Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 6:50 am

12) vedasi anche capitoli 2 - 6 e 27


Biden e compagni a cominciare da Kamala Harris la sua vice, il triste mondo che si spera non debba mai diventare realtà.


Preso dal web.
Kamala Harris, si considera la vicepresidente USA. Non è assolutamente afroamericana ma indoamerinda, prevale l’etnia indiana.
Vero ariete di sfondamento del movimento mondiale del socialismo filoislamista.
Ha dichiarato che riprenderanno gli aiuti economici USA sospesi da Trump per Hezbollah, Hamas, OLP e movimenti filo palestinesi pur senza nominarli direttamente.
Con Biden il mondo intero ripiomba nel buio della ragione,
Le guerre accese da Obama riesploderanno minacciando l’Europa. Per il popolo degli Ebrei si riaprirà’ un capitolo doloroso che con Trump sembrava ormai relegato ai libri di storia.
Con questa gentaglia l’antisionismo riesploderà pericolosamente.
Tutti gli sforzi fatti per normalizzare il medio oriente saranno gettati nella spazzatura.
La Cina potrà continuare il percorso nazionalsocialista che sta minando alle radici i sistemi liberal-democratici e social democratici del mondo intero.


Su che strada sta finendo l'America (e tutto l'Occidente)? Occhio alle false narrazioni che stanno arrivando
Max Balestra
7 novembre 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... arrivando/

Biden/Harris sono il Medvedev di Obama. Con la vittoria della “Resistenza” anti-Trump, lo spettro di una dittatura soft negli Stati Uniti: dietro il volto moderato di Biden, e la retorica “adesso bisogna unire il Paese”, “ritornare alla normalità”, il tentativo di istituzionalizzare l’estrema sinistra e la sua agenda. Troppo comodo… Non si può strillare per quattro anni che si è “La Resistenza”, accusando chiunque sta con Trump di razzismo e intelligenza col nemico russo e i suprematisti bianchi, e poi dire: “Oh, abbiamo vinto le elezioni”…

*Nel migliore dei casi gli Stati Uniti hanno un sistema elettorale per definire il quale bisognerebbe inventare il termine “quarto mondo”. Perché chiamarlo terzo mondo sarebbe ingiusto verso il terzo mondo.

Nel peggiore dei casi hanno appena truccato un’elezione, anche se dubito che si riuscirà mai a provarlo. Il che per me costituisce un’aggravante, non un’attenuante.

*Se a questo aggiungiamo quattro anni di disinformazione, censura, bassa propaganda, tentati colpi di stato, sabotaggi del Deep State, violenza politica da strada, gli Stati Uniti non hanno più alcun titolo per essere considerati la nazione guida dell’Occidente. Poi bisognerebbe parlare su che strada sta finendo tutto l’Occidente. Dopo lo spettacolo di questi ultimi anni, ha ancora il titolo per definirsi “democratico”, “liberale”, “avanzato”?

Perché dovremmo credere che i manifestanti arrestati da Lukashenko in Bielorussia siano brave persone e non terroristi, quando solo poche settimane fa Biden e Pelosi ci raccontavano che gli agenti federali che arrestavano Antifa a Portland erano “Trump’s stormtroopers” che stavano “rapendo pacifici manifestanti”? Non so niente di Lukashenko, e la loro parola non mi basta più. Le chiamate alle armi delle élite non sono più sufficienti. Farò le mie valutazioni da solo, ma dove trovare fonti affidabili?

*In ogni caso, gli Stati Uniti e l’Occidente non hanno più alcun titolo di fare la morale al resto del mondo e di intimargli di diventare come essi. Questo non significa che adesso la Russia, la Cina, la Turchia, il Venezuela, l’Iran, eccetera sono passati nella lista dei meritevoli. Solo che la lista degli immeritevoli si è allungata.

*Una buona fetta dell’opinione pubblica americana è ora convinta che l’elezione sia stata rubata. Che sia vero o falso, e non ci si può fare niente.
Le misure che più verosimilmente verranno adottate per cercare di far rientrare questo genietto nella bottiglia consisteranno in ancora più censura e repressione di notizie e opinioni, e più umiliazioni rituali per gli scontenti. Complottista! Fanatico! Nazista! Che ne vuoi capire tu di elezioni!

Funzionerà alla grande.

*Biden non sarà il presidente, né lo sarà Kamala Harris. Sono solo fantocci della macchina che gli sta dietro. E di Obama. Obama si è sempre lamentato di non aver potuto avere un terzo termine. Adesso ne ha l’occasione. Biden/Harris sono il suo Medvedev.

*L’amministrazione Biden, che ha fatto campagna sostenendo nemmeno troppo velatamente che chiunque voti per Trump è un nazista per un partito che ha passato gli ultimi quattro anni ad accusare chiunque gli stava contro di razzismo e intelligenza col nemico russo, adesso si lancerà in grandi panegirici su come non esistono due Americhe, bisogna ricomporre le divisioni, unire il Paese, eccetera. Sarà mia cura ricordare a tutti quelli con la memoria corta come stanno davvero le cose. E chi abbraccerà questa retorica non riceverà da me nessuna pietà. Giocateci voi al gioco del “ritorno alla normalità per il bene comune”. Troppo comodo. Non si può strillare per quattro anni che si è La Resistenza, circondata da suprematisti bianchi in un regime nazista, e poi dire: “Oh , abbiamo vinto le elezioni”.

*Trump era la grande balena bianca. Farlo fuori controbilancia ogni mancato successo che i Democratici possano aver avuto alle elezioni del Congresso. Perciò la narrazione secondo cui i Dem sono disperati non è credibile. L’establishment repubblicano ha passato gli ultimi due giorni a darsi pacche sulle spalle perché “Mitch ha mantenuto il Senato”. Nel frattempo la loro base guardava video di sospetti brogli in internet urlando: “Dov’è il Gop?!?!”

La risposta del Gop presto sarà: “Hey, Mitch ha concordato col presidente Biden di mettere al bando soli i caricatori da 30 colpi, ma non quelli da 5 colpi! Non siamo stati bravi a tenere il Senato in un’elezione che voi siete convinti sia stata rubata?”

Il Gop avrà presto un brutto, bruttissimo, risveglio.

*La nuova narrazione che vedrete emergere a momenti è che nessuno ha veramente vinto perché Trump ha perso la presidenza e i Dem non hanno preso il Senato, e che ciò è successo perché entrambi erano troppo estremisti. Poi ricicleranno Biden come moderato unificatore, e lui comincerà a fare di tutto, con l’aiuto dei Repubblicani, perché sembri così.
Questa narrazione è falsa fino al midollo e serve solo come cortina di fumo per istituzionalizzare l’estrema sinistra in maniera tranquilla. Ma su questo è presto per elaborare più a fondo.

*Così come bisognerà elaborare man mano quali sono i pericoli, più striscianti che istituzionali, che questa vittoria della “Resistenza” comporta.
Per ora anticiperò soltanto che l’amministrazione Biden ha buone possibilità di essere l’inizio di una dittatura soft negli Stati Uniti.

Non c’è motivo per cui un sistema che ha funzionato così bene debba essere accantonato.
Non c’è motivo per cui i media dovrebbero iniziare a sorvegliare responsabilmente l’amministrazione Biden dopo aver mentito e coperto tanto per farla eleggere.
Non c’è motivo per cui BigTech dovrebbe rinunciare al potere di dirigere opinioni ed elezioni tramite algoritmo e censura dopo aver provato a sé stessa di poterlo fare.
Non c’è motivo per cui la punditria debba rispettare un pubblico che ritiene non abbastanza responsabile per essere onestamente informato e votare.
Non c’è motivo di ritenere che la burocrazia permanente non eletta, il cosiddetto Deep State, non debba continuare a governare da dietro le quinte e ad applicare le leggi in maniera selettiva, o addirittura a farsele da solo, senza mai aver pagato le conseguenze dei suoi maneggi.
Non c’è un motivo per cui la storia dovrebbe venire riscritta in maniera onesta ed equilibrata dopo che è stata scritta come quella di una grande resistenza a un dittatore.
Non c’è motivo per ridurre la polarizzazione dopo che da una parte ci saranno gli eroi che hanno salvato l’Occidente e dall’altra i deplorevoli che volevano distruggerlo.
E sicuramente non c’è motivo di cambiare il sistema elettorale.



Anatomia del truffatore del secolo.
Di Pierre Rehov

Da 4 anni, i democratici sono stati in grado di insultare, attaccare, mentire, rubare con impunità, mentre ti preparano per il più grande furto elettorale nella storia del mondo libero. Hanno trasformato tranquillamente il sistema elettorale americano e organizzato, come Senile Joe ha annunciato in una delle sue famose gaffe, ′′ la più grande macchina traditrice della storia ".
Quando sei riuscito a corrompere quasi tutti i principali media, quando hai in tasca i miliardari di Wall Street, Hollywood e Silicon Valley, quando sei riuscito a fare il lavaggio del cervello alle masse posando come campo di bontà e generosità, quando per otto anni, sotto la guida di un avocato islamista antisemitico che si è mascherato da cristiano liberale, hai installato agenti in tutte le amministrazioni, creando così un ′′ Deep State ′′ impossibile da eludere, tutto ciò che resta da fare è fare è Vinci le elezioni in ogni modo, a scapito del popolo e a vantaggio dei tuoi alleati.
I democratici fascisti corrotti sono stati in grado di approfittare, che strano, di un'epidemia mondiale provocata dal loro principale alleato, la Cina, per infliggere al popolo americano una paura quotidiana di panico e fargli credere che il loro presidente legalmente eletto sia stato responsabile della morte loro stessi avevano provocato, talvolta volontariamente (gestione criminale della crisi di Cuomo e De Blazio a New York, ad esempio), o inventato. (Le cifre ufficiali per le morti dovute al COVID19 rimangono discutibili).
Ovviamente hanno creato un tale livello di panico che l'economia americana, in pieno svolgimento grazie al Presidente Trump, è improvvisamente crollata (prima di recuperare e rimbalzare). Questo panico ha permesso loro di convincere gli americani a stare a casa e a votare via mail, senza alcuna prova di identità, aprendo così la porta ad enormi frodi, preparati e organizzati fino all'ultimo dettaglio.
I corrotti fascisti democratici avrebbero così convinto gli americani a votarli perché stavano andando a:
- Aumentare le tasse
- Legalizza 11 milioni di clandestini (quanti votanti per loro)
- Fermare lo sfruttamento dei combustibili fossili e fate in modo che l'America dipenda nuovamente dal petrolio straniero.
- Reimpostare la data con la Cina e lascia che i posti di lavoro scappino ancora una volta nei campi di lavoro forzati comunisti.
- Fermare il processo di pace in Medio Oriente e riprendete a finanziare le organizzazioni terroristiche guidate da Mahmud Abbas.
- Ritornare all'accordo infernale che consentirebbe all'Iran di ottenere la bomba atomica in meno di dieci anni, continuando la sua egemonia regionale e finanziando il terrorismo.
- Cancellare il Secondo Emendamento e confisca le armi individuali in modo che nessuno possa difendersi.
Ed è vero che milioni di utili idioti, nel senso leniniano della parola, sono stati fatti il lavaggio del cervello abbastanza da cascarci e accettare con gioia di diventare un branco di schiavi, con la sensazione di appartenenza al campo di bontà e generosità. Un po ' come alcuni tedeschi che, negli anni 1930, votarono Hitler in buona fede, senza capire con chi avevano a che fare o sapere cosa stavano facendo.
Biden non è Hitler, è vero. È solo un burattino corrotto e senile che si è arricchito per 47 anni sulle spalle dei lavoratori americani. Il sistema che lo protegge non è un sistema nazista, anche se il socialismo nazionale era un'ideologia di sinistra, a differenza dei ′′ liberali ′′ che sono infernali a riscrivere la storia a proprio vantaggio. Piuttosto, assomiglierebbe ai sistemi istituiti nelle repubbliche delle banane dell'Africa o del Sud America con la benedizione dei grandi profittatori e dei partiti comunisti.
Purtroppo per i corrotti fascisti democratici, frodi su scala del genere non possono esistere senza qualche ciarlatano. Non tutti i riffraff e gli utili idioti che hanno partecipato a questa truffa hanno il cervello di Einstein. Questo è solo un dolce eufemismo... Quando dici a una feccia o a un delinquente che ha le mani libere di imbrogliare o rubare, il cielo è il limite di ciò che è capace di fare.
Ecco perché sono stati commessi un sacco di errori: dall'apparizione magica del numero esatto di urne i corrotti fascisti democratici hanno bisogno di rubare le elezioni in alcuni Stati, al blocco degli osservatori repubblicani o imparziali nonostante le sentenze giudiziarie in alcuni centri di selezione , all'invio di urne a falsi indirizzi, al voto dei Morti i centenari e clandestini. Questo è da menzionare, naturalmente, solo alcune delle vergognose manipolazioni scoperte.
Questa rapina all'elezione poteva essere organizzata solo con la complicità dei media e del GAFAM, su richiesta dei democratici fascisti corrotti perché è nell'interesse dei loro leader trasformare il pianeta in un gigantesco accampamento di individui sottoposti, in cui solo il loro gruppo privilegiato potrebbe continuare a fare profitti.
Lavora, vai a casa, guarda i programmi televisivi più assurdi e stupidi, assorbi le fake news, paga le tasse, sempre più tasse, diventa una razza mista, dimentica il tuo sesso, vergognati di andare in chiesa, costruire più moschee, diffondere antisemitismo nelle università, accetta il dominio cinese, sii indulgente con l'Iran, sputa su Israele, e soprattutto sottomesso.
′′ IL GRANDE FRATELLO veglia sulla tua sicurezza e felicità. Noi siamo i democratici!"
Se il Presidente Trump non riesce a dimostrare l'entità di questo tradimento che ha assunto la forma di un colpo di stato, gli anni che verranno saranno sempre più scuri mentre il bene più prezioso di ogni essere umano verrà gradualmente confiscato: la sua libertà.
- Le multinazionali non vogliono la libertà d'impresa che danneggia i loro profitti.
- Il GAFA non vuole la libertà di esprimere se stessi che danneggia il loro controllo totale su ogni essere umano ipnotizzato dal suo computer e dal suo cellulare.
- I media non vogliono la libertà di pensiero che danneggia il trattamento iniquito dell'informazione a beneficio dei loro sponsor.
- I democratici non vogliono affatto la libertà, che danneggi la loro appropriazione indebita, le loro alleanze con le dittature, il loro programma ′′ sociale ′′ progettato per provocare più sottomissione e dipendenza.
Contro questa ′′ onda blu ", che è più simile alla puzza vomitata dalla tana infernale dei privilegiati, c'è solo un uomo per combattere contro tutti. Quest'uomo non era un politico ma un patriota coraggioso innamorato del suo paese e del suo popolo. Un uomo eletto per ripulire la palude infestata dai batteri del Partito della schiavitù e che era molto vicino a farlo.
C ' è ancora la possibilità di evitare che questo scenario di disastro avvenga. Richiede una lotta legale con il sostegno di tutte le persone.
Contro i media
Contro la GAFAM
Contro BLM e Antifa
Contro la grande tecnologia
Contro Wall Street
Contro gli islamisti con le facce d'angelo
Contro i cosiddetti ′′ autocritti."
Il popolo americano deve alzarsi in piedi e urlare: Libertà.



Joe Biden annuncia che il ticket presidenziale con Kamala Harris è stato quello più votato nella storia degli Usa
Roberto Santoro
7 novembre 2020

Il voto della comunità afroamericana è stato importante per Biden, con la discesa in campo di Obama. Ma dietro questa vittoria che doveva essere a valanga e ancora non viene ufficializzata a 4 giorni di distanza, c'è tutta la ipocrisia dei liberal. Chissà perché Obama, Kamala, the OC, i miliziani di BLM, dimenticano il passato di Nonno Joe. Negli anni Settanta Biden era contro la desegregazione nelle scuola, giudicata una "giungla razziale". Stringeva la mano a Jesse Helms offrendo una versione più polite della dottrina "separati ma uguali". Una volta ha definito i segregazionisti nostalgici della bandiera confederata "fine people" e un'altra volta ha affermato che la cultura americana ha radici europee, non "importate da qualche Nazione dell'Africa o dell'Asia". Biden è stato l'architetto dello Stato prigione, della incarcerazione di massa dei neri americani, come denunciò nel 2019 il senatore democratico del New Jersey Cory Booker parlando con i giornalisti alla centodecima conferenza del NAACP, la National Association for the Advancement of Colored People. Fu Biden a scrivere per il senato l'impianto legislativo del Clinton Crime Bill e delle nuove leggi Jim Crow, ricorderete che vuol dire Jim Crow. Sarà per questo che Biden piace a Richard Spencer, tra gli organizzatori del riot suprematista di Charlottesville del 2017. Così mentre le emittenti Usa spengono le trasmissioni quando parla Trump e mentre il social dei segaioli, Twitter, annuncia di voler oscurare i messaggi del presidente quando non sarà più tale, ancora una volta capiamo che non c'è più argine al tirannicamente corretto. Di tutto il resto, Groping Joe, l'Ucraina, i giornaloni del regime genocida cinese entusiasti di non dover più sentire ripetere l'espressione Wuhan Virus alla Casa Bianca, e sopratutto della Squad antisemita pronta a pontificare contro Israele, distruggendo i pochi passi avanti fatti in Medio Oriente con gli Accordi di Abramo, di tutto questo presto ne riparleremo. USA2020



Biden è un uomo viscido e schifoso che tocca le bambine sul petto, le bacia in bocca e le accarezza il viso mettendogli le dita addosso.
Dario Berardi

8 novembre 2020

https://www.facebook.com/dario.berardi. ... 4744173372

Per fortuna per lui è un riccone e può permettersi certi comportamenti, ma la mia impressione francamente è che un Joe Biden qui a Roma Est, un tizio che si struscia alle ragazzine e le bacia mozzicandole, finisce alla discarica di Malagrotta o a farsi un bagno nel Tevere. Anche giustamente
Inoltre il presidente democratico è un uomo vomitevole, perché è stato accusato di aver molestato donne più di una volta e di averle toccare con le sue mani lerce. C'è un bel video a riguardo, in cui viene invitato in una trasmissione per chiedere scusa di aver toccato il culo ed aver messo al muro delle presentatrici di un programma, ma lui in cinque minuti di risposta non dice nulla e loro stesse vengono sconvolte dalle risposte del vecchio sporcaccione, che dichiara candidamente di aver toccato le tette ed il culo delle donne, perché non sa bene quale sia il limite tra il contatto tra persone .
Io non ho mai toccato tette e culi nella mia vita a meno che non stavo con una ragazza, ma per i ricchi mi sa che funziona differente, evidentemente. Ma io non scambierei mai la mia vita con la loro, francamente, perché non mi interessa toccare una donna senza un attrazione reciproca e la trovo pure una cosa vomitevole, come è vomitevole Biden.
La cosa più brutta comunque per gli Usa non è il nuovo presidente , che fa schifo come essere umano, ma la sua vicepresidente: Kamala Harris.
La Harris viene presentata falsamente dai media di regime come "Indiana americana", facendo pensare alle masse informi e inconsapevoli che lei sia una pellerossa, mentre è una Indiana si, ma che viene dall'India e che appartiene ad una famiglia di intoccabili, i bramini, sfruttatori e dittatori arricchiti grazie alla schiavitù di persone colpevoli solo di non essere nate nella casta sbagliata.
In più il padre della buona Kamala era una persona coinvolta nel regime schiavista in jamaica ed infatti, finita la schiavitù nel 1962, dovette scappare in Usa nonostante fosse nero, con la scusa dell'università .
Ancora oggi i neri in Jamaica non hanno piacere a ricordare la famiglia Harris, anche giustamente, e lei non ha mai più messo piede nel suo paese di origine, perché le persone del posto non hanno dimenticato l'apartheid ed il razzismo, di cui la sua famiglia era colpevole e collaborazionista, nonostante avessero lo stesso colore di pelle.
La vittoria di questa gente comunque è un problema per la libertà e per la civiltà occidentale, ma se abbiamo sconfitto Hitler, come è successo per fortuna, non penso che dobbiamo aver paura di questi soggetti come Biden, Kamala Harris e del loro esercito di coglioni seriali, con la coppola da Hipster che fanno l'aperitivo tra amichetti mentre sentono musica indie pop. Sono robetta e li batteremo con molto meno sforzo di quello fatto per sconfiggere i nazisti



Tutti i leccapiedi, gli scribacchini e gli intellettualoidi de’noantri si stanno già sbizzarrendo per elogiare la futura e nuova Vicepreside Usa, Kamala Harris.

https://www.facebook.com/BarbagalloG.92 ... 1847469480

Giudizi trionfalistici ed elogi smisurati che nascono solo e soltanto dal fatto che sia donna e afroamericana, insomma una sorta di Obama in gonnella ma più cattiva.
Più cattiva perché la cara Kamala è una fervente “anticattolica”, talmente “anticattolica” da aver insinuato, nel 2018, in modo nemmeno troppo velato che l’adesione ai princìpi della morale cattolica ortodossa sia squalificante per il ruolo di giudice federale.
L’ostilità della Harris nei confronti del cattolicesimo non è circoscritta all’inquisizione dei candidati cattolici alle corti federali, si estende anche alla persecuzione degli enti pubblici che per missione rispettano la teologia morale cattolica.
Utilizzando i suoi incarichi pubblici per fare pressioni su queste istituzioni, la Harris si è guadagnata un lauto sostegno finanziario da parte di persone e gruppi pro aborto.
Ma c’è di più, c’è di peggio: nel 2015, la Harris ha sostenuto con entusiasmo il cosiddetto Reproductive FACT Act della California, un progetto di legge che obbligava i centri pro life di aiuto alle donne in gravidanza a dire alle loro clienti dove avrebbero potuto ottenere aborti gratuiti e a pubblicizzare le cliniche per l’aborto e, sempre 2015, utilizzò il suo potere di procuratore generale dello Stato per far chiudere sei ospedali cattolici per conto di un altro dei suoi sponsor politici, la Service Employees International Union.
Come senatrice degli Stati Uniti, la Harris ha introdotto l’orwelliano “Do No Harm Act”, il cui scopo è obbligare persone e organizzazioni religiose a svolgere attività che violano direttamente le loro convinzioni. È anche co-promotrice dell’“Equality Act”, che costringerebbe gli ospedali cattolici, per esempio, a praticare interventi per il cambio di sesso, ad aprire agli uomini i bagni riservati alle donne e a obbligare le ragazze e le donne a competere nelle gare di atletica con ragazzi e uomini.
Kamala non ha mai nascosto il suo intento di portare a termine il piano di Blanshard: costituire un movimento contro la Chiesa cattolica e contro gli individui, le società e le istituzioni che abbiano convinzioni, posizioni e condotte coerenti con la teologia morale della Chiesa.
Adesso giudicate voi, senza filtri e senza l’ausilio dei pennivendoli di sinistra, può una del genere ricoprire il ruolo di vicepresidente del Paese più potente del mondo?
Io non sono per niente tranquillo!


Kamala Harris nell’armadio ha un colore della pelle per ogni stagione.
Marco Lancini

Oggi, ad esempio, abbiamo scoperto dalla stampa progressista che si tratti della prima Vicepresidente nera eletta nella storia degli Stati Uniti.
Qualche tempo fa, sempre secondo la stessa stampa progressista, era stata invece la prima indo-americana a ricoprire il ruolo di procuratrice della California, ma nell’anno dei Black Lives Matter era più che mai conveniente cambiare abito.
Per me, che non ho grande interesse per il colore della pelle, l’etnia degli individui, o il genere sessuale, ma penso a differenza degli amici di sinistra che in qualsiasi ambito professionale si debbano premiare il merito, le capacità e le idee, Kamala è da sempre, semplicemente, una donna americana, che promuove una pessima agenda politica radicale, come l’idea di favorire l’aborto anche in tarda gravidanza, quando la vita esiste al di fuori di ogni ragionevole dubbio scientifico ed ha il diritto di non essere soppressa o di introdurre un non meglio precisato terzo genere oltre a quello maschile e femminile, o il mix letale per la crescita e la prosperità tra l’ambientalismo ideologico e il socialismo economico.


Kamala Harris è sposata con un avvocato ebreo

Douglas Emhoff (New York, 13 ottobre 1964) è un avvocato statunitense.
https://it.wikipedia.org/wiki/Douglas_Emhoff
Marito di Kamala Harris, prima donna vicepresidente degli Stati Uniti (non ancora), è di conseguenza il primo uomo a ricoprire la carica di Second gentleman degli Stati Uniti d'America, oltre che essere il primo di religione ebraica.




