Russia, Europa, USA e Cina

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Messaggioda Berto » mer feb 06, 2019 7:31 am

La differenza e l'affinità tra queste entità la si vede benissimo nel caso del Venezuela dove gli USA e l'Europa stanno con il democratico Gaidò e la Russia con il dittatore social nazi comunista Maduro.



Venezuela
viewtopic.php?f=144&t=598
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Messaggioda Berto » ven feb 08, 2019 9:12 pm

"Siamo nati liberi e resteremo liberi stasera rinnoveremo la nostra determinazione che l'America non sarà mai un paese socialista".
Amo il Presidente Donald Trump!!!
https://www.facebook.com/WhiteHouse/vid ... 2748495953
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Messaggioda Berto » sab mar 02, 2019 8:56 am

La differenza e l'affinità tra Russia, Europa e USA la si vede benissimo nel caso del Venezuela dove gli USA e l'Europa stanno con il democratico Gaidò e la Russia con il dittatore social nazi comunista Maduro.

Russia, Europa e USA
viewtopic.php?f=92&t=2823


Venezuela
viewtopic.php?f=144&t=598


"Siamo nati liberi e resteremo liberi stasera rinnoveremo la nostra determinazione che l'America non sarà mai un paese socialista".
Amo il Presidente Donald Trump!!!

https://www.facebook.com/WhiteHouse/vid ... 2748495953
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Messaggioda Berto » sab mar 02, 2019 8:56 am

La Russia tra terrorismo islamico ed anarchico
(di Andrea Gaspardo)
1 marzo 2019

http://www.difesaonline.it/geopolitica/ ... -anarchico

Come giustamente notato da numerosi analisti, all'indomani dell'inizio delle proprie operazioni militari in terra mediorientale, nel 2015, la Russia è diventata un obiettivo prioritario del terrorismo islamico sponsorizzato dall'ISIS e da altre organizzazioni fondamentaliste facenti capo alla galassia di al-Qaeda e non solo. Sebbene ad oggi la Russia, o i suoi cittadini all'estero, sia stata oggetto di quattro attentati riusciti, la vigorosa politica di azione preventiva attuata dai servizi segreti e dalle forze di sicurezza della Federazione Russia ha permesso al paese di venire sinora risparmiato dal bagno di sangue (con conseguenti contraccolpi politico-istituzionali) avvenuto in gran parte dei paesi dell'Europa Occidentale.

Nel corso dei primi 9 mesi dal 2018, secondo dati pubblicati da Nikolay Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, i servizi di sicurezza hanno nel complesso sventato 15 attentati terroristici e prevenuto altri 26 atti criminosi con finalità terroristica. Nel mese di ottobre 2018, inoltre, in due diverse operazioni antiterrorismo, l'FSB ha smantellato due cellule terroristiche pronte a compiere attentati nell'area di Mosca e nella Repubblica del Tatarstan. La cellula moscovita era composta da 6 membri mentre la seconda da 18 membri.

Sebbene i dati del 2018, come quelli degli anni precedenti, dimostrino l'efficacia con la quale i servizi di sicurezza stiano affrontando la minaccia terroristica, non si deve cadere nella tentazione di ritenere che il problema sia stato risolto o che non possa essere oggetto di recrudescenze future. Nel corso di una conferenza tenutasi a Novosibirsk, il 24 ottobre 2018, Patrushev ha infatti lanciato l'allarme a proposito della recrudescenza del fenomeno terroristico nel Distretto Federale di Siberia. Nonostante il fatto che, negli ultimi 15 anni, la Siberia sia stata il territorio più calmo della Russia, tale situazione potrebbe presto cambiare visto il deterioramento della situazione della sicurezza in Asia Centrale, in particolar modo in Kazakistan. L'elevato numero di immigrati provenienti dalle ex-Repubbliche Sovietiche dell'Asia Centrale ed il basso livello di allarmismo antiterroristico sono ulteriori fattori che potrebbero giocare contro la strategia di contenimento del Cremlino. Il risultato è che, mentre nel corso del 2018 i crimini connessi alle attività terroristiche siano diminuiti del 10,5% a livello federale, in Siberia sono aumentati del 70%, con 56 casi giudiziari aperti dalle autorità russe e ben 9.000 violazioni registrate delle leggi antiterrorismo.

