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LA TRADUZIONE INTEGRALE DEL DISCORSO INAUGURALE DI JOE BIDEN.Joe Biden ha tenuto il discorso di insediamento come nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Di seguito vi proponiamo la traduzione integrale (in tempi record) fatta dai nostri Lorenzo Ruffino
e Daniele Angrisani
20 gennaio 2021
https://www.facebook.com/groups/2097364 ... 6870806688.
"Giudice capo Roberts, Vice Presidente Harris, Speaker Pelosi, Leader Schumer, Leader McConnell, Vice Presidente Pence, miei illustri ospiti, miei concittadini americani: questo è il giorno dell'America. Questo è il giorno della democrazia, un giorno di storia e speranza, di rinnovamento e determinazione che ha attraversato i secoli. L'America è stata nuovamente messa alla prova e l'America ha raccolto la sfida.
Oggi si celebra il trionfo non di un candidato ma di una causa, la causa della democrazia. Il popolo, la volontà del popolo è stata ascoltata e la volontà del popolo è stata rispettata.
Abbiamo imparato ancora una volta che la democrazia è preziosa. La democrazia è fragile. E in questo momento, amici miei, la democrazia ha prevalso.
Quindi ora su questo terreno sacro, dove solo pochi giorni fa la violenza ha cercato di scuotere le fondamenta stesse del Campidoglio, ci uniamo come un'unica nazione, sotto la guida di Dio, indivisibile, per procedere con il trasferimento pacifico del potere come abbiamo fatto per più di due secoli.
Mentre guardiamo avanti nel nostro modo unicamente americano, irrequieti, audaci, ottimisti, puntiamo ad essere la nazione che sappiamo di poter essere e di dover essere.
Ringrazio i miei predecessori di entrambi i partiti per la loro presenza qui oggi. Li ringrazio dal profondo del cuore. E conosco la resilienza della nostra Costituzione e la forza, la forza della nostra nazione, così come quella del presidente Carter con cui ho parlato ieri sera e che non può essere con noi oggi, ma che salutiamo per la sua vita dedicata al servizio del Paese.
Ho appena prestato il sacro giuramento che ciascuno di quei patrioti ha fatto prima di me. Il primo giuramento prestato da George Washington. Ma la storia americana non dipende da uno di noi, non dipende da alcuni di noi, dipende invece da tutti noi. Da noi, le persone che cercano un'Unione più perfetta.
Questa è una grande nazione. Siamo brave persone. E nel corso dei secoli, attraverso tempeste e conflitti, in pace e in guerra, siamo arrivati molto lontano. Ma abbiamo ancora molta strada da fare.
Andremo avanti con velocità e urgenza perché abbiamo molto da fare in questo periodo pericoloso ed abbiamo la possibilità di fare passi significativi. C’è molto da riparare, molto da ripristinare, molto da curare, molto da costruire e molto da guadagnare.
Poche persone nella storia della nostra nazione hanno affrontato sfide più difficili o impegnative di quelle in cui ci troviamo ora. Una volta in un secolo c’è un virus che corre silenziosamente in tutto il paese. Abbiamo perso tante vite in un anno quante ne ha perse l'America in tutta la seconda guerra mondiale.
Sono andati persi milioni di posti di lavoro. Centinaia di migliaia di attività commerciali sono state chiuse. Un grido di giustizia razziale che dura da 400 anni di lavoro ci continua a colpire. Il sogno di giustizia per tutti non sarà più rimandato.
Un grido di sopravvivenza viene dal pianeta stesso, un grido che non può essere più disperato o più chiaro di questo. E ora dobbiamo affrontare e sconfiggere la crescita dei suprematisti bianchi, dell'estremismo politico e del terrorismo domestico.
Per superare tutte queste sfide, per ripristinare l'anima e garantire il futuro dell'America, serve molto più delle parole. Serve la più sfuggente di tutte le cose all’interno di una democrazia: l'unità. Unità.
In un altro gennaio, il giorno di Capodanno del 1863, Abraham Lincoln ha firmato la proclamazione di emancipazione. Quando l’ha messa nero su bianco, il presidente ha detto, e cito testualmente, "se il mio nome passerà alla storia sarà per questo atto, e tutta la mia anima è qui dentro". Tutta la mia anima è qui dentro. Oggi, in questo giorno di gennaio, tutta la mia anima è in questo che sto affermando. Riunire l'America, unire il nostro popolo, unire la nostra nazione.
E chiedo a ogni americano di unirsi a me in questa causa.
Unirsi per combattere i nemici che abbiamo di fronte: rabbia, risentimento e odio, estremismo, illegalità, violenza, malattie, disoccupazione e disperazione. Con l'unità possiamo fare grandi cose, cose importanti. Possiamo correggere gli errori del passato. Possiamo trovare alle persone un buon lavoro. Possiamo avere scuole sicure per i nostri figli. Possiamo sconfiggere il virus mortale. Possiamo premiare il lavoro, ricostruire la classe media e rendere l'assistenza sanitaria sicura per tutti. Possiamo ottenere la giustizia razziale e possiamo tornare a rendere l'America ancora una volta la forza trainante del bene nel mondo.
So che parlare di unità può suonare ad alcuni come una stupida fantasia di questi tempi. So che le forze che ci dividono sono profonde e reali.
Ma so anche che non sono nuove. La nostra storia è stata una lotta costante tra l'ideale americano secondo il quale siamo tutti uguali e la dura e brutta realtà che ci vede lacerati da dentro dal razzismo, dal nativismo, dalla paura e dalla demonizzazione dell’altro.