Chi è Joe Biden, 46esimo presidente degli Stati Uniti

https://www.vicenzapiu.com/leggi/biden- ... dente-usa/

Jospeh Robinette Biden è nato in una famiglia cattolica irlandese ed economicamente modesta a Scranton, nella vicina Pennsylvania, cittadina mineraria celebre finora soprattutto per essere stata la location della serie tv The Office. Ma approdato nel Delaware poi mai più abbandonato quando aveva appena 10 anni. Suo padre, Josehp Senior, ci si trasferì con la famiglia dopo aver perso il posto in una compagnia di sigillanti per navi, per reinventarsi la vita come venditore di auto usate. «Un uomo non si misura da quante volte cade, ma da quanto velocemente si rialza»: come gli disse allora. Dandogli quella lezione che ha plasmato il carattere di Joe per il resto di una vita che, va detto, gliele ha davvero suonate.

Studente mediocre perché balbuziente, si sforzava ogni giorno di leggere poesie ad alta voce. Buon giocatore di football sfruttò le sue doti sportive per costruirsi un’immagine da leader naturale: a dispetto dell’indole d’incontenibile gaffeur. Primo della sua famiglia a frequentare l’università, studiò legge a Syracuse, New York, per amore. Qui viveva infatti Neilia Hunter, la ragazza di cui si era innamorato durante una vacanza alle Bahamas. Finalmente sposata, contro il parere della famiglia di lei, nel 1966. Dopo aver esercitato brevemente come avvocato, e aver fatto una piccola esperienza da consigliere regionale, a soli 29 anni Joe si convince di essere tagliato per la politica. Nel suo Delaware allora solidamente repubblicano conduce una serrata campagna porta a porta: approdando in Senato, nel novembre 1972. Un mese dopo, lo colpisce però la prima grande tragedia. La moglie e la figlioletta di un anno Naomi muoiono in un incidente stradale, travolte da un camion, alla Vigilia di Natale. Disperato, vuol mollare tutto: ma i compagni di partito lo convincono a provare sei mesi. Il 23 gennaio 1973 giura dunque accanto al letto di ospedale del figlioletto Beau ingessato: sì, il futuro procuratore ed eroe di guerra, ucciso da un tumore al cervello nel 2015, altro devastante lutto della sua vita.

Iniziano così i suoi 36 anni da pendolare al Senato: dove va tutti i giorni in treno al mattino, tornando da Washington in tempo per dare la buonanotte ai figli Beau e Hunter la sera. Ritrovando coraggio anche grazie all’aiuto di Jill Jacobs (ma il cognome originale è il sicilianissimo Giacoppa) sposata nel 1977 dopo un lungo corteggiamento e due no alle sue proposte. Insieme avranno una figlia, Ashley. Insegnante in un community college, università popolare parzialmente supportate dallo stato, è l’unica moglie di un vicepresidente che si è rifiutata di smettere di lavorare.

Ambiziosissimo, nonostante l’immagine di uomo alla mano, Biden, d’altronde, ricopre incarichi prestigiosi: presidente del comitato giustizia fra 1987 e 1995 è più volte presidente della Commissione Esteri. Le sue posizioni bipartisan e le amicizie in campo repubblicano (celebre quella con John McCain) non sono amate da parte del partito: dall’opposizione all’uso forzato dei bus per integrare gli studenti neri nelle scuole bianche rinfacciatogli pure da Kamala Harris nel corso del primo dibattito delle primarie. Al trattamento riservato all’antesignana del #MeToo, Anita Hill, nel 1991, quando, capo della commissione Giustizia la lasciò massacrare dai colleghi senatori mentre accusava di molestie il giudice conservatore afroamericano Clarence Thomas, nominato alla Corte Suprema. Senza dimenticare il voto favorevole alla guerra in Iraq. Barack Obama, sfidato alle presidenziali 2008, lo volle suo vice e lo ricompensò dandogli accesso alle stanze dei bottoni. «Da questa modesta casa alla Casa Bianca », ha scritto l’altra sera nel salotto della casa di Scranton dov’è nato. Una strada lunga una vita.



Clarence Thomas (Pin Point, 23 giugno 1948) è un giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti d'America, nominato dal Presidente George H. W. Bush nel 1991.
https://it.wikipedia.org/wiki/Clarence_Thomas
È il secondo afroamericano a far parte della Corte dopo Thurgood Marshall a cui successe dopo il pensionamento di quest'ultimo. Con un mandato iniziato oltre 29 anni fa, è il giudice col servizio più lungo tra gli attuali membri della Corte.


???

Eccessivo entusiasmo per Sleepy Joe: partito diviso e sinistra radicale pronta all'incasso della cambiale

Atlantico Quotidiano
Michele Marsonet
11 novembre 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... -cambiale/

Già nella convention che condusse alla candidatura ufficiale di Joe Biden alla presidenza si notava che, in fondo, l’unico e vero collante del Partito democratico Usa era l’anti-trumpismo. Non si trattava certo di una novità. Tutti gli esponenti intervenuti in quella riunione virtuale concordavano sulla necessità che il presidente in carica dovesse sloggiare dalla Casa Bianca. Circa cosa fare dopo l’eventuale vittoria Dem, invece, non v’era altrettanta chiarezza.

A bocce ferme si può dire che, nel frattempo, nulla è cambiato. Il partito appare tuttora molto frastagliato e diviso tra correnti e personalità assai distanti tra loro. E la sinistra radicale, che durante le primarie aveva trovato in Bernie Sanders il proprio campione, è anch’essa divisa.

L’anziano Sanders, che si autodefinisce “socialista”, ha un’agenda in cui troviamo la necessità di un sistema sanitario nazionale, la questione della disoccupazione che rischia di debordare a causa delle conseguenze della pandemia e altri temi classici della sinistra tradizionale europea.

Esiste tuttavia anche una sinistra ben più radicale, e che ritiene invece prioritari l’ecologismo e le questioni di identità e di genere. Ancor più di Elizabeth Warren, la vera leader di questa variegata componente appare la giovane Alexandria Ocasio-Cortez affiancata da alcune deputate altrettanto giovani, tutte intenzionate a cambiare radicalmente il tradizionale scenario politico americano.

Nessuno ha ancora capito se le varie fazioni della sinistra interna raggiungano la maggioranza nel partito. La vittoria di un centrista ed esponente di lungo corso dell’establishment come Joe Biden indurrebbe a credere il contrario, ma la risposta è molto meno scontata di quanto si potrebbe supporre.

In realtà l’ex vice di Obama è riuscito a prevalere solo spostandosi a sinistra e quando Sanders gli ha ceduto ufficialmente il passo, a differenza di quanto aveva fatto in precedenza con Hillary Clinton.

Ma l’ipoteca della sinistra, più o meno radicale, sul partito è davvero forte e Biden, da vecchia volpe della politica Usa, l’ha capito benissimo. E, com’era lecito attendersi, l’ha capito un’altra “volpe” ancora più abile di lui, l’ex presidente Barack Obama, intervenuto con decisione ad appoggiarlo. È ovvio, tuttavia, che Biden ha dovuto promettere a destra e a manca per ottenere un’investitura che molti osteggiavano.

Lecito quindi chiedersi se l’entusiasmo manifestato da gran parte dei media Usa ed europei per la risicata vittoria democratica sia davvero giustificato. La principale dote di Joe Biden è la sua capacità di mediazione, esercitata nella lunghissima esperienza come senatore prima, e poi come vicepresidente. Con i suoi quasi 78 anni, tuttavia, dovrà affrontare una situazione eccezionale. Si troverà infatti a gestire un Paese profondamente spaccato come leader di un partito altrettanto diviso.

Essendo notoriamente un moderato, gli toccherà prendere posizione nei confronti dei fenomeni dilaganti del politically correct, della cancel culture e dell’intolleranza ideologica diffusasi a macchia d’olio nelle università e nei giornali. Non avendo certo una personalità carismatica, è lecito attendersi che troverà ostacoli enormi. Anche perché avrà sempre sul collo il fiato della sinistra radicale, alla quale ha fatto parecchie promesse, e che ora passerà senza dubbio all’incasso.

Senza scordare che ha scelto una vice, Kamala Harris, molto più giovane di lui e senz’altro dotata di maggiore carisma. C’è già chi prevede una sorta di diarchia in cui la Harris assumerà una posizione sempre più dominante, a differenza della tradizione Usa che vede i vicepresidenti quali semplici spalle del capo dell’esecutivo.

Per ora si sa soltanto che Biden intende far rientrare gli Usa nell’accordo di Parigi sul clima, e che vuole creare una task force per combattere la pandemia. Almeno in questo noi italiani abbiamo fatto scuola ma, visti i risultati conseguiti dalle innumerevoli task force nostrane, c’è da dubitare che si tratti di una scelta felice.

Per concludere, a me non pare che tutti questi entusiasmi per la vittoria (sempre risicata, rammentiamolo) di Joe Biden abbiano fondamenti solidi. E un altro grande interrogativo incombe. Donald Trump avrebbe perso le elezioni se non fosse scoppiata l’epidemia portata dal virus cinese? Pure in questo caso i dubbi, grandi come una casa, sono più che legittimi.


Iraq, Serbia, Siria e Libia: tutte le guerre di Joe Biden
Roberto Vivaldelli
13 novembre 2020

https://it.insideover.com/politica/tutt ... biden.html

Come sarà la politica estera dell’amministrazione Biden, qualora l’ex vicepresidente venga confermato alla Casa Bianca (in attesa che si concluda la battaglia legale avviata dalla Campagna di Donald Trump)? In un articolo pubblicato qualche mese fa sulla prestigiosa rivista Foreign Affairs, Joe Biden sembrava voler ripescare quell’idealismo wilsoniano che vede gli Usa come “poliziotto del mondo” e che ha spesso contraddistinto le amministrazione dei democratici e di recente l’ultimo mandato di Barack Obama (2012-2017), con l’appoggio incondizionato alle Primavere arabe e la destabilizzazione del Medio Oriente e del Nord Africa. “Durante il mio primo anno in carica – scriveva Biden su Foreign Affairs – gli Stati Uniti organizzeranno e ospiteranno un Summit globale per la democrazia per rinnovare lo spirito e lo scopo condiviso delle nazioni del mondo libero. Riunirà le democrazie del mondo per rafforzare le nostre istituzioni democratiche, affrontare onestamente le nazioni che si stanno ritirando [dalla democrazia] e forgiare un’agenda comune. Basandosi sul modello di successo istituito durante l’amministrazione Obama-Biden con il vertice sulla sicurezza nucleare, gli Stati Uniti daranno la priorità ai risultati galvanizzando nuovi impegni significativi nei paesi in tre aree: lotta alla corruzione, difesa dall’autoritarismo e promozione dei diritti umani nelle proprie nazioni e all’estero”.

La promozione dei diritti umani su scala globale si tradurrà in nuovo interventi militari? In effetti, la (lunga) carriera politica di Biden parla chiarissimo. Come ha sottolineato di recente il senatore repubblicano Rand Paul, Biden “ha votato per la guerra in Iraq, che il presidente Trump ha definito a lungo il peggior errore geopolitico della nostra generazione”. “Temo che Biden sceglierà di nuovo la guerra. Ha sostenuto la guerra in Serbia, Siria, Libia”. A sostenere questa posizione è l’analisi del sito PolitiFact.

Joe Biden votò a favore della guerra in Iraq

Nell’ottobre 2002, l’allora senatore degli Stati Uniti Biden votò a favore di una risoluzione che autorizzava George W. Bush ad applicare “tutte le pertinenti” risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti dell’Iraq di Saddam Hussein e, se necessario, a usare la forza militare contro l’Iraq. Il resto è storia. Nonostante i dubbi sulle prove fornite da Colin Powell sulle presunte armi di distruzione di massa, il 20 marzo 2003 la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti invase l’Iraq e diede inizio alla Seconda Guerra del Golfo. Il 1º maggio 2003 il presidente Bush atterrò sulla portaerei Abraham Lincoln, quella che aveva partecipato alle operazioni nel Paese, annunciando la vittoria degli Stati Uniti. Il 30 dicembre 2006, l’ex Presidente e leader del partito Partito Ba’th, Saddam Hussein, venne giustiziato da un tribunale speciale iracheno. Nessun arma di distruzione di massa è mai stata trovata. In un’intervista rilasciata nel 2005, Joe Biden ammise che quel voto fu un grave errore.

Guerra in Serbia

Come senatore, Joe Biden ha votato a favore di una risoluzione del 1999 che autorizzava il presidente Bill Clinton a condurre operazioni aeree militari e attacchi missilistici contro la Repubblica Federale di Jugoslavia (Serbia e Montenegro), in collaborazione con gli alleati dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico. Il 24 marzo del 1999 Bill Clinton annunciava l’intervento della Nato e i fallimento delle trattative con il presidente serbo Slobodan Milosevic. Come ricorda Rainews, i raid dell’Alleanza, senza mandato Onu, iniziarono la sera: l’ordine arrivò dal Segretario Generale della Nato, Javier Solana, e durarono 78 giorni. I bombardieri Nato decollarono anche da quattro basi aeree in Italia e da unità navali nell’Adriatico. La Serbia e il Kosovo si trasformano in morti e macerie, ad essere colpiti sono sia obiettivi militari sia obiettivi civili.

Conflitti in Siria e Libia

In qualità di vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha sostenuto le Primavere arabe e la destabilizzazione del Nord Africa e del Medio Oriente operata dall’amministrazione democratica. In Siria, l’amministrazione Obama-Biden ha sostenuto gli attori proxy, ossia la sfilacciata e ambigua opposizione siriana, nel tentativo di rovesciare il regime di Bashar al-Assad e instaurare un nuovo regime democratico. Opposizione “moderata” ben presto sostituita dai ben più organizzati jihadisti di Al-Nusra (poi Hayat Tahrir al-Sham). L’amministrazione Obama nel 2014 ha lanciato attacchi aerei contro lo Stato islamico in Siria e nel 2015 vi ha schierato truppe per combattere il gruppo terroristico, sostenendo finanziariamente – e militarmente – i curdi. Risultato: Assad è ancora al potere e molte armi americane inizialmente donate all’opposizione “moderate” sono finite nelle mani dello Stato Islamico.

In Libia gli Stati Uniti, nell’ambito di un’operazione Nato, hanno fornito supporto aereo in un intervento che ha portato alla cacciata di Gheddafi. Obama spiegò che Gheddafi stava lanciando azioni militari che stavano causando la morte di civili e costringendo i libici comuni a fuggire nei paesi vicini, minacciando una crisi umanitaria in Libia. L’esercito americano ha speso circa 2 miliardi di dollari e diversi mesi per sostenere la caduta di Gheddafi. Risultato? In Libia non c’è la democrazia e dopo 10 anni il Paese è ancora in guerra. Biden avrà imparato la lezione?


I misteri della Corea del Nord e della “prima dinastia comunista della storia”
Michele Marsonet
21 novembre 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/recen ... la-storia/

Joe Biden ha già affermato che occorre “finirla con la farsa coreana”, accusando Trump di aver dato solo spettacolo. Non ha detto, però, come lui stesso intende affrontare un problema che esiste e non è affatto fittizio. Il caso coreano è davvero complicato e un intervento armato rischia di produrre conseguenze incalcolabili

L’espressione “dinastia comunista” rappresenta di per sé un ossimoro. In teoria non dovrebbe esistere alcunché di simile, pena la contraddizione immediata. Eppure non si tratta affatto di un’espressione vuota e priva di referente, come dimostra un recente saggio di Stefano Felician Beccari, “La Corea di Kim. Geopolitica e storia di una penisola contesa” (Salerno Editrice, Roma).

L’autore ha conseguito il dottorato in geopolitica finanziato dallo Stato Maggiore della Difesa, e ora svolge attività di ricerca presso il Centro militare di studi strategici (Cemiss) di Roma. Com’è possibile, dunque, l’esistenza di quella che è stata definita “la prima dinastia comunista della storia”?

Felician Beccari parte da lontano poiché gli preme, innanzitutto, inquadrare il fenomeno nel contesto di una cultura millenaria come quella coreana, capace in alcuni periodi storici di affrancarsi dal vicino colosso cinese e di confrontarsi addirittura con il Giappone dei Samurai.

Ovviamente ciò che interessa all’autore è ricostruire nel modo più preciso possibile la storia della Repubblica Popolare Democratica di Corea dalla sua fondazione (1948) ai giorni nostri. Paese in pratica impenetrabile per gli osservatori esterni, la RPDC rappresenta l’ultima esemplificazione del cosiddetto “socialismo reale” realizzato nella ex Unione Sovietica e nelle nazioni a essa collegate, soprattutto quello in vigore durante il periodo staliniano.

Ciò rende la Corea del Nord indubbiamente interessante agli occhi degli analisti, costituendo un case study unico nel genere. Nel suo territorio il tempo sembra essersi fermato all’immediato Dopoguerra, con i piani quinquennali, la coreografia tipica dei regimi comunisti quando Stalin era in vita e un culto della personalità molto forte e interamente centrato sul leader di turno.

L’unicità, tuttavia, è fornita soprattutto da un altro elemento. Nel Paese il potere è detenuto, per l’appunto sin dalla fondazione, da una sola famiglia e viene trasmesso, di fatto, da padre in figlio senza soluzione alcuna di continuità. La famiglia è ovviamente quella dei Kim che, dopo aver ottenuto il controllo completo del partito e delle forze armate, continua a governare con mano ferrea senza che qualcuno – almeno in apparenza – osi opporsi.

La saga inizia con il fondatore Kim Il-sung (Kim I) che approfittò abilmente della Guerra Fredda e dell’appoggio staliniano per proclamare la Repubblica socialista nella parte settentrionale della penisola coreana. Giunse poi anche il sostegno della Cina di Mao, il cui massiccio intervento nella guerra del 1950-53 impedì la sconfitta del Nord, e la divisione permanente della nazione in due parti, legate l’una al blocco occidentale e l’altra a quello sovietico.

Kim I si sbarazzò ben presto di ogni oppositore e promosse nel Paese il culto della propria persona. Poco a poco assunse connotati quasi divini anche grazie alla dottrina del Juche, la versione coreana del marxismo-leninismo che insiste in particolare sull’indipendenza e autosufficienza nazionali. Si esalta la sovranità delle masse popolari le cui aspirazioni, tuttavia, vengono interpretate da una Guida Suprema che concentra nelle sue mani tutto il potere.

Quando il fondatore si spegne, nel 1994, Guida Suprema diventa suo figlio Kim Jong-il (Kim II), che segue la strada paterna. Si noti però che, secondo la storia ufficiale del Paese, Kim Il-sung è morto solo dal punto di vista fisico. In realtà egli è in qualche modo assurto al cielo da dove continua a guidare la nazione. E, infatti, detiene tuttora il titolo di presidente. Dunque il culto della personalità si è col tempo trasformato in un culto religioso a tutti gli effetti. Nel mausoleo di Pyongyang la salma imbalsamata del fondatore è meno importante del suo spirito, che dall’alto continua a governare e a proteggere la RPDC.

E siamo giunti ai giorni nostri. Alla scomparsa di Kim Jong-il nel 2011 gli succede il figlio Kim Jong-un (Kim III), l’attuale leader. Da lui si attendevano riforme che non sono venute, anche perché la rigida struttura del regime non lo permette. Eppure persino la Cina, in pratica l’unico alleato rimasto alla Corea del Nord, spinge in tale direzione, preoccupata dal fatto che Pyongyang si sia nel frattempo dotata di un arsenale nucleare in grado di minacciare i Paesi vicini (e non solo).

Kim Jong-un continua a contare sulla fedeltà del partito e dell’esercito anche perché viene visto come il miglior strumento per garantire la continuità di uno dei regimi dittatoriali più longevi della storia, superiore persino alla dittatura dei fratelli Castro a Cuba iniziata nel gennaio 1959.

Permane, alla fine della narrazione, un senso di mistero. Com’è possibile che una sola famiglia riesca a imporsi per un periodo così lungo, trasmettendo il potere assoluto per vie dinastiche senza causare una ribellione di massa, che sarebbe del resto giustificata dalle condizioni in cui vive la popolazione?

Settant’anni anni possono sembrare pochi, ma sono moltissimi se si rammenta che il regime è rimasto tale e quale mentre nel resto del mondo si sono avuti mutamenti epocali. I media nordcoreani sostengono che il “Presidente Eterno”, Kim Il-sung (Kim I), dall’al di là protegge la Corea del Nord con la sua immensa bontà e infinita saggezza. Ma la storia non si è mai fermata. Basta quindi attendere che, anche là, si rimetta in moto.

Nota l’autore del volume che la Corea del Nord evoca l’immagine di un Paese fuori dalla storia, governato da un dittatore lunatico e omicida. Nel migliore dei casi quello di Kim Jong-un viene descritto come un regime eccentrico, feroce e cupo nel suo remoto grigiore totalitario. E a succedere a Kim III sarà quasi sicuramente la giovane sorella 33enne Kim Yo-jong, che già ora ha in mano l’apparato di propaganda e di spionaggio del partito.

È in pratica impossibile, come del resto rileva l’autore del volume, spiegare i tanti misteri del “Regno eremita”. Occorre tuttavia prendere atto della sua presenza e dei rapporti privilegiati che tuttora intrattiene con Pechino, sempre rammentando che il suo arsenale nucleare rappresenta un pericolo reale per il mondo intero.

E in questo caso gli Stati Uniti giocano un ruolo rilevante, pur indeboliti dal caos istituzionale susseguente alla recenti elezioni presidenziali Usa. Donald Trump ha cercato il dialogo con il regime incontrando di persona Kim III e varcando – primo presidente americano a farlo – la linea di demarcazione tra le due Coree. Tuttavia, almeno per ora, gli incontri non hanno conseguito effetti concreti, giacché il regime non sembra affatto disposto a rinunciare all’arma atomica.

Ed è interessante notare, a tale proposito, come Joe Biden abbia già affermato che occorre “finirla con la farsa coreana”, accusando Trump di aver dato solo spettacolo. Non ha detto, però, come lui stesso intende affrontare un problema che esiste e non è affatto fittizio. È noto che i Democratici Usa sono più inclini dei Repubblicani a intervenire militarmente all’estero, ma il caso coreano è davvero complicato e un intervento armato rischia di produrre conseguenze incalcolabili.

Rileva in conclusione l’autore del volume che occorre analizzare la questione coreana senza alcun superficialismo, e “comprendere il perché un mondo che ci appare assurdo, surreale e spesso comico sia in realtà molto più concreto, reale e articolato”. C’è bisogno insomma di una buona dose di realismo, e senza dubbio anche Biden, volente o nolente, dovrà farvi ricorso.