Tuttavia, quello del terrorismo islamico non è l'unico mal di testa che tormenta il sonno degli inquilini del Cremlino. Negli ultimi tempi ha fatto nuovamente capolino qualcosa che si pensava appartenesse ormai al passato ottocentesco della Russia: il terrorismo di matrice anarco/nichilista. Il 22 aprile 2017 un giovane di 18 anni legato ad ambienti anarchici e neo-nazisti ha attaccato l'ufficio dell'FSB della città di Khabarovsk (foto) uccidendo due persone prima di venire ucciso. Il 27 settembre 2017 un altro giovane legato ad ambienti anarchici ha fatto esplodere una bomba in un supermercato di San Pietroburgo ferendo tredici persone. Più recentemente, il 31 ottobre 2018, un altro giovane anarchico radicale, Mikhail Ilobitskiy, ha tentato di introdurre una carica di esplosivo artigianale nell'ufficio dell'FSB di Arkhangelsk (Arcangelo) rimanendo ucciso. Ma l'attacco di matrice anarchica più grave è stato registrato il 17 ottobre del 2018 a Kerch, nella Repubblica di Crimea, quando il diciottenne Vladislav Roslyakov, studente del politecnico locale, ha aperto il fuoco contro professori e studenti all'interno della struttura uccidendone 20 e ferendone altri 70 prima di togliersi la vita. La tragedia di Kerch, denominata “La Columbine Russa” ha inoltre portato drammaticamente in risalto il problema della violenza nelle scuole, dato che nel solo 2018 ci sono stati almeno cinque casi analoghi di aggressioni “scolastiche” ma tutti caratterizzati dall'utilizzo di coltelli o pistole stordenti, e per questo sottovalutati dalle autorità.

Se le autorità centrali del paese ritenevano che l'unica minaccia terroristica alla stabilità della Russia provenisse dal fondamentalismo islamico, non avevano ancora fatto i conti con i moderni giovani eredi di Mikhail Bakunin e Nikolay Chernyshevsky.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » mer mar 06, 2019 9:02 pm

Il governo apre alla Nuova Via della Seta. Ma gli Stati Uniti dicono "no"
Lorenzo Vita
6 marzo 2019

http://www.occhidellaguerra.it/governo- ... tati-uniti

L’Italia è uno dei Paesi maggiormente coinvolti nella Nuova Via della Seta, il progetto con cui la Cina cerca di costruire il suo modello di globalizzazione. E il nostro Paese appare come quello del G7 più direttamente coinvolto nell’iniziativa. Tanto che, come riporta il Financial Times, è possibile che il governo italiano firmi il memorandum d’intesa con Pechino già a fine marzo, quando il presidente Xi Jinping arriverà a Roma in visita ufficiale.

Al quotidiano della City di Londra, Michele Geraci, sottosegretario allo Sviluppo economico, ha detto che il governo italiano ha già predisposto i piani per il coinvolgimento nel progetto. Secondo le prime indiscrezioni sul viaggio di Xi in Italia, il leader cinese sarà ricevuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, poi parteciperà a una cena di Stato, in seguito incontrerà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Tre tappe romane cui seguirà un’altra in Sicilia. E sarà proprio in quei giorni che l’Italia potrebbe firmare il memorandum d’intesa con Pechino.

Una scelta di fondamentale importanza nella strategica del Dragone per l’Europa e per l’Occidente. Fino a questo momento, la Cina ha concluso accordi formali con Paesi periferici, come la Grecia o l’Ungheria, e sono stati inseriti Paesi dell’area balcanica e dell’Europa orientale.

Ma per l’Italia è un altro discorso. Roma è parte del G7, è uno dei partner principali della Nato, Napoli è l’hub dell’Alleanza atlantica nel Mediterraneo, e Donald Trump ha stretto ottimi rapporti con il governo giallo-verde. Insomma, l’Italia non è un Paese come gli altri per Washington. Ed è per questo che da parte americana sono già arrivate indicazioni specifiche sulla scelta di Palazzo Chigi di essere coinvolti pienamente nell’iniziativa della Nuova Via della Seta.

Le pressioni americane, in questo senso, sono fortissime. Garrett Marquis, portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca ha dichiarato al Financial Times che “la Via della seta è un’iniziativa fatta dalla Cina, per la Cina”. Ma ha che lanciato un monito diretto nei confronti di Roma: “Siamo scettici che l’adesione del governo possa portare benefici economici durevoli al popolo italiano e nel lungo periodo potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale del Paese”.

Parole cui è arrivata l’immediata reazione di Pechino. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lu Kang ha dichiarato: “Penso che i giudizi siano davvero assurdi. Come grande Paese e grande economia, l’Italia sa dove si trova il suo interesse e può fare politiche indipendenti”.

Proprio per evitare uno scontro con gli Stati Uniti, ma anche per continuare a sostenere accordi con Pechino, la Farnesina ha mostrato prudenza. Come riportato Il Sole 24 Ore, il ministero degli Esteri ha affermato che l’accordo fra Italia e Cina “non è ancora completato anche perché è in corso di elaborazione all’interno del Governo una linea comune che non è stata ancora trovata”.

