’invasione di Mosca. Ho parlato con parenti e amici nelle zone separatiste e si sta alimentando artificialmente la crisi per arrivare a un punto di non ritorno. L’obiettivo è il caos”, spiega Andrey Buzarov, che parla perfettamente italiano. Specialista dei conflitti nell’ex Urss ha vissuto a Donetsk fino allo scoppio della guerra nel 2014. Oggi è consigliere della Commissione parlamentare sull’integrazione della regione filo-russa in armi.

Nelle ultime 24 ore la guerra “fantasma” si è ulteriormente impennata con notizie da casus belli, seccamente smentite dagli ucraini, di sabotatori infiltrati in territorio russo e addirittura un militare di Kiev fatto prigioniero, un ospedale colpito da granate di mortaio oltre a scontri vicino a Mariupol, lo strategico porto sul mare di Azov che bagna la Russia. “L’evacuazione dei civili dal Donbass, sabotatori veri o presunti, operazioni sotto falsa bandiera sono tutti tentativi per accentuare la strategia della tensione”, sottolinea l’esperto che da bambino passava l’estate a Castellammare di Stabia.

Una delle poche, pericolose, verità è l’appello al Cremlino, via tv russa, dei leader separatisti del Donbass, Denis Pushilin e Leonid Passetchnik, “di riconoscere le nostre repubbliche e stabilire una cooperazione di difesa”. Ovvero fare entrare i carri armati di Mosca nelle aree di Donetsk e Luhanks, due volte più piccole della Lombardia, ma con oltre un milione di abitanti. Il tutto condito da un’escalation, impossibile da verificare, cominciata con la storia di cinque sabotatori ucraini penetrati in Russia e annientati dalle forze di frontiera, che avrebbero anche distrutto due blindati per la fanteria. Non solo: il capo del Servizio federale per la sicurezza (Fsb), Aleksander Bortnikov, ha annunciato durante la riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza convocata dal presidente Vladimir Putin, che i suoi uomini hanno catturato un militare ucraino che stava entrando in Russia. I separatisti hanno denunciato che l’ospedale di Donetsk sarebbe stato danneggiato da colpi di mortaio. Altri sabotatori, compreso uno morto per l’esplosione delle cariche, puntavano a minare la ferrovia. “Una stazione di pompaggio idrico è stata messa fuori uso”, hanno dichiarato i filo-russi che sostengono di avere sventato tentativi di distruggere un terminale petrolifero. Però i video di denuncia pubblicati sui social fanno acqua da tutte le parti. L’obiettivo è provocare un casus belli.

“L’Ucraina non ha: attaccato Donetsk o Luhansk; inviato sabotatori o veicoli di trasporto truppe oltre il confine; bombardato il territorio russo; bombardato i posti di blocco al confine russo; condotto azioni di sabotaggio”, scrive su Twitter il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba chiedendo a Mosca di “fermare la fabbrica di falsità”.

A Kiev l’ambasciata italiana è operativa, ma “sta effettuando prove di evacuazione del personale” come ha confermato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. La Farnesina ha rinnovato l’appello ai connazionali a lasciare il Paese e anche Air France non volerà più in Ucraina. I russi hanno emanato un Notam, il divieto di sorvolo sul mare di Azov, strategico nell’escalation del conflitto nel Donbass. “A Kiev e in altre città si respira un clima da seconda Maidan con slogan No capitolazione”, spiega Buzarov riferendosi alla rivolta di piazza del 2014, che ha deposto il presidente filo-russo provocando l’annessione della Crimea e facendo scoppiare la guerra nell’Est. “Qualsiasi cedimento ucraino sul Donbass – avverte – può provocare l’esplosione dei nazionalisti e dell’opposizione al presidente Zelesnky scatenando il caos. Un vuoto di potere o ribaltone politico, proprio quello che vogliono i russi anche senza mandare i carri armati nella capitale”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Messaggioda Berto » mar feb 22, 2022 3:57 am

Un po' di verità contro le falsificazioni storiche di Putin.
"Il discorso di Putin su Lenin e l’Ucraina: cosa ha detto per dare il via all’invasione, e perché è il più importante degli ultimi 20 anni"
Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
22 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

L’idea stessa dell’Ucraina, ha detto Vladimir Putin nel suo discorso televisivo alla nazione, durante il quale ha annunciato il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, «è un’invenzione» di Lenin.
«L’Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia, dalla Russia bolscevica e comunista», ha sostenuto «lo zar» del Cremlino, in una rilettura storica definita dagli analisti «estrema» persino per i suoi standard, quelli di un leader che ritiene il collasso dell’Unione Sovietica la peggior catastrofe geopolitica del Ventesimo secolo.
«Questo processo è iniziato dopo la rivoluzione del 1917», ha spiegato Putin. «Lenin e i suoi compagni lo hanno portato avanti in modo approssimato rispetto alla Russia, togliendole pezzi del suo territorio storico».