Ecco come è ridotta Minneapolis la città del delinquente abituale Floyd governata dai democratici
Minneapolis dove il motto "defund the police" è diventato realtà.
La città guidata dalla sinistra radicale sta sprofondando nella criminalità.
L'Osservatore Repubblicano
2 dicembre 2020

https://www.facebook.com/elezioniusa202 ... 1705609248

La violenta ondata di criminalità a Minneapolis, Minnesota è il risultato delle decisioni della città a guida democratica.
Sono passati sei mesi dalla morte di George Floyd a Minneapolis. I disordini che ne sono seguiti hanno dato il via a un'ondata di criminalità nella città che non ha ancora visto la fine.
Il Consiglio comunale di Minneapolis pensa che la risposta sia meno finanziamenti alla polizia e meno agenti.
Il sindaco Jacob Frey e il capo della polizia della città stanno attualmente combattendo con i membri del consiglio comunale sulla proposta di quest'ultimi di tagliare il budget della polizia della città di circa $ 8 milioni. Le due parti sono anche in disaccordo sul numero di agenti da avere in organico in futuro, con i membri del consiglio comunale che ne vogliono 130 in meno rispetto a quanto ne chiedono Frey e il capo della polizia Medaria Arradondo.
Nel frattempo, la città ha registrato un aumento del 537% dei furti d'auto violenti il mese scorso rispetto a novembre del 2019. La città non aveva effettivamente iniziato a monitorare i furti d'auto violenti fino a settembre, ma a causa dell'ondata di attacchi ha dovuto monitorare questa tipologia di crimine anche per gli anni passati.
Crimini violenti di tutti i tipi sono aumentati in tutta la città sin dalle rivolte estive, con il peso maggiore sopportato dai quartieri a basso reddito. Il Minnesota Star Tribune riporta 500 persone sono state uccise o ferite da colpi di arma da fuoco in città dall'inizio del 2020, il numero più alto riportato in 15 anni. I 79 omicidi di quest'anno sono il numero più alto da quando la città è stata soprannominata "Murderapolis" dal New York Times a metà degli anni '90.
Questo è il futuro che Minneapolis ha trovato attraverso lo sciocco impegno del consiglio comunale di "defund the police" e degli attivisti manifestanti che hanno invaso la città per fare quella richiesta. Persino i leader statali come il governatore democratico Tim Walz si sono rifiutati di mettere piede mentre la città era alle prese con rivolte e saccheggi.
Nel frattempo, il famoso legislatore Rep. Ilhan Omar sta ancora parlando di quanto sarebbe bello disinvestire la polizia. Omar, che si è unito agli appelli per abolire il dipartimento di polizia di Minneapolis, ha respinto le critiche di Barrack Obama al mantra "defund the police", definendolo una "richiesta politica".
Nessuno sa, con minori agenti di polizia con meno fondi come si potrà fermare ondata di criminalità. Ma, proprio come Portland ha scelto l'anarchia nelle sue strade, Minneapolis ha scelto la sua situazione attuale. Nessuno ha costretto la città ad accettare le assurdità degli attivisti anti-polizia, e spetta ai leader e ai residenti di Minneapolis decidere se vogliono continuare su questa strada.

https://www.washingtonexaminer.com/opin ... -decisions


La sinistra radicale del partito democratico contro l'ala moderata.
Una guerra civile interna che porterà benefici soltanto al GOP.
L'Osservatore Repubblicano
2 dicembre 2020

https://www.facebook.com/elezioniusa202 ... 2422278843

I democratici progressisti rispondono pesantemente a Obama dopo che aveva criticato il movimento "Defund the police".
I Democratici Progressisti hanno preso di mira l'ex presidente Barack Obama dopo aver sostenuto che i candidati politici alienano gli elettori quando usano slogan "ad effetto" come "indebolisci la polizia".
Obama ha fatto questi commenti durante un'intervista con Peter Hamby al programma politico di Snapchat "Good Luck America" che è andato in onda mercoledì mattina.
"Hai perso un grande pubblico nel momento in cui lo dici, il che rende molto meno probabile che tu ottenga effettivamente i cambiamenti che desideri", ha detto Obama. "La chiave è decidere, vuoi davvero fare qualcosa, o vuoi sentirti bene tra le persone con cui sei già d'accordo?"
I suoi commenti hanno suscitato un forte rimprovero da parte di diversi democratici progressisti.
"Perdiamo persone nelle mani della polizia", ha ribattuto il rappresentante Ilhan Omar, D-Minnesota. "Non è uno slogan ma una richiesta politica. E domandate investimenti e budget equi per le comunità in tutto il paese ci porta progresso e sicurezza".
Altri membri della cosiddetta "Squadra" si sono uniti a Omar nel respingere i commenti di Obama.
"Rosa Parks è stata denigrata e attaccata per la sua disobbedienza civile. È stata presa di mira. È difficile vedere le stesse persone che la elevano per il coraggio, attaccare il movimento per le vite dei neri che vuole che sia dia priorità alla salute, al finanziamento delle scuole e alla fine della povertà, piuttosto che al razzismo sistemico della polizia, "Rep. Rashida Tlaib, D-Mich., ha twittato.
Rep. Ayanna Pressley, D-Mass., Ha detto che è "senza pazienza" per le critiche al linguaggio utilizzato dagli attivisti.
"Gli omicidi di generazioni di neri disarmati da parte della polizia sono stati orribili", ha twittato. "Le vite sono in gioco ogni giorno, quindi non ho più pazienza con le critiche al linguaggio degli attivisti. Qualunque cosa una famiglia in lutto dica è la loro verità. E non smetterò mai di lottare per la loro giustizia e guarigione".
Il deputato eletto Cori Bush, D-Mo., Ha fatto eco a quel sentimento, dicendo che il movimento non è uno slogan ma un "mandato per mantenere in vita il nostro popolo". Bush ha citato le uccisioni mortali della polizia di Breonna Taylor nella sua casa del Kentucky a marzo e di Michael Brown a Ferguson, Mo., nel 2014 (il Democratico del Missouri ha già detto che le proteste di Ferguson l'hanno spinta a entrare in politica).
"Con tutto il rispetto, signor presidente, parliamo di perdere persone", ha twittato Bush. "Abbiamo perso Michael Brown Jr. Abbiamo perso Breonna Taylor. Stiamo perdendo i nostri cari a causa della violenza della polizia. Non è uno slogan. È un mandato per mantenere in vita la nostra gente. Defund the police".
Il movimento per "depotenziare la polizia" e reindirizzare i fondi dai dipartimenti di polizia ad altre agenzie governative ha guadagnato terreno tra gli attivisti dopo la morte di George Floyd a maggio. Le città di tutto il paese, tra cui New York City, Los Angeles e Portland, hanno già riallocato i finanziamenti dai bilanci dal dipartimento di polizia.
Ma Obama non è l'unico democratico di alto profilo a suggerire che il movimento "defund the police" sia politicamente impopolare.
I democratici, che avevano un vantaggio di 35 seggi alla Camera prima delle elezioni, vedranno la loro maggioranza ridursi ad almeno 9 seggi, rendendolo uno dei margini più sottili degli ultimi decenni, dopo una performance migliore del previsto da parte dei repubblicani .
Nelle settimane successive alle elezioni, i democratici si sono scambiati la colpa su chi è in ultima analisi responsabile dello spettacolo poco brillante, in cui il partito ha perso numerosirappresentanti che avevano vinto durante le elezioni di medio termine del 2018, in parte raggiungendo i distretti che Trump aveva vinto nel 2016.
I dem moderati hanno puntato il dito contro i loro colleghi che hanno abbracciato il movimento "defund the police" e per non aver respinto più duramente il socialismo.
"Penso che l'usare termini come 'defund the police', abbia portato a perdite democratiche in questo ultimo anno", ha detto il senatore Mark Warner, D-Va., Durante un'intervista alla WAMU .
Il rappresentante Jim Clyburn, il majority whip alla Camera oltre che essere il parlamentare nero di più alto rango al Congresso, ha dichiarato che lo slogan ha il potenziale per perdere il sostegno pubblico per Black Lives Matter e altri movimenti a sinistra.
"Sono uscito pubblicamente e con la forza contro lo slogan", ha detto Clyburn, DS.C., durante un'intervista su "State of the Union" della CNN. Lo paragonò allo slogan "brucia, baby, brucia" che divenne popolare durante le rivolte di Watts nel 1965 a Los Angeles, e che Clyburn disse costò il supporto per il Comitato di coordinamento non violento degli studenti.
"Non possiamo raccogliere queste cose solo perché fa un buon titolo, a volte distrugge i progressi", ha detto. "Dobbiamo lavorare su ciò che fa progressi piuttosto che su ciò che fa notizia".

https://www.foxnews.com/politics/progre ... e-movement
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 6:50 am

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Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 6:51 am

13)
La sconfitta di Trump una festa nazionale per gli antitrumpiani nostrani
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Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 6:52 am

14)

I media sinistri degli USA e del Mondo danno Biden come nuovo Presidente, ma non sono loro a deciderlo, lo decideranno i giudici chiamati da Trump a valutare se ci sono stati o meno dei brogli elettorali.


Ad avere i numeri per essere il 46esimo presidente degli Stati Uniti è Joe Biden secondo le proiezioni di AP, MSNBC, CNN e FOX NEWS...
L'Osservatore Repubblicano
7 novembre 2020

https://www.facebook.com/elezioniusa202 ... 5920820160

Tuttavia, non sono i network televisivi a decretare il vincitore, questa volta ancor meno delle altre. La strada è ancora lunga e le incognite sono ancora tante, da qui al 20 gennaio 2021 può succedere davvero qualsiasi cosa. L'ultima parola spetta ai riconteggi e ai giudici della Corte Suprema, gli unici a poter sentenziare sulla regolarità del voto. La massima trasparenza e legittimità su queste elezioni sono nell'interesse anche di chi vince, non possono rimanere ombre.
Le elezioni del 2020 saranno ricordate per i voti postali, per l'inaffidabilità delle regole del voto anticipato e per i morti che votano (il più anziano ha quasi 200 anni). Però guai a parlare di "brogli", perché scatta l'accusa di diffondere fake news e Twitter cancella i commenti.
Se Joe Biden sarà veramente il prossimo presidente degli Stati Uniti, a guardare a come è stata condotta la campagna elettorale, le premesse per riunire il Paese non ci sono. Non si può strillare per quattro anni che si è "La Resistenza", accusando chiunque stia con Trump di razzismo, di collusione con i russi, di suprematismo bianco, etc. e poi dire: "adesso bisogna unire il Paese", "ritornare alla normalità"...


Dichiarazione del Presidente Donald J. Trump
7 novembre 2020

https://www.facebook.com/elezioniusa202 ... 1037484315

"Sappiamo tutti perché Joe Biden si sta affrettando a dichiararsi falsamente vincitore, e perché i suoi alleati dei mass media stiano cercando così fortemente di aiutarlo: non vogliono che salti fuori la verità. La verità pura e semplice è che queste elezioni sono tutt'altro che terminate. Joe Biden non è ancora stato certificato come vincitore, per non parlare di quegli stati molto contestati e diretti ai riconteggi obbligatori o degli stati in cui la nostra campagna ha cause legali valide e legittime che potrebbero determinare chi sia il vincitore finale. In Pennsylvania, ad esempio, ai nostri osservatori non è stato consentito alcun accesso significativo al fine di osservare il processo di conteggio.
A partire da lunedì, la nostra campagna presenterà il nostro caso in tribunale per garantire che le leggi elettorali siano pienamente rispettate e che venga proclamato il legittimo vincitore. Il popolo americano ha diritto ad un'elezione onesta: ciò significa contare tutte le schede legali e non contare le schede illegali. Questo è l'unico modo per garantire che il pubblico abbia piena fiducia nelle nostre elezioni. Rimane scioccante che la campagna di Biden si rifiuti di concordare con questo principio base e voglia invece che le schede siano conteggiate anche se esse siano fraudolente, fabbricate od espresse da elettori che non avevano i requisiti per votare oppure deceduti. Solo quella parte che è coinvolta in delle azioni illecite tiene illegalmente gli osservatori fuori dai seggi e lotterebbe poi in tribunale per impedirne l'accesso.
Allora, cosa nasconde Biden? Non mi arrenderò finché il popolo americano non avrà il conteggio dei voti onesto che merita e che la Democrazia richiede."


Gino Quarelo
Questo è un uomo buono, onesto e giusto, un presidente esemplare.




Le presidenziali Usa ratificano la fine della democrazia
Riccardo Cascioli
7 novembre 2020

https://lanuovabq.it/it/le-presidenzial ... E.facebook

Quel che sta accadendo per le presidenziali statunitensi ha dell'incredibile: dato che Trump è il cattivo per antonomasia e ogni mezzo è lecito per toglierlo di mezzo ecco moltiplicarsi le “stranezze” nello scrutinio dei voti; ed ecco soprattutto la convergenza della stampa e dei grandi poteri nel coprirle e legittimarle. In realtà si sta realizzando la profezia di san Giovanni Paolo II, rilanciata più recentemente da Benedetto XVI: «Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia».

- BIDEN PRESIDENTE PRIMA DELLA PROCLAMAZIONE, di Stefano Magni
- BROGLI ANTI-TRUMP? SOSPETTI PIÙ CHE GIUSTIFICATI, di Alessandra Nucci
- LA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE HA GIÀ PERSO, di Ruben Razzante

Donald Trump è il cattivo per antonomasia, quindi è lecito sconfiggerlo, qualsiasi mezzo sia necessario usare, lecito o meno. Sono quattro anni che questa tesi viene ripetuta e declinata in ogni modo possibile, a tutti i livelli. All’indomani della netta vittoria del 2016 su Hillary Clinton ci fu anche chi difese su una rivista prestigiosa come Foreign Affairs la legittimità di ricorrere all’esercito, una vera e propria invocazione al golpe.

Allora la vittoria di Trump colse di sorpresa e non c’era molto da fare concretamente, ma iniziò una campagna denigratoria sistematica, inchieste giudiziarie farlocche (come quella dei servizi russi al servizio di Donald), costante amplificazione e deformazione delle battute del presidente, sistematica sottovalutazione e sordina ai successi politici e diplomatici.
Fino ad arrivare alla preparazione di questa campagna elettorale che non doveva riservare più sorprese, al punto che solo pochi giorni fa la presidentessa della Camera, Nancy Pelosi, in un tweet non ha avuto alcuna remora nel dichiarare esplicitamente che qualsiasi sia il risultato delle elezioni Joe Biden sarà presidente.

Detto fatto, quello a cui stiamo assistendo in questi giorni ha dell’incredibile: non solo per le “stranezze” dello scrutinio dei voti, ma soprattutto per la convergenza della stampa e dei grandi poteri nel coprirle e legittimarle. Apparizione improvvisa di centinaia di migliaia di schede elettorali che rovesciano il risultato, giornalisti che censurano in diretta il presidente Trump, governi e grande finanza che già si proiettano nell’era Biden… Trump doveva essere rovesciato, non importa se la maggioranza dell’elettorato era con lui, non importa il come. Scene da elezioni presidenziali in Africa.

Quello che era giusto accadesse è stato fatto accadere: lo ha deciso una oligarchia contro il popolo. Ciò a cui stiamo assistendo non è soltanto un brutto episodio che non mette però in discussione il sistema democratico degli Stati Uniti; è invece la fine della democrazia, così come dovrebbe essere. Anche negli Stati Uniti si è ormai affermato un totalitarismo culturale e politico che non ammette repliche e voci fuori dal coro.

In Europa in fondo non è una novità, lo stiamo sperimentando già da tempo: abbiamo visto cosa è successo quando alcuni paesi hanno votato contro la ratifica dei trattati dell’Unione Europea o ora la guerra di Bruxelles contro quei paesi (vedi Polonia e Ungheria) che si ostinano a rivendicare la propria identità cristiana; e abbiamo visto da almeno dieci anni a questa parte come in Italia i risultati delle urne vengono rovesciati se a vincere non è la sinistra con al governo personaggi che nessuno ha eletto.

Eppure finora si guardava agli Stati Uniti, pur con tutti i loro limiti, come punto di riferimento per la libertà e la democrazia, come bastione contro le derive socialisteggianti europee. Non più, evidentemente. Quell’ideologia nefasta che abbiamo visto all’opera nei mesi scorsi dietro al movimento che vuole cancellare la storia del Paese – con la rimozione e distruzione di statue rappresentative -, dietro al movimento violento dei Black Lives Matter (Blm), dietro ai gruppi ecologisti che dettano l’agenda di governo, è ora saldamente al comando degli Stati Uniti e impone un nuovo totalitarismo.
È l’ironia della storia: quel totalitarismo comunista crollato con l’Unione Sovietica e che sembrava definitivamente sconfitto, riprende una nuova vita sotto mutate forme proprio in quel Paese che aveva sconfitto l’Unione Sovietica.

In realtà non è altro che l’avverarsi della profezia di san Giovanni Paolo II, ripresa successivamente da Benedetto XVI. «All'alba del Terzo Millennio – scriveva Giovanni Paolo II nel messaggio alla VI Sessione Plenaria della Pontificia Accademia per le Scienze sociali (23 febbraio 2000) con riferimento all’enciclica Centesimus Annus - la democrazia deve affrontare una grave questione. Esiste infatti la tendenza a considerare il relativismo intellettuale come il corollario necessario di forme democratiche di vita politica. Da tale punto di vista, la verità è determinata dalla maggioranza e varia secondo transitorie tendenze culturali e politiche. Quanti sono convinti che certe verità siano assolute e immutabili vengono considerati irragionevoli e inaffidabili. D'altro canto, in quanto cristiani crediamo fermamente che "se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l'azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia" (Centesimus annus, n. 46)».

Stesso concetto aveva espresso nell’enciclica Veritatis Splendor (1993), ancora sottolineando il rischio dell’«alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità».

E Benedetto XVI, nell’Udienza generale del 14 novembre 2012, gli faceva eco affermando che «l'uomo, separato da Dio, è ridotto a una sola dimensione, quella orizzontale, e proprio questo riduzionismo è una delle cause fondamentali dei totalitarismi che hanno avuto conseguenze tragiche nel secolo scorso, come pure della crisi di valori che vediamo nella realtà attuale».

Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia. È quello che si sta realizzando sotto i nostri occhi nell’Occidente che ha rinnegato Dio, nell’Occidente dell’uomo che si è fatto egli stesso Dio. Stiamo vivendo sotto la cappa totalitaria di una serie di ideologie raggruppate sotto l’ombrello del politicamente corretto, e quando qualcuno oppone resistenza, il Potere si scatena con tutta la violenza possibile, ovviamente in nome della democrazia (ma forse che i regimi comunisti non si sono sempre chiamati democrazie popolari?). Le attuali elezioni presidenziali negli Stati Uniti lo stanno dimostrando in modo inequivocabile.




Poste, giudici e morti votanti. Le peggiori elezioni
Stefano Magni
6 novembre 2020

https://lanuovabq.it/it/poste-giudici-e ... J.facebook

Le elezioni del 2020 saranno ricordate per i voti postali, per l'inaffidabilità delle regole del voto anticipato e per i morti che votano (il più anziano ha quasi 200 anni). Però guai a parlare di "brogli", perché scatta l'accusa di diffondere fake news e Twitter cancella i commenti. Alla fine saranno i giudici della Corte Suprema a sentenziare sulla regolarità del voto. E non è una bella notizia

Spoglio dei voti nel Michigan

Si pensava che le elezioni del 2000 fossero state le peggiori della storia recente degli Usa, quando il risultato finale (vittoria di George W. Bush) venne decretato dalla Corte Suprema dopo un riconteggio dei voti in Florida. Le elezioni del 2020 sono già molto peggio. A decidere il vincitore, oltre agli elettori, saranno molto probabilmente postini e giudici. E liste elettorali che includono anche elettori bicentenari, ovviamente defunti ma ancora in grado di votare. Ieri Trump ha ancora denunciato brogli e ha annunciato, in conferenza stampa, che farà battaglia legale. E i principali network televisivi americani (fra cui ABC, CBS, NBC) si sono rifiutati di trasmettere tutto il discorso.

Il problema non si porrebbe se l’esito fosse stato una chiara vittoria di uno dei due candidati. Così doveva essere, secondo i sondaggi: avrebbe dovuto essere una facile vittoria di Joe Biden. Invece i sondaggi hanno clamorosamente sbagliato previsioni, come nel 2016. In Michigan il candidato democratico era dato in vantaggio di 4 punti percentuali (media dei sondaggi di Real Clear Politics), ma Biden ha vinto per soli 150mila voti, pari al 2,6%. In Wisconsin, Biden aveva un vantaggio nei sondaggi di quasi 7 punti percentuali, ma ha vinto con 20mila voti, pari allo 0,6%. Biden e Trump erano dati quasi alla pari in Florida e Texas, ma in entrambi gli Stati il presidente è stato riconfermato con margini molto ampi: 6 punti in Texas e 4 in Florida. Su scala nazionale, il vantaggio di Biden doveva essere addirittura di 7,2 punti percentuali, tanto che gli analisti prevedevano una “onda blu”. Nella realtà odierna, a conta dei voti quasi ultimata, è in vantaggio di appena 2. È lecito chiedersi se i sondaggi abbiano commesso un errore statistico grossolano per la seconda volta di fila, o se la loro sottostima dell’elettorato di Trump fosse voluta. In ogni caso, il loro pronostico ha contribuito ad inquinare la campagna elettorale, cambiando completamente la percezione della realtà fino all’ultimo giorno prima del voto.

Sebbene lo spoglio non sia ancora finito, la campagna di Trump sta denunciando brogli e chiedendo riconteggi negli Stati chiave. La decisione di Trump di ricorrere viene rappresentata dalla narrazione mediatica come un sopruso, quando non un tentativo di golpe. Va detto, prima di tutto, che ricorrere alla Corte Suprema non è un atto eversivo, in un governo della legge è legittimo: anche Al Gore ha chiesto il riconteggio nel 2000, senza per questo passare per golpista. Anzi: tuttora la vittoria di Bush è estremamente contestata. Se nel 2000 si era votato in circostanze normali, nel 2020 le elezioni sono state straordinariamente atipiche, perché, a causa della pandemia, 100 milioni di persone hanno votato in anticipo, di cui 64 milioni per posta.

Il voto per posta, contro cui si era battuta fino all’ultimo respiro l’amministrazione Trump, è di per sé meno affidabile di quello ai seggi. Ogni Stato fissa le sue regole e alcuni hanno dimostrato controlli veramente laschi. In Pennsylvania, Stato-chiave per la vittoria, non è richiesto né il timbro postale che faccia fede per la data del voto, né la firma della ricevuta di ritorno. In North Carolina accettano voti fino a 9 giorni dopo l’Election Day. L’Arizona, altro Stato determinante, a spoglio già iniziato da 48 ore, ieri ha decretato che si accetteranno voti postali fino al 10 novembre: una regola cambiata in corsa. Quando Trump chiede di smettere di scrutinare e la campagna di Biden chiede di “contare ogni voto”, si intende proprio questo: contare solo i voti depositati nell’urna entro il 3 novembre o fino a quando lo decidono le autorità locali? Come controllare che si sia votato effettivamente solo fino al 3 novembre?

Il voto postale, oltre ad essere sicuramente meno anonimo, più soggetto a pressioni e manipolazioni, è meno sicuro. In queste elezioni, stando a quel che denunciano i Repubblicani, hanno votato anche i morti. Era già nell’aneddotica prima dell’Election Day la scheda spedita dal gatto di una famiglia di Atlanta, in Georgia. Il gatto è risultato poi esser anche morto. Sebbene fosse un uomo, William Bradley, classe 1902, è morto nel 1984, eppure “ha votato” in Michigan. Sempre nel Michigan, a Detroit, l’elettore più anziano finora scoperto è nato nel 1823, un uomo bicentenario.

Se ci si deve affidare al servizio pubblico postale, ci si deve prima di tutto fidare della sua correttezza ed efficienza. Un’associazione conservatrice di giornalismo investigativo, Project Veritas, ha scovato, con un giornalista sotto copertura, un postino dell’Arizona (altro Stato determinante e conteso) intento a spacciare schede bianche non utilizzate perché inviate a indirizzi sbagliati. Infine, ma non da ultimo, il servizio postale è imparziale? Il sindacato delle poste ha dato il suo sostegno ufficiale a Joe Biden già in agosto.

Quante saranno queste anomalie non è dato saperlo, ma anche nei conteggi stessi c’è qualcosa che non torna. Fra le 3 e mezza e le 5 del mattino del 4 novembre, in Wisconsin sono stati scrutinati 140 mila voti… tutti per Biden, 200 mila in Michigan e un milione in Pennsylvania. Sono arrivati tutti assieme e tutti alla stessa ora. I “fact checkers” affermano che sia tutto regolare, ma che si tratti solo di un modo di contare e registrare i voti per candidato. La campagna di Trump ne dubita, soprattutto considerando che queste ondate di voti blu, compatte e sincronizzate, hanno ribaltato due risultati su tre (Wisconsin e Michigan). Lasciano a bocca aperta i dati sull’affluenza. In Wisconsin ha veramente votato l’89% dell’elettorato? Come abbiamo visto anche ieri, in alcune contee dello Stato-chiave del Midwest, il numero di voti ha superato quello degli aventi diritto. In due seggi era addirittura il 200% degli iscritti.

Più in generale, il dubbio viene confrontando i dati sul voto al Congresso e quello per il presidente. Normalmente il partito al Congresso gode di una stima inferiore presso l'elettorato del presidente che esprime. La fiducia nell'istituzione del Congresso è mediamente più bassa rispetto a quella riposta nel presidente. Eppure, nel voto del 2020 i Repubblicani guadagnano punti alla Camera (sei seggi in più) e stanno conservando la maggioranza in Senato. Eppure il presidente perde. È un'anomalia statistica veramente difficile da spiegare. Altra anomalia storica: come dimostrano tutte le ultime elezioni, chi vince Florida e Ohio vince anche il Paese. Sarebbe praticamente la prima volta che un presidente vince in entrambi gli Stati e però perde le elezioni.

Non stupisce affatto che vi siano denunce di brogli, specie se, appunto, le circostanze di voto sono così difficili e il voto per posta è tanto esteso quanto inaffidabile. Stupisce invece la foga con cui viene smentita categoricamente ogni ipotesi di broglio elettorale da parte dei mass media. Quegli stessi mass media che per quattro anni hanno denunciato "interferenze" da parte della Russia nelle elezioni vinte da Trump nel 2016, ora parlano di "disinformazione" sui brogli, probabilmente sempre di provenienza russa. Oltre a ciò, si scatena la furia censoria con cui i social network, Twitter in particolar modo, cancellano tutti i post in cui si denunciano brogli sospetti. Censurare tutto quel che dice una delle due parti politiche in corsa elettorale, cancellare i commenti del presidente stesso, è o non è una "interferenza" peggiore ancora rispetto a quella attribuita alla propaganda russa nel 2016? Senza queste notizie non è possibile capire gli appelli di Trump e della campagna repubblicana: appaiono come futili lamentele o inviti alla sovversione. Alla fine del processo elettorale, però, non saranno i mass media a sentenziare sulla regolarità del voto, ma i giudici della Corte Suprema. E non è il massimo della vita, per la democrazia liberale più antica.