Anche in questo caso, si mostra quindi una divergenza fra la Farnesina e la maggioranza di governo, in particolare quella del Movimento 5 Stelle. Che in questo appare perfettamente in linea con i suoi predecessori, visto che la partecipazione alla cosiddetta Obor è stata già perseguita dai governi Renzi e Gentiloni. Come ricorda Il Corriere della Sera, Paolo Gentiloni andò nel 2017 a Pechino quale unico leader di un Paese del G7 proprio per partecipare al primo Forum “One Belt One Road”. Momento in cui fu ricevuto con tutti gli onori da Xi Jinping.

Il Mise, guidato da Luigi Di Maio, ha deciso di accelerare sul progetto e sul coinvolgimento italiano nella Nuova Via della Seta. Ma il ministero degli Esteri non è così d’accordo. E sembra non essere convinta neanche la Lega, che ha invece avviato un forte spostamento del proprio asse verso gli Stati Uniti.



Gli Stati Uniti puntano su Trieste. E ora vogliono far fuori la Cina
Lorenzo Vita
8 marzo 2019

http://www.occhidellaguerra.it/stati-uniti-trieste-cina

L’Italia non deve firmare nessun memorandum con la Cina per quanto riguarda la Nuova Via della Seta. È stato questo l’avvertimento degli Stati Uniti arrivato non solo negli ultimi viaggi dei sottosegretari leghisti in territorio americano ma anche direttamente dalle colonne del Financial Times. Un monito di fondamentale importanza, che ha fatto capire in maniera cristallina quanto sia importante per Washington l’iniziativa infrastrutturale e politica voluta da Xi Jinping.

Ma quell’avvertimento da parte americana si concentra in particolare su una città: Trieste. Il porto del Mare Adriatico è da tempo al centro delle mire cinesi, visto che è considerato una delle ancore di Pechino nella cosiddetta Nuova Via della Seta marittima. E di questo obiettivo cinese, Washington è molto preoccupata, soprattutto dopo l’interessamento di una società ungherese, confermato anche da funzionari del governo di Budapest.

L’Ungheria è uno dei Paesi che più interessano la Cina nella struttura dell’iniziativa della cosiddetta Obor. E questa convergenza di interessi fra Pechino e Budapest proprio su Trieste è il campanello d’allarme che è risuonato negli uffici dell’intelligence Usa e del Pentagono.

L’America non vuole che il porto di Trieste si trasformi in un nuovo Pireo. Il porto di Atene, dopo l’ingresso della Cosco, è diventato a tutti gli effetti un polo del traffico merci del gigante asiatico nel Mediterraneo. Ma Washington è soprattutto preoccupata dal fatto che non solo rischi di perdere la guerra commerciale con Pechino in Europa meridionale e orientale, ma che la Cina abbia punti di appoggio strategici in tutta Europa. Andando di fatto a colpire gli interessi strategici americani.

L’Italia si trova al centro di questa pericolosa sfida. Da parte americana, ma anche da parte dell’Unione europea, ci sono molte preoccupazioni sul fatto che Roma possa blindare definitivamente l’asse con Pechino. Un asse che non è certo nato con questo governo, visto che già Paolo Gentiloni venne ricevuto con tutti gli onori da Xi al forum per il One Belt One Road.

Ma l’esecutivo giallo-verde, soprattutto per la sua componente pentastellata, sembra essere profondamente convinto della partnership strategica con la Cina. E ora l’esecutivo si trova diviso fra la Lega sempre più aperta all’atlantismo e un Movimento Cinque Stelle che guarda invece con interesse a un ingresso cinese nelle infrastrutture italiane, confermato dai rumors su Genova ma anche dalla volontà di non bandire Huawei dalla concessione delle reti 5G.

Con l’avvicinarsi della data di arrivo di Xi in Italia, a fine marzo, ora il governo si trova a giocare un match molto pericoloso. Ancora una volta, l’esecutivo appare diviso. E questo implica un processo di mediazione che dovrà mettere in atto soprattutto Giuseppe Conte. Ma le pressioni Usa ed europee non sono da sottovalutare, specialmente dopo che le agenzie di rating e i grandi fondi di investimento americani hanno fatto capire che possono scommettere sull’Italia soltanto in caso di rassicurazioni strategiche da parte di Palazzo Chigi. In caso contrario, sarà molto difficile proseguire nella rotta favorevole all’Italia.

Per il governo la sfida è molto complessa. Da un lato, c’è la volontà da parte italiana di non perdere gli investimenti cinesi in un porto che rappresenta un’area strategica di fondamentale importanza. Il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, Zeno D’Agostino, ha detto all’Ansa: “Credo che siano in pochi a conoscere i contenuti dell’accordo tra Italia e Cina, e io non sono tra questi, anche se molti ne parlano, ma so che per quanto riguarda Trieste il progetto si chiama Trihub e fa parte di un accordo a un tavolo tra Ue e Cina, in cui Pechino propone investimenti infrastrutturali europei in Cina e Bruxelles viceversa. Un accordo gestito da Bruxelles”.