In realtà, i popoli russi e ucraini discendono entrambi dalla Rus di Kiev, tribù slave, baltiche e finniche che nel Nono secolo crearono un’entità monarchica che comprendeva parte dell’attuale territorio ucraino, bielorusso e russo. L’identità e la cultura russa nascono allora: Kiev, la capitale ucraina, venne fondata centinaia di anni prima di Mosca, anche se poi i confini, la religione e la popolazione ucraini mutarono più volte nell’arco di un millennio. Quando però fonda il primo Stato socialista del mondo, il 30 dicembre 1922, Lenin impedisce di fatto la nascita di uno Stato ucraino indipendente: durante l’era Sovietica, poi, la lingua ucraina era vietata nelle scuole e la cultura locale, scrive il New York Times, si poteva tramandare soltanto attraverso buffe caricature dei cosacchi danzanti.
È stata quindi la fatiscente Unione Sovietica guidata da Michail Gorbaciov a permettere all’Ucraina di diventare indipendente «senza condizioni», ha aggiunto Putin, definendo la decisione «una follia».
Ma nel 1991 non fu Mosca a concedere l’indipendenza, quanto il popolo ucraino a prendersela: il 21 gennaio del 1990 oltre 300 mila ucraini organizzarono una catena umana fra Kiev e Leopoli, poi il 24 agosto del 1991 fu dichiarata la nascita di uno Stato ucraino indipendente dall’Urss, e il 1° dicembre gli elettori approvarono il referendum che sanciva l’indipendenza dell’Ucraina. Non si tratta quindi di un «errore storico», come ritiene Putin, quanto di una volontà politica e democratica. Una volontà che l’Unione Sovietica si impegnò poi a rispettare, a patto che Kiev rinunciasse al suo arsenale nucleare.
Se Lenin fu «autore e creatore» dell’Ucraina, secondo Putin anche Iosif Stalin, che governò l’Unione Sovietica dal 1922 fino alla sua morte, avvenuta nel 1953, ebbe la responsabilità di cederle «alcuni territori che prima appartenevano a Polonia, Romania e Ungheria», e poi Nikita «Krusciov nel 1954 prese la Crimea dalla Russia e la diede all’Ucraina. E così — ha dichiarato Putin — che il territorio dell’Ucraina Sovietica fu formato». Questa rilettura storica nasconde in realtà due ossessioni del presidente: da un lato Putin può giustificare un intervento militare, sostenendo che non violerebbe la sovranità di un altro Stato perché, di fatto, l’Ucraina è parte della Russia; dall’altro le sue parole svelano un’ambizione «zarista», l’ossessione di far combaciare cioè i confini del suo Paese con quelli della Russia imperiale.
«Non è più importante quale fosse l’idea dei leader bolscevichi, che fecero a pezzi il Paese», aveva scritto lo scorso anno in un lungo articolo in cui sosteneva che Ucraina e Russia fossero un solo Stato. «Possiamo essere in disaccordo su dettagli minori, sui retroscena e la logica dietro certe decisioni. Ma una cosa è certa: la Russia fu derubata», spiegava Putin, un concetto che ha ripetuto nel discorso di lunedì, con il quale è tornato indietro di 100 anni e che racchiude la visione del presidente russo. Non sono solo gli errori di Lenin, Stalin e Krusciov, elencati quasi con disprezzo, a far trapelare questa ambizione imperiale di Putin, ma anche la scenografia e l'inconografia del Consiglio di sicurezza nazionale trasmesso in finta — gli orologi dei partecipanti segnavano un’ora diversa — diretta televisiva.
Con alle spalle la bandiera dei Romanov — quella con l'aquila a due teste dorata e lo scudo con San Giorgio, simbolo di Mosca, che uccide un serpente con una lancia, tornata nel 1993 dopo 70 anni di riposo — il presidente domina la grande sala circolare al Cremlino.
È seduto su un lato, con i suoi principali— e obbedienti — collaboratori disposti a semicerchio a una decina di metri di distanza che si alzano a turno per parlare al microfono e sostenere la linea di Putin: chi propone un approccio più morbido, come il capo dello spionaggio estero Sergej Naryshkin che suggerisce di dare un’ultima possibilità all’Occidente, viene umiliato dallo «zar» , annoiato e spazientito; altri, come il ministro dell’Interno Vladimir Kolokoltsev, rilanciano suggerendo di prendersi tutto il Donbass, non solo l’area in mano ai filorussi.
All’estrema sinistra del gruppo dei dodici fedelissimi del presidente, poi, c’è l’unica donna, Valentina Matvienko, che fu vice del primo ministro Evgenij Primakov — grande rivale di Putin — fra il 1998 e il 1999, ma che poi si avvicinò al nuovo leader diventando nel 2003 governatrice di San Pietroburgo, ovvero la città di Putin, e poi nel 2011 presidentessa del Consiglio federale, il Senato russo che deve concedere al presidente il permesso di usare l’esercito all’estero. La sua carriera, nota in un lungo thread su Twitter Kamil Galeev, fellow del Woodrow Wilson Center di Washington, aiuta a capire la storia e le dinamiche politiche russe, ma soprattutto le qualità necessarie per fare strada nel Paese di Putin: ubbidienza incondizionata verso i propri capi, chiunque siano, e capacità di sostenere qualsiasi agenda politica e poi, con un'inversione a U, l'esatto opposto.
Al termine del Consiglio di sicurezza nazionale, Putin si è rivolto alla sua Nazione e con tono severo ha «rimesso a posto gli errori» commessi dai leader bolscevichi, ha cancellato l'Ucraina e ha riportato la Russia indietro di 100 anni esatti.
Il presidente ha quindi firmato il decreto che riconosce l'indipendenza — e di fatto l'annessione, come avvenuto nel 2014 con la Crimea — delle repubbliche di Donetsk e Lugansk e ha inviato l'esercito nel Donbass, per risolvere un'emergenza umanitaria di cui parlano soltanto i media di Stato russi. A metà del suo discorso, però, Putin ha lasciato anche un'altra traccia, quando parla della «terribile tragedia di Odessa, dove manifestanti pacifici furono uccisi brutalmente, bruciati vivi nella Casa dei sindacati». Quel giorno, a Odessa, morirono 38 filorussi e «i colpevoli», afferma Putin, «non sono mai stati puniti, ma noi sappiamo i loro nomi, e faremo di tutto per assicurarli alla giustizia». In questo passaggio, alcuni osservatori hanno letto la prossima mossa dello «zar»: arrivare fino a Odessa, ufficialmente per fare giustizia.



Lauren Chen – Se sei americano e ti opponi alla guerra con la Russia, aspettati di essere bollato come “antipatriottico”
22 febbraio 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... triottico/

I falchi pro-guerra in Occidente hanno fatto ricorso a tutta la loro ostilità nei confronti di coloro che si oppongono ad un conflitto in Ucraina.

Tratto e tradotto da un articolo di Lauren Chen e pubblicato sul sito Russia Today che spiega come i “falchi” (da lei definiti anche Neo-Con) definiscano “antipatriottici” colore che non vogliono un confronto armato con la Russia, che siano essi Democratici o Repubblicani.

Martedì scorso, dopo settimane di incertezza internazionale e di timori di un conflitto, la Russia aveva annunciato che avrebbe ritirato le sue truppe dal confine con l’Ucraina. Questa notizia era arrivata dopo ripetute rassicurazioni da parte del presidente Vladimir Putin e dei suoi funzionari, secondo cui Mosca non avesse alcun desiderio di guerra e che i movimenti e lo schieramento delle truppe fossero “solo esercitazioni”.

I mercati avevano immediatamente risposto a questo sviluppo con un rinnovato ottimismo, poiché il Dow Jones era balzato di 400 punti, le azioni europee avevano chiuso in positivo ed i prezzi del gas naturale e dell’energia erano scesi. Tuttavia, un gruppo rimasto curiosamente silenzioso alla luce di quella svolta apparentemente positiva degli eventi è stato quello dei “falchi della guerra“, stimolati dai media occidentali (qui e qui), dall’intelligence e dai politici, che nelle ore precedenti avevano quasi assicurato all’opinione pubblica che un’invasione ed un conflitto armato fossero ormai “imminenti” ed “inevitabili“.

Ma anche se i Neo-Con e i Neo-Liberals dell’establishment potranno sempre dire che i loro avvertimenti fossero semplicemente la “conclusione logica” – date le informazioni disponibili in quel momento – è importante ricordare che durante tutta questa recente isteria ci sono state delle voci che hanno tentato di rigettare indietro le crescenti richieste di una guerra.

Tuttavia, piuttosto che affrontare i loro ragionamenti, il campo di quelli favorevoli ad una guerra ha fatto ricorso a diffamazioni per giustificare il loro peculiare bisogno di alimentare le tensioni con un’altra superpotenza globale.

In particolare, in un tentativo di contestualizzare le rassicurazioni delle Comunità dell’Intelligence che le azioni delle truppe russe fossero una preparazione all’aggressione contro l’Ucraina, il membro del Partito dei Verdi ed ex-candidato presidenziale Jill Stein ha ricordato ai suoi seguaci sui social media come i funzionari non solo si siano già sbagliati sui conflitti precedenti, ma che avessero anche ed effettivamente mentito al pubblico per ottenere il sostegno all’azione, sia in Vietnam che in Iraq. Allo stesso modo, molti di questi stessi addetti ai lavori sono stati tutt’altro che sinceri sulle recenti storie che coinvolgono Julian Assange ed il Russiagate.

La risposta generale al post di Jill Stein è stata complessivamente positiva, in linea con i sondaggi che suggeriscono come il pubblico americano non abbia interesse a coinvolgere il proprio paese in nuovi impegni all’estero. Tuttavia, la reazione del campo favorevole ad una guerra è stata quella di accusare la dottoressa Stein di essere una “filo-russa“. Perché, ovviamente, quale altra ragione potrebbe esserci dietro a qualcuno che si oppone ad un costosissimo intervento militare basato su di un’intelligence traballante, se non la slealtà verso il proprio paese?

E su questa stessa linea, Tulsi Gabbard, un’altra sostenitrice del movimento che si oppone agli interventi militari all’estero degli Stati Uniti e che ha più volte e ferocemente criticato la politica estera americana, ha passato settimane a mettere in guardia sugli interessi contrastanti che motivano coloro che suonano i tamburi della guerra. Spesso, come la Gabbard ha sottolineato, i funzionari che sono più favorevoli all’azione militare americana all’estero, sono poi anche quelli che si trovano a guadagnare monetariamente attraverso contratti e spese per la difesa.

Per di più, la Gabbard è arrivata a suggerire che, incoraggiando l’Ucraina ad unirsi alla NATO, alcuni attori americani potrebbero voler effettivamente cercare di innescare una “nuova Guerra Fredda“, non per beneficiare gli interessi alla sicurezza degli Stati Uniti, ma piuttosto per il suo complesso industriale militare.

