La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:29 pm

La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria
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Io sto con l'Ucraina e non con la Russia di Putin che se la fa con le forze del male di tutta la terra.
Putin non è l'eroico Davide degli ebrei ma il mostruoso Golia dei filistei.


La Russia di oggi è il prodotto storico della Russia di ieri, di quella totalitaria e imperialista zarista/cezarista e di quella totalitaria e imperialista dell'URSS.
La Russia di Putin come quella di ieri è antiamericana, antieruropea, antisemita/antisraeliana.
A me la Russia imperialista di Putin che ricalca le orme dell'URSS e dell'imperialismo zarista che sta sempre con il male delle dittature comuniste e maomettiste e i nemici dell'Occidente e degli ebrei (Corea del Nord, Cina, Venezuela, Iran, ... nel passato stavano con Hitler) non mi piace proprio per niente.

La Russia di Putin è un problema, ma lo sono anche l'America USA di Biden e l'Europa sinistrata dei socialdemocratici e dei verdi con il loro politicamente corretto antisemita e filo nazi maomettani, e doppiamente lo sono i social internazi comunisti e i demenziali maomettisti con le loro dittature islamiche e comunista e ancor più lo è la Cina, questa mostruosità fatta crescere come fabbrica del mondo a basso costo.

Difficile districarsi e scegliere con chi stare, da che parte stare e contro chi, però a conti fatti mettersi dalla parte della Russia di Putin (che sta sempre con il male e con i paesi canaglia e che all'ONU ha sempre votato contro Israele) e contro l'Ucraina è il male maggiore, la posizione pù insensata e dannosa per l'Occidente, per l'EU, per gli ebrei e Israele e sopratutto per noi europei, italiani e veneti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:30 pm

Indice:

1)
A me la Russia imperialista di Putin che sta sempre con il male delle dittature comuniste e maomettiste e i nemici dell'Occidente e degli ebrei (Corea del Nord, Cina, Venezuela, Iran, ...) non mi piace proprio per niente.

2)
Russia e Ucraina

3)
La Russia di Putin che sta sempre con il male e con i paesi canaglia e che all'ONU ha sempre votato contro Israele

4)
Putinlatria.
Quelli che amano la Russia di Putin, il suo nazionalismo imperialista, cristiano e autocratico

5)
Questioni interne alla Russia

6)
Trump e la Russia di Putin

7)
La Russia di Putin a sostegno della Bielorussia contro la Polonia e la UE mediante l'invasione dei clandestini nazi maomettani

8)
Ucraina

9)
Quando Putin voleva la Russia nella NATO

10)
Storia della Crimea

11)
Il Donbass e le altre aree secessioniste filo russe dell'Ucraina

12)
L'ndipendentismo veneto padano che sta demenzialmente con la Russia di Putin contro l'Ucraina, l'Europa e gli USA e per la secessione della Crimea e di altre aree dell'Ucraina

13)
Il demente Putin



...
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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:31 pm

1)
A me la Russia imperialista di Putin che sta sempre con il male delle dittature comuniste e maomettiste e i nemici dell'Occidente e degli ebrei (Corea del Nord, Cina, Venezuela, Iran, ...) non mi piace proprio per niente.
Non mi piace il suo imperialismo (zarista, sovietico, putiniano), non mi piace il Putin del KGB, non mi piace la sua arroganza, non mi piace il suo essere sempre anti USA e anti occidente. La Russia di Putin si alimenta del male del Mondo e a sua volta lo alimenta.



Chediamoci perché la Russia che è grande quasi il doppio degli USA, dotata di incommensurabili ricchezze minerarie ed energetiche, con 150 milioni abitanti 2,5 volte gli abitanti dell'Italia e poco meno della metà degli USA, abbia un PIL inferiore a quello italiano e 1/12 di quello USA
Chiediamoci perché la Russia è sostenitrice e il massimo fornitore di armi alle dittature e agli stati canaglia di tutto il mondo che sono prevalentemente nazi comunisti e nazi maomettani.


Russia
https://it.wikipedia.org/wiki/Russia

superfice 17 098 242 kmq (il doppio deglu USA e della Cina e più di 60 volte l'Italia)
abitanti 146 838 993 (meno della metà degli USA e più di 2 volte quelli dell'Italia)
PIL 1.578 mld di $ (meno di quello italiano)

Premi Nobel
https://it.wikipedia.org/wiki/Vincitori ... ato#Russia

Russia 9
Cina 5
India 8
Giappone 27
USA 221
Germania 106
Svizzera 25
Sudafrica 10
Israele 11, tutti ebrei (da aggiungervi i nobel tedeschi, statunitensi e di altri paesi di origine ebrea, circa 160/170)
Austria 11
Norvegia 11
Italia 19
Paesi Bassi 19
Polonia 13

Percentuale di premi Nobel degli Ebrei
https://it.abrahamicstudyhall.org/2019/ ... gli-ebrei/
Su 67 Americani che tra il 1901 e il 1965 hanno ottenuto il premio Nobel 18 sono Ebrei, una percentuale quindi del 27% mentre gli Americani di origine Israelitica non raggiungono il 3% sul totale della popolazione degli Stati Uniti. L’importanza culturale nel mondo moderno del piccolo popolo ebreo “fa saltare non solo qualunque regolarità statistica, ma qualunque tentativo di spiegazione sociologica. (…) Il mondo ha potuto cercare di sterminarli, ma il lievito che nascostamente lo gonfia, la linfa che lo nutre è Ebraica e Cristiana attraverso loro” (S. Quinzio). Già nel 1843 il venticinquenne Marx scriveva a proposito di economia e culture, ma anche di politica, di “una signoria completa della tradizione Giudaica nel mondo”.

Una quantità sproporzionata di Nobel ebrei. Il segreto? L’enorme valore dato allo studio religioso e secolare
di Ugo Volli
12 Novembre 2020

https://www.mosaico-cem.it/cultura-e-so ... -secolare/

Più di un terzo dei premi Nobel di quest’anno sono ebrei o di origine ebraica. Non è un caso: in centovent’anni, più o meno il 20% dei circa 900 premiati condivide la stessa origine. Ma gli ebrei al mondo sono meno del 2 per mille: è una sproporzione che esige spiegazione. Esclusa quella genetica, perché non esiste una “razza ebraica” e l’intelligenza non è un tratto genetico semplice che si possa ereditare, resta quella culturale. La spiegazione di tutti coloro che si sono occupati di questo problema è una: la straordinaria importanza che il popolo ebraico attribuisce allo studio. Per capire questo privilegio dello studio risulta prezioso un libretto pubblicato di recente dalla Giuntina, intitolato Norme sullo studio – Hilkhot talmud Torà. Si tratta di un estratto da una delle opere più famose di Mosè Maimonide , il Mishné Torà (Ripetizione della Torà), in cui egli cercò di dare una sintesi di tutta la Legge ebraica. Sono paragrafi molto chiari e normativi, che non hanno il carattere dialogico o di commento usuale per il pensiero ebraico, ma stabiliscono regole chiare per tutte le circostanze della vita.
Qui in una quarantina di pagine Maimonide spiega chi deve studiare (“ogni ebreo, sia esso povero o ricco, sano o malato, giovane o molto anziano e privo di forze”, ma le donne non ne hanno l’obbligo anche se possono farlo), quando (“in un tempo fisso, di giorno e di notte”) da quando (i sei anni), che cosa bisogna studiare (per un terzo la Torà scritta, per un terzo quella orale, cioè il Talmud, per un terzo ai commenti e agli approfondimenti concettuali), fino a quando (“fino al giorno della sua morte”), con che priorità (“prima di sposarsi”, “anche al posto di adempiere a un precetto che può essere svolto da altri”), perché (“lo studio della Torà da solo equivale per importanza a tutti gli altri precetti uniti assieme”), a che fine (“per comprendere il giusto agire morale e per imparare ciò che è permesso e ciò che è vietato”, “perché lo studio spinge all’azione”).
Insomma, al centro della vita ebraica tradizionale c’è lo studio quotidiano e intenso, prima mnemonico e poi concettuale; coloro che vi eccellono hanno diritto a onori straordinari. Maimonide sintetizza un’attribuzione di valore già evidente nella Mishnà, un millennio prima e che ritroviamo ancora oggi, in grado diverso, in tutti gli ambienti ebraici. Sapere, studiare sono le cose più importanti. Magari nella tradizione non si tratta di chimica, fisica, biologia, economia (anche se Maimonide stesso era medico e nel Talmud non mancano tracce della conoscenza scientifica del suo tempo). Ma quel che ancora oggi ritroviamo è l’idea del sacrificio necessario: “Questa è la strada che devi seguire se desideri studiare Torà: mangia pane e sale, bevi acqua razionata, dormi per terra, fai una vita di stenti ma affaticati con la Torà”, “fai in modo che lo studio sia la tua occupazione fissa e il tuo lavoro solo un’occupazione temporanea”. Badando bene però che “ogni studio della Torà che non è accompagnato dal lavoro” è sbagliato ed è vietato “trarne benefici in questo mondo”.







Non dimentichiamoci mai che negli USA e in Occidente hanno trovato rifugio e speranza di vita emigrandovi, milioni di russi a causa della miseria ai tempi degli Zar e della miseria e dell'oppressione sovietica.
In Russia di rifugiati ed emigranti occidentali è difficile trovarne.

https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_Uniti_d%27America
Oggi negli USA vi sono circa 2.843.400 russi.





Russia, vivere con 133 euro al mese. Così la prof smaschera il trucco del governo sulla soglia di sussistenza
ROSALBA CASTELLETTI

https://www.repubblica.it/economia/2017 ... -174819371

MOSCA - L'inflazione aumentava, il livello minimo di sussistenza si abbassava. Un paradosso che un'insegnante di Sterlitamak, nella Repubblica del Bashkortostan, Sud degli Urali, ha voluto denunciare nel modo più estremo: vivendo per un semestre sotto la soglia di povertà. Dara Goldberg, 29 anni, ha lanciato il suo esperimento lo scorso marzo dopo che il governo russo ha ulteriormente ribassato il livello minimo di sussistenza in Russia portandolo a 9.142 rubli, circa 133 euro, al mese. Un espediente per ridurre le spese per la previdenza sociale. Più basso è il minimo di sussistenza, meno sono le persone che vivono sotto la soglia di povertà e che hanno dunque diritto alle prestazioni sociali. L'anno scorso, secondo il ministero del Lavoro, 19 milioni di russi vivevano al di sotto della soglia di povertà. Secondo gli economisti, i poveri nella Federazione sarebbero molti di più perché il minimo di sussistenza sarebbe sottostimato di almeno due volte.

È quello che pensa anche Dara Goldberg. Da quasi sei mesi si mantiene con poco più di 9mila rubli documentando la sua esperienza con video settimanali e mensili pubblicati su un apposito canale YouTube. Ora che l'esperimento è prossimo alla conclusione, non ha dubbi: l'ammontare fissato dal governo "non ha alcuna rapporto con i prezzi reali e, dal momento che non è realistico abbassare i prezzi, bisogna aumentarlo".

Per Dara non è stato facile adattarsi al nuovo regime. Guadagna 25mila rubli al mese e, prima di marzo, riusciva a malapena a mettere da parte poco più di un migliaio di rubli. I primi giorni, ha raccontato a "Radio Free Europe/Radio Liberty", al supermercato faceva la solita spesa. "Ammontava a quasi il mio intero budget mensile. Ho capito che così non andava". Dopo essersi consultata con alcuni amici in ristrettezze, ha cominciato a fare la spesa nei negozi di alimentari più economici e a comprare solo i prodotti in saldo. È andata per boschi alla ricerca di funghi ed erbe e ha iniziato a pescare. "L'emoglobina è scesa. È chiaro che non assumo abbastanza proteine perché mangio poca carne". Per risparmiare sui trasporti, ha provato a spostarsi a piedi. Ma non sempre ci è riuscita: le manca il fiato. E per non sprecare denaro in shampoo e tinte, si è persino rasata i capelli. "A scuola indosso foulard per non scioccare la gente".

Il paniere usato dal governo russo per calcolare il livello minimo di sussistenza comprende solo tre categorie: "prodotti indispensabili per la salute e la sopravvivenza", "prodotti non alimentari e servizi" e infine "tasse e bollette". Non prevede che una persona vada al cinema o al teatro, vada in vacanza o festeggi un evento con amici o parenti. Né tanto meno spese straordinarie per cure mediche, sostituire un elettrodomestico rotto o comprare scarpe e abiti nuovi. Si finisce, sostiene Goldberg, con il "pensare tutto il tempo a come risparmiare" e col "cadere in depressione". Si diventa "il cittadino perfetto per il governo attuale: vai a lavorare, mangi qualcosa, dormi e stop. Nessun'attività. Non puoi concederti nessun hobby, nessun interesse culturale o intellettuale. Senza, la vita è dura. Ti trasformi in un vegetale che lavora solo per guadagnare quanto basta a comprarsi da mangiare. È il momento psicologico più duro. E la cosa più spaventosa è che ci si abitua".

Per non perdere la motivazione, Goldberg ha deciso di mettere da parte mille euro al mese e di devolverli alla campagna presidenziale dell'attivista anticorruzione Aleksej Navalnyj se fosse riuscita a vivere sotto la soglia di povertà o offrirli al primo ministro Dmitrij Medvedev se avesse sforato il minimo di sussistenza. I primi cinque mesi a vincere il premio è stato Navalnyj. Ora le resta d'assegnare il gruzzoletto di settembre.



Russia, Europa, USA e Cina
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =92&t=2823
Io sto con chi mi è più simile, con chi condivide i miei stessi valori, umani, civili, culturali, economici, politici, con chi è per la democrazia laica e per il libero mercato, con chi rispetta i diritti umani universali, con chi avversa e combatte tutti i totalitarismi, gli assolutismi, i dogmatismi, nazismi siano essi social fascista, social nazi hitleriano ariano, social internazi comunista, maomettista, poleticamente corretto.





I poveri in Russia: vita al limite della sopravvivenza

Marta Natalini
2018/01/17

http://russiaintranslation.com/2018/01/ ... ravvivenza

Ogni anno in Russia aumenta il numero dei poveri. Poveri in senso letterale: ovvero quelli con un’entrata minore di 9828 rubli al mese. Alcuni non riescono a comprare neanche il necessario, cibo e medicinali. “Gazeta.Ru” ha cercato di capire come sopravvivono le persone al limite della povertà assoluta.

Il numero di persone povere in Russia continua a crescere in modo lento ma costante. Lo dimostrano i dati di Rosstat, pubblicati alla fine di dicembre dello scorso anno. Secondo queste informazioni, alla fine del 2016 19,6 milioni nella Federazione Russa, ovvero il 13,4% della popolazione totale avevano un’entrata inferiore al minimo per la sussistenza, che secondo i dati del ministero ammonta a 9828 rubli. L’anno precedente erano 19,5 milioni, i cittadini russi con un’entrata simile, mentre nel 2014, erano 15,4 milioni gli abitanti della Federazione Russia alla soglia di povertà.

Le regioni più povere alla fine del 2016 erano l’Oblast’ autonoma ebraica (più del 25% dei suoi abitanti vivono alla soglia della povertà, l’Oblast’ di Pskov (19%), l’Oblast’ di Tomsk (17,2%) e la Cecenia (17%). In tutte e quattro le regioni il numero di poveri cresce costantemente dal 2014.

Neanche i dati sul disagio economico della popolazione infondono ottimismo. Secondo il capo della Corte dei conti Tat’jana Golikovaja, nel primo trimestre del 2017 la percentuale di cittadini alla soglia di povertà era il 15% della popolazione del Paese, ovvero 22 milioni di persone. Più di quanto mostrassero i dati del 2016, ha detto Golikova in uscita da una riunione del Consiglio della Federazione.

“Gazeta.Ru” ha incontrato alcune persone che non possono permettersi neanche il necessario e che spesso sono costrette a indebitarsi. Per rispetto dei protagonisti di questo articolo, quasi tutti i loro nomi sono stati cambiati.
Veronika Kovaleva, 30 anni, di Chot’kov (Oblast’ di Mosca)

Ho studiato fino alle medie, ma non le ho finite, sono arrivata solo alla nona classe della scuola secondaria. Faccio l’imballatrice in una delle aziende tessili dell’Oblast’ di Mosca, ma ora sono in maternità. Come è successo che la nostra famiglia diventasse povera? Beh, non ho mai avuto una vita particolarmente agiata. È andata così: a 19 anni sono rimasta incinta del mio ragazzo, almeno sembrava che stessimo insieme. Invece alla fine ho cresciuto da sola il mio figlio maggiore fino a quando ha avuto due anni. È stata dura, ho dovuto affittare un posto per vivere. I rapporti con la mia famiglia infatti sono peggiorati perché i miei hanno iniziato a darmi un sacco di consigli: “Non devi metterlo al mondo”, “lascia stare” ecc.

Poi ho incontrato Jurij, il mio attuale marito. Tutto sembrava andar bene. Lui è un pittore, aveva un lavoro stabile e amava molto me e mio figlio. Abbiamo avuto altri 2 figli a distanza di tre anni uno dall’altro. Dopo, però, Jura ha iniziato a chiudersi in se stesso, a ricordare gli anni da soldato in Cecenia (per richiamo alle armi) e in Tagikistan (pagato), in entrambi le situazioni ha riportato ferite e contusioni. Mio marito ha iniziato a sparire da casa per un mese-due, a fare il giro del Paese in autostop. In quel periodo è nata nostra figlia, e dopo un anno, mio marito è sparito per sei mesi. Lo hanno cercato persino i volontari dell’unità di soccorso “Liza Alert” e la polizia.

Lo hanno trovato con difficoltà, e dopo sei mesi è sparito di nuovo, ed ecco ora è quasi un anno che non è più con noi. Nel frattempo ho pregato i servizi sociali, l’amministrazione locale e altri enti per un sostegno materiale. Ma a parte i sussidi per i bambini e quelli del mio lavoro, per legge non mi spetta nulla.

Mi hanno spiegato che da noi non esiste un articolo di legge a cui si collega direttamente il mio caso. “Aspetti, quando sarà passato un anno e mezzo dalla sparizione di suo marito, faccia la denuncia per assenza senza preavviso e poi vediamo”, mi dicono tutti così.

Vivo con i bambini nell’appartamento di due stanze di mio marito. Io dormo con le due bambine in sala, i tre bambini nell’altra stanza. Ci sono state volte in cui non avevo neanche un soldo per comprare da mangiare e nella dispensa c’era solo un pacchetto di semolina. Non scorderò mai quei giorni.

Risparmio soprattutto sul mio guardaroba, e i vestiti per i bambini li compro nei negozi dell’usato. Non succede spesso che riesca a viziarli con dei dolci. Mangiamo le cose più comuni: semola, verdure, pollo, latte. A volte gli compro la frutta. Molti soldi se ne vanno in medicine perché si ammalano spesso di infezioni alle vie respiratore.

Compro il cibo nelle catene di negozi più economiche. Raramente uso i mezzi, e in generale solo la maršrutka o l’električka (maršrutka: servizio di taxi collettivo con piccoli bus, električka: servizio ferroviario suburbano, *NdT). Qui passano pochi autobus e sono più cari. Non ho mai pensato di andarmene in un’altra città, questa è la mia città natale, sono nata e cresciuta qui. In un altro posto a nessuno importerebbe di noi.

In generale la situazione a Chot’kov non è facile. Ci sono tre grandi aziende: due pubbliche, la CNIISM (Istituto centrale scientifico e di ricerca per la costruzione di macchine speciali) e Elektroizolit, e la Novlajn che è privata. Per prima cosa entrarci è molto difficile, assumono solo per conoscenza. Poi non c’è niente da fare, gli stipendi ritardano sempre e in generale queste aziende crollano e vengono comprate da privati per creare aziende più piccole. Poi prendono soprattutto i giovani e le persone della Comunità degli Stati Indipendenti (*Confederazione di 15 ex-repubbliche sovietiche, NdT), c’è un continuo cambio di personale, “lasciano a piedi” le persone per i soldi.

Ora da noi hanno aperto tanti supermercati di vario tipo, ma anche lì c’è un cambio continuo di personale. Le persone corrono a Mosca per guadagnare, perché nella nostra città prendono 25 mila rubli al mese, una miseria. Sono aumentati ancora di più gli alcolisti negli ultimi tempi. Eppure la città di per sé è molto accogliente, tutti i servizi sono raggiungibili a piedi, c’è un nuovo asilo, una nuova scuola, un nuovo complesso sportivo (che purtroppo è diventato a pagamento), due parchi e un cinema.

Il prossimo anno per me sarà decisivo, ci sono molte questioni da chiudere. In particolare, mio figlio deve operarsi, devo saldare i debiti per l’appartamento, mia figlia deve iniziare l’asilo e dalla maternità devo tornare a lavoro. È difficile, ma me la caverò.

L’esperienza più brutta per me restano le visite dei servizi sociali per la tutela dei bambini. Vedono che non ho niente per mantenerli e minacciano di portarmeli via. Ma farò di tutto perché questo non succeda.
Sergej Kozyrev, 31 anni, villaggio Vorgašor (Repubblica dei Komi)

Ho finito solo la scuola dell’obbligo, non ho fatto il servizio militare, è andata così perché sono orfano di entrambi i genitori. Per l’incompetenza degli organi di tutela, non ho avuto quasi niente di quello che mi spettava da parte della mia tutrice. Fino al 1996 ho vissuto con lei a Gatčin, vicino Pietroburgo. L’appartamento di due stanze era intestato metà a me e metà alla mia tutrice, Ljubov’ Dmitrievna. Lì, oltre a noi era registrato anche il marito della donna, Michail, che è morto nel 1996.

Dopo la sua morte, il nostro appartamento è stato assegnato a persone straniere e ci hanno trasferiti nel villaggio di Myza-Ivanovoka, sempre nell’Oblast’ di Leningrado. Da lì la mia tutrice mi ha portato nell’Oblast’ di Novgorod, nella campagna di Sjabrenica. Andava tutto bene, ma nel 2006 Ljubov’ Dimitrievna è morta. La casa era intestata in parti uguali a me e a lei. Lei non ha fatto testamento, e siccome io non ero un suo familiare, solo una parte dell’appartamento è mia.

Poi volevano togliermi sia la casa che il terreno, c’erano degli zingari che vivevano in quella campagna. Ho dovuto andarmene e dal 2008 faccio il nomade. Mi sono rivolto alla procuratura e al Ministero degli affari interni, tutto inutile. Ora non c’è più nemmeno la casa, o è crollata o l’hanno demolita. Per me è ancora difficile tornare lì, per quanto mi hanno traumatizzato quando mi hanno minacciato di bruciarmi vivo e mi hanno intimorito in altri modi.

Mi è capitato di lavorare a Mosca, nel Monastero Savino-Storoževskij, come tuttofare sotto contratto. Ora vivo a Vorgašor da alcune persone che mi ospitano temporaneamente, vista la mia situazione. Oltre a me in questo appartamento vive un’altra persona. La maggior parte degli abitanti di questo villaggio lavora nelle miniere miniere di carbone.

Il salario medio aVorgašor è di 12.800 rubli, ma molti si lamentano che non basta. L’anno scorso a Vorkut c’è stata una riunione degli abitanti del villaggio che volevano un aumento del salario. Per farvi capire, una bottiglia di latte, ad esempio, nel nostro villaggio costa almeno 70 rubli, e il pane più economico costa 48 rubi a filone.

Da noi i prezzi di tutti i prodotti principali costano il doppio o il triplo rispetto alle regioni centrali della Russia. Molta gente beve e molto. Tra i giovani ci sono tanti drogati, e poco tempo fa c’è stata un’ondata di omicidi. Un bambino è stato investito da un’auto. Due persone sono state assalite. Al primo hanno sparato, il secondo è stato ferito con un coltello. Uno è morto, l’altro è all’ospedale. Hanno assalito una ragazza poco lontano da un negozio.

Quanto a me, devo risparmiare letteralmente su tutto. Mi capita di dover rinunciare alle medicine, anche se ho problemi alle gambe e soffro di gastrite. Spesso prendo soldi in prestito ma non riesco mai a restituirli. Compro sempre il cibo più economico e i vestiti non li compro proprio. Ogni tanto la gente me li regala. Da tanto tempo non so più cosa siano i trasporti, vado a piedi dappertutto. Però non mi arrendo, e il mio scopo primario ora è procurarmi almeno un posto per vivere.

[…]

FONTE: Gazeta.Ru – 13/01/2018, di Valdimir Vaščenko, Traduzione di Marta Natalini



Russia, la diseguaglianza cresce, 20 milioni sotto al livello di povertà
Yurii Colombo
Russia. E nel suo comizio elettorale Putin deve fare i conti con la scarsa partecipazione
05.03.2018

https://ilmanifesto.it/russia-la-disegu ... di-poverta

La gente al comizio moscovita di Putin è arrivata alla chetichella. Del resto il clima meteorologico delle ultime settimane non è quello adatto per una manifestazione in uno stadio all’aperto. All’ingresso vengono distribuiti cartelli stile presidenziali americane con scritto: «Un presidente forte per una Russia più forte!»

LE BANDIERE TRICOLORI della Federazione, la gente invece se le è portate da casa. Sugli spalti si parla di tutto meno che di politica: va forte il tema «cosa fare questo sabato sera». Alle 13 in punto inizia la manifestazione. Salgono sul palco i vincitori delle medaglie alle recenti olimpiadi invernali di Corea.
Applausi convinti mentre sui maxi-schermi passano le immagini degli hockeisti che hanno sconfitto la Germania. Il programma, visti i -13 gradi – che leggende a parte non amano neppure i russi – è ridotto all’osso. Putin arriva sul palco alle 13,15 e parla per non più di 20 minuti.

SUPERBOMBA E SIRIA vengono lasciati negli spogliatoi dello stadio. Gli argomenti sono tutti di politica interna e le promesse non sono poche: riduzione della povertà, una sanità più efficiente, infrastrutture, pioggia di rubli per le donne che faranno molti figli.

A ogni promessa la gente sventola le bandiere, ma non c’è grande convinzione. «Qui hanno vissuto i nostri avi, qui viviamo noi e i nostri figli e vivranno i nostri nipoti. E noi faremo tutto perché essi siano felici!» urla nel microfono il presidente. Inno nazionale, tutti in piedi, e poi la gente sciama via rapidamente. Russia Unita in serata parlerà di 10mila presenze, ma per i cronisti ce ne saranno state sì e no la metà. Si dice che lo staff di Putin, più si avvicina al 18 marzo e più sia nervoso. Sulla partecipazione al voto dei russi ci sono ancora poche certezze mentre alcuni sondaggi darebbero il candidato comunista Pavel Grudinin, che ha battuto il tasto delle diseguaglianze della corruzione per tutta la campagna elettorale, al 15%. Dettagli si dirà, che però non piacciono a Putin.

MOTIVI per una certa insofferenza nel Paese del resto ce ne sono. La Vneshekonombank ha rivelato qualche giorno fa che i guadagni dei russi si sono ridotti del 6,9% nel 2017. Si tratta del quarto anno consecutivo di riduzione dei redditi: -5,8% nel 2016, -3,2% nel 2015 e -0,7% nel 2014. Ora il governo promette che dal 2018 le entrate dei russi cresceranno del 2,3% ma pochi ci credono.

Quello che preoccupa di più i russi è la crescente divaricazione delle ricchezze e la scarsa mobilità sociale. Dal «World Inequality Report 2018» recentemente pubblicato da Thomas Piketty e dal suo team, risulta che la forbice della ricchezza in Russia è tornata ai livelli del 1905. Se ai tempi della prima rivoluzione russa il 10% più ricco della società riceveva il il 47% delle entrate nazionali, il 50% più povero il 17% e il lo strato intermedio del 40% possedeva il restante 36%, nel 2016 il 10% dei benestanti ottiene il 45,5%, il 50% dei meno abbienti è rimasto fermo al 17% mentre la «classe media» ha rosicchiato appena un 1,5% in più (37,5%).

NON ESISTONO DATI comparativi, ma lo 0,01% più agiato della popolazione guadagna ben 2524 volte più della media nazionale (23mila dollari). Molti russi per ovviare svolgono 2-3 lavori contemporaneamente: la Russia è il quinto paese in cui ci si lavora di più al mondo. Nel 2017 i russi che vivono sotto il livello di povertà sono più di 20 milioni: il 13% dell’intera popolazione (concentrata soprattutto in Siberia) se la cava con 170 dollari al mese. Troppo pochi, anche se in provincia gli orti delle dacie garantiscono ancora a molti frutta e verdura.




???

Quanti sono i russi che davvero vogliono emigrare?
Olga Childs
01 Mag 2020

https://it.rbth.com/lifestyle/84343-qua ... o-emigrare

Nel gennaio del 1991, il “Washington Post” pubblicò un articolo allarmista, intitolato “The Russians are coming… and the West needs an immigration policy that makes sense”, in cui prefigurava una vera e propria invasione in Occidente di emigrati russi, molto superiore a quella (2 milioni di individui) avvenuta dopo la Rivoluzione d’Ottobre. In realtà, accadde il contrario: alla fine di quel 1991, quando l’Unione Sovietica cessò di esistere, la Russia postcomunista, vista come terra di nuove opportunità, accolse più immigrati di quante non fossero le persone che la lasciavano emigrando. E questo saldo positivo continua ad essere vero ancora oggi. Tuttavia, il “Washington Post” continua a perpetuare questo falso allarmismo: ha affermato nell’agosto 2019 che “un impressionante 44 per cento dei giovani russi vuole andarsene”. Davvero? Scaviamo più a fondo.


L’immagine duratura dell’esodo

Se il numero di persone che volevano lasciare l’Unione Sovietica fosse significativo come si suppone l’Occidente, ormai non lo sapremo più. Ma, come cittadina cresciuta nell’Unione Sovietica che ha dei bei ricordi della sua giovinezza, penso che sia una domanda sbagliata da porre. Certamente c’erano persone che credevano che avrebbero potuto avere più opportunità altrove. Ma la maggioranza dei sovietici non voleva andarsene per sempre, anche se, molto probabilmente, tanti avrebbero fatto volentieri un viaggio all’estero. Molti avevano questo desiderio, non tanto perché odiavano ciecamente il posto in cui si trovavano, ma perché semplicemente era vietato o difficilissimo poter ottenere un visto di uscita dal Paese.

Tuttavia, dobbiamo riconoscere che il fenomeno migratorio dell’Unione Sovietica era principalmente verso l’esterno. I numeri non erano eccezionali: le restrizioni all’uscita scoraggiarono le richieste, che si limitavano quasi solo ai ricongiungimenti familiari, e le opportunità di defezione erano limitate a quei pochi che erano riusciti ad andare all’estero. L’articolo allarmistico del 1991 affermava anche che le domande di visto di uscita nell’Unione Sovietica erano cresciute negli ultimi anni, a quanto pare, a causa della devastazione economica [dovuta alle riforme di liberalizzazione in corso, volute da Gorbachev]. Ma, in realtà, la maggior parte delle persone che voleva lasciare l’Urss non desiderava farlo per le condizioni economiche, neppure nel 1991.

Invece, la possibilità di viaggiare, che era aumentata grazie alle riforme della Perestrojka, era stata effettivamente colta da molti. La nostra famiglia, per esempio, fece la prima vacanza in Europa nella primavera del 1991. Abbiamo preso il treno e poi una nave, fino a Londra, e abbiamo trovato la capitale britannica piena di russi. Facevano shopping e raccontavano storie della vita nell’Urss alle feste, ma non emigravano né disertavano. Non c’era più motivo di farlo. Ed eravamo già tutti in Russia al momento del famigerato tentativo di colpo di stato dell’agosto 1991.


Chi se ne va, chi torna

Nel gennaio 1992, la nuova Russia indipendente si trasformò immediatamente in un Paese di accoglienza per migranti. La migrazione apparentemente frenetica dell’epoca coinvolse i russi etnici rimasti bloccati nelle “parti sbagliate” dell’Unione Sovietica al momento della sua caduta e divisione in 15 stati indipendenti. Era stato bruscamente annunciato che la cittadinanza russa sarebbe stata automaticamente conferita a quei cittadini sovietici che erano residenti in Russia alla data del 6 febbraio 1992; una scadenza che alcuni si affrettarono a rispettare, mentre molti altri non fecero in tempo.

Quindi, se anche la devastazione economica della caduta dell’Urss fu un fattore che giocò il suo ruolo nel desiderio di qualcuno di trasferirsi, principalmente si trattò di persone alla periferia dell’ex Unione Sovietica che cercavano una vita migliore in Russia. Questa ondata migratoria coinvolse in media 1 milione di persone tra il 1992 e il 1995, circa 500.000 all’anno tra il 1996 e il 2000, e ha continuato in seguito a un ritmo di oltre 100.000 persone all’anno, come mostrato nello studio “Nation Building and Refugee Protection in the Post-Soviet Region”. Oggi la Russia rimane la destinazione migratoria principale per i migranti economici dalle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale.

All’epoca ci furono anche emigranti di ritorno: molte persone che avevano precedentemente lasciato l’Urss o ne erano state espulse, tra cui famosi scrittori. Il vincitore del Premio Nobel (nel 1970) Aleksandr Solzhenitsyn fece trionfalmente ritorno a Mosca nel 1994 e visse il resto dei suoi giorni in patria, da “patriarca” della cultura russa. Molti ebrei che erano emigrati in Israele, una volta che divenne chiaro che ora era possibile andare avanti e indietro, e soprattutto quando si diffuse internet, che permetteva di restare in contatto con i parenti, tornarono. Il ministero delle migrazioni israeliano stima che oltre 100.000 immigrati sovietici in quel Paese siano tornati a casa, mentre altre stime indicano che il numero di rimpatriati in Russia da Israele è di oltre 30.000.

C’era poi un terzo gruppo, quello dei “disertori”, che avevano rifiutato di tornare in patria una volta che si erano trovati in un Paese straniero. Molti di loro erano dei “professionisti” della critica all’Urss, e non avevano mai trovato alcun altro ruolo nei Paesi occidentali dove vivevano, se non quello di criticare il Partito comunista da lontano. Ecco che ora avevano perduto le ragioni per rimanere all’estero, una volta che il partito comunista era stato bandito nel novembre del 1991 (fu, tuttavia, ricostituito in seguito). Sì, gli anni Novanta in Russia furono “selvaggi”, ma anche straordinari. All’epoca Mosca sembrava il posto migliore dove vivere. Da allora in poi, l’emigrazione russa si è più o meno evoluta in una classe di russi globali, molti dei quali hanno mantenuto uno stretto legame con la patria.