La battaglia è perenne e la vittoria non è mai sicura. Ha attraversato la guerra civile, la Grande Depressione, la seconda guerra mondiale, l'11 settembre. Ma attraverso la lotta, il sacrificio e le battute d'arresto, i nostri angeli migliori hanno sempre prevalso.
In ciascuno di questi momenti, un numero sufficiente di noi si sono uniti per portare avanti la nostra nazione. E possiamo farlo anche adesso. La storia, la fede e la ragione ci indicano la via, la via dell'unità. Possiamo considerarci non più come avversari, ma come vicini. Possiamo trattarci a vicenda con dignità e rispetto.
Possiamo unire le forze, fermare le urla ed abbassare il clima politico. Perché senza unità non c'è pace, solo amarezza e furore. Nessun progresso, solo estenuante indignazione. Nessuna nazione unita, solo uno stato di caos. Questo è il nostro momento storico di crisi e di sfida e l'unità è l’unica strada da percorrere. E dobbiamo andare verso questo momento come gli Stati Uniti d'America. Se lo facciamo, vi garantisco che non falliremo. Non abbiamo mai, mai, mai, mai fallito come America quando abbiamo agito insieme.
E così oggi, in questo momento, in questo luogo, cerchiamo di ricominciare daccapo, tutti noi. Cominciamo ad ascoltarci di nuovo, a sentirci, a vederci, a mostrarci rispetto. La politica non deve essere un fuoco violento che distrugge tutto ciò che incontra.
Ogni disaccordo non deve essere motivo di guerra totale. E dobbiamo rifiutare quel modo di fare politica cui i fatti stessi vengono manipolati o persino inventati.
Miei concittadini americani, dobbiamo essere diversi da tutto questo. L'America deve essere migliore di questo. E credo che l'America sia decisamente migliore di questo. Guardatevi intorno. Qui ci troviamo all'ombra della cupola del Campidoglio, come accennato in precedenza, completata durante la Guerra Civile, quando l'Unione stessa era letteralmente in bilico.
Eppure, abbiamo resistito. Abbiamo vinto. Qui ci troviamo a guardare il Great Mall dove il dottor King ha parlato del suo sogno. Qui ci troviamo dove 108 anni fa, nel corso di un’altra inaugurazione, migliaia di manifestanti cercarono di bloccare le donne coraggiose che marciavano per chiedere il diritto di voto. Ed oggi celebriamo il giuramento della prima donna nella storia eletta ad una carica federale, la vicepresidente Kamala Harris. Non ditemi quindi che le cose non possono cambiare.
Qui ci troviamo di fronte al Potomac di fronte al cimitero di Arlington, dove gli eroi che hanno mostrato la devozione assoluta verso il nostro Paese riposano in pace eterna. Ed eccoci qui pochi giorni dopo che una folla ribelle pensava di poter usare la violenza per mettere a tacere la volontà del popolo, per fermare il lavoro della nostra democrazia, per cacciarci da questo terreno sacro. Non è successo. Non succederà mai. Non oggi. Non domani. Mai. Mai!
A tutti coloro che hanno sostenuto la nostra campagna voglio dire questo: sono onorato dalla fiducia che avete riposto in noi. A tutti coloro che non ci hanno sostenuto, lasciatemi invece dire questo: ascoltatemi mentre andiamo avanti. Guardatemi e guardate il mio cuore. Se non siete d'accordo, amen. Questa è la democrazia. Questa è l'America. Il diritto di dissentire pacificamente all'interno della nostra repubblica è forse la più grande forza della nostra nazione. Eppure, ascoltatemi chiaramente, il disaccordo non deve portare alla disunione.
E vi prometto, sarò un presidente per tutti gli americani. Tutti gli americani. E vi prometto che lotterò tanto per coloro che non mi hanno sostenuto, quanto per quelli che lo hanno fatto.
Molti secoli fa sant'Agostino, un santo della mia confessione religiosa, scrisse che un popolo era una moltitudine definita dagli oggetti comuni del loro amore. Definito dagli oggetti comuni del loro amore. Quali sono gli oggetti comuni che noi americani amiamo? Che ci definiscono americani? Penso che lo sappiamo. Opportunità. Sicurezza. Libertà. Dignità. Rispetto. Onore. E, sì, la verità.
Le ultime settimane e mesi ci hanno insegnato una dolorosa lezione. Da una parte c’è la verità e dall’altra ci sono le bugie.
Bugie raccontate per il potere e per il guadagno personale. E ognuno di noi ha un dovere e una responsabilità, come cittadini, come americani, e soprattutto come leader -- leader che si sono impegnati a onorare la Costituzione e proteggere la nazione -- a difendere la verità e lottare contro le bugie.
Sentite, capisco che molti dei miei concittadini americani guardano al futuro con paura e trepidazione. Capisco che si preoccupino del loro posto di lavoro. Capisco, come è successo a mio padre, che molti possano restare svegli sul letto di notte a fissare il soffitto chiedendosi se possono permettersi l’assistenza sanitaria o pagare la prossima rata del mutuo, pensando alle loro famiglie ed al loro futuro. Ve lo prometto, lo capisco. Ma la risposta non è ripiegarsi su sé stessi, ritirarsi in fazioni rivali, diffidando di coloro che non vi somigliano e di non ascoltare le notizie che vengono da altre fonti.