Lo stesso presidente dell’Autorità ha escluso che si tratti di un accordo come per Grecia o Gibuti, ma che “l’Italia può dialogare con grande equilibrio con la Cina. Alcuni si agitano perché il porto di Trieste lavora bene e questo sposta equilibri da Nord a Sud d’Europa”. E anzi, ha voluto dire che per quanto riguarda gli Stati Uniti, “per noi è un rapporto fondamentale. Se verranno a Trieste sarò felicissimo”.

Ma le parole del sindaco di Trieste, Roberto Di Piazza, sono particolarmente utili per capire cosa ci sia davvero dietro a questa sfida: “Se gli Usa non vogliono, i cinesi non arriveranno a Trieste”. Una frase che chiarisce forse più di tutto quanto l’Italia sia al centro di un laboratorio internazionale fra due giganti che si sfidano. Uno, la Cina, pronto a raggiungere il cuore dell’Europa, L’altro, gli Stati Uniti, che vogliono evitare a tutti i costi questo scenario.





Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo
viewtopic.php?f=25&t=2771


Idiozie antiamericane.
A noi veneti gli USA non hanno mai fatto del male anzi ci hanno difesi dai nazismi fascista, nazista, comunista. Poi hanno accolto tanti veneti di buona volontà costretti a migrare dalla miseria.
Grazie America, grazie USA presidio di libertà e di democrazia per il mondo intero.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » gio mar 07, 2019 9:48 am

Trump Donald
viewtopic.php?f=141&t=2262


Donald Trump o Francesco Bergoglio ? Io preferisco mille volte Donald Trump
viewtopic.php?f=141&t=2462
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8457388171


Je suis Charlie e Trump, forza Trump!
viewtopic.php?f=141&t=2482
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1332189983
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » ven mar 08, 2019 9:51 pm

Gli Stati Uniti puntano su Trieste. E ora vogliono far fuori la Cina
Lorenzo Vita
8 marzo 2019

http://www.occhidellaguerra.it/stati-uniti-trieste-cina

L’Italia non deve firmare nessun memorandum con la Cina per quanto riguarda la Nuova Via della Seta. È stato questo l’avvertimento degli Stati Uniti arrivato non solo negli ultimi viaggi dei sottosegretari leghisti in territorio americano ma anche direttamente dalle colonne del Financial Times. Un monito di fondamentale importanza, che ha fatto capire in maniera cristallina quanto sia importante per Washington l’iniziativa infrastrutturale e politica voluta da Xi Jinping.

Ma quell’avvertimento da parte americana si concentra in particolare su una città: Trieste. Il porto del Mare Adriatico è da tempo al centro delle mire cinesi, visto che è considerato una delle ancore di Pechino nella cosiddetta Nuova Via della Seta marittima. E di questo obiettivo cinese, Washington è molto preoccupata, soprattutto dopo l’interessamento di una società ungherese, confermato anche da funzionari del governo di Budapest.

L’Ungheria è uno dei Paesi che più interessano la Cina nella struttura dell’iniziativa della cosiddetta Obor. E questa convergenza di interessi fra Pechino e Budapest proprio su Trieste è il campanello d’allarme che è risuonato negli uffici dell’intelligence Usa e del Pentagono.

L’America non vuole che il porto di Trieste si trasformi in un nuovo Pireo. Il porto di Atene, dopo l’ingresso della Cosco, è diventato a tutti gli effetti un polo del traffico merci del gigante asiatico nel Mediterraneo. Ma Washington è soprattutto preoccupata dal fatto che non solo rischi di perdere la guerra commerciale con Pechino in Europa meridionale e orientale, ma che la Cina abbia punti di appoggio strategici in tutta Europa. Andando di fatto a colpire gli interessi strategici americani.

L’Italia si trova al centro di questa pericolosa sfida. Da parte americana, ma anche da parte dell’Unione europea, ci sono molte preoccupazioni sul fatto che Roma possa blindare definitivamente l’asse con Pechino. Un asse che non è certo nato con questo governo, visto che già Paolo Gentiloni venne ricevuto con tutti gli onori da Xi al forum per il One Belt One Road.

Ma l’esecutivo giallo-verde, soprattutto per la sua componente pentastellata, sembra essere profondamente convinto della partnership strategica con la Cina. E ora l’esecutivo si trova diviso fra la Lega sempre più aperta all’atlantismo e un Movimento Cinque Stelle che guarda invece con interesse a un ingresso cinese nelle infrastrutture italiane, confermato dai rumors su Genova ma anche dalla volontà di non bandire Huawei dalla concessione delle reti 5G.