Cosa significa “emigrare” oggi?

L’ultima puntata della serie “Esodo russo” del Washington Post fa un po’ di confusione su cosa significhi “andarsene”. Gli autori ammettono che il sottotitolo allarmista (“Il 44 percento dei giovani russi vuole andarsene”) include numeri tratti da un recente sondaggio Gallup.

Il rapporto afferma che “un nuovo massimo di uno su cinque russi (20%) ora afferma che vorrebbe lasciare la Russia se potesse”, e questo lascia molte domande senza risposta. Ecco le prime due che mi vengono in mente.

Secondo Gallup, il 17% dei russi voleva andarsene nel 2007. In questo periodo, quale percentuale lo ha fatto effettivamente senza tornare? Se si tratta di un numero trascurabile, cosa misura esattamente questo sondaggio? Gallup ipotizza che la tendenza “potrebbe accelerare il declino della popolazione [in Russia]”, prevista dalle Nazioni Unite. Ma l’Onu fa le sue previsioni sulla base delle attuali tendenze demografiche (ad es. attualmente sono più i russi che muoiono di quelli che nascono). Gli effetti dell’aumento delle persone che “potrebbero o meno voler vivere in un altro Paese per un periodo di tempo”, passate dal 17% nel 2007 al 20% nel 2018, non incidono sul previsto declino della popolazione, e non solo perché la maggior parte non vuole davvero andarsene, o vuole solo fare un’esperienza all’estero “temporanea”. Ma perché, anche se emigrassero, la Russia avrebbe comunque più immigrati che emigranti, proprio come negli ultimi 30 anni.

E poi, cosa significa esattamente “se potessero”? Cosa o chi impedisce loro di andarsene? A meno che Gallup non abbia condotto il sondaggio nelle carceri, la Russia non impedisce più alle persone di andarsene, e si è dimostrata una strategia vincente: vanno, vedono che fuori non è meglio (o peggio) e tornano a dirlo agli altri. I russi sono richiedenti relativamente a basso rischio per i visti nei Paesi occidentali e i tassi di rifiuto sono modesti. Molti vivono stagionalmente in enclave di expat, come Goa, in India, il Montenegro o la costa spagnola

Se Gallup sta parlando delle persone che vivono l’emigrazione come alternativa sognante alla loro vita reale, come ogni personaggio cinematografico di Hollywood che ha intenzione di ritirarsi su una spiaggia esotica, allora il loro numero potrebbe aumentare, perché sempre più russi un giorno potranno permettersi di farlo davvero. Ma se a bloccarli sono non la povertà estrema o uno Stato autoritario, ma lavori ben pagati, case di proprietà e una vita sociale attiva, allora il sondaggio ha poco a che spartire con la tesi che il Washington Post vuole proporre. Non si tratta, insomma, del numero di professori di Mosca che sognano di lasciare il Paese per poter lavare i cessi a Detroit.

Un numero “sbalorditivo” di giovani russi tra i 15 e i 29 anni desiderano “migrare”, afferma il Washington Post, ma non dice quali siano quali motivi. Il giornale arricchisce il suo articolo con la menzione delle manifestazioni dell’opposizione a Mosca, delle proteste contro la costruzione di una chiesa in un parco di Ekaterinburg e del dibattito sulla riforma delle pensioni, concludendo che “questi numeri illustrano la diffusa insoddisfazione in Russia per la situazione attuale del Paese”.

Affermare che le proteste per la costruzione di una chiesa o l’innalzamento dell’età pensionabile causino la fuga di quasi la metà della generazione sotto i 30 anni è ridicolo. Gallup correla negativamente il “desiderio di emigrare” con il tasso di gradimento del presidente Vladimir Putin, ma ogni studente di primo anno universitario sa che una correlazione non è causalità. Proprio come “Mi sto trasferendo in Canada” è un meme popolare tra gli americani, sappiamo tutti che le valutazioni del gradimento presidenziale non hanno praticamente nulla a che fare con l’effettiva emigrazione. La maggior parte delle persone resta e vota per qualcun altro la prossima volta.

Dopo aver fatto le sue allusioni al “regime”, il giornale statunitense riconosce però che il sondaggio in realtà analizzava i “collegamenti internazionali preesistenti” degli intervistati. In altre parole, le persone che già hanno parenti che vivono all’estero, prenderebbero più in considerazione l’idea di andare in quei Paesi. Voler essere dove sono i tuoi parenti, è esattamente l’opposto del semplice “voler andar via” (del tipo, “voler essere ovunque tranne nel posto in cui ti trovi ora”) e, a mio avviso, indica una tendenza ad acquisire esperienza di viaggio all’estero e una prospettiva più internazionale, piuttosto che l’idea di abbandonare la patria.

I “collegamenti transnazionali” nella terminologia del sondaggio erano anche le relazioni create quando il rispondente al sondaggio ha visitato, studiato o lavorato all’estero in passato. In altre parole, le persone che hanno già scelto di tornare in Russia dall’estero, sono considerate in questo pezzo di propaganda come persone che desiderano disperatamente lasciarla.


L’erba del vicino è più verde

Internet è pieno di notizie su cittadini dell’Afghanistan rurale che cercano di attraversare il confine con il vicino Tagikistan in cerca di una vita migliore. Questa “ambita” terra di opportunità, a sua volta, ha visto una grande migrazione economica verso la Russia negli ultimi anni: i cittadini tagiki a Mosca lavorano principalmente come spazzini, tassisti o operai edili, facendo “quei lavori che i russi non vogliono più fare”.

Sono nata e cresciuta a Mosca. Un giorno, durante la lunga avventura della mia immigrazione nel Regno Unito, mi sono presentata per riprendere le mie cose dall’armadietto di un deposito alla periferia di Glasgow, in Scozia. L’impiegato mi chiese: “Di dove sei?”. Ma non mi dette neanche il tempo di rispondere: “Non importa, in realtà. Sono sicuro che ovunque sia meglio che qui.” Ed ecco che, dopo aver fatto tanti sacrifici per andare nel Regno Unito, mi trovo con persone del posto che non sembrano condividere neanche un po’ il mio entusiasmo per il loro Paese.

Il punto è che cercare di migliorare le proprie condizioni è un istinto incorporato nel principio evolutivo. Come esseri umani, cerchiamo modi per migliorare qualunque cosa abbiamo, il che non dice praticamente nulla sulla qualità delle nostre condizioni attuali. Numerose persone emigrano da tutti i Paesi ogni anno, tra cui Russia, Stati Uniti e Regno Unito, tra gli altri, e, spinti da un simile desiderio di continuare a migliorare la propria vita, molti ritornano in patria. E sicuramente numeri ancora più alti ovunque sognano ad occhi aperti un posto sul mare dove andare quando saranno in pensione!

Il mondo è un turbinio infinito di migrazioni: proprio come gli animali selvatici migrano costantemente alla ricerca di nuovi pascoli, così facciamo anche noi uomini. La nostra capacità di limitare questo impulso attraverso l’autocontrollo e la razionalizzazione è ciò che ci separa dagli animali selvatici. La consapevolezza di avere l’opzione di lasciare la propria patria, che è, essenzialmente, misurata dal sondaggio Gallup in questione, non si avvicina affatto a quanto scrive il Washington Post e all’ennesima puntata della sua ormai trentennale campagna del tipo “La Russia è un posto così schifoso, che tutti non vedono l’ora di andarsene”.



RUSSIA Mosca, i conteggi sulla povertà sono più lenti dell'inflazione
AsiaNews.it
Vladimir Rozanskij
27/12/2021

https://www.asianews.it/notizie-it/Mosc ... 54795.html


In Russia il dato ufficiale calcolato in base al reddito colloca il 44,2% sulla soglia di povertà. Ma l’aumento dei prezzi, ormai stabilmente a due cifre, ha dimostrato che questi calcoli non riescono a fotografare la realtà. Gli esperti: senza un sistema adeguato rischiano di crescere ulteriormente le diseguaglianze.

Mosca (AsiaNews) - La Duma di Stato di Mosca ha stabilito le priorità della manovra economica per il 2022: la lotta al Covid-19, che penetra nel Paese dall’esterno, e la lotta alla povertà, che è invece un problema totalmente interno. La questione del calcolo della soglia di povertà risulta infatti molto ambigua, essendo legata a due parametri diversi: i bilanci e i pagamenti. Le due forme di povertà per ora non si distinguono in modo chiaro, ma secondo gli esperti della Scuola Superiore di Economia di Mosca, nelle condizioni di inflazione galoppante potrebbero divaricarsi nettamente, creando livelli insostenibili di diseguaglianza.

Lo speaker della Duma Vjačeslav Volodin ha dichiarato solennemente che “l’anno prossimo dovremo superare il problema della povertà”, affidandosi alle politiche sociali del governo. Già all’inizio del 2021 erano stati adottati nuovi criteri di calcolo della soglia di povertà, non più legati al paniere dei consumi e all’incontrollabile aumento dei prezzi. Si calcola invece il reddito medio della popolazione, e sulla base di questo dato il 44,2% dei russi sarebbe sul limite del minimo vitale, garantito dallo Stato.

Proprio l’aumento dei prezzi, però, ha dimostrato che i calcoli ufficiali non riescono a fotografare la realtà; lo stesso presidente Vladimir Putin ha dovuto occuparsi personalmente della questione, aumentando la previsione di aumento del minimo vitale dal 2,5% all’8,6%. La confusione tra le categorie di assistiti ha costretto poi a emanare norme per distinguere il “minimo vitale” dalla “soglia di povertà”, riprendendo il legame con i beni di consumo e il corso dell’inflazione.

Come spiegano al ministero del lavoro, questi nuovi parametri vengono rivisti ogni trimestre, per ottenere un algoritmo soddisfacente di misure sociali preventive, per proteggere il benessere della popolazione distinguendo in modo più equilibrato le categorie bisognose di persone.

L’inflazione viaggia ormai a due cifre, e altrettanto si verifica con gli aumenti dei prezzi, ma i politici russi confidano che il sistema possa reggere anche a queste scosse. In realtà, si tratta di calcoli fatti per lo più in base alle condizioni di vita di prima della pandemia (il “reddito medio”) e le incognite sul loro funzionamento sono molto elevate. Come spiega Aleksandr Osin, esperto di Freedom Finance alla Nezavisimaja Gazeta, “l’adeguatezza dei calcoli sul minimo vitale è troppo condizionata dalla velocità di aumento dell’inflazione, e il sistema salterebbe se questa superasse il livello medio del reddito della popolazione”.

“Sarà fondamentale controllare la dinamica dei redditi di quanti stanno sotto il livello medio”. Come spiega Vasilij Anikin, esperto dell’Istituto di politica sociale della Scuola Superiore di Economia, “ora i livelli inferiori alla media crescono molto più lentamente dei redditi dei ricchi e dei super-ricchi”, e si rischia una frattura quasi insanabile.

Molto dipenderà dalla capacità del governo di prendere misure adeguate adeguandosi velocemente ai cambiamenti, in gran parte imprevedibili, confermano gli esperti. Inoltre vanno considerati altri fattori oltre al reddito, come le proprietà e i beni immobili, non facili da calcolare. Il livello del reddito medio porta a un minimo vitale garantito di 11.700 rubli al mese, intorno ai 150 euro, mentre si ritiene che un minimo sostenibile dovrebbe arrivare almeno a 15.800 rubli, facendo così passare dal 44,2% al 60% le persone sotto la media.

Un ultimo fattore drammatico che andrà considerato è la considerevole diminuzione del numero degli abitanti della Russia, che negli ultimi due anni ha perso oltre un milione di persone, molte più degli anni precedenti. Questo potrebbe portare a un alleggerimento delle misure sociali, a cui potrebbero avere accesso meno persone; ma la scomparsa di una parte attiva della popolazione complica ulteriormente i calcoli. Le nuove soglie della povertà e della sopravvivenza sono ancora da scoprire, in questo tragico passaggio epocale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:31 pm

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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:31 pm

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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:33 pm

2)
Russia e Ucraina



Ucraina, Crimea e Donbass
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =143&t=464


Ucraina: separatisti, bombardata Donetsk. Kiev, attaccati
Agenzia ANSA
(ANSA) - MOSCA, 12 APR - L'esercito ucraino starebbe bombardando la periferia di Donetsk nell'autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk (DPR).
Lo ha detto il sindaco di Donetsk, Alexei Kulemzin, stando a quanto riporta Interfax.
12 aprile 2021

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... acae8.html

Kulemzin ha detto sui social che l'attacco all'insediamento urbano di Oleksandrivka è iniziato alle 12:05 e ha coinvolto veicoli da combattimento di fanteria e un lanciagranate anticarro. Kiev ha detto, da parte sua, che un militare ucraino è stato ucciso in un attacco nel Donbass. Il servizio stampa del gruppo tattico Sever (Nord) ha detto su Facebook che le sue posizioni erano state attaccate.
"L'Ue, gli Stati membri e le istituzioni stanno seguendo da vicino e con una certa preoccupazione il peggioramento della situazione nell'Ucraina dell'est e i movimenti delle truppe russe vicino ai confini dell'Ucraina e anche nella Crimea annessa illegalmente". Lo ha detto Peter Stano, portavoce dell'Alto rappresentante Ue Josep Borrel ribandendo la richiesta di "una soluzione pacifica al conflitto". L'Ue, ha proseguito Stano, chiede "alle autorità russe di astenersi da qualsiasi azione che porti ad ulteriori tensioni e ad attuare gli accordi di Minsk. Contatti sono in corso a vari livelli". (ANSA).



Ucraina e Nato alla Russia: "Ritiri le sue truppe". Mosca: "Pronti a tutto per proteggere i nostri cittadini"
Il presidente ucraino Volodimir Zelenskyj
Il ministro degli Esteri di Kiev a colloquio a Bruxells dal segretario generale della Nato. La Russia alla Cnn: "Foto fake su presenza militare russa alla stazione"
13 Aprile, 2021

https://www.repubblica.it/esteri/2021/0 ... 79195/amp/


BRUXELLES - Dichiarazioni incandescenti tra Ucraina, a fianco della Nato, e Mosca per la presenza russa al confine orientale. "Negli ultimi giorni la Russia ha movimentato migliaia di soldati pronti al combattimento lungo i confini con l'Ucraina. Si tratta della più grande mobilitazione di uomini al confine dall'annessione illegale della Crimea nel 2014", ha detto il segretario generale Nato Jens Stoltenberg, in conferenza stampa congiunta a Bruxelles con il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. "Si tratta di un comportamento ingiustificato, inspiegabile e profondamente preoccupante. La Russia fermi le sue provocazioni e proceda con la de-escalation immediatamente. Mosca deve rispettare i suoi impegni internazionali".

"Se la Russia agirà contro di noi pagherà un prezzo caro", ha fatto seguito il ministro degli Esteri ucraino Kuleba. "Non vogliamo la guerra con la Russia e cerchiamo di risolvere il conflitto in modo diplomatico".

La Russia da parte sua ha accusato la Nato di aver trasformato l'Ucraina in una "polveriera" in risposta all'allarme occidentale sulle truppe ammassate da Mosca al confine orientale di Kiev. "Gli Stati Uniti e altri Paesi della Nato stanno deliberatamente trasformando l'Ucraina in una polveriera", ha dichiarato il viceministro degli Esteri, Sergei Ryabkov, sottolineando che l'Ucraina sta ricevendo sempre più armi dall'Occidente. "Queste forniture sono continuate e il volume di questo sostegno è cresciuto", ha affermato il viceministro.

"Nel caso di un'escalation militare in Ucraina, la Russia è pronta a fare tutto il necessario per proteggere i suoi concittadini nelle regioni separatiste del Donbass", ha detto Ryabkov."Qualora dovesse verificarsi un'escalation, ovviamente faremo tutto il possibile per assicurare in modo efficace la nostra sicurezza e quella dei nostri cittadini ovunque essi siano".

In un post su Facebook la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha incolpato la Cnn di trasmettere foto false. "Ha diffuso immagini di carri armati ucraini in una stazione ferroviaria ucraina come se fossero mezzi russi che si preparano ad un attacco". La funzionaria russa ha postato immagini riprese dal media statunitense in cui un convoglio che trasporta carri armati attraversa una stazione ferroviaria sullo sfondo di un treno passeggeri che porta i colori ucraini. Zakharova ha esortato la redazione moscovita dell'emittente a verificare in modo più accurato le fonti, "e a farsi distrarsi di meno dalla vita sociale russa".


La crisi ucraina provoca nuove tensioni tra Russia e NATO
Analisi Difesa
13 aprile 2021

https://www.analisidifesa.it/2021/04/la ... ia-e-nato/

Gli Stati Uniti invieranno in questi giorni attraverso il Bosforo due navi militari nel mar Nero, dove resteranno fino al 4 maggio. Lo hanno riferito il 9 aprile fonti del ministero degli Esteri turco, spiegando di aver ricevuto da Washington una notifica diplomatica al riguardo, come previsto dalla Convenzione di Montreux per il passaggio di navi militari attraverso lo stretto del Bosforo.

Una decisione che innalzerà la tensione con la Russia dopo i timori espressi da Mosca per l’aumento delle attività militari navali nel Mar Nero delle forze di alcuni stati della NATO non rivieraschi.

“Siamo preoccupati di aver osservato un aumento delle attività degli stati non costieri nel Mar Nero; il numero d’ingressi dei Paesi della Nato e la durata della presenza delle navi da guerra è aumentata”, ha detto il vice ministro degli Esteri russo Alexander Grushko.

Le tensioni navali nel Mar Nero si inseriscono nella nuova progressiva escalation della crisi tra l’Ucraina e le provina di Donbass e Lugansk controllate dalle milizie filo russe. Ieri l’esercito ucraino ha riferito che un soldato è stato ucciso e un altro è rimasto gravemente ferito dal fuoco di artiglieria dei ribelli separatisti sostenuti dalla Russia nell’est del Paese..

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha visitato nei giorni scorsi il fronte del Donbass ipotizzando in un discorso alle truppe che l’adesione dell’Ucraina alla NATO potrebbe aiutare a porre fine al conflitto nella regione. “Contrariamente alle aspettative di Kiev, la potenziale adesione alla Nato non solo non porterà la pace in Ucraina ma, al contrario, porterà a un aumento su larga scala delle tensioni nel sud-est, causando forse conseguenze irreversibili per la tenuta dello Stato ucraino” ha replicato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.

Nel 2008 al vertice della Nato a Bucarest venne annunciato che Ucraina e Georgia diventeranno membri dell’Alleanza senza però fissare una data. L’adesione dovrà però avvenire col consenso di tutti i membri della NATO anche se la cooperazione militare tra le due repubbliche ex sovietiche l’’Alleanza Atlantica è in atto da tempo.

Anche una delegazione americana guidata dall’addetto militare all’ambasciata Usa a Kiev, colonnello Brittany Stewart, ha visitato nei giorni scorsi le postazioni ucraine nel Donbass. Il 25 marzo scorso la nave statunitense Ocean Glory aveva consegnato 350 tonnellate di attrezzature militari e 35 veicoli 4×4 Humvee alle forze armate ucraine nel porto di Odessa.

Il Cremlino non esclude il rischio di una ripresa delle ostilità. “Siamo davanti ad atti provocatori lungo la linea di contatto. Sono le forze armate dell’Ucraina che hanno intrapreso un percorso verso l’escalation di questi atti provocatori, e stanno continuando questa politica. Queste provocazioni tendono a intensificarsi. Tutto questo sta creando una potenziale minaccia per la ripresa di una guerra civile in Ucraina” ha detto il 9 aprile portavoce presidenziale Dmitry Peskov, citato dall’agenzia di stampa Interfax.

Nonostante gli scontri registratisi lungo la linea di contatto delle opposte forze nel Donbass, il governo di Kiev ha però escluso qualunque ipotesi di offensiva militare contro i separatisti filorussi.

“La liberazione dei territori occupati con la forza porterebbe inevitabilmente alla morte di un gran numero di civili e di perdite fra i militari, cosa che è inaccettabile per l’Ucraina”, ha dichiarato il comandante delle forze armate ucraine, generale Ruslan Khomtchak.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha negato ieri l’eventualità di una guerra con l’Ucraina ma ha dichiarato che la Russia non resterà passiva rispetto alla sorte dei cittadini di etnia russa che vivono nel sudest del paaese. “Certamente nessuno ha intenzione di muovere guerra e nessuno accetta questa eventualità”, ha detto Psekov a Rossiya 1. “E nessuno accetterà la possibilità di una guerra civile in Ucraina”, ha aggiunto sottolineando che la Russia non ha mai preso parte negli eventi nel Donbass ma “non resterà indifferente sul destino dei russofoni che vivono nella regione”.

Circa i timori suscitati dalle grandi manovre in atto in Russia ai confini con l’Ucraina il portavoce Peskov ha ribadito che “siamo liberi di spostare le nostre forze armate, qualsiasi unità sul territorio della Russia a nostra discrezione”. La cancelliera tedesca Angela Merkel aveva chiesto a Putin “la riduzione” delle truppe russe nei pressi dei confini con l’Ucraina.

Spostamenti di truppe e movimenti militari russi sono stati rilevati anche in Crimea e in Transnistria, regione separatista della Moldova orientale ai confini occidentali dell’Ucraina e controllata militarmente dai russi che vi mantengono ufficialmente poco meno di 2mila militari.

Gli Stati Uniti hanno ”reali preoccupazioni” per il grande dispiegamento di forze russe al confine con l’Ucraina, ha dichiarato il segretario di Stato americano Anthony Blinken, intervistato dalla Nbc, avvertendo che ”ci sono più forze russe ammassate sui quei confini rispetto a qualunque altro momento nel 2014, quando la Russia ha invaso per la prima volta.

Blinkenh ha aggiunto che il presidente Joe Biden ”è stato molto chiaro su questo punto: se la Russia dovesse agire in modo sconsiderato o aggressivo, ci saranno dei costi e delle conseguenze”.

Nella crisi si inserisce anche l’accordo di cooperazione militare siglato il 10 aprile a Istanbul da Zelensky e dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan che potrebbe fornire armamenti all’esercito di Kiev inclusi droni armati. “La nostra cooperazione nel settore della Difesa in nessun modo può essere vista come un’iniziativa mirata contro Stati terzi” ha detto Erdogan all’agenzia di stampa russa TASS.



Usa-Russia al vertice della tensione: Biden telefona a Putin e si affida al "dittatore" Erdogan
Federico Punzi
14 Apr 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... e-erdogan/

Giornata caldissima, e interessante, quella di ieri sia sul fronte russo che sul fronte iraniano. I ribaltamenti di politica estera dell’amministrazione Biden rispetto a Trump stanno producendo i loro primi effetti (vedremo se stabilizzanti o destabilizzanti) in diverse aree. Per quanto riguarda il primo, la tensione stava crescendo da qualche settimana – più o meno dalla infelice uscita del presidente Biden che in una intervista aveva con leggerezza definito Putin “un assassino” – accumulandosi sulla irrisolta crisi ucraina.

Reciproche le accuse di dispiegamenti di truppe e provocazioni: da una parte migliaia di soldati russi concentrati nei pressi del Donbass, la regione contesa dell’Ucraina, dall’altra navi da guerra Usa in rotta verso il Mar Nero e movimenti di assetti militari Nato; il portavoce del Cremlino che parla della possibilità di un conflitto su “vasta scala”; Putin che accusa Kiev di “provocazioni pericolose” e avverte Ankara di non intromettersi; i ministri degli esteri del G7 che esortano Mosca a “cessare le sue provocazioni e ridurre le tensioni in linea con i suoi obblighi internazionali”.

Ieri il botta e risposta Nato-Mosca. “Il considerevole concentramento militare della Russia” ai confini con l’Ucraina è “ingiustificato, inspiegabile e profondamente preoccupante”, ha denunciato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dichiarando che “la Russia deve porvi fine, fermare le sue provocazioni e ridurre immediatamente l’escalation”.

Il ministro della difesa russo Sergey Shoigu ha accusato Usa e Nato di formare raggruppamenti navali e terrestri vicino ai confini con la Russia (“40.000 soldati e 15.000 mezzi bellici, compresi aerei strategici”), avvertendo che Mosca sta adottando delle misure per far fronte alle “minacce” dell’Alleanza e “nell’arco di tre settimane” ha schierato “due armate e tre divisioni di truppe aviotrasportate” presso i suoi confini occidentali e “nelle aree delle esercitazioni”.

Nel frattempo, il segretario di Stato Usa Anthony Blinken è tornato di nuovo a Bruxelles, dove ieri ha incontrato il ministro degli esteri ucraino Kuleba, al quale ha ribadito “il pieno sostegno” di Washington di fronte alla “continua aggressività” di Mosca, mentre oggi prenderà parte, insieme al segretario alla difesa Austin, al vertice dei ministri degli esteri e della difesa dell’Alleanza. Temi al centro della discussione, ovviamente la crisi ucraina, con la rinnovata aggressività russa, ma anche Afghanistan e Iran.

Nel pomeriggio di ieri, la telefonata Biden-Putin pare se non altro aver alleggerito la tensione. Troppo presto per parlare di distensione, ma i due presidenti sono tornati a parlarsi dopo settimane di gelo.

Due note distinte su quello che si sono detti. Il presidente americano, fa sapere la Casa Bianca, ha sottolineato “l’incrollabile impegno degli Usa per la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, espresso “preoccupazione per l’improvviso rafforzamento militare russo nella Crimea occupata e ai confini con l’Ucraina” e chiesto a Mosca di “allentare le tensioni”.

Più generico il resoconto della telefonata da parte russa: da entrambe le parti “è stata espressa la volontà di proseguire il dialogo nei settori più importanti per la sicurezza mondiale: il che risponderebbe agli interessi non solo della Russia e degli Usa, ma di tutta la comunità internazionale”. “Inoltre – riferisce il Cremlino – Biden ha espresso interesse a normalizzare lo stato dei rapporti bilaterali, a costruire una relazione stabile e prevedibile su questioni rilevanti come la stabilità strategica e il controllo degli armamenti, il programma nucleare iraniano, la situazione in Afghanistan e il cambiamento climatico globale”.

Ma la novità, riferita da Washington, è che Biden ha proposto a Putin “un incontro in un Paese terzo nei prossimi mesi”. E nella serata di ieri Putin ha parlato con il presidente della Finlandia: l’incontro con Biden potrebbe tenersi ad Helsinki, come avvenne con Trump nel 2018.

Non crediamo sia un caso che in concomitanza con la telefonata Biden-Putin siano giunte due notizie proprio su uno dei dossier trattati nel loro colloquio: l’Afghanistan.

Il presidente Biden dovrebbe annunciare a breve, forse oggi, secondo quanto riporta il Washington Post, il ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan entro il prossimo 11 settembre, a vent’anni esatti dall’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono.

Inoltre, il Ministero degli esteri turco ha reso noto che l’annunciata conferenza internazionale sull’Afghanistan per arrivare ad un accordo di pace tra il governo di Kabul e i Talebani si terrà a Istanbul dal 24 aprile al 4 maggio. La conferenza sara organizzata dalla Turchia insieme al Qatar e, sotto l’egida dell’Onu, avrà come obiettivo quello di “accelerare e coadiuvare i negoziati intra-afghani di Doha per il raggiungimento di una soluzione politica giusta e duratura”.

Difficile che le due notizie non siano collegate tra di loro e crediamo che su questo versante la telefonata Biden-Putin abbia smosso qualcosa. L’annuncio del ritiro americano dall’Afghanistan non può non essere apprezzato a Mosca, che potrebbe ricambiare con la de-escalation ai confini con l’Ucraina. E difficilmente la conferenza sull’Afghanistan potrebbe avere successo senza l’impegno sia russo che americano.

Val la pena qui sottolineare la centralità turca in entrambi i dossier.

Se la chiusura dei voli decisa da Mosca da e per la Turchia suona come una punizione per il pieno sostegno offerto da Ankara a Kiev, Erdogan sembra tutt’altro che isolato dall’Occidente. A dispetto delle analisi secondo cui nel definirlo un “dittatore” il premier italiano Draghi avrebbe voluto allinearsi ad un presunto nuovo corso, inaugurato da Washington, ostile nei confronti del presidente turco, pare invece che l’amministrazione Biden abbia tutta l’intenzione di “recuperare” Ankara e abbia affidato al “dittatore” Erdogan sia il compito di favorire una soluzione politica definitiva in Afghanistan – dalla quale dipendono le chance di mantenere l’impegno a ritirare le truppe Usa – sia una concreta funzione anti-russa. A cominciare dalla difesa dell’Ucraina, come dimostrano l’incontro del 10 aprile ad Ankara tra il presidente turco e quello ucraino Zelensky, concluso con una inequivocabile dichiarazione congiunta di 20 punti, e la cooperazione militare tra i due Paesi.

Segno che per quanto vi siano diversità di vedute e di valori, per quanto Erdogan sia poco amato per il suo autoritarismo e la sua spregiudicatezza, a Washington non sottovalutano il ruolo che può giocare per gli interessi americani e occidentali quello che resta pur sempre un alleato Nato.

Alle prese con una grave crisi interna, economica e politica, Erdogan ha astutamente deciso di giocare nel campo dell’Occidente in due crisi di primario interesse per gli Stati Uniti, quella ucraina e quella afghana.

Inoltre, il progetto Kanal Istanbul, fortemente voluto dal presidente turco, e criticato perché metterebbe in discussione la Convenzione di Montreux (1936) che regola i passaggi negli stretti dei Dardanelli e del Bosforo e nel Mar di Marmara, farebbe invece molto comodo agli Stati Uniti, le cui navi potrebbero posizionarsi più a lungo di quanto oggi consentito non essendo Paese rivierasco.

Anche se fatichiamo a comprenderlo e ad agire di conseguenza, la Turchia è chiaramente un nostro rivale, la politica neo-ottomana di Erdogan è in netto contrasto con gli interessi italiani in Libia, nel Mediterraneo e nei Balcani, ma è purtroppo una sfida che dovremo affrontare in gran parte da soli. Molto difficile che a Washington siano disposti ad introdurre un nuovo motivo di dissidio nei rapporti con Ankara, così fondamentale nel contenere Russia e Cina e nel chiudere la partita afghana, per farci riconsegnare la Tripolitania. Gli americani non verranno a salvare i nostri interessi in Libia e non li convincerà del contrario definire Erdogan un “dittatore”. Al massimo, potranno darci una mano a difendere qualche posizione non ancora perduta. L’opportunità di un mandato Usa in Libia l’abbiamo sprecata anni fa.

Interessanti sviluppi ieri anche sul dossier iraniano. Se l’amministrazione Trump era riuscita ad esercitare la “massima pressione” su Teheran, mettendo alle corde sia economicamente, sia dal punto di vista diplomatico che militare il regime iraniano, fino all’uccisione di Soleimani, ora sembra che Teheran stia riuscendo a mettere sotto pressione l’amministrazione Biden. D’altra parte, non trova solo la Russia al suo fianco nel chiedere che Washington torni nell’accordo sul nucleare, ma anche gli Stati europei firmatari – Francia, Germania e Regno Unito.

Dopo l’attacco al sito nucleare di Natanz – un’operazione di sabotaggio di possibile matrice israeliana – gli iraniani hanno annunciato l’avvio proprio in quell’impianto dell’arricchimento dell’uranio al 60 per cento, in violazione dell’accordo del 2015 (Jcpoa). Probabilmente un bluff, ma una dimostrazione di forza per rispondere allo smacco subito e una forma di pressione sui colloqui di Vienna per il ritorno degli Stati Uniti nel Jcpoa. L’annuncio è arrivato proprio dal capo negoziatore iraniano, il viceministro degli esteri Abbas Araghchi. Sabato scorso inoltre Teheran aveva annunciato l’avvio di mille nuove centrifughe IR-6 e la sperimentazione di centrifughe IR-9 nell’impianto di Natanz.

“Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden deve scegliere tra l’accordo nucleare concluso dall’ex presidente Obama nel 2015 o il fallimentare terrorismo economico dell’ex presidente Donald Trump”, ha rilanciato il ministro degli esteri Zarif. L’unico modo per evitare l’escalation è la rimozione di tutte le sanzioni americane, avvertono Teheran e Mosca, quindi il ritorno incondizionato degli Usa nell’accordo.

Gli Usa restano impegnati nei negoziati sul nucleare iraniano nonostante la dichiarazione “provocatoria” di Teheran: “Siamo certamente preoccupati per questi annunci provocatori”, ha spiegato ai giornalisti la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki. “Ma crediamo che la via diplomatica sia l’unica strada da seguire e che avere una discussione, anche indiretta, sia il modo migliore per arrivare a una risoluzione”.

Sembra una questione di quando e di come il ritorno degli Stati Uniti nell’accordo, non di se. Questo gli iraniani l’hanno capito e se ne stanno avvantaggiando. A conferma del ribaltamento della politica mediorientale del presidente Trump, l’amministrazione Biden sta tornando sui passi di Obama: predilige l’intesa con l’Iran, e rivolgersi all’islam politico di Turchia e Qatar, allontanandosi da Israele e Arabia Saudita, che pure hanno dato vita ad uno storico processo di pace con gli Accordi di Abramo.




La Russia e il suo cortile/1: la sindrome dell'accerchiamento e quattro aree di crisi
Atlantico Quotidiano
Enzo Reale Da Barcellona
21 Apr 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... -di-crisi/

Obiettivi generali e ruolo della Russia sullo scenario internazionale – Forse mai come nel caso russo è importante considerare un Paese nel contesto geografico e geopolitico nel quale è inserito. Per la Russia la dimensione ideale, vale a dire l’immagine che ha o ha avuto di se stessa nelle distinte epoche storiche, e la dimensione geografica, ossia la proiezione territoriale che ha caratterizzato le varie fasi della sua esistenza sostanzialmente coincidono. Questa premessa ha assunto un carattere particolarmente evidente a partire dalla fine dell’Unione Sovietica, di cui ricorre quest’anno il trentennale, momento nel quale la Russia, molto più delle altre nazioni che componevano il mosaico sovietico, si è ritrovata orfana di una ideologia che, per quanto artificiale, imposta, e il più delle volte tragica nelle sue conseguenze, ne costituiva comunque un supporto identitario. Tanto è vero che oggi chi esprime nostalgia per il passato sovietico non si riferisce generalmente al sistema comunista ma piuttosto al fatto di aver perso una patria. La mancanza di un’identità definita ha caratterizzato l’intero trentennio trascorso e sembra che nemmeno Putin, nonostante i tentativi di rivitalizzare un certo nazionalismo russo legandolo anche alla rinascita della chiesa ortodossa, sia riuscito a restituire una visione coerente di sé al Paese. Ecco dove comincia a percepirsi l’importanza dell’estero vicino nel caso russo: l’identità nazionale della Russia putiniana si declina ancora in gran parte in negativo, ovvero a partire dalle relazioni con i Paesi che la circondano.

