Il governo apre alla Nuova Via della Seta. Ma gli Stati Uniti dicono "no"Lorenzo Vita
6 marzo 2019
http://www.occhidellaguerra.it/governo- ... tati-uniti L’Italia è uno dei Paesi maggiormente coinvolti nella Nuova Via della Seta, il progetto con cui la Cina cerca di costruire il suo modello di globalizzazione. E il nostro Paese appare come quello del G7 più direttamente coinvolto nell’iniziativa. Tanto che, come riporta il Financial Times, è possibile che il governo italiano firmi il memorandum d’intesa con Pechino già a fine marzo, quando il presidente Xi Jinping arriverà a Roma in visita ufficiale.
Al quotidiano della City di Londra, Michele Geraci, sottosegretario allo Sviluppo economico, ha detto che il governo italiano ha già predisposto i piani per il coinvolgimento nel progetto. Secondo le prime indiscrezioni sul viaggio di Xi in Italia, il leader cinese sarà ricevuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, poi parteciperà a una cena di Stato, in seguito incontrerà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Tre tappe romane cui seguirà un’altra in Sicilia. E sarà proprio in quei giorni che l’Italia potrebbe firmare il memorandum d’intesa con Pechino.
Una scelta di fondamentale importanza nella strategica del Dragone per l’Europa e per l’Occidente. Fino a questo momento, la Cina ha concluso accordi formali con Paesi periferici, come la Grecia o l’Ungheria, e sono stati inseriti Paesi dell’area balcanica e dell’Europa orientale.
Ma per l’Italia è un altro discorso. Roma è parte del G7, è uno dei partner principali della Nato, Napoli è l’hub dell’Alleanza atlantica nel Mediterraneo, e Donald Trump ha stretto ottimi rapporti con il governo giallo-verde. Insomma, l’Italia non è un Paese come gli altri per Washington. Ed è per questo che da parte americana sono già arrivate indicazioni specifiche sulla scelta di Palazzo Chigi di essere coinvolti pienamente nell’iniziativa della Nuova Via della Seta.
Le pressioni americane, in questo senso, sono fortissime. Garrett Marquis, portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca ha dichiarato al Financial Times che “la Via della seta è un’iniziativa fatta dalla Cina, per la Cina”. Ma ha che lanciato un monito diretto nei confronti di Roma: “Siamo scettici che l’adesione del governo possa portare benefici economici durevoli al popolo italiano e nel lungo periodo potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale del Paese”.
Parole cui è arrivata l’immediata reazione di Pechino. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lu Kang ha dichiarato: “Penso che i giudizi siano davvero assurdi. Come grande Paese e grande economia, l’Italia sa dove si trova il suo interesse e può fare politiche indipendenti”.
Proprio per evitare uno scontro con gli Stati Uniti, ma anche per continuare a sostenere accordi con Pechino, la Farnesina ha mostrato prudenza. Come riportato Il Sole 24 Ore, il ministero degli Esteri ha affermato che l’accordo fra Italia e Cina “non è ancora completato anche perché è in corso di elaborazione all’interno del Governo una linea comune che non è stata ancora trovata”.
Anche in questo caso, si mostra quindi una divergenza fra la Farnesina e la maggioranza di governo, in particolare quella del Movimento 5 Stelle. Che in questo appare perfettamente in linea con i suoi predecessori, visto che la partecipazione alla cosiddetta Obor è stata già perseguita dai governi Renzi e Gentiloni. Come ricorda Il Corriere della Sera, Paolo Gentiloni andò nel 2017 a Pechino quale unico leader di un Paese del G7 proprio per partecipare al primo Forum “One Belt One Road”. Momento in cui fu ricevuto con tutti gli onori da Xi Jinping.
Il Mise, guidato da Luigi Di Maio, ha deciso di accelerare sul progetto e sul coinvolgimento italiano nella Nuova Via della Seta. Ma il ministero degli Esteri non è così d’accordo. E sembra non essere convinta neanche la Lega, che ha invece avviato un forte spostamento del proprio asse verso gli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti puntano su Trieste. E ora vogliono far fuori la CinaLorenzo Vita
8 marzo 2019
http://www.occhidellaguerra.it/stati-uniti-trieste-cina L’Italia non deve firmare nessun memorandum con la Cina per quanto riguarda la Nuova Via della Seta. È stato questo l’avvertimento degli Stati Uniti arrivato non solo negli ultimi viaggi dei sottosegretari leghisti in territorio americano ma anche direttamente dalle colonne del Financial Times. Un monito di fondamentale importanza, che ha fatto capire in maniera cristallina quanto sia importante per Washington l’iniziativa infrastrutturale e politica voluta da Xi Jinping.