Dobbiamo porre fine a questa guerra incivile che mette il rosso contro il blu. Che mette le zone rurali contro quelle urbane, i conservatori contro i liberal. Possiamo farlo se apriamo le nostre anime invece di indurire i nostri cuori. Se mostriamo un po’ di tolleranza e umiltà, e se siamo disposti a stare nei panni dell’altro, come direbbe mia madre, stare nei loro panni solo per un momento. In alcuni giorno abbiamo bisogno di avere una mano dagli altri, mentre in altri giorni dobbiamo noi essere pronti a dare una mano.
È così che deve essere. Questo è ciò che dobbiamo fare l'uno con l'altro. E se sarà così, il nostro paese sarà più forte, più prospero, più pronto per il futuro, anche se potremo non essere d'accordo su tutto. Miei concittadini americani, nel lavoro che ci aspetta, avremo bisogno l'uno dell'altro. Abbiamo bisogno di tutte le nostre forze per superare questo oscuro inverno.
Stiamo entrando in quello che potrebbe essere il periodo più difficile e mortale del virus. Dobbiamo mettere da parte la politica e affrontare insieme questa pandemia come un'unica nazione. Una nazione unita.
E vi prometto questo, come dice la Bibbia, dobbiamo resistere per una notte e la gioia arriverà al mattino. Ce la faremo insieme! Insieme!
Guardate, gente, e mi rivolgo in particolare a tutti i miei colleghi con cui ho servito alla Camera e al Senato che si trovano qui sul palco, sappiamo tutti che il mondo ci sta guardando, che tutti ci guardano. Quindi ecco il mio messaggio rivolto a coloro che sono fuori dai nostri confini: l'America è stata messa alla prova e ne siamo usciti più forti. Rafforzeremo le nostre alleanze e ci impegneremo ancora una volta con il mondo.
Non per affrontare le sfide di ieri, ma quelle di oggi e di domani. E guideremo il mondo non solo con l'esempio del nostro potere, ma con il potere del nostro esempio.
Saremo un partner forte e affidabile per la pace, il progresso e la sicurezza. Sentite, sapete tutti che ne abbiamo passate tante in questa nazione. E come mio primo atto da presidente, vorrei chiedervi di unirvi a me in un momento di preghiera silenziosa, per ricordare tutti coloro che abbiamo perso lo scorso anno a causa della pandemia, quei 400.000 cittadini americani, mamme, papà, mariti, mogli, figli, figlie, amici, vicini e colleghi.
Li onoreremo diventando le persone e la nazione che sappiamo di poter e dover essere. Quindi vi chiedo, preghiamo silenziosamente per coloro che hanno perso la vita e per coloro che non ce l’hanno fatta e per il nostro Paese.
Amen.
Gente, questo è il momento della prova. Dobbiamo affrontare attacchi alla nostra democrazia e alla verità. Un virus sempre più impetuoso. Crescenti disuguaglianze. Il problema del razzismo sistemico. Un clima in crisi. Il ruolo dell'America nel mondo. Uno qualsiasi di questi problemi basterebbe per metterci in difficoltà, ma la verità è che li dobbiamo affrontare tutti in una volta, e questo sta mettendo la nostra nazione di fronte a una delle responsabilità più gravi che abbia mai avuto. Ora affronteremo questo test. Faremo un passo avanti, tutti noi assieme. È tempo per l'audacia, perché c'è così tanto da fare.
Una cosa è certa: vi prometto che saremo giudicati, voi ed io, per come risolveremo queste crisi a cascata della nostra era. La domanda è: saremo all’altezza della situazione? Saremo in grado di superare questo momento così unico e difficile? Riusciremo a rispettare i nostri obblighi e trasmettere un mondo nuovo e migliore ai nostri figli?
Credo che dobbiamo farlo. Sono sicuro che lo pensate anche voi. Credo che ci riusciremo. E quando lo faremo, scriveremo il prossimo grande capitolo nella storia degli Stati Uniti d'America, la storia americana. Una storia che potrebbe suonare come una canzone che significa molto per me. Si chiama American Anthem.
E c'è un verso che spicca, almeno per me, e che dice così: "Il lavoro e le preghiere del secolo ci hanno portato fino ad oggi, ma quale sarà la nostra eredità, cosa diranno i nostri figli? Fatemi sapere nel mio cuore quando i miei giorni saranno finiti. America, America, ti ho dato il meglio di me”.
Uniamo, uniamo il nostro lavoro e le nostre preghiere alla storia della nostra grande nazione. Se lo faremo, quando i nostri giorni saranno finiti, i nostri figli e i figli dei nostri figli diranno di noi: "Hanno dato il meglio, hanno fatto il loro dovere, hanno guarito una terra devastata”.
Concittadini americani, voglio chiudere oggi da dove ho iniziato, con il sacro giuramento davanti a Dio e a tutti voi: vi do la mia parola. Sarò sempre chiaro con voi. Difenderò la Costituzione. Difenderò la nostra democrazia. Difenderò l'America. E darò tutto, tutto per voi, tutto ciò che farò sarà al vostro servizio, pensando non al potere ma alle possibilità di questa nazione. Non all’interesse personale ma al bene pubblico.
E insieme scriveremo una storia americana fatta di speranza, non di paura. Di unità, non di divisione. Di luce, non di oscurità. Una storia di decenza e dignità. Di amore e guarigione. Di grandezza e bontà. Possa questa essere la storia che ci guiderà. La storia che ci ispirerà e la storia che dirà alle epoche che devono ancora venire che abbiamo saputo rispondere al richiamo della storia. Che abbiamo saputo affrontare il momento. Che la democrazia e la speranza, la verità e la giustizia non sono scomparse sotto i nostri occhi, ma hanno prosperato ancora. Che la nostra America si è assicurata la libertà a casa e si è issata di nuovo come un faro per tutto il mondo. Questo è ciò che dobbiamo ai nostri antenati, a noi stessi e alle generazioni che verranno.