Possiamo individuare due obiettivi essenziali della politica estera russa nel suo estero vicino: il primo è la prevenzione di cambiamenti politici (leggasi rivoluzioni colorate, adesioni a Ue o Nato) che accrescano l’influenza occidentale nella zona, il secondo è il mantenimento dello status del Paese come potenza globale (o presunta tale). Anche se a volte si è tentati di ridurre il suo ruolo a quello di un soggetto regionale, oggettivamente la Russia dev’essere considerata un attore globale per una ragione quasi scontata, ovvero il suo territorio: la Russia è troppo grande e il suo peso geografico (e per estensione geopolitico) ne condiziona necessariamente l’azione. Un’estensione territoriale che, per la verità, nel corso della storia ha costituito più una debolezza che un punto di forza (si vedano a questo proposito i lavori di Alfred Rieber): la Russia è naturalmente esposta alle invasioni, all’accerchiamento, e questa consapevolezza ha sempre definito anche psicologicamente la sua proiezione all’estero.

La Russia in Europa, in Asia e in Medio Oriente – Partiamo dall’Europa dove, sullo sfondo di ogni diatriba economico-diplomatica che riguardi Mosca, si intravede sempre lo spauracchio del riavvicinamento russo-tedesco. Nei fatti si tratta di una prospettiva ancora lontana, soprattutto per ovvie ragioni di convenienza a Berlino: la Germania non può permettersi di sganciarsi dall’ombrello difensivo americano. Ma, allo stesso tempo, questo possibile scenario sottende gran parte delle riflessioni che si svolgono oltreoceano sullo spazio europeo. La Russia è in un certo senso lo specchio riflesso della Germania: ampia disponibilità di risorse naturali, capacità produttiva limitata, esportazione di materie prime, importazione di beni finali. Le due economie sono quasi complementari. Da qui la valenza economico-politica di qualsiasi upgrade nelle relazioni diplomatiche e commerciali, come dimostra la vicenda del gasdotto Nord Stream 2, destinato a raddoppiare il collegamento dalla costa russa alla Germania attraverso il Baltico. Il suo completamento sembra ormai in dirittura d’arrivo nonostante i malumori e gli avvertimenti americani.

Il Nord Stream 2 è un’enorme leva di influenza russa in Europa occidentale e un grosso grattacapo per gli Stati Uniti in quanto, per farla breve, scavalca il contenimento terrestre che gli Usa hanno affidato a Polonia e Romania e potenzialmente taglia fuori dal mercato delle forniture l’Ucraina.

Rispetto alla Cina, la Russia è ovviamente vista dagli Stati Uniti come il rivale più debole. Il suo contenimento in Europa risponde quindi a logiche diverse, ovvero evitare che Mosca venga accettata come partecipante a pieno titolo del consesso europeo e cominci a muoversi per il continente con una certa libertà. Se gli americani non aprono alla Russia in funzione anti-cinese, come la logica delle relazioni internazionali suggerirebbe, è essenzialmente perché non vogliono rischiare di perdere il controllo geopolitico in Europa. D’altra parte la Russia, al di là della retorica, si mantiene ambivalente nei riguardi degli Stati Uniti: da un lato si assiste ad una certa cooperazione sui dossier del terrorismo internazionale e della proliferazione nucleare, dall’altro si intensificano le misure attive di propaganda e disinformazione che hanno occupato, non sempre a proposito, le cronache internazionali negli ultimi anni. Putin appare costantemente combattuto tra l’esigenza anche interna di giocare il ruolo di nemico perfetto degli Stati Uniti e la ricerca di un riconoscimento da parte americana.

Washington, dal canto suo, scommette sul fatto che Russia e Cina non saranno mai alleate in senso stretto. Alla Russia non conviene affidarsi a una potenza egemone confinante, e i suoi cittadini in ogni caso guardano all’Europa e non a Pechino, anche se l’ultimo sondaggio dell’Istituto Levada – dove solo una minoranza indicava la Russia come Paese “europeo” – potrebbe far pensare il contrario. In realtà, una cosa è come i russi giudicano la proiezione internazionale del loro Paese, altra cosa è come vedono la loro proiezione personale. Anche la Cina peraltro tratta la Russia da una certa distanza, nonostante l’intensificarsi formale delle relazioni in ambito militare: più come un fornitore potenziale di materie prime, come partner da utilizzare secondo le convenienze del momento che come un alleato strategico.

Pechino ha ambizioni più vaste, che superano anche fisicamente la Russia. I cinesi non amano le alleanze, il loro obiettivo è installarsi in Europa occidentale e la Russia è una barriera naturale difficilmente sormontabile (si pensi all’Unione Economica Eurasiatica, che rompe, anche geograficamente, la continuità della Nuova Via della Seta). Il secolo cinese ha senso solo se proiettato sul continente europeo, anche perché sull’Asia la Cina ha paradossalmente un’influenza limitata se paragonata all’immagine che abbiamo della sua potenza: in realtà sui mari è in grossa difficoltà, non ne controlla praticamente nessuno, e si trova a competere con alleati storici degli Stati Uniti, su tutti il Giappone che probabilmente è la nazione più filo-americana del pianeta.

Ampliando il punto di osservazione, la Russia è oggi un attore particolarmente attivo nel Mediterraneo. In Libia è arrivata a cose fatte (appoggiando Haftar), ma in Siria ha avuto un ruolo da protagonista nel puntellare e salvare di fatto il regime di Assad ma anche nello sconfiggere, con il contributo dei curdi costantemente dimenticati, l’Isis. In Libia, Russia e Turchia (che invece sosteneva El Serraj) sono su fronti formalmente opposti: in Siria, la Turchia ha finito per ammorbidire le sue posizioni di sostegno ai cosiddetti ribelli dopo una prima fase chiaramente anti-governativa. Sul fronte del Nagorno-Karabakh le due potenze si sono di nuovo ritrovate l’una contro l’altra dal punto di vista politico-diplomatico, anche se non si è mai giunti allo scontro aperto: ma il dover ammettere la Turchia a pieno titolo come attore nello scenario armeno-azero ha certamente supposto un colpo importate per le ambizioni di Mosca. Nonostante questa situazione di rivali in ambito regionale la Russia continua a vendere i missili antiaerei S-400 alla Turchia ed è – tramite Rosatom – il maggior sponsor della centrale nucleare in costruzione in territorio turco, nella provincia di Mersin. La Turchia gioca su più sponde, ci torneremo fra breve a proposito del caso ucraino, e sarà realmente interessante vedere come le relazioni fra questi due ex grandi imperi continueranno a dilatarsi e a contrarsi come nel movimento di un elastico.

Dal punto di vista strettamente militare la strategia di difesa russa deve far i conti con quattro criticità principali: uno svantaggio incolmabile rispetto agli eserciti Nato nella disponibilità di forze terrestri, la necessità di ricapitalizzare l’industria della difesa, un declino del capitale tecnico-scientifico che continua dagli anni ‘90, un conflitto strutturale tra spesa militare e spesa sociale. Comparativamente il suo budget dedicato alla difesa è piuttosto esiguo, paragonabile a quello dell’India, della Francia o della Gran Bretagna e una decima parte di quello americano. Sotto Putin buona parte dell’apparato industriale russo è stato rinazionalizzato, ma adesso il Paese si trova nella situazione di dover pensare a vendere per far fronte alle esigenze di spesa e alla diminuzione delle entrate da idrocarburi. Il sistema sanitario e quello pensionistico, inizialmente sovvenzionati da fondi extra-budget, hanno richiesto negli ultimi anni l’immissione di fondi statali. Con la diminuzione degli introiti del petrolio la Russia si trova da qualche anno a dover scegliere se ridurre la spesa pensionistica o quella di difesa. La recente riforma delle pensioni, che è costata a Putin diversi punti percentuali in fatto di popolarità interna, risponde principalmente a questa esigenza.

In definitiva, la Russia non possiede una forza di terra in grado di minacciare l’Europa occidentale, e forse nemmeno la stessa Ucraina nel suo insieme, vista la probabile reazione dei Paesi limitrofi alleati degli Stati Uniti che un conflitto su vasta scala scatenerebbe. Il suo arsenale bellico, umano e tecnologico, resta piuttosto difensivo: non per nulla gli impegni militari della Russia all’estero si concretizzano soprattutto in aree adiacenti, facilmente controllabili e popolate da pro-russi. Lasciando da parte Libia e Siria, che hanno rappresentato le eccezioni più eclatanti a questa regola non scritta, individuerei attualmente quattro aree di tensione principali nell’estero vicino russo: Ucraina, Bielorussia, Caucaso centrale e meridionale (Georgia, Armenia e Azerbaigian) e, seppur più limitatamente, Moldavia (soprattutto per la questione sempre aperta della Transnistria e il recente cambio al vertice con l’elezione di Maia Sandu). L’Asia Centrale è relativamente sotto controllo, nonostante i fatti dello scorso ottobre in Kirgyzstan. Nel prossimo articolo ci concentreremo sulle prime due, Ucraina e Bielorussia.







Russia e dintorni, la storia siamo noi
Maurizio Guaitoli
8 aprile 2021

https://www.opinione.it/esteri/2021/04/ ... epubblica/

Chi ha paura di Vladimir Putin? Per rispondere, occorre esaminare il dualismo che si è venuto a creare tra l’universo separato delle Democrazie liberali (oggi devastate nella loro identità storica dall’avanzata irresistibile di una sorta di neo-nazismo basato sul politically correct, per cui i wasp bianchi hanno sostituito gli ebrei della Soluzione finale), contrapposte a quelle illiberali o autocratiche. E, in questi tempi bui di pandemia, sono proprio le performance di queste ultime (Cina e Russia in prima fila) ad aver surclassato le prime, generando così un odio-invidia degno di altri tempi e a parti invertite, in cui esisteva la Cortina di Ferro per separare i buoni (gli occidentali) dagli invidiosi cattivi orientali.

Mosso dal sacro furore dell’intellettuale di sinistra tradito, Ezio Mauro, ex corrispondente dalla Russia Sovietica, è intervenuto su La Repubblica per fare a pezzi Zar Putin, a partire dall’imbarazzante, recente episodio di spionaggio che ha coinvolto, oltre a un alto ufficiale della Marina italiana, l’addetto militare dell’Ambasciata russa a Roma. In sintesi, nell’articolo si parla di una supposta irriducibilità del conflitto tra Mosca e l’Occidente e che l’Europa, agli albori degli anni Novanta del secolo scorso, dopo il crollo dell’Urss, non ha saputo impedire con una “seconda conversione” (la prima era relativa al passaggio dal comunismo al capitalismo) “alla democrazia dei diritti e delle istituzioni, scambiando aiuti in cambio di riforme (…) L’Occidente compie probabilmente qui un errore storico, perché non gioca la carta della pressione per una trasformazione democratica dell’Urss, ridivenuta Russia”.

Da questa mancata occasione si genera il putinismo del XXI secolo che bolla la cultura liberale come obsoleta, separando così il principio liberale dalla democrazia (che, nell’odierna versione russa, diviene pertanto illiberale e autoritaria), “perché il liberalismo ha tradito i suoi presupposti e non è più in grado di rappresentare l'interesse dei suoi cittadini”. E qui, al solito, siamo al detto secondo cui Beati monoculi in terra caecorum. Certa sinistra degli “eletti”, infatti, dimentica troppe cose legate al suo passato comunista verso cui, tra l'altro, non ha mai fatto abiura o avviato una discussione autocritica almeno pari a quella del 1921 con la scissione di Livorno tra Partito Socialista italiano e Partito Comunista italiano leninista. Onestà intellettuale vorrebbe, infatti, che quei rossi divenuti pinky, e allora maggioranza socialdemocratica nell’Europa comunitaria del 1991, facessero il mea culpa per aver lasciato che un’iperinflazione superiore al 1000 per cento devastasse, nei primissimi anni Novanta, la Russia post-comunista facendo fallire intere comunità regionali e riducendo letteralmente alla fame decine di milioni di persone, che vedevano colmi gli scaffali di merci importate, irreperibili in epoca sovietica, senza che i loro stipendi e pensioni fossero più in grado di assicurare loro i bisogni elementari di sopravvivenza alimentare. Invece di sciogliere la Nato e abbracciare in una nuova, rigenerata alleanza politico-militare il Grande Fratello Bianco russo, a seguito dell’eclatante vittoria dell’Ovest sull’Est che mise fine a cinquanta anni di Guerra Fredda, noi – “I Democratici” per eccellenza – abbiamo condannato di nuovo la Russia all’isolamento economico e militare, lasciandola scientemente fallire affinché scivolasse nel sottosviluppo che noi vincitori ritenevamo meritasse.

Se a Berlino, Parigi e Roma non avessimo avuto al comando proprio i pinky, ma i De Gaulle, i Reagan e le Thatcher con ogni probabilità avremmo evitato quel disastro storico che ci ha condotti oggi a riproporre addirittura una nuova Guerra Fredda, per non aver avuto ieri la lungimiranza di inglobare la Santa Madre Russia, dopo averla assistita con imponenti aiuti economici, umani e tecnologici, in un anello periferico della futura Unione (come invece facemmo con gli altri Paesi dell’Est Europa, per quanto riguarda il periodo di transizione da Paese candidato all’adesione a membro effettivo), cosa che ci avrebbe dato un vantaggio incolmabile sugli altri concorrenti sinoamericani, per quanto riguarda la sufficienza energetica e l’pprovvigionamento di materie prime.

Se avessimo avuto quel terzo occhio strategico, avremmo fatto tremare il mondo con la nostra concorrenza commerciale, sfiorando il miliardo di cristiani perfettamente armati, tecnologicamente e scientificamente parlando (si pensi solo al fatto che i russi hanno il vaccino Sputnik e noi nessuno!), grazie all’apporto determinante della storica tradizione russa che ha da sempre privilegiato cultura e scienza. I pinky convertiti di oggi dovrebbero ricordare i disastri letterali e le devastazioni umane, economiche e politiche, che comportò l’imposizione alla Russia di Boris Eltsin del metodo denominato “The Washington Consensus” da parte della scuola ultra-liberalista americana, ispirata al protocollo di (Herald) Williamson, la cui versione originaria indicava le linee generali di condotta cui avrebbero dovuto conformarsi le politiche riformatrici, nel passaggio dall’approccio prettamente statalista a quello neo-liberale, mantenendo però saldo il potere regolatorio del governo per evitare il darwinismo economico.

Cosa che, al contrario, in effetti si verificò per non aver adottato quel regime di controlli interni ritenuti indispensabili e necessari. Nel caso russo, infatti, si preferì radicalizzare il change-over sistemico facendo ricorso a un approccio fondamentalista neo-liberale di mercato, che ridusse la politica economica russa ai tre imperativi di “stabilizzare; liberalizzare e privatizzare” in presenza di un ruolo regolatore minimale del Governo.

Cinicamente, il “The Washington Consensus” ignorò i problemi insorti con le crescenti disuguaglianze sociali provocando l’assottigliamento drammatico del welfare preesistente. Le grandi privatizzazioni di enormi asset dell’ex Stato sovietico, operate in fretta e furia e in modo confuso, contribuirono a creare qualche centinaio di oligarchi che si arricchirono a dismisura con i privilegi del monopolio, anziché competere sul mercato a beneficio dei consumatori. Una delle eminenze grigie che guidò gli allora governanti russi in questa follia ultra-liberalista fu proprio Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth Institute della Columbia University americana. Sarà bene tornare sul punto, e fare chiarezza sulla totale assenza di lungimiranza geostrategica e riformista dei nostri disastrosi pinky e di chi oggi pontifica in disdegno dei Putin che ha contribuito a creare, come se di quegli errori non fosse stato intellettualmente corresponsabile.
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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:35 pm

Russia-Ucraina: truppe ammassate al confine; Usa: "Putin aggredirà"
Antony Blinken segretario di Stato USA
Minsk-Mosca: venti di nuova guerra fredda in Donbass; Usa: "Putin pronto ad aggredire"
Gioia Salvatori
01/12/2021

https://it.euronews.com/2021/12/01/tens ... ad-aggredi

Cresce il nervosismo nel Donbass, la regione ucraina in mano ai separatisti russi e in guerra con Minsk. La sensazione è che le parti in causa cerchino il pretesto per una svolta, che venti di una nuova guerra fredda spirino sul Donbass: il segretario di Stato americano ha chiaramente accusato Mosca di preparare azioni non meglio specificate contro l'Ucraina. Il Cremlino non ha smentito.

La giornata è stata una prova di forza tra le parti. Prima di Blinken aveva parlato Putin: la Russia cercherà "garanzie per blindare la sua sicurezza" e precludere la strada ad ogni espansione verso Est della NATO. Lo ha detto chiaro il presidente russo Vladimir Putin in un evento diplomatico al Cremlino oggi tuonando di nuovo contro la possibilità che l'Alleanza dispieghi armi nucleari in Ucraina.

"Non potremo porre fine alla guerra senza colloqui diretti con la Russia. Dobbiamo parlare, dobbiamo parlare sapendo che abbiamo un esercito forte e potente", ha provato un invito il presidente ucraino Vlodymyr Zelensky che però a Mosca trova un niet mentre le tensioni si moltiplicano così come il rimpallo di responsabilità.

Mosca: l'Ucraina ha 125.000 uomini al confine

"Le forze armate ucraine stanno rafforzando le loro milizie, ammassando attrezzature e personale. Secondo alcuni rapporti, il numero di uomini nella zona del conflitto ha già raggiunto i 125.000", accusa la portavoce del ministero degli esteri russo.

Il segretario di Stato americano a fine giornata risponde a distanza che è il contrario, dice che ci sono le prove che "un'aggressione russa" all'Ucraina è in preparazione e che, se dovesse succedere, la risposta sarà dura, leggi: sanzioni mai viste prima.

Parole che chiudono sotto pessimi auspici il il vertice Nato di Riga, summit dominato dalla questione ucraina sulla quale anche il segretario dell'alleanza Jens Stoltenberg si è espresso con durezza dicendo che: "Ci sarà un prezzo alto da pagare per la Russia se ancora una volta userà la forza contro una nazione sovrana indipendente, l'Ucraina. Abbiamo dimostrato la nostra capacità di imporre dei costi, con azioni economiche e politiche."

Sanzioni che la NATO può coordinare ma che saranno i singoli Stati individualmente o l'Unione a imporre.


Ucraina, la Nato invia navi e aerei in Europa dell’est. Il Pentagono mette in ‘stato di allerta’ 8.500 soldati. Via il personale Usa e inglese
24 gennaio 2022

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/0 ... e/6466192/

Più passa il tempo senza che una delle parti ammorbidisca le proprie posizioni, più il rischio di un’escalation militare aumenta. La Russia continua a chiedere il ritiro delle truppe Nato da Romania e Bulgaria, intimando il blocco Atlantico di frenare la propria ‘avanzata’ versoEst con il possibile inglobamento dell’Ucraina.
Gli Stati Uniti cercano la strada giusta per arrivare a una soluzione diplomatica, ma intanto inviano armi a Kiev, preoccupati da un passo in avanti improvviso di Mosca, e preparano le risposte scritte alle richieste avanzate dal Cremlino dopo l’incontro di pochi giorni fa tra il segretario di Stato, Antony Blinken, e il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov.

E anche la Nato non sembra voler compiere passi indietro e sta “inviando navi e caccia in Europa dell’est per rinforzare la nostra capacità di deterrenza e difesa, mentre la Russia continua ad aumentare la propria presenza militare dentro e fuori dall’Ucraina”, si legge in una nota del Patto Atlantico.
Anche gli Stati Uniti stanno valutando l’invio di navi e aerei nei paesi Baltici e dell’est Europa membri della Nato, secondo quanto scrive il New York Times. Non solo: in serata il Pentagono ha annunciato di aver messo 8.500 soldati in stato di allerta. “È molto chiaro che i russi non hanno alcuna intenzione ora di ridurre le tensioni”, ha detto il portavoce John Kirby. Mentre l’Irlanda denuncia l’intenzione della Russia di “effettuare esercitazioni militari a circa 240 chilometri dalla nostra costa sudoccidentale. Sono acque internazionali, ma anche parte della zona economica esclusiva dell’Irlanda”, ha dichiarato il ministro degli Esteri, Simon Coveney. Mosse, quelle dei Paesi dell’Alleanza, alle quali il Cremlino risponde accusando la Nato di “esacerbare” le tensioni.

A confermare i timori per il degenerare della situazione sicurezza in Ucraina arriva anche la decisione, anticipata nei giorni scorsi, di evacuare le famiglie dei diplomatici americani dal territorio ucraino e di ridurre all’essenziale la presenza di personale nella sede della capitale, con Washington che ha emesso anche uno sconsiglio di viaggio a tutti i suoi cittadini in Russia. Stessa mossa, quest’ultima, compiuta dalla Francia ma relativa all’Ucraina. Anche la Gran Bretagna sta evacuando metà del suo personale nelle sedi diplomatiche della capitale. Una mossa, quella di Washington e Londra, che da Kiev considerano “prematura” ed “eccessiva: “Con tutto il rispetto del diritto degli Stati stranieri di garantire la sicurezza delle loro missioni diplomatiche, noi consideriamo questa misura come prematura ed eccessiva”, ha dichiarato in una nota il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko.

In mezzo ai due fuochi, attore interessato dall’evolversi della crisi è senza dubbio l’Europa che teme l’aggravarsi della situazione sicurezza nei suoi confini ad est e le ripercussioni economiche che ne possono derivare, una su tutti un nuovo aumento dei prezzi del gas, già alle stelle, visto che dipende per il 40% dalle forniture russe. Non a caso, oggi è in programma un vertice tra Blinken e i ministri degli Esteri dell’Unione europea per discutere delle eventuali sanzioni da emettere nei confronti di Mosca. Ma l’impressione è che da Washington non arriverà alcun passo in avanti di questo tipo senza una rottura degli equilibri da parte dell’avversario. Anche l’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue, Josep Borrell, ha fatto sapere che “sulle sanzioni vogliamo agire in forte coordinamento con i nostri partner: gli Usa, il Canada e il Regno Unito. Al momento stiamo continuando a costruire un forte pacchetto di sanzioni, ma nulla di concreto verrà approvato oggi“, ha spiegato aggiungendo che “il processo è in corso, sarà tutto pronto quando necessario, ma oggi non annunceremo nulla”. E a differenza degli Usa ritiene che “a meno che Blinken non abbia qualcosa da dirci di importante, il personale dell’Unione europea non ha in programma nessuna evacuazione dall’Ucraina”.

Dal canto suo, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che l’Ue ha varato un nuovo pacchetto di aiuti finanziari all’Ucraina “da 1,2 miliardi di euro“: “L’Ucraina è uno Stato libero e sovrano e l’Ue è al suo fianco ed è fermamente impegnata” alla soluzione della crisi, ha affermato. Il pacchetto di aiuti sarà composto da prestiti e sussidi e, nella sua prima tanche, sarà di 600 milioni di euro, ha spiegato von der Leyen ricordando che “l’Ue ha già fornito un’assistenza significativa (dal 2014 circa 17 miliardi di euro) all’Ucraina, sia a sostegno della resilienza del Paese che della sua modernizzazione, ma anche specificamente per combattere il Covid-19″. La Commissione, inoltre, quest’anno “procederà al quasi raddoppiamento della sua assistenza bilaterale in sussidi e saranno stanziati altri 120 milioni di euro”, ha concluso.

La situazione è per il momento cristallizzata: Washington si prepara a reagire di fronte a un’offensiva russa e fornirà risposte che siano più generiche possibili alle richieste di Lavrov, così da non prendere impegni troppo stringenti con Vladimir Putin, mentre Mosca rimane in attesa di rassicurazioni dalla Casa Bianca sulla presenza di truppe Nato a est. Una situazione che, nel bene e nel male, potrebbe sbloccarsi dopo l’incontro di domani, a Parigi, dei consiglieri politici di Francia, Germania, Ucraina e Russia, durante il quale si cercherà di riportare la discussione nel campo della diplomazia.

Obiettivo non semplice da raggiungere per diversi motivi: il primo, perché in Europa diversi Paesi godono di rapporti economici privilegiati con Mosca, la Germania in primis, ed hanno quindi molto di più da perdere rispetto a Washington da un’ipotetica escalation militare. Una posizione ben nota anche in Ucraina, tanto che il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, accusa Berlino di “tradimento” e “omissione di soccorso”, in un duro intervento pubblicato in esclusiva dalla Bild. “In Ucraina c’è un’enorme delusione per il fatto che la Germania tenga fede a Nord Stream 2 (il nuovo gasdotto che dalla Russia porta il gas di Mosca in Germania, ndr). E per il fatto che non ci consegni le armi e che in questo modo distolga anche Paesi come l’Estonia dal consegnarcene”. Da parte sua, Borrell assicura che “tutti i membri Ue sono partner affidabili, tutti i membri stanno dimostrando un’unità senza precedenti sulla situazione in Ucraina, con una forte coordinazione con gli Stati Uniti”.


Ucraina, il presidente Zelensky convoca una riunione urgente del Consiglio di sicurezza e difesa
RaiNews
24 gennaio 2022

https://www.rainews.it/articoli/2022/01 ... 50310.html

Sale la tensione sulla questione Ucraina: il presidente, Volodimir Zelensky, ha convocato una riunione urgente del Consiglio della Sicurezza e Difesa, "di fronte a minacce interne ed esterne". Dopo una giornata in un crescendo di tensione con dichiarazioni dei vertici della Nato, le amministrazioni europee ed americane, con la Russia. Mentre in borsa i mercati vanno profondo rosso nella prima seduta settimanale, per i timori di una escalation tra Russia ed Usa. Stasera il presidente Biden ha convocato un vertice in video conferenza dalla Casa bianca con i leader dei paesi europei, la presidente della Ue, Von Der Leyen, ed il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Mentre Mercoledì a Parigi, si terrà un incontro tra Francia, Germania, Russia e Ucraina a livello di consiglieri diplomatici, ed il presidente Macron, proporrà all'omologo russo Vladimir Putin un "percorso di de-escalation" sulla crisi ucraina in un colloquio "nei prossimi giorni".

Cnn: "Usa stanno scegliendo unità militari da inviare in Europa dell'est"

Secondo la all news statunitense, l'amministrazione Biden sarebbe "nella fase finale dell'identificazione delle unità militari da inviare in Europa orientale in funzione deterrente dell'escalation militare avviata dalla Russia, che sta ammassando truppe sul confine con l'Ucraina". La Cnn precisa che la decisione finale non è stata comunque presa dal presidente Biden, che ha discusso le opzioni dell'aumento della presenza militare americana nella regione, con i vertici militari durante il weekend a Camp David. Notizie confermate dal portavoce del Pentagono, John Kirby che ha annunciato che "gli Usa hanno messo 8.500 soldati in stato di allerta per la crisi", anche se "gli Stati Uniti non hanno ancora preso una decisione finale sul dispiegamento di truppe alla luce della minaccia russa all'Ucraina.


Nato: stiamo inviando navi e caccia in Europa dell'Est

Gli alleati della Nato stanno mettendo le forze in allerta e stanno inviando navi e caccia in Europa dell'Est, "per rinforzare la nostra capacità di deterrenza e difesa, mentre la Russia continua ad aumentare la propria presenza militare dentro e fuori dall'Ucraina". Lo ha sottolineato la Nato in una nota.

Nato, Stoltenberg: tutto il necessario per difendere gli Alleati

"Accolgo con favore gli alleati che contribuiscono con ulteriori forze alla Nato. La Nato continuerà ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere e difendere tutti gli Alleati, anche rafforzando la parte orientale dell'Alleanza. Risponderemo sempre a qualsiasi deterioramento del nostro ambiente di sicurezza, anche rafforzando la nostra difesa collettiva", ha commentato il segretario generale Jens Stoltenberg.

In risposta "all'annessione illegale della Crimea da parte della Russia nel 2014", la Nato ha aumentato la sua presenza nella parte orientale dell'alleanza, anche con quattro gruppi tattici multinazionali in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, si legge sul sito dell'Alleanza. "Queste unità, guidate rispettivamente da Regno Unito, Canada, Germania e Stati Uniti, sono multinazionali e pronte al combattimento. La loro presenza chiarisce che un attacco a un alleato sarà considerato un attacco all'intera Alleanza".

Ma "lo spiegamento di più truppe Nato non deve essere considerato come una minaccia alla Russia, ma come una risposta proporzionata a quanto accade in Ucraina", ha aggiunto.


La risposta del Cremlino

Il Cremlino accusa la Nato di "esacerbare" le tensioni con il dispiegamento annunciato di nuove forze dell'Alleanza in Europa dell'est nel pieno della crisi sull'Ucraina. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato che Washington e la Nato stanno aumentando le tensioni attraverso "annunci isterici" e "azioni concrete", aggiungendo che il rischio di un'offensiva delle truppe ucraine contro i separatisti filo-russi nell'est del Paese è "molto alto".


Biden chiama i leader europei, anche Draghi

Il presidente americano, Joe Biden, ha indetto una video conferenza con i leader europei, nell'ambito delle consultazioni con gli alleati e i partner transatlantici sulla crisi ucraina. Tra loro la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il premier italiano Mario Draghi, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il presidente polacco Andrzej Duda ed il premier britannico Boris Johnson. Lo rende noto la Casa Bianca. Biden terrà le consultazioni dalla Situation Room, la sala operativa nei sotterranei da dove la Casa Bianca dirige tutte le operazioni militari e di sicurezza più delicate. I colloqui cominceranno alle 15 locali, le 21 in Italia.

Gentiloni: fermare l'escalation

Preoccupazione per l'escalation di tensione crescente è stata espressa dal commissario Ue agli Affari Economici, Paolo Gentiloni: "Le sfere di influenza lasciamole agli archivi del Novecento", così Gentiloni in un post su twitter: "fermare l'escalation avviata dalla Russia in Ucraina. Diplomazia, per la sicurezza in Europa"



Perché l’invasione della Russia in Ucraina sarebbe il suicidio di Putin (e infatti non accadrà)
Fulvio Scaglione
24 gennaio 2022

https://www.fanpage.it/esteri/perche-li ... n-accadra/

Sono mesi, ormai, che non si parla d’altro: la prossima invasione della Russia ai danni dell’Ucraina. Non c’è giornale anglosassone che non abbia pubblicato una cartina con le freccette a indicare le strade che saranno percorse dai reparti del Cremlino. Non c’è giornale latino che non abbia scritto un reportage strappalacrime sugli ucraini che si struggono aspettando l’invasore. Non passa giorno senza che il New York Times, che cita sempre e solo fonti anonime (comodo, eh?), non annunci che i servizi segreti Usa lo sanno per certo, la Russia attaccherà. C’è anche chi si è spinto a prevedere la data d’inizio della guerra, calcolando che con i terreni ghiacciati i carri armati si muovono meglio, e forse dimenticando che dopo i fanghi di primavera arriva l’asciutto dell’estate. Fino alle uscite davvero esilaranti, tipo quella dell’agenzia Bloomberg che, citando fonti diplomatiche cinesi (anche queste anonime, mica male) ha scritto che Xi Jinping avrebbe chiesto a Putin di fargli il favore di non invadere durante le Olimpiadi invernali di Pechino.

Vogliamo dirci, per una volta, ciò che sanno tutti ma proprio tutti? E cioè che questa storia dell’invasione russa è una grande grande bufala? Una bufala non priva di senso, ovvio. È dal 2014 che Russia e Ucraina, in un modo o nell’altro, sono in guerra. Agli americani, poi, conviene promuovere la storia dell’invasione. Intanto, raccontando al mondo che i russi voglio attaccare, demonizzano l’avversario, cosa che non va mai male. E quando sarà chiaro che l’invasione non c’è, potranno sempre dire di averla sventata con la loro ferma opposizione. Comunque vada, vincono la battaglia della propaganda. Ma sempre bufala è. E qui di seguito provo a mettere in fila tutte le assai evidenti ragioni per giudicarla tale.


Le forze

Si parla tanto delle truppe che i russi avrebbero accumulato presso il confine con l’Ucraina. Intanto, quel “presso” vuol dire circa 300 chilometri, ovvero 6-7 ore di marcia per la velocità media dei carri armati russi, non proprio una guerra lampo sotto l’occhio dei satelliti Usa. Ma non importa. I più pessimisti parlano di 100-130 mila soldati. Ma due settimane fa, Oleksy Danilov, segretario del Consiglio nazionale di sicurezza e di difesa dell’Ucraina, ha detto di non essere troppo preoccupato perché per un’invasione ci vorrebbero “quattro o cinque volte più truppe”. È chiaro che le forze armate della Russia sono molto superiori a quelle dell’Ucraina. Per restare ai soldati, più di un milione di uomini per la Russia contro 260 mila per l’Ucraina (comunque uno degli eserciti più grandi d’Europa). Ma gli ucraini combatterebbero in casa, per la patria, per difendere case e famiglie, i russi no. Inoltre, le forze armate ucraine negli ultimi anni sono state rifornite di armi da quasi tutti i molti Paesi che diffidano della Russia (gli Usa per primi, ovviamente), hanno fruito delle “lezioni” di istruttori militari inglesi e americani, e sono affiancate da una milizia territoriale forte di 130 mila uomini.


