L'Europa che sognamo e che vogliamo

Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » lun mag 27, 2019 12:39 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » lun mag 27, 2019 12:41 pm

Per un'Europa diversa che assomigli sempre di più alla Svizzera
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6880364059


I risultati delle elezioni europee, in breve - Il Post
27 maggio 2019

https://www.ilpost.it/2019/05/27/risult ... opee-breve

Dalle 23 di domenica sera, ora della chiusura degli ultimi seggi, si sono cominciati a sapere i risultati delle elezioni europee, quelle che servono a rinnovare il Parlamento europeo. I risultati non sono ancora definitivi per tutti i paesi – bisognerà aspettare almeno fino a domani – ma dicono già molto sui nuovi equilibri nel Parlamento europeo, e nelle varie politiche nazionali. Abbiamo messo insieme i risultati dei paesi più importanti, o per qualche ragione più interessanti.

In Italia, secondo le proiezioni, la Lega si è confermata primo partito, con un risultato che sembra nettamente sopra il 30 per cento – tra il 32 e il 34 – come era previsto dai sondaggi. La sorpresa è stata il pessimo risultato del Movimento 5 Stelle, che sembra sotto al 20 per cento e dietro al Partito Democratico, dato intorno al 22 per cento. Forza Italia è data intorno al 9 per cento, un risultato che conferma il lungo declino del partito di Silvio Berlusconi. Fratelli d’Italia, partito nazionalista di destra, ha ottenuto un risultato in linea coi sondaggi, intorno al 6 per cento. È un risultato che di fatto ribalta gli equilibri della maggioranza di governo, visto che Lega e M5S alle politiche del 2018 ottennero risultati praticamente speculari.

In Francia il divario fra Rassemblement National (RN), di destra radicale, e il partito di Emmanuel Macron, En Marche, si sta allargando: secondo stime di Europe Elects il primo è vicino al 26 per cento, il secondo al 21; secondo Ipsos il RN è al 23 per cento e En Marche al 22; secondo Harris Interactive-Epoka, il RN è quasi al 24 per cento e En Marche al 22. In ogni caso, al terzo posto ci sono a sorpresa i Verdi, al 13 per cento: i sondaggi avevano previsto un risultato simile per il centrodestra di Les Républicains, che invece si è fermato intorno all’8 per cento. La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, partito di sinistra radicale, e il Partito Socialista sono circa pari, intorno al 6 per cento.

In Germania, secondo le proiezioni, il primo posto è saldamente della CDU di Angela Merkel col 28 per cento, che comunque perde diversi punti rispetto al 2014. Dietro ci sono i Verdi con il 20 per cento (si stima che siano stati votati dal 34 per cento dagli elettori tra i 18 e i 24 anni), mentre i Socialisti sono solo terzi con uno dei peggiori risultati della loro storia, al 15 per cento. Gli europarlamentari tedeschi saranno 96 su un totale di 751: la Germania elegge il maggior numero di deputati al Parlamento Europeo e Bruxelles perché è il paese più popoloso dell’Unione.

In Spagna, con lo spoglio oltre al 99 per cento, i Socialisti del primo ministro Pedro Sánchez (PSOE, il principale partito di sinistra) hanno ottenuto il 33 per cento dei voti. Al secondo posto è arrivato il Partito Popolare (PP, principale partito di centrodestra), che ha ottenuto il 20 per cento, davanti a Ciudadanos, partito di centrodestra di ispirazione liberale, con il 12 per cento, e a Unidas Podemos, formazione politica di sinistra guidata da Pablo Iglesias, che ha ottenuto il 10 per cento. Vox, partito di destra radicale, ha fatto peggio di quanto previsto dai sondaggi, ottenendo solo il 6 per cento dei voti. Per Sánchez è la seconda importante vittoria dopo quella ottenuta alle elezioni politiche di fine aprile, che avevano invertito una tendenza che durava da tempo e che vedeva il PSOE in grandi crisi.

In Grecia il primo ministro Alexis Tsipras ha annunciato elezioni anticipate riconoscendo la sconfitta: con il 50 per cento delle schede scrutinate, il suo partito, Syriza (sinistra), è arrivato secondo con meno del 24 per cento dei voti. Il primo partito è stato Nea Dimokratia, di centrodestra, che ha ottenuto il 33 per cento. Le elezioni politiche erano previste per ottobre: per questa ragione nei mesi scorsi i giornali greci avevano parlato delle elezioni europee come di un referendum sul mandato di Tsipras. Dietro a Syriza è arrivata la piattaforma di centro-sinistra KINAL (7 per cento), acronimo di “Movimento del cambiamento”, nato dal PASOK, l’ex partito socialdemocratico che per anni aveva sostenuto Nea Dimokratia. Sembra invece che il partito neonazista Alba Dorata resterà sotto la soglia del 5 per cento.

In Austria – dove l’affluenza ha raggiunto il 59 per cento, percentuale più alta dal 1996 – il Partito Popolare (ÖVP, Österreichische Volkspartei) dell’attuale cancelliere Sebastian Kurz ha ottenuto quasi il 35 per cento dei voti. I socialdemocratici del SPÖ hanno tenuto botta, fermandosi al 23,4 per cento, così come la destra radicale del FPÖ, al 17,2 per cento. Fino a pochi giorni fa ci si aspettava un risultato superiore da parte del FPÖ, che è uno dei più antichi partiti della destra radicale europea nonché stretto alleato della Lega. Ma il partito divenuto famoso sotto la guida di Jörg Haider è finito in mezzo a un brutto scandalo di corruzione e spie russe. Il suo leader si è dimesso da tutti gli incarichi e l’intero partito è stato espulso dal governo. Negli ultimi sondaggi prima dello scandalo, il partito era dato al 23 per cento.

Nel Regno Unito è stato scrutinato l’86 per cento dei voti. Il Brexit Party di Nigel Farage, fondato solo poche settimane fa, ha ottenuto il 31 per cento delle preferenze, ed è di gran lunga il partito più votato. I Liberal Democratici, con il 20 per cento dei voti, sono il secondo partito davanti ai Laburisti di Jeremy Corbyn, che sono per ora intorno al 14 per cento. I Conservatori della dimissionaria prima ministra Theresa May hanno ottenuto uno dei peggiori risultati della loro storia e con l’8,8 per cento dei voti sono il quinto partito, dopo i Verdi, che hanno ricevuto il 12,5 per cento dei voti. Lo UKIP, il vecchio partito di Farage, ha raccolto un modesto 3,5 per cento e probabilmente non riuscirà a far eleggere nessun suo candidato.

I due più grandi partiti del Regno Unito, e quelli che da sempre governano il paese, sono quindi andati molto male. I Liberal Democratici, storicamente il terzo partito del Regno Unito e uno dei pochi apertamente contrario a Brexit, hanno fatto uno dei loro migliori risultati di sempre e hanno fatto molto bene anche a Londra, dove sono stato il partito più votato davanti ai Laburisti.

In Portogallo, dove lo spoglio è quasi completo, il Partito Socialista del primo ministro António Costa ha ottenuto il 33,8 per cento e il suo principale alleato, il Blocco di Sinistra (BE), il 9,6 per cento. Quello di Costa è un risultato che era stato previsto dai sondaggi, ma anche anomalo se visto in un contesto più generale. Il Partito Socialista non solo è la forza politica al governo – e molto spesso le forze al governo pagano in termini elettorali – ma negli ultimi anni ha anche portato avanti politiche di una moderata austerità, anche se bilanciate da alcune misure a favore delle fasce più deboli. Il principale partito di opposizione, il Partito Social-Democratico (PSD), di centrodestra, è invece al suo minimo storico: 22,6 per cento.