Con l’avvicinarsi della data di arrivo di Xi in Italia, a fine marzo, ora il governo si trova a giocare un match molto pericoloso. Ancora una volta, l’esecutivo appare diviso. E questo implica un processo di mediazione che dovrà mettere in atto soprattutto Giuseppe Conte. Ma le pressioni Usa ed europee non sono da sottovalutare, specialmente dopo che le agenzie di rating e i grandi fondi di investimento americani hanno fatto capire che possono scommettere sull’Italia soltanto in caso di rassicurazioni strategiche da parte di Palazzo Chigi. In caso contrario, sarà molto difficile proseguire nella rotta favorevole all’Italia.

Per il governo la sfida è molto complessa. Da un lato, c’è la volontà da parte italiana di non perdere gli investimenti cinesi in un porto che rappresenta un’area strategica di fondamentale importanza. Il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, Zeno D’Agostino, ha detto all’Ansa: “Credo che siano in pochi a conoscere i contenuti dell’accordo tra Italia e Cina, e io non sono tra questi, anche se molti ne parlano, ma so che per quanto riguarda Trieste il progetto si chiama Trihub e fa parte di un accordo a un tavolo tra Ue e Cina, in cui Pechino propone investimenti infrastrutturali europei in Cina e Bruxelles viceversa. Un accordo gestito da Bruxelles”.

Lo stesso presidente dell’Autorità ha escluso che si tratti di un accordo come per Grecia o Gibuti, ma che “l’Italia può dialogare con grande equilibrio con la Cina. Alcuni si agitano perché il porto di Trieste lavora bene e questo sposta equilibri da Nord a Sud d’Europa”. E anzi, ha voluto dire che per quanto riguarda gli Stati Uniti, “per noi è un rapporto fondamentale. Se verranno a Trieste sarò felicissimo”.

Ma le parole del sindaco di Trieste, Roberto Di Piazza, sono particolarmente utili per capire cosa ci sia davvero dietro a questa sfida: “Se gli Usa non vogliono, i cinesi non arriveranno a Trieste”. Una frase che chiarisce forse più di tutto quanto l’Italia sia al centro di un laboratorio internazionale fra due giganti che si sfidano. Uno, la Cina, pronto a raggiungere il cuore dell’Europa, L’altro, gli Stati Uniti, che vogliono evitare a tutti i costi questo scenario.



5G e Nuova Via della Seta, ora l’Italia risponde agli Stati Uniti
Lorenzo Vita
9 maozo 2019

http://www.occhidellaguerra.it/5g-nuova ... tati-uniti

Alleati sì, ma senza piegarsi acriticamente alle richieste degli Stati Uniti. È questo il messaggio che trapela in queste ore dal governo italiano e dai suoi apparati dopo che da Washington sono arrivate due richieste particolarmente importanti e non prive di ripercussioni economiche e politiche. La prima riguarda l’inserimento di Huawei nella rete 5G italiana. Richiesta già fatta a tutti i partner Usa in Europa. La seconda, evitare di entrare a far parte della grande iniziativa della Nuova Via della Seta, o quantomeno evitare di firmare memorandum che implichino il passaggio di intere aree infrastrutturali (come il porto di Trieste) in mano cinese.

Richieste estremamente gravi, che a Palazzo Chigi stanno vagliando attentamente. Perché è chiaro che dalla risposta che arriverà da Roma sarà anche possibile valutare il presente ma soprattutto il futuro delle relazioni italo-americane. Una partnership strategica che il governo ritiene fondamentale, ma che non può (almeno nei desiderata di Roma) implicare una perdita di guadagno e opportunità per un Paese che ha estremo bisogno di investimenti. Cosa che la Cina, invece, sta offrendo.

In questi giorni l’Italia ha iniziato a mostrare una certa insofferenza nei confronti di queste assidue domande americane. Il governo giallo-verde ha fatto di tutto per consolidare l’asse con Washington. E questo nonostante ci siano due anime profondamente diverse all’interno del governo di cui una, la Lega, molto più filo atlantica, mentre l’altra, il Movimento 5 Stelle, che si è mostrata sempre più aperta ad altre partnership, soprattutto con la Cina. Ma ora vuole capire fino a quanto sia possibile seguire le direttiva da Oltreoceano.

Come riportato da La Stampa, durante il forum “Cybersecurity, challenges and opportunities for Italy and the U.S”, l’Italia ha fatto pervenire agli Stati Uniti il suo disappunto. Roma è disposta ad ascoltare tutte le critiche e le necessità avanzate da Washington, ma adesso è arrivato il momento che gli Usa diano anche delle garanzie, delle risposte. Insomma, qualcosa che faccia capire all’Italia che evitare la Cina non è solo una scelta politica, ma anche economicamente vantaggiosa.