Le dimensioni

Chi parla di invasione forse non ha idea di quanto sia grande l’Ucraina. Due volte l’Italia, con 45 milioni di abitanti. Occupare un Paese di quelle dimensioni, contro forze ostili come quelle descritte sopra, è di fatto impossibile. Le lezioni subite dagli anglo-americani in Iraq e da mezzo mondo in Afghanistan sono state già dimenticate? Altro argomento: già nel 2015, un anno dopo la riannessione, il costo della Crimea per la Russia era valutato in circa 8 miliardi di dollari. Spese che sono ovviamente cresciute, da allora. Quel che pochi sanno, però, è che il Governo russo, proprio per affrontare le “spese da Crimea”, ha dovuto attingere alla quota di contributi pensionistici (6% sul 16% totale) che i datori di lavoro versano a fondi privati. Nell’onda di entusiasmo nazionalistico di allora nessuno ci fece troppo caso ma in seguito quel “prelievo”, accoppiato alla riforma delle pensioni del 2018 (si va in pensione 5 anni più tardi), ha generato un’insoddisfazione che ha mandato segnali precisi verso il Cremlino. In conclusione, la Russia, che ha un Pil più o meno pari a quello dell’Italia, non avrebbe i quattrini per permettersi di invadere e occupare (altrimenti perché invadere?) l’Ucraina. Il tutto senza nemmeno contare le spese militari e, soprattutto, i, prezzo che la Russia dovrebbe pagare per la reazione internazionale: sanzioni, difficoltà sui mercati, fuga dei capitali dal Paese che già nel 2021 ha fatto segnare la cifra record di 72 miliardi di dollari.


I russi

È assai curioso che si parli così spesso dell’invasione prossima ventura senza mai considerare il parere dei russi. Tutti i sondaggi più credibili confermano che i russi, pur convinti che la colpa sia in gran parte degli americani, la guerra non la vogliono, men che meno in quell’Ucraina che, quando va bene, considerano un Paese fratello e quando va male una dependance della Russia. Il tutto in una situazione sociale che, come dicevo sopra, è di generale insoddisfazione. Il 2021 è stato segnato da un netto aumento del costo della vita (automobili più 20%, affitti intorno a un più 30%, generi alimentari più 10%) e, se guardiamo più in prospettiva, notiamo che la popolarità di Putin è calata, il gradimento di Russia Unita, il partito “presidenziale”, è precipitato e alle ultime elezioni politiche sono state fatte acrobazie incredibili per conservargli la maggioranza assoluta. È facile immaginare che cosa succederebbe nel momento in cui cominciassero a tornare in Russia le bare dei soldati morti per invadere l’Ucraina. Sarebbe la fine politica di Vladimir Putin e dell’intero sistema di potere che intorno a lui si è consolidato.

Putin, appunto. Del leader russo si è detto e si dice di tutto. Nessuno, però, ha mai detto che sia scemo. Perché, quindi, dovrebbe lanciarsi in un’impresa di cui non si vedono i vantaggi e da cui, in sostanza, avrebbe solo da perdere? Molti rispondono: troppo razionale, le guerre scoppiano anche per una decisione sbagliata, una scelta improvvisa, addirittura un caso. Sì, nei secoli scorsi. Ma non siamo più ai tempi di Francesco Ferdinando e dell’attentato di Sarajevo che fece partire la prima guerra mondiale. Quante guerre, negli ultimi decenni, sono scoppiate per caso? E quella tra Russia e Ucraina (ovvero, Russia contro Occidente), nel cuore dell’Europa, non sarebbe una guerricciola da poco.

Tutto questo non vuol dire che non possa succedere qualcosa, o molto, di brutto. I russi hanno fatto agli americani precise richieste, per prima quella che l’Ucraina non entri mai nella Nato. Se gli Usa rifiutassero, come tutto fa pensare, la Russia potrebbe installare i suoi missili in Venezuela o a Cuba, minacciando direttamente il territorio americano. Oppure, potrebbero decidere di ripetere ciò che fece nel 2008 con la Georgia: dare una lezione senza invadere, magari bombardando qualche installazione o infrastruttura importante dell’Ucraina, contando su una blanda reazione americana. Ma intanto i colloqui proseguono, già si parla di un nuovo incontro tra Biden e Putin. Annunciare il peggio a prescindere forse fa vendere i giornali e alzare l’audience, ma non è detto che aiuti a capire la realtà.





Ucraina: il falso alibi della "provocazione" Nato per nascondere la voglia di impero di Putin
Atlantico Quotidiano
Stefano Magni
26 Gen 2022

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... -di-putin/

A quale provocazione starebbe rispondendo Putin? In Ucraina non ci sono missili Usa e l’adesione di Kiev alla Nato non è più in agenda da anni

Dovrebbero metterlo, a questo punto, come avvertenza: una crisi con la Russia può provocare gravi effetti collaterali, fra cui allucinazioni collettive. In una di queste allucinazioni, che troviamo descritte nero su bianco negli articoli di esimi giornalisti, da ultimo Toni Capuozzo (ma è in ottima e vastissima compagnia), la crisi in Ucraina viene scambiata come una crisi dei missili di Cuba alla rovescia. Secondo costoro, la Russia starebbe schierando, da novembre, circa 100 mila uomini ai confini dell’Ucraina, non per minacciare di invaderla, ma solo per reagire ad una provocazione inaccettabile. E dicono che sia come se la Nato avesse schierato i suoi missili in territorio ucraino, puntati nientemeno che al cuore della Russia, esattamente come Chrushev fece a Cuba nell’ottobre 1962, dove schierò segretamente missili balistici nucleari a raggio intermedio puntati sulle città degli Usa. Questa metafora dovrebbe servire a far “comprendere” al grande pubblico perché Putin non sia affatto un aggressore, ma sia semmai costretto a reagire, minacciando anche l’uso della forza militare, se necessario.

La metafora non calza con la realtà, a meno che non si abbiano, appunto, le traveggole. In primo luogo: dove sarebbero mai i missili della Nato, o anche solo americani, schierati in Ucraina? Quali sarebbero questi missili? Dove sono le rampe? Perché John F. Kennedy, prima di ordinare il blocco navale di Cuba, aspettò per lo meno di vedere le foto scattate da un aereo di ricognizione in cui si vedeva la presenza dei missili sovietici in territorio cubano. Ad un atto di guerra non dichiarata, Kennedy rispose con il massimo della prudenza: bloccando l’isola e negoziando. Ma in Ucraina non ci sono missili americani, né missili di alcuna altra nazione membro della Nato. A quale provocazione, di grazia, starebbe rispondendo Putin?

Anche volendo rimanere entro la metafora di Cuba, possiamo pensare che una crisi dei missili sia in preparazione. Quella del 1962 fu il culmine di un braccio di ferro durato tre anni, fra il nuovo regime comunista cubano nato dalla rivoluzione del 1959, e le due amministrazioni che si succedettero in quegli anni, quella di Eisenhower e poi quella di Kennedy. La tensione culminò con il fallito sbarco della Baia dei Porci, quando un piccolo esercito di volontari anticomunisti cubani provò a rovesciare il regime, con il tacito appoggio americano, e non vi riuscì. Il parallelo con l’Ucraina viene comodo, a chi ci vuol credere, considerando che la crisi fra Ucraina e Russia iniziò nel 2014 con la deposizione dell’ultimo presidente filo-russo di Kiev, Viktor Yanukovic, a seguito della rivoluzione del Maidan. Allora la Russia reagì portandosi via un bel pezzo di Ucraina, la Crimea. E poi alimentando una guerriglia separatista nel Donbass che è tuttora in corso.

Ma il governo ucraino non è Castro e la Crimea e il Donbass non sono la Baia dei Porci. Il regime castrista era comunista, dichiaratamente ostile agli Usa e provvide subito a requisire le proprietà statunitensi sull’isola. I governi e i presidenti che si sono succeduti in Ucraina, dopo il Maidan, non sono dichiaratamente ostili alla Russia. Non l’ultimo presidente, per lo meno: Volodymyr Zelensky è stato eletto anche nelle regioni ucraine orientali, prevalentemente russofone, sulla base di un programma che era anti-corruzione, ma anche pro-dialogo. Con gran delusione per molti ucraini, danneggiati dalla guerra del 2014, aveva infatti avviato un dialogo sul Donbass accettando tante dolorose concessioni, territoriali e non. Non è un Castro che si pone da subito nel campo sovietico, antagonista al vicino statunitense: al contrario, Zelensky ha detto da subito di non voler aderire alla Nato. E il parlamento, dominato dal suo nuovo partito, ha votato di conseguenza. E quindi, a quale provocazione, di grazia, starebbe rispondendo Putin?

Esaurita la metafora di Cuba, la schiera di commentatori corsa a giustificare la mobilitazione russa rinvanga nel passato recente e parla di “patti non rispettati” da parte degli Stati Uniti. Quali patti? Secondo i russi e chi ne segue la narrazione, sarebbero accordi presi nel 1990 fra Gorbachev e Bush (padre) in cui gli Usa avrebbero promesso di non ammettere nella Nato alcun Paese membro dell’allora Patto di Varsavia. Anche qui, però, a meno che non si soffra di allucinazioni, non si trova alcun patto simile. Nel 1990 il Patto di Varsavia c’era ancora, così come c’era ancora l’Urss. Un po’ difficile che Gorbachev avesse venduto un accordo che già implicava lo scioglimento dell’uno e dell’altra, considerando soprattutto che lui ne era a capo. Accordi furono presi, nel settembre del 1990, fra il segretario di Stato James Baker e Michail Gorbachev, in vista della riunificazione della Germania, in cui la Nato si impegnava, almeno temporaneamente, a non schierare truppe straniere nella ormai defunta DDR. Ma nulla si disse su quelli che, allora, erano membri a pieno titolo dell’alleanza guidata dal Cremlino e che ancora ospitavano truppe sovietiche sul loro suolo.

Lo scenario cambiò drasticamente dopo il 25 dicembre 1991, quando si sciolse l’Urss. Uno dei primi atti del primo presidente Eltsin fu quello di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche ex sovietiche. Riconoscendone l’indipendenza, liberava anche la loro politica estera: avevano, da allora, il diritto di aderire anche ad altre alleanze. Il Patto di Varsavia era già defunto dal luglio del 1991 e le repubbliche nate sulle ceneri dei regimi comunisti europei erano anch’essi ormai liberi di scegliere nuovi partner e alleati.

Dopo il 1991 non vi è traccia di altri accordi, scritti o verbali che fossero, che impedivano alle repubbliche ex sovietiche o ai Paesi dell’ex Patto di Varsavia di aderire alla Nato, all’Ue o a qualsiasi altra organizzazione internazionale. Impedire il loro ingresso nella coalizione occidentale era semmai una priorità dei partiti nazionalisti e post-comunisti russi, ma non della politica ufficiale russa. Né Eltsin nel 1997, sia pure con molte remore e resistenze, ha posto il veto all’inizio del percorso degli ex “satelliti” sovietici verso occidente, né Putin ha sollevato particolari obiezioni quando questi sono entrati nella Nato e nell’Ue nel 2004.

E quindi, a quale provocazione, di grazia, starebbe rispondendo Putin? Sarebbe dunque ora di considerare questi argomenti, come “i missili americani in Ucraina”, o “l’annessione dell’Ucraina alla Nato” o “i patti violati dalla Nato che si è espansa fino ai confini russi” per quello che sono: allucinazioni collettive. Che in gergo politico hanno un nome ben preciso: propaganda. A chi serve fare propaganda russa in Italia? Questa, semmai, è la domanda che giornalisti e politici dovrebbero porsi, ora che è iniziata la più grave crisi internazionale che coinvolge l’Europa. Nei partiti di destra e centrodestra, soprattutto, sarebbe anche l’ora di farsi un esame di coscienza, prima di farsi percepire nel mondo come unica destra filo-russa del mondo occidentale.




La Cina si chiede come l’America possa essere così stupida ed autolesionista
Tucker Carlson
26 gennaio 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... esionista/

Solo la Cina beneficerebbe di una guerra degli Stati Uniti contro la Russia.

Questo articolo è adattato dal commento di apertura di Tucker Carlson dell’edizione del 21 gennaio 2022 di “Tucker Carlson Tonight”.

Quando la Washington permanente ed effettiva spinge per la guerra con la Russia, chi ne beneficerebbe? Non ci poniamo mai abbastanza questa domanda. Gli Stati Uniti certamente non ne beneficeranno. Questo è ovvio per chiunque ci pensi per un secondo.

È così palesemente ovvio, infatti, che le persone che stanno spingendo per questa guerra ti denunciano immediatamente come un ‘traditore’ se lo fai notare. Loro stanno tradendo gli interessi del nostro paese, ma in qualche modo sei tu quello “sleale”. “I confini dell’Ucraina sono sacri”. “I nostri confini sono razzisti”. “Zitto, tirapiedi di Putin”.

Ma aspettate per un secondo. Perché è sleale stare dalla parte della Russia ma è leale stare dalla parte dell’Ucraina? Sono entrambi paesi stranieri a cui non importa nulla degli Stati Uniti. Un po’ strano. È tutta una rappresentazione assurda, ma alla fine è tutto quello che hanno.

Il fatto è che l’Ucraina è strategicamente irrilevante per gli Stati Uniti. Nessuna persona razionale potrebbe difendere una guerra con la Russia per l’Ucraina. Nessuno pensa che una guerra del genere renderebbe l’America più sicura, più forte o più prospera. Avete dato un’occhiata alla nostra economia di recente? Livelli pericolosi di inflazione, una forza lavoro allo sbando. Oscillazioni selvaggiamente caotiche nei mercati finanziari, nel caso non l’aveste notato.

Leggi anche – Tucker Carlson: La nostra attenzione all’Ucraina sta spingendo la Russia ad allearsi con il governo cinese

Ebbene, unirsi ad un conflitto nell’Europa dell’Est risolve tutto questo? Ma dai! Certo che No. Peggiorerebbe solo la situazione. Se i neoconservatori non verranno fermati, e presto, gli Americani saranno molto più poveri.

Allora perché lo stanno facendo? Questa è una domanda complessa. La hubris, la stupidità, il pregiudizio, il trucco psicologico dei nostri leader. Massicce campagne di lobbying da parte dei politici ucraini e degli appaltatori della difesa americana. Tutti questi fattori giocano un ruolo in tutto questo. Nessuna tragedia ha una causa sola.

Ma quello che non è affatto complicato è chi ne beneficerebbe del nostro conflitto con la Russia. La Cina ne beneficerà, punto. Il governo cinese è l’unico vincitore certo. Possiamo darvi molti esempi per illustrarvelo, ma considerate le ultime sanzioni economiche che la Casa Bianca ha proposto contro la Russia.

L’amministrazione Biden potrebbe usare qualcosa chiamata Foreign Direct Product Rule per tagliare la fornitura alla Russia di semiconduttori fatti con la tecnologia americana. Questo sarebbe, nella valutazione speranzosa del Washington Post “Potenzialmente, privare i cittadini russi di alcuni smartphone, tablet e console per videogiochi”.

Quindi privare di qualcosa i cittadini russi è un bene, ci dicono, perché i cittadini russi sono cattivi. Ok, ma quali saranno gli effetti a lungo termine su di noi? I russi avranno ancora gli smartphone. Solo che prenderanno i loro componenti da qualche altra parte, cioè dalla Cina. I cinesi hanno già promesso di aiutarli, ed hanno tutti gli incentivi per mantenere quella promessa.

In altre parole, l’amministrazione Biden riuscirà a spingere ulteriormente i nostri due principali rivali globali sempre più vicini ad un’alleanza permanente tra di loro. In che modo questo aiuterebbe l’America? Beh, non lo farà. Nel tempo, è pericoloso, e non solo militarmente.

L’unica ragione per cui il governo degli Stati Uniti può applicare sanzioni internazionali è che il dollaro americano è la valuta di riserva mondiale. Alla Russia e alla Cina questo non piace, ovviamente. Quindi diciamo che abbiano convinto le altre potenze globali che il governo degli Stati Uniti stia abusando del suo monopolio sul controllo monetario. “Se lo fanno a noi, potrebbero farlo anche a voi”, direbbero. E poi che altri paesi abbiano deciso di abbandonare il dollaro americano in favore di una nuova valuta. Questo dove ci porterebbe?

Beh, improvvisamente, gli Stati Uniti non sarebbero più in grado di gestire un’economia basata sul debito. Ci troveremmo impoveriti immediatamente e da un giorno all’altro. Nessuno a Washington ha pensato a questo? Apparentemente, No. Imporre nuove e dure sanzioni qualche mese alla volta alimenta la loro vanità morale. Li fa sentire come persone buone. Che sciocchi che sono.

Entrambi i Partiti, tra l’altro, partecipano a tutto questo. Fare lo sbruffone sulle sanzioni in televisione è molto più facile che migliorare la vita delle persone nel proprio paese. Così è quello che fanno.

Ecco il senatore repubblicano Joni Ernst dell’Iowa che vi dice che proteggere i sacri confini dell’Ucraina è molto più importante che, diciamo, salvare gli americani di Des Moines dall’overdose di droga.

JONI ERNST: “Quindi dobbiamo andare avanti ed imporre sanzioni alla Russia. Ora abbiamo bisogno di mostrare loro che facciamo sul serio e che saremo lì per l’Ucraina se dovessero invadere. Certamente, dobbiamo assicurarci che qualsiasi aiuto difensivo sia messo nelle mani degli ucraini, così come tutto l’aiuto letale che possiamo fornire in questo momento.”

Questi sono i nostri leader, totalmente ignoranti, che leggono solo il copione. Sarebbe bello sentire qualcuno della stampa, perché è il loro lavoro, chiedere l’ovvio seguito, che sarebbe: Perché esattamente, Senatrice Ernst, lei crede che sia così vitale inviare più aiuti letali all’Ucraina e che “andare avanti ed imporre” più sanzioni alla Russia? Perché? Come risponderebbe a questa domanda?

Non sapremo mai come risponderebbe, perché nessuno dei media glielo chiederà mai. I giornalisti sono il più bovino degli animali da allevamento. Se tutti quanti dicono che è una buona idea, danno per scontato che lo sia. I giornalisti la pensano così su tutto, ma specialmente sui conflitti armati.

La guerra più lunga della storia americana si è appena conclusa l’anno scorso, quando abbiamo lasciato l’Afghanistan. Il nuovo tema di consenso a Washington è: “abbiamo bisogno di un’altra guerra, ora“. E questo punto di vista è particolarmente prevalente nei notiziari televisivi. Questo fantino del Teleprompter ha cercato di spingere il nostro segretario di stato che odia la Russia ad odiarla ancora di più.

ANTONY BLINKEN: “Stiamo procedendo in entrambi i passi allo stesso tempo. Saremo pronti. In ogni caso, la scelta è il libro di Vladimir Putin.”

MARGARET BRENNAN: “Ma cosa state negoziando? Se le richieste della Russia non sono iniziali, voglio dire che il presidente Biden ha già detto che l’Ucraina non entrerà presto nella NATO, avete fatto questa offerta di reciproche esercitazioni militari, di cosa è rimasto da parlare?”

Che cosa è rimasto da dire? Troppa diplomazia, signor Segretario, e non abbastanza sangue. Questa è la sua posizione, a quanto pare.

Max Boot del Washington Post è ferventemente d’accordo con tutto questo. A questo punto bisogna che sappiate che ogni progetto nella vita di Max Boot si è tramutato in un disastro, dai suoi affari personali alla guerra in Iraq, che ha promosso all’infinito. Arrivato alla mezza età, Max Boot è inequivocabilmente un fallito. Ma sta cercando un’ultima guerra per redimersi del tutto. Sta pensando che il conflitto con la Russia, armata di armi nucleari, potrebbe essere la guerra che sta cercando.

MAX BOOT: “Dovremmo armare gli ucraini come pazzi. Dovremmo prepararci alla guerriglia. Se i russi entrano e penso che la cosa più importante che possiamo fare in questo momento è stabilire un menu di sanzioni in modo che Putin sappia esattamente cosa gli succederà se andrà oltre la linea. Perché in questo momento, con queste vaghe minacce, può essere lasciato con la sensazione, Beh, forse gli Stati Uniti e gli europei, forse noi no. non faranno davvero nulla.”

Di nuovo, bisogna chiedersi, perché è più patriottico prendere le parti di un paese piuttosto che quelle dell’altro? Non abbiamo alcun obbligo di difendere alcun paese, nessuno di questi due paesi. Nessuno dei due è americano. Nessuno dei due ha i nostri stessi interessi. Perché è sbagliato sostenere uno e non l’altro?

Ciò che è sbagliato è sostenere o l’uno o l’altro. I loro interessi non sono gli stessi dei nostri. Sono molto diversi. A Max Boot non interessa. “Armate gli ucraini, preparatevi alla guerriglia“. Solo un uomo completamente alieno dalle conseguenze della sua sete di sangue potrebbe parlare così. Ci sarà sempre un altro lavoro in qualche think tank per Max Boot o per persone come Max Boot.

Ma qual è la scusa di POLITICO? Il blog politico alla moda, il blog liberal, sta spingendo per la guerra in Ucraina da mesi ormai. Perché? Cosa ci guadagnano? Beh, vediamo.

Qualche giorno fa, POLITICO ha pubblicato questo titolo terrificante “Psaki: la Russia potrebbe in qualsiasi momento lanciare un attacco in Ucraina“. Il pezzo continua a promettere che “esperti e politici si stanno preparando ad una serie di escalation“.

Beh, questo suona spaventoso. Faremmo meglio a mandare subito altri miliardi di dispositivi militari in Ucraina. Scorrendo l’articolo, si capisce perché POLITICO sia così coinvolto. Perché la storia è “sponsorizzata dalla Lockheed Martin“. Aha! In altre parole, gli appaltatori della difesa pensano che sia giunto il momento di spendere molto di più in contratti di difesa in Ucraina. POLITICO è felice supportare la loro causa in cambio di denaro.

Al Washington Post, potreste aver visto un articolo con questo titolo: “Biden deve dimostrare che gli Stati Uniti sono pronti a sostenere militarmente l’Ucraina, se necessario“. Ora, quel pezzo è stato scritto da un uomo chiamato Michael Vickers. Chi è Michael Vickers, tra le altre cose. Michael Vickers siede nel consiglio di amministrazione dell’appaltatore di armi chiamato BAE Systems.

Questo sembrerebbe rilevante perché la guerra con la Russia sarebbe potenzialmente, in ogni caso, altamente redditizia per BAE Systems. Ma in qualche modo, il Washington Post non si è preoccupato di dirlo ai lettori. È rimasto celato.

Allora, come sembra questo dall’altra parte del mondo? Beh, i cinesi staranno guardando tutto questo con la bocca spalancata, completamente deliziati. Non possono credere alla loro buona sorte. Guardano come l’intera classe dirigente politica degli Stati Uniti corre a tutta velocità verso la direzione sbagliata. Lontano dall’Asia, che è così chiaramente il futuro, e verso il torbido passato ai margini dell’Europa Orientale. L’Ucraina. La Russia.

I cinesi si staranno chiedendo: come può questa gente essere così stupida e così autolesionista?

“Tucker Carlson Tonight” è il programma televisivo di punta della rete conservatrice americana Fox News, nemico giurato delle bugie, della superbia, dell’autocompiacimento e del pensiero unico. “Noi facciamo le domande che voi fareste – ed esigiamo delle risposte”. Tucker Carlson è fondatore e caporedattore del “The Daily Caller”, un sito di notizie politiche che ha lanciato nel 2010.




Giovanni Chiacchio

1 Perché è giusto stare con l’Ucraina? Perché l’Ucraina ha deciso di perseguire una politica estera libera da vincoli e coerente con i valori occidentali incarnati dagli Stati Uniti, la Russia no, profonda differenza.
2 L’Ucraina è strategicamente irrilevante? Proprio no, lasciarla in balia della Russia significherebbe in primis, permettere ad un attore insoddisfatto della distribuzione di potere nel sistema internazionale di ottenere una facile vittoria che lo porterebbe ad adottare una politica estera ancor più aggressiva (la Siria nel 2013 e la Germania degli anni trenta insegnano) e in secundis, annienterebbe la credibilità americana bei confronti delle nazioni dell’est Europa, che hanno subito in passato angherie da parte della Russia e temono fortemente una sua invasione, lasciare l’Ucraina a se stessa, significa perdere i nostri alleati in est Europa e mostrare ai nuovi partner nel Pacifico che l’America è un interlocutore inaffidabile (vedesi la reazione indiana dopo il ritiro dall’Afghanistan)
3 Non so cosa i neoconservatori (ormai tirati in ballo ogni tre per due) ci azzecchino con l’amministrazione Biden, ma tant’è.
4 Chi andrebbe avrebbe da perdere in questo conflitto non sono gli Stati Uniti, bensì la Russia. L’economia di Mosca è (per gentile concessione della gestione economica e della politica estera di Putin), a pezzi, così come la loro demografia. Laddove la Russia invadesse l’Ucraina, si infilerebbe probabilmente in un disastro (non entro nel merito).
5 La partnership tra Russia e Cina (e anche quella tra Russia e Iran), è piuttosto problematica e contraddittoria, ma ben solida e va avanti dagli anni novanta, nei quali si è rivelata fondamentale per mantenere il complesso militare industriale russo, dare a Putin quello che vuole in Europa, non la smonterà, ne tantomeno eliminerà le altre ragioni di conflitto (politica russa in Africa e MENA).
6 La partnership Cina Russia, sta allontanando Mosca dai suoi partner nel sud est asiatico ,Vietnam e India, cosa che sta portando queste due nazioni in ascesa (a differenza della declinante Russia) nell’area prioritaria per la politica estera americana, a riavvicinarsi agli Stati Uniti. Questo sta aprendo nuove opportunità al commercio americano, alla vendita delle armi USA e alla politica estera di Washington (si vedano i dati sul commercio con l’India). Inoltre, laddove la Russia dovesse trovarsi a “mettere tutte le uova nel paniere cinese”, la Cina si ritroverebbe ad avere un tale peso sull’economia russa da allontanarla ulteriormente dai suoi partner asiatici e da generare probabilmente un forte malcontento tra la popolazione russa, esacerbando le tensioni latenti tra le due nazioni
7 la Russia è stata indicata come “potenza revisionista” nella NSS del 2017 firmata da Donald Trump, forse a Carlson è sfuggito che il mandato del suo presidente preferito è stato proprio quello in cui le relazioni sono peggiorate maggiormente, tanto da definire ormai la Russia una potenza ostile in un documento come l’NSS. Un presentatore che si dice un repubblicano vorrebbe lasciare i nostri alleati senza protezione. Davvero siamo caduti in basso.



Perché non condivido quelle che Tucker Carlson dice sulla Russia.
Le Opinioni dei lettori del Blog.
30 gennaio 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... la-russia/

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo che ci è arrivato dal lettore Giovanni Chiacchio, che ci teneva a far sapere di non vederla allo stesso modo del conduttore di Fox News Tucker Carlson sulla questione Russia-Ucraina.

0)
Recentemente, il popolare personaggio televisivo Tucker Carlson, già noto per aver esaltato il Primo Ministro ungherese Viktor Orban definendo ridicole le accuse di autoritarismo ai suoi danni, a dispetto dei rapporti di Freedom House sulla progressiva deriva autoritaria del paese e delle numerose leggi che hanno minato la capacità delle istituzioni indipendenti di limitare i poteri del governo, si è prodigato in un discorso nel quale si è duramente scagliato contro la politica estera americana nei confronti della Russia, denunziando improbabili influssi neoconservatori sull’Amministrazione Biden e sostenendo che l’unico attore ad uscire vincitore da tale confronto sia la Cina. Oggi colui che scrive cercherà di smontare questo paradossale ragionamento.

1)
In primis, Tucker Carlson si domanda perché sarebbe scorretto schierarsi al fianco della Russia e leale allearsi con l’Ucraina, data l’irrilevanza strategica dell’Ucraina per gli Stati Uniti. Plausibilmente, prendere posizione a favore dell’Ucraina, poiché il paese ha chiaramente deciso a seguito di una rivoluzione spontanea provocata da profonde ragioni economiche e sociali, di perseguire una politica estera indipendente ed in linea con i valori di emancipazione e democrazia portati avanti dagli Stati Uniti, senza che ciò determinasse alcuna intimazione nei confronti della Federazione Russa, avendo dichiarato il Primo Ministro ucraino Yatsenuk di non avere intenzione di entrare nella NATO. Ma questo non è bastato alla Federazione Russa, che ha occupato illegittimamente il territorio della Crimea e parte del Donbass, profanando la sovranità nazionale Ucraina, nonché il Memorandum di Budapest del 1994, firmato dalla Russia stessa. Lasciare l’Ucraina a se stessa, in balia della Russia, significa perdere ulteriore credibilità dopo il disastro afghano, vuol dire mostrare agli alleati NATO in Europa Orientale e ai nuovi partner nell’Indo Pacifico (fondamentali nel contenimento della Cina) che gli Stati Uniti sono un interlocutore inattendibile. Consentire ad un attore scontento della distribuzione di potere nel sistema internazionale di poter perseguire senza opposizione una politica estera espansionistica, storicamente ha sempre generato più problemi che soluzioni: probabilmente la lezione data dalla Germania negli anni ‘30 del secolo scorso non è stata compresa. La Russia, risulta inoltre uno dei principali partner marziali dell’Iran, principale avversario di Washington in Medio Oriente.

2)
Tuttavia, la cosa più bizzarra, è che la Russia sia stata definita una minaccia agli interessi americani non da improbabili neoconservatori, decisamente non presenti nell’amministrazione Biden (non risulta che questa corrente sia decisiva nel determinare la politica estera di questa Presidenza), ma dallo stesso Donald J. Trump. La National Security Strategy del 2017, definisce la Russia una potenza “revisionista” e la accusa nello specifico di: primo, definire una propria sfera d’influenza invalicabile nello Spazio post-sovietico, come dimostrato dal mancato riconoscimento di fatto della sovranità di Ucraina e Georgia; secondo, il ricorso a pratiche sediziose per indebolire la credibilità dell’impegno americano nel mondo, minare l’unità euro-atlantica ed indebolire i governi e le istituzioni del continente europeo; terzo, la proiezione d’influenza in Europa e in Asia Centrale attraverso la leva dell’energia ed il controllo delle infrastrutture strategiche. L’Amministrazione Trump ha visto un rafforzamento delle sanzioni alla Federazione Russa attraverso il CAATSA Act nonché un forte impiego dell’hard power americano nei confronti del regime siriano di Bashar al Assad e verso l’Iran, paesi, a livello strategico, legati a doppio filo alla Federazione Russa. L’Amministrazione Trump ha imposto sanzioni anche sul progetto del gasdotto North Stream 2.

In ultima analisi, nel 2017 Donald Trump ha posto fine alla politica di assistenza militare di Obama all’Ucraina limitata alla fornitura di equipaggiamento non letale, autorizzando la fornitura di equipaggiamento letale, tra cui i sistemi missilistici Javelin. In una chiara operazione volta ad aumentare il costo di un’eventuale invasione russa dell’Ucraina, così da distogliere Mosca da intenti ostili. Viene quindi da chiedersi, quali siano stati gli affari così importanti che hanno attirato a tal punto l’attenzione del signor Tucker Carlson da non fargli notare che il suo presidente preferito abbia contrastato la politica estera russa in maniera più attiva rispetto al suo predecessore.

3)
In secondo luogo, l’idea di lasciare alla Russia mano libera in Ucraina confidando in una improbabile fine della partnership di Mosca con Iran e Cina è decisamente fallace. La partnership tra le due nazioni è segnata da divergenze, controversie e obbiettivi differenti, ma è longeva e ben solida e dunque difficilmente potrebbe rompersi. Tale partnership va infatti avanti sin dagli anni Novanta ed è stata basilare per mantenere il complesso militare industriale russo nel Post Guerra Fredda. La Cina è tra i maggiori acquirenti di armi russe, nonché uno dei principali partner commerciali di Mosca. Fare concessioni alla Russia dopo le violazioni alla sovranità ucraina nel 2014 non comporterà un’interruzione di tale partnership, ne tantomeno eliminerebbe le altre ragioni di conflitto tra la Russia e l’Occidente. La Federazione Russa sta infatti perseguendo attivamente una politica estera aggressiva nel continente africano attraverso il ben noto gruppo “Wagner”, che si sta distinguendo per violazioni dei diritti umani e furto delle risorse locali. Come se non bastasse, lasciare alla Russia mano libera in Est Europa non eliminerebbe neanche le ragioni di conflitto con l’Ucraina, le quali hanno ormai raggiunto una dimensione che va al di là delle semplici dispute territoriali. Abbandonata dall’Occidente, l’Ucraina potrebbe rivolgersi ad altri interlocutori meno interessati alla stabilità dell’area per rafforzare le proprie forze armate, le tensioni tra i due stati rimarrebbero altissime e potrebbero sfociare in un nuovo sanguinoso conflitto (come avvenuto nel Nagorno-Karabakh).

4)
In terzis, il signor Tucker Carlson appare molto sicuro nell’affermare che un eventuale conflitto in Ucraina, finirebbe per coinvolgere anche gli Stati Uniti. Tuttavia, ciò è in contrasto con quanto affermato dall’Amministrazione Biden, che ha più volte escluso un coinvolgimento militare di Washington nell’area. Un’eventuale invasione russa dell’Ucraina, non comporterebbe dunque un intervento militare americano, ma avrebbe invece effetti disastrosi proprio sulla Federazione Russa. L’economia di Mosca è stata infatti fortemente colpita dalle sanzioni occidentali imposte a partire dal 2014 e la situazione demografica del paese è in costantemente peggioramento. L’Europa rimane il principale partner commerciale di Mosca nonché il principale mercato per il gas ed il petrolio russo. L’export di gas e petrolio rappresenta ormai il 39% del bilancio russo. Laddove Mosca invadesse l’Ucraina, le conseguenti sanzioni imposte da Europa e Stati Uniti potrebbero quindi colpire una parte assolutamente fondamentale del bilancio statale russo, indebolendo ulteriormente la già disastrata economia di Mosca. La Russia, indebolita da questi tre importanti fattori, dovrebbe occupare militarmente un paese dall’enorme estensione geografica come l’Ucraina affrontandone poi la conseguente insurrezione e gestendone il territorio. È opportuno ricordare che la Federazione Russa sta sopportando un enorme peso economico per mantenere il controllo della Crimea. Conservare il potere nell’intero territorio ucraino, sarebbe enormemente più costoso e comporterebbe anche l’obbligo di affrontare la conseguente insurrezione attuata dalla popolazione ucraina.