Nei Paesi Bassi, con lo spoglio praticamente completato, sono stati confermati i dati gli exit poll. I Laburisti, il principale partito di centrosinistra del paese, sono arrivati primi col 19 per cento, mentre il partito centrista del primo ministro Mark Rutte è arrivato secondo col 15 per cento. Gli euroscettici del Forum per la Democrazia – molto quotati dai sondaggi pre-elettorali – sono arrivati solo quinti con l’11 per cento.

In Polonia il partito di destra radicale Diritto e Giustizia ha ottenuto il 43 per cento, superando di quattro punti il cartello dei di partiti di opposizione chiamato Coalizione Europea. Tutti gli altri partiti hanno ottenuto meno del 7 per cento dei voti.

In Svezia, dove sono stati scrutinati quasi tutti i seggi, sono in testa i Socialdemocratici con il 23,6 per cento davanti al Partito Moderato, di centro-destra, con il 16,8 per cento. Dietro ci sono i Democratici Svedesi, nazionalisti di estrema destra, che hanno ottenuto il 15,4 per cento: il loro partito esiste dal 1988 e fu fondato come diretta espressione di vari movimenti e partiti dichiaratamente neonazisti. Alle politiche del 2010 non arrivarono al 6 per cento e nel 2014 raddoppiarono le preferenze sfiorando il 13 per cen





Europee: a Lampedusa l'isola dell'accoglienza e paradiso dei clandestini, boom della Lega anticlandestini che sfiora il 45 per cento dei voti
27 maggio 2019

http://www.affaritaliani.it/politica/el ... rkw6KDI8UQ

A Lampedusa la Lega di Matteo Salvini fa il pieno e supera il 44 per cento dei voti. Su 1.404 votanti il Carroccio ha ottenuto 618 voti, con il 44,01 per cento dei voti, mentre il Pd si è fermato a 282 voti con il 20,08 per cento dei voti.


Elezioni europee 2019, crescono sovranisti ma si prospetta una maggioranza a tre con Popolari, Liberali e Socialisti
Gianni Rosini
27 Maggio 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... ti/5210433

Con tutta Europa che sta finendo la conta delle ultime schede elettorali, la conta dei seggi spinge con forza le principali famiglie europee verso un’alleanza-fotocopia a quella che ha governato a Bruxelles dal 2014, con l’aggiunta di Alde-En Marche che permetterebbero al trio Popolari-Socialisti-Liberali di gestire un’ampia maggioranza. Il successo dei partiti conservatori, euroscettici e nazionalisti c’è stato rispetto al 2014, con l’alleanza di Salvini che conquista 71 poltrone, 57 per Ecr e 44 per il rinnovato Efdd, con M5s e Brexit Party, ma non basta per pensare a un’apertura del Ppe a destra, come auspicato da Forza Italia e da Silvio Berlusconi. Per diversi motivi. Il primo, non ci sono i numeri: se a questi partiti si aggiungono i 179 dei Popolari si arriva a 351 seggi, sotto il minimo per ottenere le maggioranza in Parlamento (376), senza considerare che il Partito Popolare rischierebbe una scissione tra ala liberale e conservatrice. Il secondo: la stessa Forza Italia ha più volte ribadito che, se si fosse riusciti a tirare dentro alcuni tra i sovranisti, questo avrebbe riguardato solo le formazioni più dialoganti, senza considerare che 44 seggi sono rappresentati dal Brexit Party, in uscita, e dai Cinque Stelle che difficilmente dialogheranno con Forza Italia e Ppe. Il terzo: il gruppo di coloro che vorrebbero un dialogo a destra, rompendo definitivamente con i Socialisti, rappresentano la minoranza, senza considerare che un’alleanza con i nazionalisti allontanerebbe definitivamente anche la possibilità di un accordo con Liberali e Macronisti.

Sarà quindi, con tutta probabilità, un’alleanza al centro quella che guiderà la nuova Unione. Un mandato che molti vedono come l’ultima possibilità per le formazioni tradizionali di riconquistare parte dei cittadini europei, arginando così un nuovo exploit dei sovranismi. Il blocco europeista, se venissero confermati i numeri, è anche riuscito a evitare la ricerca di un’alleanza a quattro, prospettiva che terrorizzava le forze centriste. Se infatti una coalizione parlamentare Ppe-S&D-Liberal non si discosterebbe molto da quella in maggioranza fino ad oggi, con Alde che ha spesso appoggiato le proposte dei due partiti più rappresentati, essere costretti a tirare dentro anche i Verdi, di fortissima ispirazione socialista in campo economico e poco disponibili a indietreggiare sulla questione ambientalista e della solidarietà, avrebbe complicato non poco le trattative.

Anche un’uscita, a questo punto sempre più improbabile, del Fidesz di Viktor Orbán permetterebbe alla coalizione di centro di rimanere al comando della plenaria di Strasburgo. Nonostante il grande successo in patria, oltre il 42% delle preferenze che equivalgono a 13 seggi, il governo di Budapest non ricoprirà il ruolo di ago della bilancia come auspicato dal premier magiaro. Se dai 437 seggi totali si tolgono i 13 del partito ungherese, rimarrebbe un comodo 424 che garantirebbe comunque un’ampia maggioranza. Così, il leader di Fidesz, che dovrebbe essere riabilitato dal Ppe dopo la sospensione temporanea pre-elezioni, dovrebbe rimanere aggrappato ai vincitori rappresentando visioni di minoranza, con la massima aspirazione di fare da ponte tra la maggioranza centrista e alcuni movimenti nazionalisti che vogliano avvicinarsi al Ppe (e non viceversa).

La maggioranza con Popolari, Liberali e Socialisti reggerebbe anche dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. L’addio di Londra soprattutto le formazioni euroscettiche, visto che proprio il Regno ha portato il Brexit Party a essere il più grande partito europeo con 29 seggi. Poltrone che saranno perse dall’ex Efdd, mentre il crollo dello storico bipolarismo britannico farà sì che Socialisti e Liberali perderanno 26 seggi, lasciando la maggioranza con 411 poltrone, 398 nel caso in cui se ne andasse il primo ministro ungherese dal Ppe, comunque sufficienti a governare.

Sta quindi alle tre grandi famiglie europee trovare un punto d’incontro dal quale partire per governare. Ma le prime rotture potrebbero manifestarsi proprio nell’elezione dei nuovi presidenti delle istituzioni. Se la grande coalizione dovesse concretizzarsi, sembra scontata la spartizione delle tre principali cariche tra i tre principali partiti, con il Ppe che andrebbe, di nuovo, a prendersi la più alta carica dell’Ue, la presidenza della Commissione, e Socialisti e Liberali che si spartirebbero la presidenza del Parlamento e del Consiglio europeo. Ma a creare problemi potrebbe esserci proprio la salita dello Spitzenkandidat popolare, Manfred Weber, all’ultimo piano di palazzo Berlaymont. La sua candidatura è sempre stata osteggiata dal presidente francese, Emmanuel Macron, che spera in un esponente dell’ala più liberale del Ppe, mentre il bavarese fa parte dei conservatori. Per questo da mesi, insieme all’ala liberale a federalista dello stesso Ppe, sta lavorando sottotraccia per spingere l’attuale capo negoziatore dell’Ue per la Brexit, Michel Barnier, al posto di Weber. Una battaglia, questa, che deve essere condotta con molta cautela, evitando di far saltare il tavolo della nuova, possibile coalizione.


Ecco come hanno votato a Riace il comune sinistro dell'accoglienza ai clandestini con il suo pluri premiato sindaco parassita Mimmo Lucano:

Salvini Lega 30,75%
Movimento 5 Stelle 27,43%
Partito Democratico 17,39%






I falsi miti della stampa main stream, la realtà del voto popolare: i casi di Riace e Lampedusa
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27 maggio 2019

https://www.ilsovranista.info/2019/05/i ... UkfgXt-zEk

A Riace, comune di poco più di 2300 abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria, comune passato agli onori della cronaca per il ritrovamento, nel 1972, di due statue di bronzo di epoca greca, noti come "Bronzi di Riace",il comune di Mimmo Lucano, la Lega è clamorosamente il primo partito con oltre il 30% dei consensi, seguito dal Movimento Cinque Stelle al 27,4%, medaglia di bronzo, per usare un termine caro agli appassionati delle Olimpiadi, il Partito Democratico con il 17%.