Quindi, con scopo e determinazione, ci rivolgiamo agli impegni del nostro tempo, sostenuti dalla fede, spinti dalla convinzione e devoti gli uni agli altri ed al Paese che tutti noi amiamo con tutto il cuore. Possa Dio benedire l'America e possa Dio proteggere le nostre truppe. Grazie, America".
Gino QuareloIl capo della banda Biden Biden, nel suo discorso indica come priorità la lotta al suprematismo bianco, ma si è completamente dimenticato del suprematismo nero, del suprematismo comunista, del suprematismo gay e del suprematismo maomettano.
Che individuo orrendo, che orrendo presidente!Biden predica "unità", ma il suo discorso è divisivo e i Democratici sono sulle barricate da quattro anni Federico Punzi
21 gennaio 2021
https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... ttro-anni/ Come ampiamente previsto il richiamo all’unità, a superare le divisioni, a fare in modo che ogni disaccordo non diventi “una guerra totale”, è stato centrale nel discorso di insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha giurato ieri. Così come prevedibile il clima fiabesco nel quale i principali network nostrani e, con i loro tweet, politici e giornalisti di sinistra, hanno immerso l’evento. Più che l’insediamento di un nuovo presidente, pareva di seguire una cerimonia di beatificazione (sebbene non ai livelli di Obama). Ma non è su questi patetici aspetti che ci soffermeremo.
Come da tradizione (alla quale nemmeno Trump si era sottratto), anche Biden si è presentato come “il presidente di tutti”, anche degli americani che non lo hanno votato. Sono ormai frasi di rito, ogni presidente fa appello all’unità e alla coesione del Paese. Ma questa volta, per evidenti motivi, non sono stati passaggi rituali, il tema ha connotato tutto il discorso: è il momento di “curare l’anima della nazione”, “dobbiamo porre fine a questa guerra incivile che mette i rossi contro i blu, i conservatori contro i liberal“.
Che in America sia in corso da anni una guerra civile o incivile strisciante, per il momento a bassa intensità, non c’è alcun dubbio. È sulle cause di questa polarizzazione estrema, invece, che ancora siamo ben lungi dal fare chiarezza, o meglio non viene detta tutta la verità.
Il problema è che questi sani principi, in una democrazia, devono essere anche praticati, non solo enunciati. E soprattutto, non solo quando è troppo facile, quando si è appena vinta una elezione e si è riconquistata la presidenza. Dovrebbero essere praticati da tutte le parti, nella vittoria come nella sconfitta. E su questo i Democratici, e lo stesso Biden, non sono nella posizione di poter dare lezioni.
Negli ultimi quattro anni, dalla transizione del 2016, hanno praticato l’opposto di quello che ieri il presidente ha predicato.
Non si può essere credibili negli appelli all’unità se non ci si assume la propria parte di responsabilità della “guerra incivile” in corso. Una guerra che in questi quattro anni i Democratici hanno alimentato e combattuto con tutti i mezzi a loro disposizione, con tutta la loro potenza di fuoco, da tutte le postazioni (istituzionali, mediatiche, culturali) e financo nelle strade.
Un appello, quello di Biden ieri, che tra l’altro è platealmente contraddetto proprio in questi giorni dalle loro iniziative e parole, al Congresso e fuori. Secondo impeachment, clima da epurazione, senatori repubblicani minacciati di espulsioni, processi e blacklist, richieste di abiura, damnatio memoriae dell’avversario. Per non parlare della censura dei Social. Lo stesso Biden che oggi invoca “unità”, ieri paragonava i senatori Cruz e Hawley a Goebbels, il ministro nazista della propaganda, per aver sostenuto le denunce di brogli. E durante la campagna aveva già paragonato a Goebbels lo stesso Trump.
D’altronde, dallo stesso discorso del neo presidente si evince che tutta la responsabilità della “guerra incivile” ricade sugli avversari. Il “suprematismo bianco”, il “razzismo sistemico”, il “terrorismo interno”, tutto l’estremismo e tutta la violenza politica sembra stare da una sola parte.
Nemmeno una menzione en passant per l’estremismo e la violenza dei movimenti della sinistra radicale, come Black Lives Matter e Antifa (che Biden ebbe a definire “un’idea, non un’organizzazione”), che per tutta l’estate hanno messo a ferro e fuoco decine di città, mesi di rivolte, provocando devastazioni immani, decine di vittime, danni per due miliardi dollari, e occupando edifici governativi per settimane. Violenze tollerate da sindaci, governatori e procuratori Democratici, minimizzate quando non giustificate dai media liberal. Persino Biden, nel condannare le violenze durante la campagna, disse che comunque i “manifestanti” meritavano di essere ascoltati. E dalla Campagna Biden/Harris sono arrivate donazioni a gruppi impegnati a far scarcerare e scagionare dalle accuse quei pochi responsabili individuati.
Da un giorno all’altro, per come ce la presentano politici e media di sinistra, sull’America è tornato a splendere il sole, mentre fino a ieri era la terra delle tenebre. È questa dicotomia esasperata tra Bene e Male della narrazione della sinistra, anche nel giorno della vittoria, che contraddice e nega alla radice ogni discorso di riconciliazione. “Oggi, celebriamo il trionfo non di un candidato, ma della causa della democrazia”, ha detto Biden ieri aprendo il suo discorso, implicitamente sostenendo che una vittoria del suo avversario sarebbe stata la sconfitta della democrazia.