In sostanza, laddove Mosca decidesse effettivamente di invadere l’Ucraina, gli Stati Uniti non avrebbero neanche bisogno di intervenire militarmente. Mosca si ritroverebbe a dover affrontare ulteriori sanzioni che aggraverebbero ulteriormente la sua situazione economico-demografica, per poi procedere all’occupazione di un paese dall’enorme gestione geografica, sopportando abnormi spese per gestire il territorio e affrontando un’insurrezione potenzialmente vastissima della popolazione.

5)
In ultima analisi, il ravvicinamento tra Russia e Cina ha provocato un allontanamento (seppur parziale) tra Mosca e i suoi partner nell’Indo Pacifico, nello specifico Vietnam e India, aprendo così nuove opportunità alla politica estera americana nell’area. Le vendite di armamenti russi verso l’India hanno subito un forte declino negli ultimi anni mentre gli Stati Uniti hanno guadagnato una notevole influenza nel subcontinente. L’India è entrata a far parte del nuovo QUAD nel 2017 e gli Stati Uniti sono recentemente divenuti il primo partner commerciale di Nuova Dehli superando la Cina, cosa che ha rappresentato la prima vittoria commerciale americana nei confronti della Cina dopo anni di sconfitte. In sostanza, l’avvicinamento tra Mosca (una potenza declinante a livello economico e demografico) e Pechino, non ha comportato danni agli interessi nazionali americani, ma ha invece aperto nuove opportunità agli Stati Uniti nell’area maggiormente prioritaria per la loro propria politica estera.

6)
In conclusione: perdere la propria credibilità lasciando mano libera ad un attore aggressivo e declinante come la Russia senza che ciò comporti alcun concreto vantaggio, rappresenta una strategia priva di senso che potrebbe potenzialmente compromettere la stabilità dell’alleanza tra Stati Uniti ed Europa e i recenti guadagni ottenuti nell’Indo Pacifico, impattando negativamente sugli interessi nazionali americani. Viceversa, una buona linea da adottare nei confronti di Cina e Russia è stata espressa dai superbi analisti della Heritage Foundation. Gli Hitler, gli Stalin e tutti gli aspiranti despoti e tiranni del ventunesimo secolo, non aspettano altro che l’America faccia un passo indietro lasciandogli mano libera. Personaggi come Tucker Carlson, potrebbero rendere possibile questo terrificante futuro.
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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:35 pm

Se la diplomazia fallisce, l'Occidente non può restare neutrale tra Kiev e Mosca
Atlantico Quotidiano
Roberto Penna
28 gennaio 2022

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... v-e-mosca/


Il confronto fra l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti, e la Russia circa il presente e soprattutto il futuro dell’Ucraina, è stato finora un braccio di ferro più psicologico che altro. Tuttavia, nelle ultime settimane questa querelle internazionale ha via via assunto contorni sempre più inquietanti, sino a far prefigurare un conflitto armato vero e proprio. I russi hanno già schierato da tempo delle loro truppe al confine con l’Ucraina, ma ora stanno giungendo a Kiev aiuti militari da parte americana e la normalmente disimpegnata Germania invierà un ospedale da campo, pur rifiutandosi di spedire armi: 8.500 militari Usa sono in stato d’allerta e la Nato sta pensando a spostamenti di aerei e navi. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres si dice sicuro sul fatto che non vi sarà alcuna invasione russa dell’Ucraina, ma non tutti condividono l’ottimismo dei vertici Onu.

È chiaro come tutto, sia l’eventuale recrudescenza della tensione che una ipotetica soluzione diplomatica, sia nelle mani di Vladimir Putin. Se le truppe di Mosca rimangono dove sono o ancora meglio, fanno un passetto indietro, una guerra, per così dire, guerreggiata è sostanzialmente da escludere, ma se esse dovessero varcare il confine russo-ucraino, allora potrebbe capitare di tutto, incluse le opzioni meno desiderabili. Si spera che il punto di non ritorno di una guerra vera e propria non venga raggiunto. L’ultima cosa di cui il mondo, in particolare l’Europa, ha bisogno, dopo due anni di pandemia e di impoverimento generale, è uno scontro armato dalle conseguenze imprevedibili.

Osservando il tutto in buonafede, anche se questo sentimento è merce sempre più rara, si può intravedere un possibile compromesso capace di non mortificare la dignità di nessuno. Alcuni in Occidente si sono lasciati andare ad una adorazione alquanto inopportuna nei confronti di Vladimir Putin, il cui autoritarismo non è un modello invidiabile, ma, senza appunto elevarlo ad esempio ed evitando anche di percepirlo come un amico sincero, si può però cercare di scongiurare, attraverso un negoziato, lo scontro totale con il presidente russo. Il quale, se confrontato con le insidie di cui la Cina è portatrice, costituisce il male minore per l’Occidente. A proposito di Cina, occorre anche fare il possibile affinché Mosca e Pechino non saldino eccessivamente i loro rispettivi interessi anti-occidentali in un abbraccio per noi mortale.

Si potrebbe ipotizzare, per esempio, un processo politico che porti le province ucraine di Doneck e Lugansk, popolate in maggioranza da russofoni, a pronunciarsi mediante referendum sotto la supervisione internazionale riguardo la loro appartenenza all’Ucraina, secondo il principio di autodeterminazione. In cambio, Putin dovrebbe innanzitutto impegnarsi alla de-escalation nell’area e a rispettare l’esito del voto, nonché a permettere all’Ucraina di programmare il proprio futuro e le proprie alleanze in serenità e senza minacce, inclusa una eventuale adesione all’Alleanza Atlantica. Purtroppo, le cose non sono mai troppo semplici e gli obiettivi di fondo non coincidono sempre con quelli dichiarati.

La smania neo-imperialista di Vladimir Putin, già esibita più volte nel recente passato, riuscirà a non andare oltre al livello di guardia? Il Cremlino ha preteso in questi giorni il ritiro delle truppe Nato da Romania e Bulgaria, due Paesi che sono membri dell’Alleanza da diversi anni ormai, e ciò non fa ben sperare circa la ragionevolezza russa. Non bisogna smettere di confidare in un successo della diplomazia, ma se la Russia dovesse puntare irrimediabilmente ad un conflitto e non fosse interessata a scendere a patti, l’Occidente non potrebbe rimanere neutrale mentre si concretizza una invasione del tutto illegittima di uno Stato sovrano.



Rebus Ucraina: le ragioni di Putin e l'approccio realista di Biden (con un occhio a Pechino)
Atlantico Quotidiano
Michele Marsonet
28 gennaio 2022

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... a-pechino/

Mentre ancora non si capisce se la temuta invasione russa dell’Ucraina costituisca una minaccia reale, oppure se si debba interpretare come una montatura di alcuni servizi segreti ostili a Mosca, la tensione ai confini sta crescendo. E si abbina ad ulteriori elementi di tensione presenti in Bielorussia, Kazakistan e altre ex repubbliche della defunta Unione Sovietica.

Il caso ucraino, tuttavia, è il più complicato per parecchi motivi. Innanzitutto perché è uno Stato importante che i russi, da sempre, considerano parte integrante della loro stessa storia, a partire dalla medievale Rus’ di Kiev. Poi perché in Ucraina esistono sentimenti anti-russi assai forti, soprattutto nella parte occidentale del Paese. Ma sappiamo pure che vi sono sentimenti filo-russi altrettanto forti nell’importante area del Donbass, in cui sono sorte repubbliche autonome e vicine a Mosca.

Non si può inoltre trascurare il fatto che, ai tempi dell’Urss, l’Ucraina era strategica anche economicamente e da essa provenivano parecchi leader sovietici di primo piano. Si pensi per esempio a Lazar Kaganovic, a Nikita Kruscev (il più noto), a Nikolaj Podgornyj. Di origini ucraine era pure la moglie di Gorbaciov, Raisa. Si tratta insomma di un territorio che Putin – e i russi in genere – stentano a considerare come “straniero”.

Quando l’Urss implose, a quanto pare, l’amministrazione Usa fornì a Mosca informali rassicurazioni che l’Occidente non avrebbe cercato di espandersi nelle ex Repubbliche sovietiche. Promesse però disattese per l’aperta ostilità di parte del deep state americano, con il Pentagono in testa. L’unico ministero Usa ad appoggiare tale linea è il Dipartimento di Stato (anche se non in modo continuativo). All’apparato militare americano fa tutto sommato comodo perpetuare un clima di Guerra Fredda, pur essendo chiaro a tutti che, ai nostri giorni, la Repubblica Popolare Cinese pone sfide ben più serie di quelle della Federazione Russa.

Chi scrive ritiene che Vladimir Putin abbia delle buone ragioni per non permettere che altri territori dell’ex Urss assumano atteggiamenti apertamente ostili a Mosca. Il leader russo semplicemente non desidera che la Russia, superpotenza militare e tuttora dotata di un arsenale nucleare in grado di competere con quello americano, venga ridotta al rango di semplice potenza regionale (come la Turchia, per esempio). Non vuole altresì ai suoi confini nazioni ostili in grado di minacciarla direttamente o per interposta persona.

Se ne sono accorti soprattutto i tedeschi, per vari motivi poco disposti ad assumere un atteggiamento troppo favorevole all’Ucraina. Il vice-ammiraglio Kay-Achim Schobach, capo della Marina di Berlino, ha dovuto addirittura dimettersi per aver detto che “Putin merita rispetto” e che la Russia è utile in funzione anti-cinese. Ma i dubbi serpeggiano anche nella Nato e nella Ue, tant’è vero che la Croazia ha deciso di non impegnare le proprie truppe nel caso il conflitto tra Russia e Ucraina dovesse davvero esplodere.

Naturalmente si sa che numerose nazioni dell’area temono i russi per ragioni storiche, anche perché la loro potenza militare è rimasta pressoché intatta dopo la fine dell’era sovietica. Il problema si può tuttavia risolvere con accordi bilaterali, mediante i quali Mosca s’impegna a rispettare la loro indipendenza se esse non aderiscono ad alleanze militari che la Federazione percepisce come ostili. Non v’è nulla di strano in tutto questo, si tratta solo di praticare un sano realismo da parte di tutti gli attori in causa.

Alcuni segnali indicano che Joe Biden è favorevole a un approccio di questo tipo, ma anche lui – come molti suoi predecessori – deve fare i conti con un apparato militare e diplomatico che vede Mosca quale principale avversario dell’Occidente. È auspicabile che la sua notevole esperienza internazionale lo conduca lontano dai venti di guerra, consigliandogli di mantenere con la Russia rapporti utili anche in vista della crescente tensione Usa-Cina.



Putin promette all'Italia forniture di gas ad un prezzo inferiore a quello di mercato: questo è il risultato del summit tra grandi aziende italiane e il Presidente russo.
Movimento Nazionale - La Rete dei Patrioti
28 gennaio 2022

https://www.facebook.com/groups/1059950 ... 5614966945

Putin promette all'Italia forniture di gas ad un prezzo inferiore a quello di mercato: questo è il risultato del summit tra grandi aziende italiane e il Presidente russo.
Prontamente, dopo quelle di palazzo Chigi, sono arrivate le invettive dell'Unione Europea contro l'iniziativa.
I nostri interessi e quelli di tutta l'Europa risiedono in una politica aperta alla Russia, bisogna cogliere i ripetuti segni di apertura di Putin e stemperare le attuali tensioni.

Gino Quarelo
Meglio con l'Europa che con la Russia di Putin che sta sempre dalla parte del male: Corea, Cina, Iran, Venezuela, ... e contro gli USA.





Il mondo militare tedesco è filorusso? La strana posizione di Berlino
Autore Francesca Salvatore
28 Gennaio 2022

https://it.insideover.com/guerra/il-mon ... rlino.html

Alla vigilia della drôle de guerre ai confini dell’Europa, la strana posizione della Germania nei confronti della Russia continua a suscitare imbarazzi e malumori. Se fino ad ora Berlino poteva essere accusata di eventuale cerchiobottismo tra vocazione europeista e il controverso gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2, adesso sono le alte sfere militari a porre la Germania in una situazione scomoda.


La vicenda

Nella serata dello scorso 22 gennaio il viceammiraglio Kay-Achim Schönbach si è dimesso con effetto immediato: lui, che aveva tra l’altro descritto come sciocca l’idea che la Russia volesse invadere l’Ucraina, durante un convegno a Nuova Delhi, nel corso di uno scambio di opinioni organizzato da un think tank, ha sostenuto che “l’Ucraina non riuscirà mai a recuperare la Crimea” e che “va dato il rispetto che merita” al presidente russo Vladimir Putin. Come se non bastasse, Schönbach si è definito un “radicale cristiano” e ha sottolineato le comuni radici religiose tra Germania e Russia, con cui bisognerebbe cooperare in funzione anti-Pechino. Un filmato che ha immortalato le delicate dichiarazioni è poi finito su Twitter e ha iniziato a viaggiare nella rete, destando clamore in patria. Così, dopo le feroci proteste di Kiev e dopo un colloquio tra lo stesso Schönbach e l’Ispettore generale della Bundeswehr, la massima carica militare che coordina le Forze armate e l’intelligence, le dimissioni sono state formalizzate per “evitare ulteriori danni”.


Le incongruenze degli ultimi giorni

A guardarla da fuori, la vicenda di Schönbach potrebbe essere ascritta ad uno dei tanti scivoloni a cui gli uomini pubblici ci hanno abituati nell’era del villaggio globale: tuttavia, tradisce un sentimento che invece è molto diffuso presso le alte sfere tedesche, forze armate comprese, oltre che presso gli apparati di governo costretti tra ragion di Stato e opportunismo. Solo pochi giorni fa la ministra degli Affari Esteri della Germania, Annalena Baerbock, aveva affermato che il gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2 non sarebbe ancora “pienamente conforme” alla normativa dell’Unione Europea, avvertendo Mosca che Berlino avrebbe adottato “misure appropriate” in caso di escalation in Ucraina. Baerbock ha intimato alla Federazione Russa di interrompere l’atteggiamento provocatorio nei confronti dell’Ucraina, dichiarando che il Paese, insieme ai partner europei, è “pronto ad adottare appropriate misure congiunte” in risposta di un’escalation.

E poi, ancora, a disegnare quasi una giostra schizofrenica, il rifiuto della Germania di unirsi ad altri membri della NATO nella fornitura di armi all’Ucraina. La questione è emersa durante il fine settimana scorso, a seguito di un rapporto secondo cui Berlino era arrivata al punto di impedire all’Estonia di fornire vecchi obici tedeschi a Kiev per difendersi dalle truppe russe che si ammassavano vicino al confine ucraino. “La posizione della Germania sulle forniture di armi non corrisponde al livello delle nostre relazioni e all’attuale situazione della sicurezza”, ha affermato su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Parlando con i giornalisti lunedì a Berlino, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha negato che fosse stata presa una decisione sugli obici e ha insistito sul fatto che il suo Paese si schiera con i suoi alleati della NATO e dell’Unione Europea nell’opporsi a qualsiasi incursione russa in Ucraina. “Se si verificherà questa situazione, agiremo insieme”, ha detto ai giornalisti. “Ci sarebbe un prezzo elevato. Tuttavia, mentre la Germania continuerebbe a fornire aiuto all’Ucraina, ci sarebbe un’eccezione: non forniremo armi letali”.

Socialdemocratici, Verdi e i fantasmi del passato

Al di là degli interessi pragmatici sul gas e simili, emerge come, di fronte ad una escalation militare, la Germania si confronta sempre con i suoi fantasmi: “l’eredità della militarizzazione della Germania in Europa durante le due guerre mondiali ha portato molti leader tedeschi a considerare qualsiasi risposta militare come l’ultima risorsa”, sostiene Rachel Ellehuus, vicedirettore del programma Europa, Russia ed Eurasia presso il Center for Strategic and International Studies. E mentre in passato la Germania ha sottolineato la sua posizione restrittiva sulle esportazioni di armi verso le zone di conflitto, gli analisti affermano che la regola non è stata applicata in modo coerente: ci sono sempre stati casi limite, come ad esempio la guerra del Kosovo o il sostegno ai curdi contro l’ISIS in Siria.

Al momento, dunque, il Paese sembra incastrato tra i socialdemocratici di Scholz, intrisi dell’eredità di Willy Brandt e i Verdi, radicati in una tradizione di pacifismo anti-russo: tuttavia, la ministra Baerbock sta assumendo toni sempre più pragmatici. In occasione del suo incontro negli Stati Uniti con Anthony Blinken ha più volte ripetuto che la Germania è a favore del dialogo e si concepisce come strumento dell’Occidente per rapportarsi con Mosca: molto più Merkel che Verdi di ferro.

Il partito di Scholz

Nel frattempo, i principali media tedeschi da giorni promuovono in modo aggressivo il contrasto con la Russia. Mentre Scholz e Baerbock hanno finora ufficialmente escluso la consegna di armi tedesche all’Ucraina, altri rappresentanti dei partiti di governo chiedono proprio questo. “La consegna di armi difensive potrebbe essere un modo per sostenere l’Ucraina”, ha affermato Marie-Agnes Strack-Zimmermann (Liberi Democratici, FDP), presidente della commissione parlamentare di difesa, in un’intervista a t-online.de. In un’intervista al Tagesspiegel, l’ex ministro degli Esteri Sigmar Gabriel (SPD) ha adottato un tono simile e ha chiesto una risposta più aggressiva del governo federale e dell’Unione europea contro la Russia. Il partito di Scholz, inoltre, partner senior della coalizione, ha una potente sinistra che sostiene legami più stretti con Mosca e il suo leader parlamentare, Rolf Mützenich, ha sostenuto un nuovo “ordine di pace europeo inclusa la Russia”. Anche i luminari moderati dell’SPD sono riluttanti a perseguire una dura politica anti-russa, appellandosi alla distensione e il dialogo.

Nemmeno gli appelli alla mediazione rigorosa, però, riescono a sedare la furia ucraina. Kiev ritiene che le osservazioni dell’ammiraglio Schönbach riflettano il pensiero di una larga fetta dell’establishment tedesco e adesso chiede a Berlino di cambiare alla svelta la sua posizione sul conflitto.



KIEV VAL BENE UNA MESSA
Niram Ferretti
29 gennaio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Gli ameriKani, questi ameriKani! Stanno minacciando Putin. Lui vuole solo ricreare il perimetro dell'ex impero russo, e dopotutto l'Ucraina non dovrebbe ribellarsi, ne faceva parte (perchè non estendere il perimetro anche a metà della Svezia? e la Moldavia?, e la Bessarabia?, la Polonia?).
Putin si sente minacciato a Est. La NATO, lo minaccia. Non è pensabile che uno Stato che ha rivendicato la propria indipendenza nel 1917, voglia potere essere garantito dall'assetto occidentale anche se non ha oggi i requisiti per poterlo fare. E poi siamo seri, sul 77,5% di popolazione Ucraina il 17, 2% è russo. Giustamente Putin pensa a loro come Hitler era accorato per la maggioranza tedesca presente nei Sudeti, solo che nei Sudeti erano appunto la maggioranza. Gli venne ceduta da un Europa connivente e poi andò come andò, ma pazienza.
Sì però l'Europa dipende per il 40% dal gas russo. Ah ecco, certo.
Torna in mente, come il motivetto di un carillon, la musica che suonavano gli Stati allora appartenenti alla CEE, quando, nel 1973, subito dopo la Guerra di Yom Kippur, produssero una dichiarazione congiunta nella quale si chiedeva a Israele di lasciare unilateralmente i territori conquistati nel 1967. E perchè lo fecero? Tout de suite. Anche in quel caso si trattava di approvvigionamento, non riguardo al gas ma al petrolio, perché gli arabi erano stati perentori, "O fate questa dichiarazione o vi chiudiamo i rubinetti".
Allora la svendita di Israele da parte europea fu la contropartita da pagare, perché tutti teniamo famiglia e soprattutto si hanno interessi da salvaguardare, e come disse Georges Pompidou a Henry Kissinger, "Voi vi basate sugli arabi per un decimo del vostro fabbisogno. Noi dipendiamo da loro interamente".
Dunque svendere l'Ucraina a Putin per garantirsi il gas russo che gli ameriKani vorrebbero boicottare, dopotutto è uno scambio equo.
Ma per favore non mi si venga a dire che indignarsi per quello che la CEE fece allora riguardo a Israele, ha un valore diverso rispetto al teniamo famigghia europeo in merito alle istanze dell'Ucraina, perché un pizzico di dignità bisognerebbe riuscire a conservarla, se si è in grado di poterlo fare.



Tucker Carlson: I media pensano che noi, ed il presidente dell’Ucraina, siamo agenti della Russia
Tucker Carlson reagisce alle critiche dei media mainstream nei confronti di coloro che non sostengono la guerra alla Russia.
Questo articolo è adattato dal commento di apertura di Tucker Carlson dell’edizione del 28 Gennaio 2022 di “Tucker Carlson Tonight”.
31 gennaio 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... la-russia/

Se avete seguito le notizie di recente, saprete che Vladimir Putin è a pochi attimi dall’invadere il nostro vecchio alleato, il nostro amico più vicino sulla scena mondiale, che sarebbe la nazione sovrana dell’Ucraina. In risposta a questa notizia, gli amanti della democrazia in ogni dove sono inorriditi. Questo è un disastro in slow-motion. In effetti, è la prima tessera del domino.

Prima, i russi vengono per l’Ucraina. Dopo, sarà per Bangor, Boise, Bakersfield. Quello che Vladimir Putin progetta dopo farà sembrare il film Alba Rossa solo un documentario. Così, naturalmente, i difensori della democrazia in ogni dove sono inorriditi davanti a tutto questo, e sono pronti a combattere. Ora, la NATO, il cui compito sembra essere quello di contenere la Russia, non si è ancora impegnata a difendere l’Ucraina per qualche motivo. Ma gli americani più patriottici non stanno aspettando certo la NATO. Non è il loro modo di fare. Secondo un pezzo di BuzzFeed, i cittadini americani si stanno unendo alla lotta da soli. È la loro guerra civile spagnola. Stanno pagando il proprio viaggio in Ucraina per difendere il nobile popolo ucraino contro le vili orde russe dalla steppa glaciale.

Ma stranamente, e questo è strano, non abbiamo conferma che David Frum, Max Boot e Liz Cheney siano già partiti per Kiev: forse stanno ancora oliando i loro fucili e raccogliendo il loro equipaggiamento, o forse hanno deciso di presidiare le transenne dei notiziari via cavo. Solo perché sono tecnicamente dietro le nostre linee non rende il loro servizio meno pericoloso od importante, e un giorno riceveranno tutti una medaglia per i sacrifici che stanno facendo negli studi della CNN a New York City. E abbiamo intenzione di coprire la cerimonia in diretta.

BIDEN INVIA TRUPPE NELL’EUROPA DELL’EST MENTRE I DISORDINI IN UCRAINA SI INTENSIFICANO

Ma nel frattempo, Joe Biden sembra il più preoccupato di tutti. Joe Biden è così in preda al panico per quello che sta per accadere all’Ucraina che fa sembrare Bill Kristol una persona sobria e moderata. E questo non è davvero sorprendente, perché Joe Biden è il presidente degli Stati Uniti. Ha accesso a tutte le ultime informazioni. Gli vengono consegnate quotidianamente dalla divisione armi di distruzione di massa della CIA.

Quei ragazzi se ne occupano.

Questa settimana, Joe Biden è diventato così preoccupato dopo aver letto ciò che la CIA gli ha consegnato, così preoccupato per ciò che sta per accadere all’Ucraina, che ha chiamato il presidente dell’Ucraina per avvertirlo del suo destino. E poi qualcuno nella comunità dell’intelligence ha fatto trapelare la trascrizione di quella chiamata alla CNN, e non è la prima volta.

JAKE TAPPER: “Abbiamo una notizia dell’ultima ora per voi e per il nostro leader mondiale, un alto funzionario ucraino dice alla CNN che la telefonata di oggi tra il presidente Biden e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky citazione “non è andata bene“. La nostra fonte dice alla CNN che i due non erano d’accordo sull’immediatezza della minaccia di un attacco russo all’Ucraina. La Casa Bianca ed il Pentagono sono stati enfatici sul fatto che credono che un attacco potrebbe essere imminente. Dovremmo notare che la Casa Bianca ha appena rilasciato il proprio resoconto di quella chiamata, e non c’era alcuna menzione degli avvertimenti del presidente Biden o dei disaccordi dei due presidenti.”

Woah. In primo luogo, dovremmo notare come la CNN sia perfettamente in grado di prendere gli appelli pieni di propaganda dagli agenti del governo ucraino, ma che non si possa parlare con la Russia perché questo è “tradimento”. Ma ecco il titolo: Sembra che ci sia squarciato il velo di maya tra i due leader più vicini al mondo – fratelli, in realtà. E questo suggerisce che ci potrebbe essere una rottura di quel legame indissolubile, forgiato nel corso dei secoli, tra l’Ucraina e gli Stati Uniti. Questo è da Natasha Bertrand della CNN. Ha fatto questa segnalazione: “Per un alto funzionario ucraino… Biden ha detto al presidente Zelensky che un’invasione russa dell’Ucraina è ormai praticamente certa e che Kiev potrebbe essere saccheggiata. Prepararsi all’impatto. Biden ha riferito che il presidente Zelensky non era d’accordo e, come ho riportato, gli ha chiesto di attenuare la retorica“.

Cosa? Joe Biden è più preoccupato della Russia del presidente dell’Ucraina? Sembra di sì. Perché non molto tempo dopo questa segnalazione, la CNN ha detto che Natasha Bertrand ha cancellato quel tweet. Oh, e poi un’ora dopo, Jim Sciutto della CNN ha contraddetto la precedente segnalazione della CNN. Ha twittato questa dichiarazione della Casa Bianca, che la CNN qualifica come un rapporto, una dichiarazione della Casa Bianca. Ecco cosa diceva: “La Casa Bianca sulla chiamata Biden-Zelensky: ‘Fonti anonime stanno ‘facendo trapelare’ falsità. Il presidente Biden ha detto che c’è una chiara possibilità che i russi possano invadere l’Ucraina a febbraio. L’ha detto pubblicamente e noi lo stiamo avvertendo da mesi… I resoconti di qualcosa di più o di diverso da questo sono completamente falsi. … Anche questo: “Inoltre, nessuno ha detto “licenziato”. L’unica persona che dovrebbe essere ‘licenziata’ è la fonte anonima che sta facendo circolare un ritratto impreciso di questa conversazione”.

Non è una vera negazione, quindi è vero. È una sequenza incredibile, davvero, se ci pensate. Così Biden dice al presidente ucraino che la sua capitale sta per essere saccheggiata come Roma nel quinto secolo, sangue e urla, fuoco, lance e spade, catapulte e trabucchi, una scena orribile. E gli ucraini, in risposta a questo, “calmati, amico, mi stai spaventando. Datti una calmata, sembri una vecchietta isterica”.

Ora, la Casa Bianca sostiene che quella conversazione non è mai avvenuta, ma chiaramente, è avvenuta, perché in una conferenza stampa oggi, il presidente Zelensky ha detto praticamente la stessa cosa ai media.

ZELENSKY: “Abbiamo parlato con il presidente, abbiamo parlato di questo, pensiamo che ci debba essere un approccio equilibrato. Non sto dicendo che loro, lui sta influenzando i media americani, ma la politica dei media lì deve essere molto ben bilanciata se vogliono sapere qual è la situazione e che possono venire a Kiev. Abbiamo carri armati per strada? No. L’immagine che i mass media danno è questa, che abbiamo truppe per le strade, quindi che abbiamo una mobilitazione in corso. Che la gente sta fuggendo nelle campagne. Non è così. Non abbiamo bisogno di questo panico.“

Così David Frum e Joe Biden hanno portato gli americani ad una tale frenesia per il futuro dell’Ucraina che stanno volando in Ucraina per rischiare le loro vite in difesa della sovranità di quella sacra nazione. Ed ecco il presidente dell’Ucraina che dice: “Non siamo così preoccupati“.

Quindi cosa possiamo dedurre da tutto questo? Beh, è semplice. Se non siete terrorizzati dalla prospettiva di un’invasione russa dell’Ucraina, la domanda è da che parte state? Da che parte state? E sappiamo la risposta a questa domanda. Siete dalla parte di Vladimir Putin. Quindi sembra che lo stesso presidente dell’Ucraina sia stato compromesso dalla disinformazione russa. Il presidente ucraino è quello che noi dei notiziari via cavo chiamiamo un agente di Putin, e questo significa che i russi sono così diabolicamente efficaci da aver reclutato il tizio contro cui stanno preparando una guerra. Quanto sono astuti? Ci vorrebbe solo una mente slava per farlo?

E a proposito, Sì, stiamo chiamando il presidente dell’Ucraina un agente di Putin, ma non lo stiamo giudicando. Infatti, possiamo ancora relazionarci con lui. Possiamo empatizzare perché, come sapete, se guardate i media ecco che trovate dove vengono messi gli agenti.

BRIANNA KEILAR, CNN: “Il capo propagandista della Fox, Tucker Carlson, dice che gli Stati Uniti dovrebbero schierarsi con la Russia in Ucraina. Che cosa può dire?”

ANA CABRERA, CNN: “I membri del Congresso stanno effettivamente ricevendo telefonate che li incoraggiano a schierarsi con la Russia perché stanno guardando i media di destra e persone come Tucker Carlson…”

ANDERSON COOPER, CNN: “È sorprendente come la propaganda del Cremlino sembri combaciare perfettamente con i punti di discussione di Tucker Carlson.”

EX RAPPRESENTANTE DEL GOP. DAVID JOLLY, MSNBC: “Quando Tucker Carlson trasmette questi messaggi, è pericoloso.”

ARI MELBER, MSNBC: “Ora Tucker Carlson sembra avere un modello più grande qui con i tiranni che si appoggiano alla destra”.

NICOLLE WALLACE, MSNBC: “Ma perché è così impegnato e perché Fox News a suo nome è così impegnata ad abbattere l’abbraccio americano ed il sostegno e l’allineamento con le democrazie del mondo?”

MAX BOOT, CNN: “Tucker è completamente senza vergogna. Se avesse la capacità di provare vergogna, dovrebbe essere imbarazzato da ciò che ha appena detto, perché sta fondamentalmente ripetendo la propaganda russa.”

Il signor Max Boot, signore e signori, nella sua ultima apparizione televisiva prima di dirigersi in Ucraina per difendere lui stesso quella nazione, la sua integrità territoriale, dall’aggressione di Vladimir Putin… Guardatelo finché potete.

GLI ALLEATI DELLA NATO INVIANO ARMI MORTALI, MUNIZIONI ALL’UCRAINA MENTRE LA GERMANIA MANDA 5 MILA ELMETTI

Ma cerchiamo di essere chiari su quali sono i termini. Negli Stati Uniti – e questo non vale per l’Ucraina, dove probabilmente hanno una visione più sana della questione, o forse solo più influenza russa – ma negli Stati Uniti, se sollevi qualche domanda sulla saggezza dello schierarsi, in una guerra in Europa Orientale, con un paese piuttosto che un altro, sei per definizione un agente della singola più grande minaccia alla democrazia su questo pianeta, il signor Vladimir Putin stesso. Lei è un traditore, ti dicono.

Il rappresentante Tom Malinowski del New Jersey sostiene che gli spettatori di questo show, droni russi camuffati da umani, abbiano contattato il suo ufficio ed abbiano fatto qualcosa di orribile, qualcosa che probabilmente dovrebbe essere illegale, hanno detto “forse non dovremmo andare in guerra per l’Ucraina“.

BRIANNA KIELER: “Può parlarci di queste telefonate che il suo ufficio sta ricevendo?”

TOM MALINOWSKI: “Questo sì, certo, è iniziato davvero ieri, ero nel mio ufficio distrettuale nel New Jersey e i telefoni stavano squillando ed il mio direttore distrettuale è venuto da me e mi ha detto che aveva appena trascorso un’ora al telefono con, tipo, quattro persone che gli hanno detto di aver guardato Tucker Carlson ieri sera. E perché stiamo andando in guerra per l’Ucraina? La Russia sta facendo proposte ragionevoli per la pace, e noi dovremmo solo fare quello che vuole la Russia.”

Sì… Molte persone lo hanno detto. Tom Malinowski, sapete, non è il coltello più affilato nel cassetto, giusto? Anche per gli standard del New Jersey. Tuttavia, ha fatto un’ottima osservazione. Ci sono persone là fuori che si guardano intorno e decidono, forse, non so, i senzatetto – quasi un milione di persone che vivono per strada negli Stati Uniti – 100.000 americani che muoiono di overdose, l’inflazione, il fatto che le nostre scuole non insegnano nulla da oltre due anni, forse queste sono preoccupazioni più importanti dell’integrità territoriale di un paese che non possiamo indicare su una mappa. Forse la nostra integrità territoriale è più importante di quella dell’Ucraina. E la domanda che il rappresentante Malinowski solleva è “perché mai dovrebbero pensarlo?” “Dove hanno preso quest’idea che le loro stupide e campanilistiche preoccupazioni interne siano più importanti del confine orientale dell’Ucraina?”. E la risposta, ovviamente, è Vladimir Putin. Sono ovviamente caduti nella propaganda russa. Siamo noi ad eseguire gli ordini di Vladimir Putin. Come il presidente dell’Ucraina, siamo colpevoli.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » ven gen 28, 2022 10:36 pm

Ucraina: il falso alibi della "provocazione" Nato per nascondere la voglia di impero di Putin
Atlantico Quotidiano
Stefano Magni
26 Gen 2022

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... -di-putin/

A quale provocazione starebbe rispondendo Putin? In Ucraina non ci sono missili Usa e l’adesione di Kiev alla Nato non è più in agenda da anni

Dovrebbero metterlo, a questo punto, come avvertenza: una crisi con la Russia può provocare gravi effetti collaterali, fra cui allucinazioni collettive. In una di queste allucinazioni, che troviamo descritte nero su bianco negli articoli di esimi giornalisti, da ultimo Toni Capuozzo (ma è in ottima e vastissima compagnia), la crisi in Ucraina viene scambiata come una crisi dei missili di Cuba alla rovescia. Secondo costoro, la Russia starebbe schierando, da novembre, circa 100 mila uomini ai confini dell’Ucraina, non per minacciare di invaderla, ma solo per reagire ad una provocazione inaccettabile. E dicono che sia come se la Nato avesse schierato i suoi missili in territorio ucraino, puntati nientemeno che al cuore della Russia, esattamente come Chrushev fece a Cuba nell’ottobre 1962, dove schierò segretamente missili balistici nucleari a raggio intermedio puntati sulle città degli Usa. Questa metafora dovrebbe servire a far “comprendere” al grande pubblico perché Putin non sia affatto un aggressore, ma sia semmai costretto a reagire, minacciando anche l’uso della forza militare, se necessario.