La lista denominata La Sinistra, sostenuta esplicitamente dallo stesso Mimo Lucano conquistano poco più del 2% dei consensi.

A Lampedusa, una delle isole Pelagie, comune di poco più di 5 mila abitanti della provincia di Agrigento, la Lega è il primo partito con oltre il 45% dei voti grazie al consenso di 624 isolani.

Secondo posto per il Partito Democratico con il 21% dei consensi, terzo si classica il Movimento Cinque Stelle con il 16,83%

Osservando questi dati forse occorrerebbe riflettere, con serenità, sui "falsi miti" costruiti dalla stampa main stream, e sulla realtà del voto popolare in virtù del quale nei due comuni che la sinistra ha scelto come simbolo, dell'anti-salvinismo, Riace e Lampedusa, vedono la Lega primo partito.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » ven mag 31, 2019 6:56 am

Il sogno liberale globale è finito. A volere un confine non sono solo i populisti, ma la classe media occidentale
Le Figaro
(28/5/2019)

http://www.controversoquotidiano.it/201 ... ccidentale

“Per lo scienziato bulgaro Ivan Krastev, siamo entrati nell”era della regressione’: ‘Assistiamo ad un’insurrezione mondiale contro l’ordine liberale dopo il 1989, caratterizzato dall’apertura generale delle frontiere agli uomini, al capitale, ai beni e alle idee’, scrive. In modo più neutrale, potremmo parlare della ricomposizione o del ritorno delle nazioni” afferma Alexandre Devecchio. “Certo, il maremoto ‘populista’ non ha avuto luogo. E poiché il Parlamento di Strasburgo non è la più importante delle istituzioni dell’Unione, l’influenza dei deputati ‘populisti’ rimarrà limitata. Tuttavia, stanno progredendo in quasi tutti i paesi del Vecchio Continente.
Alcuni risultati sono particolarmente simbolici. In Francia, Marine Le Pen si prende una vendetta su Emmanuel Macron. Ma in Ungheria, solo Orban ottiene oltre il 52 per cento dei voti. In Polonia, il PiS supera il 40. In Italia, Salvini supera il 30. La spettacolare svolta del Brexit Party (32), fondato solo tre mesi fa, mostra che tre anni dopo il loro voto, gli inglesi non hanno cambiato idea. Al di là di questi risultati, le elezioni del maggio 2019 sembrano segnare una svolta ideologica, persino un cambio di epoca in Europa, sulla scia della svolta protezionista presa da Trump negli Stati Uniti. Ironia della sorte, è esattamente trent’anni dopo un’altra svolta storica: la caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989. Evento che è risultato in parte dall’attuale organizzazione mondiale e in particolare dalla costruzione dell’Europa Maastricht nel 1992. In un discorso al Congresso dell’11 settembre 1990, George Bush ha parlato della nascita di ‘un nuovo ordine mondiale’: ‘Una nuova era, meno minacciata dal terrore, più forte nella ricerca di giustizia e più sicuro nella ricerca della pace’. Dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, molti osservatori, il più famoso Francis Fukuyama, hanno predetto la nascita di un impero mondiale, profetizzando il trionfo globale della democrazia liberale e l’avvento di una nuova umanità governata e pacificata dalla legge e dal mercato.
L’inferno comunista è sostituito dall’utopia globalista.
L’Unione Europea di Maastricht è stata pensata come il laboratorio di questo nuovo mondo. Paradossalmente, è nell’Est, dove l’entusiasmo per l’Europa è stato maggiore, che la sfida è la più forte. Sei mesi prima della caduta del muro di Berlino, il 2 maggio 1989, fu lungo il confine tra Austria e Ungheria che la cortina di ferro era stata strappata per prima. E lungo il confine di 175 chilometri tra Ungheria e Serbia, Orban ha ora eretto una nuova recinzione. Ma se osserviamo il ritorno di una linea di demarcazione est-ovest, è l’intera classe media occidentale che ovunque, in un contesto di deindustrializzazione, impoverimento e disintegrazione culturale, che chiede il ritorno dei confini. La protezione, un concetto che è stato odiato alcuni anni fa, è stata al centro del dibattito questa volta. L’idea di confine ha già prevalso sul sogno dell’impero globale”.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » ven mag 31, 2019 7:56 am

I Verdi sorprendono l'Europa: secondo partito in Germania, terzo in Francia

https://www.repubblica.it/dossier/polit ... -227254766

I risultati delle elezioni europee che arrivano da molti Paesi d'Europa, in primis da Germania e Francia,registrano una importante novità nel panorama politico: l'avanzata dei Verdi. Secondo la prima simulazione diffusa dall'Europarlamento i seggi conquistati dal gruppo ambientalista passano dai 50 della scorsa legislatura a 69 seggi e potrebbero dunque avere un ruolo significativo nel necessario compromesso che porterà alla nascita della nuova Commissione Europea.

"Grazie a tutti quelli che ci hanno dato fiducia", ha detto raggiante la candidata di punta dei Verdi europei, la tedesca Ska Keller, in una conferenza stampa organizzata al Parlamento europeo. "È una grande festa, ma anche una grande responsabilità tradurre in azione quello che la gente ci ha chiesto, come la protezione del pianeta e la lotta per le libertà civili".

"Guardate ai segnali che arrivano dai Verdi - ha affermato la candidata dei liberali, Margrethe Vestager - cioè che gli elettori hanno risposto e che le cose si possono fare in maniera diversa. Penso che ci sia spazio per colloqui, nei prossimi giorni, che siano diversi da quello che abbiamo visto finora. E anche per una diversa composizione della leadership ai vertici dell'Ue".

In Germania i Verdi sono al 20,8%, diventando il secondo partito dopo la Cdu, praticamente raddoppiando il risultato precedente. In Francia i Verdi sono il terzo partito con il 12,9%. Nel Regno Unito il partito verde è all'11%, perfino davanti al partito di governo, i conservatori. In Belgio i verdi sono al 15%.




I verdi in Germania
Alice Battaglia
Germania, per il leader dei Verdi i popoli non esistono. E quello tedesco è “un'invenzione nazista”

https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/85868-85868

Berlino, 22 mag – Il popolo tedesco? Non esiste. Almeno stando a quanto ha affermato poco più di un mese fa il leader dei Verdi tedeschi, Robert Habeck, nel corso di una controversa intervista a Informr, canale Youtube di sedicente “Politica per la Generazione Y” prodotto da un lavoro congiunto dell’Associazione delle emittenti televisive della Repubblica federale di Germania (ARD) e della Seconda rete nazionale tedesca (ZDF, l’equivalente della nostra RaiDue). Nello specifico, ad una domanda che riguardava il concetto di “tradimento del popolo”, lo scrittore e politico 49enne ha risposto: “Il popolo è un concetto nazista. I popoli non esistono, e di conseguenza non può esistere alcun tradimento del popolo. È solo un’affermazione rabbiosa, che rischia esclusivamente di creare divisioni, discriminazioni e ripercussioni funeste”.