Dopo tutto, storicamente, anche la politica americana ha considerato le violazioni delle sue sfere di influenza, che si sono verificate anche in paesi a lei vicini, come Cuba, come “atti di aggressione“. Cosa rende l’invasione occidentale in Ucraina diversa?

Come con la dottoressa Jill Stein, tuttavia, purtroppo le critiche a Tulsi Gabbard sono state accolte con le solite accuse di essere un “agente straniero” – con poco o nessun tentativo di affrontare la reale sostanza della sua posizione.

Dall’altra parte dello schieramento della politica, a Destra, una delle voci più prominenti contro la guerra è sicuramente quella di Tucker Carlson, conduttore del programma di punta della rete Fox News, che è stato allo stesso modo attaccato per le sue opinioni. Tucker Carlson ha spesso dedicato del tempo nel suo programma a mettere in discussione se, indipendentemente dalle intenzioni della Russia, coinvolgere gli Stati Uniti negli affari ucraini fosse nell’interesse dell’America stessa, specialmente in un momento in cui i problemi interni abbondano. Inoltre, Tucker Carlson è stato scettico sui tentativi dei politici di dipingere l’Ucraina come una “democrazia in stile occidentale”, al fine di raccogliere il sostegno pubblico per qualsiasi potenziale alleanza od intervento.

Per i suoi sforzi, Tucker Carlson ha ricevuto una condanna particolarmente feroce da persone come David Frum, che nel 2003 ha accusato coloro che erano contrari all’azione militare in Iraq di essere “antipatriottici“. In un feroce articolo su The Atlantic, David Frum ha accusato Tucker Carlson ed altri a Destra contrari ad una guerra di “vomitare i punti di conversazione di Vladimir Putin”, ed ironicamente ha paragonato la sua posizione a quella di “isolazionisti che speravano di trarre un profitto politico da quella passività“.

Il ritiro delle truppe russe poteva aver temporaneamente neutralizzato lo “slancio pro-guerra” che si stava costruendo nel discorso dell’opinione pubblica occidentale. Tuttavia, l’ostilità palese verso coloro che sostengono posizioni contrarie ad un escalation delle tensioni con la Russia può segnalare come sia solo una questione di tempo prima che le forze dell’establishment sostengano, ancora una volta, che non sia solamente benefico, ma piuttosto anche necessario, che i militari occidentali colpiscano prima che le forze russe possano fare lo stesso.

Lauren Chen è una commentatrice politica. Ha iniziato come YouTuber, e da allora ha guadagnato milioni di visualizzazioni sulla piattaforma e centinaia di migliaia di seguaci. È apparsa anche su Fox News, BlazeTV, RT, OANN, Newsmax, The Daily Wire, Rebel Media, PragerU e The Rubin Report.

RT.com



Putin: perché gli occidentali non possono vederci come amici?
https://twitter.com/bordoni_russia/stat ... 4022502414
La risposta è una sola. Non si tratta del nostro regime politico o altro. Semplicemente non vogliono un paese grande e indipendente come la Russia. Questa è la risposta a tutte le domande.

Certo che no, fanfarone,
la tua Russia è un grande paese indipendente ma centralista e imperialista, bellicoso e pericoloso, alleato con il male della terra, sostenitore e paladino di tutte le dittature della terra:
-della staliniana Corea del Nord con il suo culto della personalità,
-del Venezuela social comunista di Maduro,
-dell'Iran nazi maomettano che vorrebbe l'atomica per distruggere Israele e l'Occidente cristiano,
-della Cina che è cresciuta economicamente grazie al lavoro portato dall'Occidente industriale e capitalista e che pratica la concorrenza sleale che inquina il Mondo più del resto degli altri paesi industrializzati, che è diventata una minaccia militare per tutto il Mondo Libero.

Putin è un dittatore prepotente e violento, imperialista antidemocratico e antioccidentale che fa parte di una oligarchia economica nazionalista, prepotente e mafiosa che affama la sua gente il suo stesso popolo preferendo impiegare le sue risorse per costruire armi offensive, che non ha alcun rispetto per i paesi confinanti europei che non ne vogliono sapere della Russia di Putin erede della Russia imperialista e autoritaria degli Zar e dell'URSS.
Puni è un falso cristiano pieno di violenza e di spirito di sopraffazione, altro che gli ucraini nazisti, il russo Putin pare la fusione di Hitler e di Stalin, il peggio del peggio e un bugiardo matricolato.




LE SANZIONI E IL LORO EFFETTO
Niram Ferretti
22 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Vedremo prossimamente se le sanzioni che gli USA applicheranno alla Russia, come sostengono i filoputiniani d'assalto, faranno il solletico al loro uomo d'acciaio.
Sono le seguenti:
1) Blocco totale delle operazioni con le due maggiori istituzioni finanziarie russe: la Veb, la più grande corporation di Stato e la banca militare. 2) Sanzioni sul debito sovrano. Questo significa che la Russia verrà tagliata fuori dai finanziamenti dell’Occidente e non potrà accedere al mercato europeo 3) Sanzioni verranno imposte sulle cosiddette élite russe, le più potenti famiglie di oligarchi. L’obiettivo è fare terra bruciata attorno all’entourage che sostiene Putin 4) Blocco del gasdotto Nord Stream 2.
A queste si aggiungono le sanzioni congiunte dei ventisette Stati membri dell'Unione Europa, che hanno raggiunto l’accordo definitivo su di esse e la loro applicazione. Domani mattina avverrà l’approvazione definitiva per l’adozione formale e la pubblicazione in giornata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Le sanzioni saranno applicate non appena pubblicate in Gazzetta.
A Putin non è riuscito, non solo di disarticolare il fronte occidentale, come affermavano molti sedicenti esperti, ma di compattarlo sotto la regia americana.


Chi sono gli oligarchi russi sanzionati dal Regno Unito
Orlando Sacchelli
22 Febbraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/ch ... 1645546834

Il governo guidato da Boris Johnson ha annunciato la prima ondata di sanzioni alla Russia in risposta alla decisione di Putin di inviare truppe in due regioni separatiste in Ucraina: contro cinque banche russe e tre oligarchi: Igor Rotenberg, suo zio Boris Rotenberg e Gennady Timchenko
Chi sono gli oligarchi russi sanzionati dal Regno Unito

Dopo l'annuncio, dato dal premier britannico Boris Johnson, tutti sono andati a vedere chi fossero gli oligarchi russi colpiti dalle sanzioni di Londra dopo il riconoscimento da parte di Mosca delle repubbliche separatiste del Donbass. Si tratta di Igor Rotenberg, suo zio Boris Rotenberg e Gennady Timchenko. Per loro è proibito viaggiare nel Regno Unito e raccogliere risorse alla City, inoltre è stato disposto il congelamento di tutti i loro beni in terra britannica. Seguiranno altre sanzioni in caso di "invasione su larga scala" (dell'Ucraina, ndr).

Figlio maggiore del miliardario russo Arkady, Igor Rotenberg è comproprietario di Rt-Invest Transport Systems, l'operatore che nel Regno Unito gestisce il pedaggio autostradale dei camion. Suo padre Arkady, molto vicino a Putin, nel 2015 aveva passato al figlio parte delle sue partecipazioni in alcuni colossi energetici russi, dopo essere stato colpito dalle sanzioni Usa seguite all'annessione della Crimea. Tre anni dopo, tuttavia, anche Igor finì nella "lista nera" americana.

Boris Rotenberg, fratello minore di Arkady, è comproprietario della banca russa Smp, fondata nel 2001. L'accusa mossa ai Rotenberg è quella di aver foraggiato le milizie separatiste filorusse nel Donbass.

Infine il terzo oligarco colpito dalle sanzioni britanniche, Gennady Timchenko, sesto uomo più ricco della Russia, secondo le strime di Forbes: è il proprietario di Volga Group, holding che oepra su vari settori, energia, infrastrutture e trasporti. Anche lui venne sanzionato dagli Usa dopo l'annessione della Crimea, in quanto membro della "cerchia ristretta" di Putin.