La metafora non calza con la realtà, a meno che non si abbiano, appunto, le traveggole. In primo luogo: dove sarebbero mai i missili della Nato, o anche solo americani, schierati in Ucraina? Quali sarebbero questi missili? Dove sono le rampe? Perché John F. Kennedy, prima di ordinare il blocco navale di Cuba, aspettò per lo meno di vedere le foto scattate da un aereo di ricognizione in cui si vedeva la presenza dei missili sovietici in territorio cubano. Ad un atto di guerra non dichiarata, Kennedy rispose con il massimo della prudenza: bloccando l’isola e negoziando. Ma in Ucraina non ci sono missili americani, né missili di alcuna altra nazione membro della Nato. A quale provocazione, di grazia, starebbe rispondendo Putin?

Anche volendo rimanere entro la metafora di Cuba, possiamo pensare che una crisi dei missili sia in preparazione. Quella del 1962 fu il culmine di un braccio di ferro durato tre anni, fra il nuovo regime comunista cubano nato dalla rivoluzione del 1959, e le due amministrazioni che si succedettero in quegli anni, quella di Eisenhower e poi quella di Kennedy. La tensione culminò con il fallito sbarco della Baia dei Porci, quando un piccolo esercito di volontari anticomunisti cubani provò a rovesciare il regime, con il tacito appoggio americano, e non vi riuscì. Il parallelo con l’Ucraina viene comodo, a chi ci vuol credere, considerando che la crisi fra Ucraina e Russia iniziò nel 2014 con la deposizione dell’ultimo presidente filo-russo di Kiev, Viktor Yanukovic, a seguito della rivoluzione del Maidan. Allora la Russia reagì portandosi via un bel pezzo di Ucraina, la Crimea. E poi alimentando una guerriglia separatista nel Donbass che è tuttora in corso.

Ma il governo ucraino non è Castro e la Crimea e il Donbass non sono la Baia dei Porci. Il regime castrista era comunista, dichiaratamente ostile agli Usa e provvide subito a requisire le proprietà statunitensi sull’isola. I governi e i presidenti che si sono succeduti in Ucraina, dopo il Maidan, non sono dichiaratamente ostili alla Russia. Non l’ultimo presidente, per lo meno: Volodymyr Zelensky è stato eletto anche nelle regioni ucraine orientali, prevalentemente russofone, sulla base di un programma che era anti-corruzione, ma anche pro-dialogo. Con gran delusione per molti ucraini, danneggiati dalla guerra del 2014, aveva infatti avviato un dialogo sul Donbass accettando tante dolorose concessioni, territoriali e non. Non è un Castro che si pone da subito nel campo sovietico, antagonista al vicino statunitense: al contrario, Zelensky ha detto da subito di non voler aderire alla Nato. E il parlamento, dominato dal suo nuovo partito, ha votato di conseguenza. E quindi, a quale provocazione, di grazia, starebbe rispondendo Putin?

Esaurita la metafora di Cuba, la schiera di commentatori corsa a giustificare la mobilitazione russa rinvanga nel passato recente e parla di “patti non rispettati” da parte degli Stati Uniti. Quali patti? Secondo i russi e chi ne segue la narrazione, sarebbero accordi presi nel 1990 fra Gorbachev e Bush (padre) in cui gli Usa avrebbero promesso di non ammettere nella Nato alcun Paese membro dell’allora Patto di Varsavia. Anche qui, però, a meno che non si soffra di allucinazioni, non si trova alcun patto simile. Nel 1990 il Patto di Varsavia c’era ancora, così come c’era ancora l’Urss. Un po’ difficile che Gorbachev avesse venduto un accordo che già implicava lo scioglimento dell’uno e dell’altra, considerando soprattutto che lui ne era a capo. Accordi furono presi, nel settembre del 1990, fra il segretario di Stato James Baker e Michail Gorbachev, in vista della riunificazione della Germania, in cui la Nato si impegnava, almeno temporaneamente, a non schierare truppe straniere nella ormai defunta DDR. Ma nulla si disse su quelli che, allora, erano membri a pieno titolo dell’alleanza guidata dal Cremlino e che ancora ospitavano truppe sovietiche sul loro suolo.

Lo scenario cambiò drasticamente dopo il 25 dicembre 1991, quando si sciolse l’Urss. Uno dei primi atti del primo presidente Eltsin fu quello di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche ex sovietiche. Riconoscendone l’indipendenza, liberava anche la loro politica estera: avevano, da allora, il diritto di aderire anche ad altre alleanze. Il Patto di Varsavia era già defunto dal luglio del 1991 e le repubbliche nate sulle ceneri dei regimi comunisti europei erano anch’essi ormai liberi di scegliere nuovi partner e alleati.

Dopo il 1991 non vi è traccia di altri accordi, scritti o verbali che fossero, che impedivano alle repubbliche ex sovietiche o ai Paesi dell’ex Patto di Varsavia di aderire alla Nato, all’Ue o a qualsiasi altra organizzazione internazionale. Impedire il loro ingresso nella coalizione occidentale era semmai una priorità dei partiti nazionalisti e post-comunisti russi, ma non della politica ufficiale russa. Né Eltsin nel 1997, sia pure con molte remore e resistenze, ha posto il veto all’inizio del percorso degli ex “satelliti” sovietici verso occidente, né Putin ha sollevato particolari obiezioni quando questi sono entrati nella Nato e nell’Ue nel 2004.

E quindi, a quale provocazione, di grazia, starebbe rispondendo Putin? Sarebbe dunque ora di considerare questi argomenti, come “i missili americani in Ucraina”, o “l’annessione dell’Ucraina alla Nato” o “i patti violati dalla Nato che si è espansa fino ai confini russi” per quello che sono: allucinazioni collettive. Che in gergo politico hanno un nome ben preciso: propaganda. A chi serve fare propaganda russa in Italia? Questa, semmai, è la domanda che giornalisti e politici dovrebbero porsi, ora che è iniziata la più grave crisi internazionale che coinvolge l’Europa. Nei partiti di destra e centrodestra, soprattutto, sarebbe anche l’ora di farsi un esame di coscienza, prima di farsi percepire nel mondo come unica destra filo-russa del mondo occidentale.




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Luca Echini
Cmq non per essere un sostenitore di Putin trovo abbastanza ridicole le continue prese di posizione Ue quando dipendiamo dalla Russia per il gas. Non ci possiamo permettere una guerra con nessuno in questo periodo tanto meno con la Russia

Niram Ferretti
Luca Echini quindi siccome dipendiamo dalla Russia per il gas, dobbiamo essere favorevoli a una eventuale invasione dell'Ucraina? E se per caso fossimo dipendenti dall'Iran invece che dalla Russia, dovremmo essere favorevoli alla politica espansionista della Repubblica Islamica?

Gino Quarelo
Luca Echini Certamente la Russia è un paese che più di altri non può permettersi alcuna guerra, perché le guerre costano assai e la Russia è povera e la sua popolazione né pagherebbe atroci conseguenze.

Luca Echini
Un conto è essere favorevoli un altro usare la via diplomatica in modo efficace anziché fare dichiarazioni roboanti senza far seguire i fatti. Noi abbiamo già problemi dal punto di vista dell’approvvigionamento di risorse energetiche per colpa delle scelte scellerate fatte tempo addietro e adesso stiamo pagando un prezzo altissimo. Ripeto non è il momento di fare la guerra alla Russia

Marco Anticoli
Gino Quarelo è proprio quando i paesi sono poveri che fanno le guerre

Marco Anticoli
Gino Quarelo quando è mai interessato il bene della propria popolazione ad un dittatore?

Guido Gazzola
Luca Echini non se la può permettere Putin. Se non vende il gas all'Europa a chi lo vende? L'Europa può trovare il gas dove vuole. Biden sta parlando col Qatar per far dare altro gas all'Europa. Lui piuttosto senza vendere gas avrà parecchi problemi. Giocare sulla pelle degli ucraini è vergognoso e delinquenzale.

Tassilo Francovig
Niram Ferretti
Secondo me la minaccia di Putin di invadere il vicino ucraino è un sintomo di disagio per la riduzione del suo paese al ruolo di potenza regionale. Dopo aver tenuto per una settantina d‘anni il mondo in scacco, i russi hanno perduto il loro impero europeo e accusano la NATO di essersi spinta al suo confine. Non si accontentano di essersi ripresa la Crimea, vorrebbero che l‘Ucraina facesse da cuscinetto.
La questione ha anche un risvolto psicologico: i russi potrebbero considerare Putin responsabile del declino della loro potenza.

Paolo Tramannoni
Marco Anticoli o quando i loro leader finiscono molto in basso nei sondaggi.

Paolo Tramannoni
Guido Gazzola il gas la Russia lo vende alla Cina, tra le cui braccia la stiamo buttando.

Guido Guastalla
Luca Echini inoltre Putin non é Hitler! Non é antisemita, anzi ha in ottimo rapporto con la Comunità ebraica, non aggradisce ma chiede sicurezza, quella sicurezza che fu promessa a Gorbaciov all’epoca della riunificazione della Germania e che fu disattesa e non è neppure l’Iran caro Niram.
Ci vorrebbe la capacità di condurre una trattativa diplomatica geopolitica di alto livello che coinvolgesse Siria, Libia, Iran, Cina, Israele, Taiwan.
Mi sembra che Israele nel suo piccolo sia più abile di Biden. A Livorno direbbero: deh e’ ci vole po’o”


Gino Quarelo
Guido Guastalla La Russia di Putin all'ONU ha votato sempre contro Israele, mi pare che gli amici di Israele votino per Israele e non contro. Poi la Russia di Putin non si fa alcun scrupolo di vendere armi offensive ai criminali nemici dichiarati e manifesti di Israele per aggredirlo quotidianamente.


Guido Guastalla
Mi dispiace Niram ma in questa crisi io non sto con gli USA ( che difendono la loro economia e il loro gas fuori mercato rispetto a quello russo ) e con l’Ucraina che non è nella NATO ma che ci entrerebbe ed è armata dalla NATO. E infatti Italia Francia e Germania sono molto prudenti e giustamente!
Tralasciando il non nascosto antisemitismo ucraino!
E poi è difficile essere contro Capuozzo!

Guido Gazzola
Guido Guastalla di cosa sta parlando? Una delle più grandi comunità ebraiche risiede in Ucraina e i rapporti sono più che ottimi.

Tassilo Francovig
Guido Guastalla
Credo che Toni Capuozzo, se sbaglia, è vittima di allucinazioni meno di altri, e ha comunque esperienza da vendere.
La questione non è tanto quella di fantomatici missili che prenderebbero di mira la Russia dall‘Ucraina, ma che Mosca, senza più il suo storico granaio e i paesi cuscinetto tra sé e la NATO, è ridotta a potenza regionale. Perfino gli Stati baltici hanno basi NATO, e la distanza da Mosca è di 850 chilometri.
Il complesso di assedio è ora anche un complesso di castrazione.
Putin lo percepisce con uno strano senso di colpa.
Ha riportato in patria i russi di Crimea, ma in compenso si è giocato il ruolo di superpotenza. Avvilente, per un popolo che vive anche di orgoglio e di retorica.

Alessandro Bertonelli
Guido Guastalla oltretutto la proposta strampalata di Biden di rifornirci con le cisterne è come proporre di svuotare il mare con un mestolo forato . Il Guardian giustamente faceva notare che per rifornirci in quel modo dovrebbero usare gas liquido , ma tutto il mercato mondiale del gas liquido sarebbe attualmente insufficiente per coprire la decisone russa di tagliare le forniture attuali . Noi dipendiamo per il 40% dal gas russo come la Germania e sarebbe il caso che l’Europa facesse capire a Biden che con la Russia è opportuno il containment , con magari Ucraina fuori da Nato Russia che rinuncia alle mire d’invasione , allentamento americano europeo delle sanzioni .

Niram Ferretti
Caro Guido non capisco per quale motivo sia difficile essere "contro" Capuzzo. Ho pubblicato un circostanziato articolo dell'amico Stefano Magni, e vorrei, eventualmente che mi venisse argomentato in che senso ciò che scrive non sia corretto. Ma non lo ha fatto nessuno. L'Ucraina non ha i criteri per potere entrare nella NATO, dunque non è questo il problema. Che Putin desideri incorporare l'Ucrania all'interno del perimetro russo non è un mistero per nessuno. Niall Ferguson lo ha spiegato molto bene, per Putin l'indipendenza ucraina è una anomalia storica che va corretta. Le linee rosse poste da Mosca equivalgono a una nuova Yalta che estenderebbe la sfera di influenza russa fino alle ex repubbliche sovietiche dell'est Europa. Ferguson ha evidenziato assai bene come Putin non abbia in mente di fare tornare la Russia ai tempi dell'Unione Sovietica ma a quelli dell'impero russo di Pietro il Grande. Le mire espansioniste della Russia sono il sintomo chiaro ed evidente di una potenza di media grandezza che vuole allargarsi e rinverdire i fasti del passato. Hitler fece la stessa cosa con i Sudeti e poi allargò il suo perimetro. Erdogan segue la stessa logica neoimperiale, e l'Iran idem. Mi meraviglia che tu non veda le analogie e non consideri questo aspetto.

Tassilo Francovig
Niram Ferretti
La frustrazione dei russi è evidente e lo zar se ne fa interprete. Il dominio e l’influenza che essi hanno esercitato per un settantennio su mezzo mondo hanno lasciato tracce nello spirito, testimoniate dalla retorica della grande guerra patriottica, dagli eroi dell’Unione Sovietica col petto tappezzato di medaglie alle parate sulla piazza rossa, dagli Sputnik e dai Gagarin.
Questo passato ora è svanito, e sostituire quei sogni col benessere materiale non basta.

Niram Ferretti
Tassilo Francovig le stesse cose si potevano dire della Germania dopo Versailles.

Tassilo Francovig
Niram Ferretti
Certo. Lo disse anche John Maynard Keynes, e previde che la frustrazione della Germania avrebbe suscitato un desiderio di révanche. I tedeschi videro in Hitler l’uomo che avrebbe rimesso le cose a posto. Furono miopi i francesi, gli inglesi e i belgi (“essi pure colpevoli”, aveva scritto Croce) a non vederlo, e ad umiliare troppo la Germania.

Alessandro Rizzacasa
Esistono imperialismi diversi o uno solo? L'aspirazione all'imperialismo è qualitativamente diversa se la fanno i verdi o i blu, oppure la matrice è identica? Sottomettersi a questo o a quello è questione ideologica o di convenienza? Chiedo lumi.

Niram Ferretti
Alessandro Rizzacasa di quali imperialismi parla nello specifico? Considera l'adesione dei paesi dell'Est europa alla NATO , entrati a farne parte a partire dal 1990 e che facevano parte precedentemente del Patto di Varsavia una forma di "imperilaismo" NATO? Come mai hanno deciso di farne parte e non farsi tutelare dalla Russia dopo il crollo dell'URSS?

Alessandro Rizzacasa
Mi riferisco agli stati che hanno la forza di difendere globalmente i loro interessi. Gli Stati Uniti praticano un imperialismo qualitativamente diverso da quello della Russia? Oppure no? Me lo chiedo e glielo chiedo. Senza ombra di polemica, tengo a precisare. La seguo con profitto, per le sue riflessioni, da tempo.

Niram Ferretti
Tassilo Francovig quello che dici è giusto ma però omette un fatto decisivo. Il Lebensraum teorizzato da Hitler, prescindeva dal Trattato di Versailles. Quindi se è vero che l'umiliazione tedesca fomentò un desiderio di rivalsa Hitler aveva già bene in mente una chiara politica espansionista verso Est. Allo stesso modo Putin ha chiaro in mente un disegno di espansione che ha lo scopo di ricalcare il perimetro dell'impero russo di Pietro il Grande.

Tassilo Francovig
Niram Ferretti
La Germania fu in grado, in pochissimi anni, di dotarsi della forza per realizzare i progetti di conquista che Hitler aveva in mente. Le condizioni economiche e industriali glie lo permisero: aveva una lunga storia industriale alle spalle, in tutti i settori.
La Russia trae la sua ricchezza dalla vendita di materie prime, mentre solo il settore industriale destinato alle forniture militari è attivo ed efficiente.
La vedo dura, per i russi, modernizzare il proprio sistema produttivo in pochi anni e mettersi al passo dell’Occidente.
Non sarebbe una buona idea, intanto, rassicurarli sul mantenimento dello status quo, cosa che essi dicono di volere, per dedicarsi alle sfide più pericolose?
Meglio tenersi buono l’orso, mentre si è sfidati dal drago.

Niram Ferretti
Tassilo Francovig sinceramente, e l'ho scritto anche all'amico Alessandro Bertonelli, quello dell'ingresso dell'Ucraina nella NATO, mi sembra un falso problema. Si sa benissimo che al momento non sussistono le condizioni per il suo ingresso. Quali rassicurazioni dare a Putin in proposito? Che non vi entrerà mai? Che senso avrebbero? Putin morirà come tutti, e il futuro non è prevedibile. Lo scopo di Putin è una altro. E' quello di ottenere delle concessioni da Volodymyr Zelensky in modo da mandare un segnale chiaro ad altri ex stati sovietici. Ovvero che l'Occidente non è in grado di garantirli. Per quanto riguarda le richieste russe che la NATO ritiri le proprie truppe dai suoi ex stati è, ovviamente, irricevibile, ma si tratta solo di fumo negli occhi. Putin sa benissimo che non avverrà.

Tassilo Francovig
Niram Ferretti
Ovvio.
Avevo trascurato il particolare del segnale che, con slava finezza, lo zar manda ai suoi ex “alleati”: non fidatevi!
Alla fine di tutta questa drammatica messinscena, nulla cambierà in Europa.
Ma quando ci sono tre potenze in gioco, due finiscono sempre per avvicinarsi, e saranno la Cina e la Russia.

Alessandro Bertonelli
Niram Ferretti indubbiamente Putin, fin dall’inizio , si è sempre mosso per rinverdire i fasti della Russia superpotenza europea e mondiale ( imperiale o sovietica conta relativamente ) e ha progressivamente adottato una politica sempre più aggressiva nei confronti degli Stati vicini per riportarli sotto il controllo di Mosca .
Proprio per questo motivo l’Ucraina è uno snodo essenziale è un qualcosa a cui Putin non può rinunciare . L’Ucraina è lo sbocco sulla Mittleuropa. L’Ucraina nella NATO è la pietra tombale a qualsiasi successiva aspirazione imperiale russa ad ovest .
Ottenere,ad esempio, che gli USA dichiarino che al momento l’Ucraina non può entrare nella NATO e che se ne riparlerà tra un tot d’anni, non è una cosa da poco prendiamo il caso della Turchia, agli inizi degli anni 2000 quando c’era Bush junior si parlava di spinte americane per far entrare la Turchia nell’UE . La cosa è stata lasciata cadere e poi la situazione si è evoluta in modo tale per cui nessuno ora pensa più alla Turchia in Europa . Per dire che dal suo punto di vista una “moratoria “ di 10 anni potrebbe essere un buon risultato .
Il fatto che chieda che gli americani tolgano le basi dai paesi baltici Polonia etc , per me fa parte delle contrattazioni dello sparare 100 per ottenere 50.
Aggiungo solo che personalmente preferisco decisamente una Russia nei suoi confini che una Russia in espansione ma, dal punto di vista pragmatico, ritengo che interesse vitale per noi, in Italia, sia il rifornimento di energia e quindi sia preferibile una soluzione di compromesso: Russia si ritira dai confini , l’entrata dell’ Ucraina nella NATO viene posticipata seppure questo significa che in futuro si ripresenterà una nuova crisi. Nel frattempo però potremmo avere maggiore indipendenza energetica, magari sfatando il tabù nucleare.

Guido Guastalla
Guido Gazzola La comunita ebraica russa è almeno 20/30 volte più grande di quella ucraina e trova in Putin un grande difensore. Se non lo Sto arrivando! Glielo faccio dire da ra B. Lazar rabbino capo di tutte le Russie!

Guido Guastalla
Tassilo Francovig mi sembra ovvio!

Guido Guastalla
Esiste una Ucraina? O esistono molte Ucraine? La Galizia austroungarica, il Donbass russofono, Odessa sul Mar Nero, città cosmopolita, Kiev e non Kiyv da cui nasce la Russia prima dell’occupazione tartara.

Guido Guastalla
Alessandro Bertonelli Hai perfettamente ragione. Aggiungerei che il prezzo del gas americano prodotto con la frantumazione degli scisti ha prezzi fuori mercato, crea problemi gravissimi sul piano ambientale, e serve solo strategicamente per le riserve americane. Con le sanzioni alla Russia gli USA vorrebbero sostituire ne alle forniture. Con quali prospettive di prezzi e di quantità?

Guido Guastalla
Niram Ferretti L’ingresso dell’Ucraina nella NATO non è un falso problema!

Guido Guastalla
Sembra che l’Ambasciata Usa di Roma si sia dichiarata contraria alla candidatura di Frattini? Non è una interferenza?

Guido Gazzola
Guido Guastalla è stato il PD non l'ambasciata

Guido Guastalla
Guido Gazzola no caro Gazzola, è filtrata la voce che sia stata l’ambasciata!

Guido Guastalla
C’è poco da ridere! Ci sarebbe da piangere! Caro Gazzola

Niram Ferretti
Guido Guastalla sì, è un falso problema, un uomo di paglia, perchè al momento, lo sanno anche i tombini, non ci sono le condizioni per il suo ingresso, ed è irricevibile la richiesta russa fatta agli Stati Uniti che non dovrà mai entrare. Ma stiamo dando i numeri? La Russia decide il futuro eterno di uno Stato sovrano? Non siamo nel 600.

Tassilo Francovig
Niram Ferretti
Da un altro punto di vista, la Russia con l’Ucraina è di fatto una grande potenza. Senza di essa è una potenza regionale.
Ma è l’Ucraina a decidere, visto che è un paese sovrano.
I russi farebbero bene a metter da parte il sogno di rinverdire i fasti delle orgogliose parate sulla piazza rossa, con i generali tappezzati di medaglie e i vecchietti reduci dalla Grande Guerra Patriottica, di fronte al mausoleo con la mummia di quel fetente dal pugno chiuso.

Guido Guastalla
Niram Ferretti la proposta è di fare entrare l’Ucraina nella EU! Dopo aver fatto entrare inopinatamente una serie di paesi dell’Europa dell’Est ti sembra che l’Ucraina abbia i requisiti per entrare nella Eu? L’Ucraina faceva parte dell’Impero russo prima e dell’Unione sovietica dopo. Non facciamo discorsi astratti ma valutiamo le cose su base storica.

Niram Ferretti
Guido Guastalla ah beh, se vogliamo ricreare l'impero russo è tutto un altro discorso. Allora certamente l'Ucraina dovrebbe farne parte completamente e rinunciare alla sua sovranità, ma, a questo punto, non vedo perchè non dovrebbero farne parte quelli che quando esisteva l'impero russo venivano considerati governatorati baltici insieme al Granducato di Finlandia, per non parlare della Bielorussa. Seguendo questa linea di pensiero su "base storica" le rivendicazioni di Hitler nei confronti dei Sudeti erano fondate così come era fondata la pretesa di Milošević in merito alla Grande Serbia. P.S. L'ho già scritto che l'Ucraina non ha i requisiti oggi per aderire alla NATO, dunque si tratta di un falso problema. Non li ha OGGI. La Russia attuale, nella persona del suo presente autocrate convinto di essere la reincarnazione di Pietro Il Grande, pretende che non li debba avere MAI. Follia pura.

Guido Gazzola
Niram Ferretti mi permetto di aggiungere assassino di avversari e giornalisti.

Niram Ferretti
Guido Gazzola permesso.

Guido Guastalla
Niram Ferretti c’è una politica sopratutto democratica USA che tende a ridimensionare la Russia che non è certo in paese anglosassone ma che in iuna visione geopolitica di lungo periodo è parte integrante dell’Europa ( a meno che tu la pensi come gli slavi che quarda o all’Asia ) in funzione antisismica e anti cinese. E di fronte a questo difendi un paese costituito da quatto i cinque regioni in contrasto fra di loro, semiprimitivo, senza risorse, ladro di gas, esportatore di badanti. Dai, siamo seri!
WuNto al fatto che non possa entrare nella Nato lo sostieni tu: la vorrebbero inserire o nella Nato o nella Eu. E poi potrebbero non inserirla e fare in accordo
militare bilaterale di riarmo missilistico!
Non facciamo gli ingenui!
E poi scusa ma Biden ti sembra in possesso delle sue facoltà mentali?

Niram Ferretti
Guido Guastalla anticinese la Russia? Ma da quando? Se sono fondamentalmente alleate. La Russia parte dell'Europa? Non lo è mai stata propriamente. La Russia ha sempre fatto storia a sè. Ancora nel 1800 Napoleone diceva che c'erano solo due nazioni nel mondo, la Russia e l'Occidente e da allora le cose non sono cambiate affatto. Difendo un paese sovrano Guido, un paese che dalla Russia ha subito solo sopraffazione e che si è reso indipendente nel 1917. Q
uello che poi la Russia gli ha fatto successivamente ti dovrebbe essere noto. Mi sembra schizofrenico difendere il diritto di Israele di esistere e di difendersi dalle autocrazie islamiche che lo circondano e poi applicare all'Ucraina un criterio opposto. No, non sostengo io che non possa entrare nella NATO, dovresti informarti meglio, attualmente non ha i criteri per poterlo fare, ma come ha detto Stotltenberg "La posizione della Nato quando si tratta delle nostre relazioni con l'Ucraina rimane invariata, è un principio fondamentale che ogni nazione ha il diritto di scegliere il proprio percorso, compreso il tipo di accordi di sicurezza di cui vuole far parte". Se poi tu invece ritieni che debba essere la Russia a deciderlo, perfetto, evidentemente consideri che la Russia sia padrona del destino dell'Ucraina, ma su questo l'Ucraina e non solo la pensano in modo diverso. Quanto alle facoltà mentali di Biden, non sono certo un suo sostenitore ma qui la questione è di ben altra portata.

Tassilo Francovig
Ovvio che la Russia consideri i “piccoli russi” come un’appendice della Grande Madre…
Ma siamo nel 2022, e i sogni egemonici panslavi non si sono infranti sulle rovine del muro di Berlino, come dovevano, insieme al pattume dell’URSS.
L’Ucraina ha il diritto di decidere del suo futuro. Anche Putin non è eterno, e sarà bene, quando se ne andrà, che la Russia, permeata com’è dal misticismo e dal mito di Svjatogor (che trae la sua forza inesauribile dal contatto con la madre terra) sia appagata del ruolo già notevole che svolge tra le nazioni, senza sentire il bisogno di tornare all’antica potenza che Stalin le aveva dato.

Luca Berardi
Guido Guastalla il solito filo regime repressivi fasciocomunisti e contrario al principio di autodeterminazione (ma Israele non vi ha insegnato nulla?) che minaccia inutilmente di segnalare come i bambini permalosi e colleziona figure barbine umiliandosi davanti a tutti. Uno spettacolo da fiera

Guido Guastalla
Alessandro Bertonelli senza considerare il prezzo forse doppio rispetto a quello russo!




Luca Schieppati
Mi Limito a far notare che gli Stati Uniti minacciano Putin di sanzionarlo togliendo il gas all'Europa. Mi limito a far notare che i concorrenti delle aziende europee non sono i cinesi a prezzo stracciato ma le aziende nord americane.
Ovviamente è colpa dell'Unione Europea che non ha fatto politica energetica per 30 anni.
Ma questo non cambia che Biden la fa pagare agli altri, con una cosa comoda per sé.
Poi chiedo una cosa. Il governo in carica ucraino non è che per caso ha qualche connessione con i banderisti?
Tutto ciò non per difendere Putin quello che fa rimane inaccettabile anche se la responsabilità del passaggio all'Ucraina di determinate aree e non tutte quelle contese è stata una decisione di Nikita Krusciov.
Ricordo la cosa delle sanzioni per completezza e faccio questa domanda perché mi piacerebbe sentire la vostra opinione in merito

Niram Ferretti
Luca Schieppati per favore i banderisti no...per favore. Pietà. Sì, fu Krusciov a decidere il passaggio e quindi? Non va bene? E perchè non andrebbe bene? Perchè l'Ucraina non dovrebbe avere la propria autonomia? Ah, sono gli Stati Uniti che minacciano la Russia, un po' come erano gli Stati Uniti che minacciavano l'Unione Sovietica...Fantastico. Quindi siccome l'Europa si basa per il 40% del proprio fabbisogno energetico sulla Russia, (scelta fatta in autonomia), gli Stati Uniti dovrebbero dare il via libera all'annessione del Donbass o magari anche a quella dell'Ucraina occidentale. Interessante punto di vista...poi la colpa è di Biden. Certo.

Luca Schieppati
Niram Ferretti No. Ho detto un'altra cosa.
Ho fatto una domanda se il governo ucraino di adesso sia legato al neobanderismo. Non è una domanda piantata a caso. Il fenomeno c'è. Pensavo di risparmiare tempo, me lo cerco da me se è vero o meno e quanto è vero.
Quanto alla Crimea et una parte (meno della metà) delle regioni che rivendica la Russia, quelle erano russe e sono state prese e date all'Ucraina. Se mi rispondi "Perché, non va bene?", io non giudico, rilevo.
Oggi i putiniani stanno rispondendo "E se ce le riprendiamo, non va bene"?
E prima di dire di no, ripensiamo al pazum pazum del 4 novembre, anniversario del giorno in cui ci siamo presi (senza trattare prima, che forse, per evitare di essere attaccati...) dei territori che erano della Serenissima alcuni e altri italiani solo al tempo di Berengario (Trieste) e altri mai (Bolzano). Perché NOI ritenevamo essere italiani. A torto o a ragione.
Poi, a me Putin mica piace, ma prima di fare su un casino grossetto e avvantaggiare quello che è il nemico più pericoloso, che è la Cina, le ragioni del nemico meno pericoloso cerco di capirle.
PErché questo mi aiuta a capire se si fermeranno. E NON si fermeranno per le stesse ragioni per cui l'Italia ha dichiarato guerra all'Austria il 24-5-1915: perché ritengono che quelle regioni siano Russia. A torto o ragione? In gran parte a torto per quel che riguarda quel che non si sono già ripresi (ossia la Crimea, che era Russia).
NON ho detto che gli USA minacciano la Russia.
Mi pare di avere detto anche che quel che fa Putin rimane inaccettabile.
NON ho detto che dovrebbero dare il via libera perché abbiamo un rapporto commericale di dipendenza.
Ehm... Il risultato delle sanzioni proposte è
1) segare tutto il tessuto produttivo UE tranne la Francia che se ne è fregata delle NON politiche energetiche UE e si tiene il nucleare.
2) Questo aiuta? Be', se fa danno allo Zar, certo. Ma lo Zar il metano lo vende alla Cina. Che, essendo la domanda minore, lo paga pure meno. Quindi avvantaggia la Cina.
Ora, se permetti, un piano di risposta dura alla Russia che ha come conseguenze
1) devastazione della produzione industriale UE a vantaggio della USA.
2) nessuna conseguenza per la Russia
3) vantaggio per la produzione energetica cinese
ehm... non mi sembra la cosa più utile da fare.
Né in assoluto, né relativamente alla questione sul tavolo.
Mi sembra, in poche parole, il marito che si taglia le balle per far dispetto alla moglie. Che si farà tro*bare dall'idraulico non polacco, ma di Pechino.

Niram Ferretti
Luca Schieppati il neobanderismo a cui sarebbe legato il governo ucraino attuale è una panzana che appartiene alla propaganda russa estremamente attiva su più fronti. Non ha nulla a che vedere con la crisi attuale che riguarda le mire di Putin relativamente all'Ucraina e la volontà di impedire che essa possa decidere del suo futuro. I territori della Serenissima non c'entrano nulla come non c'entra l'Alsazia e la Lorena. L'Ucraina è riuscita a farsi indipendente nel 1917. Poi ha subito quel che ha subito, per non parlare di quello che ha subito precedentemente. Se vogliamo stare qui a discutere sui confini degli imperi, stiamo a discutere di cose prive di senso. Non ci sono più imperi, ma ci sono velleità neo imperiali, come quella russa, quella turca e quella iraniana. Quello che tu chiami "casino" lo ha creato Putin, con la scusa ridicola che la NATO estendendosi ad Est metterebbe la Russia in una posizione di diffcoltà relativamente alla difendibilità dei suoi confini. Il problema è che sono gli ex Stati del Patto di Varsavia che hanno chiesto di entrare nella NATO. Bisognerebbe chiedersi a questo punto, se l'Ucraina preferisce diventare un protettorato russo oppure orbitare all'interno dell'asse occidentale. La Cina si può avvantaggiare solo se gli USA fanno pippa, come dicono a Roma. Non aspettano altro per poi papparsi Taiwan. Funziona così da sempre con i paesi che hanno come unico criterio di rispetto per l'avversario la sua capacità di usare la forza. Falso che se la Russia per rappresaglia dovesse chiudere i rubinetti del gas l'Europa sarebbe devastata produttivamente, sicuramente non sarebbe una bella situazione, nessuno lo nega, ma c'è l'altro lato della medaglia, come l’Europa ha bisogno del gas russo, la Russia ha bisogno delle enormi entrate che ottiene dalla sua vendita. Secondo l’OCSE, circa il 40 per cento del budget dello stato russo dipende dai ricavi delle esportazioni di gas e petrolio. Dunque, come vedi, benché l’Europa dipende dal gas russo ormai da decenni, la Russia non ha mai interrotto le sue forniture, nemmeno nei periodi più conflittuali della Guerra fredda. L’Economist qualche giorno fa ha provato a raccogliere dati e analisi per cercare di capire cosa succederebbe se la Russia decidesse davvero di interrompere le sue forniture di gas per i prossimi tre mesi (con l’arrivo della primavera, la necessità di gas per scaldare gli edifici si riduce, e il suo valore come arma di ricatto si annulla). Il risultato è che, benché l’interruzione sarebbe un colpo duro sia per l’economia russa sia per quella europea, non sarebbe catastrofico per nessuna delle due. Quindi smettiamola di agitare questo spauracchio per portare consapevolmente o inconsapevolmente acqua la mulino della propganda russa.