È un punto, una contraddizione del discorso di Biden che ha perfettamente colto il board editoriale del Wall Street Journal: “Nel suo appello all’unità c’era ben più di un’indicazione che siamo tenuti ad unirci sotto un unico punto di vista”. Quello progressista.
Nelle parole del presidente, da una parte c’è chi crede negli “ideali americani”, dall’altra i razzisti e i nativisti. Ma si riducono a questo, si chiede il Wsj, le “nostre differenze politiche”? “Suona troppo simile alla tendenza di Barack Obama a considerare le differenze di ideologia o politiche come divisioni tra illuminismo e intolleranza. È divisivo nella sua superiorità culturale e morale, come hanno dimostrato gli anni di Obama aprendo lo spazio politico per Trump”.
“C’è la verità e ci sono le bugie”, dice Biden. Ma come osserva ancora il board del Wsj, le bugie non stanno tutte da una parte sola. Le differenze politiche non si possono classificare come verità da una parte e bugie dall’altra.
“Abbiamo sentito troppo poco nel discorso di Biden – conclude il Wsj – per rassicurare i conservatori, ora epurati e ostracizzati, sul fatto che annullerà gli incoraggiati censori progressisti. Se il suo perseguimento della giustizia sociale diventa una spinta a dare al razzismo la colpa di ogni iniquità nella vita americana, dividerà più che unire. Se insiste sul fatto che coloro che sono in disaccordo sul cambiamento climatico sono ‘negazionisti’ a cui non importa nulla del pianeta, alienerà milioni di persone”.
E come si può invocare “unità”, se per quattro anni l’avversario oggi sconfitto, votato da 75 milioni di elettori, è stato dipinto come l’impersonificazione del Male, l’opposto della democrazia, un tiranno da abbattere? È così che i Democratici hanno considerato Trump dalla notte del 3 novembre 2016: un tiranno da abbattere. Una demonizzazione che qui in Italia conosciamo bene e che sembra connaturata nella sinistra.
Il mito dell’elezione rubata, e della conseguente “Resistenza” all’usurpatore, nasce nel 2016 in casa dei Democratici e ha avvelenato per quattro lunghi anni il clima politico negli Stati Uniti. In un famigerato tweet che riportiamo, la Speaker della Camera Nancy Pelosi, ancora nel maggio 2017, parlava di “elezione rubata, non ci sono dubbi. Il Congresso ha il dovere di proteggere la nostra democrazia”.
Solo apparentemente fu una transizione corretta e ordinata. Obama incontrò Trump e fu presente alla cerimonia di insediamento. Ma nel frattempo, la sua amministrazione spiava la squadra di governo del nuovo presidente per creare i presupposti, se non per una sua rimozione dall’incarico, per lo meno per una delegittimazione permanente, come poi avvenuto.
Un falso scandalo montato ad arte – oggi lo sappiamo – dalla Campagna Clinton, al fine di screditare Trump e coprire l’imbarazzante Emailgate che la coinvolgeva, fu usato per fabbricarci sopra il Russiagate, per accreditare la teoria che Trump avesse rubato le elezioni con l’aiuto della Russia. Partita come una polpetta avvelenata da campagna elettorale, con il contributo decisivo dei vertici della CIA e dell’FBI, e la benedizione della Casa Bianca di Obama, si trasformò in un vero e proprio tentativo – questo sì – di colpo di stato. Non solo erano a conoscenza del piano della Campagna Clinton per screditare Trump, ma sapevano che l’intelligence russa ne era al corrente e che poteva essere all’opera la sua disinformatja.
Nonostante tutto, l’FBI fu spinta a muoversi per accreditare l’accusa della collusione Trump-Russia, fino a ottenere mandati di sorveglianza nascondendo prove alle corti FISA e alla nomina del procuratore speciale Mueller (per i dettagli vi rimando ai nostri approfondimenti).
Dunque, non rientrava forse il Russiagate in quella “cultura dei fatti manipolati o inventati”, e tra le “bugie dette per il potere”, di cui ha parlato Biden ieri?
E ad essere onesti, sebbene non riconosciuti dai tribunali (e per la verità nemmeno esaminati) sono di gran lunga più documentati alcuni degli episodi di frode elettorale denunciati dal presidente Trump di quanto lo fosse la sua presunta collusione con la Russia nel 2016. Eppure, su quella bufala si andò avanti per anni, con campagne di stampa, inchieste e incriminazioni, mentre oggi le denunce di frodi e irregolarità nel voto del 3 novembre scorso vengono bollate come un tentativo di golpe. Il tentativo di golpe ci fu, ma nel 2016.
Vedremo nella pratica quotidiana se Biden sarà conseguente con il suo appello all’unità.
Secondo Federico Rampini, che ha avuto in questi anni uno sguardo obiettivo sulla politica americana, “Biden non ha il carisma di Barack Obama ma ha meditato sugli errori dei Democratici. La sua campagna è stata costruita tenendo a bada un’ala sinistra del partito egemone nei media, nelle università e in qualche metropoli costiera”.
In realtà, non serviva, anzi era controproducente in campagna elettorale che fosse visibile l’egemonia culturale della sinistra. La candidatura stessa di Biden è servita proprio a nascondere l’agenda radicale che c’era dietro di lui e che è entrata eccome, con lui, alla Casa Bianca. E, se attuata, renderà l’America più povera, più debole e più divisa.
Sbaglia chi vede in Biden un argine, è invece il cavallo di Troia del progressismo e della sinistra radicale. Non che Trump e i conservatori non abbiano provato a convincere di questo gli elettori indipendenti, ma non ci sono riusciti: per la sua età, per la sua storia politica di “moderato”, per le sue poche iniziative elettorali e per la complicità dei media che hanno accuratamente evitato di approfondire il suo programma.