Quello che vuole capire Roma, è cosa siano disposti a dare in cambio dell’esclusione della Cina dalla rete 5G e, in generale, dagli investimenti in Italia. Perché le motivazioni strategiche e politiche sono ovvie. Ma lo sono decisamente meno quelle economiche, specialmente se gli Usa non propongono una controfferta valida e tecnologicamente ed economicamente in grado di competere con quanto offre Pechino. Fino a questo momento, gli Stati Uniti hanno detto che la concessione delle infrastrutture nazionali alla Cina (sia cyber che portuali) comporterebbe un vulnus alla sicurezza nazionale. Ma l’Italia vuole capire esattamente in cosa consista questa breccia cinese nella sicurezza interna. Perché altrimenti non può escludere, a priori, una partnership strategicamente conveniente come quella con il gigante asiatico. Una perdita che sarebbe del tutto ingiustificata se non per motivi di mera sudditanza. Finché non arriveranno questi chiarimenti, da Palazzo Chigi fanno sapere che le richieste americane saranno ascoltate ma non immediatamente accolte.

E sulla stessa linea si stanno orientando anche altri alleati degli Stati Uniti in Europa, che sono apparsi molto freddi rispetto a queste pressioni atlantiche.

Come scritto dal Washington Post, l’amministrazione Trump ha avviato una serie di incontri bilaterali con i partner del Vecchio Continente per discutere di Huawei e investimenti cinesi. Ma i Paesi europei hanno espresso una posizione “scettica” basandosi sul fatto che gli Stati Uniti non stiano fornendo dettagli che possano far propendere definitivamente per lo stop alle concessioni ai giganti cinesi.

Gli europei conoscono i rischi, e lo dimostra anche la richiesta del Copasir di discutere con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio sui rischi del 5G cinese. Comprendono anche il discorso americano su come Huawei, in stretto contatto col governo di Pechino, possa aprire le porte a spionaggio e furto di proprietà intellettuale. Che sono poi le accuse mosse da Washington. Ma pensano di poterlo gestire e di evitare una guerra commerciale con la Cina che sarebbe devastante. A meno che dall’America nonché arrivi “la risposta che non si può rifiutare”, sia in termini politici che in termini economici.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » ven mar 08, 2019 9:51 pm

Lega con Trump, M5S in Russia. Così il governo sfida l'Unione europea
Lorenzo Vita
7 marzo 2019

http://www.occhidellaguerra.it/lega-m5s-russia-usa

Con la Russia o con gli Stati Uniti? Oppure con entrambi? L’Italia giallo-verde sembra divisa fra Mosca e Washington, specialmente se si osservano i movimenti delle due anime che compongono l’esecutivo. E anche in questo caso, Matteo Salvini appare in vantaggi, essendo riuscito prima a presentarsi come leader favorevole ad aperture nei confronti della Russia e poi come alleato perfetto alleato dell’amministrazione Trump.

Un percorso riconoscibile quello del leader della Lega, confermato anche dagli ultimi viaggi dei suoi “diplomatici”: prima del sottosegretario Guglielmo Picchi, poi del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Due viaggi che hanno ricucito i rapporti con l’America ma che hanno soprattutto mostrato la volontà del Carroccio di presentarsi come partito-garante della partnership fra Italia e Stati Uniti.

Missione non estremamente semplice quella della Lega, perché se l’amministrazione Trump è molto aperta nei confronti delle idee del partito, dall’altro lato fonti interne al Carroccio testimoniano la volontà Usa di chiedere garanzie al partito di Salvini proprio sui rapporti con la Russia. Dall’altra parte dell’Atlantico accusano costantemente i partiti sovranisti di avere legami con il Cremlino. E in un momento di russo-fobia imperante nel deep State americano, anche una sola voce non avversa alla Federazione russa diventa un problema.

E proprio per questo, la Lega si trova a dover gestire una diplomazia che guarda a Washington senza però negare una certa predisposizione ad ascoltare anche i tradizionali vincoli strategici fra Italia e Russia. Tanto che anche Salvini, in questa fase, ha mitigato le dichiarazioni a sostegno della Russia cercando di sembrare molto più affine, anche in politica estera, alla strategia di Washington (come dimostrato con il Venezuela). E sul blocco alle trivelle, la rete 5G a Huawei e la questione gas, Washington ha già chiesto rassicurazioni. Altrimenti l’amministrazione Usa e i grandi investitori americani potrebbero negare il loro sostegno anche in un futuro governo a guida Lega.