Queste affermazioni hanno naturalmente scatenato reazioni di protesta, in particolare quella di Jörg Meuthen, economista e portavoce del partito di destra AfD (Alternative für Deutschland), che ha replicato con un post su Facebook. Nel messaggio affidato al social network, Meuthen ha controbattuto alle osservazioni di Habeck affermando tra le altre cose che “(…) secondo l’infallibile Habeck non esiste un popolo tedesco. Certo deve essere fastidioso per lui, che nella Costituzione si affermi che il potere viene conferito allo Stato dal popolo. Certo deve essere imbarazzante che la legge definisca anche il popolo tedesco come l’insieme dei cittadini tedeschi. Certo dovevano aver preso tutti un abbaglio i fondatori e le fondatrici di questa nazione. (…). Ma è ovvio che esista un popolo tedesco, come esiste un popolo italiano, un popolo spagnolo, un popolo francese e uno turco ad esempio. E questo popolo esiste proprio perché i Verdi non hanno ancora portato a termine il loro processo di distruzione dei confini (…). Il nostro popolo è sopravvissuto al peggio e non deve temere uno pseudo intellettuale islamofilo che snobba i tedeschi”. Verrebbe spontaneo chiedersi come un politico di spicco come Habeck, che da gennaio scorso è anche a capo del partito Allenza90/I Verdi, possa negare l’esistenza stessa del popolo che rappresenta e che alle ultime elezioni nazionali ha dato un 9% delle preferenze al suo partito. Questa è solo una delle perplessità che si possono avanzare su questo partito. Ma vale la pena di mettere in luce simili chiaroscuri, se si considera che prese di posizione come quella di Habeck trovano terreno fertile.

È di pochi giorni fa un’inchiesta di Der Spiegel che ricorda come fin dalle origini sotto la bandiera de i verdi confluirono, insieme a pacifisti, femministe, ambientalisti e attivisti anti-nucleare, anche personaggi controversi che caldeggiavano “la legalizzazione dei rapporti sessuali affettuosi tra adulti e bambini”. Uno di questi era Daniel Cohn-Bendit, già co-presidente del gruppo dei Verdi del Parlamento Europeo: nella sua autobiografia datata 1975 e intitolata “Grand Bazar”, l’ex europarlamentare descrive le proprie esperienze di maestro in un asilo tedesco lasciandosi andare a commenti molto ambigui riguardo alla sessualità tra adulti e bambini, e arrivando a descriverli come “un incredibile gioco erotico”. Aspramente criticato in seguito per l’opera, Cohn-Bendit si è sempre difeso dicendo che il tutto andava interpretato nel quadro generale degli anni ’70, e che i suoi scritti erano volti esclusivamente a “scioccare i borghesi”. Visti i precedenti, è ora lecito attendersi che anche Habeck liquidi ogni commento alla propria affermazione sulla “non esistenza” del popolo tedesco affermando di aver lanciato una semplice provocazione?




Perché i Verdi sono andati così bene in Baviera
2018/10/15

https://www.ilpost.it/2018/10/15/perche ... in-baviera

Alle elezioni di domenica in Baviera il partito dei Verdi è diventato il secondo più votato. Rispetto alle elezioni del 2013 ha raddoppiato il proprio risultato, diventando dunque un possibile alleato di governo dell’Unione Cristiano-Sociale (CSU), il partito conservatore bavarese che ha vinto ma senza ottenere la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento locale. Ci sono diversi motivi per cui è successo, hanno spiegato gli analisti: i Verdi hanno un programma di governo, non hanno inseguito o assecondato la destra sull’immigrazione, hanno fatto opposizione da sinistra ma con pragmatismo e senza posizioni estreme, sono stati avvantaggiati dal malcontento verso i partiti tradizionali e si occupano di temi verso cui c’è una sempre maggiore consapevolezza.

Ciò che è successo in Baviera sembra riflettere una tendenza generale in Germania. Anche in Assia, dove si terranno le elezioni regionali a fine mese, i Verdi sono in crescita e sono dati al 18 per cento (al doppio, dunque, dei precedenti risultati). La stessa cosa vale a livello nazionale: nei sondaggi i Verdi sono stimati tra il 15 e il 17 per cento, alla pari o anche oltre i socialdemocratici della SPD. I leader dei Verdi dicono che gli elettori e le elettrici apprezzano la posizione chiara che hanno dimostrato su questioni come l’immigrazione, i cambiamenti climatici e l’integrazione europea. Secondo gli analisti, però, c’è qualcosa di più.

Anche in Germania, come in altri paesi d’Europa, l’ascesa della destra estrema ha spinto il dibattito nazionale e molti partiti storici proprio a destra, in particolare sulla questione dell’accoglienza dei rifugiati. Questo vale soprattutto per la CSU, storica alleata della CDU di Angela Merkel, che negli ultimi anni è stata molto critica nei confronti delle politiche di apertura ai migranti adottate dalla cancelliera causando anche una recente crisi di governo. I Verdi, invece, si sono attenuti alla loro posizione favorevole sia all’immigrazione sia dell’Europa, dando l’immagine di una calma stabilità; e hanno potuto farlo anche perché dal punto di vista economico non propongono idee di sinistra radicale, ma moderate e liberali: è difficile dipingerli come pericolosi estremisti. «Siamo l’unico partito che non continua a fare zig zag da un giorno all’altro», ha detto a Politico Katharina Schulze, co-leader dei Verdi in Baviera.

Sempre Politico sostiene che oltre all’insoddisfazione nei confronti dei partiti di governo della Germania – fattore importante nell’aumento improvviso di consensi dei Verdi – il partito sia stato anche favorito da un cambiamento più ampio della politica tedesca. Michael Koß, politologo presso l’Università Ludwig Maximilian di Monaco, ha spiegato che il classico conflitto tra destra e sinistra, con i rispettivi opposti posizionamenti sulla redistribuzione della ricchezza e su altre questioni socioeconomiche, è stato gradualmente sostituito da una nuova divisione ideologica: «Cosmopoliti contro isolazionisti, vedute liberali-alternative contro opinioni tradizionali autoritarie, europeisti contro euroscettici». E poiché questa trasformazione è una tendenza a lungo termine, ha spiegato, è improbabile che l’attuale successo dei Verdi sia temporaneo.

I Verdi hanno raccolto i voti soprattutto degli ex elettori ed elettrici dell’SPD. Un sondaggio ha mostrato che il 42 per cento dei “nuovi” sostenitori dei Verdi aveva votato SPD lo scorso anno, mentre un quarto aveva votato CDU/CSU: «Conosco persone che fanno volontariato con i richiedenti asilo e in chiesa e che dicono che non possono votare CSU perché quella retorica non si adatta alla visione del mondo cristiano», ha spiegato Claudia Köhler, candidata dei Verdi a Monaco dove il suo partito è risultato primo superando il 30 per cento. La Baviera è una regione prevalentemente cattolica, e i Verdi sono stati capaci di attirare quella parte dell’elettorato tradizionale della CSU in profondo disaccordo con il proprio partito proprio in nome della carità cristiana.

I Verdi in Germania si sono imposti nel 2011, quando le preoccupazioni sull’energia nucleare dopo il disastro giapponese di Fukushima hanno rafforzato la loro base elettorale. Da lì in poi il partito si è evoluto, superando le iniziali prese di posizione di protesta e costruendo un programma per il governo del paese. In Italia si tende ad associare i Verdi all’estrema sinistra, seguendo comunque un vecchio stereotipo, ma in Europa e anche in Germania non è così: hanno poco a che fare con gli anni Settanta, sono un’alternativa anche per i liberali conservatori e i due leader del partito a livello nazionale, Annalena Baerbock e Robert Habeck, provengono dal cosiddetto ramo “realista” della famiglia ecologista. Negli anni Ottanta, infatti, il partito si costituì come unione di vari gruppi: ne facevano parte i movimenti pacifisti, le femministe, e coloro teorizzavano e praticavano un sistema di vita “alternativo” fuori dal sistema. Dopodiché i Verdi si divisero tra “fondamentalisti” e “realisti”, che cominciarono a porsi il problema di come proporsi a un elettorato più ampio e integrarsi nella politica istituzionale. Prevalsero questi ultimi. Politico dice che i Verdi sono sulla buona strada per diventare quello che i tedeschi chiamano un “Volkspartei”, cioè un partito che si rivolge a ampie fasce della società costruendosi una buona reputazione nei nove Länder dove sono al governo, alleati a seconda del caso con la sinistra, con la destra o con entrambe.