Ieri nel suo discorso Biden ha citato il presidente Lincoln, ma pochi giorni prima a Boston i suoi compagni di partito avevano fatto rimuovere la statua del presidente che abolì la schiavitù.
Dopo quattro anni in cui abbiamo visto politici, media tradizionali e social, accademia, Hollywood, il sistema giudiziario, radicalizzarsi solo per cacciare Trump, quanto è credibile che tornino indietro come se nulla fosse accaduto?
Certo, ora non c’è più bisogno degli eccessi della propaganda. Ormai, con Biden alla Casa Bianca, l’agenda radicale e la cancel culture sono istituzionalizzate.
Biden vuole un nuovo Patriot Act contro il "terrorismo domestico"Roberto Vivaldelli
21 gennaio 2021
https://it.insideover.com/politica/bide ... stico.html“La democrazia è fragile ma ha prevalso”, ha sottolineato il presidente eletto Jo Biden parlando sulla gradinata di Capitol Hill, a due settimane dall’assalto al Campidoglio da parte dei supporter di Donald Trump. “Pensavano di poterci cacciare da questo suolo sacro, non è successo, non succederà né oggi né domani né mai”, ha aggiunto. “Sconfiggeremo l’estremismo politico, il suprematismo bianco, il terrorismo domestico”. Negli Stati Uniti, la storia si ripete: con la scusa di proteggere la nazione dal “terrorismo” – un tempo era islamista, ora è “domestico” ed è incarnato dai suprematisti bianchi, Proud Boys e dai seguaci di Qanon – Washington è pronta a rimettere in discussione le libertà civili e individuali.
I dem vogliono punire gli estremisti pro-Trump con un giro di vite
Dopo i fatti del 6 gennaio scorso, i democratici, come la deputata Elissa Slotkin e lo stesso Joe Biden, hanno espresso la volontà di introdurre nuove leggi sul terrorismo domestico. “L’era post 11 settembre è finita. La più grande minaccia alla sicurezza nazionale in questo momento è la nostra divisione interna. La minaccia del terrorismo interno. La polarizzazione che minaccia la nostra democrazia. Se non ricolleghiamo le nostre due Americhe, le minacce non dovranno venire dall’esterno” ha twittato Elissa Slotkin. Ma non bisogna farsi ingannare dalle parole concilianti e dagli appelli all’unità: il giro di vite è pronto e i dem vogliono metterlo in atto.
Come riporta Politico, esperti di sicurezza nazionale sostengono che Biden potrebbe affrontare la minaccia del “terrorismo domestico” in tre modi: ordinare al Dipartimento di Giustizia, all’FBI e al Consiglio di Sicurezza Nazionale di dare priorità al “terrorismo domestico”; approvare una nuova legislazione; o fare entrambe le cose mentre i democratici insistono nel chiedere alle piattaforme social di punire i “discorsi di odio e violenza”. Alcuni democratici hanno detto a Politico che Joe Biden dovrebbe parlare apertamente di una minaccia suprematista bianca, cioè che ha fatto durante la cerimonia inaugurale. Alcuni ex funzionari della sicurezza nazionale sostengono che il Biden debba enfatizzare ulteriormente la questione, con un ufficio distinto dedicato alla minaccia del terrorismo domestico. Naturalmente, i democratici ignorano totalmente le violenze commesse nei mesi scorsi da Antifa, Black Lives Matter e dalle altre organizzazioni della sinistra radicale nelle “zone occupate” in molte città americane a seguito della morte di George Floyd. Altro che “unità”: i democratici vogliono punire tutti gli estremisti pro-Trump, dai seguaci di Qanon ai Proud Boys con un durissimo giro di vite. Che rischia però di minare le libertà civili e individuali fondamentali.
Joe Biden e il Patriot Act
Come nota Foreign Policy, all’indomani dell’11 settembre, definito il peggior fallimento dell’intelligence nella storia americana moderna, venne introdotto il controverso Usa Patriot Act (Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Interccept and Obstruct Terrorism), legge firmata dal presidente George W. Bush il 26 ottobre 2001. Il disegno di legge fu presentato alla Camera dei rappresentanti il 26 ottobre 2001.
Tra i tanti democratici (e quasi tutti i repubblicani) che hanno votato a favore c’era l’allora senatore Joe Biden, che all’epoca era il presidente della Commissione per le relazioni estere del Senato. Biden non solo votò a favore, ma lo sostenne con ardore al punto che si è preso più volte il merito di molte delle idee alla base del disegno di legge. Secondo l’American Civil Liberties Union, si trattava di un disegno di legge che “trasforma i normali cittadini in sospetti”. “Quasi 20 anni dopo – nota Foreign Policy – gli Stati Uniti stanno per commettere di nuovo lo stesso errore: sacrificare la libertà in cerca di protezione”.
Il giornalista Gleen Greenwald sottolinea come il Patriot Act – che “ha ampliato radicalmente i poteri di sorveglianza del governo” – è stato emanato in sole sei settimane l’attentato dell’11 settembre, sulla base della promessa che sarebbe stato temporaneo e “tramontato” in quattro anni. Come le guerre generate dall’11 settembre, “è ancora in pieno vigore, praticamente mai più dibattuto e prevedibilmente si è espanso ben oltre di come era originariamente raffigurato”. La prima Guerra al Terrore finì per essere esercitata principalmente su suolo straniero: questa nuova Guerra al Terrore rischia di scagliarsi contro gli stessi americani.