Come ha spiegato Boris Johnson nel suo intervento alla Camera dei Comuni, le sanzioni colpiscono anche cinque banche russe: Rossiayaz Bank, Is Bank, General Bank, Promsvyazbank e Black Sea Bank.




Biden sfida Putin: "Altre truppe in Europa. Ora sanzioni durissime"
Lorenzo Vita
22 febbraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/bi ... 1645561431

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, torna a parlare alla nazione. L'ultima volta era stato quattro giorni fa, il 18 febbraio, quando il capo della Casa Bianca si presentò davanti alle telecamere avvertendo sul rischio di un'invasione russa in Ucraina. Biden aveva detto di essere "convinto" che Putin avesse già preso la decisione di avviare l'operazione militare. E pur lasciando aperto uno spiraglio, aveva detto che gli Stati Uniti e gli alleati Nato avrebbe proseguito nei negoziati "fino a quando lui non attaccherà".

Gli eventi della scorsa notte in Donbass hanno però modificato nuovamente il quadro. Il presidente russo Vladimir Putin ha riconosciuto le repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk con un discorso in diretta televisiva intriso di motivazioni non solo momentanee ma che affondavano le radici nel passato recente (e meno recente) della Russia. E subito dopo, da Mosca è arrivato l'ordine del dispiegamento delle forze di "peacekeeping" in tutto il territorio delle autoproclamate repubbliche nell'est dell'Ucraina.

La mossa ha fatto scattare le prime sanzioni degli Stati Uniti. La Casa Bianca aveva confermato sanzioni per inibire il commercio e le transazioni finanziarie nelle sole regioni oggetto dell'incursione militare russa. Ma oggi sono arrivate delle altre misure che fanno seguito a quelle già decise dall'Unione Europea, dal Regno Unito, dalla Germania (lo stop momentaneo al gasdotto Nord Stream 2). Sanzioni che secondo il ministero degli Esteri russo sono "illegittime".

Il presidente Biden ha definito quanto accaduto ieri "l'inizio di una invasione" contro l'Ucraina e su larga scala con il rischio che "le truppe russe marcino su Kiev".

Per il presidente Usa, le sanzioni americane nei confronti della Federazione Russa saranno divise in quattro blocchi e sono molto più dure di quelle successiva all'annessione della Crimea nel 2014. Secondo Biden, la Russia "pagherà un prezzo molto alto". E questo costo, ha detto il capo della Casa Bianca, sarà pagato anche in parte dalle aziende de americane e occidentali per la "libertà". "Più avanza la Russia nelle sue azioni, più andremo avanti con la durezza delle sanzioni", ha detto Biden. Una prima tranche avrà come scopo quello di tagliare ogni possibilità al governo russo di finanziarsi in Occidente e colpiranno le "elite russe" e le istituzioni finaziarie.

Il leader Usa ha detto di avere più volte parlato con i partner europei dimostrando di essere uniti contro l'aggressione russa, comprendendo la minaccia "per la stabilità globale". "La Russia non ha accennato a una de-escalation e se continuerà l'invasione siamo pronti a rafforzare la nostra presenza in Ucraina e il nostro sostegno, dispiegheremo le nostre forze che sono già in Europa. Si tratta di mosse difensive, non c'è nessuna intenzione di attaccare la Russia, gli Usa e gli alleati difenderanno ogni centimetro di territorio Nato", ha voluto speigare il capo dell'amministrazione democratica.

Il discorso di Biden si è poi rivolto direttamente contro il presidente russo, accusando l'omologo di Mosca di avere attaccato l'Ucraina negandole "il diritto di esistere" e "travisando la storia". "Ha detto che l'Ucraina fa parte della Russia, ha provocato la Nato, ha minacciato la guerra: è chiaro che è la Russia ad aggredire". Un discorso duro, che risponde a quello di ieri sera con cui Putin ha motivato l'escalation tra Russia e Ucraina. "Chi, in nome di Dio, pensa di dare a Putin il diritto di dichiarare 'nuovi Paesi' quelli presenti in territori che appartengono ai loro vicini?", ha chiesto davanti alle telecamere il commander-in-chief.

Le scelte di Biden arrivano non solo dopo le mosse dei partner europei, ma anche dopo i nuovi segnali d'allarme lanciati da parte di Washington e della Nato. Dal governo Usa è arrivata la conferma che quella in corso in Ucraina sia una vera e propria "invasione" e il segretario generale della Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, ha detto che l'escalation è in corso e ci sono tutti gli elementi per credere che non sia ancora finita, con il rischio di un'operazione su vasta scala che metta in pericolo la sicurezza europea.


Ucraina, sanzioni per Putin: Germania blocca il gasdotto Nord Stream 2. Biden e la Ue: colpire le finanze degli oligarchi
Cristiana Mangani
22 febbraio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/biden ... 21094.html

Il botta e risposta tra l’Occidente e Mosca sulla crisi in Ucraina si intensifica ora dopo ora. E il giorno dopo la firma di Putin per l’indipendenza delle Repubbliche separatiste del Donbass, Europa, Gran Bretagna, e Stati Uniti alzano il tiro e provano a colpire lo zar sugli accordi economici, sulle banche, sul commercio. Nella riunione informale dei ministri degli Esteri convocata a Parigi, l’Ue ha trovato un punto di equilibrio adottando un pacchetto di sanzioni corpose ma che non toccano Putin in persona. Appigliandosi alla risposta più forte arrivata finora dal Vecchio continente nei confronti di Mosca: lo stop al Nord Stream 2 annunciato da Berlino, il gasdotto che unisce Russia e Germania con una capacità di 55 miliardi di metri cubi l’anno. Altra arma affilata è stata l’esclusione della Russia dal sistema Swift (Society for Worldwide interbank financial telecommunication), a cui il ministro russo Sergei Lavrov fa riferimento come la «madre di tutte le sanzioni». Swift è la rete attraverso cui “dialogano” le banche di tutto il mondo e gestiscono le loro transazioni.

Decisioni che alzano l’asticella delle sanzioni che la Ue, a cominciare dall’Italia, dovrebbero essere pronte ad appoggiare. Ora che Putin è «venuto a vedere» le carte in mano alla Nato, i paesi occidentali cercano di definire una risposta comune. Anche se non è un mistero che Germania, Francia, Italia e Spagna siano parecchio restii a picchiare duro. A differenza di Usa e Gran Bretagna e ai paesi del Nord Europa più orientati verso un maggior rigore. Alla fine, però, l’accordo c’è ed è unanime. Palazzo Chigi è in linea con la Ue, sebbene si continui a insistere sulla strada della diplomazia, e il premier Draghi sia ancora pronto a incontrare Putin. «Quello che è avvenuto con il riconoscimento da parte della Russia delle due regioni separatiste del Donbass è inaccettabile e l’Italia è assolutamente convinta nel procedere sulla strada delle sanzioni - dichiara, confermando la posizione comune, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio -. Il governo italiano inoltre, sta costruendo un percorso per erogare aiuti finanziari all’Ucraina che in questo momento è in evidente difficoltà». L’ufficio diplomatico di Palazzo Chigi sta aspettando una risposta dal Cremlino. È stato Putin a chiedere un incontro a Draghi, ma i suoi uffici non hanno ancora comunicato uno spazio utile nell’agenda del presidente russo. Il presidente del Consiglio potrebbe volare a Mosca già questa settimana, forse domani o dopodomani, ma, al momento, non ci sono certezze. Draghi, comunque, è già intervenuto sul tema: ha detto in modo chiaro che gli interessi italiani sulle sanzioni possono divergere da quelli degli alleati, e che le sanzioni non dovrebbero includere il tema dell’energia, ma ha anche respinto qualsiasi lusinga proveniente da Mosca: «L’unità del fronte occidentale non è in discussione», ha rimarcato. All’interno del governo c’è, poi, chi come Matteo Salvini considera le sanzioni alla Russia come l’ultima mossa possibile. «Se fossero necessari degli interventi per carità. La domanda è: quanto sono servite le passate sanzioni? Quanto sono costate all’Italia e alle aziende italiane? Bisogna abbassare tutti i toni. Spero non ci sia nessuno che tifi per la guerra».