Ma quell’avvertimento da parte americana si concentra in particolare su una città: Trieste. Il porto del Mare Adriatico è da tempo al centro delle mire cinesi, visto che è considerato una delle ancore di Pechino nella cosiddetta Nuova Via della Seta marittima. E di questo obiettivo cinese, Washington è molto preoccupata, soprattutto dopo l’interessamento di una società ungherese, confermato anche da funzionari del governo di Budapest.
L’Ungheria è uno dei Paesi che più interessano la Cina nella struttura dell’iniziativa della cosiddetta Obor. E questa convergenza di interessi fra Pechino e Budapest proprio su Trieste è il campanello d’allarme che è risuonato negli uffici dell’intelligence Usa e del Pentagono.
L’America non vuole che il porto di Trieste si trasformi in un nuovo Pireo. Il porto di Atene, dopo l’ingresso della Cosco, è diventato a tutti gli effetti un polo del traffico merci del gigante asiatico nel Mediterraneo. Ma Washington è soprattutto preoccupata dal fatto che non solo rischi di perdere la guerra commerciale con Pechino in Europa meridionale e orientale, ma che la Cina abbia punti di appoggio strategici in tutta Europa. Andando di fatto a colpire gli interessi strategici americani.
L’Italia si trova al centro di questa pericolosa sfida. Da parte americana, ma anche da parte dell’Unione europea, ci sono molte preoccupazioni sul fatto che Roma possa blindare definitivamente l’asse con Pechino. Un asse che non è certo nato con questo governo, visto che già Paolo Gentiloni venne ricevuto con tutti gli onori da Xi al forum per il One Belt One Road.
Ma l’esecutivo giallo-verde, soprattutto per la sua componente pentastellata, sembra essere profondamente convinto della partnership strategica con la Cina. E ora l’esecutivo si trova diviso fra la Lega sempre più aperta all’atlantismo e un Movimento Cinque Stelle che guarda invece con interesse a un ingresso cinese nelle infrastrutture italiane, confermato dai rumors su Genova ma anche dalla volontà di non bandire Huawei dalla concessione delle reti 5G.
Con l’avvicinarsi della data di arrivo di Xi in Italia, a fine marzo, ora il governo si trova a giocare un match molto pericoloso. Ancora una volta, l’esecutivo appare diviso. E questo implica un processo di mediazione che dovrà mettere in atto soprattutto Giuseppe Conte. Ma le pressioni Usa ed europee non sono da sottovalutare, specialmente dopo che le agenzie di rating e i grandi fondi di investimento americani hanno fatto capire che possono scommettere sull’Italia soltanto in caso di rassicurazioni strategiche da parte di Palazzo Chigi. In caso contrario, sarà molto difficile proseguire nella rotta favorevole all’Italia.
Per il governo la sfida è molto complessa. Da un lato, c’è la volontà da parte italiana di non perdere gli investimenti cinesi in un porto che rappresenta un’area strategica di fondamentale importanza. Il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, Zeno D’Agostino, ha detto all’Ansa: “Credo che siano in pochi a conoscere i contenuti dell’accordo tra Italia e Cina, e io non sono tra questi, anche se molti ne parlano, ma so che per quanto riguarda Trieste il progetto si chiama Trihub e fa parte di un accordo a un tavolo tra Ue e Cina, in cui Pechino propone investimenti infrastrutturali europei in Cina e Bruxelles viceversa. Un accordo gestito da Bruxelles”.
Lo stesso presidente dell’Autorità ha escluso che si tratti di un accordo come per Grecia o Gibuti, ma che “l’Italia può dialogare con grande equilibrio con la Cina. Alcuni si agitano perché il porto di Trieste lavora bene e questo sposta equilibri da Nord a Sud d’Europa”. E anzi, ha voluto dire che per quanto riguarda gli Stati Uniti, “per noi è un rapporto fondamentale. Se verranno a Trieste sarò felicissimo”.
Ma le parole del sindaco di Trieste, Roberto Di Piazza, sono particolarmente utili per capire cosa ci sia davvero dietro a questa sfida: “Se gli Usa non vogliono, i cinesi non arriveranno a Trieste”. Una frase che chiarisce forse più di tutto quanto l’Italia sia al centro di un laboratorio internazionale fra due giganti che si sfidano. Uno, la Cina, pronto a raggiungere il cuore dell’Europa, L’altro, gli Stati Uniti, che vogliono evitare a tutti i costi questo scenario.
Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismoviewtopic.php?f=25&t=2771 Idiozie antiamericane. A noi veneti gli USA non hanno mai fatto del male anzi ci hanno difesi dai nazismi fascista, nazista, comunista. Poi hanno accolto tanti veneti di buona volontà costretti a migrare dalla miseria.
Grazie America, grazie USA presidio di libertà e di democrazia per il mondo intero.