Un Natale di pace per i Cristiani che soffrono
NUOVI TORQUEMADA Giovanni Bernardini
21 gennaio 2021
Ieri Joe Biden ha giurato in una Washington super blindata. I presidenti vanno giudicati per ciò che fanno quindi non resta che aspettare per dare un giudizio su Biden presidente, anche se alcune misure annunciate, come il rientro degli USA nell'accordo sul clima di Parigi, non lasciano presagire nulla di buono.
Ora mi interessa piuttosto sottolineare il clima di maccartismo alla rovescia che sta attraversando gli states. Chiunque si permetta anche solo di esprimere dubbi sulla regolarità delle elezioni del 3 novembre viene subito sospettato di essere un “sovversivo” e rischia grosso.
Esiste una verità ufficiale sulle elezioni del 3 novembre: tutto è stato perfettamente regolare. Poco importa se quelle elezioni sono state contestate non dal solo Trump, come affermano i media ed i social di regime, ma da numerosi STATI. I parlamenti di sette stati si sono rifiutati di ratificare il voto per Biden dei grandi elettori e ben 20 stati hanno denunciato la Pennsylvania per aver modificato in maniera incostituzionale le proprie leggi elettorali. Poco importa se in realtà la gran maggioranza dei giudici non ha respinto ma si è rifiutata di esaminare i ricorsi. Nessun teste è stato ascoltato, nessun macchina “dominium” esaminata. La verità ufficiale è che tutto è stato regolare e nessuno deve permettersi di aver dubbi in proposito. Se ha dubbi e si permette di esprimerli “delegittima” le istituzioni ed è un eversore. Per ora ci si limita a tentare di tappargli la bocca, domani si vedrà.
“Ragionando”, si fa per dire, in questo modo era un eversore Emil Zolà, che col suo famoso “j'accuse” osò sostenere l'innocenza del capitano Dreyfus. Un tribunale militare aveva riconosciuto colpevole il capitano Dreyfus al termine di un processo formalmente regolare. La verità ufficiale, stabilita e certificata dalle istituzioni, era che Dreyfus era colpevole, punto. Col suo “j'accuse” Zolà contestava questa verità, “quindi” delegittimava” le istituzioni, "quindi" era un pericoloso eversore.
In realtà in una democrazia degna di questo nome ognuno ha il dritto di NON credere alle verità ufficiali e di sottoporre a critica, SEMPRE, qualsiasi decisione di qualsiasi istituzione. Dire: un tribunale ha stabilito X quindi X è vero, quindi chi contesta X è un eversore vuol dire ragionare da eversori, eversori della democrazia.
Purtroppo ci sono oggi negli USA, e non solo, molti talebani del politicamente corretto che ragionano in questo modo. Sono LORO oggi il vero pericolo per la democrazia e le libertà di tutti.
Negli Stati Uniti come in Europa, come in Italia.
Ottimo motivo per rifiutarsi di tacere, per parlare, malgrado i tentativi di censura di tutti i nuovi Torquemada.
Gino QuareloIl demente si riferisce ai suprematisti bianchi, dimenticando/omettendo i più pericolosi e malvagi che sono i suprematisti nazi maomettani e internazi comunisti, i suprematisti neri BLM e gli antifa.
Chi sono gli Antifa? Il movimento dichiarato organizzazione terroristica da Trump Martino Grassi
7 Gennaio 2021
https://www.money.it/Chi-sono-Antifa-mo ... tica-TrumpChi sono gli Antifa e cosa vogliono? Donald Trump ha dichiarato guerra al movimento, definendolo un’organizzazione terroristica. A renderlo noto è lo stesso Tycoon, che twitta: “Antifa è un’organizzazione terroristica, stia fuori da Washington. Le forze dell’ordine vi stanno guardando da molto vicino!”.
Il gruppo era già noto per aver preso parte alle manifestazioni del movimento Black Lives Matter dopo l’uccisione di un uomo afroamericano, George Floyd, per mano di un agente di polizia della città di Minneapolis, a seguito di un fermo. Negli scorsi mesi, in tutto il paese erano iniziate delle manifestazioni e delle rivolte che raggiunsero anche la capitale. Il gruppo degli Antifa sarebbe stato inquadrato dalla Casa Bianca come il promotore delle rivolte, tanto che Trump aveva già affermato di volerlo dichiarare organizzazione terroristica.
Antifa is a Terrorist Organization, stay out of Washington. Law enforcement is watching you very closely! @DeptofDefense @TheJusticeDept @DHSgov @DHS_Wolf @SecBernhardt @SecretService @FBI
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 5, 2021
Adesso il gruppo è tornato sotto la luce dei riflettori dopo lerivolte scoppiate negli Stati Uniti in seguito alla vittoria di Biden, che è riuscito a conquistare tutto il Congresso, con la vincita del ballottaggio in Georgia.
Chi sono e cosa vogliono gli Antifa, la rete antifascista internazionale
Con il termine Antifa, riconducibile ad “antifascista”, non si intende una sola sigla politica organizzata e riconoscibile, ma raggruppa una serie di collettivi più o meno strutturati.
Il gruppo è un’organizzazione internazionale non strutturata, presente in diversi Stati, come il Regno Unito, la Germania, l’Italia e gli Stati Uniti, dove sono cresciuti notevolmente dopo la vincita delle elezioni di Trump nel 2016.