Luca Schieppati
Niram Ferretti Ok, lasciamo stare gli Imperi. Ma ripeto, i territori che rivendica Putin sono russi esattamente come erano italiani quelli che siamo andati a prenderci nel 1917. Ma non è una novità, che le cose valgano solo quando ci interessa.
Ai propal ripeto sempre che se chi viene aggredito non ha il diritto di prendere territori (per loro Israele con parte dei territori cosiddetti occupati dell'ex mandato della Palestina) la Jugoslavia e i suoi eredi dovrebbero rendere all'Italia Ragusa, Zara, Pola, Fiume etc.
Ma questo è secondario


Luca Schieppati
Sciogliamo un equivoco.
Io dico che se la NATO reagisce facendo sanzioni sul gas, significa proprio disco verde alla Cina per Taiwan.
Perché, come giustamente dici tu, se non si fa niente, la Cina prende atto e si pappa Taiwan (e non solo Taiwan).
Secondo me, far sanzioni sul Gas è non far niente o giù di lì

Niram Ferretti
Luca Schieppati no i territori che rivendica Putin non sono russi. La storia dell'Ucraina, con il il regno di Kievan Rus antecede il dominio russo. Vi fu un periodo di domino polacco e poi un periodo di domino russo. Affermare che l'Ucraina sia russa è come dire che Israele appartiene alla Turchia perchè la Palestina faceva parte èdell'impero ottomano che cessò di esistere "solo" nel 1924 e oggi la Turchia ne è l'erede. Quindi non diciamo corbellerie.

Niram Ferretti
Luca Schieppati è esattamente il contrario. Non è la NATO che ha intenzioni di emettere sanzioni sul gas, non potrebbe neanche farlo. L'eventualità è che sia Putin per rappresaglia a chiudere il rubinetto, ma non lo farà perchè costerebbe anche a lui molto caro.

Luca Schieppati
Niram Ferretti Spero che tu abbia ragione e lo spero tanto.
Perché a me i dati dicono che l'attuale aumento è dato dall'aumento domanda di un certo paese che con la chiusura dei rubinetti avrebbe trovato la fornitura.
E abbiamo bisogno di tutto tranne che di una Cina che occupa Taiwan con l'Armata Rossa schierata al confine polacco.


Luca Schieppati
Niram Ferretti vedo adesso il commento "Affermare che l'Ucraina sia russa "
Io ho detto che MENO DELLA META' dei territori di confine (non di tutta l'Ucraina, dei TERRITORI DI CONFINE) rivendicati da Putin (MENO DELLA META' dei rivendicati, meglio ripetere, perché se novien fuori che ho detto che la Spagna è Russia, strano da te...) sono russi, aggiunti all'Ucraina da Kruscev, con massicce deportazioni annesse.
L'UCraina è l'Ucraina, e ha lo status della PAlestina (mandato tutto, l'homeland ebraica del 1918) rispetto alla Turchia.
Alcuni PICCOLI ripeto PICCOLI territori al confine sono nella situazione opposta.


Luca Schieppati
"Tutto ciò non per difendere Putin quello che fa rimane inaccettabile anche se la responsabilità del passaggio all'Ucraina di determinate aree e non tutte quelle contese è stata una decisione di Nikita Krusciov."
Questo è nel commento originario. Ho guardato, magari mi ero spiegato male.
"DETERMINATE AREE E NON TUTTE QUELLE CONTESE".
No, ero stato chiaro. Una parte dei territori di confine che rivendica Putin è davvero Russia. L'altra NO. Il resto dell'Ucraina, OVVIAMENTE no.



Mosca esclude invasione, Kiev denuncia: 130 mila militari al confine
RaiNews
31 gennaio 2022

https://www.rainews.it/articoli/2022/01 ... 7de76.html

Il rappresentante permanente russo alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, ha escluso la possibilità di un'invasione dell'Ucraina anche se i colloqui sulle garanzie di sicurezza chieste da Mosca dovessero fallire. "Posso escludere una invasione dell'Ucraina anche se i nostri negoziati sulla sicurezza europea e globale dovessero fallire", ha detto Nebenzya ai giornalisti. Ma i militari russi ammassati alla frontiera con l'Ucraina sono ora 130mila, ha denunciato l'inviato di Kiev all'Onu, Sergiy Kyslytsya. "La domanda è perché ci sono tutte queste forze lì?", ha aggiunto, nel suo intervento alla riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu dedicata alla minaccia alla sicurezza posta dalle azioni di Mosca.

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in una video intervista al Washington Post, intanto sottolinea: "Quello che sappiamo è che c'è un continuo accumulo militare, il più grande ammassamento di forze in Europa dalla Seconda guerra mondiale, e queste sono forze equipaggiate in modo pesante. Le vediamo dal sud della Crimea, a Est nella vera Russia, ma anche nel Donbass e le vediamo, ovviamente, anche nel nord della Russia. E non c'è alcun segno che l'accumulo stia rallentando, in realtà continua". Secondo Stoltenberg, "questo è una fatto, una realtà. E poi possiamo leggere tutte le dichiarazioni molto minacciose e gli ultimatum che la Russia sta lanciando alla Nato, che richiede cose che per la maggior parte non possiamo fornire", ha aggiunto il segretario generale.

La Casa Bianca ha confermato la preparazione di sanzioni contro "la cerchia ristretta" del Cremlino, da attuare in caso di invasione russa dell'Ucraina. "Posso confermare che abbiamo sviluppato pacchetti di sanzioni mirate sia alle elite russe che ai loro familiari se la Russia invaderà ulteriormente l'Ucraina", ha detto la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki nel briefing con la stampa, aggiungendo che le misure sono state messe a punto "in coordinamento con alleati e partner". Secondo Psaki, gli individui identificati "sono nel circolo più ristretto del Cremlino e hanno un ruolo nelle decisioni del governo o sono per lo meno complici del comportamento destabilizzante del Cremlino". Molti di questi "verrebbero isolati dal sistema finanziario internazionale perché "hanno profondi legami finanziari con l'Occidente".

Preoccupazioni ci sono state nelle stesse ore per un gruppo navale russo che attraversava il canale di Sicilia nell'ambito di annunciate esercitazioni navali nel Mediterraneo. Ma lo Stato Maggiore della Difesa ha rassicurato che "la formazione sta effettuando un transito in acque internazionali e non viola la sovranità degli Stati rivieraschi", aggiungendo che la Nato continua a seguire la navigazione del gruppo navale sin dalla partenza ed escludendo "comportamenti o volontà escalatorie" da parte dell'Alleanza e della formazione navale russa.

Al lavoro per Ucraina in Ue

In Ucraina "stiamo facendo riforme che non sono facili. Stiamo tentando di costruire un Paese europeo solido e stabile. Vorremmo sentire in risposta una data" nella quale "l'Ucraina potrà diventare un Paese partner dell'Ue e una data nella quale potrà accedere all'Ue come membro a pieno titolo". Lo sottolinea il premier ucraino Denys Shmyhal, in una conferenza stampa a Kiev, trasmessa dai servizi audiovisivi dell'Ue, insieme al vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis, con il quale è stato fatto "un punto per coordinarci sulle sanzioni" che l'Ue ha assicurato che imporrà nei confronti della Russia, qualora dovesse attaccare l'Ucraina.

La Russia sta usando il tema delle forniture del gas all'Europa come "un'arma". Ha detto dal canto suo Valdis Dombrovskis. "Nonostante la domanda di gas in Europa sia alta, Mosca non sta aumentando le forniture e i depositi del gas sono pieni al 50%. Non è una situazione del tutto nuova, la Commissione è stata chiara sul fatto che il progetto Nord Stream 2 non è in linea con le nostre regolamentazioni e ogni nuovo progetto non deve ledere la posizione dell'Ucraina di Paese di transito del gas", ha aggiunto.

No alla richiesta russa di bloccare la discussione Onu

La Russia ha chiesto di ricorrere al voto per tentare di evitare la riunione del Consiglio di sicurezza Onu sulla questione ucraina, richiesta dagli Stati Uniti.

La posizione di Mosca però è stata bocciata con 10 voti a favore della riunione (Usa, Regno Unito, Norvegia, Emirati, Albania, Brasile, Ghana, Francia, Irlanda, Messico), due contrari (Russia e Cina) e tre astensioni (Gabon, India, Kenya). Mosca avrebbe avuto bisogno di nove voti per lo stop.

La Russia aveva chiesto il voto procedurale per bloccare la riunione del consiglio di sicurezza, riunione che l'ambasciatore russo presso l'Onu, Vassily Nebenzia, aveva definito un tentativo degli Stati Uniti di fuorviare la comunità internazionale sulla situazione al confine con l'Ucraina.

"Il dispiegamento di truppe russe in territorio russo" è indicato come "minaccia alla pace e sicurezza internazionale", ha detto l'ambasciatore, sottolineando che Washington tenta di scatenare l'isterismo e usa la "diplomazia del megafono".

Gli Stati Uniti intanto chiedono al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di "valutare non solo le dichiarazioni della Russia, ma anche le loro azioni e i rischi che pongono non solo all'Ucraina e agli ucraini ma per tutti noi" e a "esprimersi chiaramente" in favore della diplomazia piuttosto che del conflitto.

Nel suo intervento nella riunione del Consiglio di sicurezza per discutere della minaccia posta dalla Russia con il dispiegamento di militari "in territorio russo, ma a poca distanza dal territorio ucraino, un Paese che la Russia ha già invaso", la rappresentante di Washington Linda Thomas-Greenfield ha ribadito che "se la Russia rifiuta di sedersi al tavolo con noi e rimanerci, allora il mondo saprà chi è responsabile".

Kiev: dialogo senza concessioni

Kiev è favorevole allo sviluppo di un dialogo costruttivo con Mosca, ma non prevede di fare concessioni. Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri ucraino, Dmitri Kuleba, citato dall'agenzia Sputnik. "L'Ucraina è disposta ad avere negoziati costruttivi con la Russia, ma nessuno ci farà pressioni o ci costringerà, perché l'Ucraina ha già fatto abbastanza per la pace. Ora tocca alla Russia", ha detto Kuleba, aggiungendo che Kiev non farà più concessioni "se Mosca non cesserà prima la sua escalation militare".

Colloquio telefonico Macon-Putin

Il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha parlato nuovamente oggi per telefono con il presidente russo Vladimir Putin. Ne danno notizia fonti dell'Eliseo. Il colloquio "fa seguito alle conversazioni del presidente della Repubblica con i suoi omologhi russi e ucraini di venerdì scorso e si iscrive nella stessa logica di de-escalation", aggiungono le fonti. I due presidenti hanno "accolto favorevolmente i progressi" della riunione Formato Normandia ed "auspicano di proseguire il dialogo" per un'applicazione degli accordi di Minsk relativi alla situazione nel Donbass.

Erdogan a Kiev

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, è atteso questa settimana a Kiev per una visita ufficiale. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri ucraino, Dmitri Kuleba, in un briefing. In queste settimane in più occasioni Erdogan ha dichiarato pubblicamente di voler mediare nella crisi tra Russia e Ucraina, sostenendo di voler organizzare un faccia a faccia in Turchia tra i leader dei due Paesi. Proposta, tuttavia, bocciata dal Cremlino, secondo cui Kiev non adempie agli obblighi previsti dagli accordi di Minsk. Il ministro Kuleba ha poi confermato che nelle prossime due settimane sono attesi a Kiev i primi ministri di Regno Unito, Paesi Bassi e Polonia, mentre il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, si trova già in Ucraina.

Orban a Mosca

Il premier ungherese Viktor Orban sarà domani in visita a Vladimir Putin, ufficialmente per mettersi d'accordo su un consistente aumento delle forniture di gas russo, della produzione del vaccino Sputnik in Ungheria, della centrale nucleare che il colosso pubblico russo Rosatom sta costruendo nel Paese e persino di comuni progetti di esplorazioni nello spazio. Ma la questione Ucraina potrebbe far parte della discussione con il capo del Cremlino.

Berlino su sanzioni

Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, vuole che il governo tedesco adotti "misure ferree" in caso di aggressione russa all'Ucraina. "Non devono esserci dubbi quanto al fatto che la Germania difende il diritto internazionale", ha dichiarato all'emittente Welt. "Se il Cremlino viola le frontiere, e con questo intendo tanto quelle territoriali quanto quelle giuridiche e politiche, Mosca deve sapere chiaramente che siamo pronti ad adottare misure ferree". Il leader del partito liberale tedesco - membro della coalizione di governo - si è detto "del tutto a favore della ricerca di un percorso di cooperazione con la Russia, il grande popolo russo e la sua tradizione meritano rispetto, ma i suoi leader, i leader del popolo russo devono attenersi alle regole in Europa".

Ue: sanzioni coordinate con Nato

"L'Unione europea attualmente sta cercando di risolvere i problemi con la Russia attraverso il dialogo, ma se la diplomazia dovesse fallire ovviamente siamo pronti a usare strumenti di deterrenza e misure restrittive" sulle quali "il lavoro è già molto avanzato" e "ci stiamo coordinando e consultando da vicino con la Nato e altri partner". Lo ha dichiarato Peter Stano, portavoce della Commissione europea per gli affari esteri, nel briefing quotidiano con la stampa."Stiamo considerando tutte le opzioni possibili sulle sanzioni in reazione a potenziali azioni russe contro l'Ucraina", ha aggiunto il portavoce.
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Re: La Russia di Putin

Messaggioda Berto » sab gen 29, 2022 2:34 pm

Ucraina, crocevia d'Europa: perché Kiev è strategica
Autore Andrea Muratore
4 febbraio 2022

https://it.insideover.com/storia/ucrain ... egica.html

L’eterno ritorno dell’Ucraina sta andando in scena da diversi mesi, amplificando una situazione di tensione ai confini orientali dell’Europa consolidata da anni: il braccio di ferro tra Kiev e la Russia, con la prima sostenuta alle spalle dall’Occidente a guida americana, è la fase più recente del post-Maidan e dei fatti inaugurati dall’annessione russa della Crimea nel 2014, ma si inserisce in un continuum che per un intero millennio ha visto l’Ucraina decisiva per le sorti dell’Europa orientale.

Vasta, pressoché priva di ostacoli naturali, terra di incontro e commistione tra popoli, crocevia tra Eurasia, Mar Nero, Mitteleuropa l’Ucraina è doppiamente limes: lo è per la Russia, che ne ha storicamente fatto la sua porta sull’Europa, ma lo è anche per il Vecchio Continente stesso, a corrente alternata nella sua volontà di ammettere Mosca al consesso europeo. Terra di valenza geopolitica per eccellenza, l’Ucraina è sempre stata confine, linea divisiva, terra di difficile inquadramento e dominio.

Cinque risposte sulla crisi tra Russia e Ucraina
Occupando la Bielorussia, Putin spaventa l’Ucraina
Questione ucraina e crisi del gas, il doppio blackout europeo

Questi temi sono studiati con approfondimento dallo storico Giorgio Cella nel saggio Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus’ di Kiev a oggi, trattato che approfondisce queste dinamiche e inquadra l’Ucraina e la sua natura di crocevia strategico. Cella viaggia indietro nel tempo e parte nientemeno dalla Rus’ di Kiev, l’entità statuale sorta nel IX secolo come risultato dello stanziamento, avvenuto a partire dal secolo precedente, di alcune tribù vichinghe svedesi, chiamate Rus’, in alcune zone dell’Europa nordorientale abitate da tribù slave, finniche, baltiche. Esteso dal Mare di Barents al Mar Nero, il regno della Rus’ unì al suo interno tutte le terre decisive che hanno costituito il diaframma tra Vecchio Continente e Russia, le aree contese dagli Zar con il Granducato di Polonia e Lituania e la Svezia prima, la Prussia poi; lo Heartland, il “cuore geopolitico” del mondo indicato da Halford Mackinder come area da dominare per la supremazia in Eurasia; le terre di sangue contese e travolte dall’attività dei totalitarismi nazista e sovietico tra gli Anni Trenta e Quaranta; il cuscinetto creato da Stalin ai tempi della Guerra Fredda; infine, il fronte di avanzamento della Nato verso Occidente dagli Anni Novanta in avanti. Tutto questo è stato avviato dalla Rus’ di Kiev e dalla sua scelta di guardare all’Europa, suggellata con l’abbraccio del cristianesimo da parte del principe Vladimir I nel 980.

La scia dell’eredità della Rus’ di Kiev ha creato una faglia identitaria importante: la madre di tutte le nazioni russe si identifica, nel suo cuore profondo, con l’Ucraina e la sua capitale, e Cella sottolinea la valenza geopolitica e narrativa di questo fatto. La storia dell’epopea dei vichingi giunti sul Don e sul Dnepr per formare uno Stato multiculturale, mercantile, infine cristiano ha nei secoli continuato a emergere e riaffiorare come tema di discussione in termini di primato nazionalista e di contesa del passato, tra i principali di questa entità statuale medievale: la Russia e l’Ucraina.

Strutturandosi come popolo, la nazione ucraina ha nei secoli mostrato una costante coppia di comportamenti: la ricerca di patroni (o guide, addirittura) esterne come alternativa alla dominazione di Mosca e uno sguardo, spesso strumentalmente accentuato, alle dinamiche occidentali come contraltare alle mire di Mosca. L’unione di Lublino del 1569, ad esempio, contribuì a consolidare il dominio polacco-lituano con la confederazione tra i due Stati che rafforzava la presa della Polonia sull’Ucraina, mentre l’unione di Brest del 1596, ricorda Cella, condusse alla nascita della chiesa sui iuris greco-cattolica. Vero e proprio pied-a-terre anti-russo in una zona in cui, lo dimostra il caso della Chiesa ortodossa, la religione è tuttora importante fattore identitario.

Per secoli, non a caso, la maggiore garanzia del dominio russo sull’Ucraina, dopo la fine della dominazione della Polonia-Lituania, fu la volontà di scendere a patti con le peculiarità di una terra ben diversa dalla semplice accezione di “cuscinetto” che le è spesso cucita addosso. La rivoluzione del 1648 scoppiata per mano cosacco-ucraina, incarnata e capitanata dall’etmano Bohdan Chmel’nyc’kyj saldò nell’asse della fedeltà personale tra i Cosacchi e gli Zar le basi per l’egemonia russa sull’Ucraina, che sarebbe sostanzialmente durata fino all’epoca sovietica garantendo ai guerrieri del Don un rispetto sostanziale delle proprie tradizioni in cambio della fedeltà alla corona di San Pietroburgo.

Perché si parla di una crisi tra Ucraina e Russia
Dov’è posizionato l’esercito russo ai confini con l’Ucraina
Gli otto motivi per i quali la Russia potrebbe invadere l’Ucraina

In quei tempi l’espansione russa verso il Mar Nero aprì il vaso di Pandora di un’ulteriore questione destinata a segnare la storia russo-ucraina: la partita della Crimea. “La Crimea è una questione che si lega agli ultimi tre secoli di storia delle relazioni internazionali, ergo europee, precisamente dal 1783 quando la zarina Caterina II annesse la penisola all’impero russo, sottraendolo all’Impero Ottomano, che da secoli era il protettore di questo territorio di tradizione turcico-islamica, patria dei tatari di Crimea, per l’appunto, tutt’oggi presenti. Altro capitolo fondamentale di questa storia si trova nel 1954, anno del trasferimento della penisola crimeana al territorio ucraino per volere di Krushev”, ha dichiarato Cella in un’intervista a Il Domani d’Italia. L’atto di Krushev, spesso letto come una sorta di regalo del dirigente sovietico nato proprio in Ucraina alla sua terra d’origine per consolidarla come seconda Repubblica dell’Urss, è da Cella interpretato, invece, come definitiva consacrazione della dominazione imperiale sovietica, erede di quella zarista, rafforzata dopo l’era dello stalinismo in cui l’Ucraina fu “bersaglio” della repressione di massa, terra della tremenda carestia dell’Holodomor, infine area contesa con la Germania nazista e sede di alcune delle pagine più brutali dell’Olocausto.

Si arriva dunque all’epoca contemporanea, che sconta l’eredità del passato e le influenze strategiche delle dinamiche dell’ultimo trentennio: la fine della Guerra Fredda, la marcia a Est della Nato, l’influenza della riunificazione tedesca sugli assetti geoeconomici dell’Europa orientale, l’ingresso nell’Unione Europea, a fianco di Paesi caratterizzati da uno sfasamento della concezione temporale rispetto alla loro, creando il cortocircuito degli ultimi anni, ben evidenziato dal rafforzamento dell’asse di Visegrad e dall’influenza giocata da Stati come la Polonia su Bruxelles. Tutto questo ha enfatizzato la valenza geopolitica dell’Ucraina, a cui il grande dilemma sul rapporto con l’Occidente di Vladimir Putin, autore di una politica strategico-militare molto assertiva ma contraddistinto da una leadership che ha visto tendere al ribasso nell’ultimo ventennio tutti gli indicatori della potenza russa, ha aggiunto il resto. Sull’Ucraina si stanno scaricando sia le eredità di una storia che non passa, specie nell’Europa orientale che non dimentica traumi e influenze di lungo corso, che le contingenze di una politica internazionale anarchica e competitiva. Avente, inevitabilmente, le pianure sarmatiche dell’Ucraina come uno dei maggiori oggetti del suo interesse.



Gli Usa: la Russia aumenta le truppe al confine, così migliaia di vittime. Ucraina: non credete a visioni apocalittiche
Dmytro Kuleba
February 6, 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/ucrai ... 87200.html

Sul New York Times i rapporti dell'intelligence. Ma Putin non avrebbe ancora preso la decisione finale

Resta teso il clima sul fronte Ucraina. Secondo gli Stati Uniti, la Russia avrebbe intenzione di invadere il Paese mettendo insieme il 70% delle forze necessarie. Per questo Biden ha informato i parlamentari americani e i partner europei: un'eventuale escalation potrebbe causare fino a 50mila morti civili e 23mila militari ucraini (oltre a 3.000-10.000 soldati russi). «Così cadrebbe Kiev in due giorni, scatenando una crisi umanitaria con fino a 5 milioni di rifugiati in Europa». Questo è lo scenario descritto dal New York Times: l'intelligence Usa non pensa che Putin abbia preso la decisione finale, ma ritiene che nel caso non muoverà fino alla seconda metà di febbraio, quando il terreno ghiacciato agevolerebbe il passaggio dei mezzi pesanti e le Olimpiadi invernali di Pechino saranno finite o quasi, evitando così di inimicarsi il presidente cinese Xi Jinping, che resta un alleato indispensabile. Nel frattempo, Mosca ha aumentato le truppe. Secondo il Washington Post, che riporta la stessa notizia, sono stati schierati 83 gruppi di battaglioni tattici, con circa 750 militari ciascuno, contro i 60 di due settimane fa. Le truppe sono supportate da decine di migliaia di persone per la logistica, il supporto aereo e quello medico. Finora gli Usa hanno stimato la presenza militare russa ai confini con l'Ucraina in 100 mila uomini, l'intelligence occidentale in 130 mila.

Russia, il Pentagono: «Un pretesto e l'Ucraina sarà invasa». Putin fa asse con Pechino sul gas
Ucraina: soluzione diplomatica ha più chance di escalation

Secondo la presidenza ucraina, però, le chance di una soluzione diplomatica esistono eccome. Anzi, sono maggiori di quelle di una escalation militare in Ucraina. «Le possibilità di trovare una soluzione diplomatica per la riduzione dell'escalation sono considerevolmente maggiori della minaccia di un'ulteriore escalation», ha affermato Mykhailo Podoliak, consigliere del capo dell'amministrazione presidenziale ucraina, dopo essere stata avvertita dall'intelligence statunitense che Mosca ha intensificato i suoi preparativi per un invasione su vasta scala dell'Ucraina. «Una significativa concentrazione di truppe russe vicino ai nostri confini è stata mantenuta dalla scorsa primavera», ma per «effettuare massicce pressioni psicologiche», la Russia sta effettuando «massicce rotazioni», manovre e movimenti di armi, ha proseguito il funzionario in alcune dichiarazioni scritte forniti all'AFP dal servizio stampa della presidenza. Tuttavia, l'Ucraina e i suoi alleati occidentali devono «essere pronti per tutti gli scenari e stiamo eseguendo questo compito al 100%», ha inoltre affermato Podoliak.

«Non credete a previsioni apocalittiche»

«Non credete alle previsioni apocalittiche», ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, dopo che l'amministrazione americana, attraverso il New York Times, è tornata a lanciare un allarme per una possibile invasione russa dell' Ucraina che potrebbe portare alla caduta di Kiev in due giorni e provocare fino a 50.000 morti civili. «Capitali diverse - afferma Kuleba - hanno scenari diversi, ma l'Ucraina è pronta a qualsiasi sviluppo. Oggi l'Ucraina ha un forte esercito, un sostegno internazionale senza precedenti e la fiducia degli ucraini nel loro Paese».

Не вірте апокаліптичним прогнозам. В різних столицях прораховують різні сценарії, але Україна готова до будь-якого розвитку подій. Сьогодні Україна має потужну армію, безпрецедентну міжнародну підтримку та віру українців у свою державу. Це ворог має нас боятися, а не ми його.




«Ucraina, nessun accordo». Il Cremlino gela Macron: non ritiriamo le nostre truppe
Francesca Pierantozzi
8 febbraio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/ucrai ... 91640.html

Emmanuel Macron vede delle «soluzioni concrete» alla crisi Ucraina: lo ha ripetuto ieri a Kiev al presidente Volodymir Zelensky, incontrato dodici ore dopo il lungo colloquio a Mosca con il presidente russo Vladimir Putin. Peccato che viste dal Cremlino, le soluzioni auspicate dal negoziatore Macron, sembrino assai meno «concrete». All‘indomani delle cinque ore e mezzo di tête-à-tête («Mi ha torturato», ha detto Putin) Macron sembrava aver portato a casa, in Europa, un primo passo russo verso la de-escalation e in particolare l’impegno di Mosca a non prendere nuove iniziative militari al confine con l’Ucraina e a ritirare le truppe impegnate in esercitazioni congiunte in Bielorussia, al termine delle manovre comuni. Ma Putin gela tutti subito: «No, non è esatto, non c’è stato nessun impegno - ha risposto seccamente il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov –. Semplicemente nessuno aveva mai detto che le forze russe sarebbero restate sul territorio bielorusso». In compenso sei navi da guerra russe stanno confluendo nel Mar Mero per altre esercitazioni marittime. Putin «mi ha detto che questo non sarà all’origine di un’escalation - ha ribadito ieri Macron andando a Kiev – non è poco».

L’IMPEGNO DELL’ELISEO

Il presidente francese – che si è assunto il ruolo di grande negoziatore per l’Europa, di cui la Francia assicura il semestre di presidenza – ha ripetuto più volte (di nuovo ieri andando a Kiev) di voler «distinguere le tensioni in atto nelle regioni di frontiera tra Russia e Ucraina e i disaccordi tra Russia e Occidentali sulla Nato». Anche qui, vista dal Cremlino, la distinzione sembra molto più sfumata. Con Macron al fianco, il presidente Putin non ha esitato l’altra sera a brandire la minaccia nucleare, avvertendo, in caso di ingresso dell’Ucraina nella Nato e di un eventuale scontro sul fronte orientale, per esempio in Crimea (annessa dalla Russia nel 2014) che gli alleati sarebbero tenuti a entrare in guerra al fianco di Kiev: «Ditelo ai vostri lettori e ai vostri spettatori – ha detto Putin rispondendo a un giornalista – Sono certo che non lo vogliono. E nemmeno io lo voglio…Non dimenticate che c’è il nucleare!».


LA MARATONA DIPLOMATICA

Da Kiev, Macron ha continuato a farsi portavoce dei toni della diplomazia, ha elogiato il «sangue freddo» dell’Ucraina e del presidente Zelensky, che ha apertamente auspicato un nuovo vertice a livello di capi di stato del format Normandia (Francia, Germania, Russia e Ucraina) che domani si riunirà, ma soltanto a livello di sherpa, a Berlino. Proprio a Berlino si è recato ieri sera il solito Macron per incontrare il cancelliere Olaf Scholz, a sua volta reduce da un incontro a Washington con il presidente Usa Joe Biden. A Berlino Macron ha trovato anche il presidente polacco Andrzej Duda. L’obiettivo è ora aprire la pista diplomatica, seguendo i binari degli accordi di Minsk del settembre 2014: «È l’unica strada che ci permette di costruire la pace, grazie a una soluzione politica sostenibile» ha martellato Macron, secondo il quale aver ottenuto, se non un inizio di “de escalation”, almeno «il fatto che non ci sia un’ulteriore escalation» è già un risultato: «Se Vladimir Putin ha detto che l’ho torturato, è perché ho martellato sulle garanzie alle frontiere con l’Ucraina. Gioca sulle ambiguità».

ITALIA IN CAMPO

«Lavoriamo per evitare il rischio di un’escalation militare» ha confermato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, davanti alle commissioni congiunte Esteri e Difesa, precisando tuttavia che «se ci sarà bisogno, l’Italia è pronta a fare la sua parte nei dispositivi di deterrenza, per esempio sul fianco Est». Sullo stesso tono l’intervento del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che ha sottolineato l’esigenza di «irrobustire il dispositivo schierato a difesa del fianco est dell’Alleanza Atlantica» e che «l’Italia ha già confermato la disponibilità a fornire il proprio contributo qualora la Nato decidesse in tal senso». «Il rapporto transatlantico – ha detto Guerini – è il cardine della sicurezza e della pace in Europa e chi coltiva l’obiettivo di dividerci resterà deluso».



Soldati a Chernobyl: la guerra potrebbe coinvolgere anche la centrale?
Autore Mauro Indelicato
8 febbraio 2022

https://it.insideover.com/guerra/soldat ... trale.html


Da una parte un soldato appena arrivato da Kiev, dall’altra un fabbricato oramai ricoperto da rampicanti dalla cui finestra si scorgono vecchi attrezzi e vecchi mobili abbandonati. Da una parte quindi il tempo attuale, quello che parla delle crescenti tensioni tra Ucraina e Russia, dall’altra il tempo passato, immobile e fermo da quasi 36 anni. Le ultime immagini arrivate dal nord dell’Ucraina mostrano come l’area di Chernobyl si sta riappropriando della storia. Qui dove anche i calendari rimasti appesi nelle case e negli uffici evacuati riportano la data del 21 aprile 1986, il giorno dell’esplosione nucleare più tristemente nota di sempre, la contemporaneità è tornata a fare capolino. La storia sta ripassando da queste parti perché è da qui che passa il corridoio più corto tra Kiev e la Bielorussia. In caso di invasione russa da nord, le truppe di Mosca si imbatterebbero in primo luogo con il sarcofago che avvolge il reattore numero 4, quello da cui è partito il disastro. Per questo i comandi militari ucraini hanno deciso di inviare qui i soldati. Truppe disperse nella boscaglia contaminata a guardia di un territorio disperso tra i meandri della storia ma diventato, improvvisamente, perno della contemporaneità.

Da Chernobyl passa la difesa di Kiev

I confini più caldi in questo momento sono quelli orientali. É qui del resto che Russia e Ucraina vengono direttamente a contatto. Gli occhi sono puntati da settimane su Charkiv, seconda città ucraina. Più di un milione di abitanti che vivono a 40 km dalla frontiera russa e una minoranza russofona al suo interno che possibilmente renderebbe meno difficoltoso il passaggio dei mezzi di Mosca. Non è un caso che buona parte dei soldati russi ammassati lungo i confini ucraini si trovi proprio a una manciata di ore dalla città. Le tensioni tra Russia e Ucraina sono divampate soprattutto a partire da dicembre e sono figlie di un conflitto che si trascina almeno dal 2014. Motivo del contendere è il posizionamento geopolitico di Kiev: il Cremlino non accetterebbe mai un governo ucraino pienamente integrato nella Nato. Obiettivo principale quindi non è Charkiv, ma per l’appunto la capitale. Se dai corridoi orientali dovessero sorgere dei problemi oppure se i generali russi volessero aprire più fronti, allora Kiev potrebbe essere presa più facilmente da nord.

I corridoi in questo caso sarebbero due e avrebbero origine dal territorio bielorusso. Il primo seguirebbe l’itinerario dell’autostrada M01, l’arteria cioè che collega la città bielorussa di Homel con quella ucraina di Chernihiv, prima di confluire nella periferia orientale di Kiev. Quello più breve, e quindi più potenzialmente appetibile per i russi, avrebbe invece come snodo principale proprio Chernobyl. La centrale nucleare si trova a meno di 20 km dalla frontiera con la Bielorussia. Lasciandosi alle spalle il sarcofago attorno ai reattori, Kiev dista non più di 140 km. E non ci sono, nel mezzo, ostacoli militarmente rilevanti. Da qui la scelta delle autorità ucraine di presidiare la zona contaminata. La decisione è stata presa dopo le esercitazioni congiunte tra russi e bielorussi della settimana scorsa. Il governo di Minsk ha dichiarato di appoggiare la Russia nella disputa con l’Ucraina, altro indizio che porterebbe a pensare alla concessione del proprio territorio alle truppe del Cremlino in caso di guerra.

Quei soldati inviati nella foresta

Intervistato dagli inviati del New York Times, il colonnello Yuri Shakhraichuk, a capo delle guardie di frontiera ucraine, sembra essere consapevole di non avere forze a sufficienza per frenare l’arrivo dei soldati russi: “Ma qui raccogliamo informazioni – ha dichiarato ai giornalisti statunitensi – Da qui monitoriamo cosa avviene dall’altra parte”. Lo scenario è surreale. Perché tutto fa pensare, guardando il posizionamento delle truppe inviate da Kiev, a un prossimo fronte di guerra. Ma non ci sono attorno città da difendere o civili da evacuare. Ci sono soldati inviati nel nulla, lì dove la storia non mette piede da quasi quattro decadi. L’unico filo di collegamento tra Chernobyl e la contemporaneità è dato da comitive di turisti che possono visitare per poche ore i cimiteri industriali e le località abbandonate oppure dagli operai che al mattino lavorano per la messa in sicurezza della centrale. Quando cala la sera, da 36 anni a questa parte, la vita svanisce. I visitatori rientrano a Kiev, i lavoratori in altre città lontane dalla cintura di sicurezza.