Trump cade.
Roberto Saviano
7 novembre 2020

https://www.facebook.com/RobertoSaviano ... 8163151864

Ha avuto un plebiscito elettorale e una tenuta che mostrano come la sinistra democratica sia ormai in totale affanno. Biden vince senza un reale programma innovativo, senza una nuova visione del capitalismo americano che immerisce sempre più persone e senza nessuna idea su come fronteggiare la miseria, lo strapotere delle aziende big tech, l'evasione fiscale delle stesse. Biden vince con la sola forza di essere l'unica alternativa possibile a Trump. Insomma, per ora c'è da festeggiare la caduta dell'orrido Presidente populista che ha negato la pandemia e non ha realizzato nulla di ciò che aveva confusamente promesso ai suoi elettori, nemmeno (per fortuna) il muro al confine il Messico su cui aveva costruito tutta la sua retorica vuota. E c'è da festeggiare anche Kamala Harris, la prima vicepresidente donna (e afrodiscendente) della storia degli Stati Uniti. Sperando che la caduta di Trump porti con sé le scorie populiste europee, oggi festeggio, ma sul futuro del mondo e della sinistra democratica, profonda malinconia mi prende.


Gino Quarelo
Kamala Devi Harris è nata a Oakland da madre indo-americana immigrata da Chennai e da padre di origine giamaicana e non afroamericana.
Trump è ancora il Presidente e non è ancora certo che abbia perso le elezioni.
E' stato ed è ancora un grande presidente, un uomo buono, veritiero, giusto e saggio che rispetta la democrazia e i suoi concittadini e il mandato che questi gli hanno conferito eleggendolo.
Di cose buone ne ha fatte tantissime tra cui non aver promosso alcuna guerra ma molti accordi di pace.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 6:52 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 6:53 am

15) vedasi anche capitoli 7-9-10-21-22-24-28 e 30
È possibile che la Corte Suprema USA sentenzi il rifacimento del voto postale negli stati contestati con presidio militare degli uffici postali durante tutto il periodo delle votazioni da svolgersi entro un periodo ragionevole e limitato e durante lo spoglio delle schede. Trump poi potrebbe chiedere l'arresto degli AD dei social che lo hanno oscurato, per eversione dell'ordine democratico.



Elezioni USA
Ecco una delle tante dichiarazioni giurate di testimoni che accusano frodi elettorali, in questo caso, l'accusa riguarda l'ordine di timbrare le schede con una data precedente a quella vera.
Naturalmente tutto ancora da giudicare in tribunale.


Non demordo e di certo non mi arrendo.

https://www.facebook.com/jaime.mancagra ... 2451847672

Caro Sig. Presidente,
Fin dall'inizio avete la mia piena fiducia e il mio sostegno.
Il mio voto è il bene più invidiabile del mondo.
Noi popolo degli Stati Uniti d'America governiamo, non siamo governati.
Il nostro voto rappresenta la nostra libertà.
In qualità di azionista di questa nazione in cui le mie tasse finanziano le posizioni di tutti i funzionari eletti, ho il diritto di controllare tutte le attività finanziate e guidate con i miei contributi fiscali.
Chiedo rispettosamente un controllo completo in tutta la nazione.
Tutti i 50 stati, non solo gli Stati contestati.
Chiedo che venga reso pubblico un rapporto completo e tutti coloro che hanno violato il mio interesse come azionista di questa nazione per essere ritenuti responsabili.
Il mio voto conta. La mia voce conta.
Sostengo la vostra battaglia per il racconto di cuore.
Sei l'ultimo bastione a proteggere la nostra libertà e la libertà del mondo.
Sinceramente,
Jaime Manca Graziadei




Qualche riflessione sulle televisioni che ieri si sono rifiutate di trasmettere il discorso di Trump. Sul piano della legalità e della legittimità, non ho nulla da dire: sono televisioni private e possono fare quel che vogliono delle loro trasmissioni. Detto questo, da un punto di vista morale e professionale, abbiamo assistito in diretta alla morte del giornalismo per come lo abbiamo finora conosciuto.
Grazie Stefano Magni
6 novembre 2020

https://www.facebook.com/jaime.mancagra ... 2296103791

Avete capito bene: la morte del giornalismo. Trump stava dicendo cose di interesse pubblico, da persona pubblica quale è (presidente degli Usa, scusa se è poco). Togliergli la parola mentre parlava è, in sé, un atto che va contro ogni regola del giornalismo. Trump è stato "zittito" da quelle televisioni perché, secondo loro, diceva il falso. Ora spiegatemi perché, allora, avete trasmesso anche in versione integrale e tradotte le conferenze stampa di Bin Laden, di Abu Bakhr al Baghdadi e di Saddam Hussein, quando sapevate benissimo che stavano affermando tantissime cose false. Se il mestiere del giornalista è quello di riferire solo quel che una persona pubblica sta dicendo (i commenti, semmai, li fate dopo che ha finito di parlare), allora ieri avete sbagliato tutto. Se invece ritenete che, d'ora in avanti, il giornalista debba riportare solo le affermazioni "vere", allora avete sbagliato mestiere. Un giudice, forse, può ricostruire cosa sia la verità, o un prete se si parla di verità rivelata, ma non un giornalista. Quindi ieri è morto il giornalismo, i cosiddetti "colleghi" (ma chi vi conosce?) americani che hanno fatto questo scempio hanno passato il confine che c'è fra il giornalismo e la militanza politica. Sono diventati militanti, fra i peggiori fra l'altro. Perché anche giornalisti militanti seri, all'Unità, al Manifesto, su Radio Popolare, non censuravano i discorsi quando parlavano i leader democristiani, nemmeno negli anni di piombo. Un comportamento come quello che abbiamo visto ieri è da "Eskimo in redazione", magari con la P-38 nel cassetto. Adesso non ho nessuna intenzione di discutere su questo fatto, se pensate che quello di ieri sia stato un atto di "resilienza" o un esempio di giornalismo coraggioso, levatevi pure dalle scatole, fuori di qui, non voglio avere a che fare con voi sulla mia bacheca. Per quelli che invece intendono la gravità della situazione: cerchiamo tutti di evitare che fatti simili si possano ripetere in Italia.


Il Senatore del #Texas Ted Cruz accusa #Twitter di aver censurato il video che dimostrava la corruzione del voto a Philadelphia.

https://www.facebook.com/elezioniusa202 ... 2590745493

Twitter ha cancellato un video di un elettore democratico registrato che voleva mostrare la corruzione del processo di voto al centro congressi di Filadelfia, dopo che era stato condiviso dal Senatore Ted Cruz. Cruz ha risposto blastando la società e il suo CEO, Jack Dorsey.
Il senatore del Texas, un acerrimo critico delle #BigTech, ha accusato direttamente il CEO di Twitter, Jack Dorsey, della censura.
“Adesso Twitter sta censurando il video che ho inoltrato…
jack Qualcuno mette in dubbio che Filadelfia tenga lontani gli osservatori, in violazione della legge?" ha chiesto il senatore Cruz
"Se non è così, perché compare un 'avvertimento' di Twitter?" (https://twitter.com/phillygodf.../statu ... 7158661120)
Nell'articolo trovate la trascrizione di quanto riportato nel video censurato da Twitter.
"Mi chiamo Brian Mcafferty, sono un democratico registrato nella città di Philadelphia. Oggi sono al centro congressi di Filadelfia e sovrintendo agli scrutatori. Vi farò sapere, la corruzione in corso qui... non ci consentiranno di controllare il conteggio delle schede entro 30-100 piedi. Questo è un Colpo di Stato contro il Presidente degli Stati Uniti d'America, e voglio chiamare il sindaco di Philadelphia, James Kenney, il Procuratore Generale, Josh Shapiro, che ha twittato che non c'è modo che Donald Trump possa vincere la Presidenza degli Stati Uniti d'America, e anche il Procuratore Distrettuale Larry Krasner. Non riesco a credere a quello che vedo davanti ai miei occhi. Questo non ha nulla a che fare con Joe Biden o Donald Trump. Questo ha a che fare con la Democrazia e vi dirò che c'è corruzione fino ai massimi livelli nella città di Filadelfia".

https://www.breitbart.com/tech/2020/11/ ... orruption/



Nelle elezioni Usa la libertà di informazione ha già perso
Ruben Razzante
7 novembre 2020

https://lanuovabq.it/it/nelle-elezioni- ... -gia-perso

Emittenti americane, quali MsNbc, Nbc, Abc, Cbs, Cnsbc, hanno interrotto la trasmissione della conferenza stampa in cui Trump denunciava brogli. Twitter cancella i suoi post. In Italia, Facebook ha censurato un deputato di Fratelli d'Italia su Trump. Chiunque vinca le elezioni Usa, la libertà d'espressione ne uscirà sconfitta.

Trump alla conferenza stampa della Casa Bianca

Le elezioni americane saranno ricordate non solo per il testa a testa Biden-Trump, ma anche per il fallimento dei sondaggi, che davano il democratico in nettissimo vantaggio e, soprattutto, per le censure subite dal Presidente americano uscente.

Quanto accaduto nelle ultime settimane di campagna elettorale e ancor più nei giorni dello spoglio e del conteggio dei voti, dovrebbe far riflettere tutti sulle manipolazioni che i circuiti mediatici internazionali subiscono in occasione di appuntamenti così importanti e sull’arbitrio che accompagna il riconoscimento della libertà d’informazione quando è in gioco il potere. In questo caso si parla della poltrona più importante del pianeta e dunque ogni mezzo viene considerato lecito per conquistarla, anche la censura degli avversari e la messa al bando di opinioni contrarie al politically correct.

Con approccio neutrale e obiettivo, a prescindere dalla simpatia o antipatia per i due sfidanti, non si può non denunciare il vulnus inferto alla libertà d’espressione di Donald Trump, che ha espresso dubbi sulla regolarità del voto, minacciando il ricorso alla Corte Suprema. Ha elementi per farlo? Non ci è stato spiegato e non possiamo saperlo. Ma ciò non toglie che lui ha tutto il diritto di manifestare il suo pensiero e di accusare il suo avversario di aver truccato il voto. Se questa frase si rivelerà infondata lo stabiliranno i giudici americani, non possono preventivamente stabilirlo i media, occultando le parole dell’inquilino della Casa Bianca e soffocando, in tal modo, la sua sacrosanta libertà d’opinione.

E invece fino a ieri è accaduto di tutto. Per la prima volta nella storia dell’informazione televisiva americana le principali emittenti televisive statunitensi, inclusa l'ex rete amica di Trump, FoxNews, hanno interrotto il discorso del Presidente, e i social hanno rimosso e censurato i suoi tweet di accuse di brogli. E’ stato anche sospeso l'account di Steve Bannon, il teorico del sovranismo americano, ex stratega di Trump alla Casa Bianca, che ha invocato la decapitazione dell'epidemiologo Fauci e del capo dell'Fbi Wray.

Nel pomeriggio di giovedì, a Washington, Donald Trump ha convocato una conferenza stampa dalla Casa Bianca denunciando brogli e irregolarità nel voto ("Ci rubano le elezioni"). Le principali reti - MsNbc, Nbc, Abc, Cbs, Cnsbc - hanno deciso di interrompere la diretta dalla Casa Bianca per chiarire agli spettatori che le affermazioni del presidente erano "false" e non sostanziate da "nessuna prova". "Ci troviamo nella posizione di dover interrompere il Presidente degli Stati Uniti", hanno ripetuto i giornalisti. La Cnn, che ha continuato a trasmettere in diretta, ha tuttavia accompagnato l'immagine di Trump con il sottopancia "senza prove, Trump dice che lo stanno imbrogliando".

Inoltre Twitter ha segnalato il tweet di Donald Trump nel quale il Presidente ha accusato i democratici ("stanno cercando di rubarci le elezioni. Non lo consentiremo"). Non è la prima volta che il social network silenzia il Presidente per i suoi post ritenuti non in linea con le regole fissate proprio per queste presidenziali che miravano ad arginare il fenomeno delle fake news. Si ricorderà che nel mese di ottobre le censure avevano riguardato il Covid e le affermazioni di Trump circa la sua bassa letalità, definita "inferiore a quella di una normale influenza".

Se questi provvedimenti del colosso del Web si basano sull’applicazione del divieto dei candidati di dichiararsi vincitori prima che l’esito delle urne venga ufficializzato, la censura si sarebbe dovuta abbattere anche su Biden, che nei giorni scorsi ha pronunciato frasi inequivocabili del tipo: "Abbiamo vinto ma ci vuole pazienza". Da ambienti democratici, peraltro, filtrano da giorni le voci sulla formazione della nuova squadra di Biden, che sarebbe già in fase avanzatissima, ben prima della proclamazione della sua eventuale vittoria.

L’interrogativo sulla veridicità delle affermazioni del Presidente non riduce la portata della censura che Trump ha subìto e della grave violazione delle solenni Dichiarazioni internazionali che garantiscono come intangibile la libertà d’espressione degli esseri umani. In particolare l’art.10 della Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo del 1948 riconosce la libertà d’espressione come libertà di ricevere e scambiare informazioni senza limitazioni di frontiere e senza ingerenze da parte di altri poteri, né politici né mediatici né di altra natura. Trump, parlando di Twitter, ha dichiarato che quel social è ormai “fuori controllo” e ha promesso di inasprire il trattamento delle piattaforme social, accrescendo le loro responsabilità giuridiche.

Ma la censura sulle elezioni americane da parte dei media tradizionali e on line non ha riguardato solo gli Stati Uniti. Il parlamentare di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida ha denunciato l’oscuramento di un suo post su Facebook dedicato a Trump. Sulla foto che accompagnava il post è subito apparso, dopo appena due minuti, un alert con scritto “informazioni parzialmente false”. "Sono almeno tre gli aspetti che reputo scandalosi – ha commentato il deputato - primo, impossibile che in soli due minuti si sia potuta effettuare una verifica, il cosiddetto fact-checking, su quanto da me affermato nel post – se ne deduce quindi che l’alert di Facebook sia scattato in automatico senza alcun reale controllo del contenuto. Secondo: sfido in ogni caso chiunque a rintracciare qualcosa di giudicabile come non veritiero nelle righe pubblicate – essendo per lo più considerazioni personali su Trump e valutazioni sul suo operato da presidente. Terzo: l’alert in questione fa passare il messaggio che il sottoscritto divulghi notizie false senza però argomentare quali siano. Il tutto, introducendo di fatto una sorta di reato d’opinione".

Indipendentemente, quindi, dal verdetto finale delle elezioni americane, la libertà d’informazione esce sonoramente sconfitta e immolata sull’altare di torbidi interessi politici. E a perdere sono i cittadini americani e gli utenti della Rete.




Brogli anti-Trump? Sospetti più che fondati
Alessandra Nucci
7 novembre 2020

https://www.lanuovabq.it/it/brogli-anti ... he-fondati


Michigan, Wisconsin, Pennsylvania, Georgia: in questi Stati decisivi per l'assegnazione della vittoria è stato misteriosamente bloccato il conteggio delle schede durante la notte mentre Trump era nettamente in vantaggio. Poi, dopo la sospensione, altrettanto misteriosamente Biden passa in vantaggio.....

Il presidente Donald Trump

Chi seguiva le elezioni americane in diretta l’altra sera, sulla mappa di Bloomberg aveva il piacere di vedere in tempo reale i vari stati colorarsi man mano di rosso o di blu, a seconda di chi era in vantaggio: dal rosa si passava a un rosso deciso se lo stato lo vinceva Trump, dal celeste si passava a un blu solido se lo stato se lo aggiudicava Biden. In alto la testata sommava i voti dei grandi elettori accumulati dai due candidati con l’assegnazione via via della vittoria definitiva nei vari stati, non a scrutinio terminato al 100 per cento ma quando il vantaggio di uno dei due non era più colmabile con il numero delle schede rimaste da conteggiare.

Tutto è andato avanti rapidamente, la mappa era già tutta colorata con solo pochi stati ancora di un colore pallido, quando è successa una cosa stranissima: il conteggio si è fermato. Il tabellone non si è più mosso.

Colpa della connessione? Di Bloomberg? No, incredibilmente nei restanti stati il conteggio si era fermato per davvero. Mancavano grandi stati in cui era in vantaggio Trump, praticamente imprendibile, dal che aveva twittato “Big win”: Michigan, Wisconsin, North Carolina, Pennsylvania e Georgia erano tutti chiaramente rosa.

Altri due erano meno chiari, l’Arizona oscillante fra rosa e azzurro anche se “chiamata” prestissimo dalla stampa come vinta da Biden, e blu il Nevada. Ma sulla mappa di Bloomberg cristallizzata per il resto della notte era impossibile confondersi: Trump era in vantaggio nei grossi stati della rust belt, quando hanno fermato tutto il favorito era lui.

Il Nevada ha smesso di contare alle 5,30 (orario del fuso orario dell’Est) quando il margine fra i due candidati era ancora troppo piccolo per “chiamare” lo Stato. A quel punto gli scrutatori si sono inspiegabilmente dati appuntamento per il giorno dopo alle 11,30, una decisione insolita per un’elezione di importanza planetaria come questa, ma sempre meno incomprensibile della decisione degli scrutatori della contea di Allegheny in Pennsylvania, che mercoledì hanno interrotto lo spoglio prendendosi all’indomani il giorno libero.

Chi non ha sospeso il voto ha risolto il problema durante la notte. Il Wisconsin vedeva un netto vantaggio di Trump finché da Milwaukee sono stati scaricati tutti in una volta alle 4 del mattino un carico di voti per Biden tali da portarlo dall’essere indietro al triplo dei voti di Trump: 317.251 a 134.555.

La stessa cosa è avvenuta nel Michigan verso le cinque del mattino: con Trump in netto vantaggio sono arrivati circa 140mila voti tutti per Biden, nemmeno un solo voto per Trump o per uno dei candidati minori, un fatto statisticamente impossibile. Così la macchina elettorale si è rimessa prontamente in moto e senza indugio Biden è stato dichiarato vincitore.
Da notare che i grafici che indicavano in tempo reale l’andamento del voto hanno fotografato questa onda anomala con un tratto che interrompe la curva di Biden con una riga verticale verso l’alto per indicare l’arrivo di questi voti, di cui neanche uno per Trump. La stessa interruzione anomala è riportata nel grafico per il Wisconsin.

In Pennsylvania non ci sono stati pacchi notturni di voti all-Biden, ma la Segretaria di Stato in una serie di decisioni contraddittorie, ancorché impugnate dai repubblicani, ha permesso che venissero contati voti postali ritardatari anche privi di timbro postale che dicessero quando e da dove arrivavano. Da allora il vantaggio di Trump si è gradualmente eroso ma era ancora di oltre 18mila voti all’alba di venerdì (ora italiana).

Il North Carolina, che ha terminato lo spoglio con Trump in vantaggio di 77.000 voti, ha dichiarato che non proclamerà il vincitore fino al 12 novembre per permettere l’arrivo dei voti postali.

Inutili le proteste dei repubblicani, anzi: i rappresentanti di lista, osservatori previsti per legge, venivano allontanati. Le denunce dei repubblicani guidati da Rudy Giuliani hanno ottenuto solo che degli osservatori fossero ammessi allo spoglio a distanza di 6 piedi, circa 1,8 metri… abbastanza vicino per notare se delle schede vengono buttate via, come illustrato in alcuni video amatoriali che circolano su internet, ma non tanto da controllare le singole schede.

L’Arizona è un caso a parte. Degli elettori di Trump hanno dichiarato di essersi visti consegnare un pennarello “Sharpie”, che però il lettore ottico non è in grado di leggere. Come è possibile che gli scrutatori distinguessero chi poteva votare un candidato piuttosto che un altro? Dai registri. In America non c’è l’anagrafe come da noi, si vota se si è “registered voter” e per registrarsi occorre iscriversi presso un partito politico. Così ai seggi hanno a disposizione gli elenchi repubblicani e quelli democratici.

Ma di stranezze che minacciano di inquinare il voto ce ne sono state anche altre. Si pensi in Georgia alla tubatura scoppiata guarda caso nella stanza dove tenevano i sacchi dei voti postali. Non sono stati danneggiati ma si sono dovuti spostare e scrutinare altrove. Maligno chi pensasse che lo spostamento renda più facili i brogli. Ah già: anche qui con la maggioranza delle schede scrutinate era in vantaggio Trump.

Infine ci sono stati i morti che votano, un classico delle elezioni americane, anche se solo oggetto di articoli di giornale e non di inchieste giudiziarie: solo nel Michigan quest’anno gli zombie erano 2503; una delle elettrici risultava nata nel 1823. Judicial Watch in ottobre aveva annunciato di aver trovato 1,8 milioni di “elettori fantasma “ in 352 contee americane sparse per 29 stati. In altre parole, confrontando i dati del Census Bureau e i registri dei partiti, risultavano iscritti a votare ben oltre il 100 per cento dei potenziali elettori. In queste condizioni e con questi registri quest’anno per la prima volta non si sono attese le domande degli elettori impossibilitati a votare di persona, ma si sono mandati senza verifiche moduli e schede ai milioni di elettori riportati sulle liste dei partiti.


Corte Suprema, separare voti dopo 3/11
7 novembre 2020

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 3b484.html


(ANSA) - WASHINGTON, 7 NOV - Il giudice della Corte Suprema Samuel Alito ha ordinato alla Pennsylvania di separare, e contare a parte, tutte le schede ricevute dopo l'Election Day.
L'ordine, che ricalca quelle delle massime autorità elettorali della Pennsylvania, arriva in risposta ad un ricorso del partito repubblicano ed è motivato in parte dai suoi dubbi sul rispetto delle linee guida del segretario di Stato Kathy Boockvar, un democratico, al quale Alito ha chiesto una risposta entro sabato pomeriggio, e che ha girato poi la questione all'intera Corte suprema per eventuali altre decisioni.

Intanto Joe Biden allunga la distanza in Pennsylvania, dove ha un vantaggio di oltre 20.000 voti, per l'esattezza 21.746 voti. Lo Stato, decisivo nella corsa alla Casa Bianca, non è stato ancora assegnato.


Jolanda Santangelo
Serena Beggio
6 novembre alle ore 20:12 · Contenuto condiviso con:Amici
Da Luca .. grazie!

https://www.facebook.com/claudio.carzin ... 2008018993

Importante testimonianza direttamente dalla Florida, postata da un contatto.
Da leggere perché è un punto di vista diretto, sul campo, e non filtrato da una tv prezzolata e, per giunta, con un oceano in mezzo.
"Da una italiana negli USA...
Visto che tanti amici dall'Italia mi chiedono aggiornamenti e il mio parere sulla situazione americana, ho scritto questo. Mi auguro aiuti.
Si, assolutamente, le truffe verranno dimostrate, il casino è successo perché Trump era in grosso vantaggio. Ne abbiamo viste di tutti i colori già ai seggi, in varie città. Quelli che imbrogliano sono senza vergogna, c'erano persino picchetti della sinistra in vari seggi che non facevano entrare quelli con magliette e cappellini di Trump.
Ma sono certe forze criminali che stanno controllando l'opinione pubblica dal dietro, per giustificare una guerra civile nelle grandi città. Trump è sempre stato in testa, ma i media hanno riportato in vantaggio l'altro per far credere che Trump in realtà gli ruberà la vincita, cosi possono cercare di far partire una guerra civile facendo credere al mondo che sono le vittime.
Ma ti assicuro che, come tutti i criminali, sono una minoranza, fanno solo un gran casino e creano tanta confusione. Gli americani veri sono brava gente e sono TANTI e uniti. Penso che la confusione andrà avanti qualche mese. I criminali dietro tutto questo sostanzialmente sono pochi, ma organizzati. Al contempo stanno anche andando andando nel panico, quindi fanno errori
Dobbiamo solo resistere.
Qui in Florida siamo messi bene, in giro siamo quasi a vita normale. Da quando il governatore ha aperto una investigazione criminale sui risultati falsi dei tamponi, siamo a quasi zero casi da settimane in tutta la Florida, per nuove dichiarazioni della salute della salute.
Gli ospedali sono tornati alla routine come prima del virus. Tutto quello che sentite dai media è manipolazione mentale. Qui raccomandano distanziamento sociale e mascherina per chi la vuole, non è obbligatoria.
Comunque non siate sorpresi da tutta la confusione e dalla propaganda, era prevedibile, ha interferito con i loro piani di controllo planetario.
La confusione svanirà. Anche la guerriglia civile sarà semplicemente parte della confusione che verrà fuori.
Ci sarà, purtroppo. Siamo preparati anche a quello.
Ma, importante, non perdetevi nei dettagli. Trump è contro le droghe, contro le case farmaceutiche, contro le tasse alte, contro la guerra, contro l'immigrazione illegale, contro il traffico umano, contro la pedofilia, a favore dei diritti umani e libertà di religione, sostiene le chiese, a favore della libera impresa, a favore della difesa dei confini, a favore delle famiglia tradizionale.
È scontato che sia combattuto dai criminali.
Può darsi che la situazione in vari paesi peggiorerà ancora di più, ma se si rimane vigili e si continua a divulgare la verità, finirà... settimane o mesi, ma finirà.
Cerchiamo di restare calmi e tranquillizzare le persone intorno a noi. I criminali stanno cercando di fare l'opposto, di impaurire tutti.
La situazione è quella che è, e non è una guerra tra partiti come ci vogliono far credere.
Prima di tutto dobbiamo essere noi a rimanere tranquilli.
Mi auguro che quanto detto possa essere utile."