Durante la campagna elettorale i Verdi si sono in effetti rivolti anche a nuove categorie di elettori, e non più solo alle persone giovani, laureate e che vivono in città. La lista dei candidati alle elezioni della Baviera rifletteva questa trasformazione. La loro leader, Katharina Schulze, ha 33 anni, è carismatica, è esplicitamente antifascista e dice che «essere antifascista non significa essere un’estremista di sinistra», mescola femminismo e orgoglio bavarese, parla di donne e di cura della terra. Claudia Köhler, candidata verde a Monaco, si veste in modo tradizionale e si vanta del proprio coinvolgimento nel volontariato in chiesa e con i vigili del fuoco: si definisce «conservatrice, ma nel senso migliore del termine». E ovviamente parla di sostenibilità, di investimenti nelle infrastrutture, di istruzione, di politica umanitaria in materia di asilo.

L’approccio dei Verdi alla questione dei migranti ha trovato il sostegno anche delle parti tradizionalmente conservatrici della società. Il premier bavarese Markus Söder e il ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer, entrambi esponenti di primo piano della CSU, hanno causato molta indignazione con i loro discorsi e le loro politiche che assecondano la destra. In Baviera, Söder è stato ridicolizzato per aver ordinato di appendere croci cristiane in tutti gli edifici pubblici («Non mi piace il populismo tattico della CSU: stanno cercando di riconquistare gli elettori dell’AfD. Mettere croci ovunque, non è tradizione, è populismo», ha detto ad esempio un elettore); e la legge che concedeva alla polizia bavarese poteri molto ampi ha spinto decine di migliaia di persone a scendere in piazza a Monaco.

L’ambientalismo resta ovviamente uno dei temi fondamentali per i Verdi, e Köhler crede che una crescente consapevolezza sui cambiamenti climatici abbia avuto un ruolo importante nel loro ultimo risultato: «Le persone lo sentono. Abbiamo avuto un’estate straordinariamente calda. La gente mi dice che avevamo ragione». Nella loro campagna elettorale per la Baviera i Verdi hanno mantenuto comunque un atteggiamento piuttosto equilibrato verso il partito di governo, la CSU, cercando di alternare critiche e aperture. Il partito ha fatto sapere di essere pronto ad avviare i colloqui per una coalizione con la CSU, anche se gli esperti ne mettono in discussione la compatibilità.
La stessa Katharina Schulze ha fatto sapere che un compromesso è possibile, ma che il suo partito non si muoverà dai propri valori fondamentali. «Siamo aperti a parlare di politica equa e rispettosa dell’ambiente, ma non di politica anti-europeista o autoritaria», ha detto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » sab giu 15, 2019 7:16 am

Scruton: “Il comunismo non ha distrutto l’identità nazionale. Adesso ci prova il cosmopolitismo transnazionale. Ecco come uscire dalla crisi”
2019/06/13

http://www.controversoquotidiano.it/201 ... AQINV5824o

Quest’anno la Polonia festeggia il trentesimo anniversario della rivoluzione del 1989 che ha portato alla fine del dominio comunista nell’Europa centrale e orientale. L’intellettuale pubblico britannico Roger Scruton, che si adoperò molto al tempo della Guerra Fredda nei paesi oltre cortina, è stato insignito del più alto onore civile dello stato dal presidente polacco Andrzej Duda. Questo è il suo discorso di accettazione.

***

È un grande onore essere invitati a parlare a questo incontro, in rappresentanza dei parlamenti degli ex stati comunisti. E accolgo con favore l’opportunità di dire qualcosa sull’eredità del comunismo e su cosa significhi per noi oggi. Confesso di essere un anti-comunista. Durante gli anni ’70 e ’80 gli anti-comunisti furono evitati nelle nostre università in Gran Bretagna. Dopotutto, stavamo attaccando la rivoluzione che offriva di liberare l’umanità dalla cospirazione capitalista mondiale (…) Dal momento in cui nel 1980 sono emerso come difensore dei valori conservatori contro l’ortodossia socialista, la mia vita è stata una lunga serie di attacchi, progettati per minare la mia posizione di intellettuale pubblico.
L’insegnamento all’Università di Londra è stato particolarmente difficile. In effetti, la mia prima vera esperienza di libertà intellettuale è stata qui in Polonia, dove ho viaggiato per parlare a conferenze e seminari privati, organizzati da un piccolo circolo in Gran Bretagna che, come me, desiderava entrare in contatto con i colleghi dissidenti dietro la cortina di ferro. Il conservatorismo, per loro, non era un peccato o un’eresia, ma una possibile visione del mondo, tanto più interessante essere condannata dai comunisti e disprezzata dalla sinistra occidentale. Viaggiare nei paesi dell’Est e dell’Europa centrale in quei giorni, portando il messaggio di una filosofia alternativa, fu una delle esperienze più liberatorie della mia vita, nonostante i pericoli e le privazioni.
Prima del 1989 il nostro continente era diviso tra socialismo totalitario e democrazia libera, e sebbene gli intellettuali di sinistra difendessero il primo, tutti vivevano, se potevano, nel secondo.
Oggi la divisione è tra due prospettive contrastanti. Da un lato c’è l’adesione allo stato nazione, con la sua lingua, le istituzioni e l’eredità religiosa. Dall’altra parte c’è la visione cosmopolita di un ordine transnazionale, un’economia senza confini e una legge universale dei diritti umani (…) Vi è, al centro del progetto europeo, un’agenda fissata senza riferimento ai bisogni e ai valori specifici delle nazioni europee. A prescindere dalla loro eredità sociale e religiosa, i cittadini europei sono sotto pressione per riconoscere i diritti che derivano da idee astratte di libertà e autonomia e che sfidano le norme delle religioni indigene: diritti all’aborto, nascita surrogata, eutanasia e così via, che sono inevitabilmente controversi in paesi che sono dipesi per la loro coesione dalla loro eredità religiosa (…) Lo scioglimento delle frontiere ha reso quasi impossibile mantenere una politica nazionale sull’immigrazione. La UE ha cercato di ottenere il controllo della situazione distribuendo i migranti secondo un sistema di quote. Ma l’invito della signora Merkel ai siriani, l’afflusso sul confine ungherese e il grande commercio di persone, il contrabbando nel Mediterraneo, hanno reso tale politica non sostenibile (…) Paradossalmente il comunismo, benché affermato come movimento internazionale e che pretendeva di abolire tutti i confini sovrani, contribuì a preservare lo stato nazionale. Perché la nazione era una realtà duratura intorno alla quale la resistenza poteva modellarsi e, unita alla potente rinascita della fede cattolica in Polonia, si dimostrò decisiva nel rovesciamento della tirannia comunista (…) Le persone comuni si aggrappano a forme di appartenenza locali, limitate e difficili da tradurre in norme burocratiche. I loro valori sono modellati dalla religione, dalla famiglia, dalla lingua e dalla storia nazionale, e non riconoscono necessariamente la forza degli obblighi transnazionali, o codici universali dei diritti umani, specialmente quando quei codici sono in conflitto diretto con gli specifici obblighi della famiglia e della fede. Mi sembra che il conflitto tra l’intellighenzia di sinistra e la natura umana si sia spostato dalla sfera del socialismo contro il capitalismo a questa nuova sfera, del liberalismo illuminato contro il nazionalismo residuo. Ciò che i liberali condannano come populismo è in realtà il tentativo di conservare sentimenti antichi ed ereditari di identità e appartenenza (…) La stessa rabbia annientatrice che era diretta contro i conservatori come me negli anni ’70 e ’80 è ora diretta contro i presunti populisti, e – non sorprendentemente – c’è una crescente tendenza dei populisti a restituire il meglio di loro. I comunisti avevano un ordine del giorno in cui il popolo veniva arruolato in una causa che era chiaramente irraggiungibile e in ogni caso irrimediabilmente superata. Non offrivano nessun altro concetto di identità che lo scopo onnicomprensivo del millennio comunista. Tutti quei fattori che avrebbero potuto persuadere le persone ad aderire a questo scopo – cultura, arte, musica, religione, storia – erano stati gettati sottoterra, e la superficie senza gioia della vita quotidiana non conteneva alcuna promessa di un futuro diverso da questo. Inevitabilmente, quindi, la gente stava cercando una nuova politica di identità, qualcosa che li avrebbe tenuti uniti come un ‘noi’. Questa era l’unica cosa che l’UE non era in grado di fornire. Ha dato loro una via per l’economia globale e una via di fuga dalla loro casa, ma nessun nuovo modo di appartenere (…) La mia opinione è che questa situazione dovrebbe essere vista come un’opportunità e non come una crisi. Dopo trent’anni di confusione, il popolo dell’Europa centrale e orientale comincia a capire di essere gli eredi di due grandi conquiste: da una parte, lo stato nazionale come una forma di identità sociale e politica; d’altra parte la concezione illuministica della cittadinanza, in cui ciascuno assume le piene responsabilità dell’adesione sociale sotto un governo condiviso.
Dobbiamo riconoscere che, senza l’identità nazionale e la lealtà che ne deriva, non c’è modo di costruire una società di cittadini (…) Mi sembra quindi che i cosiddetti populisti abbiano ragione a sottolineare lo stato nazione come la fonte della lealtà, e che i loro illuminati oppositori liberali dovrebbero riconoscerlo, e cessare di usare le istituzioni europee come un modo per punire i governi che si appoggiano in questa direzione. E reciprocamente quelli che desiderano far rivivere l’ideale nazionale e affermare i diritti della sovranità nazionale, dovrebbero accettare che i sentimenti nazionali debbano essere sempre mitigati dal riconoscimento degli altri là fuori che non li condividono. Questo, a mio avviso, definisce il compito che ti aspetta oggi, che è quello della riconciliazione tra due bisogni urgenti: la necessità di affermare la sovranità nazionale e la necessità di conformarsi agli standard universali della cittadinanza. Questi sono i due grandi doni dell’eredità politica europea, e sono reciprocamente dipendenti”.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » lun giu 24, 2019 9:27 pm