Già nel 2017 si erano fatti conoscere per aver preso parte agli scontri contro i suprematisti bianchi, in Virginia, durante il raduno “Unite the Right”. Gli Antifa non hanno un leader comune, ma si compongono di piccole realtà locali e autonome, che si oppongono alle azioni di estrema destra e a quelle che considerano razziste, omofobe e xenofobe. Sebbene non siano affiliati con altri gruppi politici, molto spesso collaborano con le reti di attivisti locali come il movimento Black Lives Matter o Occupy.
La fake news degli Antifa al Congresso
Nelle ultime ore diversi fautori di Trump, stanno accusando gli Antifa su Twitter, sostenendo che siano loro i responsabili della breccia al Congresso. Tra i principali diffusori di questa fake news troviamo l’influencer Cari Kelemen, con un seguito di oltre 154.000 follower, e nota sostenitrice di Trump.
In particolare Kelemen sostiene che l’”uomo con le corna”, ormai divenuto il volto della manifestazione, sia in realtà un membro degli Antifa e non un sostenitore di Trump, come dimostrerebbero diverse immagini pubblicate dalla stessa, che ritrarrebbero lo stesso personaggio durante le manifestazione del BLM. Tuttavia si tratta di una fake news dal momento che l’uomo è un noto sostenitore del Tycoon che ha preso parte a diverse marce pro-Trump, l’ultima lo scorso dicembre.
Durante le manifestazioni di Tampa infatti scesero in piazza anche i sostenitori della polizia, e non solo quelli del Movimento Black Lives Matter.
Le repressioni del Governo americano
Gli Antifa non sono visti di buon occhio sia dai movimenti di destra che da quelli di sinistra tradizionali. Anche Nancy Pelosi, nel 2017, ha denunciato “le azioni violente di persone che si definiscono Antifa”, aggiungendo che sarebbero dovuti essere arrestati.
Nelle ultime ore il presidente ha firmato “un memorandum per garantire che i dirigenti federali valutino le azioni dei suoi attivisti sulla base delle leggi federali che limitano l’ingresso di persone associate con organizzazioni terroristiche o con intenti criminali”, ha fatto sapere la Casa Bianca attraverso una nota.
Il movimento sarebbe stato accusato di aver preso parte alle manifestazioni scoppiate a Washington, insieme al movimento BLM, dopo l’assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Trump che non hanno accetto la sconfitta del loro leader. La Casa Bianca, intanto aggiunge che “gli attivisti di Antifa hanno attaccato brutalmente i nostri amici rispettosi della legge, vicini e imprenditori, e hanno distrutto monumenti storici che le nostre comunità hanno amato per decenni. Questa violenza e illegalità non ha alcun posto negli Stati Uniti e sarà considerata terrorismo domestico”.
Le proteste degli ultimi mesi
Il gruppo di Antifa, negli scorsi mesi ha preso parte a diverse manifestazioni sparse in tutti gli Stati Uniti, ed è stato aspramente criticato da moltissimi esponenti politici, oltre che dai media.
Il Segretario di Stato, Mike Pompeo, parlando delle manifestazioni ha dichiarato di non riuscire a comprendere “come si sia arrivati a questo punto, ma abbiamo già visto questo schema prima, con outsider che si infiltrano”. Secondo il Segretario le violenze registrate “vengono dalle proteste violente Antifa”
Cosa succede a Minneapolis, tra città in fiamme e minacce di Trump
Anche il consigliere per la sicurezza nazionale, Robert O’Brian ha dichiarato alla CNN che le proteste violente sono “guidate da Antifa”, aggiungendo che:
“Non so nemmeno se si possono definire di sinistra. Ma qualsiasi cosa siano sono militanti che bruciano le nostre città e arriveremo fino in fondo”.
Per limitare il più possibile gli scontri tra manifestanti e polizia venne introdotto in oltre 25 città di 16 Stati il coprifuoco. A Washington invece si rese necessario l’intervento della Guardia Nazionale che ha effettuato centinaia di arresti.
Trump dichiara guerra al movimento antifascista Antifahttps://www.cdt.ch/mondo/trump-dichiara ... d=vSVtZgCVIl tycoon lo ha definito organizzazione terroristica e twitta: «State fuori da Washington, le forze dell’ordine vi stanno guardando da molto vicino
© EPA/ERIK S. LESSER
Trump dichiara guerra al movimento antifascista Antifa
© EPA/ERIK S. LESSER
Donald Trump dichiara guerra ad Antifa, il movimento della sinistra antifascista e antagonista: il presidente ha firmato «un memorandum per garantire che i dirigenti federali valutino le azioni dei suoi attivisti sulla base delle leggi federali che limitano l’ingresso di persone associate con organizzazioni terroristiche o con intenti criminali». Lo rende noto la Casa Bianca.
«Gli attivisti di Antifa - si legge in una nota - hanno attaccato brutalmente i nostri amici rispettosi della legge, vicini e imprenditori, e hanno distrutto monumenti storici che le nostre comunità hanno amato per decenni. Questa violenza e illegalità non ha alcun posto negli Stati Uniti e sarà considerata terrorismo domestico».
«Antifa è una organizzazione terroristica, stia fuori da Washington. Le forze dell’ordine vi stanno guardando da molto vicino!», aveva twittato poco prima.
Intanto, un giudice ha bandito da Washington DC Enrique Tarrio, 36 anni, leader del gruppo di estrema destra Proud Boys. La decisione è stata presa all’indomani del suo arresto per aver bruciato uno striscione del movimento Black Lives Matter rubato ad una chiesa afroamericana e per il possesso di due caricatori ad alta capacità.
Tarrio potrà entrare in città solo per incontrare il suo avvocato e per apparire in tribunale.