Trump accusa: ho la prova dei brogli - discorso integrale in italiano
https://www.facebook.com/lexmovimentore ... 7971207877


Blog | Usa 2020, altro che oblio: Trump ha avuto un plebiscito. E ora c'è il rischio 'berlusconizzazione'
Il Fatto Quotidiano
di Furio Colombo
7 novembre 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/1 ... e/5994266/

Prevedere che sarebbe finita tra avvocati, accuse di brogli e possibili incidenti non era difficile. Bastava conoscere un po’ il sistema elettorale e non credere alla grande onda blu, che c’è stata, eccome, ma è stata più che compensata dalla marea rossa. I miei quattro lettori su Facebook sanno che alle 2.09 della notte la sentenza l’avevo pronunciata. “Una cosa si può dire, molto prima di sapere i risultati finali, l’America non ha rifiutato Trump, così come l’Italia non rifiutò Berlusconi nel 2006″.

Non so se ve la ricordate quella giornata. Partita con i Piepoli che davano all’Unione da quattro a sei punti di vantaggio agli exit poll, trasformatasi poi in una agonizzante conta all’ultima scheda, comprese quelle deposte in assenza dagli italiani all’estero, prima che un rantolante Romano Prodi arrivasse a dire “Abbiamo vinto” e Berlusconi si mettesse a parlare di brogli pur avendo il suo Pisanu titolare del Viminale. In piccolo lo stesso dramma che hanno vissuto gli Stati Uniti, con in meno la complicazione folle del loro sistema elettorale, i ricorsi giudiziari e alcune centinaia di milioni di armi allineate nelle rastrelliere. Ma la sostanza è la stessa, come lo sgomento e il senso di stentata sopravvivenza che adesso attanaglia i democratici e la stampa liberale, dal New York Times al Financial Times.


Usa, falsificazioni e morti che votano: ecco perchè Trump è ancora in gioco
Lunedì, 9 novembre 2020

https://www.affaritaliani.it/esteri/usa ... refresh_ce

L’ex campione dei pesi massimi Joe Frazier ha votato alle elezioni del 2018. Ma è morto l’11/7/2011. Il nonno di Will Smith ha votato nel 2018, peccato che sia morto nel 2016. Come loro, i 14.000 votanti defunti trovati nella contea di Whayne in Michigan? Quello che si apre ora, in America, è un vero e proprio Election gate. Che tutto finisca in mano alla Corte Suprema, ormai è certezza.

In questo momento sono più di 19.000, dalla GOP room, i ricorsi per i cosiddetti brogli elettorali nella disfida fra Donald Trump e Joseph Biden. “Le elezioni americane sono ben lungi dell’essere finite” ha dichiarato l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, uno dei super legali che Donald Trump ha schierato insieme a Jay Sekulow, o l’ex procuratore generale della Florida Pam Bondi, Sidney Powell, avvocato dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael T.Flynn.

Ma al centro dell’inchiesta per il cosiddetto Election Gate non c’è solo Joseph Biden. Ci sono i media americani mainstream e l’indagine parte da Capitol Hill. Per le strade si sono viste file di americani in macchina, come quelli che hanno creato una coda di 60 km in Nevada, per andare a manifestare a Phoenix. In ballo, da qualsiasi parte si “penda”, c’è il senso della parola democrazia. E quando c’è in ballo la democrazia l’America si compatta. Questa volta lo ha fatto in cinque giorni.

“La modalità fraudolenta di alterare i voti è stata sistemica, ovvero è avvenuta in dieci stati -ha dichiarato Giuliani ai microfoni di Maria Bartiromo di Fox News, dicendo che “le elezioni sono ben lungi dall’essere finite”. Ma quel che avvince, è la mobilitazione popolare per l’adesione compatta dei media alla causa Dem e per la modalità con cui le notizie sono state date. Abbiamo chiesto un commento a Flavio Robert Paltrinieri, membro del partito Repubblicano della Florida e leader di Noi di Centro.

Lo strano caso dei morti che votano e del fatal error dei software.

Alcune notizie, come quella dei 14.000 defunti che avrebbero votato in Michigan, nella Contea di Whayne, hanno fatto il giro del pianeta. “Ma ci sono anche i “fatal error” dei software che ogni 1.000 voti attribuiti a Trump, ne levavano 300, beccato da un acuto observer (il funzionario che ai seggi controlla le regolarità delle procedure). O i 10.000 voti duplicati in Oklahoma”.

Pare che agli osservatori dei seggi repubblicani sia stato impedito di ispezionare i voti per posta. “La Virginia è stata assegnata a Biden con lo spoglio al 20% e durante l’apertura dei seggi, questo ha ovviamente condizionato gli elettori che ancora non si erano espressi. Hanno usato la Fox come agente provocatore ma l’America non è l’Italia, la gente te la trovi all’uscio. È stata aperta un’inchiesta contro il cartello di tv e giornali che vede protagonisti Cnn, Abc, perché si capiva che la strategia per vincere partiva da una compagine di media che per un anno ha montato l’Onda blu”.

Il miracolo delle 4 del mattino

Come ha sottolineato la grande giornalista che si firma Correia in un editoriale, gli americani sono andati a dormire con Trump che sembrava prevalere e si sono svegliati con Biden che lo surclassava. Ma alcuni dati, come il 98,4% (in un solo flusso di voti) a favore di Biden in Wisconsin, sono al di là di qualsiasi evidenza statistica. Correia lo chiama il miracolo delle 4 del mattino e evidenzia lo strano fenomeno del 200% dei voti che si ottiene in alcuni distretti, andando alle fonti del dato statistico. La bomba è scoppiata quando Pennsylvania, Michigan, Ohio, Nevada, Wisconsin, Arizona, si sono colorati di blu in modo plebiscitario e improvviso. “Dai primi momenti fino a metà Election Day Trump era in testa e prendeva più voti della precedente elezione dove aveva vinto con 67 milioni”. Casi sospetti come gli 0 voti di Trump e i 650mila voti plebiscitari attribuiti a Biden in Georgia, stato dove i Dem non hanno mai trionfato, hanno palesato la legittimità del sospetto. “In Pennsylvania si sono trovati quasi 150.000 voti senza certificazione del documento. La Corte Suprema dello stato che chiesto la segregation dopo il 3 e ora si va al riconteggio. In North Carolina Trump è in testa realmente (senza i voti illegali) di 400.000 voti, il Nevada è sempre stato repubblicano e qui hanno votato 39.000 persone non residenti in Nevada!” Paltrinieri, in Florida nei giorni cruciali, afferma che “alla fine delle 24 ore successive all’Election day, Trump era in testa in modo schiacciante. Mentre nella costa est i seggi erano chiusi, nel Midwest erano spalancati, ma le TV davano ingiustamente e senza alcuna base di calcolo possibile, Biden in testa in modo schiacciante. Sapete in quel caso cosa succede? Gli elettori del Midwest, vedendo un epilogo scontato, stanno al saloon a bere birra, tanto ha già vinto quell’altro. Invece si assisteva nelle varie contee ad un testa a testa che vedeva il Presidente saldamente in vantaggio”.

Quali sono le notizie certe sulle anomalie elettorali?

“Uno dei più bravi giornalisti d’inchiesta James Okeef, ha intervistato e pubblicato il video di un operatore dell’UPS che è stato costretto a falsificare in Pennsylvania timbri sulle buste voto, per validarle. E l’esperta politica Trish Regan ha twittato di recente che in Pennsylvania la corte ha consentito alle schede di arrivare dopo l’Election day e senza l’evidenza che fossero state spedite prima della giornata fatidica. Poi sono iniziate le illegali espulsioni degli osservatori di scrutinio repubblicani a Detroit ed in Wisconsin, mentre in Nevada votavano più di 3.000 cittadini non residenti (cosa illegale), molti anziani denunciavano di aver votato rosso, trovandosi poi scrutinati in blu. In Texas il responsabile della campagna di Biden è stato indagato dall’FBI per aver raccolto voti in modo illegale, mentre la stessa FBI ha fatto irruzione al quartier generale in Pennsylvania per capire cosa stava succedendo, prendendo atto che 14.000 morti avevano votato per Biden. Nel distretto di Washington DC Trump ha preso il 5,6% e Biden il 93%. Cioè anche I repubblicani che abitano li, secondo lo scrutinio, avrebbero votato democratico…...Più chiaro di così”.

È vero che Wall Street vota democratico?

“Come specificato ieri e ribadito anche dal presidente della camera di commercio americana in Italia Luca Arnaboldi, se vincessero i Dem potebbe verificarsi addirittura un crollo della Borsa. In America esiste il mercato OTC, Over The Counter, dove si quotano le aziende che non avrebbero i requisiti per entrare su quelli regolamentati, anche un negozio può quotarsi. Trump ha fatto abbassare del 50% le tasse delle società cosiddette pink e così facendo ha favorito migliaia di posti di lavoro. Alcuni indici sono chiari, ogni volta che Trump era saldamente in vantaggio, la valuta cinese precipitava, salvo recuperare miracolosamente valore quando la finta Onda blu ripristinava la parità. Moltissimi analisti di borsa vedono con terrore il cambiamento, la borsa precipiterebbe nel caso I Dems fossero plenipotenziari. Questo è il segno che nemmeno Wall street vuole Biden. I brogli di ogni natura dei Dems fanno capire che il disegno è più grande ed appartiene alle mire globaliste di alcune imponenti e transnazionali lobby, che vedono in Trump il nemico numero 1 ed un argine che ancora oggi sembrerebbe insuperabile. Non dimentichiamo che prima del Covid la disoccupazione era al 2,1%, un dato bassissimo. Che Trump abbia fatto volare l’economia è un fatto conclamato.

Lei dice che Trump rimarrà alla casa Bianca. Come?

“I Dems hanno sempre avuto una presenza sul territorio molto organizzata con apparati capillari. Da qui lo spuntare di rimonte incredibili, dove per ore Trump non prendeva un voto. Ma nonostante tutto Trump nella notte del 4, ha vinto comunque.

Allora si è messa in campo la terza fase del piano, quella che secondo il mio parere, lo farà rimanere alla Casa Bianca. I Dems hanno creduto di poter compiere ogni tipo di angheria contro la democrazia, falsificando e duplicando voti, convincendo operatori delle poste USA a falsificare la data di voti, confezionati dopo il 3. Ma hanno fatto i conti senza il popolo americano, che si schiera. I latinos, dipinti come nemici giurati di Trump, per la questione muro con il Messico (raccontata in Italia in modo vergognoso e del tutto fuorviante), alla notizia di Trump vincitore in Florida, hanno inscenato cortei pacifici e spontanei con auto ed ogni tipo di scritta inneggianti a Trump. In Usa si dice che se durante un’elezione i repubblicani mettono in campo Rudolf Giuliani, “we have a story to tell”; significa che c’è qualcosa di vero da scoprire e denunciare. Appena il grande avvocato, forse il migliore si è recato con una poderosa squadra di colleghi nella Rust Belt, sono impazzite le voci di brogli, mentre Conway nel Midwest faceva lo stesso. All’ uscita della notizia che Biden aveva surclassato Obama per numero di voti (cosa assai improbabile, Obama era di colore ed ottenne voti che ora non ci sono) si è ben compreso che c’era qualcosa che non andava. I Dems avevano pianificato di ottenere il controllo di Camera, Senato e Presidenza. Cosa che priva l’America del naturale bilanciamento democratico fra I poteri. Si chiama colpo di Stato”.

Gli ultimi aggiornamenti

Secondo gli ultimi dati, in Pennsylvania ora il gap sarebbe rientrato e Trump verrebbe dato vincitore all’85% dell probabilità, non contando i voti segregati.. In Arizona, la probabilità che Trump rimanga in sella è del 58%. Il Wisconsin va al riconteggio. In Michigan, senza il “fatal error” dei software in 47 paesi, Trump guida al 2,6%, la Georgia va a ricontare e secondo Giuliani ci sarebbero in totale ben 10 stati dove i brogli hanno falsato la classifica.

L’ultima clamorosa Breaking news è che AMLO (Andrés Manuel López Obrador), Presidente del Messico, ha ben chiarito che non riconosce Biden come Presidente. Ha dichiarato “ è troppo presto per dirlo, le elezioni saranno ancora lunghe”. Ma i Messicani non erano nemici giurati di Trump?

Gino Quarelo
Io mi rifiuto categoricamente anche solo di supporre che Trump si sia ridotto ad essere un individuo irresponsabile ed incosciente come un bambino capriccioso o un vecchio demente, attaccato irragionevolmente alla poltrona, da inventarsi fantomatici e inesistenti brogli elettorali nel tentativo demenziale di tenersi la poltrona.
Dopo le calunnie del Russiagate e del tentativo di impeachment e la continua demonizzazione di Trump, dopo la messa a ferro e fuoco degli USA da parte degli antifa, dei BLM e dei suprematisti neri e islamici con incendi, omicidi, saccheggi e devastazioni io mi aspetto di tutto da questa gente sinistra.

Se i brogli sono veri Trump ha il dovere di difendere la civiltà democratica e il diritto ad ogni costo. Consegnare il potere di questa grande nazione che influenza il mondo intero a una banda di malfattori e criminali questo sì che sarebbe imperdonabile e una vergogna grande.

Ricordo che i neri uccisi dalla polizia erano tutti delinquenti abituali anche per delitti gravi e violenti, colti a compiere reati e che si sono opposti al legittimo arresto della polizia.




Donald Trump, "via alle purghe per i funzionari sleali": l'indiscrezione dalla Casa Bianca prima di Biden presidente
Giorgio Carbone
8 novembre 2020

https://www.liberoquotidiano.it/news/es ... dente.html

Donald Trump sarebbe pronto ad una ‘purga’ per punire i collaboratori che ritiene non siano stati leali nel momento di maggior bisogno. Lo scrive il Washington Post, secondo cui il ministro della Difesa Mark Esper, il direttore della Cia Gina Haspel e altri funzionari “potrebbero essere messi alla porta senza cerimonie nei prossimi giorni e settimane”. Ulteriori dettagli sono stati svelati dalla Nbc, che ha sostenuto che Esper stava preparando la lettera di dimissioni già due giorni fa, ma per ora Trump si è limitato a destituire bruscamente Bonnie Glick, numero due dell’agenzia di governo per la cooperazione internazionale: il presidente non avrebbe dato nessuna spiegazione e per il Washington Post si tratterebbe della “prima di un’attesa vasta purga di funzionari che Trump ritiene non siano stati abbastanza leali”.

In particolare “The Donald” si è lamentato per non aver sostenuto tutto il sostegno che merita nella sua battaglia contro la presunta “frode elettorale”. “Decine di migliaia di voti sono stati ricevuti illegalmente dopo le 20 di martedì, giorno delle elezioni, cambiando totalmente e facilmente i risultati in Pennsylvania e in altri Stati sul filo del rasoio”, è stato l’ultimo tweet del presidente che non ha alcuna intenzione di accettare la sconfitta. Inoltre Trump ha denunciato una mancanza di “trasparenza” durante lo spoglio dei voti: “Le porte degli edifici dove si contavano sono state bloccate e le finestre coperte con cartoni spessi così da impedire agli osservatori di vedere. All’interno sono accadute cose brutte, grandi cambiamenti hanno avuto luogo”. Al momento non vi sono prove di quando affermato da Trump, anzi gli osservatori repubblicani erano presenti ovunque come da prassi.




Israele e le incognite della presidenza Biden
8 novembre 2020

http://www.linformale.eu/israele-e-le-i ... nza-biden/

Dopo Nizza, dopo la decapitazione di Samuel Patty, ora è il turno di Vienna, dove, ieri sera, un attacco sincronizzato di matrice jihadista ha seminato morte e terrore (si contano, per il momento, quattro vittime) nel centro della capitale austriaca.

L’evocazione di Vienna come ultimo baluardo crstiano-occidentale contro l’avanzata turca nel 600, viene automatico. Ma oggi, a Vienna i turchi sono di casa, e se non c’è più Kara Mustafa Pasha c’è però Recep Tayyip Erdoğan con il suo progetto di restaurazione neo-ottomana che non trova al momento alcun argine.

Ancora una volta, l’Europa si trova impotente di fronte al terrore che no, non viene dallo spazio, come in un famoso racconto di Lovecraft, ma è partorito all’interno di una religione, è inserito come dispositivo di violenza e morte nelle pagine del suo testo fondante, il Corano, nella parte delle sure medinesi, quelle, come vuole la fede islamica, ricevute da Maometto a Medina.

Ed è a Medina che nasce l’Islam, non alla Mecca, là, dove, dopo l’egira, Maometto, da predicatore con scarso seguito e fortemente contestato, diventa il capo politico di una nuova grande aggregazione tribale che dopo la sua morte si trasformerà in un grande impero.

In questi anni, ogniqualvolta il suolo europeo è stato macchiato dal sangue di innocenti sparso da uomini che inneggiavano alla grandezza di Allah, abbiamo sentito il solito discorso. Non sono veri musulmani, i veri musulmani sono pacifici, l’Islam predica la pace, queste sono mele marce, sono fantatici, sono dei “fascisti” (aggettivo passepartout con cui si aprono indistintamente tutte le porte dietro le quali vi è violenza e omicidio), sono devianti, lupi solitari, psicolabili, e così via. Questo mantra necessario ai governi occidentali per paura di ritorsioni nei confronti delle comunità musulmane presenti sui loro territori, e per tutelare una immigrazione che è, in buona parte di religione islamica, non può però nascondere la realtà. Di verità negata ci si ammala, o peggio, si muore e si continuerà a morire.

Dopo le grottesche e oscene accuse di Erdoğan rivolte a Emanuel Macron, (che l’Europa teme e nei confronti del quale piega la testa), secondo cui, nell’ Europa attuale i musulmani verrebbero trattati come gli ebrei durante gli anni ’30 e ’40, Macron, in una intervista ad Aljaazera, ha reiterato gli abituali luoghi comuni sulla bontà consustanziale dell’Islam e la devianza di chi uccide in suo nome. Eppure, il presidente francese aveva detto cose sensate, seppure assai tardive, poco prima, suscitando appunto l’ira di Erdoğan, ovvero che sul suolo della Francia vi sono enclave islamiche che rigettano le regole e la cornice culturale e valoriale dello Stato.

Questa verità è stata controbilanciata con una menzogna, quella, appunto, dei jihadisti come devianti dall’Islam. D’altronde, con circa sei milioni di musulmani in Francia, Macron, leader di una ex grande potenza coloniale, deve per forza arrabattarsi.

Tutto ciò però non altera l’inscalfibile realtà dei fatti e la loro bruta evidenza. L’Islam, per quanto costituito oggi da una maggioranza sostanzialmente pacifica, non si è mai purificato dalla violenza prescrittiva che si trova al proprio interno, e il motivo è che non può farlo. Il Corano non è, come la Bibbia, un libro ispirato, ma un testo che si ritiene divinamente dettato. Ogni sura giunge direttamente dalla trascendenza, là dove il Corano è realtà increata. Maometto ne è solo ricettacolo, specchio in cui si riflette un verbo immodificabile, oltre il tempo e la storia, valido per sempre.

Dunque? Dunque la maggioranza dei musulmani che non agiscono la violenza prescritta nel Corano contro gli infedeli, lo fanno non perché questa violenza non vi sia, ma perché preferiscono ignorarla, solo che, chi non la ignora, è perfettamente musulmano come loro, anzi afferma di esserlo di più perché fa ciò che lo stesso Maometto metteva in pratica.

Non sono i musulmani singoli il problema, ma è la religione che professano, sono specifici, chiari insegnamenti. Fingere che non ci siano, che non siano islamici, ci porta all’assurdo di considerare Maometto stesso al di fuori dell’Islam.



Gino Quarelo
Diciamo che i mussulmani sono un problema in quanto portatori del nazismo maomettano. L'Islam senza portatori umani che lo adottano non può fare del male. L'Islam fa del male quando è assunto e praticato dagli uomini.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 6:56 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 6:56 am

16)
La sconfitta di Trump una festa nazionale per gli antitrumpiani nostrani


Biden è un uomo viscido e schifoso che tocca le bambine sul petto, le bacia in bocca e le accarezza il viso mettendogli le dita addosso.
Dario Berardi
8 novembre 2020

https://www.facebook.com/dario.berardi. ... 4744173372

Per fortuna per lui è un riccone e può permettersi certi comportamenti, ma la mia impressione francamente è che un Joe Biden qui a Roma Est, un tizio che si struscia alle ragazzine e le bacia mozzicandole, finisce alla discarica di Malagrotta o a farsi un bagno nel Tevere. Anche giustamente
Inoltre il presidente democratico è un uomo vomitevole, perché è stato accusato di aver molestato donne più di una volta e di averle toccare con le sue mani lerce. C'è un bel video a riguardo, in cui viene invitato in una trasmissione per chiedere scusa di aver toccato il culo ed aver messo al muro delle presentatrici di un programma, ma lui in cinque minuti di risposta non dice nulla e loro stesse vengono sconvolte dalle risposte del vecchio sporcaccione, che dichiara candidamente di aver toccato le tette ed il culo delle donne, perché non sa bene quale sia il limite tra il contatto tra persone .
Io non ho mai toccato tette e culi nella mia vita a meno che non stavo con una ragazza, ma per i ricchi mi sa che funziona differente, evidentemente. Ma io non scambierei mai la mia vita con la loro, francamente, perché non mi interessa toccare una donna senza un attrazione reciproca e la trovo pure una cosa vomitevole, come è vomitevole Biden.
La cosa più brutta comunque per gli Usa non è il nuovo presidente , che fa schifo come essere umano, ma la sua vicepresidente: Kamala Harris.
La Harris viene presentata falsamente dai media di regime come "Indiana americana", facendo pensare alle masse informi e inconsapevoli che lei sia una pellerossa, mentre è una Indiana si, ma che viene dall'India e che appartiene ad una famiglia di intoccabili, i bramini, sfruttatori e dittatori arricchiti grazie alla schiavitù di persone colpevoli solo di non essere nate nella casta sbagliata.
In più il padre della buona Kamala era una persona coinvolta nel regime schiavista in jamaica ed infatti, finita la schiavitù nel 1962, dovette scappare in Usa nonostante fosse nero, con la scusa dell'università .
Ancora oggi i neri in Jamaica non hanno piacere a ricordare la famiglia Harris, anche giustamente, e lei non ha mai più messo piede nel suo paese di origine, perché le persone del posto non hanno dimenticato l'apartheid ed il razzismo, di cui la sua famiglia era colpevole e collaborazionista, nonostante avessero lo stesso colore di pelle.
La vittoria di questa gente comunque è un problema per la libertà e per la civiltà occidentale, ma se abbiamo sconfitto Hitler, come è successo per fortuna, non penso che dobbiamo aver paura di questi soggetti come Biden, Kamala Harris e del loro esercito di coglioni seriali, con la coppola da Hipster che fanno l'aperitivo tra amichetti mentre sentono musica indie pop. Sono robetta e li batteremo con molto meno sforzo di quello fatto per sconfiggere i nazisti



Tutti i leccapiedi, gli scribacchini e gli intellettualoidi de’noantri si stanno già sbizzarrendo per elogiare la futura e nuova Vicepreside Usa, Kamala Harris.

https://www.facebook.com/BarbagalloG.92 ... 1847469480

Giudizi trionfalistici ed elogi smisurati che nascono solo e soltanto dal fatto che sia donna e afroamericana, insomma una sorta di Obama in gonnella ma più cattiva.
Più cattiva perché la cara Kamala è una fervente “anticattolica”, talmente “anticattolica” da aver insinuato, nel 2018, in modo nemmeno troppo velato che l’adesione ai princìpi della morale cattolica ortodossa sia squalificante per il ruolo di giudice federale.
L’ostilità della Harris nei confronti del cattolicesimo non è circoscritta all’inquisizione dei candidati cattolici alle corti federali, si estende anche alla persecuzione degli enti pubblici che per missione rispettano la teologia morale cattolica.
Utilizzando i suoi incarichi pubblici per fare pressioni su queste istituzioni, la Harris si è guadagnata un lauto sostegno finanziario da parte di persone e gruppi pro aborto.
Ma c’è di più, c’è di peggio: nel 2015, la Harris ha sostenuto con entusiasmo il cosiddetto Reproductive FACT Act della California, un progetto di legge che obbligava i centri pro life di aiuto alle donne in gravidanza a dire alle loro clienti dove avrebbero potuto ottenere aborti gratuiti e a pubblicizzare le cliniche per l’aborto e, sempre 2015, utilizzò il suo potere di procuratore generale dello Stato per far chiudere sei ospedali cattolici per conto di un altro dei suoi sponsor politici, la Service Employees International Union.
Come senatrice degli Stati Uniti, la Harris ha introdotto l’orwelliano “Do No Harm Act”, il cui scopo è obbligare persone e organizzazioni religiose a svolgere attività che violano direttamente le loro convinzioni. È anche co-promotrice dell’“Equality Act”, che costringerebbe gli ospedali cattolici, per esempio, a praticare interventi per il cambio di sesso, ad aprire agli uomini i bagni riservati alle donne e a obbligare le ragazze e le donne a competere nelle gare di atletica con ragazzi e uomini.
Kamala non ha mai nascosto il suo intento di portare a termine il piano di Blanshard: costituire un movimento contro la Chiesa cattolica e contro gli individui, le società e le istituzioni che abbiano convinzioni, posizioni e condotte coerenti con la teologia morale della Chiesa.
Adesso giudicate voi, senza filtri e senza l’ausilio dei pennivendoli di sinistra, può una del genere ricoprire il ruolo di vicepresidente del Paese più potente del mondo?
Io non sono per niente tranquillo!