Una cintura larga almeno 30 km dal cuore della centrale. Per legge qui è vietato risiedere ed è vietato avviare qualsiasi tipo di attività. I terreni sono ancora contaminati e l’uomo li ha dovuti lasciare alla natura che, dal canto suo, si sta riprendendo ogni spazio. Una situazione riscontrabile anche al di là del confine. In Bielorussia, in un’area che si estende fino a 90 miglia oltre la frontiera, vi è la Polesie State Radioecological Reserve. Una zona disabitata, una fascia di sicurezza per impedire che la popolazione venga a contatto con i lasciti dell’esplosione del 21 aprile 1986. Sembra difficile pensare che proprio questo territorio a breve possa essere destinato a diventare teatro di una nuova guerra. Ma gli eventi in corso potrebbero trasformare il surreale in reale.

In caso di guerra la centrale è al sicuro?

I primi rischi di un conflitto all’ombra del reattore numero 4 li correrebbero i soldati, ucraini o russi che siano. L’esposizione prolungata alle radiazioni nel lungo periodo potrebbe procurare danni fisici importanti. Chi lavora dentro la fascia di sicurezza può restare al massimo pochi giorni, poi deve dare il cambio ad altri colleghi. Chi controlla Chernobyl deve quindi mettere in conto un rapido e veloce ricambio di truppe. Quanto al coinvolgimento diretto della centrale negli scontri, i rischi appaiono remoti. Il materiale radioattivo è ingabbiato all’interno di un grande sarcofago e, più che un conflitto, a preoccupare sono possibili infiltrazioni di acqua che nel 2021 hanno fatto parlare di un possibile “risveglio” del reattore del disastro.




Wagner si sposta dall'Africa all'Ucraina: la Russia prepara la guerra ibrida?
Autore Andrea Muratore
5-7 minuti

https://it.insideover.com/difesa/wagner ... brida.html

La presenza del Gruppo Wagner ai confini russo-ucraini è stata confermata da diverse fonti di intelligence occidentale. Nei giorni scorsi il sito americano Daily Beast ha rivelato che la raccolta di fonti sul campo ha permesso di scoprire che sarebbe in corso un trasferimento di contractor militari di Wagner dalla Repubblica Centrafricana alle aree russe prossime al confine ucraino. Vladimir Putin starebbe dunque rinforzando con i contractor specialisti in operazioni coperte e ibride il nerbo delle forze russe schierate ai confini tra Russia e Ucraina, area in cui già opera una forza di circa centomila uomini armati e in assetto di battaglia.

Trappola ucraina contro Nato e Stati Uniti
Soldati a Chernobyl: la guerra potrebbe coinvolgere anche la centrale

In quest’ottica, tra voci contraddittorie che parlano di una possibile invasione russa nelle prossime settimane e smentite secche, la presenza di Wagner intorbidirebbe notevolmente le acque. Da più parti si sottolinea la presenza di uomini della compagnia privata Wagner in Ucraina già ai tempi della crisi del 2014 e il legame contiguo tra il gruppo fondato da Dmitri Utkin, e che pare abbia tra i suoi patroni lo “chef di Putin” Yevgeny Prigozhin, come elementi degni di attenzione per capire se lo spostamento di effettivi dall’Africa all’Est Europa possa essere un campanello d’allarme per un’invasione.

Del resto, già a novembre Bellingcat, sito di open source intelligence, aveva rivelato la presenza di duecento effettivi Wagner a fianco delle forze di sicurezza bielorusse intente a reprimere le proteste nel giardino di casa della Russia. E nei giorni dell’annessione russa della Crimea e del golpe filoccidentale a Kiev del 2014 Mosca si avvalse del ruolo dei cosiddetti “omini verdi”, con divise mimetiche ma senza distintivi che potessero ricollegarli a milizie russe ufficiali, nella cui scelta e nel cui arruolamento gli uomini della Wagner potrebbero avere avuto un ruolo molto importante in grado di ripetersi oggigiorno. Nel luglio 2020, poi, le indecisioni del governo ucraino di Volodymir Zelensky hanno portato al fallimento di un’astuta operazione ideata dal direttore del Comparto intelligence principale presso il ministero della difesa Vasyl Burba e dal primo vicedirettore del Servizio della sicurezza Ruslan Baranetskyi, con cui era stato promosso, nota Ucraine Crisis, “un reclutamento false flag di mercenari per una compagnia militare privata non funzionante” avente come scopo “quello di adescare decine dei combattenti russi, ucraini e bielorussi” legati a organizzazioni come Wagner per portarli in Ucraina e arrestarli. Dimostrando così l’esistenza di collusioni tra poteri russi, compagnie militari private e operazioni sotto copertura.

Sanzionata dall’Unione Europea, sotto accusa degli Usa, temuta dagli ucraini, Wagner è il convitato di pietra nei ragionamenti sulla crisi in Est Europa. E soprattutto la sua presenza alimenta i sospetti dell’esistenza di una complessa strategia di destabilizzazione coperta operata del Cremlino contro Kiev. Formiche sostiene in particolare che ” è già in atto una campagna ibrida contro Kiev con obiettivo una destabilizzazione interna per creare un tessuto sociale più Russia-friendly e rendere l’Ucraina più influenzabile/controllabile. In queste attività che mescolano la guerra informativa e psicologica con azioni militari clandestine, sabotaggi, hackeraggi, altre azioni di interferenza, Mosca è costantemente impegnata, e la Wagner ne è uno degli strumenti specialistici”. Abbiamo dato notizia del torneo di ombre al confine orientale, dei giochi di spie che vedono coinvolti gli hacker filorussi, le spie ucraine, gli agenti della Cia a Kiev.

Dov’è posizionato l’esercito russo ai confini con l’Ucraina
Gli otto motivi per i quali la Russia potrebbe invadere l’Ucraina
“Folle far entrare l’Ucraina nella Nato”

Ovunque e in nessun luogo, la compagnia formata da specialisti della sicurezza, da ex militari di carriera e da figure legate a apparati di intelligence come il Gru è un mezzo di proiezione importante dell’apparato di difesa russo. Mancano, per ora, sull’Ucraina, le “pistole fumanti” rintracciabili in rete per dimostrare altri coinvolgimenti non ammessi esplicitamente ma ben documentati, come dimostrato dalla ricerca su VKontakte e in rete da parte di Wagner di un’ampia gamma di figure professionali da inviare in una missione in Mali in via di definizione in queste settimane: istruttori sanitari, chirurghi, terapisti, tecnici, traduttori dal francese, cuochi e autisti sono ricercati assieme a figure più prettamente militari come genieri, sminatori, operatori e manutentori per droni. Difficile ipotizzare un dispiegamento tanto forte e esplicito anche in caso di presenza di Wagner ai confini orientali: la sua forza sarebbe, in quest’ottica, proprio il silenzio. Per fornire sostegno e appoggio a qualsiasi operazione si sdogani al confine orientale, in forma discreta ma decisiva. La guerra ibrida è anche questo: un gioco di specchi promosso nel silenzio dagli attori geopolitici più attivi.


Ucraina, la Russia schiera 140mila soldati al confine, Kiev inizia le esercitazioni e Londra avverte: «Guerra possibile»
Giovedì 10 Febbraio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/ucrai ... 95460.html

Continua l'escalation di tensione nel fronte ucraino. Dopo le manovre navali nel Mar Nero avvenute nella notte, la Russia e la Bielorussia hanno iniziato oggi le esercitazione militare congiunta lungo il confine ucraino, che si protraranno fino al 20 febbraio. Il timore degli alleati occidentali è che Mosca stia pianificando una grande escalation del conflitto in Ucraina. Secondo il ministro della Difesa Ucraino, Oleksii Reznikovle sarebbero 140mila i soldati della forza militare dislocati a ridosso delle frontiere. Kiev ha già reagito iniziando oggi le esercitazioni militari con l'impiego di droni armati e razzi anti carro forniti dagli Stati Uniti e da altri Paesi Nato. Poche ore fa è arrivato anche il supporto della Gran Bretagna che ha messo in stand by mille uomini, pronti a schierarsi sul fianco est della Nato in caso di invasione russa dell'Ucraina.
L'incontro tra il ministro degli esteri russo e inglese: dialogo bloccato

Nella mattinata di oggi si è svolto anche l'incontro tra il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e la sua controparte britannica Liz Truss. L'esito dell'incontro mette in evidenza ancora una volta la situazione di dialogo "bloccato" tra i due fronti. Durante l'incontro Lavrov ha ribadito che la Russia «non intende invadere l'Ucraina», mentre la ministra britannica ha chiesto che questa affermazione sia «seguita da azioni». «Non vedo altre ragioni per avere 100mila soldati ammassati al confine con l' Ucraina, a parte voler minacciare l'Ucraina. Se la Russia fa sul serio in termini diplomatici deve spostare quelle truppe e desistere dalle minacce» ha detto. Immediata la risposta di Lavrov «Sfortunatamente i nostri tentativi di spiegazione sono stati accolti da orecchie sorde - ha detto alla Bbc - o le nostre controparti non sono al corrente dei fatti o li ignorano deliberatamente».
Russia, le manovre navali sul mar Nero minacciano di bloccare i porti ucraini

A preoccupare gli alleati occidentali sono anche le manovre navali russe nel mar Nero che potrebbero bloccare i porti dell'Ucraina e l'annuncio del ritiro, da parte russa, del personale diplomatico non "essenziale" nella sua ambasciata in Ucraina a lasciare temporaneamente il Paese.

A lanciare l'allarme nella tarda serata di ieri è stato Andrii Klymenko dell'Istituto strategico ucraino di studi sul Mar Nero. Mosca, avverte l'analista, ha diramato un avviso navale e aereo, annunciando esercitazioni missilistiche e di artiglieria fra il 13 e il 19 febbraio nel mar Nero e l'adiacente mare di Azov.

L'avviso è stato diramato mentre sei delle più grandi navi anfibie da sbarco russe sono entrate nel mar Nero dal Mediterraneo. Secondo il sito web Naval News, basato a Parigi, le sei navi sono in grado di trasportare 2mila uomini e 63 tank. Il sito aggiunge che domani potrebbe entrare nel mar Nero anche un sottomarino russo.

«Non voglio creare nessun panico, ma questo assomiglia molto ai preparativi di un 'blocco navalè dei porti ucraini», ha scritto Klymenko su Facebook. L'invasione russa del territorio ucraino della Crimea nel 2014 offre a Mosca vantaggi strategici per minacciare la costa a ovest di questa penisola, dove si trova Odessa, ma anche di controllare lo stretto di Kerch attraverso il quale si entra nel mare di Azov, sul quale si affacciano i porti ucraini di Mariupol, Berdyansk e Henichesk.

#Ukraine Crisis: #RussianNavy #СФ Northern Fleet's Kola based 121st Landing Ship Brigade vessels #ВМФ Project775 Ropucha class LSTM Georgy Pobedonosets 016 & Olenegorsky Gornyak 012 and Project 11711 Ivan Gren class Pyotr Morgunov 117 transited Bosphorus and entered the Black Sea pic.twitter.com/5EfxSSdSuS

— Yörük Işık (@YorukIsik) February 9, 2022

La Nato valuta di rafforzare lo schieramento in Romania

Di fronte alla situazione la Nato sta valutando di schierare gruppi tattici in Romania, vicino al Mar Nero. Lo ha dichiarato il Segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, nel corso di una conferenza stampa congiunta a Bruxelles con il primo ministro britannico Boris Johnson. «Stiamo esaminando l'ipotesi di un cambiamento a lungo termine della nostra presenza nella parte orientale dell'Alleanza. Oggi abbiamo gruppi tattici nei paesi baltici e in Polonia. Il Regno Unito è in testa al gruppo tattico in Estonia e sta aumentando anche la sua presenza in Polonia», ha detto Stoltenberg. «Ora stiamo considerando di avere gruppi tattici simili, ad esempio nella regione del Mar Nero in Romania», ha aggiunto.

I ministri della Difesa della Nato discuteranno del rafforzamento dell'alleanza e del dispiegamento di ulteriori gruppi tattici nell'Europa sudorientale il 16 e 17 febbraio, ha precisato. Nel luglio 2016 la Nato ha deciso la costituzione di quattro gruppi tattici in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, costituiti da un totale di oltre 4.600 truppe, provenienti da più di 20 Paesi.
La Gran Bretagna: «guerra possibile, pronti supportare Kiev»

La Gran Bretagna ha posto mille uomini in stand by per poterli dispiegare sul fianco est della Nato in caso
di invasione dell' Ucraina. Secondo i funzionari britannici, c'è il rischio di un «disastro umanitario» in caso di invasione, con almeno 1,5 milioni di profughi che si riverserebbero soprattutto in Polonia. Il primo ministro britannico Boris Johnson sta mattina ha incontrato Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato a Bruxelles e nel pomeriggio sarà in Polonia. Il premier inglese non esclude un aiuto militare diretto della Gran Bretagna all' Ucraina in caso di invasione russa. «È possibile, non voglio escluderlo» ha detto alla stampa aggiungendo che questa è la «più grande crisi per la sicurezza» che l'Europa si trova ad affrontare «da decenni»
La risposta dell'Unione Europea. Borrell: "appello ad allentare la tensione"

Intanto da Bruxelles è arrivata la risposta alle lettere che Mosca aveva inviato separatamente ai diversi stati dell'Unione. «Ho risposto a nome degli Stati membri dell'Ue alle lettere che hanno ricevuto dal ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. ha scritto in un Tweet l'Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell «Le tensioni e i disaccordi devono essere risolti attraverso il dialogo e la diplomazia. Chiediamo alla Russia di allentare la tensione e di invertire il suo rafforzamento militare in Ucraina e nei dintorni e in Bielorussia».

I replied on behalf of the EU Member States to the letters they received from Minister Lavrov.

Tensions and disagreements must be resolved through dialogue and diplomacy.

We call on Russia to de-escalate and to reverse its military build-up in and around Ukraine and in Belarus.

— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 10, 2022



In Ucraina ora si rischia la nuova crisi dei missili. Allarme tedesco sul gas
Kiev chiede agli Usa il sistema di difesa Thaad. Ira di Mosca. Berlino: riserve di energia crollate
Roberto Fabbri
10 Febbraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1644476073

Una possibile crisi dei missili rischia di complicare la già tesa situazione tra Russia e Occidente. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto agli Stati Uniti che in queste settimane già hanno inviato importanti forniture di armi difensive a Kiev di inviare batterie di intercettori antimissile Thaad per consentire alle forze armate dell'Ucraina di schierarle a difesa di Kharkiv, la seconda città del Paese dopo la capitale, che si trova a poche decine di chilometri dal confine russo. I Thaad rappresentano il meglio della difesa antimissile disponibile in Occidente, e sono utilizzati tra gli altri da Israele e schierati in Paesi Nato come Turchia e Romania. La Casa Bianca non ha ancora risposto alla richiesta di Zelensky, ma Mosca ha subito reagito con toni molto duri: il viceministro degli Esteri Aleksandr Pankin ha ammonito gli americani a «non fare niente di stupido, a non spingere la situazione in un vicolo cieco da cui sarebbe poi difficile uscire». L'altro numero due della diplomazia di Mosca, Sergei Riabkov, ha a sua volta parlato di «provocazione con un elemento di ricatto e pressione su di noi».

A Mosca temono in realtà che le batterie di Thaad e i relativi sistemi radar vicino al loro confine materializzino il loro incubo: il possibile schieramento di un sistema di spionaggio militare americano in grado di «vedere» all'interno del territorio russo per un migliaio di chilometri. Anche se sentir parlare i russi di «ricatto e pressione» contro di loro nel momento in cui schierano oltre centomila militari in assetto di guerra al confine ucraino non sembra un esempio di obiettività. Oltre tutto, nelle ultime ore sono giunte nel mar Nero dai mari del Nord sei navi da sbarco russe cariche di carri armati, che potrebbero essere utilizzate per un assalto a Odessa, il principale porto dell'Ucraina.

Mentre in Occidente ci si continua a interrogare sulla reale volontà di Putin di aggredire l'Ucraina, le diplomazie continuano a lavorare. Ieri, per la prima volta in quattro anni, un ministro degli Esteri britannico è sbarcato a Mosca: una risoluta Liz Truss ha chiarito al collega russo Sergei Lavrov che Londra si aspetta da Putin che scelga la diplomazia al posto della forza, pena conseguenze gravissime. Oggi il premier Boris Johnson farà visita ai militari britannici inviati a sostenere la Polonia, poi incontrerà a Bruxelles il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Domani, infine, il ministro della Difesa Ben Wallace andrà a Mosca per colloqui. Questo mentre si sviluppano gli effetti dell'incontro di lunedì scorso tra Macron e Putin. Macron insiste su un aspetto chiave della crisi russo-ucraina: l'attuazione degli accordi di Minsk del 2015 per giungere alla pace nel Donbass.

Non è un caso se questi accordi, mediati da Francia e Germania, sono lettera morta. Mosca e Kiev ne danno letture diversissime: Putin insiste per la loro applicazione perché vi vede un modo per allontanare l'Ucraina dal campo occidentale, ma Zelensky pretende prima il ritiro delle forze filorusse dal Donbass occupato e respinge l'idea di un'Ucraina federale che darebbe di fatto a Mosca il diritto di entrare nel suo governo e quindi voce nell'orientamento internazionale di Kiev.

C'è infine la questione delle forniture di gas russo all'Europa. In Germania soprattutto c'è preoccupazione perché le riserve sono scese al 35% del potenziale di stoccaggio: compiuta da Angela Merkel la follia di chiudere quasi tutte le sue centrali atomiche, Berlino dipende da Mosca per oltre metà delle sue necessità energetiche, mentre gli Usa premono per lo stop al nuovo gasdotto. E con i Verdi al governo, considera come unica alternativa il potenziamento delle fonti rinnovabili (pulite ma insufficienti): un bel rebus.



Ucraina, cecchine con il rossetto al confine con la Russia: «Le nostre vite per difendere il Paese»
Cristiano Tinazzi
10 febbraio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/ucrai ... 96115.html

«Quando si accorgono di noi, significa che sono già morti». Nelle case, nascosti, i cecchini e le cecchine ucraine aspettano che venga il loro turno. «Ho chiesto ai miei superiori di portarmi in prima linea - spiega la sergente Nataliya mentre alla fine del turno passa il rossetto sulle labbra - devo combattere per il mio Paese». Siamo a Karlivka, un piccolo villaggio situato a circa dodici chilometri da Donetsk. L’ultimo censimento, datato 2001, riportava la presenza di poco più di quattrocento persone. Una chiesa, villette e case modeste, strade squarciate dal passaggio dei carri armati, dall’incuria e dai crateri provocati dai colpi di mortaio. Per le sue strade, a parte alcuni civili che non hanno molta voglia di esporsi, perché non sanno cosa potrà succedere nelle prossime settimane e chi potrebbe controllare queste zone, si muovono soltanto i soldati ucraini.

Ucraina, la Russia schiera 140mila soldati al confine, Kiev inizia le esercitazioni e Londra avverte: «Guerra possibile»

I SEPARATISTI
La prima linea con i separatisti filorussi è a Pisky, alla periferia dell’autoproclamata repubblica di Donetsk. Ma questo villaggio, prima occupato dalla brigata filorussa Vostok e teatro di furiosi combattimenti tra aprile e luglio 2014, è anche la sede di un particolare gruppo di soldati: sono le unità «Sniper Smile», i cecchini della 58° Brigata Motorizzata dell’esercito ucraino. Il loro comandante si chiama Sergej Varakin e ha creato dal nulla questa unità fornendola nel corso degli anni di armi moderne ed equipaggiamento attraverso donazioni e raccolte di fondi tra privati. Ci sono tre regole non scritte che chi voleva entrare nell’unità doveva sempre rispettare: la prima è quella di non bere mai alcol, la seconda è quella di, se necessario, essere disposti a combattere senza un salario, la terza quella di essere sottoposti a una durissima disciplina. «Del primo gruppo di donne e uominiche ho avuto, metà li ho mandati via perché non volevano accettare una di queste regole». Oggi Varakin ne ha inserita una quarta, quella che «tutti devono spendere il sessanta per cento del loro stipendio per ammodernare e migliorare gli strumenti che hanno in dotazione». Varakin per certi versi ricorda vagamente il colonnello Kurtz del film Apocalipse Now di Francis Ford Coppola, un uomo che ottiene senza dover imporre il suo grado un rispetto totalmente incondizionato dei suoi uomini, una sorta di padre adottivo, imponente, carismatico, capace di magnetizzare questi giovani soldati, uomini e donne, catapultati nell’inferno della guerra e strappati dalle loro viti civili: studenti, professionisti, padri o madri di famiglia.

LE GERARCHIE
Le gerarchie, se esistono, perché esistono, sono impalpabili. Il comandante si mette ai cucinare per gli altri, tutto viene diviso, nessuno ha un trattamento diverso dagli altri. Qui non esistono accampamenti, tende militari o un centro comando, i soldati abitano in alcune case del villaggio e una di queste fa da mensa, luogo di ritrovo e sala riunioni. Il cecchino Andrew in camera sua, oltre libri e soprammobili, ha agganciati alla parete due fucili di precisione, e un terzo appoggiato a terra, sul treppiede. Nel 2015 era un membro delle forze speciali di polizia incaricato di catturare i separatisti rimasti in clandestinità nelle città riconquistate dall’esercito ucraino. Poi il passaggio nell’esercito. Tre mesi di addestramento per il corso base. «Il nostro lavoro è di muoverci in silenzio, a circa un chilometro di distanza dai nemici. Quando si accorgono di noi, significa che sono già morti».

IL RACCONTO
Il sergente Nataliya Borisovska ha trentatré anni. A differenza di molti altri è nell’esercito regolare da quando ne ha venti. Nel 2014 dopo l’invasione da parte russa della Crimea e la guerra in Donbass, chiede ai suoi superiori di essere mandata a combattere. Quando parla, raccontando come un fiume in piena anni di vita compressa dalle emozioni, elenca una dopo l’altra, come fossero solo semplici località turistiche, i luoghi dove è stata a combattere e dove ha diretto unità di intelligence. Quando pronuncia Debaltseve il suo vortice di parole si arresta, rallenta: «Ci sono fatti e ricordi che non riesco a dimenticare. Dovevamo eliminare alcuni cecchini separatisti che stavano massacrando i nostri soldati. Siamo dovuti andare a stanarli. Due li abbiamo catturati, altri uccisi». Nella tragica ritirata dalla città avvenuta nel 2016, l’Ucraina ha perso centinaia di uomini. «Ci sono cose che fingo di non ricordare, che metto da parte. Ma ho segnato tutte le date più importanti, una per ogni persona che non c’è più. E quando arriva una di quelle date mi chiudo in me stessa, non rispondo a nessuno. Ci sono momenti in cui devo prendere dei calmanti e urlo in silenzio coprendomi la bocca e poi, quando esco dalla mia camera e vado a incontrare le persone del mio plotone, faccio finta che tutto sia a posto, ma non è così. E’ rimasto tutto dentro di me. Scrivo poesie, dipingo. Solo un modo per far uscire tutto quello che mi fa ancora male». Il record di uomini uccisi, più di cento, lo detiene Ghost, il più preparato e spietato di tutti. Come l’altra donna cecchino dell’unità, nominata da tutti, ma che evita di farsi vedere in giro. Fantasmi.

LE OPERAZIONI
Nel frattempo Mosca lancia esercitazioni militari in Bielorussia, mentre non si placano le tensioni internazionali, con l’Occidente che accusa la Russia di aver concentrato oltre 100.000 soldati vicino ai confini con la repubblica ex sovietica. Mosca ha fatto sapere che le esercitazioni, già in programma, andranno avanti per dieci giorni, fino al 20 febbraio, e assicura che, una volta terminate, i soldati russi torneranno alle loro basi. Niente buone notizie nemmeno dal fronte della diplomazia, con il ministro degli esteri russo Lavrov che si è scontrato con l’omologa britannica Liz Truss. Insomma, la de-escalation auspicata da Macron è ancora lontana.




Ucraina, Gb invita i cittadini a lasciare il Paese. Kiev, ultimatum a Mosca su esercitazioni militari
Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba)
February 11, 2022
Venerdì 11 Febbraio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/ucrai ... 97922.html

Kiev si rivolgerà ai Paesi Osce per convocare una riunione straordinaria dell'Organizzazione
Ucraina, ultimatum Kiev a Mosca: 48 ore per dare spiegazione su esercitazioni militari al confine

L'Ucraina lancia un ultimatum alla Russia. Se entro 48 ore Mosca non fornirà spiegazioni dettagliate sulla natura delle esercitazioni militari in corso a ridosso dei confini del Paese, Kiev si rivolgerà ai Paesi Osce per convocare una riunione straordinaria dell'Organizzazione. «Abbiamo ufficialmente innescato il meccanismo per la riduzione dei rischi previsto dal paragrafo III del Documento di Vienna (un accordo dell'Osce per il controllo degli armamenti convenzionali, ndr), e richiesto alla Russia di fornire spiegazioni dettagliate delle sue attività militari nelle regioni adiacenti al territorio del nostro Paese e in quelli occupati provvisoriamente, ha scritto in un tweet, il ministro degli Esteri ucraino, Dmitro Kuleba.

Ucraina, ultimatum alla Russia

«Secondo il documento di Vienna, la Russia ha il dovere di fornire spiegazioni dettagliate sugli obiettivi, la precisa localizzazione e le date della fine delle sue esercitazioni militari così come la designazione, la catena di comando e il numero e il tipo di formazioni militari e degli equipaggiamenti impiegati», aggiunge, precisando che la «Russia ha 48 ore per rispondere».

«In caso di mancata risposta o di risposta insufficiente o irrilevante, l'Ucraina si rivolgerà alla Russia, e ad altri Paesi firmatari del Documento di Vienna, per convocare una riunione straordinaria in cui la Russia dovrà fornire spiegazioni. «Continueremo a usare tutti gli strumenti diplomatici per garantire la sicurezza dell' Ucraina», ha quindi concluso Kuleba.

Gb invita i britannici a lasciare l'Ucraina

Il Foreign Office invita i cittadini britannici in Ucraina a lasciare il Paese, per la crescente tensione con la Russia, mentre ci sono ancora mezzi di trasporto commerciali disponibili. Inoltre si sconsigliano tutti i viaggi in Ucraina. La decisione arriva sulla scia dello stesso avviso fatto in precedenza dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, per i cittadini americani.

Ue, verso pacchetto sanzioni da finanza a export

La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha partecipato alla riunione in video dei leader occidentali organizzata dagli Usa. I leader, spiega una nota della Commissione, hanno valutato il «significativo sforzo diplomatico per convincere la Russia alla de-escalation» e «hanno sottolineato il sostegno risoluto all'Ucraina». È stata analizzata la «dettagliata cooperazione per la finalizzazione del pacchetto di sanzioni in caso di ulteriore aggressione da parte della Russia» e von der Leyen «ha spiegato che le misure potrebbero riguardare i settori della finanza e dell'energia come anche l'export di prodotti hi-tech».

Cnn: Russia pronta ad attaccare prima della fine delle Olimpiadi

Nuove informazioni di intelligence indicano che la Russia sarebbe pronta a lanciare un attacco all' Ucraina prima della fine delle Olimpiadi invernali di Pechino. Lo riporta Cnn citando alcune fonti.

Ministro Gb: «La Russia assicura che non invaderà»

«Abbiamo ascoltato chiaramente dal governo russo che non c'è intenzione di invadere l'Ucraina». Lo ha detto oggi il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, dopo un colloquio a Mosca con l'omologo Serghei Shoigu. Wallace ha aggiunto di avere da parte sua raccolto «anche alcune delle preoccupazioni» di Mosca riguardo alla sua sicurezza e che Londra intende «fare di tutto per una de-escalation delle tensioni». Il ministro di Boris Johnson ha quindi sollecitato la Russia al «dialogo», ammonendo che «un'invasione avrebbe tragiche conseguenze per tutti: per il popolo ucraino, per quello russo e per la sicurezza in Europa».

Ben Wallace ha attribuito l'assicurazione direttamente a Shoigu nell'ambito di una missione apparsa più focalizzata su aspetti pratici di sicurezza e meno conflittuale nei toni rispetto ai risultati dell'incontro di ieri fra la titolare degli Esteri britannica, Lizz Truss, e il capo della diplomazia di Mosca, Serghei Lavrov. «Sono stato molto chiaro - ha premesso il ministro della Difesa di Londra - sulle tragiche conseguenze che una qualunque invasione dell' Ucraina avrebbe per tutti». «Abbiamo ascoltato le rassicurazioni del ministro Shoigu che non vi è intenzione di invadere l' Ucraina e abbiamo ascoltato anche alcune delle preoccupazioni» russe, ha proseguito, spiegando di aver da parte sua «sollecitato ad affrontare attraverso il dialogo qualunque preoccupazione il governo russo possa avere». Wallace - accompagnato dall'ammiraglio Tony Radakin, neo capo di stato maggiore della Difesa del Regno Unito, nell'ambito di una missione che lo ha visto faccia a faccia pure con l'infuente generale Valeri Gerasimov, capo di stato maggiore russo - ha quindi definito i colloqui moscoviti odierni come alieni a «ogni cecità e sordità», dopo che ieri Lavorv aveva bollato invece come una conversazione fra «un muto e un sordo» quella con Truss. «Sono stati colloqui franchi e costruttivi», ha insistito, parlandone semmai come di un primo passo per riportare le relazioni russo-britanniche - avvelenate negli ultimi anni anche da episodi quali l'attacco nervino contro Serghei Skripal, l'ex spia doppiogiochista rifugiata in Inghilterra - «sopra il livello zero» evocato in apertura da Shoigu. Wallace ha peraltro del resto come il Regno e gli alleati Nato considerino l'attuale «disposizione» militare russa ai confini ucraini alla stregua di uno schieramento potenzialmente in grado di consentire un'invasione «in qualsiasi momento», pur prendendo poi atto delle rassicurazioni ricevute dal collega.


Ucraina, «ipotesi di attacco russo durante i Giochi». Usa e Ue: sanzioni se Putin invade. Biden oggi chiama il Cremlino
Flavio Pompetti
11 febbraio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/ucrai ... 97922.html

La Russia sta cercando un pretesto per invadere l’Ucraina, dice il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan. L’attacco sarebbe preceduto da bombardamenti aerei, e potrebbe avvenire, come ricorda la Cnn, la prossima settimana in pieno corso delle Olimpiadi invernali. Si fa frenetico l’avvicendarsi di notizie, sul doppio binario dei negoziati diplomatici e della corsa agli armamenti. La Casa Bianca ha chiesto che tutti i 6.600 statunitensi residenti in Ucraina abbandonino il Paese entro le prossime 48 ore. Il personale diplomatico degli Usa è in ritirata da giorni da Kiev, così come quello di Israele. Giappone e Norvegia stanno facendo evacuare in fretta i propri cittadini. Il dipartimento di Stato di Washington specifica che l’attacco russo «potrebbe partire in qualsiasi momento, senza alcun preavviso». A Kiev il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba commenta: «Niente di nuovo, conosciamo la posizione allarmista degli Stati Uniti». Ma è lo stesso Kuleba ad annunciare che il suo governo ha chiesto l’attivazione del paragrafo III del Documento di Vienna, quello che lega i 57 paesi Ocse a «consultarsi e cooperare nel caso di attività militari insolite e di incidenti pericolosi di natura militare». Mosca ha 48 ore per chiarire cosa sta accadendo al confine settentrionale e quello orientale dell’Ucraina. Se non lo farà, il governo Zelenski potrà chiedere la convocazione dell’intera assemblea per la sicurezza europea. I satelliti mostrano movimenti militari al ridosso delle frontiere, dove le forze russe contano ormai 140.000 soldati. In Bielorussia sono iniziate “esercitazioni” congiunte della durata di dieci giorni. Sul fronte orientale separatisti ucraini stanno conducendo esercitazioni militari e sono in stato di allerta. A sud nella penisola della Crimea occupata dai russi sono state erette un migliaio di tende da campo per le tre installazioni improvvisate, che negli ultimi giorni si sono irrobustite di nuovi arrivi.

LE MOSSE

Gli Usa hanno spostato un battaglione di bombardieri F16 dalla Germania alla Romania, e hanno consegnato in totale 1.200 tonnellate di munizioni all’Ucraina. Il vice capo del consiglio per la Difesa nazionale ucraina, Ruslan Demchenko, dice che gli attacchi cibernetici russi sono triplicati nelle ultime settimane, come accadde alla vigilia dell’invasione in Crimea. Biden ha parlato ieri con i suoi alleati europei, canadesi e britannici, in una teleconferenza a dieci voci alla quale ha partecipato anche il nostro primo ministro Mario Draghi che concorda con Biden: «Sì alle sanzioni ma lasciamo la porta aperta al dialogo». Il presidente francese Macron e quello Usa parleranno oggi di nuovo con Putin mentre gli Stati Uniti sono pronti a inviare altri 3 mila soldati in Polonia. La Ue e gli Usa stanno preparando i pacchetti di sanzioni finanziarie con i quali risponderebbero ad un eventuale attacco, ma il consenso è difficile da trovare sui punti più incisivi. L’Austria si è chiamata fuori da un blocco delle forniture di gas del NordStream 2; al Campidoglio di Washington si fatica ad approvare misure preventive che puniscano lo spiegamento militare già messo in atto da Putin. Il premier britannico Boris Johnson ha detto di «avere paura per la sicurezza dell’Europa nelle circostanze attuali» e ha lanciato un appello all’unità sulle sanzioni. Mosca nega ancora di avere come obiettivo l’invasione dell’ex repubblica sovietica, e denuncia quella che considera come una provocazione in atto per permettere alla Nato di annettersi l’Ucraina e di installare i suoi missili a ridosso del confine russo. Anche il suo personale d’ambasciata era in partenza ieri da Kiev, in una manovra che il governo Zelenski considera arbitraria, forse intesa a costruire una falsa denuncia di ostilità anti-russa. Le comunicazioni si incrociano tra i continenti. I capi di Stato maggiore di Usa e Russia si sono parlati al telefono; il ministro degli Esteri britannico Wallace si è seduto a Mosca con il suo omologo Serghiei Shoigu. Ma nessuno degli scambi finora sembra in grado di generare una vera trattativa per la de-escalation militare. E in questa attesa funesta Wall Street ha perso ancora terreno ieri e il petrolio è salito a 94 dollari al barile, ai massimi da sette anni.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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