Il vero rischio per l’Europa. Intervista a Daniel Pipes
Lunedì, 24 giugno 2019
Niram Ferretti

http://www.affaritaliani.it/blog/italia ... lnSxxAtcwE

Daniel Pipes, uno dei più noti studiosi di Medio Oriente e di islamismo a livello internazionale ha scritto ampiamente in merito all’affermarsi in Europa dei partiti di estrema destra, che non vede come una minaccia per la democrazia ma, al contrario, come una opportunità per contrastare una minaccia ben maggiore, quella dell’islamizzazione delle società occidentali.

Professor Pipes, partiti civilizzazionisti è il nome con cui lei preferisce definire i partiti che in Europa sono considerati di estrema destra, sostenendo che il loro comune denominatore sia quello di preservare la civiltà occidentale dalla minaccia islamista. Li reputa l’unico scudo contro la trasformazione di civiltà?

No, non sono gli unici. Ci sono altri partiti come il Partito delle Libertà in Austria e i socialisti democratici in Danimarca. Ma senza l’apporto dei partiti civilizzazionisti, gli altri partiti non si sentirebbero spronati ad agire. In quei paesi dove i partiti civilizzazionisti sono troppo deboli, come nel Regno Unito, dove l’UKIP ha ottenuto un mero 3 per cento dei voti il mese scorso, la sfida non esiste e la civiltà occidentale è meno protetta.

La Lega domina già il governo italiano e ha ottenuto il 34 per cento dei voti alle elezioni europee di maggio, conferendo al parlamento europeo una sostanziale pluralità. La politica sull’immigrazione è una componente sostanziale del suo successo. Come valuta questa politica?

La politica della Lega è focalizzata sui migranti illegali e ha due componenti sostanziali: tenerli fuori dall’Italia e espellere quelli che si trovano già sul territorio. La riduzione del 97 per cento nei migranti che giungono in Italia via mare rappresenta un successo rilevante che ha notevolmente incrementato la popolarità della Lega. Non ho trovato numeri attendibili su i migranti illegali che hanno lasciato l’Italia, ma mi è stato riferito che a grandi linee tra i 350,000 e i 500,000 si sono trasferiti in altre parti dell’Europa. In altre parole, hanno recepito il messaggio che in Italia non sono i benvenuti. Se questi numeri sono corretti, indicano un risultato ragguardevole. Detto ciò, sarà molto più difficile espellere i migranti illegali rimasti.

La Russia è vista molto di buon occhio da alcuni dei partiti di estrema destra europei, tra cui Fidsez in Ungheria, il Partito della Libertà in Austria, il Rassemblement National in Francia e la Lega in Italia. Quali sono gli obbiettivi di Vladimir Putin e quali sono le conseguenze di questo legame?

Putin incoraggia lo scetticismo civilizzazionista nei confronti dell’Europa e anche l’ampio dissenso che lo accompagna. I civilizzazionisti apprezzano il suo sostegno, spesso finanziario, in un periodo in cui praticamente tutto l’establishment cerca di marginalizzarli. Spero che si tratti di una alleanza transitoria.

E’ d’accordo con Manfred Gerstenfeld che, “Nessuna organizzazione in Europa può gareggiare con il Partito Laburista nella sua promozione dell’odio antisemita”?

Sono d’accordo, anche se Podemos, in Spagna, è ancora più tossico.

Molti dei leader ebrei europei vedono i partiti civilizzazionisti come la principale fonte dell’antisemitismo, anche se la maggioranza di questi partiti, in modo particolare l’AfD in Germania e il Partito per la Libertà in Olanda, esprimono un sostegno chiaro e forte per Israele. Quale è la causa del loro atteggiamento?

I leader ebrei si aggrovigliano dentro a dei nodi mentre affermano questa cosa senza senso. Per fare un esempio surreale, prenda la magnifica esposizione fatta da Orit Arfa del tentativo da parte dell’AfD di bandire Hezbollah. I leader ebrei condannano i partiti civilizzazionisti, da una parte in modo da potere continuare ad avere accesso ai fondi governativi, dall’altra, a causa dell’idea errata che il civilizzazionismo assomigli al fascismo degli anni ’30.

In Francia gli ebrei vengono uccisi dagli islamisti solo perchè sono ebrei. Ricordiamoci le stragi di Tolosa e Montauban, il massacro all’Hyper Kosher e gli omicidi di Ilan Halimi, Sarah Halimi e Mireille Knoll. Gli ebrei hanno ancora un futuro in Francia?

No, non ce l’hanno. In parte a causa della violenza che lei sottolinea ma è anche la conseguenza della marginalizzazione causata dalla discriminazione da parte della sinistra e degli islamisti. E’ interessante rilevare che oggi gli ebrei francesi non solo cercano rifugio in paesi lontani come Israele e gli Stati Uniti, ma anche in Ungheria.

Nel 2004, Robert Wistrich scriveva che l’antisemitismo europeo contemporaneo “E’ cresciuto esponenzialmente in quelle società come la Francia, il Regno Unito, la Germania, l’Olanda, il Belgio e la Svezia, dove le comunità musulmane sono cresciute in modo rapido negli ultimi anni”. Che cosa si può fare, se si può fare qualcosa, per fermare questa tendenza?