Kamala Harris nell’armadio ha un colore della pelle per ogni stagione.
Marco Lancini

Oggi, ad esempio, abbiamo scoperto dalla stampa progressista che si tratti della prima Vicepresidente nera eletta nella storia degli Stati Uniti.
Qualche tempo fa, sempre secondo la stessa stampa progressista, era stata invece la prima indo-americana a ricoprire il ruolo di procuratrice della California, ma nell’anno dei Black Lives Matter era più che mai conveniente cambiare abito.
Per me, che non ho grande interesse per il colore della pelle, l’etnia degli individui, o il genere sessuale, ma penso a differenza degli amici di sinistra che in qualsiasi ambito professionale si debbano premiare il merito, le capacità e le idee, Kamala è da sempre, semplicemente, una donna americana, che promuove una pessima agenda politica radicale, come l’idea di favorire l’aborto anche in tarda gravidanza, quando la vita esiste al di fuori di ogni ragionevole dubbio scientifico ed ha il diritto di non essere soppressa o di introdurre un non meglio precisato terzo genere oltre a quello maschile e femminile, o il mix letale per la crescita e la prosperità tra l’ambientalismo ideologico e il socialismo economico.





Kamala Harris è sposata con un avvocato ebreo

Douglas Emhoff (New York, 13 ottobre 1964) è un avvocato statunitense.
https://it.wikipedia.org/wiki/Douglas_Emhoff
Marito di Kamala Harris, prima donna vicepresidente degli Stati Uniti (non ancora), è di conseguenza il primo uomo a ricoprire la carica di Second gentleman degli Stati Uniti d'America, oltre che essere il primo di religione ebraica.



Chi è Joe Biden, 46esimo presidente degli Stati Uniti

https://www.vicenzapiu.com/leggi/biden- ... dente-usa/

Jospeh Robinette Biden è nato in una famiglia cattolica irlandese ed economicamente modesta a Scranton, nella vicina Pennsylvania, cittadina mineraria celebre finora soprattutto per essere stata la location della serie tv The Office. Ma approdato nel Delaware poi mai più abbandonato quando aveva appena 10 anni. Suo padre, Josehp Senior, ci si trasferì con la famiglia dopo aver perso il posto in una compagnia di sigillanti per navi, per reinventarsi la vita come venditore di auto usate. «Un uomo non si misura da quante volte cade, ma da quanto velocemente si rialza»: come gli disse allora. Dandogli quella lezione che ha plasmato il carattere di Joe per il resto di una vita che, va detto, gliele ha davvero suonate.

Studente mediocre perché balbuziente, si sforzava ogni giorno di leggere poesie ad alta voce. Buon giocatore di football sfruttò le sue doti sportive per costruirsi un’immagine da leader naturale: a dispetto dell’indole d’incontenibile gaffeur. Primo della sua famiglia a frequentare l’università, studiò legge a Syracuse, New York, per amore. Qui viveva infatti Neilia Hunter, la ragazza di cui si era innamorato durante una vacanza alle Bahamas. Finalmente sposata, contro il parere della famiglia di lei, nel 1966. Dopo aver esercitato brevemente come avvocato, e aver fatto una piccola esperienza da consigliere regionale, a soli 29 anni Joe si convince di essere tagliato per la politica. Nel suo Delaware allora solidamente repubblicano conduce una serrata campagna porta a porta: approdando in Senato, nel novembre 1972. Un mese dopo, lo colpisce però la prima grande tragedia. La moglie e la figlioletta di un anno Naomi muoiono in un incidente stradale, travolte da un camion, alla Vigilia di Natale. Disperato, vuol mollare tutto: ma i compagni di partito lo convincono a provare sei mesi. Il 23 gennaio 1973 giura dunque accanto al letto di ospedale del figlioletto Beau ingessato: sì, il futuro procuratore ed eroe di guerra, ucciso da un tumore al cervello nel 2015, altro devastante lutto della sua vita.

Iniziano così i suoi 36 anni da pendolare al Senato: dove va tutti i giorni in treno al mattino, tornando da Washington in tempo per dare la buonanotte ai figli Beau e Hunter la sera. Ritrovando coraggio anche grazie all’aiuto di Jill Jacobs (ma il cognome originale è il sicilianissimo Giacoppa) sposata nel 1977 dopo un lungo corteggiamento e due no alle sue proposte. Insieme avranno una figlia, Ashley. Insegnante in un community college, università popolare parzialmente supportate dallo stato, è l’unica moglie di un vicepresidente che si è rifiutata di smettere di lavorare.

Ambiziosissimo, nonostante l’immagine di uomo alla mano, Biden, d’altronde, ricopre incarichi prestigiosi: presidente del comitato giustizia fra 1987 e 1995 è più volte presidente della Commissione Esteri. Le sue posizioni bipartisan e le amicizie in campo repubblicano (celebre quella con John McCain) non sono amate da parte del partito: dall’opposizione all’uso forzato dei bus per integrare gli studenti neri nelle scuole bianche rinfacciatogli pure da Kamala Harris nel corso del primo dibattito delle primarie. Al trattamento riservato all’antesignana del #MeToo, Anita Hill, nel 1991, quando, capo della commissione Giustizia la lasciò massacrare dai colleghi senatori mentre accusava di molestie il giudice conservatore afroamericano Clarence Thomas, nominato alla Corte Suprema. Senza dimenticare il voto favorevole alla guerra in Iraq. Barack Obama, sfidato alle presidenziali 2008, lo volle suo vice e lo ricompensò dandogli accesso alle stanze dei bottoni. «Da questa modesta casa alla Casa Bianca », ha scritto l’altra sera nel salotto della casa di Scranton dov’è nato. Una strada lunga una vita.



Clarence Thomas (Pin Point, 23 giugno 1948) è un giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti d'America, nominato dal Presidente George H. W. Bush nel 1991.
https://it.wikipedia.org/wiki/Clarence_Thomas
È il secondo afroamericano a far parte della Corte dopo Thurgood Marshall a cui successe dopo il pensionamento di quest'ultimo. Con un mandato iniziato oltre 29 anni fa, è il giudice col servizio più lungo tra gli attuali membri della Corte.

???

Eccessivo entusiasmo per Sleepy Joe: partito diviso e sinistra radicale pronta all'incasso della cambiale
Atlantico Quotidiano
Michele Marsonet
11 novembre 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... -cambiale/

Già nella convention che condusse alla candidatura ufficiale di Joe Biden alla presidenza si notava che, in fondo, l’unico e vero collante del Partito democratico Usa era l’anti-trumpismo. Non si trattava certo di una novità. Tutti gli esponenti intervenuti in quella riunione virtuale concordavano sulla necessità che il presidente in carica dovesse sloggiare dalla Casa Bianca. Circa cosa fare dopo l’eventuale vittoria Dem, invece, non v’era altrettanta chiarezza.

A bocce ferme si può dire che, nel frattempo, nulla è cambiato. Il partito appare tuttora molto frastagliato e diviso tra correnti e personalità assai distanti tra loro. E la sinistra radicale, che durante le primarie aveva trovato in Bernie Sanders il proprio campione, è anch’essa divisa.

L’anziano Sanders, che si autodefinisce “socialista”, ha un’agenda in cui troviamo la necessità di un sistema sanitario nazionale, la questione della disoccupazione che rischia di debordare a causa delle conseguenze della pandemia e altri temi classici della sinistra tradizionale europea.

Esiste tuttavia anche una sinistra ben più radicale, e che ritiene invece prioritari l’ecologismo e le questioni di identità e di genere. Ancor più di Elizabeth Warren, la vera leader di questa variegata componente appare la giovane Alexandria Ocasio-Cortez affiancata da alcune deputate altrettanto giovani, tutte intenzionate a cambiare radicalmente il tradizionale scenario politico americano.

Nessuno ha ancora capito se le varie fazioni della sinistra interna raggiungano la maggioranza nel partito. La vittoria di un centrista ed esponente di lungo corso dell’establishment come Joe Biden indurrebbe a credere il contrario, ma la risposta è molto meno scontata di quanto si potrebbe supporre.

In realtà l’ex vice di Obama è riuscito a prevalere solo spostandosi a sinistra e quando Sanders gli ha ceduto ufficialmente il passo, a differenza di quanto aveva fatto in precedenza con Hillary Clinton.

Ma l’ipoteca della sinistra, più o meno radicale, sul partito è davvero forte e Biden, da vecchia volpe della politica Usa, l’ha capito benissimo. E, com’era lecito attendersi, l’ha capito un’altra “volpe” ancora più abile di lui, l’ex presidente Barack Obama, intervenuto con decisione ad appoggiarlo. È ovvio, tuttavia, che Biden ha dovuto promettere a destra e a manca per ottenere un’investitura che molti osteggiavano.

Lecito quindi chiedersi se l’entusiasmo manifestato da gran parte dei media Usa ed europei per la risicata vittoria democratica sia davvero giustificato. La principale dote di Joe Biden è la sua capacità di mediazione, esercitata nella lunghissima esperienza come senatore prima, e poi come vicepresidente. Con i suoi quasi 78 anni, tuttavia, dovrà affrontare una situazione eccezionale. Si troverà infatti a gestire un Paese profondamente spaccato come leader di un partito altrettanto diviso.

Essendo notoriamente un moderato, gli toccherà prendere posizione nei confronti dei fenomeni dilaganti del politically correct, della cancel culture e dell’intolleranza ideologica diffusasi a macchia d’olio nelle università e nei giornali. Non avendo certo una personalità carismatica, è lecito attendersi che troverà ostacoli enormi. Anche perché avrà sempre sul collo il fiato della sinistra radicale, alla quale ha fatto parecchie promesse, e che ora passerà senza dubbio all’incasso.

Senza scordare che ha scelto una vice, Kamala Harris, molto più giovane di lui e senz’altro dotata di maggiore carisma. C’è già chi prevede una sorta di diarchia in cui la Harris assumerà una posizione sempre più dominante, a differenza della tradizione Usa che vede i vicepresidenti quali semplici spalle del capo dell’esecutivo.

Per ora si sa soltanto che Biden intende far rientrare gli Usa nell’accordo di Parigi sul clima, e che vuole creare una task force per combattere la pandemia. Almeno in questo noi italiani abbiamo fatto scuola ma, visti i risultati conseguiti dalle innumerevoli task force nostrane, c’è da dubitare che si tratti di una scelta felice.

Per concludere, a me non pare che tutti questi entusiasmi per la vittoria (sempre risicata, rammentiamolo) di Joe Biden abbiano fondamenti solidi. E un altro grande interrogativo incombe. Donald Trump avrebbe perso le elezioni se non fosse scoppiata l’epidemia portata dal virus cinese? Pure in questo caso i dubbi, grandi come una casa, sono più che legittimi.


Iraq, Serbia, Siria e Libia: tutte le guerre di Joe Biden
Roberto Vivaldelli
13 novembre 2020

https://it.insideover.com/politica/tutt ... biden.html

Come sarà la politica estera dell’amministrazione Biden, qualora l’ex vicepresidente venga confermato alla Casa Bianca (in attesa che si concluda la battaglia legale avviata dalla Campagna di Donald Trump)? In un articolo pubblicato qualche mese fa sulla prestigiosa rivista Foreign Affairs, Joe Biden sembrava voler ripescare quell’idealismo wilsoniano che vede gli Usa come “poliziotto del mondo” e che ha spesso contraddistinto le amministrazione dei democratici e di recente l’ultimo mandato di Barack Obama (2012-2017), con l’appoggio incondizionato alle Primavere arabe e la destabilizzazione del Medio Oriente e del Nord Africa. “Durante il mio primo anno in carica – scriveva Biden su Foreign Affairs – gli Stati Uniti organizzeranno e ospiteranno un Summit globale per la democrazia per rinnovare lo spirito e lo scopo condiviso delle nazioni del mondo libero. Riunirà le democrazie del mondo per rafforzare le nostre istituzioni democratiche, affrontare onestamente le nazioni che si stanno ritirando [dalla democrazia] e forgiare un’agenda comune. Basandosi sul modello di successo istituito durante l’amministrazione Obama-Biden con il vertice sulla sicurezza nucleare, gli Stati Uniti daranno la priorità ai risultati galvanizzando nuovi impegni significativi nei paesi in tre aree: lotta alla corruzione, difesa dall’autoritarismo e promozione dei diritti umani nelle proprie nazioni e all’estero”.

La promozione dei diritti umani su scala globale si tradurrà in nuovo interventi militari? In effetti, la (lunga) carriera politica di Biden parla chiarissimo. Come ha sottolineato di recente il senatore repubblicano Rand Paul, Biden “ha votato per la guerra in Iraq, che il presidente Trump ha definito a lungo il peggior errore geopolitico della nostra generazione”. “Temo che Biden sceglierà di nuovo la guerra. Ha sostenuto la guerra in Serbia, Siria, Libia”. A sostenere questa posizione è l’analisi del sito PolitiFact.

Joe Biden votò a favore della guerra in Iraq

Nell’ottobre 2002, l’allora senatore degli Stati Uniti Biden votò a favore di una risoluzione che autorizzava George W. Bush ad applicare “tutte le pertinenti” risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti dell’Iraq di Saddam Hussein e, se necessario, a usare la forza militare contro l’Iraq. Il resto è storia. Nonostante i dubbi sulle prove fornite da Colin Powell sulle presunte armi di distruzione di massa, il 20 marzo 2003 la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti invase l’Iraq e diede inizio alla Seconda Guerra del Golfo. Il 1º maggio 2003 il presidente Bush atterrò sulla portaerei Abraham Lincoln, quella che aveva partecipato alle operazioni nel Paese, annunciando la vittoria degli Stati Uniti. Il 30 dicembre 2006, l’ex Presidente e leader del partito Partito Ba’th, Saddam Hussein, venne giustiziato da un tribunale speciale iracheno. Nessun arma di distruzione di massa è mai stata trovata. In un’intervista rilasciata nel 2005, Joe Biden ammise che quel voto fu un grave errore.

Guerra in Serbia

Come senatore, Joe Biden ha votato a favore di una risoluzione del 1999 che autorizzava il presidente Bill Clinton a condurre operazioni aeree militari e attacchi missilistici contro la Repubblica Federale di Jugoslavia (Serbia e Montenegro), in collaborazione con gli alleati dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico. Il 24 marzo del 1999 Bill Clinton annunciava l’intervento della Nato e i fallimento delle trattative con il presidente serbo Slobodan Milosevic. Come ricorda Rainews, i raid dell’Alleanza, senza mandato Onu, iniziarono la sera: l’ordine arrivò dal Segretario Generale della Nato, Javier Solana, e durarono 78 giorni. I bombardieri Nato decollarono anche da quattro basi aeree in Italia e da unità navali nell’Adriatico. La Serbia e il Kosovo si trasformano in morti e macerie, ad essere colpiti sono sia obiettivi militari sia obiettivi civili.

Conflitti in Siria e Libia

In qualità di vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha sostenuto le Primavere arabe e la destabilizzazione del Nord Africa e del Medio Oriente operata dall’amministrazione democratica. In Siria, l’amministrazione Obama-Biden ha sostenuto gli attori proxy, ossia la sfilacciata e ambigua opposizione siriana, nel tentativo di rovesciare il regime di Bashar al-Assad e instaurare un nuovo regime democratico. Opposizione “moderata” ben presto sostituita dai ben più organizzati jihadisti di Al-Nusra (poi Hayat Tahrir al-Sham). L’amministrazione Obama nel 2014 ha lanciato attacchi aerei contro lo Stato islamico in Siria e nel 2015 vi ha schierato truppe per combattere il gruppo terroristico, sostenendo finanziariamente – e militarmente – i curdi. Risultato: Assad è ancora al potere e molte armi americane inizialmente donate all’opposizione “moderate” sono finite nelle mani dello Stato Islamico.

In Libia gli Stati Uniti, nell’ambito di un’operazione Nato, hanno fornito supporto aereo in un intervento che ha portato alla cacciata di Gheddafi. Obama spiegò che Gheddafi stava lanciando azioni militari che stavano causando la morte di civili e costringendo i libici comuni a fuggire nei paesi vicini, minacciando una crisi umanitaria in Libia. L’esercito americano ha speso circa 2 miliardi di dollari e diversi mesi per sostenere la caduta di Gheddafi. Risultato? In Libia non c’è la democrazia e dopo 10 anni il Paese è ancora in guerra. Biden avrà imparato la lezione?



I misteri della Corea del Nord e della “prima dinastia comunista della storia”
Michele Marsonet
21 novembre 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/recen ... la-storia/

Joe Biden ha già affermato che occorre “finirla con la farsa coreana”, accusando Trump di aver dato solo spettacolo. Non ha detto, però, come lui stesso intende affrontare un problema che esiste e non è affatto fittizio. Il caso coreano è davvero complicato e un intervento armato rischia di produrre conseguenze incalcolabili

L’espressione “dinastia comunista” rappresenta di per sé un ossimoro. In teoria non dovrebbe esistere alcunché di simile, pena la contraddizione immediata. Eppure non si tratta affatto di un’espressione vuota e priva di referente, come dimostra un recente saggio di Stefano Felician Beccari, “La Corea di Kim. Geopolitica e storia di una penisola contesa” (Salerno Editrice, Roma).

L’autore ha conseguito il dottorato in geopolitica finanziato dallo Stato Maggiore della Difesa, e ora svolge attività di ricerca presso il Centro militare di studi strategici (Cemiss) di Roma. Com’è possibile, dunque, l’esistenza di quella che è stata definita “la prima dinastia comunista della storia”?

Felician Beccari parte da lontano poiché gli preme, innanzitutto, inquadrare il fenomeno nel contesto di una cultura millenaria come quella coreana, capace in alcuni periodi storici di affrancarsi dal vicino colosso cinese e di confrontarsi addirittura con il Giappone dei Samurai.

Ovviamente ciò che interessa all’autore è ricostruire nel modo più preciso possibile la storia della Repubblica Popolare Democratica di Corea dalla sua fondazione (1948) ai giorni nostri. Paese in pratica impenetrabile per gli osservatori esterni, la RPDC rappresenta l’ultima esemplificazione del cosiddetto “socialismo reale” realizzato nella ex Unione Sovietica e nelle nazioni a essa collegate, soprattutto quello in vigore durante il periodo staliniano.

Ciò rende la Corea del Nord indubbiamente interessante agli occhi degli analisti, costituendo un case study unico nel genere. Nel suo territorio il tempo sembra essersi fermato all’immediato Dopoguerra, con i piani quinquennali, la coreografia tipica dei regimi comunisti quando Stalin era in vita e un culto della personalità molto forte e interamente centrato sul leader di turno.

L’unicità, tuttavia, è fornita soprattutto da un altro elemento. Nel Paese il potere è detenuto, per l’appunto sin dalla fondazione, da una sola famiglia e viene trasmesso, di fatto, da padre in figlio senza soluzione alcuna di continuità. La famiglia è ovviamente quella dei Kim che, dopo aver ottenuto il controllo completo del partito e delle forze armate, continua a governare con mano ferrea senza che qualcuno – almeno in apparenza – osi opporsi.

La saga inizia con il fondatore Kim Il-sung (Kim I) che approfittò abilmente della Guerra Fredda e dell’appoggio staliniano per proclamare la Repubblica socialista nella parte settentrionale della penisola coreana. Giunse poi anche il sostegno della Cina di Mao, il cui massiccio intervento nella guerra del 1950-53 impedì la sconfitta del Nord, e la divisione permanente della nazione in due parti, legate l’una al blocco occidentale e l’altra a quello sovietico.

Kim I si sbarazzò ben presto di ogni oppositore e promosse nel Paese il culto della propria persona. Poco a poco assunse connotati quasi divini anche grazie alla dottrina del Juche, la versione coreana del marxismo-leninismo che insiste in particolare sull’indipendenza e autosufficienza nazionali. Si esalta la sovranità delle masse popolari le cui aspirazioni, tuttavia, vengono interpretate da una Guida Suprema che concentra nelle sue mani tutto il potere.

Quando il fondatore si spegne, nel 1994, Guida Suprema diventa suo figlio Kim Jong-il (Kim II), che segue la strada paterna. Si noti però che, secondo la storia ufficiale del Paese, Kim Il-sung è morto solo dal punto di vista fisico. In realtà egli è in qualche modo assurto al cielo da dove continua a guidare la nazione. E, infatti, detiene tuttora il titolo di presidente. Dunque il culto della personalità si è col tempo trasformato in un culto religioso a tutti gli effetti. Nel mausoleo di Pyongyang la salma imbalsamata del fondatore è meno importante del suo spirito, che dall’alto continua a governare e a proteggere la RPDC.

E siamo giunti ai giorni nostri. Alla scomparsa di Kim Jong-il nel 2011 gli succede il figlio Kim Jong-un (Kim III), l’attuale leader. Da lui si attendevano riforme che non sono venute, anche perché la rigida struttura del regime non lo permette. Eppure persino la Cina, in pratica l’unico alleato rimasto alla Corea del Nord, spinge in tale direzione, preoccupata dal fatto che Pyongyang si sia nel frattempo dotata di un arsenale nucleare in grado di minacciare i Paesi vicini (e non solo).

Kim Jong-un continua a contare sulla fedeltà del partito e dell’esercito anche perché viene visto come il miglior strumento per garantire la continuità di uno dei regimi dittatoriali più longevi della storia, superiore persino alla dittatura dei fratelli Castro a Cuba iniziata nel gennaio 1959.

Permane, alla fine della narrazione, un senso di mistero. Com’è possibile che una sola famiglia riesca a imporsi per un periodo così lungo, trasmettendo il potere assoluto per vie dinastiche senza causare una ribellione di massa, che sarebbe del resto giustificata dalle condizioni in cui vive la popolazione?

Settant’anni anni possono sembrare pochi, ma sono moltissimi se si rammenta che il regime è rimasto tale e quale mentre nel resto del mondo si sono avuti mutamenti epocali. I media nordcoreani sostengono che il “Presidente Eterno”, Kim Il-sung (Kim I), dall’al di là protegge la Corea del Nord con la sua immensa bontà e infinita saggezza. Ma la storia non si è mai fermata. Basta quindi attendere che, anche là, si rimetta in moto.

Nota l’autore del volume che la Corea del Nord evoca l’immagine di un Paese fuori dalla storia, governato da un dittatore lunatico e omicida. Nel migliore dei casi quello di Kim Jong-un viene descritto come un regime eccentrico, feroce e cupo nel suo remoto grigiore totalitario. E a succedere a Kim III sarà quasi sicuramente la giovane sorella 33enne Kim Yo-jong, che già ora ha in mano l’apparato di propaganda e di spionaggio del partito.