Le sanzioni contro la Russia dividono l'Europa: le ripercussioni e cosa potrebbe succedere in Italia

Lenin citato da Putin nel suo discorso per "l'invenzione" dell'Ucraina. Ecco perché è il segnale per l'attacco
«Nessuna paura»

«Mosca non è spaventata - è stata la replica di Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo -. I nostri colleghi europei, americani, britannici non si fermeranno e non si calmeranno finché non avranno esaurito tutte le loro possibilità per la cosiddetta punizione della Russia. Ci stanno già minacciando con ogni sorta di sanzioni o, come si dice ora, la madre di tutte le sanzioni. Bene, ci siamo abituati. Sappiamo che le sanzioni verranno comunque imposte, in ogni caso. Con o senza motivo», ha aggiunto Lavrov. Mentre l’ex premier russo Dmitry Medvedev ha scritto su Twitter che lo stop al Nord Stream 2 causerà un incremento del prezzo del gas fino a 2mila euro per mille metri cubi (più o meno il triplo rispetto a quanto viene pagato oggi). Anche se ieri mattina Putin ha affermato che «la Russia proseguirà le forniture ininterrotte di gas ai mercati globali». In attesa di sviluppi, l’Ue tira dritta: «Il pacchetto di misure è calibrato, le finalizzeremo presto», ha assicurato Ursula von der Leyen, mentre dall’altra parte dell’Oceano Joe Biden ha annunciato le misure americane per «tagliare fuori il governo russo dalla finanza occidentale». Ben oltre quindi quelle per l’annessione della Crimea 8 anni fa. A riprova che lo scontro diplomatico è molto duro c’è anche l’annullamento del vertice tra il segretario di Stato americano, Blinken, e il ministro russo Lavrov. Doveva tenersi giovedì, ma - secondo Washington - non a più senso vedersi dopo le forzature putiniane.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Messaggioda Berto » mar feb 22, 2022 3:57 am

Intervista lunga alla nostra preziosa Aleksievic - Premio Nobel, ma bandita in Patria e odiata in Russia.
"Svetlana Aleksievic: nella Russia di Putin vedo il fascismo."
La Repubblica, il Venerdì del 13 maggio 2022, Ezio Mauro
Tatiana Smith