La cosa più facile da fare è impedire agli islamisti l’accesso a questi paesi, una cosa per la quale mi sono adoperato nel contesto americano. E’ molto più difficile imporre il controllo sulle società separate musulmane con le loro zone off limits, sulle scuole musulmane, le corti e il commercio e le loro attività illegali, dalle mutilazioni genitali femminili allo spaccio di droga. Questo controllo non dovrebbe essere imposto solo a favore degli ebrei ma a vantaggio della civiltà occidentale.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » lun giu 24, 2019 9:28 pm

Il vero rischio per l’Europa. Intervista a Daniel Pipes
Lunedì, 24 giugno 2019
Niram Ferretti

http://www.affaritaliani.it/blog/italia ... lnSxxAtcwE

Daniel Pipes, uno dei più noti studiosi di Medio Oriente e di islamismo a livello internazionale ha scritto ampiamente in merito all’affermarsi in Europa dei partiti di estrema destra, che non vede come una minaccia per la democrazia ma, al contrario, come una opportunità per contrastare una minaccia ben maggiore, quella dell’islamizzazione delle società occidentali.

Professor Pipes, partiti civilizzazionisti è il nome con cui lei preferisce definire i partiti che in Europa sono considerati di estrema destra, sostenendo che il loro comune denominatore sia quello di preservare la civiltà occidentale dalla minaccia islamista. Li reputa l’unico scudo contro la trasformazione di civiltà?

No, non sono gli unici. Ci sono altri partiti come il Partito delle Libertà in Austria e i socialisti democratici in Danimarca. Ma senza l’apporto dei partiti civilizzazionisti, gli altri partiti non si sentirebbero spronati ad agire. In quei paesi dove i partiti civilizzazionisti sono troppo deboli, come nel Regno Unito, dove l’UKIP ha ottenuto un mero 3 per cento dei voti il mese scorso, la sfida non esiste e la civiltà occidentale è meno protetta.

La Lega domina già il governo italiano e ha ottenuto il 34 per cento dei voti alle elezioni europee di maggio, conferendo al parlamento europeo una sostanziale pluralità. La politica sull’immigrazione è una componente sostanziale del suo successo. Come valuta questa politica?

La politica della Lega è focalizzata sui migranti illegali e ha due componenti sostanziali: tenerli fuori dall’Italia e espellere quelli che si trovano già sul territorio. La riduzione del 97 per cento nei migranti che giungono in Italia via mare rappresenta un successo rilevante che ha notevolmente incrementato la popolarità della Lega. Non ho trovato numeri attendibili su i migranti illegali che hanno lasciato l’Italia, ma mi è stato riferito che a grandi linee tra i 350,000 e i 500,000 si sono trasferiti in altre parti dell’Europa. In altre parole, hanno recepito il messaggio che in Italia non sono i benvenuti. Se questi numeri sono corretti, indicano un risultato ragguardevole. Detto ciò, sarà molto più difficile espellere i migranti illegali rimasti.

La Russia è vista molto di buon occhio da alcuni dei partiti di estrema destra europei, tra cui Fidsez in Ungheria, il Partito della Libertà in Austria, il Rassemblement National in Francia e la Lega in Italia. Quali sono gli obbiettivi di Vladimir Putin e quali sono le conseguenze di questo legame?

Putin incoraggia lo scetticismo civilizzazionista nei confronti dell’Europa e anche l’ampio dissenso che lo accompagna. I civilizzazionisti apprezzano il suo sostegno, spesso finanziario, in un periodo in cui praticamente tutto l’establishment cerca di marginalizzarli. Spero che si tratti di una alleanza transitoria.

E’ d’accordo con Manfred Gerstenfeld che, “Nessuna organizzazione in Europa può gareggiare con il Partito Laburista nella sua promozione dell’odio antisemita”?

Sono d’accordo, anche se Podemos, in Spagna, è ancora più tossico.

Molti dei leader ebrei europei vedono i partiti civilizzazionisti come la principale fonte dell’antisemitismo, anche se la maggioranza di questi partiti, in modo particolare l’AfD in Germania e il Partito per la Libertà in Olanda, esprimono un sostegno chiaro e forte per Israele. Quale è la causa del loro atteggiamento?

I leader ebrei si aggrovigliano dentro a dei nodi mentre affermano questa cosa senza senso. Per fare un esempio surreale, prenda la magnifica esposizione fatta da Orit Arfa del tentativo da parte dell’AfD di bandire Hezbollah. I leader ebrei condannano i partiti civilizzazionisti, da una parte in modo da potere continuare ad avere accesso ai fondi governativi, dall’altra, a causa dell’idea errata che il civilizzazionismo assomigli al fascismo degli anni ’30.

In Francia gli ebrei vengono uccisi dagli islamisti solo perchè sono ebrei. Ricordiamoci le stragi di Tolosa e Montauban, il massacro all’Hyper Kosher e gli omicidi di Ilan Halimi, Sarah Halimi e Mireille Knoll. Gli ebrei hanno ancora un futuro in Francia?

No, non ce l’hanno. In parte a causa della violenza che lei sottolinea ma è anche la conseguenza della marginalizzazione causata dalla discriminazione da parte della sinistra e degli islamisti. E’ interessante rilevare che oggi gli ebrei francesi non solo cercano rifugio in paesi lontani come Israele e gli Stati Uniti, ma anche in Ungheria.

Nel 2004, Robert Wistrich scriveva che l’antisemitismo europeo contemporaneo “E’ cresciuto esponenzialmente in quelle società come la Francia, il Regno Unito, la Germania, l’Olanda, il Belgio e la Svezia, dove le comunità musulmane sono cresciute in modo rapido negli ultimi anni”. Che cosa si può fare, se si può fare qualcosa, per fermare questa tendenza?

La cosa più facile da fare è impedire agli islamisti l’accesso a questi paesi, una cosa per la quale mi sono adoperato nel contesto americano. E’ molto più difficile imporre il controllo sulle società separate musulmane con le loro zone off limits, sulle scuole musulmane, le corti e il commercio e le loro attività illegali, dalle mutilazioni genitali femminili allo spaccio di droga. Questo controllo non dovrebbe essere imposto solo a favore degli ebrei ma a vantaggio della civiltà occidentale.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » mer lug 10, 2019 9:51 am

Quell’Europa debole e priva di principi
Gli europei possono benissimo convivere con l'aspirazione iraniana (e palestinese) alla distruzione dello stato ebraico. Israele no.
Eldad Beck
10 Luglio 2019

https://www.israele.net/quelleuropa-deb ... T6t9ZUo348

Qualsiasi stolto può capire che l’Iran non intende cessare i suoi sforzi per acquisire un’arma nucleare. Ma l’Unione Europea e i suoi principali rappresentanti, Germania, Francia e Gran Bretagna, si rifiutano di capire. Dopo che l’Iran ha annunciato d’aver apertamente violato l’accordo nucleare del 2015, gli europei si sono accontentati di ridicole condanne ed espressioni di “profonda preoccupazione”. Erano “in attesa dei rapporti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica” hanno spiegato, tra un a appello e l’altro all’Iran ad attenersi all’accordo: come se il regime di Teheran fosse paragonabile a un bambino capriccioso da redarguire agitando il ditino.

Di fronte a un Iran furbo e abile, gli europei si sono dimostrati deboli e privi di principi. E’ terribilmente paradigmatica la nomina del ministro degli esteri spagnolo Josep Borrell al ruolo di prossimo rappresentante della politica estera dell’Unione Europea. Si tratta dello stesso Borrell che ha spudoratamente dichiarato: “L’Iran vuole spazzare via Israele? Non è una novità. E’ una cosa con cui dobbiamo convivere”. In altri termini, secondo Borrell, dal punto di vista dell’Unione Europea la volontà di annientare Israele è un fatto accettabile.

Questa, in poche parole, è la sintesi della diplomazia europea nei confronti dell’Iran: capitolazione allo scopo di promuovere rapporti economici.