È in pratica impossibile, come del resto rileva l’autore del volume, spiegare i tanti misteri del “Regno eremita”. Occorre tuttavia prendere atto della sua presenza e dei rapporti privilegiati che tuttora intrattiene con Pechino, sempre rammentando che il suo arsenale nucleare rappresenta un pericolo reale per il mondo intero.

E in questo caso gli Stati Uniti giocano un ruolo rilevante, pur indeboliti dal caos istituzionale susseguente alla recenti elezioni presidenziali Usa. Donald Trump ha cercato il dialogo con il regime incontrando di persona Kim III e varcando – primo presidente americano a farlo – la linea di demarcazione tra le due Coree. Tuttavia, almeno per ora, gli incontri non hanno conseguito effetti concreti, giacché il regime non sembra affatto disposto a rinunciare all’arma atomica.

Ed è interessante notare, a tale proposito, come Joe Biden abbia già affermato che occorre “finirla con la farsa coreana”, accusando Trump di aver dato solo spettacolo. Non ha detto, però, come lui stesso intende affrontare un problema che esiste e non è affatto fittizio. È noto che i Democratici Usa sono più inclini dei Repubblicani a intervenire militarmente all’estero, ma il caso coreano è davvero complicato e un intervento armato rischia di produrre conseguenze incalcolabili.

Rileva in conclusione l’autore del volume che occorre analizzare la questione coreana senza alcun superficialismo, e “comprendere il perché un mondo che ci appare assurdo, surreale e spesso comico sia in realtà molto più concreto, reale e articolato”. C’è bisogno insomma di una buona dose di realismo, e senza dubbio anche Biden, volente o nolente, dovrà farvi ricorso.17)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 7:06 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!

Messaggioda Berto » mar nov 17, 2020 7:07 am

17)

TRUMP
Questo è un uomo imperfetto ma sempre teso a migliorare, un uomo di buona volontà, onesto e giusto, un vero democratico, tra i migliori presidenti che gli USA abbiano mai avuto. Uan benedizione per l'umanità intera.



● Quello che i Democratici chiamano pagliaccio della Casa Bianca ha appena negoziato quattro accordi di pace in Medio Oriente, qualcosa che in 71 anni di intervento politico e guerre interminabili non sono riusciti a produrre.
● Quello che i Democratici chiamano il giullare della Casa Bianca, è il primo presidente che non ha coinvolto gli USA in una guerra esterna da Eisenhower.
● Quel pagliaccio della Casa Bianca ha avuto il più grande impatto sull'economia, portando posti di lavoro e riducendo la disoccupazione tra la popolazione nera e latina di QUALSIASI un altro presidente. Sempre.
● Questo buffone della Casa Bianca ha esposto la corruzione profonda, diffusa e di lunga data presso l'FBI, la CIA, l'NSA e i partiti repubblicani e democratici.
● Quel giullare della Casa Bianca ha girato la NATO e li ha fatti iniziare a pagare le loro quote di spese.
● Quel pagliaccio della Casa Bianca ha neutralizzato i nordcoreani, gli ha impedito di sviluppare una capacità nucleare supplementare, ha inviato missili in Giappone e ha minacciato la costa occidentale degli Stati Uniti.
● Quel pagliaccio della Casa Bianca ha cambiato il rapporto con i cinesi, ha riportato centinaia di affari negli Stati Uniti. USA E ha rianimato l'economia.
● Quel pagliaccio della Casa Bianca ha ottenuto la nomina di tre giudici della Corte Suprema e circa 300 giudici federali.
● Questo stesso pagliaccio alla Casa Bianca ha ridotto le tasse, ha aumentato la deduzione standard nella sua dichiarazione IRS di de 12,500 per Casado Filing Joint a a 24,400 e ha provocato il suo mercato azionario a livelli record di più di 100 volte, colpendo positivamente le pensioni di decine di milioni di cittadini.
● Quel pagliaccio della Casa Bianca ha accelerato lo sviluppo di una cura per il COVID; sarà disponibile tra poche settimane; non abbiamo ancora un vaccino per il SARS, l'influenza aviaria, l'ebola o una serie di malattie emerse durante le precedenti amministrazioni.
● Quel pagliaccio della Casa Bianca ha ricostruito l'esercito, che l'amministrazione Obama aveva paralizzato e aveva licenziato 214 generali e ammiragli chiave nel suo primo anno di mandato.
● Questo pagliaccio alla Casa Bianca ha scoperto la pedofilia generalizzata nel governo e a Hollywood e sta esponendo il traffico sessuale di minori in tutto il mondo e portando i bambini a casa con le loro famiglie.
● Quel pagliaccio della Casa Bianca lavora gratis e ha perso più di 2.000 milioni di dollari dei propri soldi servendo, e ha fatto tutto questo e molto altro davanti all'implacabile minaccia e all'opposizione delle persone minacciate perché sanno di esserlo e saranno esposti come i criminali che sono se rieletti.
● Molti di voi lo odiano e lo disprezzano completamente. Che speciale da parte sua, perché anche se lo odi, lui sta servendo te e tutto il popolo americano.
● Cosa stai facendo oltre ad insultarlo e ridere che si è contagiato dal virus cinese?????
● E per favore torna ad educarmi su ciò che Biden ha realizzato per gli Stati Uniti nei suoi 47 anni in carica?
● Decide tra un 'pagliaccio' contro un bugiardo corrotto ipocrita della lingua della forchetta, che parla dolcemente.
● Per favore fatelo sapere, sono sicura che non vorranno bere una birra con lui (se bevesse, che non lo fa) o addirittura essere sua amica o amico.
● Gli USA hanno bisogno di un leader forte che non abbia paura di prendere a calci quando necessario e aiuti l'umanità.
● Non è necessaria una figura paterna, ne abbiamo già una.
● Non è necessario un bugiardo, per questo servono Hollywood, CNN, MSNBC, ABC, NBC, CBS e New York Times.
● Non ci vuole nessuno che ti aiuti, ma non vuoi nemmeno un ostacolo o un mostro della palude folle, senile e rovinato.
● Dio benedica Donald Trump, il miglior presidente degli USA e il più disprezzato della storia, ma colui che NON lascerà affondare il mondo.
#GodBlessAmerica
#SaveOurChildren
Cit. Elisa Michieletto


Je suis Charlie e Trump, forza Trump!
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2482
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1332189983



Elezioni USA
Ecco una delle tante dichiarazioni giurate di testimoni che accusano frodi elettorali, in questo caso, l'accusa riguarda l'ordine di timbrare le schede con una data precedente a quella vera.
Naturalmente tutto ancora da giudicare in tribunale.


Non demordo e di certo non mi arrendo.

https://www.facebook.com/jaime.mancagra ... 2451847672

Caro Sig. Presidente,
Fin dall'inizio avete la mia piena fiducia e il mio sostegno.
Il mio voto è il bene più invidiabile del mondo.
Noi popolo degli Stati Uniti d'America governiamo, non siamo governati.
Il nostro voto rappresenta la nostra libertà.
In qualità di azionista di questa nazione in cui le mie tasse finanziano le posizioni di tutti i funzionari eletti, ho il diritto di controllare tutte le attività finanziate e guidate con i miei contributi fiscali.
Chiedo rispettosamente un controllo completo in tutta la nazione.
Tutti i 50 stati, non solo gli Stati contestati.
Chiedo che venga reso pubblico un rapporto completo e tutti coloro che hanno violato il mio interesse come azionista di questa nazione per essere ritenuti responsabili.
Il mio voto conta. La mia voce conta.
Sostengo la vostra battaglia per il racconto di cuore.
Sei l'ultimo bastione a proteggere la nostra libertà e la libertà del mondo.
Sinceramente,
Jaime Manca Graziadei




Qualche riflessione sulle televisioni che ieri si sono rifiutate di trasmettere il discorso di Trump. Sul piano della legalità e della legittimità, non ho nulla da dire: sono televisioni private e possono fare quel che vogliono delle loro trasmissioni. Detto questo, da un punto di vista morale e professionale, abbiamo assistito in diretta alla morte del giornalismo per come lo abbiamo finora conosciuto.
Grazie Stefano Magni
6 novembre 2020

https://www.facebook.com/jaime.mancagra ... 2296103791

Avete capito bene: la morte del giornalismo. Trump stava dicendo cose di interesse pubblico, da persona pubblica quale è (presidente degli Usa, scusa se è poco). Togliergli la parola mentre parlava è, in sé, un atto che va contro ogni regola del giornalismo. Trump è stato "zittito" da quelle televisioni perché, secondo loro, diceva il falso. Ora spiegatemi perché, allora, avete trasmesso anche in versione integrale e tradotte le conferenze stampa di Bin Laden, di Abu Bakhr al Baghdadi e di Saddam Hussein, quando sapevate benissimo che stavano affermando tantissime cose false. Se il mestiere del giornalista è quello di riferire solo quel che una persona pubblica sta dicendo (i commenti, semmai, li fate dopo che ha finito di parlare), allora ieri avete sbagliato tutto. Se invece ritenete che, d'ora in avanti, il giornalista debba riportare solo le affermazioni "vere", allora avete sbagliato mestiere. Un giudice, forse, può ricostruire cosa sia la verità, o un prete se si parla di verità rivelata, ma non un giornalista. Quindi ieri è morto il giornalismo, i cosiddetti "colleghi" (ma chi vi conosce?) americani che hanno fatto questo scempio hanno passato il confine che c'è fra il giornalismo e la militanza politica. Sono diventati militanti, fra i peggiori fra l'altro. Perché anche giornalisti militanti seri, all'Unità, al Manifesto, su Radio Popolare, non censuravano i discorsi quando parlavano i leader democristiani, nemmeno negli anni di piombo. Un comportamento come quello che abbiamo visto ieri è da "Eskimo in redazione", magari con la P-38 nel cassetto. Adesso non ho nessuna intenzione di discutere su questo fatto, se pensate che quello di ieri sia stato un atto di "resilienza" o un esempio di giornalismo coraggioso, levatevi pure dalle scatole, fuori di qui, non voglio avere a che fare con voi sulla mia bacheca. Per quelli che invece intendono la gravità della situazione: cerchiamo tutti di evitare che fatti simili si possano ripetere in Italia.


Il Senatore del #Texas Ted Cruz accusa #Twitter di aver censurato il video che dimostrava la corruzione del voto a Philadelphia.

https://www.facebook.com/elezioniusa202 ... 2590745493

Twitter ha cancellato un video di un elettore democratico registrato che voleva mostrare la corruzione del processo di voto al centro congressi di Filadelfia, dopo che era stato condiviso dal Senatore Ted Cruz. Cruz ha risposto blastando la società e il suo CEO, Jack Dorsey.
Il senatore del Texas, un acerrimo critico delle #BigTech, ha accusato direttamente il CEO di Twitter, Jack Dorsey, della censura.
“Adesso Twitter sta censurando il video che ho inoltrato…
@jack Qualcuno mette in dubbio che Filadelfia tenga lontani gli osservatori, in violazione della legge?" ha chiesto il senatore Cruz
"Se non è così, perché compare un 'avvertimento' di Twitter?" (https://twitter.com/phillygodf.../statu ... 7158661120)
Nell'articolo trovate la trascrizione di quanto riportato nel video censurato da Twitter.
"Mi chiamo Brian Mcafferty, sono un democratico registrato nella città di Philadelphia. Oggi sono al centro congressi di Filadelfia e sovrintendo agli scrutatori. Vi farò sapere, la corruzione in corso qui... non ci consentiranno di controllare il conteggio delle schede entro 30-100 piedi. Questo è un Colpo di Stato contro il Presidente degli Stati Uniti d'America, e voglio chiamare il sindaco di Philadelphia, James Kenney, il Procuratore Generale, Josh Shapiro, che ha twittato che non c'è modo che Donald Trump possa vincere la Presidenza degli Stati Uniti d'America, e anche il Procuratore Distrettuale Larry Krasner. Non riesco a credere a quello che vedo davanti ai miei occhi. Questo non ha nulla a che fare con Joe Biden o Donald Trump. Questo ha a che fare con la Democrazia e vi dirò che c'è corruzione fino ai massimi livelli nella città di Filadelfia".

https://www.breitbart.com/tech/2020/11/ ... orruption/



Nelle elezioni Usa la libertà di informazione ha già perso
Ruben Razzante
7 novembre 2020

https://lanuovabq.it/it/nelle-elezioni- ... -gia-perso

Emittenti americane, quali MsNbc, Nbc, Abc, Cbs, Cnsbc, hanno interrotto la trasmissione della conferenza stampa in cui Trump denunciava brogli. Twitter cancella i suoi post. In Italia, Facebook ha censurato un deputato di Fratelli d'Italia su Trump. Chiunque vinca le elezioni Usa, la libertà d'espressione ne uscirà sconfitta.

Trump alla conferenza stampa della Casa Bianca

Le elezioni americane saranno ricordate non solo per il testa a testa Biden-Trump, ma anche per il fallimento dei sondaggi, che davano il democratico in nettissimo vantaggio e, soprattutto, per le censure subite dal Presidente americano uscente.

Quanto accaduto nelle ultime settimane di campagna elettorale e ancor più nei giorni dello spoglio e del conteggio dei voti, dovrebbe far riflettere tutti sulle manipolazioni che i circuiti mediatici internazionali subiscono in occasione di appuntamenti così importanti e sull’arbitrio che accompagna il riconoscimento della libertà d’informazione quando è in gioco il potere. In questo caso si parla della poltrona più importante del pianeta e dunque ogni mezzo viene considerato lecito per conquistarla, anche la censura degli avversari e la messa al bando di opinioni contrarie al politically correct.

Con approccio neutrale e obiettivo, a prescindere dalla simpatia o antipatia per i due sfidanti, non si può non denunciare il vulnus inferto alla libertà d’espressione di Donald Trump, che ha espresso dubbi sulla regolarità del voto, minacciando il ricorso alla Corte Suprema. Ha elementi per farlo? Non ci è stato spiegato e non possiamo saperlo. Ma ciò non toglie che lui ha tutto il diritto di manifestare il suo pensiero e di accusare il suo avversario di aver truccato il voto. Se questa frase si rivelerà infondata lo stabiliranno i giudici americani, non possono preventivamente stabilirlo i media, occultando le parole dell’inquilino della Casa Bianca e soffocando, in tal modo, la sua sacrosanta libertà d’opinione.

E invece fino a ieri è accaduto di tutto. Per la prima volta nella storia dell’informazione televisiva americana le principali emittenti televisive statunitensi, inclusa l'ex rete amica di Trump, FoxNews, hanno interrotto il discorso del Presidente, e i social hanno rimosso e censurato i suoi tweet di accuse di brogli. E’ stato anche sospeso l'account di Steve Bannon, il teorico del sovranismo americano, ex stratega di Trump alla Casa Bianca, che ha invocato la decapitazione dell'epidemiologo Fauci e del capo dell'Fbi Wray.

Nel pomeriggio di giovedì, a Washington, Donald Trump ha convocato una conferenza stampa dalla Casa Bianca denunciando brogli e irregolarità nel voto ("Ci rubano le elezioni"). Le principali reti - MsNbc, Nbc, Abc, Cbs, Cnsbc - hanno deciso di interrompere la diretta dalla Casa Bianca per chiarire agli spettatori che le affermazioni del presidente erano "false" e non sostanziate da "nessuna prova". "Ci troviamo nella posizione di dover interrompere il Presidente degli Stati Uniti", hanno ripetuto i giornalisti. La Cnn, che ha continuato a trasmettere in diretta, ha tuttavia accompagnato l'immagine di Trump con il sottopancia "senza prove, Trump dice che lo stanno imbrogliando".

Inoltre Twitter ha segnalato il tweet di Donald Trump nel quale il Presidente ha accusato i democratici ("stanno cercando di rubarci le elezioni. Non lo consentiremo"). Non è la prima volta che il social network silenzia il Presidente per i suoi post ritenuti non in linea con le regole fissate proprio per queste presidenziali che miravano ad arginare il fenomeno delle fake news. Si ricorderà che nel mese di ottobre le censure avevano riguardato il Covid e le affermazioni di Trump circa la sua bassa letalità, definita "inferiore a quella di una normale influenza".

Se questi provvedimenti del colosso del Web si basano sull’applicazione del divieto dei candidati di dichiararsi vincitori prima che l’esito delle urne venga ufficializzato, la censura si sarebbe dovuta abbattere anche su Biden, che nei giorni scorsi ha pronunciato frasi inequivocabili del tipo: "Abbiamo vinto ma ci vuole pazienza". Da ambienti democratici, peraltro, filtrano da giorni le voci sulla formazione della nuova squadra di Biden, che sarebbe già in fase avanzatissima, ben prima della proclamazione della sua eventuale vittoria.

L’interrogativo sulla veridicità delle affermazioni del Presidente non riduce la portata della censura che Trump ha subìto e della grave violazione delle solenni Dichiarazioni internazionali che garantiscono come intangibile la libertà d’espressione degli esseri umani. In particolare l’art.10 della Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo del 1948 riconosce la libertà d’espressione come libertà di ricevere e scambiare informazioni senza limitazioni di frontiere e senza ingerenze da parte di altri poteri, né politici né mediatici né di altra natura. Trump, parlando di Twitter, ha dichiarato che quel social è ormai “fuori controllo” e ha promesso di inasprire il trattamento delle piattaforme social, accrescendo le loro responsabilità giuridiche.

Ma la censura sulle elezioni americane da parte dei media tradizionali e on line non ha riguardato solo gli Stati Uniti. Il parlamentare di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida ha denunciato l’oscuramento di un suo post su Facebook dedicato a Trump. Sulla foto che accompagnava il post è subito apparso, dopo appena due minuti, un alert con scritto “informazioni parzialmente false”. "Sono almeno tre gli aspetti che reputo scandalosi – ha commentato il deputato - primo, impossibile che in soli due minuti si sia potuta effettuare una verifica, il cosiddetto fact-checking, su quanto da me affermato nel post – se ne deduce quindi che l’alert di Facebook sia scattato in automatico senza alcun reale controllo del contenuto. Secondo: sfido in ogni caso chiunque a rintracciare qualcosa di giudicabile come non veritiero nelle righe pubblicate – essendo per lo più considerazioni personali su Trump e valutazioni sul suo operato da presidente. Terzo: l’alert in questione fa passare il messaggio che il sottoscritto divulghi notizie false senza però argomentare quali siano. Il tutto, introducendo di fatto una sorta di reato d’opinione".

Indipendentemente, quindi, dal verdetto finale delle elezioni americane, la libertà d’informazione esce sonoramente sconfitta e immolata sull’altare di torbidi interessi politici. E a perdere sono i cittadini americani e gli utenti della Rete.




Brogli anti-Trump? Sospetti più che fondati
Alessandra Nucci
7 novembre 2020

https://www.lanuovabq.it/it/brogli-anti ... he-fondati


Michigan, Wisconsin, Pennsylvania, Georgia: in questi Stati decisivi per l'assegnazione della vittoria è stato misteriosamente bloccato il conteggio delle schede durante la notte mentre Trump era nettamente in vantaggio. Poi, dopo la sospensione, altrettanto misteriosamente Biden passa in vantaggio.....

Il presidente Donald Trump

Chi seguiva le elezioni americane in diretta l’altra sera, sulla mappa di Bloomberg aveva il piacere di vedere in tempo reale i vari stati colorarsi man mano di rosso o di blu, a seconda di chi era in vantaggio: dal rosa si passava a un rosso deciso se lo stato lo vinceva Trump, dal celeste si passava a un blu solido se lo stato se lo aggiudicava Biden. In alto la testata sommava i voti dei grandi elettori accumulati dai due candidati con l’assegnazione via via della vittoria definitiva nei vari stati, non a scrutinio terminato al 100 per cento ma quando il vantaggio di uno dei due non era più colmabile con il numero delle schede rimaste da conteggiare.

Tutto è andato avanti rapidamente, la mappa era già tutta colorata con solo pochi stati ancora di un colore pallido, quando è successa una cosa stranissima: il conteggio si è fermato. Il tabellone non si è più mosso.

Colpa della connessione? Di Bloomberg? No, incredibilmente nei restanti stati il conteggio si era fermato per davvero. Mancavano grandi stati in cui era in vantaggio Trump, praticamente imprendibile, dal che aveva twittato “Big win”: Michigan, Wisconsin, North Carolina, Pennsylvania e Georgia erano tutti chiaramente rosa.

Altri due erano meno chiari, l’Arizona oscillante fra rosa e azzurro anche se “chiamata” prestissimo dalla stampa come vinta da Biden, e blu il Nevada. Ma sulla mappa di Bloomberg cristallizzata per il resto della notte era impossibile confondersi: Trump era in vantaggio nei grossi stati della rust belt, quando hanno fermato tutto il favorito era lui.

Il Nevada ha smesso di contare alle 5,30 (orario del fuso orario dell’Est) quando il margine fra i due candidati era ancora troppo piccolo per “chiamare” lo Stato. A quel punto gli scrutatori si sono inspiegabilmente dati appuntamento per il giorno dopo alle 11,30, una decisione insolita per un’elezione di importanza planetaria come questa, ma sempre meno incomprensibile della decisione degli scrutatori della contea di Allegheny in Pennsylvania, che mercoledì hanno interrotto lo spoglio prendendosi all’indomani il giorno libero.

Chi non ha sospeso il voto ha risolto il problema durante la notte. Il Wisconsin vedeva un netto vantaggio di Trump finché da Milwaukee sono stati scaricati tutti in una volta alle 4 del mattino un carico di voti per Biden tali da portarlo dall’essere indietro al triplo dei voti di Trump: 317.251 a 134.555.

La stessa cosa è avvenuta nel Michigan verso le cinque del mattino: con Trump in netto vantaggio sono arrivati circa 140mila voti tutti per Biden, nemmeno un solo voto per Trump o per uno dei candidati minori, un fatto statisticamente impossibile. Così la macchina elettorale si è rimessa prontamente in moto e senza indugio Biden è stato dichiarato vincitore.
Da notare che i grafici che indicavano in tempo reale l’andamento del voto hanno fotografato questa onda anomala con un tratto che interrompe la curva di Biden con una riga verticale verso l’alto per indicare l’arrivo di questi voti, di cui neanche uno per Trump. La stessa interruzione anomala è riportata nel grafico per il Wisconsin.

In Pennsylvania non ci sono stati pacchi notturni di voti all-Biden, ma la Segretaria di Stato in una serie di decisioni contraddittorie, ancorché impugnate dai repubblicani, ha permesso che venissero contati voti postali ritardatari anche privi di timbro postale che dicessero quando e da dove arrivavano. Da allora il vantaggio di Trump si è gradualmente eroso ma era ancora di oltre 18mila voti all’alba di venerdì (ora italiana).

Il North Carolina, che ha terminato lo spoglio con Trump in vantaggio di 77.000 voti, ha dichiarato che non proclamerà il vincitore fino al 12 novembre per permettere l’arrivo dei voti postali.

Inutili le proteste dei repubblicani, anzi: i rappresentanti di lista, osservatori previsti per legge, venivano allontanati. Le denunce dei repubblicani guidati da Rudy Giuliani hanno ottenuto solo che degli osservatori fossero ammessi allo spoglio a distanza di 6 piedi, circa 1,8 metri… abbastanza vicino per notare se delle schede vengono buttate via, come illustrato in alcuni video amatoriali che circolano su internet, ma non tanto da controllare le singole schede.

L’Arizona è un caso a parte. Degli elettori di Trump hanno dichiarato di essersi visti consegnare un pennarello “Sharpie”, che però il lettore ottico non è in grado di leggere. Come è possibile che gli scrutatori distinguessero chi poteva votare un candidato piuttosto che un altro? Dai registri. In America non c’è l’anagrafe come da noi, si vota se si è “registered voter” e per registrarsi occorre iscriversi presso un partito politico. Così ai seggi hanno a disposizione gli elenchi repubblicani e quelli democratici.

Ma di stranezze che minacciano di inquinare il voto ce ne sono state anche altre. Si pensi in Georgia alla tubatura scoppiata guarda caso nella stanza dove tenevano i sacchi dei voti postali. Non sono stati danneggiati ma si sono dovuti spostare e scrutinare altrove. Maligno chi pensasse che lo spostamento renda più facili i brogli. Ah già: anche qui con la maggioranza delle schede scrutinate era in vantaggio Trump.