https://www.facebook.com/naiada.incogni ... 7384498032
Svetlana Aleksievic è nata in Ucraina nel 1948 ma è cresciuta e ha vissuto prevalentemente in Bielorussia. Oppositrice del regime del presidente Aleksander Lukashenko, ha trascorso lunghi periodi in esilio ed è dovuta fuggire in Germania nel 2020. Da giornalista e scrittrice ha raccontato le principali vicende dell'Urss e della Russia nella seconda metà del Novecento in una serie di romanzi corali basati su centinaia di testimonianze. Nel 2015 ha ricevuto il premio Nobel per la Letteratura "per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo" (dalla motivazione). Su sua iniziativa l'editore Bompiani pubblica ora le sue Opere principali in due volumi a cura di Sergio Rapetti con la traduzione di Rapetti e Nadia Cicognini: Guerre (1.040 pagine, 35 euro) e Tornare al cuore dell'uomo (1.104 pagine, 35 euro, in libreria dal 25 maggio). Ecco il suo colloquio con Ezio Mauro
-- Svetlana Aleksandrovna, lei è cresciuta sovietica, è diventata scrittrice di lingua russa, con padre bielorusso e madre ucraina. Come vive oggi il conflitto tra queste quattro nature, entrate in guerra tra di loro?
"Quando ho ricevuto il premio Nobel dissi che avevo due case, perfino tre: la Bielorussia, l'Ucraina e la cultura russa. Ma erano tempi completamente diversi, e tutti noi eravamo sotto l'influsso grandioso della cultura russa, sentivamo tutto il suo incanto, mentre oggi sembra di essere in un altro mondo. Dobbiamo domandarci, e domandare all'intera élite russa, perché la cultura del Paese è divenuta impotente, perché non aiuta in questa situazione tragica, perché le persone non si rivolgono alla parola della cultura, e non la ascoltano, e invece ascoltano soltanto la televisione".
-- Che cosa è successo?
"Me lo chiedo ogni giorno. Lei sa che si parla sempre della 'misteriosa anima russa', nel Diciannovesimo secolo era un modo di dire molto comune. Oggi, dov'è finita quell'anima? Le faccio un solo esempio che mi ha colpito di recente. I servizi segreti ucraini effettuano continuamente intercettazioni delle conversazioni dei soldati russi con i loro genitori, le loro famiglie. Ed ecco che un soldato russo telefona alla moglie, e la informa: 'Noi qui stiamo rubando, stiamo facendo sciacallaggio. Io non ho con me un borsone, ma qualcosa sono riuscito a prendere. Per esempio, argento non fresco'. 'Argento non fresco? Che vuoi dire?' chiede lei. 'È ad esempio quello che leviamo ai morti. Ma tu riesci a lavorare con l'argento vecchio?'. Risposta: 'Tu prendi, prendi tutto quel che trovi...'. Capito? Ecco dove nasce la mia domanda: come sta operando questa grande cultura russa? Perché oggi non funziona? Perché una propaganda così primitiva come quella della televisione ha preso il sopravvento? Senti che cosa dicono i soldati russi tra loro, o al telefono con i familiari, e ti chiedi: come è potuto accadere, perché abbiamo perso le persone in così poco tempo?".
-- È una mutazione indotta dalla guerra o in atto già da prima?
"Io so che fino a poco tempo fa parlavamo di una nazione spirituale, di un Paese che, come sempre si dice, legge più di ogni altro: ed oggi, ecco, siamo arrivati all'argento non fresco da togliere ai morti... E tenga conto che potrei fare moltissimi esempi come questo. Quando, dopo lo scontro armato, il battaglione ripiega a riposare in Bielorussia, arrivano prima i carri armati colpiti e i blindati ammaccati, e subito dopo li seguono i Kamaz, i camion carichi di lavatrici, frigoriferi, biciclette da bambino... Una razzìa. E io mi sento disperata, e penso a come si può trovare una strada per raggiungere questo tipo di umanità, come scegliere le parole perché la gente capisca che sono cose terribili. La Russia sta facendo quello che i nazisti facevano sul suo territorio: ora abbiamo a che fare col fascismo russo".
-- È una spoliazione?
"Sì, esattamente. I soldati razziano questi beni in Ucraina e li spediscono a casa utilizzando la nostra posta bielorussa. Centinaia di chili. E poi, soprattutto, laggiù le loro mogli, i figli, le famiglie indossano e usano quelle cose. Come ai tempi delle tribù primitive. Un bottino di guerra, un saccheggio dell'anima".
-- Noi parliamo di guerra, ma in Russia non si può. I giornalisti per raccontare quello che vedono al fronte devono usare le formule scelte dal potere. Perché la guerra comincia sempre con l'arresto delle parole?
"Ma perché qualunque guerra è innanzitutto una grande menzogna. Lei deve tener conto, sempre, che Putin vuole appropriarsi del popolo. Per questo non vuole che la gente sappia la verità: che conosca la ragione per cui, ad esempio, la radio Eco di Mosca ha dovuto chiudere le trasmissioni. Ecco, questo è il motivo: la popolazione non deve sapere. La cosa più sorprendente è la reazione dei cittadini a questa confisca della verità. Ho visto in televisione un giornalista che cammina sulla Piazza Rossa, a Mosca, e domanda ai passanti: che ne pensa della guerra in Ucraina? La risposta di uno su due, se non di più, è di sostegno a Putin. Mi ha colpito una donna che ha detto: 'Mia sorella vive a Kharkov, che è stata bombardata e lei è rimasta senza casa, ma io appoggio comunque il nostro Presidente. Perché se non fossimo stati noi ad aggredire saremmo stati aggrediti dagli americani'. Sono mitologie che vengono inculcate nella coscienza delle persone".
-- Ma come spiega questo consenso, è solo frutto della propaganda?
"Certamente no. Vede, io in questo momento sto scrivendo un libro sulla situazione in Bielorussia e sulla guerra in Ucraina, e devo dire che studiando e analizzando quel che accade è sempre più difficile considerare Putin come l'unico colpevole. Ogni russo porta la sua parte di responsabilità. Perché ognuno, anche nel suo isolamento, nella paura, nella sua solitudine, può domandarsi cos'è questa guerra, cosa c'è di giusto in quel che facciamo in Ucraina, e trarre le proprie conclusioni. Fino a scoprire la vera questione: questa guerra chiama in causa una colpa collettiva".
-- Tutti colpevoli, nessun vero colpevole?
"Proprio il contrario. Voglio dire che la finzione di un popolo oppresso e disgraziato è troppo facile, non spiega niente. Bisogna comprendere che anche il popolo è colpevole, e avere il coraggio di dirlo, perché è da qui che si deve ripartire. Ecco per esempio di nuovo un'intercettazione: un soldato russo in Ucraina parla con suo padre, il ragazzo non gli racconta le cose tremende che stanno facendo, ma si lamenta: "Papà, ci hanno detto che ci avrebbero pagato di più, invece ci hanno pagato pochissimo". Ed è di questo che si mettono a discutere lui e il padre, è sui soldi che si sentono ingannati, non sulle ragioni della guerra. Non una parola sulle sofferenze di Mariupol, sulla tragedia di Bucha, sui cinque milioni e più di profughi e rifugiati, sulle centinaia di bambini che sono scomparsi o morti. Il mondo è annichilito da questo dramma e noi siamo davanti a un padre che dice a un figlio di guadagnare il più possibile per quando tornerà a casa. E io, personalmente, come scrittrice sono disperata".
-- Ma lei si aspettava l'invasione dell'Ucraina? In Occidente molti pensavano fosse una minaccia che non sarebbe diventata realtà. Lei aveva capito?
"Io parlo molto con gli ucraini e loro, tutti, se lo aspettavano. Si preparavano. Facevano scorte di cibo, compravano benzina per le auto, partecipavano alle esercitazioni per imparare a sopravvivere in una situazione di guerra. Il fatto è che l'Ucraina da tempo avverte la Russia come un pericolo. Negli anni Trenta Stalin voleva prenderla per fame, oggi Putin la prende con i missili. Io sono ammirata dalla capacità di combattimento degli ucraini. Conosco ragazze e donne ucraine che lavorano qui in Germania, nelle pulizie delle case, mi raccontano che sono arrivate da poco coi bambini e coi mariti, i quali sono subito tornati indietro a combattere. Nessuno li obbligava, ma loro appena messa in salvo la famiglia sono rientrati in quell'inferno. Anche altri, che già da tempo vivevano in Germania, sono tornati in patria per combattere. Sono ammirata da questo popolo".
-- Lei si aspettava una resistenza di questo tipo da parte degli ucraini?
"Io sono cresciuta con la mia nonna ucraina, ho passato molto tempo con lei, conosco la mentalità delle persone in quel Paese. Ma no, non mi aspettavo che avrebbero mostrato questa forza d'opposizione, temevo che si perdessero in un momento così estremo. Pochi avrebbero potuto mettere in campo una resistenza di questo genere. Ricordiamo l'effetto che ha fatto su di noi vedere tutti quei carri armati che arrivavano alla frontiera, quelle colonne in fila dalla Russia: e loro? Mi sembrava logico pensare che avrebbero tremato, anche per la sproporzione delle forze in gioco, potevano disgregarsi. Invece sono rimasti lì, ci sono ancora e continuano a resistere".
-- Ma Putin che cosa vuole con questa guerra? Io non credo che punti a ripristinare lo spazio dell'Unione Sovietica, perché manca il cemento ideologico del comunismo. Piuttosto credo che voglia reinterpretare il sovietismo come esercizio sovrano dell'autorità di Mosca, restituendo la Russia alle dimensioni imperiali di una volta. È questo l'obiettivo, il recupero del ruolo imperiale per il Cremlino?