Tutti i discorsi europei sulla necessità di rispettare gli accordi internazionali sono parole vuote. Sin dall’inizio era chiaro agli europei, come alla Casa Bianca sotto il presidente Barack Obama, che l’accordo sul nucleare non mirava a porre fine in modo assoluto ai piani dell’Iran per dotarsi di armi nucleari, ma solo a ritardare la loro attuazione (concedendo intanto all’Iran le ingenti risorse finanziarie con cui porta avanti programmi missilistici e guerre per interposti terroristi, tutte minacce non contemplate dall’accordo ndr).

L’Unione Europea ha ideato un meccanismo per aggirare le sanzioni statunitensi, ben sapendo che si trattava di un vano esercizio diversivo che di certo non avrebbe soddisfatto gli iraniani. Poi, alla luce l’ultimatum iraniano, gli europei hanno avuto l’opportunità di mostrare determinazione e schierarsi a fianco degli Stati Uniti dichiarando inequivocabilmente che la violazione dell’accordo sul nucleare avrebbe fatto scattare la re-imposizione automatica delle sanzioni internazionali sull’Iran, come previsto dall’accordo stesso.

Ma anche dopo che Teheran ha ufficialmente annunciato d’aver violato l’accordo, gli europei hanno continuato a balbettare, cercando scappatoie che consentissero loro di non agire: il presidente francese Emmanuel Macron potrebbe presto volare a Teheran per cercare di convincere gli iraniani a fermare le violazioni. Il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas è già stato in Iran un paio di settimane fa con lo stesso scopo, senza successo. In alternativa, gli europei hanno dichiarato di volere attivare i meccanismi di controllo congiunto che hanno con l’Iran nel tentativo di continuare a prendere tempo, attività in cui eccellono.

Il fallimentare accordo sul nucleare iraniano è considerato il fiore all’occhiello dell’azione diplomatica europea, il più grande successo della sua diplomazia. Il modo in cui l’accordo si è dissolto dovrebbe insegnarci un paio di cose sulla rilevanza degli europei. Una lezione da tenere ben presente in particolare quando torneranno a fare pressione su Israele perché accetti tutte le concessioni che loro ritengono indispensabili: come a loro non danno realmente fastidio gli appelli del regime iraniano alla distruzione di Israele, allo stesso modo non si preoccupano quando sono i palestinesi ad auspicare l’annientamento dello stato ebraico. Loro ci possono convivere benissimo. Noi no.

(Da: Israel HaYom, 8.7.19)

Scrive Eric R. Mandel: Sappiamo che prima dell’accordo del 2015 l’Iran era già tecnicamente in grado di raggiungere il livello cruciale di arricchimento dell’uranio al 20%, e in pochi mesi avrebbe potuto accumulare abbastanza uranio al 90% per un’arma nucleare anche usando le obsolete e inaffidabili centrifughe IR-1. Quindi la domanda da porsi è: quanto sono progredite le capacità nucleari dell’Iran negli ultimi quattro anni, dall’accordo in poi? Quanto sono più vicini al breakout nucleare? Sappiamo che l’accordo permetteva all’Iran di continuare a sviluppare centrifughe di modello avanzato in grado di arricchire il materiale ad uso militare in tempi significativamente più brevi rispetto alle vecchie centrifughe IR-1, riducendo a pochi mesi il tempo necessario per produrre abbastanza materiale fissile. Queste centrifughe avanzate sono anche molto più piccole e difficili da scoprire. Inoltre, l’Iran non ha mai accettato il Protocollo aggiuntivo che permetteva agli ispettori internazionali di visitare i siti militari dove verosimilmente stava sviluppando la produzione di testate missilistiche nucleari. I sostenitori dell’accordo affermavano che l’accordo, almeno durante la sua durata, avrebbe impedito all’Iran di mettersi in condizione di arricchire nell’arco di un anno abbastanza uranio per un’arma nucleare. Probabilmente questo dato non è già più vero. Dopo la rivelazione israeliana dell’archivio nucleare iraniano, oggi sappiamo senza ombra di dubbio che l’Iran, a dispetto di quanto sosteneva, pianificava di costruire un’arma nucleare e che ha ancora le informazioni e le capacità per farlo. Quand’anche gli ispettori volessero visitare una struttura militare, l’accordo concede all’Iran un mese per ottemperare: un tempo più che sufficiente per eliminare qualsiasi prova. Il giorno in cui l’Iran supererà la soglia per la produzione di un’arma nucleare, tutto cambierà per Israele, per gli stati sunniti del Golfo, per la Turchia, per gli Stati Uniti e per l’Europa. E il mondo diventerà un posto molto molto più pericoloso. Si scatenerà una corsa agli armamenti nucleari nel mondo sunnita, aumentando drammaticamente i potenziali pericoli di un futuro conflitto nucleare.

(Da: Jerusalem Post, 9.7.19)
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » ven ago 02, 2019 7:49 am

Antonio Maria Rinaldi smaschera Ue e von der Leyen: "Salvini trattato da delinquente, pregiudizi sull'Italia"
1 agosto 2019

https://va.news-republic.com/a/67201701 ... 69381&c=fb

Un primo bilancio sugli esordi all'Europarlamento, Antonio Maria Rinaldi lo traccia in un'intervista a lospecialegiornale.it. Il leghista si sbottona, spiega come vede la situazione per l'Italia, soprattutto alla luce della nomina di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Quando gli fanno notare che qualcuno sostiene che la tedesca possa far rimpiangere Jean-Claude Juncker, risponde: "Non credo sia facile proporre uno peggiore di Juncker. Sicuramente siamo sullo stesso livello. Aspettiamo di dare giudizi quando la nuova Commissione inizierà a lavorare a partire dal primo novembre. Certo, il fatto che la nuova presidente abbia immediatamente messo becco nella situazione italiana a gamba tesa, fa ben capire quale sarà il suo orientamento. Il fatto che prima dell’elezione abbia interloquito con tutti i gruppi parlamentari tranne che con Identità e Democrazia, la dice inoltre lunga sul concetto di democrazia della signora Ursula", risponde senza esitazioni Rinaldi.

Dunque, al professore viene chiesto se, alla luce delle tensioni sempre crescenti, ritiene possibile che l'unione tra Lega e M5s in Italia possa durare: "Lungi da me alimentare polemiche - premette -. La posizione favorevole dei 5Stelle sul voto alla nuova presidente della Commissione Ue è stato giustificata dal fatto di aver ricevuto dalle ampie rassicurazioni circa la volontà di collaborazione e di un atteggiamento non ostile nei confronti dell’Italia. Non entro nel merito, mi limito soltanto a dire che noi di Identità e Democrazia non avendo avuto la possibilità di un dialogo con la Von der Leyen ci siamo dovuti attenere soltanto alle dichiarazioni fatte pubblicamente in aula. Dichiarazioni che ci hanno trovati assolutamente contrari. Vedremo se ciò che è stato promesso ai 5Stelle nell’ambito dei colloqui bilaterali e che li ha spinti ad accordare fiducia alla neo presidente, sarà rispettato. Ne dubitiamo fortemente, ma aspettiamo prima di giudicare”.

Interessante anche quando gli chiedono, semplicemente, come va la nuova esperienza da parlamentare europeo: "Molto peggio di ciò che si possa immaginare", ammette il leghista. E perché? "Nel senso che da dentro ho potuto constatare come esista una forte pregiudiziale nei confronti dell’Italia. Sono molto prevenuti nei nostri confronti. Una cosa vergognosa". Dunque, Rinaldi spiega da cosa deduce l'esistenza di quella che definisce una pregiudiziale: "Basta ascoltare i discorsi in aula. Ci accusano di tutto e di più, di fascismo, di razzismo, di disumanità nei confronti dei migranti perché chiudiamo i porti. Salvini viene descritto sistematicamente come un delinquente. Se qualcuno di noi si permettesse di fare simili affermazioni nei confronti di capi di governo di Stati esteri non oso immaginare cosa potrebbe accadere", conclude.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'Europa che sognamo e che vogliamo

Messaggioda Berto » lun gen 13, 2020 8:46 am

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