Infine ci sono stati i morti che votano, un classico delle elezioni americane, anche se solo oggetto di articoli di giornale e non di inchieste giudiziarie: solo nel Michigan quest’anno gli zombie erano 2503; una delle elettrici risultava nata nel 1823. Judicial Watch in ottobre aveva annunciato di aver trovato 1,8 milioni di “elettori fantasma “ in 352 contee americane sparse per 29 stati. In altre parole, confrontando i dati del Census Bureau e i registri dei partiti, risultavano iscritti a votare ben oltre il 100 per cento dei potenziali elettori. In queste condizioni e con questi registri quest’anno per la prima volta non si sono attese le domande degli elettori impossibilitati a votare di persona, ma si sono mandati senza verifiche moduli e schede ai milioni di elettori riportati sulle liste dei partiti.


Corte Suprema, separare voti dopo 3/11 - Nord America
7 novembre 2020

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 3b484.html


(ANSA) - WASHINGTON, 7 NOV - Il giudice della Corte Suprema Samuel Alito ha ordinato alla Pennsylvania di separare, e contare a parte, tutte le schede ricevute dopo l'Election Day.
L'ordine, che ricalca quelle delle massime autorità elettorali della Pennsylvania, arriva in risposta ad un ricorso del partito repubblicano ed è motivato in parte dai suoi dubbi sul rispetto delle linee guida del segretario di Stato Kathy Boockvar, un democratico, al quale Alito ha chiesto una risposta entro sabato pomeriggio, e che ha girato poi la questione all'intera Corte suprema per eventuali altre decisioni.

Intanto Joe Biden allunga la distanza in Pennsylvania, dove ha un vantaggio di oltre 20.000 voti, per l'esattezza 21.746 voti. Lo Stato, decisivo nella corsa alla Casa Bianca, non è stato ancora assegnato.


Jolanda Santangelo
Serena Beggio
6 novembre alle ore 20:12 · Contenuto condiviso con:Amici
Da Luca .. grazie!

https://www.facebook.com/claudio.carzin ... 2008018993

Importante testimonianza direttamente dalla Florida, postata da un contatto.
Da leggere perché è un punto di vista diretto, sul campo, e non filtrato da una tv prezzolata e, per giunta, con un oceano in mezzo.
"Da una italiana negli USA...
Visto che tanti amici dall'Italia mi chiedono aggiornamenti e il mio parere sulla situazione americana, ho scritto questo. Mi auguro aiuti.
Si, assolutamente, le truffe verranno dimostrate, il casino è successo perché Trump era in grosso vantaggio. Ne abbiamo viste di tutti i colori già ai seggi, in varie città. Quelli che imbrogliano sono senza vergogna, c'erano persino picchetti della sinistra in vari seggi che non facevano entrare quelli con magliette e cappellini di Trump.
Ma sono certe forze criminali che stanno controllando l'opinione pubblica dal dietro, per giustificare una guerra civile nelle grandi città. Trump è sempre stato in testa, ma i media hanno riportato in vantaggio l'altro per far credere che Trump in realtà gli ruberà la vincita, cosi possono cercare di far partire una guerra civile facendo credere al mondo che sono le vittime.
Ma ti assicuro che, come tutti i criminali, sono una minoranza, fanno solo un gran casino e creano tanta confusione. Gli americani veri sono brava gente e sono TANTI e uniti. Penso che la confusione andrà avanti qualche mese. I criminali dietro tutto questo sostanzialmente sono pochi, ma organizzati. Al contempo stanno anche andando andando nel panico, quindi fanno errori
Dobbiamo solo resistere.
Qui in Florida siamo messi bene, in giro siamo quasi a vita normale. Da quando il governatore ha aperto una investigazione criminale sui risultati falsi dei tamponi, siamo a quasi zero casi da settimane in tutta la Florida, per nuove dichiarazioni della salute della salute.
Gli ospedali sono tornati alla routine come prima del virus. Tutto quello che sentite dai media è manipolazione mentale. Qui raccomandano distanziamento sociale e mascherina per chi la vuole, non è obbligatoria.
Comunque non siate sorpresi da tutta la confusione e dalla propaganda, era prevedibile, ha interferito con i loro piani di controllo planetario.
La confusione svanirà. Anche la guerriglia civile sarà semplicemente parte della confusione che verrà fuori.
Ci sarà, purtroppo. Siamo preparati anche a quello.
Ma, importante, non perdetevi nei dettagli. Trump è contro le droghe, contro le case farmaceutiche, contro le tasse alte, contro la guerra, contro l'immigrazione illegale, contro il traffico umano, contro la pedofilia, a favore dei diritti umani e libertà di religione, sostiene le chiese, a favore della libera impresa, a favore della difesa dei confini, a favore delle famiglia tradizionale.
È scontato che sia combattuto dai criminali.
Può darsi che la situazione in vari paesi peggiorerà ancora di più, ma se si rimane vigili e si continua a divulgare la verità, finirà... settimane o mesi, ma finirà.
Cerchiamo di restare calmi e tranquillizzare le persone intorno a noi. I criminali stanno cercando di fare l'opposto, di impaurire tutti.
La situazione è quella che è, e non è una guerra tra partiti come ci vogliono far credere.
Prima di tutto dobbiamo essere noi a rimanere tranquilli.
Mi auguro che quanto detto possa essere utile."



Trump accusa: ho la prova dei brogli - discorso integrale in italiano
https://www.facebook.com/lexmovimentore ... 7971207877



Blog | Usa 2020, altro che oblio: Trump ha avuto un plebiscito. E ora c'è il rischio 'berlusconizzazione'
Il Fatto Quotidiano
di Furio Colombo
7 novembre 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/1 ... e/5994266/

Prevedere che sarebbe finita tra avvocati, accuse di brogli e possibili incidenti non era difficile. Bastava conoscere un po’ il sistema elettorale e non credere alla grande onda blu, che c’è stata, eccome, ma è stata più che compensata dalla marea rossa. I miei quattro lettori su Facebook sanno che alle 2.09 della notte la sentenza l’avevo pronunciata. “Una cosa si può dire, molto prima di sapere i risultati finali, l’America non ha rifiutato Trump, così come l’Italia non rifiutò Berlusconi nel 2006″.

Non so se ve la ricordate quella giornata. Partita con i Piepoli che davano all’Unione da quattro a sei punti di vantaggio agli exit poll, trasformatasi poi in una agonizzante conta all’ultima scheda, comprese quelle deposte in assenza dagli italiani all’estero, prima che un rantolante Romano Prodi arrivasse a dire “Abbiamo vinto” e Berlusconi si mettesse a parlare di brogli pur avendo il suo Pisanu titolare del Viminale. In piccolo lo stesso dramma che hanno vissuto gli Stati Uniti, con in meno la complicazione folle del loro sistema elettorale, i ricorsi giudiziari e alcune centinaia di milioni di armi allineate nelle rastrelliere. Ma la sostanza è la stessa, come lo sgomento e il senso di stentata sopravvivenza che adesso attanaglia i democratici e la stampa liberale, dal New York Times al Financial Times.


Usa, falsificazioni e morti che votano: ecco perchè Trump è ancora in gioco
Lunedì, 9 novembre 2020

https://www.affaritaliani.it/esteri/usa ... refresh_ce

L’ex campione dei pesi massimi Joe Frazier ha votato alle elezioni del 2018. Ma è morto l’11/7/2011. Il nonno di Will Smith ha votato nel 2018, peccato che sia morto nel 2016. Come loro, i 14.000 votanti defunti trovati nella contea di Whayne in Michigan? Quello che si apre ora, in America, è un vero e proprio Election gate. Che tutto finisca in mano alla Corte Suprema, ormai è certezza.

In questo momento sono più di 19.000, dalla GOP room, i ricorsi per i cosiddetti brogli elettorali nella disfida fra Donald Trump e Joseph Biden. “Le elezioni americane sono ben lungi dell’essere finite” ha dichiarato l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, uno dei super legali che Donald Trump ha schierato insieme a Jay Sekulow, o l’ex procuratore generale della Florida Pam Bondi, Sidney Powell, avvocato dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael T.Flynn.

Ma al centro dell’inchiesta per il cosiddetto Election Gate non c’è solo Joseph Biden. Ci sono i media americani mainstream e l’indagine parte da Capitol Hill. Per le strade si sono viste file di americani in macchina, come quelli che hanno creato una coda di 60 km in Nevada, per andare a manifestare a Phoenix. In ballo, da qualsiasi parte si “penda”, c’è il senso della parola democrazia. E quando c’è in ballo la democrazia l’America si compatta. Questa volta lo ha fatto in cinque giorni.

“La modalità fraudolenta di alterare i voti è stata sistemica, ovvero è avvenuta in dieci stati -ha dichiarato Giuliani ai microfoni di Maria Bartiromo di Fox News, dicendo che “le elezioni sono ben lungi dall’essere finite”. Ma quel che avvince, è la mobilitazione popolare per l’adesione compatta dei media alla causa Dem e per la modalità con cui le notizie sono state date. Abbiamo chiesto un commento a Flavio Robert Paltrinieri, membro del partito Repubblicano della Florida e leader di Noi di Centro.

Lo strano caso dei morti che votano e del fatal error dei software.

Alcune notizie, come quella dei 14.000 defunti che avrebbero votato in Michigan, nella Contea di Whayne, hanno fatto il giro del pianeta. “Ma ci sono anche i “fatal error” dei software che ogni 1.000 voti attribuiti a Trump, ne levavano 300, beccato da un acuto observer (il funzionario che ai seggi controlla le regolarità delle procedure). O i 10.000 voti duplicati in Oklahoma”.

Pare che agli osservatori dei seggi repubblicani sia stato impedito di ispezionare i voti per posta. “La Virginia è stata assegnata a Biden con lo spoglio al 20% e durante l’apertura dei seggi, questo ha ovviamente condizionato gli elettori che ancora non si erano espressi. Hanno usato la Fox come agente provocatore ma l’America non è l’Italia, la gente te la trovi all’uscio. È stata aperta un’inchiesta contro il cartello di tv e giornali che vede protagonisti Cnn, Abc, perché si capiva che la strategia per vincere partiva da una compagine di media che per un anno ha montato l’Onda blu”.

Il miracolo delle 4 del mattino

Come ha sottolineato la grande giornalista che si firma Correia in un editoriale, gli americani sono andati a dormire con Trump che sembrava prevalere e si sono svegliati con Biden che lo surclassava. Ma alcuni dati, come il 98,4% (in un solo flusso di voti) a favore di Biden in Wisconsin, sono al di là di qualsiasi evidenza statistica. Correia lo chiama il miracolo delle 4 del mattino e evidenzia lo strano fenomeno del 200% dei voti che si ottiene in alcuni distretti, andando alle fonti del dato statistico. La bomba è scoppiata quando Pennsylvania, Michigan, Ohio, Nevada, Wisconsin, Arizona, si sono colorati di blu in modo plebiscitario e improvviso. “Dai primi momenti fino a metà Election Day Trump era in testa e prendeva più voti della precedente elezione dove aveva vinto con 67 milioni”. Casi sospetti come gli 0 voti di Trump e i 650mila voti plebiscitari attribuiti a Biden in Georgia, stato dove i Dem non hanno mai trionfato, hanno palesato la legittimità del sospetto. “In Pennsylvania si sono trovati quasi 150.000 voti senza certificazione del documento. La Corte Suprema dello stato che chiesto la segregation dopo il 3 e ora si va al riconteggio. In North Carolina Trump è in testa realmente (senza i voti illegali) di 400.000 voti, il Nevada è sempre stato repubblicano e qui hanno votato 39.000 persone non residenti in Nevada!” Paltrinieri, in Florida nei giorni cruciali, afferma che “alla fine delle 24 ore successive all’Election day, Trump era in testa in modo schiacciante. Mentre nella costa est i seggi erano chiusi, nel Midwest erano spalancati, ma le TV davano ingiustamente e senza alcuna base di calcolo possibile, Biden in testa in modo schiacciante. Sapete in quel caso cosa succede? Gli elettori del Midwest, vedendo un epilogo scontato, stanno al saloon a bere birra, tanto ha già vinto quell’altro. Invece si assisteva nelle varie contee ad un testa a testa che vedeva il Presidente saldamente in vantaggio”.

Quali sono le notizie certe sulle anomalie elettorali?

“Uno dei più bravi giornalisti d’inchiesta James Okeef, ha intervistato e pubblicato il video di un operatore dell’UPS che è stato costretto a falsificare in Pennsylvania timbri sulle buste voto, per validarle. E l’esperta politica Trish Regan ha twittato di recente che in Pennsylvania la corte ha consentito alle schede di arrivare dopo l’Election day e senza l’evidenza che fossero state spedite prima della giornata fatidica. Poi sono iniziate le illegali espulsioni degli osservatori di scrutinio repubblicani a Detroit ed in Wisconsin, mentre in Nevada votavano più di 3.000 cittadini non residenti (cosa illegale), molti anziani denunciavano di aver votato rosso, trovandosi poi scrutinati in blu. In Texas il responsabile della campagna di Biden è stato indagato dall’FBI per aver raccolto voti in modo illegale, mentre la stessa FBI ha fatto irruzione al quartier generale in Pennsylvania per capire cosa stava succedendo, prendendo atto che 14.000 morti avevano votato per Biden. Nel distretto di Washington DC Trump ha preso il 5,6% e Biden il 93%. Cioè anche I repubblicani che abitano li, secondo lo scrutinio, avrebbero votato democratico…...Più chiaro di così”.

È vero che Wall Street vota democratico?

“Come specificato ieri e ribadito anche dal presidente della camera di commercio americana in Italia Luca Arnaboldi, se vincessero i Dem potebbe verificarsi addirittura un crollo della Borsa. In America esiste il mercato OTC, Over The Counter, dove si quotano le aziende che non avrebbero i requisiti per entrare su quelli regolamentati, anche un negozio può quotarsi. Trump ha fatto abbassare del 50% le tasse delle società cosiddette pink e così facendo ha favorito migliaia di posti di lavoro. Alcuni indici sono chiari, ogni volta che Trump era saldamente in vantaggio, la valuta cinese precipitava, salvo recuperare miracolosamente valore quando la finta Onda blu ripristinava la parità. Moltissimi analisti di borsa vedono con terrore il cambiamento, la borsa precipiterebbe nel caso I Dems fossero plenipotenziari. Questo è il segno che nemmeno Wall street vuole Biden. I brogli di ogni natura dei Dems fanno capire che il disegno è più grande ed appartiene alle mire globaliste di alcune imponenti e transnazionali lobby, che vedono in Trump il nemico numero 1 ed un argine che ancora oggi sembrerebbe insuperabile. Non dimentichiamo che prima del Covid la disoccupazione era al 2,1%, un dato bassissimo. Che Trump abbia fatto volare l’economia è un fatto conclamato.

Lei dice che Trump rimarrà alla casa Bianca. Come?

“I Dems hanno sempre avuto una presenza sul territorio molto organizzata con apparati capillari. Da qui lo spuntare di rimonte incredibili, dove per ore Trump non prendeva un voto. Ma nonostante tutto Trump nella notte del 4, ha vinto comunque.

Allora si è messa in campo la terza fase del piano, quella che secondo il mio parere, lo farà rimanere alla Casa Bianca. I Dems hanno creduto di poter compiere ogni tipo di angheria contro la democrazia, falsificando e duplicando voti, convincendo operatori delle poste USA a falsificare la data di voti, confezionati dopo il 3. Ma hanno fatto i conti senza il popolo americano, che si schiera. I latinos, dipinti come nemici giurati di Trump, per la questione muro con il Messico (raccontata in Italia in modo vergognoso e del tutto fuorviante), alla notizia di Trump vincitore in Florida, hanno inscenato cortei pacifici e spontanei con auto ed ogni tipo di scritta inneggianti a Trump. In Usa si dice che se durante un’elezione i repubblicani mettono in campo Rudolf Giuliani, “we have a story to tell”; significa che c’è qualcosa di vero da scoprire e denunciare. Appena il grande avvocato, forse il migliore si è recato con una poderosa squadra di colleghi nella Rust Belt, sono impazzite le voci di brogli, mentre Conway nel Midwest faceva lo stesso. All’ uscita della notizia che Biden aveva surclassato Obama per numero di voti (cosa assai improbabile, Obama era di colore ed ottenne voti che ora non ci sono) si è ben compreso che c’era qualcosa che non andava. I Dems avevano pianificato di ottenere il controllo di Camera, Senato e Presidenza. Cosa che priva l’America del naturale bilanciamento democratico fra I poteri. Si chiama colpo di Stato”.

Gli ultimi aggiornamenti

Secondo gli ultimi dati, in Pennsylvania ora il gap sarebbe rientrato e Trump verrebbe dato vincitore all’85% dell probabilità, non contando i voti segregati.. In Arizona, la probabilità che Trump rimanga in sella è del 58%. Il Wisconsin va al riconteggio. In Michigan, senza il “fatal error” dei software in 47 paesi, Trump guida al 2,6%, la Georgia va a ricontare e secondo Giuliani ci sarebbero in totale ben 10 stati dove i brogli hanno falsato la classifica.

L’ultima clamorosa Breaking news è che AMLO (Andrés Manuel López Obrador), Presidente del Messico, ha ben chiarito che non riconosce Biden come Presidente. Ha dichiarato “ è troppo presto per dirlo, le elezioni saranno ancora lunghe”. Ma i Messicani non erano nemici giurati di Trump?





Alberto Pento
Io mi rifiuto categoricamente anche solo di supporre che Trump si sia ridotto ad essere un individuo irresponsabile ed incosciente come un bambino capriccioso o un vecchio demente, attaccato irragionevolmente alla poltrona, da inventarsi fantomatici e inesistenti brogli elettorali nel tentativo demenziale di tenersi la poltrona.
Dopo le calunnie del Russiagate e del tentativo di impeachment e la continua demonizzazione di Trump, dopo la messa a ferro e fuoco degli USA da parte degli antifa, dei BLM e dei suprematisti neri e islamici con incendi, omicidi, saccheggi e devastazioni io mi aspetto di tutto da questa gente sinistra.

Se i brogli sono veri Trump ha il dovere di difendere la civiltà democratica e il diritto ad ogni costo. Consegnare il potere di questa grande nazione che influenza il mondo intero a una banda di malfattori e criminali questo sì che sarebbe imperdonabile e una vergogna grande.

Ricordo che i neri uccisi dalla polizia erano tutti delinquenti abituali anche per delitti gravi e violenti, colti a compiere reati e che si sono opposti al legittimo arresto della polizia.





Donald Trump, "via alle purghe per i funzionari sleali": l'indiscrezione dalla Casa Bianca prima di Biden presidente
Giorgio Carbone
8 novembre 2020

https://www.liberoquotidiano.it/news/es ... dente.html

Donald Trump sarebbe pronto ad una ‘purga’ per punire i collaboratori che ritiene non siano stati leali nel momento di maggior bisogno. Lo scrive il Washington Post, secondo cui il ministro della Difesa Mark Esper, il direttore della Cia Gina Haspel e altri funzionari “potrebbero essere messi alla porta senza cerimonie nei prossimi giorni e settimane”. Ulteriori dettagli sono stati svelati dalla Nbc, che ha sostenuto che Esper stava preparando la lettera di dimissioni già due giorni fa, ma per ora Trump si è limitato a destituire bruscamente Bonnie Glick, numero due dell’agenzia di governo per la cooperazione internazionale: il presidente non avrebbe dato nessuna spiegazione e per il Washington Post si tratterebbe della “prima di un’attesa vasta purga di funzionari che Trump ritiene non siano stati abbastanza leali”.

In particolare “The Donald” si è lamentato per non aver sostenuto tutto il sostegno che merita nella sua battaglia contro la presunta “frode elettorale”. “Decine di migliaia di voti sono stati ricevuti illegalmente dopo le 20 di martedì, giorno delle elezioni, cambiando totalmente e facilmente i risultati in Pennsylvania e in altri Stati sul filo del rasoio”, è stato l’ultimo tweet del presidente che non ha alcuna intenzione di accettare la sconfitta. Inoltre Trump ha denunciato una mancanza di “trasparenza” durante lo spoglio dei voti: “Le porte degli edifici dove si contavano sono state bloccate e le finestre coperte con cartoni spessi così da impedire agli osservatori di vedere. All’interno sono accadute cose brutte, grandi cambiamenti hanno avuto luogo”. Al momento non vi sono prove di quando affermato da Trump, anzi gli osservatori repubblicani erano presenti ovunque come da prassi.




Israele e le incognite della presidenza Biden
8 novembre 2020

http://www.linformale.eu/israele-e-le-i ... nza-biden/

Dopo Nizza, dopo la decapitazione di Samuel Patty, ora è il turno di Vienna, dove, ieri sera, un attacco sincronizzato di matrice jihadista ha seminato morte e terrore (si contano, per il momento, quattro vittime) nel centro della capitale austriaca.

L’evocazione di Vienna come ultimo baluardo crstiano-occidentale contro l’avanzata turca nel 600, viene automatico. Ma oggi, a Vienna i turchi sono di casa, e se non c’è più Kara Mustafa Pasha c’è però Recep Tayyip Erdoğan con il suo progetto di restaurazione neo-ottomana che non trova al momento alcun argine.

Ancora una volta, l’Europa si trova impotente di fronte al terrore che no, non viene dallo spazio, come in un famoso racconto di Lovecraft, ma è partorito all’interno di una religione, è inserito come dispositivo di violenza e morte nelle pagine del suo testo fondante, il Corano, nella parte delle sure medinesi, quelle, come vuole la fede islamica, ricevute da Maometto a Medina.

Ed è a Medina che nasce l’Islam, non alla Mecca, là, dove, dopo l’egira, Maometto, da predicatore con scarso seguito e fortemente contestato, diventa il capo politico di una nuova grande aggregazione tribale che dopo la sua morte si trasformerà in un grande impero.

In questi anni, ogniqualvolta il suolo europeo è stato macchiato dal sangue di innocenti sparso da uomini che inneggiavano alla grandezza di Allah, abbiamo sentito il solito discorso. Non sono veri musulmani, i veri musulmani sono pacifici, l’Islam predica la pace, queste sono mele marce, sono fantatici, sono dei “fascisti” (aggettivo passepartout con cui si aprono indistintamente tutte le porte dietro le quali vi è violenza e omicidio), sono devianti, lupi solitari, psicolabili, e così via. Questo mantra necessario ai governi occidentali per paura di ritorsioni nei confronti delle comunità musulmane presenti sui loro territori, e per tutelare una immigrazione che è, in buona parte di religione islamica, non può però nascondere la realtà. Di verità negata ci si ammala, o peggio, si muore e si continuerà a morire.

Dopo le grottesche e oscene accuse di Erdoğan rivolte a Emanuel Macron, (che l’Europa teme e nei confronti del quale piega la testa), secondo cui, nell’ Europa attuale i musulmani verrebbero trattati come gli ebrei durante gli anni ’30 e ’40, Macron, in una intervista ad Aljaazera, ha reiterato gli abituali luoghi comuni sulla bontà consustanziale dell’Islam e la devianza di chi uccide in suo nome. Eppure, il presidente francese aveva detto cose sensate, seppure assai tardive, poco prima, suscitando appunto l’ira di Erdoğan, ovvero che sul suolo della Francia vi sono enclave islamiche che rigettano le regole e la cornice culturale e valoriale dello Stato.

Questa verità è stata controbilanciata con una menzogna, quella, appunto, dei jihadisti come devianti dall’Islam. D’altronde, con circa sei milioni di musulmani in Francia, Macron, leader di una ex grande potenza coloniale, deve per forza arrabattarsi.

Tutto ciò però non altera l’inscalfibile realtà dei fatti e la loro bruta evidenza. L’Islam, per quanto costituito oggi da una maggioranza sostanzialmente pacifica, non si è mai purificato dalla violenza prescrittiva che si trova al proprio interno, e il motivo è che non può farlo. Il Corano non è, come la Bibbia, un libro ispirato, ma un testo che si ritiene divinamente dettato. Ogni sura giunge direttamente dalla trascendenza, là dove il Corano è realtà increata. Maometto ne è solo ricettacolo, specchio in cui si riflette un verbo immodificabile, oltre il tempo e la storia, valido per sempre.

Dunque? Dunque la maggioranza dei musulmani che non agiscono la violenza prescritta nel Corano contro gli infedeli, lo fanno non perché questa violenza non vi sia, ma perché preferiscono ignorarla, solo che, chi non la ignora, è perfettamente musulmano come loro, anzi afferma di esserlo di più perché fa ciò che lo stesso Maometto metteva in pratica.

Non sono i musulmani singoli il problema, ma è la religione che professano, sono specifici, chiari insegnamenti. Fingere che non ci siano, che non siano islamici, ci porta all’assurdo di considerare Maometto stesso al di fuori dell’Islam.

Gino Quarelo
Diciamo che i mussulmani sono un problema in quanto portatori del nazismo maomettano. L'Islam senza portatori umani che lo adottano non può fare del male. L'Islam fa del male quando è assunto e praticato dagli uomini.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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