"Lui vuole ristabilire l'impero zarista. Ha l'idea e il mito della Grande Russia, e noi sappiamo bene come finisce nella Storia l'inseguimento di questo sogno di grandezza, la Grande Serbia, la Grande Germania, e ora la Russia. C'è sempre una premessa vittimistica. Putin continua a ripetere che la Russia è stata offesa, che è stata mortificata, che dobbiamo costringere gli altri a rispettarci, E poi c'è un odio quasi fisico verso l'Ucraina. Che cosa è la Russia senza Ucraina? Non c'è più l'antica Rus' di Kiev, sparisce col suo deposito mitologico di tradizione. Putin, in poche parole, ritiene che l'Ucraina si sia appropriata della storia russa. E vuole riscrivere quella storia. Infatti alla vigilia dell'intervento armato ha dichiarato che la creazione di quello Stato fu un errore commesso da Lenin".
-- Non crede che l'Occidente abbia sbagliato, dopo la fine dell'Unione Sovietica, a ridurre la Russia al rango di potenza regionale, pensando che la dimensione imperiale fosse una sovrastruttura del bolscevismo - mentre invece c'era prima e sopravvive dopo - perché è parte dell'anima russa?
"Io credo che nessuno si sia davvero reso conto di quel che sarebbe rimasto dopo il crollo dell'Impero. Intanto è rimasto un uomo corrotto, l'homo sovieticus - prodotto del bolscevismo - che per prima cosa vuole che lo si rispetti. Ma mi domando: per che cosa va rispettato? Per la quantità di armi nucleari che controlla? Ci sono molte cose per cui si può rispettare un Paese moderno, le idee, la ricerca tecnologica, le sue conquiste scientifiche. Invece no, noi dobbiamo rispettare soltanto la potenza militare, cioè il pericolo rappresentato dall'homo sovieticus: perché così, ridotto ad una sola dimensione, si tratta di un uomo cresciuto nella cultura della violenza, e che solo con la violenza sa risolvere i suoi problemi".
-- Non pensa che Putin, più che la Nato e la sfida territoriale, tema il contagio occidentale della democrazia?
"A giudicare da quel che accadde a Minsk, durante la Rivoluzione bielorussa, quando centinaia di migliaia di persone scesero in piazza, direi che Putin ha aiutato Lukashenko proprio perché aveva molta paura della democrazia. Ha capito che sarebbe dilagata e per questo, poco per volta, le truppe russe hanno occupato la Bielorussia. All'inizio si disse che era per le manovre congiunte, ma poi le truppe non hanno più lasciato il nostro territorio. Oggi è Putin a guidare la Bielorussia, non è Lukashenko a stabilire se i carri armati passeranno di qui o di là e se i missili partiranno".
-- Ma è per questo tornaconto che Putin ha rinunciato al rango di leader di una grande potenza rispettata nel mondo? Per diventare il campione dell'antidemocrazia?
"Io penso che Putin, diciamo così, è un uomo che è stato rinchiuso in un lager per tutta la vita. A un certo punto è uscito da quella gabbia. Eccolo, adesso è fuori, ma questo non vuol dire che superato il cancello del lager riesca a trasformarsi in un uomo libero. E guardi che questo è esattamente ciò che è accaduto a noi, a tutti noi. Siamo usciti dal recinto del lager, ma non sapevamo che cosa fosse la libertà. Neanche Putin lo sa. E non lo sanno i nostri oligarchi. Non lo sanno i nostri eserciti. Secondo un grande filosofo russo, Caadaev, l'idea che la Russia sia un Paese come gli altri è solo un'impressione. In realtà in Russia tutto dipende da chi si trova al vertice, tutto dipende sempre da un uomo solo. Dal suo egoismo, dalla sua idea della vita stessa, dalle sue ossessioni. La Russia di oggi è il riflesso di quello che Putin immagina della vita e del mondo".
-- Quattro anni fa, Putin ha detto che la democrazia liberale dell'Occidente ha fallito, non mantiene le sue promesse: che modello ha in testa?
"Non comprende il principio basilare della democrazia, la sua concezione. Pensa che corrisponda alla discussione aperta nella società, tutto qui. È questa apertura che non capisce, la interpreta come un segno di debolezza. Per lui, tutto ciò che non è forza, è debolezza".
-- Ma la Russia è condannata a non conoscere la democrazia?
"In ogni caso, penso non nella mia generazione. Noi non la vedremo. La via per la democrazia è lunga e costa fatica. Noi negli anni Novanta credevamo che la democrazia fosse lì lì per arrivare, a portata di mano, solo più tardi abbiamo compreso che invece è un percorso senza scorciatoie. Come si dice? Lunga è la strada per la libertà, e non si possono saltare le tappe. E per questo noi paghiamo col nostro sangue, con il nostro tempo nella storia. Sì, sì, siamo ancora in cammino".
-- Come può il Cremlino considerare l'Ucraina legata alla Russia sul piano spirituale e distruggere le sue città massacrando la popolazione civile?
"Nella coscienza del mondo russo, tutto avviene attraverso la violenza. È il metro che misura tutto quello che succede in Russia. Ecco, ora, nei giorni della Pasqua, i russi dipingevano le uova e uccidevano gli uomini. E per loro è normale. Non solo. Arriva il Patriarca di tutte le Russie, Kirill, e benedice la guerra in Ucraina dicendo che il conflitto eviterà che da noi si facciano i Gay Pride: si rende conto?".
-- È l'arruolamento di Dio?
"Si fa perfino fatica a credere che certe persone riescano a pensare cose del genere e che credano in quello che dicono".
-- Che giudizio dà di Zelensky? In Occidente c'è qualcuno che pensa che la resistenza ad oltranza porti ad aumentare il numero delle vittime, e il cinismo della Realpolitik quasi consiglia all'Ucraina di arrendersi. Cosa ne pensa?
"In queste settimane ho avuto molte occasioni di ascoltare gli ucraini, e credo proprio che si difenderanno, come dicono, fino all'ultimo uomo. Perché Putin vuole distruggere il loro Paese, la loro cultura, la loro lingua. Per lui l'Ucraina non è degna di essere uno Stato, di esistere e di sopravvivere. E la gente ha reagito. È un popolo fiero e non accetterà nessuna capitolazione. Per questo è importante che il mondo sostenga l'Ucraina. Che dia armi e tutto ciò che serve, che aiuti".
--Ma Putin ha sbagliato i suoi calcoli? E oggi che cosa può sbloccare la guerra, portare a un cessate il fuoco e a un negoziato serio?
"Vede, Putin non è uno di quelli che accettano una resa. Prima di capitolare spinge il bottone nucleare".
-- Lei pensa che ci sia questo rischio? Che sia concreto?
"Vorrei poterle rispondere che anche in Russia non tutti sono fanatici come lui: perché prima di premere quel bottone bisogna passare attraverso una lunga catena di controllo con soggetti diversi. E tutti hanno figli, nipoti, persone amate, e non spingeranno quel tasto perché sono esseri umani che hanno molto da perdere. Ma è davvero così? Qual è oggi l'equilibrio segreto del potere al Cremlino? Quella catena di comando, è operativa? Ha qualche grado di autonomia da Putin? O è solo lui a decidere? Perché lui sembra non amare nessuno, e agisce come un fanatico".
--- Lei è scesa nell'inferno di Chernobyl con 485 villaggi svuotati dalle radiazioni, due milioni di persone nelle zone contaminate. Cosa ha pensato quando i soldati russi hanno preso il controllo della centrale?
"È stata, che dire, una notte tremenda, perché so bene che cos'è Chernobyl, e lì volavano pallottole, colpi di mortaio. E poi non solo hanno fatto irruzione, ma hanno cominciato a scavare, a toccare la terra, a smuovere ogni cosa, un disastro. Ora se ne sono andati. E però tra i soldati ci sono già molti malati, perché quella terra e quell'erba non si possono toccare e non si può vivere e dormire nelle tende in quel territorio. Questo significa che per Putin la vita di quei soldati non vale niente, tanto che non ha sentito il dovere elementare di consultarsi con gli scienziati: gli avrebbero spiegato che una cosa del genere non si può fare. Che è un suicidio".
-- Chernobyl, la bomba, la guerra: lei ha paura dell'Apocalisse?
"Come posso spiegarle? Io ho già vissuto a lungo, ho visto molte cose. Ho paura per la mia nipotina, per mia figlia: ecco, sì, per loro ho paura. Quel che temo è che l'umanità possa finire per distruggere se stessa".
-- C'è davvero il rischio che questo conflitto degeneri in una terza guerra mondiale?
"Questo rischio esiste, inutile negarlo. Qui bisogna essere molto accorti. Da un lato aiutare l'Ucraina e dall'altro utilizzare tutte le possibilità della diplomazia".
-- È questo che chiede all'Occidente?
"Sì, questo, e con la massima urgenza".
-- Ma Est e Ovest sono condannati ad essere nemici? La Russia può fare a meno dell'Europa e l'Europa può fare a meno della Russia?
"Non bisogna pensare che Putin sia la Russia: non è così. E questa domanda che si ripete sempre - come vivremo senza la Russia? - va aggiornata. Io credo che la politica delle sanzioni sia molto giusta per colpire proprio Putin. Perché si decide il suo destino di leader del Paese. Insisto: la Russia e Putin non sono la stessa cosa, mettiamocelo in testa. Quindi la Russia e l'Occidente torneranno insieme, non ho dubbi: ma quando non ci sarà più Putin".
-- Lei ritiene possibile un cambio di regime ai vertici della Russia?
"Per ora non ho questa sensazione. Bisognerà vedere l'effetto delle sanzioni, e il corso della guerra. Perché se vince l'Ucraina vinciamo tutti, l'Europa, la Bielorussia, tutti: l'Ucraina combatte non solo per sé, ma anche per noi. Per esempio per quanto riguarda la Bielorussia, se vince l'Ucraina, anche il mio Paese avrà una chance".