Mentre Salvini blinda, l’asse con Trump, il Movimento 5 Stelle rincorre la Lega sui due fronti: quello atlantico e quello orientale. Secondo le prime indiscrezioni, Luigi Di Maio pare abbia incassato l’ok di Washington per un viaggio in territorio americano in cui dovrebbe incontrare anche il vicepresidente Mike Pence. Un modo per i Cinque Stelle di ribadire il loro interesse a non contraddire troppo l’amministrazione americana dopo i tentennamenti sul Venezuela, la contrapposizione al Tap, e tutte le dichiarazione dell’ala “movimentista”.

Ma è proprio dall’ala a sinistra del Movimento che arriva una svolta non di poco conto. Roberto Fico è andato a Mosca per incontrare il presidente della Duma. Il presidente della Camera è intervenuto di fronte ai parlamentari russi con un’apertura molto importante nei confronti della Federazione, in particolare sul tema delle sanzioni.

Il presidente della Camera, intervenendo nella capitale russa, ha dichiarato: “L’Italia ritiene che il dialogo interparlamentare sia una condizione fondamentale per risolvere i problemi che dobbiamo affrontare e per questo vi è un ampio consenso tra le forze politiche rappresentate alla Camera dei deputati italiana per operare attivamente con gli altri partner del Consiglio d’Europa affinché sia superato il regime di sanzioni adottato nel 2014 con la sospensione del diritto di voto e delle altre prerogative della delegazione parlamentare russa”.

E il presidente della Camera ha poi sottolineato: “Sono un convinto sostenitore del senso storico, culturale e politico dell’Unione europea e della necessità che essa, unita, continui il suo percorso di dialogo e di cooperazione con la Federazione russa”. E ha ribadito che “Italia e Unione europea contano in particolare sul determinante contributo della Russia per la risoluzione delle più gravi crisi in atto” come “i conflitti aperti nel Mediterraneo e nel Medio-Oriente”.

Un segnale di apertura nei confronti di Vladimir Putin che non è passato inosservato. E che rende ancora più evidente la volontà del governo giallo-verde di porsi in un rapporto di collaborazione con le due grandi potenze che “sfidano” l’Unione europea: Russia e Stati Uniti. Una doppia anima che però può avere due tipi di conseguenze: da un lato aiutare l’Italia in un momento di isolamento in Europa; dall’altro lato creare un’ulteriore spaccatura all’interno della maggioranza. Perché prima o poi, specialmente negli Stati Uniti, qualcuno chiede il conto.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » sab mar 09, 2019 8:11 pm

L'America contro il terrorismo nazimaomettano
Giulio Meotti
9 marzo 2019

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 4909664297
L’America non è l’Europa. L’America sa ancora distinguere il bene dal male e sa scendere in piazza contro il terrorismo. Anzi, è l’ultimo popolo occidentale a saperlo ancora fare. Due piazze: Washington ieri, piena di persone che manifestavano contro l’Iran e il diritto di quel popolo di liberarsi da una rivoluzione islamica orrenda; e Londra, piena di persone che manifestavano a favore dell’Iran e di Hezbollah.
L’America è la terra dei liberi (e speriamo che lo resti, con tutti questi nuovi bigotti Dem). L’Europa è la terra dei sottomessi. E chi non vuole capire, chi non vuole vedere, pagherà le conseguenze della propria volenterosa cecità.

Alberto Pento
L'Iran dalla cui parte stanno anche la Russia, la Cina e il farlocco o pataccaro doge Gardin che preferisce la Russia agli USA.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » sab mar 09, 2019 8:13 pm

Cina, Pechino apre all'Europa: le mosse di Xi per rubare l'Ue agli Stati Uniti
Federico Giuliani
9 marzo 2019

http://www.occhidellaguerra.it/cina-pec ... e-agli-usa

La Cina si avvicina all’Europa. Il Vecchio Continente, per anni cullato a distanza dagli Stati Uniti, sta iniziando a interrogarsi su quale sia il percorso migliore da seguire. Pechino ha messo in discussione il modello americano, ha un mercato pressoché illimitato e un sistema economico pronto a migliorarsi ulteriormente. Xi Jinping vuole tessere nuove alleanze in Occidente, per farsi nuovi amici ma anche per tagliare i ponti a Washington. Quali saranno le prossime mosse del Dragone nei confronti dell’Europa? È tutto scritto in un report curato dal governo cinese e uscito lo scorso dicembre. Che è utile studiare quanto prima e che fin qui non ha avuto il giusto risalto.