-- Dipenderà anche dall'effetto che i soldati morti avranno sull'opinione pubblica russa, o ciò che ne rimane. In Ragazzi di zinco lei ha raccontato i viaggi di ritorno dei 15-20 mila caduti in Afghanistan sul "Tulipano nero", l'aereo che trasportava i corpi in patria per le sepolture di notte. E oggi?
"In Ucraina sono apparsi i crematori mobili al seguito dell'esercito russo. Anche questo è un modo per nascondere i morti, per riportarne il meno possibile in Russia. Per non dire la verità sul costo della guerra: nemmeno alle famiglie".
-- Lei racconta che ai tempi dell'Afghanistan i ragazzi non sapevano perché venivano mandati a morire, e volevano solo tornare a casa: è così anche adesso?
"No, non credo. Oggi molti sono in guerra per guadagnare soldi, è proprio cambiato tutto in questi anni. Ascoltiamo di nuovo le intercettazioni, rivelano ogni cosa. Un soldato telefona alla madre. 'Mamma, qui stiamo ammazzando la gente normale'. E la mamma risponde : 'Ma no, io vedo sempre la televisione e voi state facendo una grande opera, state eliminando i nazisti'. E questo inganno per un intero popolo mette paura, non crede?".
-- Per Ragazzi di zinco lei ha subìto un processo perché l'esercito russo l'ha denunciata per diffamazione. Quelle pagine valgono ancora adesso per spiegare questa guerra?
"Sì, anche oggi quelle pagine vengono lette e recitate in molti teatri. Ora finirò questo nuovo libro, il libro uscirà, e credo che mi aspetti un'altra denuncia e un altro processo per quel che racconto sulla guerra in Ucraina".
-- Lei scrive che i ragazzi-soldato russi partivano per Kabul parlando di internazionalismo, e in guerra scoprivano la realtà. Poi ricorda la scritta sul campo di concentramento delle isole Solovki, "Con mano di ferro costringiamo l'umanità alla felicità": è questo il totalitarismo?
"Sì, è il principio del totalitarismo".
- Lei ha raccolto molte voci di persone che hanno patito la Seconda guerra mondiale. Raccontano che quando tornavano nei villaggi distrutti dai nazisti, si vergognavano che gli animali avessero assistito a questo scempio. Gli altri esseri viventi giudicano la nostra abiezione?
"Sì. E io credo che l'esercito russo sarà giudicato. Quando l'Ucraina vincerà, tutto il mondo la ricostruirà. Ma prima ci sarà il giudizio".
-- I suoi libri vengono tradotti in quaranta lingue ma sono banditi in Bielorussia e lei ha dovuto lasciare il suo Paese. Si sente in esilio?
"Sì, un moderno esilio. Oggi vorrei vivere a casa mia, lo vorrei molto".
-- Diceva, pochi anni fa, che siamo tutti uomini e donne "vicini nel tempo", abbiamo gli stessi smartphone in tasca e soprattutto siamo uniti dalle stesse paure e dalle stesse illusioni. Perché questa convivenza civile si è rotta?
"È una domanda complessa. Potrei risponderle che ciò è accaduto perché non abbiamo avuto la forza necessaria per resistere, e cambiare. Negli anni Novanta noi credemmo molto in questa possibilità, ma forse non c'era l'uomo libero, e per costruire la libertà ci vuole un uomo liberato. E allora quest'uomo non esisteva. Perché dal socialismo bolscevico non nasce un uomo libero".
-- Noi abbiamo la stessa età: lei pensa che quando finirà la generazione dell'homo sovieticus, la nostra, le cose cambieranno in Russia?
"Difficile dirlo. Perché anche chi è nato dopo la fine dell'Urss è stato comunque educato da genitori che provengono dall'Urss, in un ambiente che deriva dall'Urss e ne porta ancora tutti i segni. È un processo più lungo di quello che noi avremmo immaginato e voluto. È tutto finito, e nello stesso tempo non sappiamo quando finirà davvero".
-- Suo padre è rimasto comunista fino all'ultimo giorno della sua vita, mentre lei spiega che l'Urss si lascia alle spalle "un mare di sangue e una fossa dove sono sepolti i nostri fratelli": come sono possibili le due cose insieme?
"Lei deve pensare una cosa: le persone che credevano in quel mondo erano persone oneste. Mio padre era un romantico. Mi diceva: l'idea era bella, è stato Stalin a rovinarla. È sempre stato una persona giusta, perbene, entrò nel partito durante la battaglia di Stalingrado, e lui ci credeva. Poi io lo amavo e lui amava me, e con il nostro amore abbiamo superato il fatto che vedevamo la vita in modi diversi".
-- Nei suoi libri mi ha colpito moltissimo proprio quello che lei sta dicendo adesso, la generosità di tante persone che hanno creduto nel comunismo in buona fede. Oggi si sentono ingannate?
"Ma io sono convinta che persone del genere non ci saranno più, già adesso nessuno crede in questa idea. Anzi, ciò che sopravvive di questa idea oggi ha un carattere cinico e mercantile".
-- Scrive a un certo punto: "Siamo stati educati a fidarci della nostra patria". È questa una delle ragioni del consenso?
"Quando sono andata in Afghanistan rimasi molto colpita dal fatto che tra i soldati c'erano moltissimi volontari, ed erano figli dell'intellighenzia, anche contadina. Quelli che avevano sinceramente creduto avevano educato i figli nella stessa convinzione. Solo lì, in Afghanistan, i ragazzi hanno incominciato a capire. E io stessa, quando sono tornata da Kabul, ero un'altra persona, finalmente libera".
-- C'è un passaggio quasi metafisico nel suo libro, quando lei scrive: "Pensavamo che il comunismo fosse morto ma è una malattia cronica", e aggiunge quel che dopo la caduta dell'Urss le ripetevano i vecchi sovietici: "Non ci dovete giudicare in base alle leggi della logica, ma a quelle della fede". Si trattava di questo, una fede?
"Proprio così, come una religione".
-- E questo culto cos'ha lasciato? Lei sostiene che i russi possono parlare di libertà solo per negazione, perché non l'hanno mai conosciuta, e aggiunge: "Il dolore è il nostro dono e la nostra condanna". È la dimensione tragica dell'anima russa vittima e carnefice, immersa in una ordinarietà - lei scrive - sempre eccezionale. Le domando: fino a quando?
"Ciò che posso dirle è che al momento si vive così in Russia. Ho letto recentemente le parole di una madre che stava accogliendo la bara di suo figlio dall'Ucraina. E diceva: 'Io sono orgogliosa di mio figlio, è morto per la Russia'. Non so capire e non so spiegare come tutto si sia confuso così nella sua coscienza di madre, il male e il bene".
-- Dostoevskij si domanda: "Perché diavolo abbiamo bisogno di discernere il bene dal male se ci costa così caro?". E lei aggiunge che "il male non è mai chimicamente puro". Ma l'evidenza di questa guerra non si tradurrà in pedagogia del bene e del male anche per il popolo russo?
"Questa è una guerra che non ha nessuna giustificazione, nulla che possa dimostrare la giustezza delle sue ragioni, una qualche motivazione sensata. Ciò nondimeno, ecco che cosa ha fatto Putin: ha investito nella propaganda un'enorme quantità di denaro, ricavato dalla vendita del gas e del petrolio. È un investimento sulla guerra: e infatti è riuscito a fare quello che voleva".
-- Il premio Nobel Dmitrij Muratov, direttore della Novaja Gazeta, costretta a chiudere dalla censura, ha detto che come non si può rimanere immuni dalle radiazioni se si sosta davanti al gruppo 3 della centrale di Chernobyl, così non si può vivere a Mosca e rimanere immuni dalla propaganda. Ha questo potere totale?
"Qualche settimana fa ho fatto la prova: ho deciso di guardare i programmi della televisione russa per un giorno intero. E ho capito com'è difficile per una persona normale resistere. Molto difficile. Lo so, lei potrebbe dirmi che tocca a noi scrittori e artisti squarciare il velo, trovando le parole giuste. Ma vede, ne troviamo poche".
-- Intanto la guerra conta i suoi morti. Lei ha scritto: "Noi che veniamo dal socialismo abbiamo un rapporto particolare con la morte". Mi spiega che cos'è?
"Io immagino che per uno spagnolo o un italiano o un francese sia molto importante la sua vita. Ecco, per quella madre russa di cui abbiamo parlato prima è più importante l'idea. Ha appena visto morire suo figlio, ma l'idea della Russia prevale sul dolore di madre. Capisce quel che intendo dire?".
-- Ci sono pochi vincitori ma molti vinti. È un suo giudizio di dieci anni fa sul conflitto in Afghanistan. Vale anche come epitaffio anticipato per la guerra in Ucraina?
"Sì. Gli uni riportano i trofei, gli altri le bare. Allo stesso tempo il 68 per cento dei russi sostiene Putin. E quanto più forti sono le sanzioni, tanto più lo sostengono. Perché pensano che la guerra sia la dimostrazione del fatto che intorno al Paese ci sono i nemici: noi siamo vittime dei nostri nemici e dobbiamo compattarci tutti insieme. Tipica, eterna, reazione della Russia quando si sente circondata".
-- Il futuro non è più al suo posto, e lei ci avverte che non possiamo più dichiarare con Cechov che "tra cent'anni il cielo pullulerà di diamanti". Annichilita dalla guerra, è la fine della letteratura?
"Non credo alla fine della letteratura, tanto che sto scrivendo. Ma sicuramente nel buio di questa grande crisi sarà difficile spiegare quel che ci è accaduto: e raccontare non solo la violenza del potere, ma soprattutto l'umiliazione della Russia".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Precedente

Torna a Europa e America

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti

cron