Il China’s Policy Paper on the European Union

Si chiama China’s Policy Paper on the European Union ed è composto da cinque sezioni che trattano argomenti differenti. I principi guida sono piuttosto chiari. Pechino chiede “uniforme rispetto reciproco” e che l’Ue si impegni a riconoscere “il principio di una sola Cina”. Quest’ultimo termine è un riferimento all’isola di Taiwan, considerata dal governo cinese parte integrante dello Stato cinese e non indipendente. A seguire un elenco di punti basilari, come il miglioramento degli scambi commerciali, economici e culturali. Ma il passaggio più interessante è quello in cui si sottolinea come la Cina intenda “costruire un nuovo tipo di relazioni internazionali” per offrire un “contributo alla pace e allo sviluppo del mondo”.
“Sì al dialogo, no allo scontro”

Nonostante l’Unione europea, intesa come istituzione, abbia nel recente passato avuto degli screzi con la Cina, gli stessi cinesi hanno voluto rassicurare il proprio partner. Pechino non ha conflitti strategici aperti con l’Ue, per questo “è importante che le due parti si impegnino in un dialogo invece di uno scontro”. L’ultimo consiglio all’Europa è che dovrebbe smetterla di interferire negli affari interni e nella sovranità giudiziaria della Cina in nome dei diritti umani. Insomma, il tono del paper è conciliante ma prosegue alternando schiaffi e carezze.

Europa divisa

La Cina ha offerto il suo assist ma l’Europa, al momento, non può coglierlo. O almeno, non può farlo in maniera unitaria. Gli Stati dell’Unione ragionano ognuno con la propria testa. La maggior parte dei rapporti che il governo cinese ha con Paesi del Vecchio Continente è figlio di relazioni bilaterali. Di questo passo non ci sarà mai un atteggiamento comune dell’Ue nei confronti del Dragone. Qualcosa potrebbe cambiare dopo le elezioni europee di maggio. Nel frattempo i singoli attori europei cercano il posto migliore per godersi lo spettacolo.

Pechino irritata dagli Usa

Sul Global Times, costola del Quotidiano del Popolo, è apparso un articolo in cui Pechino critica il comportamento degli Stati Uniti. “I legami di difesa tradizionali tra gli Usa e i suoi alleati europei – si legge – non si adattano più totalmente alle richieste dell’Europa moderna e del mondo”. Ma soprattutto la Cina è irritata dal tentativo americano di “ostacolare sotto tutti gli aspetti, dal commercio alla tecnologia, gli interessi cinesi in Europa”.

Cina: ancora di salvezza o minaccia?

E lo spettacolo è un partner in grado di offrire due ancore di salvezza a un occidente sempre più frastornato. Primo: l’accesso a un mercato enorme (sia in numeri e quantità) per interi settori economici europei. Secondo: denaro fresco che da Pechino potrebbe ulteriormente riempire le casse sempre più vuote di Stati e imprese. Investimenti e cooperazione strategica in nome della One Belt One Road. Le opinioni sono però contrastanti. A Paesi che si sono già schierati dalla parte della Cina (Ungheria e Grecia), altri stanno per cedere (Portogallo e Italia). E altri ancora sono a metà strada tra restare fedeli al vecchio sistema capitanato dagli Stati Uniti e al nuovo ordine proposto da Pechino (Regno Unito).

I casi di Germania e Italia

Cosa fare quindi con le avances della Cina? Finché l’Europa non adotterà una politica conforme, fra i suoi membri ci saranno vincitori e sconfitti, chi trarrà più vantaggi e chi ci rimetterà maggiormente. Prendiamo il caso di Italia e Germania. A fine marzo il presidente cinese Xi Jinping sarà in Italia per incontrare il premier Conte. Pare sia in arrivo la fumata bianca per l’adesione di Roma al progetto della Nuova Via della Seta. Il che significa che il Belpaese diventerà un hub strategico e geopolitico per Pechino. Aumenteranno i collegamenti infrastrutturali tra i due Paesi, così come il commercio di settori strategici. Attenzione però, perché il governo italiano dovrà essere in grado di predisporre le adeguate misure per proteggersi da un eventuale cannibalismo cinese. Va bene cooperare, ma fino a un certo punto.

Berlino trema

Se l’Italia considera la Cina un’opportunità, la Germania è invece terrorizzata dal Dragone. Berlino ha per anni usufruito della domanda cinese di automobili e attrezzature varie. Tanto per fare un esempio, la Volkswagen vende addirittura un auto su due oltre la Muraglia. Dal 2010 il governo tedesco ha assistito a una crescita ininterrotta dell’economia, ma anche a un pericoloso aumento della sua dipendenza dalla Cina. Oggi i cinesi non sono più clienti ma investitori pericolosi: la situazione si è capovolta. Come se non bastasse la concorrenza sleale della Cina in patria sta danneggiando le industrie tedesche, soprattutto quelle impegnate nella robotica. Intanto il Dragone continua nella sua avanzata verso l’occidente.
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